Qui Bergamo n.ro 275

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ANNO 28 - N° DUECENTOSETTANTACINQUE - DICEMBRE 2020 - € 3 IN COPERTINA PIAZZALUNGA SRL UNA FAMIGLIA SEMPRE PIÙ NUMEROSA

BERGAMO MAGAZINE

SPEDIZIONE IN A. P. D.L 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1, COMMA 1, DCB BERGAMO IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE - EDITA PERIODICI S.R.L. VIA B. BONO, 10 BERGAMO 24121 - TASSA PAGATA BG CPO

da 28 anni

RIANIMIAMOCI: MONS. GIULIO DELLAVITE IL PRESEPE NELLE GROTTE DI VILLA ZANCHI STREET NOEL IL NATALE IN CENTRO UN NATALE MOLTO INTIMO CERESOLI UTENSILI AZIENDA VINCENTE

CMP BERGAMO

LA STRADA DEI VINI LONGOBARDI FELLINI DIETRO LE QUINTE AL MACOF DI BRESCIA MARIUCCIA MANDELLI KRAZY KRIZIA LA STORIA DI GIULIA LUDOVICA PAGANI

Fotografia Paolo Stroppa


Via Campagnola, 48/50 - Bergamo - Tel. 035 4212211 Corso Carlo Alberto, 114 - Lecco - Tel. 0341 27881 Via Industriale, 97/1 - Berbenno di Valtellina (SO) - Tel. 0342 492151 Via Brescia, 78 - Grumello del Monte (BG) - Tel. 035 830914 www.lariobergauto.bmw.it


* A *chi* *ama* *dormire* *ma si sveglia* *sempre di buon* *umore, a chi saluta* *ancora con un bacio, a* *chi lavora molto e si diverte* *di più, a chi va di fretta in auto ma* *non suona ai semafori, a chi arriva in* *ritardo ma non cerca scuse, a chi spegne* *la televisione per fare due chiacchiere a chi è* *felice il doppio quando fa la metà, a chi si alza presto* *per aiutare un amico, a chi ha l’entusiasmo di un bambino* *e pensieri da adulto, a chi vede nero solo quando è buio* *A chi non aspetta Natale* *per essere* *migliore*

*Buon Natale 2020*

***** dal vostro qui Bergamo


leggetela ai bambini

È nato! Alleluja LA NOTTE SANTA DI GUIDO GOZZANO SCRITTA NEL 1914, È UNA POESIA DESTINATA AI BAMBINI. RIEVOCA PROPRIO LA NOTTE DELLA NASCITA DI CRISTO, CONTRADDISTINTA DA UN FORTE SENSO RELIGIOSO NEL QUALE RIPERCORRE TUTTA LA VITA DI GESÙ CRISTO RACCONTATA NEI VANGELI


- Consolati, Maria, del tuo pellegrinare! Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei. Presso quell’osteria potremo riposare, ché troppo stanco sono e troppo stanca sei. Il campanile scocca lentamente le sei. - Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio? Un po’ di posto per me e per Giuseppe? - Signori, ce ne duole: è notte di prodigio; son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe. Il campanile scocca lentamente le sette. - Oste del Moro, avete un rifugio per noi? Mia moglie più non regge ed io son così rotto! - Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi: Tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto. Il campanile scocca lentamente le otto. - O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno avete per dormire? Non ci mandate altrove! - S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove. Il campanile scocca lentamente le nove. - Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella! Pensate in quale stato e quanta strada feci! - Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella. Son negromanti, magi persiani, egizi, greci... Il campanile scocca lentamente le dieci. - Oste di Cesarea... - Un vecchio falegname? Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente? L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame non amo la miscela dell’alta e bassa gente. Il campanile scocca le undici lentamente.

La neve! - ecco una stalla! - Avrà posto per due? - Che freddo! - Siamo a sosta - Ma quanta neve, quanta! Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue... Maria già trascolora, divinamente affranta... Il campanile scocca la Mezzanotte Santa. È nato! Alleluja! Alleluja! È nato il Sovrano Bambino. La notte, che già fu sì buia, risplende d’un astro divino. Orsù, cornamuse, più gaje suonate; squillate, campane! Venite, pastori e massaie, o genti vicine e lontane! Non sete, non molli tappeti, ma, come nei libri hanno detto da quattro mill’anni i Profeti, un poco di paglia ha per letto. Per quattro mill’anni s’attese quest’ora su tutte le ore. È nato! È nato il Signore! È nato nel nostro paese! Risplende d’un astro divino La notte che già fu sì buia. È nato il Sovrano Bambino. È nato! Alleluja! Alleluja! (Guido Gozzano)


Bruno Bozzetto da qui Bergamo dicembre 1994


in questo numero

BERGAMO

www.qui.bg.it autorizz. Tribunale di Bergamo n°3 del 22/01/1992

cover story la famiglia piazzalunga augura buone feste

il presepe nella grotta di villa zanchi

EDITA PERIODICI srl Via Bono 10 Bergamo tel 035.270989 fax. 035.238634 www.editaperiodici.it Direttore responsabile: Vito Emilio Filì Direttore editoriale: Patrizia Venerucci venerucci@editaperiodici.it Responsabile redazione: Tommaso Revera redazione@qui.bg.it Responsabile grafica: Paolo Biava grafica@qui.bg.it Redazione eventi: Valentina Colleoni redazione.chicera@qui.bg.it Hanno collaborato in redazione: Lorenzo Boccardini, Bruno Bozzetto, Manuel Bonfanti, Valentina Colleoni, Maurizio Maggioni, Giorgio Paglia, Sabrina Scandali

Rianimiamoci con le parole di Mons. Giulio Dellavite

il natale di Bergamo

ceresoli Utensili UN’azienda vincente dampierre: un altro anno di successi

fellini dietro le quinte

Fotografie di: Federico Buscarino, Sergio Nessi, Paolo Stroppa, Paolo Biava, Daniele Trapletti

in ricordo di krazy Krizia

Stampa: Euroteam Nuvolera Brescia

il regalo migliore per amici e parenti un abbonamento a qui Bergamo anno 2021 x10 numeri 30 € tel. 035.270989

flavio bonardi e i vini longobardi

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NATALE 2020 Il Natale quest’anno arriva in un momento di grande sofferenza per i popoli di tutta la terra. Cosa ci insegna questa immensa catena di dolore, dove paesi poveri e paesi ricchi, si trovano tutti a combattere contro lo stesso male? “Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi” ha commentato Papa Francesco. Il Coronavirus ha ribaltato la realtà, la tranquillità, la società, le persone. Di colpo ci siamo trovati bloccati, immobili, impantanati, paralizzati, terrorizzati, immobilizzati, imprigionati, isolati. Tutti ci siamo sentiti vulnerabili. Tutto questo ha portato a riconoscere che la vita nasconde un qualcosa di più, che supera ogni previsione o capacità. Quante volte istintivamente esprimiamo le difficoltà con l’espressione: “è fuori controllo”, perché il controllo ci sembra il criterio più adeguato per mantenere la vita dentro degli argini conosciuti e rassicuranti. La vita invece è “incommensurabile”, è sempre dono, ma chissà perché ce ne accorgiamo solo quando qualcuno la perde, o quando noi ritroviamo la nostra sciupata. C’è chi ha molto meno di noi e la sa gustare molto di più”. Sappiamo di non essere eterni ma morire senza neppure la benedizione e la vicinanza dei propri cari ci getta nella disperazione. A cosa deve pensare una persona ricoverata in terapia intensiva? A quale speranza deve aggrapparsi se non ha avuto neppure modo di confessare i peccati di una vita? Quando la morte ci sorprende e la vediamo così vicina, così diffusa, così presente, quanto aiuta essere credenti? “Qualcuno dalla pandemia ne è uscito piagato e piegato. Qualcun altro ne è uscito incattivito, agitato, sfasato e molto più egoista. C’è chi si è chiuso nella “sindrome della grotta” per non affrontare la realtà e chi con irritante spavalderia ha il coraggio di fare il negazionista, senza alcun rispetto per il dolore altrui o per la fatica di ha combattuto sul fronte questa guerra. Ma c’è anche chi ha azionato un “antidoto omeopatico”, cioè qualcosa che scaturisce da dentro senza aver bisogno di principi attivi esterni, facendo scaturire dall’isolamento e dal distanziamento sociale uno stile di stare insieme diverso. Il senso di omeopatia per i latini era “similia similibus curantur”, “i simili si curino con i simili”. Nella radice greca c’è “pathos”, che non è patire ma è passione, densità di sentimenti. Per il Signore conta sempre il cuore, determinante è l’intenzione. La benedizione donata da un infermiere o da un medico ad un paziente morente è stata la carezza di Dio. Anche senza il prete. Credo che Dio questo lo abbia riconosciuto nei bergamaschi, anche leggendo quel famoso #molamia non solo come “non mollare”, ma anche come “Bergamo non è molle”, perché non c’è solo la grande “solidarietà” che si vede, ma c’è soprattutto una immensa “solidità” nascosta e densa.” Dobbiamo stare distanti dalle nostre chiese, le strade sono ormai frequentate poco (e male), le persone non si avvicinano più, se possono ti scansano. Il pastore è costretto lontano dal gregge e il lupo è in agguato... “La pandemia non è un castigo di Dio, ma possiamo leggerlo come un appello che ci viene consegnato in termini personali ma anche comunitari e sociali. Stiamo vivendo un tempo di prova che chiede ad ogni parrocchia di essere “fraterna, ospitale, prossima”. Il dato di fatto è un “dimezzamento” non solo delle attività e delle proposte per la contingenza delle norme, ma delle presenze delle persone. Questo chiede una profonda riflessione verso una forma di Chiesa che non è più quella di una volta, che deve vivere come stile l’essenzialità e la sobrietà; la cura delle relazioni, con particolare attenzione alle persone più provate e svantaggiate; la flessibilità e gradualità necessarie in un tempo di cambiamento e di incertezza, tornando a rivendicare la sua essenza principale che è il Vangelo e non l’erogazione di servizi più o meno religiosi o spruzzati di sacro”. «Ascolta si leva l’alba»: quali segni di speranza lei vede all’orizzonte? Cosa pensa che vada ripensato della Chiesa, e cosa vada riscoperto? “È la sfida di un umanesimo integrale, che non escluda nessun uomo e abbracci tutto dell’uomo. Viviamo una situazione di incertezza ma non vogliamo lasciarci paralizzare. Camminiamo dentro l’incertezza. Camminiamo con una certezza che è Cristo che ci dona un futuro buono. Che non è dire scaramanticamente “andrà tutto bene”. Ha ricordato il Vescovo Francesco: “Quello che abbiamo vissuto è vita e non solo morte e dolore! È una vita che ci ha messo a confronto con lo spessore umano della nostra esistenza e noi vogliamo servire dove la vita accade”. E proprio questo ha consegnato come impegno e linea guida per la nostra Diocesi nei prossimi mesi: servire la vita dove la vita accade.


MONS. GIULIO DELLAVITE

riAnimiamoci V.E.Filì - Fotografie Paolo Biava


MONS. GIULIO DELLAVITE

riAnimiamoci Le mascherine ci impediscono di riconoscerci e stiamo ormai incollati ai device digitali adorando lo schermo, dove adesso succede tutto. Tutto avviene in streaming. Che tristezza. “Per quando riguarda la Chiesa, la fantasia dei preti bergamaschi ha saputo abitare la rete: dirette streaming per le Messe, app per proporre iniziative ai ragazzi a casa, riflessioni per gli adulti via chat, mail con attività da suggerire ai genitori da fare a casa, momenti di audio con canti per fare compagnia agli anziani o con fiabe per bambini. E il sito www.diocesibg.it ha diverse di queste proposte aggiornate in continuazione. Tutti, però, ciascuno dal canto suo, ci siamo accorti che “on line” non basta, se poi ti ritrovi “off life”. Ci vorranno anni per liberarci dalle conseguenze della pandemia. Ne usciremo migliorati o peggiorati? “Nella prima ondata della pandemia, la percezione comune della gente - perché ormai siamo tutti virologi - aveva stigmatizzato una scala dei sintomi del Covid: non si sente più il profumo di nulla, si perde il gusto, si insinua un malessere che debilita, sale la temperatura, comincia a mancare il fiato, si soffoca. Ognuno guardava dentro di sé e si autodiagnostivava: “ci siamo!”. Così si è corsi tutti subito al riparo cercando ossigeno, mascherine, igienizzazione, distanziamento, persone che facciano i fatti nel silenzio con passione invece che parlare in continuazione perché l’effetto droplet contagia con gli sputi inutili. In questa seconda ondata della pandemia, la “mia” sensazione, invece, è che lo stesso virus non sia infettivo solo per i polmoni, ma abbia intaccato menti, vite, coppie, famiglie, posti di lavoro, la stessa società. Mentre tutti sono concentrati sui danni fisici e su quelli economici del Covid 19, cominciano a prendere corpo anche preoccupanti ripercussioni psicologiche. I sintomi sono gli stessi. Non si sente più il profumo di nulla, ognuno pensa per sé e non ne può più. Si perde il gusto e aumentano ansia e depressione. Si insinua un malessere che debilita, come pessimismo e sfiducia. Sale la temperatura emotiva, familiare, sociale, politica, ed esplode l’ira verso tutto e tutti, impastata di rabbia che genera nemici. Comincia allora a mancare il fiato per intolleranza e impazienza. Così si soffoca e si annaspa. Ognuno si deve guardare dentro e autodiagnosticarsi: “non ci siamo!”. Abbiamo bisogno di correre tutti subito al riparo cercando l’ossigeno di idee positive, mettendo mascherine che riparino le bocche dal pessimismo, attuando l’igienizzazione della responsabilità sociale, garantendo il distanziamento dalla rabbia e investendo tutti nella passione di chi è artigiano di bene e vuole davvero il bene, perché ognuno di noi può essere per se stesso e per la situazione in cui vive infermiere e medico, insomma un “rianimatore”, uno che ri-anima, che ci mette l’anima e che ridona anima”. Ci può consigliare un libro da leggere durante le prossime festività? Sicuramente “Come un respiro” di Ferzan Ozpetek, è uno stimolo per dire “aria pulita cercasi”, riANIMIAMOci!


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fuochi di paglia

di Giorgio Paglia www.fuochidipaglia.it

IL NATALE VIRALE È con immenso piacere che finalmente sta per finire uno degli anni più oscuri della storia mondiale. Annunciatosi come anno bisesto, il 2020 ha mantenuto tutte le sue premesse di sfortuna e di malaugurio. Purtroppo non si potrà scendere in piazza il 31 dicembre per far esplodere tutta la nostra gioia a suon di botti e fuochi d’artificio, e non sarebbe bastato il cannone della rocca bergamasca per enfatizzare il tripudio popolare. È stato davvero un anno durissimo, non solo per Bergamo e per Brescia, che ha devastato la salute e l’economia di interi paesi. Una pandemia quasi annunciata, ne parlò persino l’informatico Bill Gates nel 2015, che è stata gestita nel peggiore dei modi, non solo in Italia. Pensavamo che il globalismo avrebbe potuto portare almeno ad una unità di intenti e che l’Europa sarebbe stata capace di coordinarsi aiutando tutti indistintamente. A posteriori possiamo dire che nulla di tutto ciò è accaduto. Egoismi nazionali e improvvisazioni locali l’hanno fatta da padrone. Poi sono scorsi fiumi di parole non verificate e un mare di opinioni contraddicibili nello stesso giorno. Coloro che dovevano essere degli scienziati prudenti, anziché parlare con cognizione di causa e con prove conclamate, si sono sbizzarriti in ipotesi pubbliche per lo più fantasiose e inaffidabili. Le televisioni e i main media hanno fatto di peggio, rincorrendo soprattutto la conta dei morti, anziché la verità scientifica. E più erano i decessi e più sembravano provare un cinico compiacimento da macabro avanspettacolo. La matematica è così diventata un’opinione e la realtà si è trasformata in una sceneggiata raccapricciante. Di seri protocolli sanitari condivisi a livello globale, neanche l’ombra. In un tripudio mediatico che ha ottenuto solo una cosa, quella di terrorizzare la gente. Ma quando si instaura il panico generalizzato, arrivano inesorabilmente le tenebre della ragione. Così è iniziata la caccia all’untore, la segregazione forzata di intere comunità, i decreti legislativi fatti la notte per entrare in vigore all’alba, la rincorsa ad acquistare delle miracolistiche mascherine a cui si affidava la salvezza per mezzo euro. Ma il virus non guarda in faccia a nessuno. Noi da 40 anni conviviamo con quello dell’Aids o HIV, che non è ancora stato debellato, e a cui abbiamo sacrificato 35 milioni di morti fino a oggi, ma abbiamo ancora quasi 2 milioni di nuovi contagiati l’anno, mentre 40 milioni di persone sono tuttora infette e contiamo 700.000 vittime nel solo 2019. Eppure pochi ne parlano e nessun governo si è mai sognato nel tempo di vietare i rapporti sessuali non protetti! Noi invece ci concentriamo unicamente sul Covid, a dimostrazione dei dannosissimi effetti di una pandemia mediatica. E allora le persone vivono nell’angoscia e cominciano ad evidenziare dei seri problemi psicologici causati dai lockdown, dalla crisi economica e dall’incertezza verso il futuro. La depressione, l’ansia, la schizofrenia, l’aumento dei suicidi, la solitudine, il senso di abbandono, le violenze in famiglia, stanno colpendo sempre più persone. Ma suvvia, in conclusione siamo arrivati, anche se malconci, a questo sobrio Natale virale, regolamentato da Conte con editti di stile sovietico: niente cenone, niente assembramenti, niente sciate in montagna, niente visite parenti, niente messe di mezzanotte. Dovremo isolarci anche a Capodanno, ma con la grande certezza che questo orribile 2020 se ne sia andato per sempre. Tiè! E allora non mi resta che fare gli auguri più affettuosi a tutti voi resilienti. Alla prossima e in alto i cuori. Anche su Twitter: @Fuochidipaglia


T H E F U T U R E O F S W I S S WATC H M A K I N G S I N C E 18 6 5

T I M E TO R E AC H YO U R S TA R

DEFY EL PR I M ERO 21


Loris Olivato, Amministratore delegato di Villa Zanchi, in questo periodo di sosta forzata, non potendo allietare il paesaggio di Stezzano con le splendide illuminazioni che in questo periodo dell’anno incornicano la dimora storica, ha rispolverato le grotte che si trovano nei pressi della stessa e che erano chiuse da decenni. E in una grotta a Natale non ci può stare che un Presepe. È stata scelta una natività scolpita nel legno da Valentino Carrara, oggi scomparso, uno scultore che si è fatto conoscere proprio per le sue opere sacre. Curiosi delle grotte oltre a fotografarle abbiamo chiesto ad Olivato di spiegarci il perchè della loro esistenza.

