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ADVAN

ATiM il protocollo biologico che guida l’implantologia moderna

Il GFA come opportunità clinica

Intervista alla Prof.ssa Magda Mensi

Novità di prodotto

L’ARMONIA DELL’ORO, LA PRECISIONE DI SEMPRE

Anodizzazione color oro per un’eccellente resa estetica in tutte le condizioni cliniche

Case Report

UNO SGUARDO IN PROFONDITÀ

Dott.ssa Scotti e Prof.ssa Mensi

Case Report Dott. Kobolt

Case Report Dott. Ambrosio

SOMMARIO

Una visione integrata per il futuro dell’implantologia: tra biologia, tecnica e relazione.

Cari lettori, questa sesta edizione dell’Advan Journal riflette un percorso di ricerca, innovazione e pratica clinica.

Ogni contributo del numero costruisce una visione integrata dell’implantologia.

Apriamo con un focus sul protocollo ATIM illustrato con rigore scientifico dalla Prof.ssa Magda Mensi, che firma anche un case report di grande valore didattico. Al centro della riflessione vi è la gestione personalizzata del sito implantare, che parte dalla comprensione del fenotipo tissutale e si traduce in strategie operative predicibili, minimamente invasive e rispettose della biologia. Seguiamo poi un viaggio attraverso tre case report distintivi, trattati con impianti Advan, che dimostrano quanto il rispetto dei principi biomeccanici e il corretto approccio protesico possano fare la differenza nei risultati a lungo termine. Le esperienze presentate dalla Dott.ssa Scotti, ed i Dott. Ambrosio e Kobolt portano il lettore in contesti clinici differenti, dalla gestione dei settori estetici al trattamento di pazienti con compromissioni parodontali o situazioni anatomiche complesse.

Tra le novità più rilevanti, l’anodizzazione color oro di alcuni componenti protesici rappresenta un’evoluzione che coniuga eleganza estetica e funzione clinica. Questo trattamento, frutto di un processo elettrochimico controllato, migliora la resistenza alla corrosione e aumenta la biocompatibilità delle superfici implantari. Ma non solo: la tonalità dorata scelta da Advan non è solo una questione estetica. Essa favorisce una miglior integrazione cromatica con i tessuti molli, riducendo la visibilità in situazioni a forte impatto estetico, come nei settori anteriori.

Infine, non poteva mancare l’anima relazionale di Advan: corsi, fiere, momenti formativi, la nuova

Training Room e le Advan Experience diventano luoghi dove il sapere si trasforma in competenza condivisa. Questo numero vuole essere più di una rivista: un documento di sintesi e visione. Un racconto del nostro impegno verso un’implantologia che metta sempre al centro il paziente, la qualità clinica e il valore del lavoro di squadra. Invitiamo i professionisti che desiderano contribuire con i propri casi clinici, articoli o riflessioni a proporre i propri contenuti per le prossime edizioni del Journal.

La rivista viene distribuita in Italia e all’estero, nei nostri canali digitali e in occasione delle principali fiere e congressi del settore. Un’opportunità concreta per dare visibilità al proprio lavoro e partecipare attivamente alla crescita di una comunità scientifica e clinica sempre più coesa e internazionale.

Buona lettura, e buon lavoro.

Ing. Mario Zearo Amministratore Delegato Advan Srl

L’obiettivo: garantire stabilità, salute e risultati duraturi nel tempo.

(connettivo) o addirittura nell’osso quando si lavora sub-crestali. L’attivazione della connessione conica avviene serrando il GFA sulla fixture a 35 Ncm durante la chirurgia consentendo di lavorare in One-Time Abutment (OTA), condizione essenziale per evitare contaminazioni della fixture e danneggiamenti ai tessuti peri-implantari durante le fasi protesiche. Lo studio clinico randomizzato controllato che ho creato e concluso ha valutato la validità di questi concetti confrontando l’uso del GFA in OTA e posizionamento sottocrestale dell’impianto rispetto all’uso di Ti base standard su impianto posizionato bone level.

I risultati ci hanno fatto comprendere alcune cose fondamentali a riprova di ciò che già emergeva dalla letteratura:

• il posizionamento sotto crestale è necessario per evitare il riassorbimento osseo peri-implantare in fenotipi sottili (altezza mucosa<3mm)

• la gestione dei tessuti in OTA permette di ottenere non solo la stabilità ossea nel tempo ma anche la ricrescita verticale e orizzontale dell’osso a creare un sigillo ancora più solido attorno alla piattaforma implantare

• il posizionamento del margine del restauro ad almeno 1,5mm dal margine osseo garantisce la stabilità di quest’ultimo senza compromettere l’estetica

• le papille mediali e distali hanno ottenuto il creeping completo nell’arco dei primi 3 mesi grazie alla forma stretta e concava del GFA che garantisce lo spazio necessario alla maturazione tissutale

• l’analisi dei singoli casi ha mostrato come piccole deiscenze vestibolari potessero essere gestite senza GBR posizionando l’impianto più apicale e gestendo l’emergenza verticale con GFA più alti.

• nessuna complicanza protesica o biologica si è verificata nell’arco dei primi 2 anni di controllo.

