Why Marche n 28

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WHYMARCHE.COM Why Marche n.28 · Dicembre/Gennaio 2015-16 · Bimestrale · Anno VI

Viaggio

IN TRENO La nostra

MEMORIA 8

I

#MARCHEAOVEST

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social network





EDITORIALE

AUGURI, MARCHE! In questo ultimo numero del 2015 non possono mancare gli auguri per le prossime festività. Sono scontati, dirà qualcuno, ma ci sentiamo di farli lo stesso. A chi? Naturalmente a tutti i marchigiani e a voi cari lettori che ci seguite sempre con tanta passione, ma anche a tutti i protagonisti che troverete raccontati nelle pagine interne. E, allora, tra tutti vogliamo subito augurare un Buon Natale e Felice Anno Nuovo al Cardinale Edoardo Menichelli, Vescovo dell’Arcidiocesi di Ancona e Osimo, che ha rilasciato una bella intervista alla nostra Leila Ben Salah. Auguri anche ai Lleroy, un power trio mud-core con origini nella nostra regione e ora trapiantati a Bologna, che abbiamo incontrato per la serie “Musica Indipendente delle Marche”. Doppi auguri, invece, al ricercatore Gian Marco Luna che ha dedicato una vita a solcare i mari del mondo accompagnato da un sogno speciale: quello di tornare a lavorare nelle Marche. A lui, quindi, anche l’augurio di esaudire questo suo obiettivo professionale, così come ci svela nell’intervista di Luca Capponi. Auguri anche a Ilaria, Nadia e Gianluca che ci hanno fatto conoscere in questo numero il loro progetto portato avanti su Instagram denominato “IgersMarche” con l’obiettivo di far conoscere alla comunità virtuale e non solo la nostra regione. In questo numero abbiamo continuato il nostro giro per le Marche andando a scovare le ferrovie abbandonate della nostra regione e, in compagnia dei pupazzi della Lego, l’abbiamo attraversata in un tour virtuale sul social Instagram con due giovani di S.Benedetto del Tronto. Siamo andati, inoltre, a Rosora, il balcone della Vallesina e con #marcherurali siamo andati alla scoperta del lavoro dei Gal in partnenariato con la Regione Marche, mentre con il concorso “100 Volte Marche” abbiamo voluto portare alla vostra attenzione racconti, immagini, fatti e testimonianze di una regione che ha tanto da raccontare attraverso i suoi anziani. Insomma, un numero davvero bello - questo di fine 2015 - e pertanto vi invito a leggerlo con attenzione durante queste festività. Se poi voleste dare uno sguardo al tempo che farà nel 2016, non vi resta che affidarvi alla lettura della cipolla, la tecnica infallibile che vi spieghiamo in un bell’articolo di Silvia Brunori. E allora, tanti auguri, ci rivedremo ancora con le nostre Marche da scoprire il prossimo febbraio.

GAUDENZIO TAVONI

WHY MARCHE | 7


CARNEVALE 24. 31. gen DI 7. FEB 2016 FANO COMUNE DI FANO Assessorato al Turismo

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SOMMARIO A G O R A’

10 IL NOSTRO CARDINALE

P.42

ANIMA 14 IL BALCONE DELLA VALLESSINA 27 LA SACERDOTESSA PICENA 30 #MARCHERURALI

Direttore Responsabile: Gaudenzio Tavoni REDAZIONE Editor Loredana Baldi Leila Ben Salah Stefania Cecconi Luca Capponi Ilaria Cofanelli Andrea Cozzoni Paola Donatiello Stefano Longhi Michela Marconi Alessandro Morbidoni

MENTE

P.10

32 MARCHET=INTERNAZIONALIZZAZIONE 34 CRISI BANCARIE 36 FAMO FABLAB 39 VITA NEL MICRORGANISMO 48 AUDI DOMINA ANCONA

Graphic Designers Isabella Gianelli Photographers Andrea Tessadori @ 1popi2 Foto di copertina

P.48

Marketing & P.R. Raffaella Scortichini r.scortichini@whymarche.com Concept: Theta Edizioni info@whymarche.com

PRIMO PIANO

42 #MARCHEAOVEST

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PERCHE’

edizioni info@thetaedizioni.it

Casa Editrice: Theta Edizioni Srl Registrazione Tribunale di Ancona n° 15/10 del 20 Agosto 2010