Fotografia Sergio Nessi

Il Presepe nella grotta “Non abbiamo documenti storici che ne attestino genesi, scopi o funzioni - ci dice - sappiamo che era vezzo nel ‘700/800 abbellire le dimore con strutture a “grotta” realizzate nel parco (come nel nostro caso); gli esemplari più belli e ricchi scenograficamente li troviamo a Villa Litta di Lainate, presso il Giardino di Boboli a Firenze, piuttosto che le Grotte del Buontalenti sempre a Firenze. Le grotte di Villa Zanchi sono molto semplici e povere artisticamente e quindi nemmeno lontanamente paragonabili a quelle sopra citate, ma quella sembra comunque esserne la genesi. Esistono comunque due storie/versioni: la prima è che furono realizzate su iniziativa dai signori Caroli, all’arch. Giacomo Bianconi; il progetto doveva essere molto ambizioso, sullo stile di quelle citate, ma è evidente che non fu mai realizzato; la seconda che nascano invece come ingresso camuffato di un tunnel sotterraneo che portava da Villa Zanchi a Palazzo Visconti di Brignano (la classica via di fuga realizzata nel Medioevo in tutti i castelli, ville, fortificazioni, ecc.). Voci di paese dicono che il tunnel esiste(va) ma che fu chiuso/interrato nel 1945/46 subito dopo la guerra. Anche le grotte non sono mai state aperte al pubblico”. Il presepe realizzato all’interno di una di queste grotte è anche visibile dall’esterno grazie ad una porta che si apre sul muro perimetrale della Villa. Se passate di là vale la pena di una breve sosta. (V.E.F.)


Politicando di Maurizio Maggioni

e che comande me che, e che le la me cà che.... Italia persa nel marasma più completo di una linea di comando assente. Il discorso ormai più comune, tra la poca gente che si ferma in strada attenta alle regole di non fare assembramento, è sempre quello: ma chi comanda qui a casa nostra, ma chi comanda in Europa, ma il famoso cartello delle famiglie che comandavano il mondo esiste ancora ? Una serie di domande a cui si tenta di dare risposte decifrando i comportamenti dei politici, degli economisti e guardando un po’ gli equilibri ed i sistemi mondiali. A ritroso direi che, purtroppo, un ordine mondiale manca: solo il fattore economico tiene un poco, ma quello politico è assente. Ognuno pensa ai propri interessi: Turchia, Russia ,Cina, Arabia e poi infine gli amerikani (con la K) ora che c’è Biden che speriamo non inizi come Obama con nuove guerre sul campo; tutti liberi in ordine sparso un po’ acefali e con gli organismi come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Nato ed il Fondo Monetario Internazionale con la sua banca, senza coordinamento alcuno e senza ombra di una strategia generale. Nulla di programmatico, tutte le decisioni lasciate al caso. In Europa vi è un Consiglio diafano rappresentato da una presidentessa mingherlina sempre intonata con abiti color pastello, che non dice niente, che ha accanto a sé ministri e rappresentanti del nulla: per l’Italia un certo Conte Gentiloni da Roma... se almeno ci avessimo messo il Marchese del Grillo con Sordi... allora sì. L’OMS che ha scelto Monti per governare i paesi europei... ne avete notizia? Senatore a vita nominato da Napolitano ancor prima di accettare l’incarico di

Primo Ministro, che uomo tuttod’un pezzo! Ecco questo è il panorama generale a cui aggiungere i deliri e le incapacità di Macron in Francia e in Germania i comportamenti soft di Frau Merkel la quale se pur rotondetta e vestita con i soliti colori vinaccia, non è più reattiva per vari motivi politici: è alla fine della sua carriera e lascerà a fine mandato. Le sue banche nazionali stanno fallendo e tenta di tutto con il Mes, ma non ha la forza di imporlo: il suo popolo non la segue più perché il suo impero è infiltrato da gente troppo social-DDR, lavorano poco e vogliono guadagnare di più: le bugie vengono sempre a galla ed i suoi rapporti sentimentali e familiari sono saltati. Il marito sta con un’altra più giovane e bella di lei, vivono separati ed i suoi tremori e i leggeri mancamenti denotano uno stress psicofisico: però nessuno fa battute sulle sue corna, nemmeno Berlusconi che è un signore. Eccoci in Italia dove non comanda nessuno, ma comandano tutti. E tutti fanno ammuinna, di napoletana memoria. Chi sta a prua corra a poppa, chi è a poppa vada prua, muoviamoci il più possibile per far vedere che ci siamo e che lavoriamo. Mattarella sa con chi ha a che fare, d’altronde li ha creati e, in alcuni casi, proposti proprio lui. Iniziando dal presidente del consiglio che sembra, da pugliese, un Aldo Moro in negativo: impeccabile nel vestire, parla uno strano italiano che pochi capiscono, nuvoloso e attento a dire e a non dire, ma ben far capire che senza di lui non si può andare avanti. Può capitanare tutti perché lui non deve niente a nessuno, perché lui è un signor nessuno e risponde solo a Grillo che lo ha scelto. Mattarella deve tutta la sua carriera al Pd, che semplicemente non esiste, ma al tempo stesso, è l’ago della bilancia o meglio l’amalgamante di quella poltiglia politica come lo è il mercurio con la lega d’argento usato per le otturazioni dai dentisti. Renzi fa il partito liberale e repubblicano di una volta: tutto insieme . Non credibile, odioso, ma inevitabilmente prezioso per governare con chiunque e per chiunque. Di Maio e Crimi, con Fico, scornacchiato il rivoluzionario Di Battista, continuano la loro politica tentando di fare molto pensando di sbagliare poco, ma senza un capo si è acefali. Casaleggio e Grillo? Non pervenuti o meglio stanno accorti ai loro interessi. Il primo a quelli economici, non avendo carisma, l’altro a quelli giudiziari e qualcuno dice che non stia poi così bene di salute.


Politicando Il Pd, questo sconosciuto, ha i martiniani e i giovani turchi che scalpitano ma poi tutto finisce a tarallucci e vino. Un partito incapace di scelte popolari e di sinistra: se ci fosse ancora la Sinistra, quella vera, Zingaretti farebbe il comico al posto di Crozza. Poi la Meloni e Salvini, gli urlatori con idee chiare, precise, popolari, quasi di sinistra, direi dei veri socialisti di destra: sicuramente di stampo pre mussoliniano. Capaci per le masse, rigorosi nei dettami, integerrimi quando governano, ma che non sanno governare politicamente. Purtroppo, dico io purtroppo, ma la politica è l’arte di tenere insieme le varie anime e le varie forze centrifughe. Senza ciò non si sta a galla, non si hanno le maggioranze necessarie per poter avere il 51% dei voti come in una assemblea condominiale. Manca solo Forza Italia anima reale del paese che dal 1994 inpersona proprio la realtà popolare italiana. Un capo, Silvio Berlusconi che ha avuto grandi idee e geniali intuizioni, che ha fatto grandi cose, ma che è stato perseguitato dai poteri forti dalla politica europea e mondiale che avevano visto in lui un possibile leader capace di costruire qualcosa di utile e positivo per l’ordine generale, sociale e politico, e per questo era da abbattere, da eliminare. Appunto, la Sinistra.... se il suo progetto, partito da Pratica di Mare con Putin e Bush che posero fine alla guerra fredda il 28 maggio del 2002, fosse continuato sino alle fine, sarebbe scomparsa definitivamente. Da allora i poteri forti, da sempre in mano all’ordine economico mondiale, ne hanno decretato la fine. Berlusconi, attaccato con leggi ad personam come la Severino, condannato tramite la magistratura alla Palamara, colpito dalle defezioni dei suoi del-Fini, ha infine dovuto omologarsi al sistema, anche perchè gli anni passano per tutti e la salute ogni tanto è deficitaria. Però è l’unico politico italiano lucido, attento al suo popolo sicuramente interessato all’economia delle sue aziende, ma in seconda battuta. Per prima cosa a lui interessa l’Italia il suo grande Bel Paese. E un romantico, un uomo che perdona il nemico, che considera solo un avversario. Un grande benefattore, pronto a compromessi per mantenere quell’amalgama di cui parlavamo prima. Ha dato tanto a molti come ad Alfano, a Tajani, a Totti, alla Carfagna alla Lega… Tutti lo hanno tradito, colpito alle spalle ma lui è ancora lì. Ora, al Parlamento Europeo che lo ha riabilitato totalmente, tutti lo cercano, tutti lo vogliono, ma nessuno se lo prende perché ormai è numericamente debole e deve stare alleato con un centro destra da lui creato ma che adesso gli va stretto. Infatti, dal doppio petto è passato al mono petto, stilisticamente parlando. I suoi attuali uomini e donne sono poco consistenti, hanno la pancia piena perciò... niente rivoluzione. Allora chi comanda qui a casa mia? Qui sono io il padrone e voglio sapere chi va e chi viene da casa mia! Non ci poteva essere miglior detto bergamasco per definire che qui, a casa nostra, non comanda nessuno perché comandano tutti, ma senza un vero potere. Comandano i media del terrore, la disinformazione e l’impreparazione. Comandano i danni che si sono fatti dal 2008 in poi, dalla primavera araba e a tutto ciò che ne è conseguito. Comandano i poteri non forti, l’inettitudine, l’incapacità politica e la mancanza di crescita di uomini veri con pensieri forti e leali. Vi era un Trump un poco pagliaccio, ma forte nelle sue idee e nei suoi metodi: gli americani hanno fatto una scelta diversa e aspettiamo che cosa succederà nell ordine mondiale. Comanda il pressapochismo, ma state certi che presto nascerà un movimento di pensiero, non certo quello delle sardine, che permetterà ai più, cioè al ceto medio, di riprendersi una visione positiva del mondo che dovrà venire dopo questo momento pandemico che ha messo a nudo la reale debolezza del sistema del vecchio mondo. e messo all’apice dei nostri pensieri i rapporti familiari. Quel senso di famiglia che stava per essere perduto e disgregato da una società consumistica e globalizzante che invece, grazie a Dio, è tornato ad essere il centro della realtà sociale . Potrei consigliare la lettura della famosa trilogia di Isaac Asimov degli anni 70: forse potremmo capire qualcosa di più di quanto ci sta succedendo imparando per il futuro. La mia letterina a Santa Lucia chiederà solo una piccola cosa : intelligenza per i nostri politici e per i “regnanti,” tra virgolette, di questo mondo che si sta trasformando e che spero ardentemente possa essere migliore di quello di prima dopo ciò che è successo a tutti quanti noi.


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UNA FAMIGLIA SEMPRE PIÙ NUMEROSA

Tommaso Revera - Fotografie Paolo Biava

PIAZZALUNGA SRL ACQUISISCE LA TRENTINA CEMIAT SRL E PORTA IL PROPRIO FATTURATO GLOBALE A QUOTA 18 MILIONI Piazzalunga cresce e si apre al mondo dell’agroalimentare in virtù della recente acquisizione dell’azienda Cemiat Srl, storica insegna con sede a Trento che commercializza carrelli elevatori, macchine industriali agricole e trattori marchiati. Una realtà nata nel 1980 come distributore esclusivo dei carrelli elevatori Cesab e divenuta presto punto di riferimento per tutte le aziende dell’agroalimentare delle province di Trento e Bolzano. Si tratta certamente di un’acquisizione importante, come attestano anche i numeri (il fatturato globale raggiunge così quota 18 milioni di euro), una nuova e significativa tappa del processo di espansione e sviluppo intrapreso da qualche anno dalla realtà con sede a Sorisole, divenuta negli anni leader nel comparto della logistica, della movimentazione e dell’automazione industriale. Una crescita dettata non solo per meri risvolti economici ma alimentata dal desiderio di trovare nuovi stimoli e cimentarsi in nuove avventure professionali. Luana Piazzalunga e Giuseppe Castagneto, rispettivamente CEO e Co-CEO della Piazzalunga Srl, dopo un’attenta valutazione del mercato e delle imprese più appetibili, tenendo in considerazione anche le ripercussioni prodotte dall’emergenza legata al Covid-19, hanno scelto di optare per una realtà oltre i

confini regionali con la quale condividere know-how ed esperienze allo scopo di unire i rispettivi mercati. Una dimostrazione tangibile di come le realtà produttive del nostro Paese, soprattutto quelle maggiormente consolidate, restino appetibili non solo per gli investitori stranieri ma anche per gli imprenditori italiani. “L’acquisizione di Cemiat - ci hanno raccontato - rappresenta per noi un’opportunità di sviluppo irripetibile nel settore, con ricadute positive per tutti gli stakeholder. Piazzalunga e Cemiat mettono a fattore comune il proprio patrimonio di know-how, esperienze e capacità di innovazione al servizio di una clientela alla continua ricerca di partner seri ed affidabili a cui affiancarsi nello sviluppo del proprio business. Il piano industriale post-acquisizione prevede un processo di crescita sia in termini di fatturato che di investimenti in risorse umane, volto a garantire un ulteriore ampliamento nell’offerta di soluzioni logistiche automatizzate e semi-automatizzate. Un progetto ambizioso e stimolante grazie al quale riuscire da un lato ad accrescere il fatturato di Cemiat di 4 milioni di euro in un triennio e dall’altro di accompagnare l’azienda trentina verso il raggiungimento delle più importanti certificazioni”.



LUANA PIAZZALUNGA E GIUSEPPE CASTAGNETO CON I FIGLI GAYA E MATTIA


L’ACQUISIZIONE DI CEMIAT - CI HANNO RACCONTATO LUANA PIAZZALUNGA E GIUSEPPE CASTAGNETO, CEO E CO-CEO DI PIAZZALUNGA SRL - RAPPRESENTA PER NOI UN’OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO IRRIPETIBILE NEL SETTORE, CON RICADUTE POSITIVE PER TUTTI GLI STAKEHOLDER. PIAZZALUNGA E CEMIAT METTONO A FATTORE COMUNE IL PROPRIO PATRIMONIO DI KNOW-HOW, ESPERIENZE E CAPACITÀ DI INNOVAZIONE AL SERVIZIO DI UNA CLIENTELA ALLA CONTINUA RICERCA DI PARTNER SERI ED AFFIDABILI A CUI AFFIANCARSI NELLO SVILUPPO DEL PROPRIO BUSINESS Un’operazione finanziaria che allargherà ulteriormente gli orizzonti e che consentirà di cogliere le future opportunità di sviluppo nel settore della movimentazione e della logistica coerentemente al mondo dell’automazione di Toyota Material Handling di cui Piazzalunga è da anni fedele alleato. L’automazione industriale è ormai realtà e lo sviluppo della tecnologia - è bene ricordarlo - non implica necessariamente la sostituzione del personale rispetto allo svolgimento delle attività manuali più dispendiose e usuranti. “Viviamo in un mondo in continuo cambiamento e ogni giorno - ha

PIAZZALUNGA Srl

LOGISTICA.MOVIMENTAZIONE.AUTOMAZIONE Via Nicola Calipari, 5 - Petosino / Sorisole (BG) Tel. 035 573648 - www.piazzalunga.it

concluso Luana Piazzalunga - è diverso da quello precedente. Per questo motivo noi imprenditori abbiamo il dovere di far capire ai nostri collaboratori queste continue sfide giornaliere: solo così, tutti insieme, possiamo combattere sia per superare le difficoltà quotidiane che per far parte attivamente del cambiamento”. Automatizzare, infatti, porta dei benefici in termini di produttività, di efficienza e affidabilità senza contare che la codifica dei processi garantisce un maggior controllo ed una governance decisamente meno complicata.

