L'orologio cuore

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Lettera di un vecchio Roma, 11 Gennaio 1995 Si dice che il tempo aiuti a dimenticare, ma io non sono ancora riuscito a cancellarti dalla mia mente, figlio mio. In tutti questi lunghi anni non ho fatto altro che pensare a te, immaginando il tuo aspetto, i tuoi occhi, le tue espressioni. Avrei potuto trascorrere il resto della mia vita a cercarti e forse alla fine ti avrei anche trovato. Eppure non l’ho fatto, non ne ho avuto il coraggio. Sì, lo so, sono stato un vigliacco e adesso mi ritrovo a vivere un’altra vita, lontano da te. Ogni mattina, quando mi guardo allo specchio, non vedo altro che un vecchio dai capelli bianchi. Mi soffermo per ore sulle mie rughe, ripercorrendole con le dita di una mano, e poi guardandomi dritto negli occhi scoppio a piangere. I sensi di colpa non mi abbandonano mai. Tu sei tutto ciò che mi resta di lei. Certo, ora amo un’altra donna, ma tua madre è stato il mio primo amore e i primi amori non si dimenticano. Chissà se lei può sentire quello che provo in questo momento. Forse gli angeli possono guardare dentro ai sentimenti. Non so se ti incontrerò mai, in questa o in un’altra vita, ma comunque vada sappi che sei sempre nel mio cuore. I padri non possono scordare i loro figli e tra me e te c’è un legame speciale. Lo so, lo sento. Vorrei trovare le parole giuste per dirti che mi dispiace per averti abbandonato, per non essere stato il padre che meritavi di avere. Non c’è cosa peggiore del non sapere nemmeno che volto abbia tuo figlio. La vita, vissuta lontano dalle persone che sono sangue del tuo sangue, finisce talvolta con il diventare vuota e insignificante. Fortunatamente, io ho incontrato una donna eccezionale che mi ha dato la forza di continuare a vivere anche senza di te. Da lei ho avuto un figlio, Bruno, che è il mio orgoglio più grande. Se poi conoscessi la mia nipotina Sofia, sono sicuro che te ne innamoreresti a prima vista. Quante cose avrei da raccontarti… Ma adesso è tardi, devo andare. Affido le mie parole al fiume. Oggi gli ultimi raggi di sole si specchiano nel Tevere. Ė un gennaio tiepido questo. Ecco, piego in quattro la mia lettera e la butto giù. La vedrò trascinare via dalla corrente. Nessuno la leggerà mai, in fondo è solo la stupida lettera di un vecchio. Con il cuore in mano Tuo padre Erich


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