54 MUSEI ACCESSIBILI 58 LA MEMORIA

Sede Legale: Via Villa Poticcio 22 60022 Castelfidardo - Ancona www.thetaedizioni.it - info@thetaedizioni.it Tel. 0731082244 Stampa: Tecnostampa:

LE FERROVIE ABBANDONATE

I PERCORSI DI WHY MARCHE

P.16

Via Le Brecce - 60025 Loreto (AN) Abbonamenti:

SPIRITO 64 MARCHE LEGO 67 NOISE CORE 71 L’UOMO CHE BADA AI CANI 74 LE PECORELLE 76 METEO FAI DA TE 78 I CONSIGLI DI BARBANERA

abbonamenti@whymarche.com Chiuso in redazione il 14 Dicembre 2015 COPYRIGHT THETA EDIZIONI TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI. NESSUNA PARTE DI QUESTO MENSILE PUO’ ESSERE RIPRODOTTA CON MEZZI GRAFICI, MECCANICI, ELETTRONICI O DIGITALI. OGNI VIOLAZIONE SARA’ PERSEGUITA A NORMA DI LEGGE. per qualsiasi informazione

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A G O R A’

IL CARDINALE MENICHELLI:

“DIFENDIAMO LA NOSTRA IDENTITÀ CHE È FATTA DI AMORE”

IL PICCHIO D’ORO QUEST’ANNO NON POTEVA CHE SPETTARE A LUI. UN UOMO PRIMA ANCORA CHE UN VESCOVO E UN CARDINALE, EDOARDO MENICHELLI È LA FIGURA CHE PIÙ RAPPRESENTA LA REGIONE MARCHE NELLA SUA CAPACITÀ DI ACCOGLIENZA E DI SOLIDARIETÀ, NEL RISPETTO DELLE RADICI MARCHIGIANE. LA GIORNATA DELLE MARCHE 2015, CELEBRATA CON UNA CERIMONIA ALLA MOLE VANVITELLIANA DI ANCONA, È CONCISA CON LA FESTA DELLA MADONNA DI LORETO E CON L’ANNIVERSARIO DELLA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI UNIVERSALI DELL’UOMO. E IL PICCHIO D’ORO DELLA REGIONE È STATO CONSEGNATO ALL’ARCIVESCOVO DI ANCONA E OSIMO, IL CARDINALE EDOARDO MENICHELLI. IL QUALE HA TRACCIATO UN BILANCIO DELL’ANNO CHE HA VISTO L’ARRIVO, PER LUI INATTESO DELLA PORPORA CARDINALIZIA.

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di Leila Ben Salah

EMINENZA, LA GIORNATA DELLE MARCHE APPENA CONCLUSA E IL NATALE ALLE PORTE, CHE MESSAGGIO VUOLE DARE AI MARCHIGIANI?

“Il Natale in quanto tale è già il messaggio, messaggio che parte dal mistero che questa festività ci consegna. E noi come discepoli di Gesù non possiamo dimenticare, cioè abbiamo nella nostra vita la compagnia di Dio. Il suo mistero si chiama incarnazione, che non significa altro che Dio prende dimora fra di noi. La prima cosa da fare è capire questo e trovate il senso della bellezza della vita. Se questo lo si capisce e lo si introduce nella vita nostra, allora la vita stessa cambia, cambiano le relazioni, cambiano i gesti della vita. E non è più una storia di conflitti e di competitività, ma di fraternità. Ecco come augurio mi sento di dire questo: ridare senso al mistero di Dio”.

OGGI SI È PERSO QUESTO SENSO DEL MISTERO DI DIO?

“Quantomeno è dentro un velo di nebbia molto fitta”.

HA RICEVUTO IL PICCHIO D’ORO, SE LO ASPETTAVA QUESTO RICONOSCIMENTO? “Il Picchio d’oro l’ho preso come un dono, mi ha

rallegrato e mi ha responsabilizzato. Ringrazio chi ha pensato a me. E’ un riconoscimento che mi spinge a dire a me stesso e agli altri che la bellezza della vita non sta nelle grandi cose, ma nella benevolenza e della solidarietà”.

COME SI CONCILIA IL MESSAGGIO DI SOLIDARIETÀ CON LA CRESCENTE IMMIGRAZIONE?