CEMIAT Srl

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Cosa c’è di più suggestivo a Natale delle luminarie? Durante le feste, anche in questo Natale così particolare, le luci non possono proprio mancare. Le troviamo sulle facciate delle case, avvolte attorno all’albero, nascoste nel presepe per farlo risplendere in punti strategici. Ma quando ha avuto origine l’usanza di illuminare la casa in occasione del Natale? Sembra che questa tradizione sia molto antica e ha a che vedere con il profondo senso religioso dei paesi cristiani. In origine le fonti di luce erano torce e candele, usate per decorare davanzali, mobili e i primi alberi di Natale.

È Natale, lo accendiamo? Fotografie Paolo Biava


Il significato delle luci usate in origine per riscaldare le notti, davvero buie, era di doppia natura. Da un lato c’era il desiderio di rendere la casa più accogliente e calorosa, e contrastare l’inverno e il freddo rigido. Dall’altra emerse fin da subito il forte simbolismo potente che la luce ha sempre avuto nell’ambito della religione cristiana. La luce è l’essenza di Dio ed è il primo elemento che ha creato. La luce di una candela riveste significati profondi. Immagina che, nella notte di Natale, le case e le strade si riempiono di piccole fiammelle. Questa scena, in altri contesti, acquista ancora più fascino. Pensa ad esempio ai villaggi della Germania, immersi nelle cupe foreste del nord, in grado di evocare la percezione di una religiosità antica e forte.


Queste fiammelle e le candele hanno dato origine alle luminarie natalizie. Sono un segno di devozione, che esprime la volontà di accogliere la luce nella propria casa e portarla all’esterno, in modo che tutti possano vederla e che tutti possano goderne durante le notti magiche e piene di gioia. In Italia le luminarie di Natale nascono nell’ambito delle celebrazioni dedicate ai santi che fin dalla notte dei tempi si sono tenute nel nostro paese. Così come le conosciamo oggi, quelle elettriche, hanno un’origine più recente, intorno agli anni ‘30 del Novecento, e si sono sviluppate di pari passo con la diffusione della corrente elettrica per tutte le fasce di popolazione. Il boom arriva negli anni ’50 ma già prima nelle città e nei paesi italiani le feste dedicate ai santi patroni, alla Madonna e in generale a ogni aspetto della religione avevano sempre qualcosa di affascinante da mostrare, al di là delle luci. Grandi artisti del passato, come ad esempio Michelangelo o Bernini, hanno contribuito con gli allestimenti di grandi feste popolari, in stretta collaborazione con famosi letterati e architetti. Infatti, le feste avevano il grande pregio di riuscire a coinvolgere tutti, dall’ultimo dei contadini agli artigiani, dai religiosi ai governanti. Il giorno di festa non era solo un’occasione per rendere omaggio a Dio o a un santo, era anche il momento in cui tutti potevano mettere da parte la propria quotidianità per dare spazio a l’evento più significativo: la festa del santo. Così le città e i piccoli paesi si vestivano a festa e le chiese si trasformavano in luoghi in cui gioire insieme e celebrare la festività. In Italia queste tradizioni hanno avuto una larga diffusione a partire dal XVI secolo, con una particolare concentrazione nelle regioni del sud, dove ancora oggi sono particolarmente sentite le feste in onore dei santi. In alcune regioni le feste si sono trasformate in una vera e propria forma d’arte, in particolare ispirata alla cultura barocca.


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Qui le decorazioni in occasione della festa prendono il nome di “parazioni”, possono essere interne o esterne e spesso vengono valorizzate con l’uso di torce e lampade. Tutto veniva illuminato: archi, frontoni, candelabri, altari, troni, corone liturgiche, panneggi. A concludere questo scenario meraviglioso c’erano sempre, e sono presenti ancora oggi, i fuochi d’artificio. Le nuove tecnologie hanno portato questa forma d’arte a nuovi scenari. Oggi le candele hanno ceduto quasi del tutto lo spazio alle luminarie elettriche, sempre in grado di riprodurre un’atmosfera magica che ricorda il passato. PERCHÉ ILLUMINARE GLI ALBERI DI NATALE? Gli alberi di Natale fanno parte dei simboli natalizi. Ma quando abbiamo iniziato a illuminarli? A tal proposito possiamo raccontarti una fantastica storia legata a Martin Lutero. Secondo la leggenda, Lutero vagava in un bosco innevato durante la notte di Natale. I rami e le foglie degli alberi scintillavano per via del ghiaccio che li ricopriva e la luce della luna rendeva tutto più affascinante e splendente. Così pensò che sarebbe stato davvero bello far brillare allo stesso modo i rami degli alberi che decoravano le case durante per le feste, usando semplicemente la luce delle candele. Fu solo a partire dal XVIII secolo che iniziò a diffondersi l’usanza di illuminare l’albero durante le feste, rendendoli ancora più ricchi, colorati e gioiosi. LE LUMINARIE DI NATALE OGGI Oggi siamo circondati dalla modernità, viviamo nell’era digitale che ci fa perdere di vista l’emozione e la suggestione del passato. Nonostante questo non abbiamo mai rinunciato alla magia delle luci. Le abbiamo solo sostituite con luci a led ed effetti laser per ricreare l’atmosfera natalizia, in modi nuovi e originali.


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Il tempo della bellezza è oggi Innovazione e alta professionalita, accoglienza privilegiata e cura dedicata ad ogni dettaglio. Ogni trattamento e rituale è un viaggio emozionante alla ricerca della perfezione, in un’esperienza di benessere globale che risveglia il corpo, tonifica la mente, abbraccia i sensi e appaga ogni desiderio di bellezza.

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PASTICCERIA SAN FRANCESCO DAL 1965 LA QUALITÀ A BERGAMO Tommaso Revera - Fotografie Paolo Biava

DANILO BONORA, TITOLARE PASTICCERIA SAN FRANCESCO AMPIO ASSORTIMENTO DI MIGNON E PASTICCERIA ITALIANA A BERGAMO

Dal 1965 lo staff della Pasticceria San Francesco vi accoglie in un’atmosfera familiare garantendo un servizio di caffetteria eccellente, dolci tipici e pasticceria artigianale preparata nel laboratorio interno. Il rispetto per la tradizione dolciaria locale, l’amore per gli ingredienti genuini e un ampio assortimento di mignon e prodotti caratterizzano questa realtà conosciuta e apprezzata non solo dai residenti del quartiere Santa Lucia. Artigianalità, materie prime genuine, ingredienti freschi, servizio di catering e consegne a domicilio: questi i tratti distintivi della Pasticceria San Francesco che dispone di un laboratorio artigianale interno presso il quale vengono realizzati prodotti dolciari d’eccellenza dal 1965. I mastri pasticceri creano torte personalizzate, dolci su ordinazione, panettoni artigianali e molto altro. Questa storica insegna di via IV Novembre si distingue per la capacità di fornire un ampio assortimento di torte per tutti i gusti, gelato artigianale, panettoni, uova al cioccolato, dolci della tradizione bergamasca, oltre ad un servizio di bar caffetteria d’eccellenza.

Ma non solo: Pasticceria San Francesco è specializzata anche nella realizzazione di dolci natalizi e pasquali, pralineria e biscotti per tutti i gusti offrendo un apprezzato servizio di cake design artigianale per torte personalizzate e da cerimonia in base a ogni esigenza. Grazie alla pluriennale esperienza nel settore, lo staff della Pasticceria San Francesco, sapientemente guidato dalla professionalità e dall’esperienza di Danilo Bonora, mette a disposizione il servizio di catering offrendo buffet dolci e salati, torte personalizzate e stuzzicheria artigianale di qualità. Presso il laboratorio artigianale interno, inoltre, vengono realizzati dolci e torte con l’utilizzo della farina integralbianco: un autentico alleato per la conservazione degli elementi nutritivi e un ridotto impatto glicemico. PASTICCERIA SAN FRANCESCO È UN VERO PUNTO DI RIFERIMENTO A BERGAMO PER TUTTI GLI AMANTI DI PRODOTTI DI PASTICCERIA E MIGNON PREPARATI COME SI FACEVA UN TEMPO

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LIKE A DREAM UN CONNUBIO DI BELLEZZA, PIZZI E ORGANZA. È IL FASHION DI DICEMBRE, QUASI UNA FIABA DI MODA TUTTA DA RACCONTARE..



Come in un sogno: per il servizio moda di dicembre siamo stati in un luogo speciale e unico, Palazzo Camozzi, sospeso tra un passato ricco di importanti frammenti di storia vissuta ed un presente fatto di eleganza e ricercatezza. Elementi chiave che hanno contraddistinto questo shooting, grazie alla bellissima Elena che, con disinvoltura, indossa alcuni dei must have della collezione autunno/inverno di Intimo Giò, boutique storica della città che, al n. 85 di Via T.Tasso, nel cuore di Bergamo, trova sede e dove, anno dopo anno, ha continuato a brillare per la sua moda di intimo, moda mare e pret a porter, frutto di una continua e attenta ricerca. Già dal primo outfit si evincono tutti questi elementi: portano la firma di Tadashi Bologna il pantalone bianco in velluto, abbinato alla maglia ton sur ton e alla cappa fantasia. A completare il look lo stivaletto in camoscio e una ricercatissima borsa over in tartan.Voglia di disinvoltura, di capi confortevoli ma dall’allure iper femminile: ecco quindi la proposta di un total black, sempre firmato Tadashi Bologna, che abbina ad una tuta logata su base nera, un lupetto di massima morbidezza e un cappotto nero logo, capo d’eccellenza per questa stagione. Accessorio tendenza l’immancabile borsa con glitter J’adore.



Dalle proposte d’abbigliamento all’intimo, vero punto di forza di Intimo di Giò, grazie alla qualità indiscussa dei brand che da anni si affidano alla professionalità dei titolari. Ed ecco quindi la stupenda vestaglia in seta dal colore cipria firmato Vivis Milano, indossata da Elena per coprire il raffinato completo de La Perla, per un effetto “vedo non vedo” speciale. Dalla vestaglia tre chic al pigiama in seta di Vivis Milano, abbinato ad un completo in pizzo sempre de La Perla. Una chicca di stile per tutte le donne che amano essere perfette anche durante le ora di relax trascorse nel calore di casa. Lo stesso per il completo “all black” composto dalla vestaglia, abbinata al reggiseno e perizoma firmati La Perla. Un concentrato di femminilità: è lo stile di Intimo di Gio che non smette dai di fare innamorare quante si affidano al suo gusto innato. Per donne dall’animo contemporaneo, decise, ma alla ricerca di quel pizzico in più, capace di farle sognare.


DRESS INTIMO DI GIÃ’ Via Torquato Tasso, 85, 24121 Bergamo Tel. 035 242444 TESTO - VALENTINA COLLEONI FOTOGRAFO - PAOLO BIAVA MODEL _ ELENA



Champagne Dampierre ancora un anno da protagonista NEI GIORNI DEI BRINDISI, LA STORICA MAISON CI SVELA UNA STAGIONE MOLTO RICCA…

IL MUNDUS VINI, CHE SI SVOLGE IN GERMANIA DUE VOLTE L’ANNO, È PROBABILMENTE IL CONCORSO INTERNAZIONALE PIÙ PRESTIGIOSO NEL MONDO DEL VINO. NELLA DEGUSTAZIONE D’ESTATE, ALL’UNANIMITÀ DELLA GIURIA, È STATO CONFERITO IL PREMIO “GOLD” AL FAMILY RESERVE 2012 GRAND CRU BLANC DE BLANCS DI DAMPIERRE.

Incontriamo il dott. Mario Christian Zanardi, Chargé d’Affaires Dampierre pour l’Italie, chiedendogli le ultime notizie sulla prestigiosa Maison de Champagne. Dott. Zanardi, quest’anno travagliato si sta chiudendo. Quali sono le Sue riflessioni? “2020 ha rappresentato per la nostra Maison una nuova sfida nell’affrontare il difficile momento con la nostra clientela. Abbiamo sostenuto con ogni mezzo tutti i nostri Ambasciatori e posso dire che siamo stati ampiamente ripagati con la loro fedele amicizia. A ciascuno di loro va la nostra stima ed i nostri più sinceri auguri. Ma l’anno 2020 non è stato solo una sfida ma anche una stagione ricca di successi. Ad inizio anno, la famosa Guida francese « Hachette des Vins » consegnava la sua ambita « Stella » al nostro Grand Vintage 2012, definendo questo Grand Cru Blanc de Noirs « un grande millesimato con la potenza e l’ampiezza del Pinot noir, con aromi fini e complessi di brioche, mandorla, pera e frutti rossi.» Oggi, è la celebre rassegna tedesca « Mundus Vini » che premia con l’Oro il nostro Family Reserve 2012 ! Questo Grand Cru Blanc de Blancs ha letteralmente entusiasmato l’intera giuria”. Un anno tutto sommato molto ricco? “Assolutamente! Ormai, in Italia, il nostro Champagne ha sposato gli indirizzi più raffinati del mondo eno-gastronomico e vogliamo sempre proporre agli amatori cuvée autentiche ed

esclusive. La nostra « Grande Cuvée de Vertus » per esempio, matura sui lieviti dieci anni e viene proposta, soltanto in Italia, in magnum à dosage nature… Senza dimenticare il nostro « Prestige de Dampierre 2004 » che si offre alla degustazione dopo più di quindici anni di attesa…”. Quali sono le peculiarità di questa nuova cuvée? “Nel 2004, gli Chardonnay della stupenda Côte des Blancs sono stati impressionanti ed i Grands Crus di Cramant, Oger e Le Mesnil-sur-Oger offrono un millesimo di assoluta ricchezza. L’assenza, in gran parte della cuvée, di fermentation malolactique e un dosaggio molto limitato hanno creato uno Champagne minerale e speziato con aromi di mela, pera ed agrumi. Il perlage è cremoso ed il finale persistente sul miele e le mandorle tostate. Ovviamente, per un simile Cru, nelle cantine dei comtes de Dampierre, si è riscoperto il costoso “Ficelage”. Ogni bottiglia è tappata a mano con una gabbietta di canapa impeciata. Lavoro artigianale di precisione, il ficelage tradizionale, senza alcun nodo, rispetta una Ordonnance Royale del 1735 ed è la firma autentica della nostra Maison. Chi si avvicina a Dampierre sa di scegliere una storia antica, una famiglia, il suo terroir e le sue bollicine di grande raffinatezza!”. A TUTTI GLI AMICI CHE INCONTREREMO NEI PROSSIMI BRINDISI, AUGURI VIVISSIMI!


Prestige de Dampierre 2004… LE JOYAU DÉDIÉ À NOS AMBASSADES EN ITALIE L’AMBASSADE DAMPIERRE DE L’ANNÉE Osteria Mille Storie & Sapori (Bergamo) LES PRESTIGIEUX RELAIS & CHÂTEAUX ET LES ÉLUS DU GUIDE MICHELIN Da Vittorio (Brusaporto) Aimo & Nadia (Milano) Don Alfonso 1890 (S. Agata sui due Golfi) Casual Ristorante (Bergamo Alta) Il Saraceno (Cavernago) I Castagni (Vigevano) Villa d’Este (Cernobbio) La Lanterna Verde (Villa di Chiavenna) L’Albergo della Posta (Montespluga) La Locanda di Pietracupa (Val di Pesa) Hotel Tambò (Campodolcino) Zafferano Bistrot (Barzanò) Volvèr (Cala de’ Medici) Al Tramezzo (Parma) La Valle (Trofarello) Il Priore (Cazzago San Martino) LES BISTROTS ŒNOTHÈQUES Domus (Bergamo) Wine Bar Savoy (Bergamo) Il Caffè di via Paglia (Bergamo) Café Bollicine (Capriate S. G.) Reflexo (Urgnano) Giò (Seriate) LES CHAMPAGNERIES Sapori di Vini (Orio al Serio) Le Iris (Bergamo) LES ENTREPRISES Italianoptic (Curno) Acem (Grassobbio) 4 Emme Italia (Bergamo) Sitfa Spa (Moncalieri) Rossini della Quercia Spa (Costa Masnaga)

L’Or Divin • info@lordivin.it • tel.+39 329 70 76 618 • www.dampierre.com


La giornata è più bella Teresa Capezzuto

IL LIBRO PER BAMBINE E BAMBINI DAI TRE AI SEI ANNI SCRITTO DALL’AUTRICE BERGAMASCA MOSTRA IL BELLO DI OGNI GIORNO

L’autrice bergamasca Teresa Capezzuto firma i testi del frizzante racconto poetico La giornata è più bella (Edizioni il Ciliegio, 2020) in suggestivo dialogo con immagini di grande freschezza narrativa create dall’illustratrice Albertina Neri. Un libro pensato per bambine e bambini dai tre ai sei anni, per condurli alla scoperta della vita e della sua forza, riconoscendo il bello sempre presente, anche in mezzo alle difficoltà, nelle piccole e grandi cose di ogni giorno. Un libro che può piacere ai più grandi in cerca di poesia, riflessioni, immagini e suggestioni che parlano della nostra vita. Teresa Capezzuto racconta la finalità di questo libro: “Attraverso La giornata è più bella bambine e bambini possono incontrare, fin da piccoli, i grandi valori di ogni tempo e luogo, come l’amore e l’amicizia, la gentilezza e l’accoglienza, il coraggio e la memoria, il potere della fantasia – spiega la scrittrice – Quando, nella condizione dell’infanzia e non solo, la giornata è più bella? Quando si osserva una luce di speranza che illumina il buio, si entra in una casa sempre aperta all’accoglienza, si ammira l’arcobaleno che colora il cielo dopo il temporale, si utilizza il potere creativo dell’immaginazione, si trova il coraggio di riprovare mentre si sbaglia, si supera un lutto grazie alla dolcezza del ricordo di chi non c’è più e così via. Sono davvero tanti i colori della vita, che possiede sempre un lato positivo da valorizzare. Basta conservare lo stupore e la meraviglia, avere un atteggiamento di apertura il più possibile senza stereotipi e sovrastrutture”. Accanto alla storia, pensata e scritta dall’autrice Teresa Capezzuto, si pongono le originali illustrazioni di Albertina Neri, che crea un testo parallelo attraverso immagini sui vari momenti della giornata di un qualsiasi cucciolo, d’uomo o d’animale, partendo dalla nanna e ritornando ad essa, passando attraverso la colazione, la pulizia personale, il pranzo, lo studio, il gioco, la condivisione e il ristoro prima del ritorno del momento della sera. Ogni giorno infatti, attraverso il gioco, la curiosità e l’entusiasmo, si mostra prezioso. Edizioni il Ciliegio, a richiesta, fornisce anche la scheda didattica del libro. Dopo le sillogi poetiche Autentica (2018) e Particolare (2019) per Genesi Editrice, e dopo il racconto interattivo per ragazzi della scuola primaria Gol alle porte del Sahara (Edizioni il Ciliegio, 2020), Teresa Capezzuto approda ora alla letteratura per l’infanzia, cercando di valorizzarne le infinite potenzialità, amplificate dalle tavole disegnate e colorate da Albertina Neri.