Interessante sarà valutare il follow up a lungo termine, ma sicuramente questa opzione terapeutica ci apre scenari interessanti nella gestione mini-invasiva del sito implantare e sposa perfettamente i prerequisiti base dell’implantologia moderna:

• connessione conica sigillante sia livello impianto-GFA che GFA-TiBase

• protesi avvitata per evitare residui di cemento

• tecnica One-Time Abutment

• connessione implantare con platform switching orizzontale e verticale

In realizzazione anche uno studio in vitro per dimostrare l’efficienza del sigillo a livello della seconda connessione per poter confermare l’indicazione all’utilizzo del GFA anche i settori estetici dove si renda necessario approfondire la posizione del margine del restauro garantendo però la stabilità del sigillo per evitare gap e quindi infiltrazione con conseguente infiammazione.

Insomma un modo tutto da esplorare che parte da basi solide e futuristiche.

Immagine: Utilizzo del GFA per gestire le deiscenze ossee; impianto GTB TZERO posizionato a livello della cresta ossea vestibolare

risultando visivamente meno invasiva rispetto ai tradizionali componenti in titanio grigio. A differenza di altri trattamenti superficiali, l’anodizzazione non modifica la geometria del componente, garantendo il mantenimento della precisione dimensionale e della perfetta compatibilità con gli altri elementi del sistema implantare. Inoltre, il film di ossido generato dal processo migliora la resistenza alle aggressioni chimiche e biologiche dell’ambiente orale, riducendo il rischio di corrosione e prolungando la durabilità clinica dei componenti. Un aspetto particolarmente rilevante nelle soluzioni protesiche a

lungo termine o nei pazienti con alta suscettibilità infiammatoria.3

L’offerta proposta da Advan include sia componenti completamente anodizzati, per un’estetica uniforme e discreta, sia soluzioni con anodizzazione parziale, dove la parte superiore è trattata con passivazione anodica dorata e la parte inferiore mantiene il classico colore del titanio.2

Questa doppia finitura consente un ottimo equilibrio tra visibilità operativa durante il posizionamento e integrazione estetica nel cavo orale.

In termini clinici, l’anodizzazione dora -

COMPONENTI DISPONIBILI CON ANODIZZAZIONE ORO:

Gingival Former Abutment (GFA)

Multi Unit Abutment (MUA)

Componenti secondarie da utilizzare con i monconi GFA e MUA

Disponibili in versioni completamente anodizzate o con finitura combinata oro/titanio

NOTE

ta rappresenta una scelta strategica: migliora la percezione cromatica nella zona transmucosa, riduce il rischio di trasparenze grigiastre e contribuisce a un effetto visivo più naturale, sia nelle soluzioni a carico immediato che nei restauri definitivi.

Advan riconferma così il proprio impegno nell’offrire sistemi implantari e soluzioni protesiche di ultima generazione, in cui l’attenzione al dettaglio tecnico si fonde con una visione estetica evoluta, sempre nel rispetto dei più alti standard di biocompatibilità e precisione.

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1 L’anodizzazione aumenta la resistenza alla corrosione e migliora la biocompatibilità delle superfici implantari.

2 La passivazione anodica selettiva consente un’estetica superiore mantenendo l’identificazione visiva delle interfacce implantari.

3 Diversi studi confermano la migliore resa cromatica dei componenti dorati nella gestione dei tessuti peri-implantari.

LIVE YOUR LIFE, SMILE TO LIFE.

INCONTRIAMOCI

Impara, Incontra, Condividi, Esplora, Cresci.

La cultura dell’implantologia passa inevitabilmente attraverso la condivisione dell’esperienza. Arricchire e aggiornare il proprio bagaglio professionale risulta fondamentale per differenziarsi nel contesto di riferimento odierno.

In Advan crediamo fortemente che la formazione di tutti i nostri dipendenti, collaboratori e partner sia di fondamentale importanza, per questo motivo i corsi che proponiamo direttamente o attraverso i nostri partner sono pensati appositamente per condividere con voi tutta la nostra conoscenza e l’expertise, frutto di anni di ricerca, studio e applicazione nel settore e delle collaborazioni con i migliori professionisti in ambito dentale.

Essential +

Queste attività consentono a chi è agli inizi dell’implantologia di eseguire procedure chirurgiche e protesiche in casi meno complessi con risultati estetici e funzionali predicibili.

Advanced ++

Queste attività consentono di raggiungere il livello successivo dell’implantologia dentale partendo dall’esperienza acquisita con casi semplici. Attività in cui è possibile eseguire procedure chirurgiche e protesiche avanzate, condividere la propria esperienza e familiarizzare con il carico immediato.

Expert +++

Queste attività consentiranno di trattare situazioni impegnative con pianificazione avanzata dei trattamenti e procedure chirurgiche e protesiche complesse. In queste attività è necessaria una significativa esperienza nell’applicazione di impianti.