“Ci sono due radici da tener presente: la prima è quella universale, siamo tutti radicati nel giardino dove Dio ci ha messo, tutti siamo radicati lì e siamo tutti ospiti. Questo giardino non ci appartiene e dobbiamo viverlo, custodirlo, trarre da esso i frutti della vita e riconsegnarlo. Più c’è un’altra radice: quella esistenziale e personale. Tutti dalla nostra famiglia abbiamo appreso dei valori e questo il popolo delle Marche lo deve ricordare e realizzare. Senza una radice forte, nessuna pianta farà frutti buoni e resisterà al tempo. Purtroppo può succede e qualche volta è successo di pensare la vita come fosse tutto nato adesso, in realtà noi godiamo di quello che i nostri antenati ci hanno dato e consegnato e noi siamo chiamati a irrobustire queste radici per le generazioni future”.

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A G O R A’

PERÒ SPESSO SI HA PAURA DELL’ALTRO, OGGI PIÙ CHE MAI …

“Anche a quel tempo ebbero paura di un bambino che nacque. Tanto che quel bambino fu costretto a cambiare terra, ma con il senno di poi si è sperimentato che quel bambino era venuto per amare l’uomo tanto da morire per esso. A me pare che dobbiamo togliere dalla nostra storia la paura, si ha paura quando si è soli, si ha paura quando si è indifesi e solo la fraternità ci fa popolo e di fronte alla consistenza di un popolo la paura non c’è più, perché c’è la fraternità che ci lega. Queste non sono parole, bisogna farle diventare vita”.

ALLORA LA SCUOLA DI ROZZANO CHE HA VIETATO I CANTI DI NATALE IN NOME DELLA LAICITÀ?

“Per me tutto questo è superabile se cresciamo in un convincimento: prima di pensare a costruire il mondo chissà come, dobbiamo esser capaci di capire la nostra identità, la nostra non è un’identità di paura, ma di amore. Questo amore non disturba nessuno, cosa disturbano di più gli atti d’amore o la violenza? Se anche il Natale diventa motivo di litigio, allora nulla ha più senso. Bisogna che noi difendiamo l’identità, ma non perché siamo arrabbiati, la difendiamo perché ci crediamo. Oggi spesso il Natale è sovraccaricato di cose al punto da diventare una sfida. Dobbiamo far crescere relazioni che non disturbano. Allora dovremmo in ogni Paese che ha una religione prevalente distruggere i segni degli altri? Questo sarebbe una stupida barbarie”.

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COME È CAMBIATA LA SUA VITA DA QUANDO PAPA FRANCESCO L’HA ORDINATA CARDINALE?

“La mia vita non è cambiata, sono sempre quello di prima. Cerco di vivere la mia quotidianità, custodendo la fede che mi è stata donata. Poi ci sono i disegni umani, ma questi contano poco”.

TRA MILLE IMPEGNI IL TEMPO PER I FEDELI LO TROVA SEMPRE?

“Gli impegni fanno bene all’esistenza, la vita non ci è data per stare a braccia conserte. Ci è data per essere vissuta. Gli impegni rallegrano l’esistenza”.

GIRA ANCORA CON LA PANDA?

ALCUNI MOMENTI DELLA CERIMONIA

“La mia auto è la Panda, con la targa del corpo diplomatico. So che è strano, ma è così”.

UN ANEDDOTO DELLA SUA VITA DA CARDINALE?

“Succede spesso che quando arrivo su un posto vanno ad aprire lo sportello del passeggero, ma non ci trovano nessuno, e dico: Guardate che sono di qua”.

IN QUESTI GIORNI RICORRE ANCHE LA FESTA DEL SANTUARIO DELLA SANTA CASA DI LORETO.

“Il Santuario di Loreto credo sia l’incrocio della vita dei marchigiani e comprenda in sé la loro vocazione spirituale e cristiana. Oggi più che mai dobbiamo comprendere il messaggio della Santa Casa e dobbiamo cercare di viverlo giorno per giorno. Da quel Santuario dobbiamo imparare a coniugare tante cose, a riscoprire il valore della famiglia, la preziosità dei figli, riscoprire quella che io chiamo l’obbedienza feconda. La vita è un grande mistero di obbedienza, è carica di amore e questo ce lo ricorda sempre il Santuario di Loreto”.