Teresa Capezzuto è nata a Bergamo dove vive. È autrice, insegnante, giornalista. Partecipa a concorsi e percorsi letterari ottenendo menzioni e premi. Cultrice appassionata della parola e delle storie, ama scrivere poesia, narrativa, letteratura per bambini e ragazzi con originalità e un pizzico di ironia. Sue le raccolte di poesie Particolare e Autentica (Genesi Editrice). Per Edizioni il Ciliegio nel 2020 ha pubblicato Gol alle porte del Sahara e La giornata è più bella. Dicono del libro (#lagiornataèpiùbella) “Il testo di La giornata è più bella ha un forte valore educativo che ne costituisce la trama e lo rende perfettamen- “La letteratura per l’infanzia mi appassiona per quel senso di stupore e te coerente con la storia in immagini” meraviglia che riesce a favorire accompagnando all’esplorazione di sé, degli altri e del mondo, in un’esultanza di emozioni e colori in grado di aprire “Un libro incantevole da leggere ad alta voce e da sfogliare infiniti canali comunicativi – racconta Teresa Capezzuto – Quando si crea in ogni momento della giornata, godendo appieno di pauna storia è fondamentale guardare il mondo con occhi nuovi ogni giorno role e immagini in un musicale dialogo fra loro” e raccontarlo da diversi punti di vista e prospettive anche inconsuete, attra“Un affascinante percorso di scoperta di cose importanti verso parole, immagini, suoni e ritmi scelti con cura e mai banali”. a misura di bambino, raccontate con leggerezza poetica e Per maggiori dettagli, il sito dell’autrice è www.teresacapezzuto.it. Vi si trova illustrate in modo allegro e fresco” anche il book-trailer.


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investire, innovare, formare

CERESOLI UTENSILI, DA SEMPRE ALL’AVANGUARDIA PER RICERCA, FORMAZIONE E QUALITÀ DEL PRODOTTO SONO LE SUE PREROGATIVE PREMIATA COME “AZIENDA VINCENTE” 2020 DA INTESA SAN PAOLO Non è la prima volta che vi parliamo di quest’azienda. Infatti, tempo fa, l’avevamo posta alla vostra attenzione perché, pur appartenendo ad un settore di nicchia ancorché strategico, anche se decisamente poco “visibile”, è riuscita a conquistare il mondo e a diventare un’eccellenza del Made in Italy, non quello vistoso del design e della moda, ma quello, non meno importante, legato all’industria manifatturiera e alle macchine utensili di cui il nostro Paese è leader mondiale. Ceresoli Utensili realizza con un esclusivo processo, gli utensili in diamante policristallino che vengono impiegati dalle frese, dai torni e da molte altre macchine che danno forma a tutto ciò che ci circonda. L’anno scorso ci hanno sorpreso invitandoci a trascorrere con loro una giornata indimenticabile al Museo della Ferrari a Maranello e adesso, a sottolineare l’unicità di questa azienda, la ritroviamo tra quelle premiate da Intesa SanPaolo all’interno del programma “Imprese Vincenti”, creato per evidenziare le migliori performance aziendali nei vari territori presi in esame. Sei le aziende premiate a Bergamo e tra queste la Ceresoli Utensili. Le motivazioni di questo risultato non mancano. Infatti la sintesi della filosofia aziendale è investire, rinnovare, formare, elementi base per essere valutati come “vincenti”. Ma, come tutti sanno, la prima è la vera parola magica.Voler investire, che comprende sia il destinare risorse alla ricerca di tecnologie innovative, sia nella crescita, professionale, culturale e umana, delle persone all’interno dell’azienda. Quando queste due cose marciano di pari passo, i risultati non possono mancare. La Ceresoli Utensili da sempre pone come primo obiettivo la performance dei suoi prodotti che si confrontano con la con-

correnza in ambienti estremi e in condizioni sempre difficili dove prevale chi ha argomenti più forti. Per essere sempre al top, recentemente ha inaugurato la struttura operativa raddoppiando la superficie del laboratorio destinato alla produzione degli utensili. Questo ha dato all’azienda una fisionomia più armonica e funzionale attraverso la riprogettazione degli spazi e la riorganizzazione della produzione per la quale si utilizzano tecnologie a procedimenti Lean atte a ridurre al minimo sprechi ed errori e appositamente combinate per le specifiche necessità. Ora il laboratorio dispone di 4 reparti ognuno destinato ad uno specifico tipo di lavorazione. Il primo è adibito agli utensili in diamante policristallino, il secondo a quelli in metallo duro, il terzo si occupa della riaffilatura degli stessi e, infine, quello che si occupa della riaffilatura degli utensili per dentature. In questa occasione si è anche proceduto all’integrazione nei processi di quegli strumenti complementari a tutti i reparti, come il forno ad alto vuoto per la brasatura. Sul fronte degli investimenti sul personale sono stati avviati corsi di aggiornamento per tutto lo staff che hanno coinvolto sia la progettazione, sia per la programmazione CNC (computer numerica control) e per i sistemi di controllo e verifica qualità che saranno a corredo della certificazione ISO 9001 che andranno ad ottenere all’inizio del 2021. Tutto questo, pur trattandosi di un’impresa di medie dimensioni, non è passato inosservato al vaglio di Banca Intesa che ha voluto assegnare il premio Imprese Vincenti alla Ceresoli Utensili per evidenziare e porre ad esempio gli eccellenti risultati raggiunti.


QUANDO L’IMPRESA È VINCENTE Ecco i messaggi-chiave emersi dall’analisi delle 4.000 aziende italiane prese in considerazione da Intesa SanPaolo

CERESOLI UTENSILI: PRODOTTI E SERVIZI

UTENSILI PCD IN DIAMANTE POLICRISTALLINO Produzione Frese, Punte, Lamatori, Utensili diamantati, La crisi scaturita dall’emergenza sanitaria COVID-19 ha originato uno shock economico senza precedenti che rischia di far tornare il Inserti, Alesatori e All PUNTE SPECIALI PIL italiano nel 2020 ai livelli del 1999. Punte a gradino, Punte lancia, Punte a cannone Nel 2021 mancheranno da un minimo di 86 miliardi di euro ad un FRESE SPECIALI massimo di 170 miliardi di euro di PIL rispetto al 2019. Frese in sagoma o a profilo ALESATORI E ALLARGATORI Le PMI rappresentano un asset fondamentale per la competitività del Alesatori e Allargatori a disegno Paese, con una crescita superiore alla media italiana. UTENSILI A FISSAGGIO MECCANICO LAME INDUSTRIALI Investimenti, redditività e produttività crescono al crescere delle Meccanica, Tessile, Alimentare, Cartiera, Della gomma, Del packaging dimensioni delle imprese ed occorre intervenire con urgenza per LAME CESOIA E PER MULINO promuovere la crescita dimensionale delle imprese italiane. Cesoia fino a 4,2 m, Mulino, Riciclaggio, Le PMI manifatturiere italiane contribuiscono al 7% del totale del Trancia rottame, Cartotecnica, Sfoglia Valore Aggiunto manifatturiero europeo e, tra i Paesi UE «Big-5», LAME PER POLVERIZZATORI, MACINATORI E GRANULATORI l’Italia si posiziona al 1º posto per peso delle PMI sulle esportazioni In acciaio, metallo duro, saldobrasati (Fino a 600 mm) totali (47% vs. 19% della Germania e 18% della Francia). MICROUTENSILI SPECIALI Punte, frese, punzoni Le 144 PMI del percorso di Intesa Sanpaolo «Imprese Vincenti 2020» AFFILATURA E RIVESTIMENTO CREATORI E UTENSILI registrano performance economiche, occupazionali, reddituali e di PER INGRANAGGI produttività superiori alle altre PMI e al totale delle imprese italiane Creatori a gambo, Coltelli elicoidali, Coltelli stozzatori, Altri utensili negli ultimi 6 anni, dimostrando anche una maggior resilienza alla AFFILATURA, RIVESTIMENTO UTENSILI STANDARD crisi COVID-19. Lame, punte, frese e utensili Dall’analisi delle 144 «Imprese Vincenti» si confermano sei direttrici APPLICAZIONI SPECIALI chiave per la crescita delle PMI italiane: internazionalizzazione, orien- Realizzazione punzoni mdi a disegno tamento al cambiamento, Ricerca & Sviluppo e innovazione, sosteni- Rettifica CNC 5 assi di particolari complessi bilità, capitale umano e legame con il territorio. Profilatura e lavorazione di coltellini tagliafilo per il settore tessile

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CICLO FOCUS PAESE PER LE IMPRESE CHE SI RIVOLGONO AI MERCATI ESTERI È iniziatoCICLO il primo ottobre il primo di una seriePAESE di incontri organizzato dall’Associazione INCONTRI DEDICATI ALLE IMPRESE QI Qualità Impresa, con sede a Brescia, dal titolo Ciclo Focus Paese. CHEil Centro OPERANO CON L’ESTERO E SI ITALIANE Il primo seminario si è tenuto presso Paolo VI di Brescia, storico palazzo nel centro all’interno del quale ricordiamo vi è la Chiesa ove è custodita una pala del RIVOLGONO AI MERCATI INTERNAZIONALI COME Moretto, e il tema del Focus ha riguardato il Paese Ungheria : “UNGHERIA: MERCADI SVILUPPO E CENTRO COMPETITIVITÀ OPPORTUNITÀ TO TRATEGICO E BARICENTRO DELL’AREA EMERGENTE DEL EST EUROPA ED EURASIA”. Il Ciclo di incontri è stato realizzato grazie alla collaborazione con Idas Audit Group & WEBINAR CONVEGNO Partners S.r.l. Strategie per la qualità di Impresa, società specializzata in consulenza e pianificazione doganale, Global Assistance compagniaE italiana di assicurazioniSCENARI NEL LOe STATO DIS.p.A., FATTO POSSIBILI BREXIT: specializzata in tutela legale, e con alcuni altri Partners che hanno partecipato anche 2021. REGNO UNITO: IL NUOVO PAESE TERZO in qualità di Relatori. L’ Associazione non ha scopo di lucro, ha lo scopo principale di intensificare i contatti tra gli operatori economici, quindi tra le imprese, ma anche di sostenere l’incremento dell’interscambio economico tra gli operatori italiani ed esteri e quindi anche nei rapDICEMBRE 2020 MERCOLEDI porti con enti pubblici e privati quali l’Agenzia delle02 Dogane, le Camere di commercio bilaterali estere, i Consolati, altre Associazioni14.00 ecc.. – 18,30

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I Consiglieri, grazie anche al sostegno dei Partners, hanno voluto fornire un aiuto concreto alle imprese in questo momento molto difficile per l’economia, rendendo la quota di iscrizione gratuita almeno fino a tutto il 2022 e permettere alle imprese di partecipare gratuitamente ai seminari organizzati. Il motto dell’Associazione è “CONOSCERE PER PROGREDIRE” e il fine vuole essere quello di fornire un supporto all’internazionalizzazione delle imprese italiane. L’idea è stata e continua ad essere anche quella di creare una sinergia tra le imprese e professionisti, un network che sia di utilità comune, e le imprese associate hanno la possibilità, se lo desiderano, di offrire alle altre imprese i loro servizi e i loro prodotti con apposite convenzioni. Un’attenzione particolare è rivolta a chi opera con l’estero, a quelle aziende che guardano ai mercati internazionali come strategia per lo sviluppo delle loro attività. I Partners dell’Associazione, Professionisti e Imprese, offrono servizi diversi e complementari, connessi e collegati tra loro per le imprese che si rivolgono a mercati esteri e che devono poter affrontare l’estero con la sicurezza che al loro fianco ci sono soggetti con competenze multidisciplinari in grado di accompagnarle. I rapporti con i vari Partners permettono di garantire anche la presenza effettiva, consolidata e strutturata nei mercati obiettivo. Tra i programmi dell’Associazione nei prossimi mesi c’è quello di stabilire recapiti anche all’estero presso i Partners che collaborano ai Focus Paese e cooperare con altre Associazioni estere simili e che affrontano le medesime tematiche in altri Paesi al fine di aumentare lo scambio di informazioni utili a favore dei propri associati.


Il Focus Paese Ungheria è stato realizzato in collaborazione con il Consolato di Ungheria a Milano e ha partecipato anche l’Agenzia delle Dogane di Brescia e Cremona. Al Focus Ungheria sono intervenuti in qualità di Relatori, dopo il saluto e la presentazione dei lavori della Presidente dell’Associazione dott.ssa Claudia Contessa che ha parlato anche delle opportunità offerte dalla normativa doganale e delle strategie per aumentare la competitività, il Consigliere del Consolato Generale di Ungheria in Italia e Console per gli affari economici e commerciali dottoressa Melinda Szilàgyi, i funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Brescia dott. Enzo Spoto e Andrea Morelli, l’avv. Paolo Di Franco Studio legale Di Franco in Budapest, l’avv. Lucio Ravera Studio legale Righetti in Genova e Milano, la dott.ssa Denise Mutti CEO di Idas Audit S.r.l. Brescia, il dott. Paolo Fapanni Responsabile Finanza Agevolata di Corporate and Finance Bergamo, la dott.ssa Francesca Breda, Responsabile dell’area tutela legale di Global Assistance Milano, il dott. Riccardo Sbrilli Studio Sbrilli di Brescia. A sorpresa per un saluto al Console è intervenuto all’evento anche Leonardo Binchi noto campione di pallanuoto. L’Ungheria ricordiamolo è, la più titolata nazionale nel mondo della pallanuoto. Hanno collaborato alla realizzazione del Focus Paese: dott.ssa Claudia Contessa, dott.ssa Denise Mutti, Rosario Rizzo, Maurizio Antonini, dott. Mario Gaburri, avv. Antonella Crippa, dott. H. Richard Rizzi, Consiglieri dell’Associazione QI Qualità Impresa e Maurizio Facchini, Amelio Antonini, dott. Marco Rotondo, avv. Alberto Nicola, Studio Associato Gaburri Mario - Claudia Contessa, Maurizio Facchini, Timiopolis, che hanno seguito nei lavori di preparazione e hanno permesso, unitamente agli sponsor, la realizzazione dell’evento. La scelta del Paese Ungheria con il quale aprire il Ciclo Focus Paese non è stata causale. L’Ungheria dal 2004 è membro dell’unione europea con cui condivide lo spazio Schengen ma non l’unione monetaria dell’euro, nel 2010 era l’ultimo tra i Paesi della UE per crescita economica, nel 2019 è stato il primo, e oggi come tutti i Paesi risente della crisi causata in particolar modo dalla pandemia. La politica fiscale prevede un abbattimento della tassazione per le imprese, contributi statali per attrarre investimenti, il settore immobiliare ungherese è da alcuni anni uno dei più dinamici e il Paese costituisce anche un mercato strategico e baricentro dell’area emergente del centro est Europa ed Eurasia. Sempre più spazio infatti rivestono i rapporti di Budapest con l’estremo Oriente. Nel 2019 il 38% dei posti di lavoro creati in Ungheria sono nati grazie agli investimenti provenienti da Cina, Corea del Sud, Giappone. Non solo, la Bank of China ha scelto la capitale ungherese come sede principale per l’Europa centrale. L’Ungheria è stato il primo paese ad aderire al progetto “la nuova via della seta”, una iniziativa economica portata avanti dalla Cina per l’ammodernamento e lo sviluppo dei collegamenti tra l’Eurasia e la Cina stessa. L’Ungheria è un Paese europeo ancora poco conosciuto dagli operatori economici italiani. Al convegno è stato sottolineato anche lo sbocco portuale ungherese a Trieste. Claudia Contessa ha sottolineato come in questo contesto di internazionalizzazione non può che inserirsi anche l’importante ruolo che svolge la Dogana. La conoscenza della materia doganale è una strategia d’impresa per affrontare i mercati internazionali. Materia che l’Associazione QI Qualità Impresa si è impegnata a divulgare anche mediante la organizzazione di corsi di formazione specifici grazie alla collaborazione con altri Partners e con docenti altamente qualificati, corsi destinati alle imprese, alla formazione dei loro uffici estero e commerciali.