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In un mondo sempre più mobile, social e multicanale, cambiano le esigenze ed i comportamenti degli utenti, ma noi di Advan crediamo che il rapporto umano sia sempre fondamentale e attraverso le Advan Experience, appuntamenti calendarizzati durante l’anno, abbiamo ideato momenti d’incontro dove si creano nuove opportunità di interazione, formazione, brainstorming e relazione con il brand e fra i partners.

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CASE REPORT N.1

Introduzione

L’architettura del parodonto peri-implantare, soprattutto in zona estetica, rappresenta, attraverso la forma, il colore e la dimensione, una sfida biologica, estetica e funzionale. Il mantenimento dei tessuti nel tempo è dovuto, oltre che alla programmazione minuziosa dell’intervento, anche alle caratteristiche biologiche dell’individuo e alle componentistiche protesiche utilizzate sia in fase di guarigione che di protesizzazione definitiva. Nel tempo concetti come il platform shifting e la volumetria dei tessuti molli sono stati sviluppati e studiati per approfondire i concetti di mantenimento biologico dell’impianto.

L’ampiezza biologica è un concetto valido anche in ambito implantare: prevedendone il corretto spazio si riduce il rischio di riassorbimento osseo permettendo una maggior stabilità dei tessuti duri e molli. Di conseguenza individuare il fenotipo tissutale per determinare l’ampiezza biologica dell’environnement peri-implantare è cruciale nello studio del caso: se per fenotipi spessi la pianificazione tissutale non è complessa, per i fenotipi sottili è fondamentale per non incorrere in complicanze successive come recessioni, esposizione dell’abutment o riassorbimento dell’osseo peri-implantare.

Anche nella componentista protesica lo studio tecnologico si è rivolto verso la preservazione dei tessuti duri e molli. Nello specifico posizionare l’abutment non a contatto con l’osso allontana la connessione da una zona potenzialmente contaminante (grazie alla connessione conica e al platform switching sia verticale che orizzontale) e lascia più spazio ai tessuti molli.

Il clinico, attraverso la conoscenza della componente biologica e alla varietà della componentistica protesico-implantare (che trova il suo razionale nella forma e nell’accoppiamento tra moncone e impianto), può puntare così a trovare una soluzione che soddisfi estetica e funzione.

Materiali e metodi. Descrizione del caso

Il paziente, sistemicamente sano si presenta con mobilità dell’elemento 22, il dente era stato trattato nel 2016, a seguito di trauma, con estrusione ortodontica, endodonzia, ricostruzione con perno e posizionamento di un provvisorio (Fig. 1-2).

Dalla programmazione iniziale del caso, eseguita tramite indagini cliniche e radiografiche di primo e secondo livello (RX e CBCT) (Fig. 3), si evince la necessità di un incremento volumetrico osseo per lo spessore vestibolo/palatale esiguo, di un posizionamento sottocrestale di 2 mm in base al fenotipo (STH - Soft Tissue Hight) del paziente e di un incremento volumetrico anche dei tessuti molli per dare la giusta armonia al sorriso.

Dopo anestesia con vasocostrittore viene eseguito un lembo a spessore misto per correggere simultaneamente anche le recessioni degli elementi 23 e 24 al fine di ottenere il corretto posizionamento delle parabole gengivali e una linea migliore del sorriso (Fig. 4-5-6). Viene inserito un impianto 3,3 x 10,5 mm GTB T-ZERO Advan® post estrattivo sottocrestale di 2 mm con torque di inserimento > 35 Ncm (Fig. 7-8).

L’impianto viene posizionato con un’inclinazione palatale per ottenere un ancoraggio nella corticale e una buona stabilità primaria e per permettere la preservazione dell’osso vestibolare, al fine di evitare la formazione di deiscenze che andrebbero a compromettere l’estetica e la funzione a lungo termine (Fig. 9-10-11). La scelta di posizionare l’impianto sottocresta è stata guidata dal calcolo per il ripristino dell’ampiezza biologica e per ridurre il riassorbimento peri-implantare al minimo: con un fenotipo di 2 mm è necessario approfondirsi di altrettanti 2 mm per dare il corretto spazio ai tessuti molli. Per compensare il ridotto spessore vestibolare dei tessuti duri viene inserito osso collagenato bovino (OsteoBiol®, GTO®,Giaveno, Italy) nella sede estrattiva e nella porzione vestibolare dell’impianto; la sede implantare così costituita è poi protetta da membrana riassorbibile (OsteoBiol®, Evolution®, Giaveno, Italy) (Fig. 12-13) sopra cui,

Fig. 6
Fig. 5
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 2
Fig. 1
Lembo a spessore misto
Incisione iniziale
RX e CBCT pre intervento
Recessioni settore 2
Stato inizialevisione vestibolare
Stato inizialevisione occlusale

CASE REPORT N.1

Fig. 20-21-22-23-24-25

Fig. 26-27

Si può notare come l’assenza della volumetria ossea vestibolare e dello spessore dei tessuti molli sia stata compensata dalla corretta gestione e programmazione del caso.