ENTRIAMO NEL GIUBILEO, È POSSIBILE SECONDO LEI CRISTIANI E MUSULMANI INSIEME PER LA MISERICORDIA? “Io non conosco molto il Corano, ma so che anche lì Dio è chiamato il misericordioso. Bisognerebbe ricordarci tutti di questo. La misericordia è la parola di cui abbiamo bisogno. Qui il problema non è cristiani o musulmani, qui il problema è l’uomo, la persona umana che deve capire chi è. E non deve cedere alla tentazione dell’appartenenza sociale, politica o religiosa. L’uomo non è chiamato a nessuna supremazia sugli altri e nessuno può avere supremazia sull’uomo”.

L’ABBRACCIO CON PAPA FRANCESCO

DEL VATILEAKS COSA PENSA?

“Penso che i i peccati esistano da tutte le parti, non sono i vestiti che ci salvano. Penso che anche questa indecenza debba essere un’occasione di conversione per tutti”.

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ANIMA

ROSORA, IL BALCONE DELLA VALLESINA “Quassù è come la prua di una nave”, dicono questo gli anziani del paese riferendosi alla loro Rosora, il paese della provincia di Ancona arroccato sulla cima di un colle di arenaria, dal quale è possibile godere di un vasto e variegato panorama che va dalle dolci colline circostanti, alle Catene dei Monti Sibillini e del Catria, fino al mare Adriatico. Proprio per questo l’abitato di Rosora, con i suoi 381 metri sul livello del mare, è stato ribattezzato “il balcone della Vallesina”. Rosora è un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato, dove i ritmi sono lenti e lo scorrere delle ore è scandito dal rintocco delle campane. Nei mesi più freddi, la sensazione di essere fuori dal tempo e distaccati da tutto e da tutti, è enfatizzata dalla fitta nebbia che avvolge il paesaggio circostante, lasciando invece del tutto immune Rosora, che sembra così galleggiare, proprio come una nave, su un manto di bruma. Se gli anziani del paese paragonano Rosora alla prua di una nave per la vista che la sua altitudine regala, l’appellativo si sposa benissimo anche con un’altra caratteristica del paese: la presenza di sedimenti marini del Pliocene ricchi di fossili, dono del mare che milioni di anni fa occupava questa zona. Dal Pliocene è necessario fare un grosso salto in avanti nel tempo per arrivare al VI secolo, periodo in cui Rosora ebbe origine, ovvero quando gli abitanti della vallata sottostante cercarono riparo in questa zona boscosa ed impervia per sfuggire all’invasione dei Longobardi. Passata da un agglomerato di capanne alle costruzioni in muratura, solo dopo il Mille, Rosora assunse la conformazione di castello fortificato circondato da mura. Il nome “Rosora” compare per la prima volta nel 1100 in un documento, e si pensa derivi da “rus area”, probabile riferimento alla colorazione rossiccia del tufo presente nella zona. Secondo altre fonti invece, il toponimo deriverebbe da “rasa area”, nome attribuitogli in seguito al disboscamento realizzato dai monaci benedettini. Rosora seguì e subì le sorti di Jesi fino al XIV secolo, quando il paese passò sotto il controllo dei Simonetti. Sotto il dominio dello Stato Pontificio fino al 1860, la storia di Rosora converge poi in quella del Regno d’Italia.

Photo di Andrea Tessadori 14 | WHY MARCHE


di Stefania Cecconi

A Rosora, ancora oggi è possibile ammirare il torrione risalente al XV secolo, i locali sotterranei del Castello, il sottopassaggio delle mura, una delle porte d’ingresso del castello con i suoi cardini e parte della cinta muraria. Inoltre, è possibile visitare la chiesa parrocchiale di San Michele arcangelo, costruita nel 1700 a poca distanza dal sito in cui sorgeva l’antica chiesa romanica. Quest’ultima fu abbattuta in quanto gravemente lesionate dalle scosse di terremoto che si erano susseguite durante il secolo precedente. La nuova chiesa di Rosora fu edificata utilizzando parte degli elementi difensivi del castello, e per questo la sua pianta differisce da quelle di altre chiese costruite nella stessa epoca nella regione Marche. Al suo interno si può ammirare una pala raffigurante San Michele arcangelo eseguita da Luigi Mancini, pittore di Jesi, nel 1820, un’urna di cristallo, posta sotto l’altare, in cui sono deposte le reliquie del martire Agapito, uno dei primi martiri della cristianità. Nella cappella di sinistra è posto un crocifisso ligneo realizzato da Pier Domenico Neofrischi, artista jesino del 1600, che il 3 maggio di ogni anno la popolazione di Rosora onora solennemente. Infine, sempre all’interno della chiesa è custodita una tela attribuita a Andrea da Jesi raffigurante San Giovannino.Oltre alle bellezze architettoniche ed artistiche, Rosora offre la possibilità di immergersi totalmente in una natura incontaminata e rigogliosa. Oltre alle passeggiate a ridosso di ulivi e vitigni, Rosora è ricca di itinerari che con-