“La pianificazione doganale - ha aggiunto Denise Mutti - è molto importante e completa i piani organizzativi, fiscali e finanziari delle imprese. La società che affronta l’estero deve acquisire una maggiore cultura in termini di pianificazione doganale e fa oggi, della conoscenza di queste competenze, una delle maggiori funzioni della strategia di impresa”. Importante quando si affronta un Paese estero è anche il ruolo e le opportunità delle agevolazioni finanziarie, dei finanziamenti a fondo perduto o a tasso agevolato, il rafforzamento di strumenti di sostegno all’internazionalizzazione per favorire il rilancio dell’export per le imprese proiettate sui mercati esteri e sul tema è intervenuto il dott. Paolo Fapanni. Importanti sono le figure che accompagnano le imprese nel loro percorso verso mercati internazionali e il dott. Riccardo Sbrilli ha spiegato il ruolo del TEM, Temporary Export Manager . Gli operatori non devono poi sottovalutare anche la sicurezza che specifici prodotti assicurativi possono fornire alle imprese che operano con l’estero. Francesca Breda, Responsabile dell’area tutela legale di Global Assistance ha presentato la tutela legale in ambito doganale, un prodotto unico nel suo genere, che comprende con maggiori specifiche la materia doganale, prodotto sviluppato grazie allo stimolo e alla collaborazione con Idas Audit Srl e con lo Studio legale Righetti - Ravera. Successivamente al Convegno Focus Paese Ungheria, l’Associazione ha organizzato anche incontri BtoB tra le imprese, il Consolato di Ungheria e i Partners dell’Associazione QI Qualità Impresa. Il 2 dicembre 2020 nell’ambito del Ciclo di incontri dedicati alle impese italiane che operano con l’estero l’associazione QI Qualità Impresa ha organizzato un altro appuntamento importante che ha riscosso successo tra le imprese, il Convegno Webinar “BREXIT: LO STATO DI FATTO E POSSIBILI SCENARI NEL 2021. REGNO UNITO IL NUOVO PAESE TERZO”. Il seminario è stato realizzato grazie alla collaborazione con Idas Audit Group & Partners S.r.l. e Global Assistance S.p.A. e con alcuni altri Partners che anche in questo caso hanno partecipato anche in qualità di Relatori. La Brexit è entrata in vigore ufficialmente il 31 gennaio 2020 ma se ne parla dal 23 giugno 2016. Sul piano doganale dal primo febbraio 2020 non è cambiato nulla poiché l’accordo di recesso ha previsto il periodo di transizione che terminerà il 31 dicembre 2020, anno in cui si sono applicate ancora le regole europee sulla libera circolazione e che è servito, non senza intoppi, per permettere la definizione dei nuovi rapporti tra Unione Europea e Regno Unito e procedere ai cambiamenti di legislazione in modo graduale. Cosa dovranno fare le imprese italiane per tutelare le loro esportazioni nel Regno Unito? Il Regno Unito sta recependo alcune regole vigenti nell’unione per ammorbidire il passaggio. L’attenzione sui negoziati in corso, quindi, rimane altissima e rimarrà tale per le prossime due settimane, che si preannunciano decisive per la conclusione di un accordo commerciale fra Ue e Gran Bretagna. Il no deal, un divorzio senza intese, resta possibile ma non è lo scenario più probabile. Il Regno Unito è un importatore totale. Acquista molti beni dall’Europa e tantissimo MADE IN ITALY, e vende poco all’etero. Alimentari, arredamenti, abbigliamento, automotive, macchinari e veicoli europei che oggi si tovano in abbondanza e che sono importati, dovranno passare attraverso una dogana e potrebbero dover pagare dei dazi. È questo uno degli argomenti più spinosi della trattativa tra UK e UE. Se l’accordo tra le parti non sarà raggiunto, le relazioni tra Londra e Bruxelles saranno regolarizzate dalle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), con l’applicazione di tutti i dazi e le quote commerciali. Quindi Regno Unito, dal gennaio 2021, Paese Terzo e, in mancanza di accordi sui dazi doganali, vedrà l’applicazione di accise ove dovute, con conseguenti costi amministrativi di cui tenere conto per la modifica delle procedure di importazione. I Relatori hanno sottolineato che un’uscita senza accordo danneggerebbe entrambe le parti ma quella più danneggiata risulterebbe essere proprio il Regno Unito che intrattiene quasi metà del suo commercio con l’Unione Europea. Il Focus Paese BREXIT è stato realizzato in collaborazione con l’avv. Alessandro Gaglione dello Studio SLIG LAW Solicitos & Italian Lawyers e ha partecipato anche l’Agenzia delle Dogane di Brescia e Cremona. Al Focus BREXIT sono intervenuti in qualità di Relatori, dopo il saluto e la presentazione dei lavori della Presidente dell’Associazione dott.ssa Claudia Contessa che ha parlato anche delle strategie di impresa che possono essere messe in atto in seguito a un cambiamento inevitabile, i funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Brescia dott. Enzo Spoto e Andrea Morelli, l’avv. Alessandro Gaglione in Londra, la dott.ssa Denise Mutti CEO di IDAS AUDIT SRL Brescia, la dott.ssa Francesca Breda, Responsabile dell’area tutela legale di Global Assistance Milano.


Hanno collaborato alla realizzazione del Focus Paese Claudia Contessa, Denise Mutti, Rosario Rizzo, Maurizio Antonini, Mario Gaburri, Antonella Crippa, Consiglieri dell’Associazione QI Qualità Impresa e Maurizio Facchini, Marco Rotondo, Studio Ass. Gaburri Mario – Claudia Contessa, Maurizio Facchini,Timiopolis, che hanno seguito i lavori di preparazione e hanno permesso, unitamente agli sponsor la realizzazione dell’evento. Nel corso degli eventi uno spazio particolare è stato dedicato all’AEO, figura chiave per le imprese per poter operare sui mercati internazionali che assume sempre più importanza, nelle relazioni di Andrea Morelli, Claudia Contessa e Denise Mutti. L’AEO (operatore economico autorizzato), qualifica le imprese, è strategia di impresa, e lo status di operatore economico autorizzato contraddistingue imprese sicure e affidabili che operano nel settore del commercio internazionale. Nel corso dei seminari i Relatori hanno evidenziato come l’autorizzazione AEO, consente di avvalersi di vantaggi di natura diretta e indiretta relativamente alle operazioni che riguardano gli scambi con l’estero tra i quali la riduzione di controlli fisici sulle merci e documentali fino al 90%, l’esonero dalla prestazione della garanzia dell’IVA, per l’introduzione delle merci nel deposito doganale/ I.V.A., un trattamento prioritario delle proprie spedizioni e maggiore velocità delle stesse, la possibilità di scelta dei luoghi ove eseguire i controlli (riduzione dei ritardi e dei costi); mutuo riconoscimento con altri Paesi (MRA conclusi dall’UE ad esempio: Giappone, Stati Uniti, Cina). Con questi seminari denominati Ciclo Focus Paese l’Associazione QI ha inteso e intende toccare punti di interesse importanti per gli operatori che operano con l’estero grazie agli interventi di Relatori professionisti tutti molto qualificati e grazie alla presenza di Partner specializzati. Tra le attività che l’Associazione QI ha programmato a favore delle imprese vi è una serie di seminari denominati Focus Paese ossia un Ciclo incontri Paese dedicati alle imprese italiane che operano con l’estero e si rivolgono ai mercati internazionali come opportunità di sviluppo e competitività. Si svilupperanno nei prossimi mesi altri incontri gratuiti dove saranno affrontati altri Paesi come USA, Canada, Cina, Russia, Serbia, Giappone, Turchia ecc.. I Focus Paese si ripeteranno coinvolgendo anche altri Partners in altri Paesi e aggiornando le informazioni e le novità che riguardano i mercati esteri già affrontati e quindi l’Associazione si è impegnata a riparlare tra gennaio e febbraio 2021 di Brexit con l’avv. Gaglione sviluppando altri temi utili per le imprese alla luce anche dei cambiamenti in atto. L’Associazione nel corso del 2021 ha in programma anche seminari in tema di contrattualistica internazionale, diritto e pratica doganale, diritto societario internazionale, legge 231 e responsabilità amministrativa delle società, novità normative del Terzo settore e altri temi di interesse per le imprese.


FLAVIO BONARDI, NEO PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE STRADA DEL VINO COLLI DEI LONGOBARDI, SI APPRESTA A VIVERE UNA NUOVA PAGINA DELLA PROPRIA VITA PROFESSIONALE: LO ATTENDE UN VIAGGIO TRA STORIA, CIBO, VINI ED UN’ACCOGLIENZA UNICA

Una “Strada” tutta da percorrere

Tommaso Revera - Fotografie Matteo Marioli

Il 10 novembre scorso, il nuovo Consiglio di Amministrazione della Strada del Vino Colli dei Longobardi, ha nominato il nuovo Presidente. Si tratta di Flavio Bonardi, già presidente della Circoscrizione Centro del Comune di Brescia, membro del Consiglio della Riserva delle Torbiere del Sebino, membro del Comitato Direttivo del Centro Servizi per il Volontariato oltre ad essere Coordinatore del Coordinamento degli Enti di Formazione della Provincia di Brescia. Lo ritroviamo con piacere per sapere come si appresta a gestire questo nuovo incarico professionale. Ben trovato Flavio e complimenti per la tua elezione. Ti attende una nuova e stimolante sfida: come la stai vivendo? “È certamente un’avventura nuova, un’opportunità anche di cambiare un po’ rispetto agli ambiti professionali di cui mi sono occupato sino ad oggi. È vero che sempre di rapporti istituzionali si tratta, ma sicuramente in un settore diverso dalla mia consuetudine”. Il tuo insediamento coincide con il difficile periodo che noi tutti stiamo vivendo a causa del Covid-19. Non è un caso se, durante le tue prime uscite ufficiali, hai fatto spesso riferimento al concetto di ‘ripartenza’: immagino sia da questo presupposto che imposterai il tuo nuovo lavoro? “Sicuramente. Ho utilizzato l’hashtag ‘ripartenza’ sia durante l’assemblea che in occasione del primo consiglio di amministrazione per presentare un progetto che intende far ripartire le attività promosse dalla Strada del Vino Colli dei Longobardi, rallentate non solo dalle difficoltà legate alla pandemia ma anche da alcune criticità economiche emerse come conseguenza di questa delicata situazione emergenziale. Non è un caso se abbiamo deciso di non far pagare le quote dell’anno che volge al termine a nessuno dei nostri associati. Un gesto concreto per non gravare su nessuno a cui dar inevitabilmente seguito con un’immediata ripartenza intraprendendo un progetto nuovo, condiviso e apprezzato anche da tutti i Comuni con i quali abitualmente collaboriamo. Gli incontri istituzionali avvenuti nei giorni scorsi sono stati molto proficui: ho percepito voglia di fare e, soprattutto, unità di intenti. Promuovere il territorio in una logica di rete è la premessa da cui ripartire ma anche l’ideazione di progetti specifici territoriali che valuteremo di volta in volta con le singole amministrazioni comunali e con i nostri produttori associati riveste una significativa importanza.

L’attività della Strada del Vino Colli dei Longobardi, infatti, non si esplica soltanto nella valorizzazione del prodotto enogastromonico ma anche nella promozione della cultura e del turismo per fare in modo di valorizzare il territorio in tutte le sue peculiarità”. Per te che da sempre sei orientato al futuro, quanto, sia pur lontana, può giovare alla vostra programmazione la designazione di Brescia e Bergamo come Capitali italiane della Cultura 2023? “Direi che è fondamentale. In primis perché il Comune di Brescia è parte attiva della nostra associazione e in secondo luogo perché certifica che il nostro territorio vanta un patrimonio culturale non certo trascurabile. Tra l’altro, il prossimo anno, ricorrerà il 10° anniversario dal riconoscimento Unesco per quanto riguarda il complesso monastico cittadino di San Salvatore - Santa Giulia e saremo in prima linea per una valorizzazione finalizzata alla conoscenza del nostro territorio che, va detto, rispetto ad altre zone della nostra provincia, gode di una luce riflessa meno luminosa”. Quanto ti stimola questa nuova avventura? Ti appassiona il mondo dell’enogastronomia? “Sì, pur non avendo mai ricoperto incarichi specifici in questo settore. È una passione nata col tempo anche grazie al lavoro svolto in passato. Quando ero presidente di Circoscrizione, ricordo di aver partecipato ad alcune delle attività proposte dalla Strada del Vino. Col senno di poi è stata una fortuna e ho apprezzato molto il lavoro di chi si è sempre speso in questo settore. La scelta di nominarmi presidente della Strada del Vino Colli dei Longobardi credo sia stata dettata anche dalla volontà di scegliere una persona super partes che, pur non essendo del mestiere, avesse una vision in una logica di valorizzazione e promozione del territorio”. Quali saranno i primi passi in chiave operativa? “Recentemente abbiamo avuto la fortuna di recuperare qualche risorsa economica dalla Regione Lombardia avendo partecipato e successivamente vinto un bando grazie al quale potremo investire in comunicazione, prevalentemente social media. Un’opportunità non solo per ‘svecchiare’ un po’ l’immagine dell’associazione ma anche e soprattutto per far parlare di noi e far vedere che ci siamo ancora e che ripartiamo con una voglia di iniziare una nuova avventura”.


FLAVIO BONARDI


“IL NOSTRO PRESENTE - HA AFFERMATO FLAVIO BONARDI - PONE PER LA STRADA DEL VINO COLLI DEI LONGOBARDI UNA PLURALITÀ DI TEMI E DI SFIDE CHE RICHIEDONO RISPOSTE IMMEDIATE PER FAVORIRE LA “RINASCITA” DI UN PROGETTO CHE VUOLE VALORIZZARE IL TERRITORIO IN TUTTE LE SUE PECULIARITÀ TURISTICHE, ENOGASTRONOMICHE, CULTURALI…


LA STRADA DEL VINO COLLI DEI LONGOBARDI Prende il via a Brescia, dal versante Nord del Colle Cidneo, sul quale si trova il vigneto della Pusterla (gergale di postierla, via segreta di fuga dalla fortificazione del Castello); è il vigneto urbano produttivo più grande del mondo ed è coltivato ad uve invernenga, vendemmiate tardivamente per produrre il Pusterla Bianco, unico ed esclusivo vino della città. Per questo è facile dedurre che il suo prodotto rifornisse la mensa delle monache desideriane dell’antico monastero longobardo di S. Giulia posto sul versante sud del colle Cidneo. Il percorso volge a Sud, in direzione della pianura verso Azzano Mella, corte donata da Carlo Magno, nel sec. IX, al monastero del Salvatore in Brescia, fondato da Desiderio, ultimo re longobardo. Sulla strada si incontra Pontegatello dove, nel primo medioevo sorgeva un ospizio per viandanti, trasformato poi in osteria frequentata da giocatori d’azzardo. La leggenda popolare sostiene che accanto all’osteria c’era una bottega di cambio e prestito tenuta da ebrei, onde il nome di Pontegatello, cioè del piccolo ghetto (ghettello), Ponte del ghetto. Azzano era sede dell’antica pieve di s. Pietro. Si giunge a Capriano del Colle, antica terra di boschi e campagne fertili, proprietà delle più blasonate famiglie bresciane; castelli, torri di difesa e case di villeggiatura abbellivano il paesaggio caprianese a tal punto che Agostino Gallo, cinquecentesco mercante di pannilana e scrittore di cose agronomiche, decise di ambientare il dialogo sull’agricoltura tra i suoi due fantastici interlocutori nella Torrazza di Capriano. Qui, dove la famiglia aveva estesi possedimenti, durante l’estate veniva a trascorrere alcuni giorni di vacanza insieme con il padre Clemente e la madre contessina Camilla Albani, s. Maria Crocefissa Di Rosa (al secolo Paola). Lasciate le pendici del Monte Netto per dirigersi verso la collina di Castenedolo è giocoforza lambire i centri di Poncarale, Flero e Montirone. Il primo fu sede della proprietà terriera del Gallo fino al 1556 e nel secondo fa bella mostra di sè un gioiello dell’architettura, l’antica dimora della famiglia Crotta, ristrutturata in una decina d’anni, dall’architetto Turbini per conto dei Lechi, feudatari vescovili dall’inizio del Settecento. Flero fu un prospero centro religioso, come attestano i numerosi edifici sacri, primo fra tutti la Parrocchiale dedicata a San Paolo, costruita nel XIII secolo ed ampliata all’inizio del Novecento. La storia di Flero, cominciata in epoca preistorica e poi in epoca altomediovale, è scritta prima dai vescovi, poi dai