La GBR (Guided Bone Regeneration) ha permesso di ottenere osso circonferenziale all’impianto stesso aumentandone la predicibilità e la salute. L’utilizzo di una membrana riassorbibile ha garantito di evitare un secondo intervento di rimozione della stessa che avrebbe precluso la buona riuscita della ricopertura delle recessioni gengivali. L’aumento di spessore dei tessuti molli incrementa la gengiva cheratinizzata che conferisce stabilità e un sorriso più naturale e armonico. Anche l’utilizzo di un provvisorio immediato avvitato detergibile e con margini definiti favorisce e guida la guarigione del sito su forme che rispecchiano la futura maturazione dei tessuti molli.

A 3 e 12 mesi notiamo come a livello radiografico non ci sia stato riassorbimento osseo peri-implantare né precoce (post chirurgico) né tardivo e i sondaggi siano fisiologici e in assenza di placca e sanguinamento.

Conclusioni

Il successo radiografico, clinico, funzionale ed estetico è stato possibile grazie ad una pianificazione corretta del caso e al rispetto dei principi biologici e meccanici. Lo studio del fenotipo ha permesso la formazione della nuova ampiezza biologica peri-implantare che rispetta i tessuti duri, i quali non si riassorbono grazie allo spazio corretto che l’ampiezza ha per ripristinarsi senza invadere gli altri tessuti.

La tecnologia dell’impianto GTB con il platform switching verticale e orizzontale e con la sua connessione verticale ad accoppiamento conico di 11° assicura la stabilità del moncone, l’assenza di microgap e il rispetto dell’environnement peri-implantare. L’utilizzo di abutment customizzati permette al clinico e al tecnico di interagire e prestabilire forme, linee e margini corretti per aumentare il succes-

so funzionale ed estetico. Posizionando infatti correttamente la linea del restauro, la porzione con maggiore rischio di leakage batterico, possiamo ottenere soluzioni detergibili, mantenimento a lungo termine dell’impianto stesso e successo del trattamento. L’utilizzo di biomateriali per incrementare la volumetria tridimensionale dei tessuti ha garantito anche il successo estetico del trattamento.

Controllo a 1 anno
Corona definitiva e RX

CASE REPORT N.2

Abstract

La sostituzione di elementi persi a causa della parodontite rappresenta una condizione molto frequente nella clinica odierna. Molto spesso però questa condizione viene sottovalutata o evitata, poiché necessita di particolare attenzione nella gestione dei tessuti duri e molli e richiede costanza nel mantenimento domiciliare e professionale. Analogamente anche le parafunzioni possono mettere a rischio la longevità implantare, a maggior ragione, in pazienti parodontali dove spesso anche la biomeccanica masticatoria è compromessa. In questo case report viene posizionato un impianto in una zona ad elevata valenza estetica

a-b

Introduzione

in un paziente con storia di parodontite e con parafunzione masticatoria. L’impianto è stato posizionato con tecnica two stage (riapertura dopo 3 mesi) e con contestuale aumento dei tessuti e molli. La corretta pianificazione e gestione dei tessuti e dei tempi rappresentano il focus del successo in casi che necessitano sia di elevata estetica che di stabilità parodontale a lungo termine in particolar modo quando bisogna scendere a compromessi legati all’indisponibilità economica del paziente a riabilitare l’intera funzione masticatoria e la conseguente estetica.

L’inserimento di impianti in pazienti con una storia di malattia parodontale rappresenta una sfida: con una pianificazione adeguata, una gestione attenta dei tessuti duri e molli, controlli serrati e con la collaborazione del paziente è possibile ottenere risultati soddisfacenti e duraturi. La malattia parodontale distrugge i tessuti di supporto dentali fino alla perdita degli stessi. La compromissione della quantità e della qualità ossea, insieme al collasso tissutale, possono rendere complessa la riabilitazione parodontale soprattutto sul fronte estetico. Il saper gestire la rigenerazione tissutale è spesso cruciale in questi interventi sia dal punto di vista estetico che funzionale per poter permettere all’impianto di rimanere in salute. Ricordiamo che la Early Bone Loss, cioè la perdita di osso marginale entro i 12 mesi dal carico, comporta un aumento di rischio di perimplantite. 0,5 mm di perdita ossea corrispondono

1-2-3

ad un rischio aumentato di circa 6 volte.(1)

Parafunzioni masticatorie, come serramento e bruxismo, sono da valutare attentamente durante la progettazione del caso perché possono portare a fallimento precoce o tardivo.

Per prevenire le complicanze dovute all’alterazione della biomeccanica mandibolare nel contesto parafuzionale del paziente è cruciale garantire una corretta distribuzione delle forze masticatorie. Componenti come i pilastri di connessione e le viti di chiusura devono essere selezionati con attenzione per ottimizzare l’integrazione dell’impianto e la salute dei tessuti circostanti. Date queste premesse, il platform switching e la connessione conica sono due condizioni che, se abbinate ad un corretto studio del caso, possono ridurre il rischio di perdita ossea peri-implantare e possono dissipare le forze masticatorie.(2)

