Letturista per caso

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30 All’angolo tra Via Costa e Strada San Cataldo si fronteggiano due “botteghe della morte”, attività inevitabilmente collegate al cimitero monumentale che si trova appena al di là dei binari della MilanoBologna. Da una parte Perati Luciano con i suoi marmi e graniti funerari, dall’altra la S.A.M.: Società Artigiani Marmo. Stamattina, mentre scavalco un po’ di lapidi per andare a leggere il gas nel cortile della S.A.M., mi passa davanti un treno. Sono pochi istanti ma intensi. Sento un forte contrasto tra la velocità e il frastuono del treno e l’immobilità e il silenzio dei marmi destinati ai defunti, tra la frenesia della vita che corre verso chissà quali destinazioni e la fissità della morte che rimane eternamente ferma dov’è. In questo tratto la ferrovia separa con un taglio netto il mondo dei vivi, quello al di qua dei binari nel reticolo di strade trafficate e dinamiche, da quello dei morti che riposano oltre i binari, nella cittadella di San Cataldo. Il cimitero di Modena si estende per gran parte della strada che porta il suo nome e con lo stesso nome ci si identifica l’intero quartiere. San Cataldo è un cimitero dai due volti accostati l’uno all’altro: il primo è quello storico di metà Ottocento progettato da Cesare Costa, monumentale e neoclassico; il secondo è quello post-moderno di Aldo Rossi che risale agli anni Settanta, completato solo in parte e spesso citato nei testi di architettura moderna come modello da seguire. Il suo cubo rosso pieno di finestre in mezzo al prato ha un ché di metafisico e mi ricorda il Palazzo della Civiltà Italiana all’EUR di Roma. Dopo decenni di immobilismo anche questo lembo di estrema periferia nord-ovest sta attraversando l’onda dei cambiamenti: il raddoppio della strada con nuove rotonde e sottopassi di collegamento, un nuovo parcheggio, la ferrovia che si sposta più in là verso la tangenziale con un tratto in sopraelevata; e chissà che non sorgano presto anche nuove palazzine con piazzette e parco giochi. Già adesso che i cantieri sono in corso la percezione dei luoghi è cambiata. Stento a ritrovare il quadro d’insieme di appena dodici anni fa, quando facevo l’obiettore di coscienza a Porta Aperta, di fronte al cimitero. Strada San Cataldo era un lungo vialone senza interruzioni, su un lato solo campagna e sull’altro le mura del cimitero che arrivavano fino in fondo. Nonostante ci fosse già lo svincolo della tangenziale la strada sembrava ancora un po’ campagnola e sullo sfondo la chiesa della Madonna del Murazzo con il suo inconfondibile campanile chiudeva degnamente la scena. Nei giorni di nebbia la strada sembrava diventare infinita, le distanze abissali. E Modena spariva letteralmente oltre la cortina di silenzio, inghiottita dal nulla. Oggi la cittadella dei morti e del silenzio, con tutte queste nuove


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