nobili della città e in seguito dalle truppe che, nelle varie vicende di guerra, hanno fatto di questo territorio un terreno di passaggio quando non di combattimento. La Strada raggiunge Castenedolo e la sua Collina. Il paese, da sempre dedito all’agricoltura, fu dato in feudo, nel 1428, al conte di Carmagnola, capitano di ventura al servizio di Venezia; ma lo tenne per poco. Infatti, accusato di tradimento, fu ben presto decapitato. Le pendici del Monte Netto e della collina di Castenedolo sono ricoperte dai rigogliosi vigneti delle aziende del Consorzio Tutela Vini DOC Capriano del Colle. Il terreno argilloso e quasi privo di calcare permette di produrre uve di trebbiano nei cloni Soave e Toscano, per un vino bianco secco, delicato e gradevole, mentre i vigneti di Sangiovese, Marzemino, Barbera, Cabernet e Merlot compongono l’uvaggio di vini rossi ideali con i saporiti piatti nella cucina bresciana ed i formaggi della zona. A Montirone il caseificio cooperativo produce con il latte di allevamenti associati formaggi teneri come lo Stracchino Bresciano ed il Grana Padano, denominatore comune di tutto il distretto. Proseguendo per Rezzato non si può non visitare a Ciliverghe, nell’imponente settecentesca Villa Mazzucchelli, la Fondazione Giacomini-Meo, che ha allestito il Museo del Vino e del Cavatappi, con una collezione di oltre 2.000 cavatappi raccolti in ogni parte del mondo e, accanto, il Museo della Donna e del Bambino, con una ricchissima collezione di abiti, oggetti legati al mondo della donna, giocattoli, etc. Rezzato e Botticino e la stessa Brescia costituiscono l’area del Consorzio Tutela di Botticino; il comprensorio racchiude colline rocciose dal terreno argilloso-calcareo sulle quali si coltivano vigneti a Barbera, Marzemino, Sangiovese e Schiava Gentile per un vino rosso asciutto di corpo e giustamente tannico. Nello stesso comprensorio si possono gustare salumi artigianali da piccoli allevamenti, visitare le cave di marmo (dove in estate si allestiscono programmi culturali, concerti, spettacoli) e la scuola di restauro che diploma esperti richiesti a livello nazionale. A Botticino si può visitare un interessantissimo “Museo del marmo”, articolato in cinque sezioni che corrispondono alle fasi di trasformazione del famoso marmo Botticino Classico (impiegato, per citare solo due esempi, nella costruzione del Vittoriano di Roma e della Casa Bianca a Washington). La zona è anche ricca di Santuari, come quello di Rezzato e quello di San Gallo, mete di pellegrinaggi oltre che di passeggiate. Poco lontano ha sede un importante scuola di formazione che opera ad altissimo livello nel settore dell’enogastronomia: la Cast Alimenti.

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DA BERGAMO A TOKYO ANDATA E RITORNO: MARIUCCIA MANDELLI, ALIAS KRIZIA. (1925-2015)

Krizia. . . Kriziamaglia. . . Poi by Krizia. . . Krizia Uomo. . . K de Krizia... Erano questi alcuni dei principali slogan che, nei mitici anni Ottanta, mettevano in risalto le avanguardistiche e spregiudicate collezioni che Mariuccia Mandelli, la mente, le mani e il corpo che stavano dietro al brand “Krizia”, faceva comparire sulle passerelle milanesi quando la Milan Fashion Week si chiamava ancora Settimana della Moda ed era, ieri ancora più di oggi, una delle manifestazioni più attese che esaltava il Made in Italy a livello internazionale. Fu proprio in quella Milano, che prese il posto di Firenze e di Roma come palcoscenico delle nuove proposte, che il successo di Mariuccia Mandelli si espanse in tutto il mondo. Proprio quella Milano dove l’haute couture e il prêt-à-poter sbalordivano i buyer seduti in prima fila. Sempre Milano, i cui stilisti erano maestri nel tagliaecuci e proponevano le loro creazioni con quella nonchalance che solo i couturier francesi potevano permettersi. La storia è ben nota: era la metà degli anni Settanta e la moda italiana sentiva il vento del cambiamento che la Swingning London del decennio precedente era ancora capace di trasportare: la minigonna, i colori sgargianti, i lunghi pastrani, l’uso di metalli al posto dei tessuti. . . tutti questi elementi hanno influito sulla genialità e sullo spirito dei creativi italiani che però andava a scontrarsi con un gusto più borghese, di quella classe sociale che aveva fatto i soldi durante il boom economico. Erano due mondi a sé stanti che però andavano uniti! Fu allora Walter Albini che nel 1975 decise di intraprendere la ricerca di look differenti che non avessero legami con i movimenti contestatori del ’68 e il lusso alto borghese della classica couture. Certo, esclusività e bei tessuti erano alla base della moda del periodo tuttavia si comprese che i tempi erano cambiati: era necessario che ogni stilista creasse un proprio stile ben riconoscibile a colpo d’occhio. Seguendo l’esempio di designer come Albini, Missoni o Emilio Pucci Krizia creò un suo stile fatto di ironia ed eccentricità che si rifaceva anche agli effetti della pop art; modernismo e praticità erano i mantra delle creazioni by Krizia. Ma chi era Krizia? Chi si nascondeva dietro quella K enorme che sormontava le passerelle? E poi quel nome preso da un Dialogo di Platone. La risposta è semplice: un mondo in continuo movimento.


Krizia, alias Mariuccia Mandelli è nata a Bergamo il 31 gennaio 1925. Dopo gli studi in Svizzera torna in Italia nella casa di famiglia in Città Alta. Il suo incontro con la moda avviene quasi per caso: sullo stesso pianerottolo dove c’era il suo appartamento si trovava quella che al tempo era la sartoria più importante di Bergamo. Per lei quell’atelier era una sorta di mondo delle meraviglie. Dopo una breve parentesi come maestra a Cassano d’Adda, Mariuccia si trasferì a Milano dove con l’amica e socia Flora Dolci (scomparsa nel 2012, ndr) aveva creato un piccolo laboratorio sartoriale. Al tempo, siamo nella metà degli anni Cinquanta, quando le creazioni erano pronte era Mariuccia in persona che partiva con qualche valigia per far conoscere le sue gonne in tutta Italia. Che fossero gonne o dolcevita piuttosto che vestitini freschi, quello che colpiva erano le linee asciutte e senza troppi fronzoli. Per far sì che le donne si sentissero libere era necessario che lei in prima persona si sentisse libera; dopotutto la stessa Krizia ha sempre cercato il modo di rompere gli schemi. “L’idea era quella di realizzare abiti che fossero meno orrendi di quelli che si trovavano al tempo”, ripeteva quando ricordava i suoi inizi di carriera. La prima notorietà arrivò nel ’57 al Salone della moda di Torino e poi nel ’64 dove, con una collezione tutta in bianco e nero presentata a Palazzo Pitti, vince il premio “Critica della moda”. Di seguito a Capri nel ’71 si aggiudicò il “Tiberio d’Oro” grazie a quegli hot-pants, pantaloncini cortissimi, che le diedero celebrità mondiale. Il successo era arrivato! A partire dagli anni Settanta, grazie alla collaborazione con Anna Domenici, la sua moda diventa sempre più sofistica e viene esaltato il giusto mix di spigliatezza e di disegni geometrici che andavano a toccare l’universo dei manga giapponesi.

Il legame tra Mariuccia e Krizia divenne ancora più stretto quando sposò Aldo Pinto con una prima cerimonia in Jamaica che venne poi ufficializzata a Milano tre anni più tardi. Grazie alle conoscenze di Aldo (imprenditore tessile, scomparso nel 2016, ndr) e suo braccio destro, il brand diventò una delle realtà modaiole più note: da Palm Beach in Florida a Osaka in Giappone le insegne delle boutique parlavano delle creazioni di Krizia. Ed è proprio quella cultura giapponese e cinese che Mariuccia Mandelli amò fino alla fine. Rigore, precisione, linearità furono parti integranti dello “stile Krizia”. Non solo i suoi capi erano apprezzati nell’Estremo Oriente ma anche negli States la sua moda venne esaltata, tant’è che proprio dall’America arrivò il soprannome di “Crazy Krizia” a sottolineare la sua audacia e la sua essenza di donna indipendente. Dal punto di vista dell’uso dei tessuti, Krizia fu sempre un passo avanti agli altri. Nelle sue collezioni era facile trovare delle lane grosse accostate a tessuti lisci quasi impalpabili come il taffetas, i tweed con angora e pizzo così come i materiali più svariati, dalla gomma al sughero. Ma le forme rigorose, tessuti sperimentali e i colori shocking non erano la sola raison d’être della stilista bergamasca. Per ogni nuova collezione c’era anche un animale che la rappresentava: fin dalle prime sfilate Krizia portò in scena gatti, volpi selvatiche, orsi polari, serpenti, scimmie, aquile e coccodrilli fino ad arrivare alla celeberrima zampa di leopardo del 1980 diventata poi suo marchio di fabbrica.

DA BERGAMO A TOKYO ANDATA E RITORNO: MARIUCCIA MANDELLI, ALIAS KRIZIA. (1925-2015)


L’anima animalier di Krizia non stava mai ferma! Verso la metà degli anni Ottanta, Mariuccia Mandelli era sulla bocca di tutti: la stilista partita da Bergamo con una lambretta era approdata nell’Olimpo della moda internazionale. Nel 1984 trasformò il Palazzetto Melzi d’Eril al n.19 di via Manin nel quartier generale della maison, mentre al n.21 diede vita al più importante centro culturale di Milano: lo Spazio Krizia dove era facile trovare artisti e intellettuali come Dario Fo, Isabel Allende, Catherine Dunne e tanti altri. Nel 1986 Cossiga la nomina Commendatore della Repubblica Italiana insieme ai colleghi Armani, Ferré, Versace e Valentino. La passione per i viaggi e le esperienze all’estero che aveva iniziato ad apprezzare con Aldo, le fecero aprire il K Club sull’isola caraibica di Barbuda che in breve divenne meta di amici e del jet-set mondano. Tuttavia, come spesso accade il chiarore del successo è come la fiammella di una candela. . . un po’ alla volta si consuma e si spegne. Così accadde anche a Krizia quando negli anni Novanta in pieno periodo Mani pulite, insieme a Santo Versace, viene accusata di aver versato delle tangenti alla Guardia di Finanza. Ma da bergamasca doc, quindi testarda per natura, non si arrese. Lottò fino a quando venne assolta nel ’98. In merito alla vicenda giudiziaria in un’intervista rilasciata a questa rivista che celebrava i quarant’anni di attività disse: “Sono stata coinvolta come testimone d’accusa, come concussa e non sono stata inquisita come corruttrice delle fiamme gialle” (QuiBergamo, n.26, 1994).

Con l’arrivo degli anni Duemila, il brand subì una battuta d’arresto nonostante ci furono diverse collaborazioni con alcuni giovani talenti del nascente panorama fashion italiano, tra cui Gianbattista Valli e Alber Elbaz per citarne alcuni. Gli ultimi lavori rappresentati dalle collezioni KRIZIAPOI e Krizia Teen, vollero rivolgersi a un pubblico giovane e moderno. E nel moderno Oriente trovò le persone ideali affinché continuassero la sua opera. Nel 2014 la Maison viene venduta alla Shenzhen Marisfrolg Fashion Ltd di Zhu Chongyun. Donna intelligente, capace, forte al limite dell’autoritarismo, arrogante ed egocentrica. . . ma tanto brava e portatrice di una ventata di libertà per tutte quelle donne che, come lei, volevano essere sé stesse e inseguire i propri sogni. D’altra parte, dietro alla facciata di donna tenace si nascondeva il suo lato più umano fatto di generosità e insicurezza che veniva riconosciuto da chiunque lavorasse al suo fianco. Con la scomparsa di Mariuccia Mandelli, il 6 dicembre 2015, si chiude l’epoca dei creativi che sono stati parte viva delle loro creazioni, che seguivano passo dopo passo tutte le modifiche a un capo anche se di frequente erano più imprenditori che stilisti. Al giorno d’oggi, salvo poche eccezioni, la griffe prende il sopravvento rispetto al suo “autore” grazie al lavoro dei direttori artistici che tentano di interpretare le idee di partenza talvolta riproponendo capi iconici oppure percorrendo strade nuove. Ecco, questo è successo anche per il brand Krizia al quale si augura un successo continuativo tenendo però sempre presente che senza Mariuccia Mandelli non ci sarebbe stata Krizia.


Crazy Krizia

e QUEL “TUCU-TUCU-TUCU” CHE NON CI HA MAI SPIEGATO Classe 1955, Milanese doc e per di più blasonato – la madre Ida era discendente dei Visconti di Modrone, nobile casata a cui apparteneva anche Luchino Visconti – cattura immagini con la sua macchina fotografica praticamente da una vita; ritratti e non solo che, nel corso di oltre trent’anni di attività, sono diventati così iconici da venire appesi nelle sale dei più importanti musei e delle più rinomate gallerie d’arte sparse nel Mondo: da New York a Shanghai passando per Parigi, Mosca e Milano. La sua ultima mostra fotografica, The people I like, è allestita al MAXXI di Roma fino al 03 gennaio. In questa realtà artistica Giovanni Gastel ha sicuramente due qualità che lo rendono un vero fuoriclasse della fotografia: versatilità e sense of humor fanno sì che i suoi ritratti siano delle vere opere parlanti. Qualità di cui si sono accorti editori di riviste di moda come Annabella, Vogue Italia, Mondo Uomo, Donna così come stilisti, personalità del mondo della politica e dello sport con i quali ha lavorato regalando loro degli still life sensazionali. Ma è il mondo della moda dove Giovanni Gastel si sente di più a suo agio. Nel corso della sua carriera ha lavorato con diversi creativi, ma la collaborazione più importante non solo a livello professionale ma specialmente a livello personale è stata con Mariuccia Mandelli, la Krizia che a partire dagli anni Ottanta l’ha tenuto al suo fianco affinché cogliesse lo spirito eccentrico delle sue collezioni sempre all’avanguardia. Il loro è stato un legame che è iniziato come rapporto lavorativo e che si è trasformato in un sentimento di amicizia molto forte. Nel periodo 1995/1996 Giovanni Gastel cura al Palazzo della Triennale a Milano, la mostra “Krizia. Una storia” dedicata ai quarant’anni di attività della casa di moda. Signor Gastel, cosa le viene in mente se oggi sente il nome Mariuccia Mandelli? “Personalmente provo una grande tenerezza. La sua scomparsa ha rappresentato una grande perdita per me e per tutto il mondo della moda dove era stimata e riconosciuta universalmente per il suo genio creativo”. Quali sensazioni provava nel lavorare al suo fianco? “Lavorare per lei comportava sempre una grande incertezza perché Mariuccia era molto umorale. . . dipendeva dal giorno. Se la chiamavano “Crazy Krizia”, un motivo c’era!”. Che donna era la signora Mandelli? “Uhm. . . era una donna dolcissima, ma sapeva essere allo stesso tempo d’acciaio. Sicuramente è stata un’imprenditrice protofemminista”. È vero che non andava d’accordo con le modelle? “In realtà sosteneva che una ragazza che guadagnava così tanto poteva anche comprarsi da sola un panino”. (ride, ndr) Com’era la moda al tempo di Mariuccia Mandelli? “Era il tentativo costante di vestire il futuro senza riferimenti al passato.” Si ricorda un aneddoto divertente? “Ricordo che le grandi discussioni durante le campagne riguardavano sempre i capelli delle modelle: per spiegarmi come li voleva mi diceva he li voleva “tucu-tucu-tucu”. (ride, ndr) Incredibile! In 30 anni di collaborazione nessuno ha mai capito cosa volesse dire”.


GIOVANNI GASTEL


federico fellini dietro le quinte FINO AL 30 DICEMBRE AL MACOF PALAZZO MARTINENGO COLLEONI BRESCIA


Il 20 gennaio 1920 nasceva a Rimini Federico Fellini. Quest’anno, in Italia e all’estero, sono state innumerevoli le manifestazioni, le mostre e gli omaggi che gli sono stati attribuiti in occasione del centenario della sua nascita. I suoi film sono stati riproposti e rivisitati su quasi tutte le reti televisive per rendere il dovuto omaggio a un vero maestro e a un indiscusso patrimonio della nostra cultura: Rimini gli ha dedicato una grande esposizione nella quale viene raccontata tutta l’arte e la creatività che il grande regista ha saputo trasmettere nella sua lunga carriera. Roma e Milano hanno contribuito, con disegni, costumi e manoscritti, a testimoniare l’opera di quello che è stato definito una pietra miliare della cinematografia del secondo Novecento.


federico fellini dietro le quinte

Anche Brescia con il Macof-Centro della Fotografia Italiana, ha voluto essere partecipe alla celebrazione del grande maestro con la mostra “ Federico Fellini dietro le quinte” curata da Renato Corsini. Si stratta di un percorso che, accanto all’esposizione di alcuni manifesti dei suoi film più conosciuti, ci racconta, attraverso una cinquantina di scatti prevalentemente vintage, un Fellini più privato, l’uomo dietro al mito e dietro le quinte. Con le splendide fotografie di Sandro Becchetti che lo ritrae in sequenza, è possibile intuire il talento di un uomo che fa dello sguardo e della mimica due momenti imprescindibili del proprio modo di esprimesrsi, con le fotografie di scena di Tazio Secchiaroli, il paparazzo per antonomasia della Dolce Vita romana, e quelle dell’Agenzia Dufoto, la mostra getta uno sguardo sulla sua capacità di gestire il backstage dei capolavori che ha saputo creare. Gli incontri ufficiali con De Sica, con Rossellini, con Andy Warhol, con Alberto Sordi o con semplici avventori dei bar di Roma, ci testimoniano infine una quotidianità che la sua semplice presenza rende straordinaria. Renato Corsini, conscio che “ogni esposizione è in grado di offrire un punto di vista e di narrazione sempre diverso” con “Fellini dietro le quinte” intende offrire al pubblico un ulteriore spunto di riflessione sulla vita di questo grande talento visionario.


