Agenda Coscioni anno III n.11: novembre 2008

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INTERVENTI AL SEMINARIO

III

Giuliano Pastori Le immagini che accompagnano la lettura di questo inserto sono di Giuliano Pastori. A pagina XII la sua biografia. Per visitare il suo sito vai su www.giulianopastori.eu

C’è l’idea che la scienza crei uno spazio troppo ampio per le libertà di scelta individuali e che metta a rischio alcune pratiche molto concrete e antropologicament e radicate che hanno a che fare con l’alimentazione, la riproduzione o la comunicazione interpersonale.

patto sulla cultura e sui rapporti sociali che può avere proprio la diffusione dell’atteggiamento critico e pragmatico della scienza. Il mio approccio, come vi apparirà già chiaro, si stacca dalla tradizione più moderna del pensiero liberale, che ha scelto, diciamo in modo abbastanza deciso da John Stuart Mill in poi, di rinunciare a qualsiasi riferimento alla natura e quindi anche alla natura umana quale argomento a sostegno o contro il riconoscimento di qualche diritto o libertà. Si è trattato di una scelta del tutto ragionevole fino a quando i limiti delle conoscenze biologiche sull’uomo di fatto favorivano soprattutto una giustificazione ‘naturale’ dei pregiudizi. Ma hanno ancora senso oggi gli argomenti che rifiutano di affrontare il confronto sui valori e i diritti prescindendo da qualsiasi richiamo alla natura umana? Per esempio alla

luce del fatto che la biologia oggi ci spiega sia perché è così diffuso il riflesso di richiamarsi nei giudizi morali alla natura, ma allo stesso tempo dimostra che questa natura non è qualcosa di predefinito, ma piuttosto un insieme di potenzialità?

3. Perché gli scienziati non sono pericolosi “Senza il progresso scientifico e tecnologico le democrazie o non sarebbero neppure nate” Le riflessioni che vi sto raccontando marcano un percorso che ho attraversato in questi anni, a partire proprio dai temi su cui si sono concentrare le battaglie dell’Associazione Coscioni. Credo che possiamo essere tutti d’accordo che negli ultimi decenni, e in modo particolarmente accelerato e capillare negli ultimi anni in alcuni paesi occidentali tra cui l’Italia, si è diffusa l’idea che la scienza e gli scienziati rappresentino una minaccia per la libertà umana e la democrazia. Si potrebbero fare innumerevoli citazioni, per le quali rimando a un libro che ho finito di scrivere e che sarà pubblicato col titolo Perché gli scienziati non sono pericolosi. (Longanesi, Milano 2008 o 2009). In quel libro ricostruisco alcuni aspetti del dibattito pubblico e politico sul-

Nella scienza non vale il principio che le decisioni si prendono a maggioranza.

la scienza e cerco di dimostrare che la paura della scienza si alimenta di una serie di equivoci. Innanzitutto il fraintendimento che il moderno pensiero liberale e democratico sia pensabile come genealogicamente indipendente dalla scienza: è stata la nascita della scienza nel Seicento a diffondere, prima tra gli scienziati e poi al di fuori grazie alle ricadute delle nuove conoscenze, il rifiuto del principio d’autorità e ad affermare i valori della tolleranza, del rispetto dei fatti e dell’eguaglianza delle capacità potenziali dell’uomo. Come ha ricordato Giulio Giorello, basta leggere gli studi di Paolo Rossi sulle forme di istituzionalizzazione del dibattito scientifico in età moderna per rendersi conto del ruolo svolto dalla scienza come modello per la costruzione della mentalità democratica. Senza il progresso scientifico e tecnologico le democrazie o non sarebbero neppure nate o non avrebbero avuto il successo che hanno riscontrato. Tra le variabili che vengono discusse dai teorici della politica per definire le condizioni necessarie e sufficienti per lo sviluppo di una democrazia, mentre si trova sempre il livello di istruzione, praticamente mai si

entra nel merito di quale tipo di istruzione è più utile: umanistica, scientifica, tecnica? Come dirò più avanti, è probabile che sia necessaria, il che non vuol dire che è sufficiente, proprio l’istruzione tecnico-scientifica. Per istruzione tecnico-scientifica non intendo tanto l’apprendimento delle nozioni e delle procedure scientifico-tecniche, ma l’acquisizione di conoscenze e competenze formalizzate applicabili per spiegare o governare situazioni concrete in generale. Da questo punto di vista anche lo studio e l’insegnamento delle materie umanistiche fondato su teorie e metodologie riproducibili e confutabili rientra epistemologicamente fra le attività tecnico-scientifiche. Se è vero che la cultura scientifica favorisce lo sviluppo e la diffusione di una mentalità democratica, allora le azioni di censura politica nei riguardi della scienza e le limitazioni della libertà di scelte in ambito medico, che si sono manifestate in modo così eclatante in Italia sull’onda dell’aggressione della Chiesa Cattolica ai fondamenti liberali della nostra Costituzione, non mettono a rischio solo la scienza. Ma anche la democrazia.

Il richiamo alla natura nelle argomentazioni morali riesce a far presa nell’opinione pubblica più che non quello razionale.

Un fatto non meno evidente è che la paura della scienza che si diffonde nella società dipende da una percezione dei progressi scientifici e tecnologici come minacciosi per i valori che sarebbero alla base della convivenza ci-


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