4

Fig.
Fig.
Fig.
Lembo di accesso
Situazione iniziale
TAC iniziale

CASE REPORT N.2

ne il posizionamento apicale dell’impianto di 2 millimetri rispetto alla cresta per anticipare il ristabilimento dell’ampiezza biologica oltre che per garantire l’osteointegrazione anche orizzontale sulla bioplatform dell’impianto GTB TZERO che possiede una piattaforma completamente trattata anche all’interno dello shifting orizzontale (implant-abutment connection zone) e garantire così un sigillo totale in un sito sottoposto a carichi non convenzionali vista l’occlusione e la parafunzione del paziente. Guardando i volumi in sezione sagittale si nota un deficit volumetrico dei tessuti molli (Fig. 8-9). Per incrementare lo spessore del tessuto, durante l’intervento, viene posizionata una membrana suina collagenata (OsteoBiol®, Derma®, Giaveno, Italy) (Fig. 10-1112) che viene suturata al lembo con filo PGA 6.0 con un punto a materassaio interno. Il lembo primario è poi suturato con filo

Fig. 13-14-15

Fig. 16-17-18-19-20

PTFE 4.0 (Fig. 13-14-15). A distanza di 12 settimane, dopo la riapertura del lembo per accedere all’impianto sommerso, si rileva in analogico l’impronta definitiva in silicone (Flexitime, Kulzer®), si posiziona la vite di guarigione 4,6x4,5h e si scarica la protesi provvisoria per l’alloggio della vite (Fig. 16-17-18-19-20).

Una volta ristabilita l’integrità dei tessuti molli si avvita la corona definitiva in Zirconia 550 Katana® con rivestimento vestibolare in ceramica feldspatica su Ti-base customizzato 4x2 (Fig. 2122-23). In accordo con il paziente, si decide di mantenere una forma del margine incisale in armonia con la cinematica mandibolare e con la forma del controlaterale (Fig. 24-25). A 12 mesi l’impianto risulta stabile dal punto di vista parodontale (assenza di sondaggi patologici e indici infiammatori) e radiografico (assenza di riassorbimento osseo peri-implantare) (Fig. 26-27-28).

Fig. 21-22-23-24-25

Corona definitiva
Riapertura e impronta
Sutura

CASE REPORT N.2

Fig. 26-27-28

Conclusioni

Il paziente parodontopatico e parafunzionale risulta essere una sfida estetica e funzionale in ambito implantare. La sistematica implantare usata per garantire il sigillo impianto abutment e quindi la microinfiltrazione che sarebbe devastante in un paziente suscettibile di parodontite deve prevedere una connessione conica, un platform shifting orizzontale e un impianto totalmente trattato con caratteristiche tali da garantire una stabilità iniziale e a lungo termine ottimale. Per questo la scelta del GTB TZERO. Considerando la parodontopatia pregressa è centrale riuscire a proteggere al meglio l’enviroment peri-implantare: da qui la scelta di posizionare l’impianto sottocresta sia per caratteristiche fenotipiche, guidate dal calcolo per il ripristino dell’ampiezza biologica finalizzata alla stabilità dei tessuti molli e alla riduzio-

ne del riassorbimento peri-implantare; sia per caratteristiche protesiche dove, grazie alla connessione specifica, conica ottagonale che esclude microgap aiuta nel preservare l’environnement peri-implantare. Il collasso tissutale in pazienti con gravi parodontopatie è condizione comune, come in questo caso, è stato quindi necessario ristabilire una corretta volumetria tissutale sia a finalità estetiche che funzionali: incrementando con una membrana collagenata la gengiva, si ristabilisce sia un’armonia visiva del sorriso che una stabilità tissutale nel tempo. Il rapporto fra spessore e altezza tissutale infatti deve rispettare i range descritti da Nozawa e Farronato in letteratura pari a 1.3:1 (spessore/altezza).(3)(4) Difficoltà ulteriore è stata la gestione della parafunzione e dell’occlusione testa a testa calibrando con i giusti tempi i carichi occlu-

sali e le forze. In pazienti parafunzionali garantire maggior stabilità è centrale, ciò è stato possibile utilizzando tecnologie che permettono una maggior stabilità del moncone grazie al dissipamento delle forze e riducendo la possibilità di complicanze protesiche grazie al platform switching verticale e orizzontale, all’accoppiamento conico di 11° della connessione verticale. Si è evitato di gestire il provvisorio con un carico immediato per ridurre al massimo i rischi di fallimento vista la funzione alterata. Il mantenimento trimestrale di igiene e il controllo di placca domiciliare restano prerogativa fondamentale da concordare col paziente all’inizio del percorso terapeutico. La fabbricazione di un bite notturno risulta dirimente per evitare che movimenti incoscienti di bruxismo possano comportare complicanze protesiche o biologiche inattese.

BIBLIOGRAFIA

1. Windael, S., Collaert, B., De Buyser, S., De Bruyn, H., & Vervaeke, S. (2021). Early peri‐implant bone loss as a predictor for peri‐implantitis: a 10‐year prospective cohort study. Clinical Implant Dentistry and Related Research, 23(3), 298-308.

2. Hansson S: A conical implant-abutment interface at the level of the marginal bone impro-ves the distribution of stresses in the supporting bone. An axisymmetric finite element analysis. Clin Oral Implants Res 2003;14(3):286-93. ID No. 79030.