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I MARMI TORLONIA Fino al 29 giugno 2021 Sarà aperta al pubblico l’attesissima mostra I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. 92 opere greco-romane sono state selezionate tra i marmi della più prestigiosa collezione privata di sculture antiche al mondo


Fino al 29 giugno 2021 sarà aperta al pubblico l’attesissima mostra I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. 92 opere greco-romane sono state selezionate tra i marmi della più prestigiosa collezione privata di sculture antiche al mondo. L’esposizione è il risultato di un’intesa del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo con la Fondazione Torlonia e nello specifico, per il Ministero, della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio con la Soprintendenza Speciale di Roma. Il progetto scientifico di studio e valorizzazione della collezione è di Salvatore Settis, curatore della mostra con Carlo Gasparri. Electa, editore del catalogo, cura anche l’organizzazione e la promozione dell’esposizione. Il progetto d’allestimento è di David Chipperfield Architects Milano, negli ambienti dello spazio espositivo dei Musei Capitolini a Villa Caffarelli, tornati alla vita dopo oltre cinquanta anni grazie all’impegno di Roma Capitale per restituire alla cittadinanza un nuovo spazio espositivo progettato e interamente curato della Sovrintendenza capitolina. La Fondazione Torlonia ha restaurato i marmi selezionati con il contributo di Bvlgari che è anche main sponsor della mostra. Il progetto della luce è stato scritto da Mario Nanni, lumi Viabizzuno. La mostra conduce in un viaggio a ritroso nel tempo attraverso le vicende dei diversi nuclei collezionistici confluiti nella collezione Torlonia, composta da 620 pezzi tra cui sono stati selezionati statue, sarcofagi, busti, rilievi ed elementi decorativi. Sono stati individuati cinque momenti che corrispondono alle sezioni del percorso espositivo. L’allestimento ha tratto ispirazione dal Catalogo del Museo Torlonia del 1884/1885, nel quale le sculture vengono presentate su uno sfondo nero che astrae l’opera. Le sculture selezionate sono dunque allestite su uno sfondo omogeneo scuro, così da farle emergere singolarmente ed esposte su sfondi diversi colorati così da farle risaltare collettivamente, come parte di un racconto, in cinque capitoli, per illustrare l’evoluzione della collezione nel tempo e contemporaneamente illustrare la localizzazione delle sculture nel loro periodo storico.


I MARMI TORLONIA La mostra presenta sculture ritrovate con scavi archeologici effettuati nell’800 nelle proprietà Torlonia Marmi provenienti da collezioni settecentesche custodite a Villa Albani, acquistata nel 1866 dal Principe Alessandro Torlonia, e dello Studio dello scultore e restauratore Bartolomeo Cavaceppi. inestimabe un ricco nucleo proveniente dalla collezione del Marchese Vincenzo Giustiniani acquistata dai Torlonia nell’800. Il percorso si conclude con un insieme di opere riunite in raccolte quattro e cinquecentesche. Il Museo Torlonia si racconta dunque come una collezione di collezioni, o come un gioco di scatole cinesi, in cui una raccolta racchiudeva in sé pezzi provenienti da collezioni ancor più antiche. L’allestimento, tridimensionale e tettonico, si erge dalle fondazioni per mettere in scena sia la varietà dei marmi Torlonia sia la stratificazione del Mons Capitolinus. Consiste in pavimentazioni e plinti che emergono a diverse altezze, come estrusioni delle pavimentazioni continue, composti in mattoni realizzati a mano da argilla grigio scuro, un riferimento alle antiche architetture romane in laterizio e alle fondazioni in pietra dell’Aedes Iovis Optimi Maximi Capitolini, il grande edificio esistito in Campidoglio, sottostanti Villa Caffarelli. All’eccezionalità dei materiali esposti si aggiunge il fatto che essi hanno conservato restauri e integrazioni storiche, riflettendo il gusto e l’uso di epoche in cui i reperti mutili venivano “completati”, nelle parti mancanti, anche ricorrendo all’abilità di famosi scultori del tempo. La mostra racconta così una lunga storia non solo del collezionismo ma anche delle pratiche di restauro, e si chiude in maniera emblematica con la statua di un Ercole composto da 125 frammenti di marmo. Il restauro ha contribuito in maniera determinante ad aggiungere nuovi indizi storici sulle opere in mostra rivelando, ad esempio, tracce di colore sul Rilievo di Porto del III sec. d.C., confermando la mano di Gian Lorenzo Bernini per la statua del Caprone a riposo. Impressi nella materia che li costituisce, il restauro ha scoperto una stratificazione di segni che oggi, grazie alle nuove osservazioni condotte, si è cercato di decodificare, per poter giungere alla loro piena comprensione e a una corretta datazione. La mostra sfocia infine nell’Esedra dei Musei Capitolini, dove sono state raccolte per l’occasione le statue di bronzo che il papa Sisto IV donò al popolo romano nel 1471: un’accorta risposta sovrana all’incipiente collezionismo privato di statuaria antica. Segno, questo, di un processo culturale in cui Roma e l’Italia hanno avuto un primato indiscutibile: i musei sono nati dal collezionismo di antichità. Questa storia si concluderà con l’individuazione di una sede espositiva permanente per l’apertura di un rinnovato Museo Torlonia.





Stirling Moss, storia e aneddoti del “Campione senza corona” RIPERCORRIAMO LA STORIA E LA CARRIERA DI SIR STIRLING MOSS, PILOTA AUTOMOBILISTICO INGLESE DENOMINATO IL ‘CAMPIONE SENZA CORONA’ PER ESSERSI QUALIFICATO QUATTRO VOLTE AL SECONDO POSTO IN UN MONDIALE DI FORMULA 1 Stirling Moss, celebre pilota automobilistico inglese degli anni ’50 e ’60 è venuto a mancare il 12 aprile 2020 a Londra dove era nato il 17 settembre del 1929: aveva 90 anni. Sir Moss è stato uno dei maggiori e straordinari piloti automobilistici del dopo guerra che vinse 212 delle 529 gare che disputò in ogni categoria, comprese Targa Florio, Mille Miglia, Tourist Trophy e ovviamente Formula 1, in cui riuscì a battere anche Juan Manuel Fangio, suo compagno di squadra in Mercedes. Nella massima categoria a ruote scoperte, vinse il maggior numero di gran premi senza aver mai vinto il titolo mondiale, difatti terminò quattro volte secondo e tre volte terzo in classifica finale guadagnandosi il titolo di ‘Campione senza corona‘. Nato a West Kensington, quartiere londinese, nel 1929 mostrò fin da giovane una gran passione verso i motori grazie alla famiglia. Suo padre, Alfred Moss, gareggiò alla 500 Miglia di Indianapolis del 1929 (dove arrivò 14°) mentre la sorella, Pat Moss, prese parte a diverse gare di rally. Debuttò al volante di una Cooper 500 dimostrando una grandissima abilità in pista vincendo numerose gare a livello nazionale guadagnandosi un posto in Formula 3. Per Stirling Moss nel 1951 arrivò il momento tanto atteso: esordire in Formula 1. Ad un anno dalla creazione di quella che sarebbe diventata la massima serie automobilistica, Stirling Moss debuttò durante il GP di Svizzera a bordo di una HWM-Alta: piazzatosi 14º in griglia, concluse la gara in ottava posizione a due giri dal vincitore Juan Manuel Fangio. Nel 1954 andò a podio(primo della carriera), chiudendo terzo, durante il GP del Belgio approfittando di un errore di Nino Farina. Mentre nel 1955 venne ingaggiato dalla Mercedes a bordo della W196 al fianco di Juan Manuel Fangio. Quell’anno Stirling Moss riuscì a chiudere il campionato in seconda posizione, subito alle spalle del compagno di squadra che venne battuto nel GP di Gran Bretagna. Nel 1955 vinse la Mille Miglia al volante di una Mercedes 300 SLR. Una folle gara guidata da Brescia a Roma e ritorno alla velocità media di 157,650 km/h: 1.597 km in 10 ore, 7 minuti e 48 secondi, su strade urbane che gli valsero il record di percorrenza e l’incoronazione a simbolo dei piloti di questa gara di auto storiche, entrando di diritto nel “wall of fame” di questa gara. Accanto a lui, come navigatore, il giornalista Denis Jenkinson. “I rettilinei sono quei tratti noiosi che uniscono due curve”



Stirling Moss

Accadde che nel 1958 non si laureò campione del mondo in F1 per una sola lunghezza, a favore del rivale ferrarista Mike Hawthorn. Rimase nella massima serie fino al 1961 ritirandosi poi dopo aver ottenuto la sua sedicesima vittoria durante il GP di Germania, anche se l’ultima gara ufficiale a cui presenziò fu il GP degli USA, dove però non prese parte per dei problemi al motore della sua vettura. Correva l’anno 1962 quando Stirling Moss rimase gravemente ferito durante il Trofeo Glover, a Goodwood, alla guida della sua Lotus 18 Climax #7. L’incidente lo fece cadere in coma per 30 giorni ed al suo risveglio la parte sinistra del suo corpo rimase paralizzata per sei mesi. L’anno seguente decise di tornare in pista per effettuare qualche test con la Lotus che non portarono ottimi risultati anzi, portarono al ritiro del talentuoso pilota inglese. Durante le prove, Stirling Moss girava qualche decimo sotto i suoi soliti tempi ed in più non si sentiva in confidenza con la vettura, segno di insicurezza o meno non lo sappiamo, ma questo motivo lo portò a ritirarsi dal mondo delle corse, almeno momentaneamente. Ritornò a gareggiare nel 1968 a bordo di una Lancia Fulvia HF ufficiale in occasione della 84 Ore del Nürburgring, dividendo il volante della vettura torinese con Innes Ireland e Claudio Maglioli. Poi si ripresentò nel British Touring Car Championship del 1980 alla guida di un’Audi al fianco di Martin Brundle. Negli ultimi anni ha continuato a correre nelle gare riservate alle auto d’epoca: nella stagione 2009, ad esempio, fu alla guida di una OSCA FS372. In realtà Moss non ha mai annunciato il suo ritiro ufficiale dall’attività agonistica fino al giugno del 2011: in occasione delle prime prove della Le Mans Classic, gara per vetture d’epoca di contorno alla 24 Ore di Le Mans, il pilota

inglese ha spiegato che per la prima volta nella sua vita aveva provato paura al pensiero di mettersi al volante di un’auto da corsa. I pochi giri al volante di una Porsche Rsk gli bastarono per decidere di smettere con le corse in maniera ufficiale. Prima di morire è stato l’ultimo dei piloti in vita ad aver partecipato ad un campionato di F1 nel 1951.

IL FLIRT CON ENZO FERRARI

Esiste una storia molto carina tra Stirling Moss e la Ferrari. Torniamo un attimo indietro agli esordi del pilota inglese, durante il periodo in cui vinceva gara dopo gara nei campionati di Formula 3 e poi Formula 2. Questi ottimi risultati attirarono l’attenzione del Drake, Enzo Ferrari che gli offrì un sedile a bordo di una sua Ferrari per il GP di Bari del 1951. Quando Moss arrivò lì, dopo una traversata dalla Gran Bretagna molto burrascosa, scoprì che la sua vettura era stata affidata a Piero Taruffi e andò su tutte le furie, giurando di non prendere più in considerazione offerte da parte del team di Maranello. Nel resto della sua carriera fu infatti impegnato al volante di Mercedes, Maserati,Vanwall, BRM, Cooper e Lotus. Nel 1962 ci fu un avvicinamento tra il pilota inglese e la Ferrari ma purtroppo neanche questo lo portò a debuttare per il glorioso team italiano a causa del bruttissimo incidente che avvenne a Goodwood nell’aprile del 1962. Per lui il team di Maranello aveva progettato una bellissima Ferrari 250 SWB verde British Racing e un contratto da pilota ufficiale ma il destino ha voluto diversamente, quasi come se 11 anni prima fosse tutto scritto e destinato a non far mai collaborare team e pilota assieme. Enzo Ferrari ha sempre avuto un’ottima considerazione dell’inglese, dicendo che gli ricordava Tazio Nuvolari per la sua ossessione di correre su ogni tipo di vettura.



covid generation


COVID GENERATION TRA PESSIMISMO E ADATTAMENTO: 8900 GIOVANI ITALIANI INTERVISTATI SULLA PANDEMIA LOCKDOWN, SANITÀ,VACCINI, SMART WORKING, DIDATTICA A DISTANZA, ASPETTATIVE PER IL FUTURO, GOVERNO: SONO I TEMI TOCCATI NEL SONDAGGIO CONDOTTO DA 201 STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ DELL’INSUBRIA E COORDINATO DAL DOCENTE FRANZ FOTI. HA SOSTENUTO LA RICERCA ANCHE EROS RAMAZZOTTI: “L’IMPEGNO DI QUESTI RAGAZZI È UN SEGNALE FORTE DI COME I GIOVANI POSSANO MIGLIORARE LE COSE CON MATURITÀ E SERIETÀ”.

Nel mese di ottobre 201 studenti del corso di Scienze della comunicazione dell’Università dell’Insubria, coordinati dal docente Franz Foti e da Mauro Carabelli, cultore della materia, hanno promosso un sondaggio con lo scopo di capire come i giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni hanno affrontato il periodo dell’emergenza Covid e quali sono le loro opinioni circa le aspettative sul futuro. La ricerca si è avvalsa anche dell’eccezionale collaborazione del cantautore Eros Ramazzotti, che ha messo a disposizione le proprie pagine social per la divulgazione: “In un momento così particolare e delicato della nostra vita - ha dichiarato l’artista - in tutto il mondo, il lavoro e l’impegno dei ragazzi dell’Università dell’Insubria è un segnale forte di come i giovani possano migliorare le cose con maturità e serietà. Sono un esempio molto importante per il nostro futuro”. Il questionario, condiviso online dagli studenti organizzati in 15 gruppi di lavoro, è stato compilato da circa 8900 giovani di ogni regione italiana e di 109 province. Le risposte sono state fornite in minima parte anche da residenti in altri Paesi d’Europa (1,03%). La maggioranza dei giovani che ha aderito rientra nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 25 anni (85%). Per quanto riguarda l’insieme delle risposte, la componente femminile è maggioritaria (77,8%), presumibilmente per la scarsa presenza maschile nel corso di laurea. In termini di provenienza italiana, il 75,1% risiede al Nord, il 10,1% al Centro e il 14,8% al Sud. Sottolinea Giulio Facchetti, presidente del corso in Scienze della comunicazione: “La fascia d’età è stata scelta in virtù del fatto che l’Europa ha intitolato il suo prossimo progetto per il futuro Next Generation.Auspichiamo quindi una grande attenzione nei confronti dei giovani che vanno incoraggiati ad affrontare questa fase tormentata dal Covid-19 e quella che verrà. Il tutto si augura possa avvenire all’insegna di prospettive più appaganti rispetto al passato”. LOCKDOWN I risultati dell’Indagine sottolineano come i giovani abbiano vissuto il Covid: con angoscia e preoccupazione (57%) pur manifestando un notevole spirito di adattamento alla realtà (40%). Il Covid ha inciso anche sui rapporti sentimentali. Sebbene il 63% li dichiari stabili, per il 23% sono però peggiorati e soltanto il 12% li considera migliorati. Tuttavia, le preoccupazioni non arretrano: il 15% degli interpellati si dichiara danneggiato dal corona virus. Infatti, il 6% ha perso il posto di lavoro, il 5% rischia di perderlo e il 4% è in cassa integrazione. PROVVEDIMENTI ISTITUZIONALI La maggior parte dei giovani si dice soddisfatta del servizio prestato dagli ospedali e dal medico di base, un po’ meno per quanto riguarda il lavoro svolto dall’Asl. In merito ai provvedimenti introdotti dal Governo, dalle Regioni e dai Comuni vi è un giudizio sostanzialmente positivo con punte più alte nei confronti di questi ultimi. VACCINO ANTIVIRUS Il campione si mostra favorevole al vaccino antivirus con il 63,9% delle risposte e solo il 6% manifesta contrarietà al suo uso, mentre una parte dei votanti (29,5%) non si ritiene abbastanza informata per poter rispondere. SMART WORKING I giovani non nascondono il loro favore allo smart working (78,8%), ma con articolazioni particolari: gli studenti scelgono le lezioni in presenza (38%), mentre il 24% gradirebbe lezione in presenza ed esami in smart, il 26% sceglie altro. QUALE FUTURO Si registrano punte alte di pessimismo: 84 giovani su 100 pensano che i livelli occupazionali peggioreranno mentre solo l’1,8 % ritiene possibile un miglioramento. Una parte considerevole del campione, il 63,1%, dichiara di volersi adeguare al mercato del lavoro; il 21,1% ritiene di ricorrere all’aggiornamento e alla formazione professionale; il 2,6% si dichiara disponibile a cambiare ambito lavorativo mentre è significativo che il 13,2 % sia propenso a trasferirsi all’estero. Quest’ultimo dato, commisurato al ristretto campione del sondaggio, avrebbe un costo sociale per la comunità di 115 milioni di euro. MISURE GOVERNATIVE (RISPOSTE PLURIME) I giovani segnalano la necessità di sostenere le imprese 72,83% e la formazione delle nuove generazioni (67,6%). A seguire il sostegno all’ambiente con programmi di risanamento (37,82%) e investimenti nell’innovazione tecnologica (35,12%). Avvertita la necessità di una maggior integrazione con l’Europa (21,35%) e l’acquisizione di un più consistente potere contrattuale in ambito europeo (17,49%). Franz Foti, docente di Comunicazione pubblica e istituzionale all’Insubria che da 15 anni promuove un sondaggio con i suoi studenti, commenta: “Le risposte al questionario tracciano uno spaccato giovanile orientato all’adattamento, attento alla realtà economica, ambientale e sociale, ma pervaso da preoccupazione e da un significativo scetticismo. E lo scetticismo, come si sa, assottiglia le speranze, limita l’azione e la partecipazione, mina il patrimonio creativo e progettuale delle nuove generazioni. Ora tocca ai decisori politici ed economici agire di conseguenza”.

