Il buio dell'anima

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33 computer, ma mai ci soffermiamo a riguardarle come avremmo fatto un tempo. Era stata un’ottima idea iniziare da lì, ottenemmo un’infinità di volti sconosciuti, e non ci restava che fare una selezione, sperando ci fosse quello che stavamo cercando. Fra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare. Era proprio così: le persone erano talmente tante che, senza uno spunto, sarebbe stato impossibile fare una cernita. Sophie era molto concentrata a cercare, mentre io mi ero completamente perso nelle foto di mia madre. Com’era giovane e bella, il suo sorriso era radioso e allegro, portava uno di quei vestitini che si vedono nei film di una volta: un prendisole pieno di fiori colorati. Era sempre circondata da tanta gente; eppure, nella mia infanzia non ricordo tutti questi amici, eravamo sempre io e lei, da soli, mai nessuno a farci una visita, se non per qualche sporadica sorpresa della zia. Sophie mi disse che dovevamo iniziare a considerare solo le foto che andavano dalla mia nascita a qualche mese prima del mio concepimento: se ce ne fosse stata una di mio padre, doveva trovarsi in quell’arco di tempo. Sistemandole temporalmente, notai che non ce ne era nemmeno una fatta durante la gravidanza. Mi sembrò molto strano, quell’insieme di ricordi era pieno di attimi immortalati dalla camera prima che arrivassi io, ma dopo, niente, solo qualche scatto. Anche mia madre era completamente diversa, un’altra donna: in viso aveva un'espressione sciupata e sempre turbata, i suoi occhi erano spenti e tristi. Rimasi svampito da quella sequenza, era come se le avessi rovinato la vita. Prima che potessi continuare a farmi strani pensieri, Sophie rubò completamente la mia attenzione con una sola parola. «Eccola!» «Cosa?» mi venne da dire come se non credessi fosse possibile. «Tuo padre, l’ho trovato!» ribadì. I miei occhi scettici si fiondarono subito su quella foto che, per quanto fosse ingiallita e consumata, restituiva ancora un’immagine abbastanza chiara e i colori, per quanto sbiaditi dal tempo e dalla polvere, erano in grado di definire contorni abbastanza netti; se poi si poneva la foto sotto un fascio di luce qualsiasi, erano addirittura ancora visibili le cromature della gente ritratta, dei loro vestiti e dello sfondo circostante. A un primo sguardo non capii cosa avesse visto, c’erano solo mia madre e la zia con tante facce intorno e non potevamo sapere se tra questi ci fosse davvero mio padre. Lei mi disse di guardare meglio e, soprattutto, di notare la direzione dello sguardo di mia madre. Guardai più attentamente e, infatti, gli occhi di lei erano rivolti verso un uomo poco distante.


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