3. Nozawa, T.; Enomoto, H.; Tsurumaki, S.; Ito, K. Biologic height-width ratio of the buccal supra-implant mucosa. Eur. J. Esthet. Dent. 2006, 1, 208–214.

4. Farronato, D., Manfredini, M., Mangano, F., Goffredo, G., Colombo, M., Pasini, P., ... & Farronato, M. (2019). Ratio between height and thickness of the buccal tissues: a pilot study on 32 single implants. Dentistry Journal, 7(2), 40.

Controllo a 1 anno

One Abutment One Time per tutti i tipi di casi in implantologia dentale.

Autore:

Dr. Peter Kobolt

Libero professionista Clinica Humanikdent d.o.o a Mežica, Slovenia

Abstract

Il protocollo One-Time Abutment mira a fornire un restauro a lungo termine con il minor numero possibile di interventi chirurgici, riducendo ad una sola volta l’avvitamento dell’abutment.

I pazienti si rivolgono spesso all’ambulatorio chiedendo soluzioni rapide ma allo stesso tempo a lungo termine, stabili,

1

Connessione tra impianto e abutment, impianto con spire aggressive e abutment

funzionali ed estetiche. Nell’articolo verrà analizzato questo protocollo e verranno mostrati l’uso pratico e i risultati.

Attraverso il protocollo One-Time Abutment, è possibile ottenere una buona stabilità primaria e tessuti molli cheratinizzati stabili e sani intorno all’abutment in una sola fase chirurgica.

Un altro obiettivo è la protezione dai batteri della connessione impianto - abutment (platform switching), in modo da poter ridurre al minimo il riassorbimento dell’osso indotto da un’infezione. È stato preso in considerazione anche il comfort del paziente. Meno interventi chirurgici significano meno traumi e, infine, costi inferiori.

Fig.

CASE REPORT N.1

La prima paziente era una donna di 55 anni, non fumatrice, che aveva perso il secondo molare inferiore destro. Sono stati eseguiti un esame fisico e poi delle radiografie (Fig. 3a). Il primo molare inferiore era compromesso a causa di una frattura verticale, quindi è stato estratto ed è stata stabilita una fase di guarigione di due mesi. Il paziente non aveva altri problemi medici. Dopo la fase di guarigione, il lembo è stato aperto in anestesia locale (Fig. 3b) utilizzando un’incisione crestale e rilasciando il lembo un po’ verso la posizione linguale e buc-

cale solo per controllare il margine osseo e determinarne l’ampiezza. Quindi sono stati inseriti due impianti GTB TZERO di 3,6 mm di diametro e 10,5 mm di lunghezza nelle regioni 46 e 47. Per entrambi gli impianti sono stati raggiunti 35 Ncm di torque. Sono stati immediatamente posizionati due abutment Multi Unit (MUA), di 3,5 mm di altezza e 4,8 mm di diametro della piattaforma protesica, serrandoli a 25 Ncm, quindi sono state avvitate le cappette di guarigione sulla sommità dei MUA con un torque di 10 Ncm (Fig. 3c-d). Alla fine, la mucosa è stata suturata sen-

Esame preliminare dei tessuti molli e esame radiografico per la valutazione della disponibilità ossea

dopo l’inserimento dell’impianto e controllo a un anno

za tensione con punti riassorbibili. Dopo tre mesi le cappette di guarigione sono state rimosse ed è stato possibile prendere l’impronta. Un ponte in metallo-ceramica è stato realizzato dal tecnico e avvitato dopo una settimana sui monconi MUA con una coppia di 15 Ncm. I fori sono stati sigillati con materiale composito (Fig. 3e-f-g).

Le radiografie sono state eseguite subito dopo l’inserimento dell’impianto e dopo un anno di controllo. L’intera procedura è stata documentata con fotografie. L’indice BTPS era 4.

Fotografia di controllo a un anno

Fig. 3a
Fig. 3c
Fig. 3f
Fig. 3b
Fig. 3e
Fig. 3g
Fig. 3d
Lembo aperto
Mucosa suturata e inserimento delle Cappette di guarigione per MUA
Cappette di guarigione MUA
Corone definitive con visibile il canale vite
Radiografia

CASE REPORT N.2

Il secondo caso era una donna di 61 anni che è arrivata alla nostra clinica con una grave malattia parodontale in uno stadio terminale, era solita fumare, era una non fumatrice da 5 anni e non presentava alcun problema medico in anamnesi. Tutti i denti avevano una mobilità di terzo grado. La sua principale lamentela era che non riusciva più a mangiare. Lamentava inoltre un dolore al canino inferiore destro.

Dopo un esame clinico (Fig. 4a-b), sono stati notati diversi ascessi parodontali. Dopo un esame radiografico panoramico, si è deciso di rimuovere tutti i denti. Durante la procedura di rimozione, tutti i tessuti infiammati sono stati rimossi e le aree taglienti dell’osso sono state rimodellate con un dispositivo piezoelettrico e frese apposite. Le ferite sono state successivamente suturate. Si è deciso di non procedere con l’aumento dell’osso, ma solamente di suturare adeguatamente e lasciar guarire naturalmente il sito.

