asud'europa anno 5 n.41

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“Messina Denaro senza successori” Di Girolamo e il giornalismo residente Giovanni Abbagnato iacomo Di Girolamo è un giovane “cronista di razza” che fa da ragazzino il mestiere di giornalista nella sua città Marsala, in quella provincia di Trapani passata alle cronache come apparentemente sonnacchiosa, ma in realtà punto, tanto discreto quanto nevralgico, di presenza di diversi fenomeni criminali, spesso incrociati tra loro, da cosa nostra alle logge massoniche deviate. Di Girolamo alimenta, insieme ad altri giovani collaboratori, un portale ormai di rilevanza regionale e nazionale – www.marsala.it e conduce quotidianamente trasmissioni di informazione e commenti nella coraggiosa radio locale Rmc 101 da dove da anni lancia una sua particolarissima provocazione con l’interrogativo: “dove sei Matteo ?”. Non si tratta certo di una trovata mediatica, ma solo la teorizzazione di un modo di fare giornalismo non legata alla militanza in qualche modo etichettata, ma, come lui ama dire, alla residenza. Il giornalismo residente, nella definizione “coniata” da Di Girolamo, è un modo per sfuggire agli stereotipi della professione e per affrontare direttamente il tema tanto dibattuto del ruolo dell’informazione nella società che sta tutto nella frase di Di Girolamo: “mi occupo di Matteo Messina Denaro solo perché è parte del mio territorio e, quindi, anche della mia storia”. Questa è una dichiarazione di assoluto buon senso, ma che fa certamente la differenza tra l’efficacia “strutturale” dell’azione sociale di liberazione in terra di mafia e la retorica inconcludente di certo impegno civile e culturale.

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Da più parti viene enfatizzata una crisi profonda di cosa nostra. Qual è la tua opinione in merito? Non bisogna confondere mai Cosa nostra con la mafia. Cosa nostra è un’organizzazione criminale che è in grave crisi strutturale per una serie di cause contingenti: il mancato ricambio degli affiliati, la perdita di controllo del territorio, gli arresti di molti esponenti di spicco da parte delle forze dell’ordine. Ma Cosa nostra è in crisi anche perché sta per essere sostituita da una nuova mafia, molto più liquida, che dai campi e dall’edilizia si è spostata nel riciclaggio e nella gestione dei nuovi mercati che vanno dall’energia alternativa alla grande distribuzione. A prescindere dalla constatazione di una reale crisi di cosa nostra ed eventualmente della sua dimensione e profondità, pensi che all’interno dell’organizzazione criminale è in corso una “ristrutturazione” dell’organizzazione nel suo complesso e, in particolare del sistema di relazioni, interne ed esterne alle cosche. Non penso ad una ristrutturazione. Sia chiaro, in qualche ambito, come a Palermo, dove ancora esistono, anzi, resistono, le “famiglie” di Cosa nostra propriamente dette, le ambizioni di ricostituire l’organizzazione ci sono ancora, ma vengono ogni volta frustrate. Ma, più in generale, Cosa nostra è sul punto di scomparire. Matteo Messina Denaro non ha un successore. La parola chiave per capire quello che sta succedendo forse è proprio “relazione”: i soggetti che appartengono alla nuova mafia hanno rivisto completamente il rapporto di valori della mafia. Possiamo dire, in qualche modo, che hanno “riposizionato” il marchio. Sul piano del contrasto socio-culturale, qual è lo stato del movimento antimafia? S’intravedono elementi positivi, nonostante un certo, evidente, calo di tensione e in presenza di una maggiore esposizione mediatica, da parte dell’associa-

zionismo dell’antimafia, si evidenzia una certa crisi di idee e di operatività? La Sicilia è una grande terra. Perché ha inventato la mafia, ma, come ripeto sempre quando incontro studenti e lettori al Nord, ha inventato anche l’antimafia. Adesso l’antimafia sembra balbettare, è invecchiata. C’è il rischio di un vuoto retorico. Io la chiamo la dittatura dei post – it: ricordatevi di ricordare. Anche l’antimafia si deve rinnovare, rinunciare ad una manifestazione in meno e porre questioni nuove, importanti, come ha fatto Libera con la sua campagna contro la corruzione. E’ il giornalismo? Esiste veramente la “derubricazione” dell’informazione sulla mafia, con un sempre maggiore allontanamento del tema dalle prime pagine dei giornali e dei media in generale? Si. In un Paese senza opinione pubblica, l’informazione risente di questa incapacità di fare riflettere fino in fondo le persone su ciò che accade. E quindi nei media non tutti i temi riescono ad imporsi con la giusta attenzione. Gli italiani grazie al Commissario Cattani avevano scoperto la mafia. Poi grazie a Roberto Saviano hanno scoperto la camorra. E’ tutta una reazione emozionale, non mediata, che punta sul sensazionalismo. Per cui fa più notizia un arresto eclatante che il racconto di ciò che avviene nel territorio… Tu che con il tuo importante libro “L’invisibile” hai avuto modo di dialogare idealmente con Matteo Messina Denaro - da più parti indicato come il nuovo potenziale “capo dei capi” – che ruolo pensi che abbia in questa possibile “ristrutturazione” di “cosa nostra”? Messina Denaro è l’ultimo dei capi di mafia. Quello che ha scoperto i nuovi business della grande distribuzione come dell’energia eolica o della filiera dell’ortofrutta. Ha rinnovato profondamente l’organizzazione, ma proprio perché rappresenta il passato è una figura destinata a soccombere. E la sua uscita di scena coinciderà con la sua cattura, presto. Infine, una definizione “scolpita” di Messina Denaro, uomo e boss mafioso, per come hai imparato a conoscerlo con il tuo profondo studio del suo profilo personale e del suo contesto? Un boss figlio del suo tempo. L’ultimo.

21novembre2011 asud’europa

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