Scritto da studentesse del corso di laurea in Scienze della comunicazione dell’Università dell’Insubria coinvolte nel progetto Covid Generation: Vanessa Bianchi, Miriam Corti, Anna Costacurta, Chiara Gorla, Karin Mecca, Elia Miatello, Sharon Tres, Giada Vassallo, Giulia Ziletti. Anna Corbetta ha curato i materiali fotografici.


ludo

natale con ludovica PAGANI Lorenzo Boccardini


“Astro nascente dei social media e del mondo della comunicazione dove viene corteggiata sia dalla radio che dalla televisione. È giovanissima e sul suo profilo Instagram conta più di due milioni e mezzo di followers. Conosciuta e apprezzata per la sua bellezza, per le sue doti comunicative e per quell’allure di sogno che lascia trasparire dai suoi post. Tutto questo è Ludovica Pagani, l’influencer che ha spopolato su YouTube e che ha invaso riviste come Chi e Tv Sorrisi e Canzoni. Audacia e simpatia tutto rigorosamente Made in Bergamo. E, nonostante si definisca «una ragazza normale» non si può negare che rappresenti un punto di riferimento per tutte quelle giovani che vorrebbero un giorno diventare come lei e alle quali invita a “non lasciare che i tuoi sogni, siano solo sogni”. Ludovica, tu sei nata a Bergamo. Che rapporto hai con la città? “Il rapporto che ho con la città di Bergamo è molto bello, molto forte. Io abito adesso in città, mentre prima stavo in provincia. Personalmente Bergamo mi piace tanto perché credo rappresenti il giusto compromesso tra un luogo caotico come Milano e qualcosa di più tranquillo e nonostante questo possiede tutti i comfort di una grande città. E poi c’è Città Alta che è davvero pazzesca! Si può dire che Milano e Bergamo siano l’una l’opposta dell’altra”. Che differenze hai trovato tra le due? “Di preciso non saprei. Insomma, Milano è molto frenetica ed è molto molto più grande e ovviamente ha più possibilità anche a livello lavorativo.Tuttavia non mi sento di trovare i pro e i contro delle due città proprio perché sono due mondi completamente differenti. Milano è ovviamente più movimentata. E può sembrare strano ma mi sento molto più a mio agio a Bergamo”.

Come ha iniziato la carriera di influencer? “Inizialmente postavo le foto che mi scattava mia mamma in cui veniva ritratto un outfit piuttosto che un altro. Di seguito ho cominciato a scrivere ai negozi per proporgli di fare degli scambi a livello commerciale poi, grazie al passaparola, hanno iniziato a conoscermi e così sono finita a tenere una rubrica di moda su BergamoUp. Poi ho condotto Telelombardia (il programma Milanow, ndr) per poi approdare a Sport Italia (con il programma sportivo Gokarty, ndr). Successivamente ho iniziato a fare qualche collaborazione con diversi youtuber”. Oltre a lavorare in tv, conduci anche un programma alla radio... “Sì, esatto! Lavorare in radio è un’esperienza davvero formativa. L’anno scorso ero a RDS con il programma “Versus” mentre quest’anno sono passata a Radio 105 dove tengo un mio programma “105 Casa Pagani” nel weekend e l’abbiamo collegato al format su YouTube che avevo autoprodotto l’anno scorso del quale uscirà la nuova stagione. Credo che condurre un programma radiofonico per due ore di diretta da sola sia piuttosto tosta come cosa tuttavia mi dia la possibilità di mettermi in gioco”. Che effetto fa essere così famosi alla tua età? “Io sinceramente non mi sento così famosa. Non mi sono mai sentita famosa. Ho, sì, un buon riscontro sui social però non mi sento arrivata. Penso piuttosto di essere una ragazza normale che ha un lavoro che mi dà modo di conoscere tante persone e, se vogliamo parlare di fama, ecco, quella la riscontro quando faccio le serate da dj dove la gente viene apposta. Penso di vivere una vita piuttosto normale”. Sei stata definita “l’antagonista di Diletta Leotta”. Che effetto provi quando ti associano a lei? “Onestamente, non capisco il perché di questo paragone dato che siamo due figure completamente diverse”. Qual è un tuo messaggio per il futuro? “Uscire il prima possibile da questa situazione. So che può sembrare una cosa già sentita, però è così. Non bisogna mollare mai nonostante ci siano tante difficoltà nel corso della vita e ciò che fa la differenza è cercare la forza per andare avanti sebbene gli ostacoli siano sempre dietro ogni angolo”.


IL RACCONTO

La torre del popolo del mare LIVIA CIARDO

Con questo racconto Livia Ciardo, si è aggiudicata il primo Premio nella sezione Junior Narrativa del XXII Concorso letterario nazionale Tre Ville. La premiazione è stata effettuata, nel pieno rispetto delle regole in vigore, dalla professoressa Antonella Deodato nel corso del normale orario scolastico e all’interno dell’aula della scuola media Cameroni di Treviglio. Il racconto “La torre del popolo del mare” è stato letto a tutta la classe creando un genuino momento di festa. Livia che è giovanissima, ha appena dodici anni, ha già dimostrato di saper affrontare la materia dello scrivere e potrà, quindi, continuare a dare ulteriori prove positive nei prossimi anni. L’associazione culturale Clementina Borghi è già pronta a ripartire per iniziare a organizzare, appena sarà possibile, la ventitreesima edizione sperando di poter iniziare così un 2021 di lavoro e di eventi culturali.

Succedono tante cose strane nelle comuni cittadine di periferia. E nessuno, in quella cittadina di periferia, sembrava saperlo. Nessuno aveva nemmeno la vaga idea di quello che poteva succedere lì. Nessuno, tranne forse Matthew Smith, Martina (detta Marty) Kane e Jill Hopkins. Non possiamo dire che fossero dei geni del male che leggevano i pensieri delle persone, ma in qualche modo avevano capito che dietro agli incidenti che avvenivano nella cittadina ci doveva essere qualcosa. O qualcuno. Per esempio, in quella cittadina c’era una cosa che la differenziava da tutte le altre. C’era il cinema, e sopra il cinema si ereggeva una strana torre: sembrava che qualcuno avesse preso molti capannoni e li avesse impilati in posizione molto precaria. Alcuni erano posizionati verticalmente, altri in orizzontale, mentre molti erano incrostati di alghe e conchiglie. Dicevamo, Matthew, Marty e Jill avevano capito che qualcosa non quadrava. Una volta un bambino era caduto in una fogna, da un tombino perfettamente stabile, e quando ne era uscito era andato fuori di testa, e ora se ne stava in un angolino della sua casa, con una coperta sbrindellata in mano, e passava le giornate a bofonchiare cose senza senso. Un’altra volta invece, una donna era andata al supermercato, e non era più tornata a casa. Quando, qualche giorno dopo, una vecchietta andò nel medesimo posto e aprì il congelatore in cui c’erano i prodotti surgelati, le cadde addosso il cadavere freddo di quella donna, con la pelle bianca e gli occhi vitrei. E, per finire, dalla torre (che doveva essere disabitata) provenivano sempre strani rumori di cui nessuno riusciva a capacitarsi. Un giorno, dopo la scuola, Jill dovette nascondersi dietro ad alcuni cassonetti della spazzatura, poiché certi bulli della scuola volevano fargliela pagare per non aver scambiato il suo ottimo compito di matematica con quello del loro capo, che aveva preso un quattro striminzito. Questi urlavano e la chiamavano: “Hopkins, vieni fuori! Tanto lo sai che ti troveremo!” Jill corse in una stretta stradina, quando vide la sua amica Marty Kane poco più in là, sulla strada principale, che guardava la vetrina di un negozio: “Marty! Vieni per favore!” Marty sospirò: “Cosa hai fatto stavolta?” “Niente, solo che non volevo dare a quei bulli il mio bellissimo compito di matematica!” Marty alzò gli occhi al cielo, poi disse: “Il cinema è l’edificio più vicino! Entriamo, non penseranno mai di cercarti lì!” Le due corsero dentro all’edificio, che profumava di popcorn appena fatti. Jill propose: “Marty, visto che siamo qui, io direi di goderci un bel film!” La porta del cinema si aprì, ed entrò Matthew, un loro compagno di classe estremamente secchione: “Ragazze, vi ho viste entrare e ho pensato di seguirvi! Era tanto che non venivo qui!” Così comprarono tre biglietti per il primo film non noioso in programma, ed entrarono nella sala. Poi, poco dopo che il film era iniziato, successe una cosa strana: i sedili iniziarono a tremare, lo schermo si spense e tutto cadde nella più totale oscurità. A Jill sembrava di essere su un astronave; sentiva il pranzo che le roteava nello stomaco, e desiderò che tutto finisse. Il suo desiderio fu accolto e, quando i sedili si fermarono, ci mise un po’ ad aprire gli occhi. Marty e Matthew non erano da meno: la ragazza aveva una faccia verdastra, mentre Matthew aveva i capelli ritti sulla testa, e un espressione di puro terrore dipinta in volto. Poi Jill alzò lo sguardo, e che cosa vide? Una strada affollata e illuminata, piena di strani esseri, metà persone e metà pesci. Avevano tutti le gambe, ma c’era chi aveva la testa da squalo, chi una conchiglia da paguro da cui usciva la faccia, e c’era addirittura un bambinetto con il carapace di una tartaruga. Poi, tutta la folla si fermò di botto, e li fissò. Un uomo disse qualcosa in una lingua incomprensibile, e una decina di quegli esseri gli piombò addosso, con delle cose orrendamente simili a mazze da baseball. Una di queste, nelle mani di chissà chi, sbatté sulla testa di Jill, facendole perdere i sensi. Quando si risvegliò, era in una prigione umida e incrostata di cozze sulle pareti. Jill vide che Matthew e Marty erano lì vicino, uno ancora privo di sensi, e l’altra che si guardava intorno disorientata. Quando furono tutti e tre capaci di mettersi seduti, Jill chiese: “Allora? Cosa facciamo?” Matthew si alzò, e sfiorò con un dito le sbarre della prigione: “È un metallo che non conosco, ma sicuramente molto resistente, e credo che il punto di fusione sia a...” “Sì, sì, non girarci troppo intorno” Lo interruppe Jill “Piuttosto, come evadiamo?” Non fece in tempo a finire la frase che due uomini, scortati da quelle che sembravano guardie, entrarono nella prigione. Uno dei due uomini, dall’aria importante, parlottava con una persona comune, nella medesima lingua incomprensibile usata anche dell’uomo della piazza. Poi, quello meno importante parlò in inglese, con uno strano accento: “Voi siete comuni umani?” Jill, troppo scioccata per parlare, lasciò che rispondesse Marty: “Si, siamo comunissimi umani di dodici anni, e spero che non sia un problema se siamo qui!”


L’uomo meno importante, che aveva molte ostriche attaccate alla faccia, disse: “Io sono l’interprete del regno, e a nome di sua Maestà qui presente, vi chiedo di dichiarare le vostre intenzioni” “Noi non abbiamo nessuna intenzione particolare, vorremmo solo sapere dove siamo!” L’interprete parlò con il re, cheannuì. Poi rispose: “Voi siete nella Torre del Popolo del Mare. Se vi riesce più facile comprendere, siete nella torre che sovrasta la vostra città!” Jill, Marty e Matthew si scambiarono un’occhiata, poi Jill disse, con fare disinvolto: “Bene, se non vi dispiace noi ce ne andiamo!” Ma prima che potesse aggiungere altro, entrarono tre donne, con i capelli di alghe, intrecciati con delle perle. Queste li scortarono ognuno in una lussuosa stanza. Jill nella sua trovò un pavimento di perle, il soffitto di ossidiana lucente e un acquario con dentro una specie di polipo con le mani. Senza farsi troppe domande, si diresse verso quello che sembrava un bagno, nel quale c’era una magnifica vasca da bagno. Jill pensò che, se doveva stare lì, poteva provare a godersi la vita almeno un po’. Nei giorni che seguirono l’interprete li portò in giro per la torre, che da dentro era molto più grande. Assaggiarono i cibi del posto, e andarono anche in un mercato pieno di aggeggi strani e fantastici. Purtroppo la felicità non durò molto.

Un giorno il re li convocò e, con l’aiuto dell’interprete, in un inconfondibile inglese un po’ strano, disse: “Vi devo chiedere un favore, umani. Le morti nel nostro popolo sono molto aumentate. Perché ci troviamo qui e non più nel mare. Voi dovete andare dal vostro presidente, e chiedere se ci può dare un isola, un tratto di mare per tornare alla nostra vita, o ci estingueremo”. “Comprendete?” Jill e Marty non avevano dubbi, mentre Matthew sembrava indeciso, ma bastò un occhiataccia di Jill per fargli annuire furiosamente. Poi, però, Marty domandò: “Scusatemi, vostra Maestà, posso chiedere se ci siete voi, dietro agli incidenti misteriosi che avvengono nel nostro paese?” Il re annuì, e dopo aver parlottato con l’interprete, disse: “Temo di sì, ma purtroppo erano persone che avevano scoperto il mio popolo, e le loro intenzioni non erano buone verso di noi” “Anche un bambino?” “Sfortunatamente sì. Ora vi prego, andate”. Così il giorno dopo salutarono il Popolo del Mare e partirono con una corriera, diretti all’aeroporto. Sull’aereo non parlarono molto: i genitori non sapevano niente di quella gita fuori programma, e li davano per scomparsi, come del resto tutta la città. Arrivarono a Washington qualche ora dopo.

Purtroppo le guardie della Casa Bianca non sembravano avere molta intenzione di farli passare: “I bambini non possono avere contatti con il presidente!” Proprio in quel momento, la porta della Casa Bianca si aprì, e ne uscì un uomo ben pasciuto, con la testa quasi calva e gli occhiali rotondi. Il presidente. Matthew si gettò ai suoi piedi, strepitando: “Signor Presidente, signore! La prego ci ascolti!” Il presidente ridacchiò, e fece un cenno alle guardie di lasciar passare Jill e Marty. Il presidente li scortò lungo i corridoi della Casa Bianca, fino al suo ufficio,all’ultimo piano. Si sedette sulla poltrona e chiese: “Allora, cosa vi porta qui?” Jill prese la parola: “Veniamo da una piccola cittadina di periferia, e proprio sopra il cinema c’è una torre, fatta di capannoni. E proprio in quella torre vive il Popolo del Mare. Noi eravamo andati a vedere un film, quando un meccanismo si è messo in moto, e ci siamo ritrovati in questa città costruita su più piani. Qui ci hanno accolto queste persone, il Popolo del Mare, e ci hanno detto che finiranno per estinguersi se non avranno almeno un isoletta su cui vivere. E qui siamo entrati in gioco noi; ci hanno chiesto di venire a parlare con lei, per risolvere la situazione”. Il presidente non sembrava divertito; era invece molto serio:“Il re del Popolo del Mare era un mio vecchio amico. Da piccolo vivevo in una casetta in riva all’oceano, e conobbi un bambino pressappoco della mia età, solo che veniva dal mare, pieno d’alghe com’era. Ora è il re di quella gente. E sono in dovere di aiutarlo. Entro domani mattina lui e il suo popolo avranno una delle più belle isole americane”. Jill, Marty e Matthew uscirono dalla Casa Bianca, con un sorriso stampato in volto. Il loro ritorno a casa fu accolto con una grande festa, a cui presero parte tutte le tremila persone che vivevano nella cittadina. E il Popolo del Mare? Aveva lasciato la torre, e si era trasferito su un isola dell’oceano Atlantico, in un tratto di mare in cui non navigava mai nessuno. Forse lo conoscete. Oggi è conosciuto come Triangolo delle Bermuda.


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