Per il tempo di guarigione, sono state realizzate due protesi rimovibili immediate. Dopo quattro mesi, il lembo è stato aperto e sono stati posizionati quattro impianti in mascella e quattro impianti in mandibola. Nella mascella superiore sono stati utilizzati impianti GTB TZERO con diametro di 3,6 mm e lunghezza di 12 mm posizionati in zona 16, 13, 23 e 26. A causa della mancanza di osso nelle regioni 16 e 26, questi due impianti sono stati inclinati mesialmente, in modo da trovarsi interamente in un osso naturale ed evitare qualsiasi accesso al seno mascellare. Su questi due impianti sono stati utilizzati degli abutment MUA angolati di 17 gradi e 4,5 mm di altezza. Per gli altri due impianti sono stati utilizzati abutment MUA diritti di 3,5 mm di altezza.

Fotografia pre-trattamento

Situazione della mascella prima della presa dell’impronta

Radiografia pre-trattamento

Situazione della mandibola prima della presa dell’impronta

I MUA sono stati avvitati direttamente dopo l’inserimento degli impianti. Quindi, il lembo è stato chiuso con suture riassorbibili. Ogni impianto è stato posizionato a 35 Ncm. In mandibola, sono stati inseriti impianti in posizione 36, 33, 43 e 46. Per rispettare il forame mentale, i due impianti delle regioni 36 e 46 sono stati inclinati. Ogni impianto è stato posizionato a 35 Ncm. Per questi due impianti sono stati utilizzati abutment MUA angolati a 17 gradi, con un’altezza di 3,5 mm e un diametro di 4,8 mm della piattaforma protesica. Per gli impianti posizionati nelle regioni 33 e 43 sono stati utilizzati MUA dritti con un’altezza di 3,5 mm (Fig. 4c-d). Quindi, il lembo è stato suturato e si è presa l’impronta per il laboratorio, che ha realizzato due ponti immediati in polimetilmetacrilato (PMMA) per la riabilitazione temporanea (Fig. 4e-f-g). I ponti sono stati avvitati sul MUA dopo 24 ore. Infine, i fori sono stati chiusi con materiale provvisorio per proteggerli dai residui di cibo. Dopo 14 giorni il paziente è tornato per rimuovere i punti e controllare la guarigione.

Dopo quattro mesi, i provvisori sono stati svitati ed è stata presa una ulteriore impronta. Dopo 14 giorni sono stati posizionati i restauri definitivi. È stato registrato il morso e verificato l’adattamento di una struttura in titanio.

La protesi superiore è stata realizzata in ceramica e quella inferiore in resina composita per evitare scheggiature. Le radiografie sono state eseguite subito dopo l’inserimento degli impianti e ad un anno di distanza (Fig. 4h).

È stata eseguita una documentazione fotografica dell’intera procedura. L’indice BTPS era 4.

Sutura e inserimento delle Cappette di guarigione per MUA

Protesi provvisoria

Radiografia dopo l’inserimento degli impianti

Protesi definitiva

Fig. 4a
Fig. 4e
Fig. 4d
Fig. 4h
Fig. 4c
Fig. 4g
Fig. 4b
Fig. 4f

CASE REPORT N.3

Radiografia dopo l’inserimento degli impianti

Protesi provvisoria

Quattro mesi dopo il secondo intervento, sono stati estratti i denti rimanenti dalla mascella superiore e inferiore e sono stati posizionati sei impianti nella mascella inferiore e sei impianti nella mascella superiore (Fig. 5f). È stata utilizzata una pianificazione computerizzata della posizione degli impianti per garantire un buon posizionamento e rispettare tutti i canoni dell’implantologia di base. Per l’impianto è stato eseguito lo stesso protocollo dei casi precedenti. L’indice BTPS era 4.

Dopo quattro mesi di guarigione con ponti provvisori (Fig. 5g), questi sono stati sostituiti con ponti definitivi. Tuttavia, a causa della malocclusione di terza classe dovuto ad un mascellare più piccolo, è stato possibile ottenere una relazione di morso tête-a-tête nella zona anteriore, lasciando un morso incrociato nella regione dei molari. L’indice BTPS era 3,6 (Fig. 5h-i-j-k).

Fig. 5h
Fig. 5i
Fig. 5j
Fig. 5f
Fig. 5g
Mascella e mandibola prima dell’impronta definitiva
Vista sagittale del ponte finale
Vista frontale del ponte finale

BIBLIOGRAFIA

Master thesis and project work; One-time abutment; Master student: Peter Kobolt; Supervisors:

• Prof. Ugo Covani

• Prof. Simone Marconchini

• Medical faculty Unicamillus

• University of Rome

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Case photograph and x-ray source Peter Kobolt; Index BPTS by Peter Kobolt; fig. 1 Medimpex, Advan

All procedures were made in outpatient clinic Humanikdent d.o.o., Smrecnikovo 20, 2392 Mezica, SLO, EU

CASE REPORT

Riabilitazione implantare con impianto

GTB SINUS LIFT e TZERO.

Fig. 1-2

Abstract

Autore:

Dr. Roberto Ambrosio Libero professionista e consulente

Clinica:

Studio Ambrosio Catanzaro, Italia

CASE REPORT

Introduzione

L’implantologia risulta essere la scelta migliore sia clinicamente che biologicamente per una riabilitazione protesica fissa. Questa opportunità diventa ancora più convincente se non vi è presenza di pilastri naturali.

La macrogeometria dell’impianto GTB

Radiografia pre-operatoria (vista laterale e assiale)

In un precedente case report mi posi questa domanda: “Una forma geometrica al servizio della biologia o la biologia che sfrutta una forma geometrica?”

Personalmente rimarrò con il dubbio continuando ad utilizzare questa geometria nei casi in cui l’atrofia ossea nel mascellare superiore mi permetterà di ottenere un’altezza sufficiente per l’inserimento e stabilizzazione implantare, senza ricorrere a tecniche rigenerative a carico del seno mascellare. Con l’impianto ADVAN GTB SINUS LIFT, un nuovo caso è stato trattato per continuare a sfruttare questa geometria implantare, che ha già fornito risultati soddisfacenti. Si vogliono valorizzare le proprietà osteogenetiche che si attivano in seguito allo scollamento della membrana di Schneider, sfruttando il suo naturale letto di appoggio osseo. In questo caso, tre impianti ADVAN sono stati inseriti in una paziente con volumetrie ossee diverse (sito-specifiche), nel secondo quadrante (arcata superiore sinistra). Questo case report mette in evidenza il ruolo della geometria implantare nella gestione dell’atrofia ossea, offrendo un’alternativa meno invasiva rispetto ai tradizionali rialzi di seno mascellare.

SINUS LIFT di Advan è volta a garantire una stabilità primaria anche in condizioni di atrofia e, o di scarsa densità ossea, che spesso caratterizzano le regioni posteriori del mascellare.

Gli impianti ADVAN si distinguono come una soluzione ottimale, garantendo

un’ampia possibilità di scelta e un inserimento efficace in diverse tipologie di osso, sia per densità che per altezza, anche nei casi in cui l’atrofia del mascellare superiore potrebbe rendere altrimenti necessarie procedure chirurgiche più invasive.

CASE REPORT

Si è proseguito con la preparazione degli altri siti implantari 26 e 27. Oltre alle frese già descritte la procedura è continuata, come da protocollo consigliato, con le frese:

• Fresa per osso alveolare Blu (Ø 2,8 mm)

• Fresa per osso alveolare Verde (Ø 3,6 mm)

Queste hanno preparato il sito implantare fino a una profondità di circa 3-4 mm in base alla posizione. Successivamente, è stata utilizzata la fresa per osso marginale da Ø 4,2 mm, affondandola come le precedenti frese e allo scopo di indebolire il pavimento del seno mascellare. Con un osteotomo e martello è stata indotta la frattura a legno verde del pavimento del seno mascellare. L’ultimo passaggio è stato eseguito con la fresa verde per osso compatto (Ø 4,0 mm), facendola girare a basso numero di giri in modalità reverse.

A questo punto, una spugna in collagene è stata spinta delicatamente nei fori implantari tramite un osteotomo, permettendo alla membrana del seno di essere, delicatamente, scollata e sollevata con l’introduzione del materiale. Nei siti implantari ormai pronti sono stati inseriti altri due impianti:

• Impianti GTB SINUS LIFT Ø 4,3 × 7,5 mm in zona 26 e 27

I due impianti, affacciandosi con la loro porzione apicale nel seno mascellare, hanno ottenuto un ingaggio bicorticale, e hanno ulteriormente sollevato e dislocato cranialmente il collagene e, quindi, la membrana di Schneider. Gli impianti hanno raggiunto una stabilità primaria di circa 30-35 Ncm. Sono state avvitate tre viti tappo H 1,5 mm (Fig. 6) per più semplici modalità di controllo del paziente e per l’integrazione del collagene inserito. Infine, è stato scolpito un lembo a scorrimento coronale per chiudere il sito chirurgico senza tensione.

La ferita è stata suturata con sutura PGA 4-0.

A distanza di circa 3 mesi è avvenuta la riapertura e sono state inserite tre viti di guarigione che hanno preceduto la presa d’impronta con scanner intraorale seguendo un flusso digitale utilizzando degli scan abutment.

Dopo un mese dall’impronta è stata consegna la protesi definitiva avvitata in zirconia (Fig. 7-8-9).

Conclusioni

La macrogeometria implantare ha consentito di ottenere una stabilità primaria adeguata.

La struttura implanto-protesica ha garantito una buona integrazione con i tessuti molli e duri circostanti, nonostante non sia stato effettuato un protocollo One stage.

Il follow-up permetterà il monitoraggio clinico e radiografico sia del modulo crestale che di quello apicale degli impianti GTB SINUS LIFT (Fig 8) per un chiudersi con un follow-up a 7 mesi (Fig. 10).

Fig. 9
Fig. 6
Fig. 7
Fig. 10
Fig. 8
Intraorale
Ex post chirurgia
A 4 mesi
Rx a 7 mesi
Ingrandimento immagine 7

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