ducono alla scoperta di paesaggi con una varietà naturalistica importante. Uno di questi è il Fosso di Rosora o Fosso del Granchio Nero, un corso d’acqua affluente dell’Esino il cui ambiente è popolato da poiane, civette, barbagianni, volpi e dal granchio nero, un esemplare raro e protetto che vive solo in acque dolci e incontaminate. Il percorso, dotato di segnaletica, è accessibile da più punti lungo i suoi otto chilometri. Dal fosso di Rosora è poi possibile intraprendere l’itinerario dei Calanchi, dove sono ancora visibili i fossili di pesci e conchiglie lasciate dal ritiro del mare, oltre alle spettacolari conformazioni del terreno dovute all’erosione da parte dell’acqua. Rosora, è anche uno dei castelli di Jesi noti per la produzione del Verdicchio e per molti anni, precisamente per venti edizioni, per onorare la tradizione vinicola, a Rosora si è tenuta la Festa della Sapa, la celebrazione di un condimento antichissimo ottenuto dalla riduzione del mosto e che nella tradizione culinaria delle Marche rappresenta un alimento importante, capace di arricchire in passato i piatti poveri dei contadini marchigiani ma anche di esaltare il sapore dei dolci tradizionali che ancora oggi si preparano nella nostra regione. Questa festa, che quest’anno purtroppo non si è tenuta, rappresenta comunque perfettamente lo spirito di questo paese grato alla sua storia, che celebra e ringrazia, legato alla tradizione e agli antichi costumi e rispettoso del proprio territorio.

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ANIMA

E L A R T O I G G A I V E I V O R R E F E T A N O D ABBAN FANO URBINO FABRIANO CASTELRAIMONDO CAMERINO PORTO S. GIORGIO AMANDOLA

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I PERCORSI DI WHY MARCHE

Vecchie ferrovie, binari isolati, ponti, gallerie e antiche stazioni dove si fermavano i vecchi treni a vapore. Un tracciato quello delle ferrovie abbandonate che è di per sé un patrimonio. Centinaia di chilometri che si snodano nel territorio marchigiano collegando città, borghi e villaggi rurali, ormai non più raggiunti dai treni. Spesso la natura si è riappropriata di quei luoghi, invadendo i binari lasciati in balia di se stessi fin dagli anni ’40-’50, quando lo sviluppo dell’industria automobilistica ha portato alla dismissione nel nostro paese di migliaia di chilometri di linee ferroviarie. Pure le Marche hanno pagato il loro prezzo, perdendo collegamenti con i centri dell’entroterra. I dati della Rete delle Ferrovie Italiane a luglio 2015 parlano di 386 chilometri di binari, la cui linea principale attraversa da nord a sud tutto il litorale della nostra regione. Ma le cittadine più piccole e i borghi dell’entroterra sono rimasti isolati dal treno che non passa più da quelle parti. E le vecchie stazioni sono rimaste abbandonate. Ripercorriamo insieme quei tracciati proponendo un percorso illustrato che vi accompagnerà alla scoperta di un viaggio ricco di memoria e di storia.

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ANIMA

PORTO SAN GIORGIO - AMANDOLA Aperta nel 1908 la linea Porto San Giorgio -Amendola chiude tra il 1955 e il 1956. Il tracciato partiva dalla stazione di Porto San Giorgio, fermava poi al casello di Castiglione e si biforcava per Fermo e per Amandola, giungendo poi alla stazione di Santa Lucia; seguiva per buona parte la vallata del fiume Tenna giungendo alle stazioni di Monte UranoRapagnano, poi di Grottazzolina, Magliano di Tenna, Montegiorgio, Belmonte Piceno, fermata Monteverde, Falerone, Servigliano, Santa Vittoria, Monte San Martino, Monte Falcone, inerpicandosi infine fino ai 550 metri di Amandola. Poche le tracce ancora visibili della linea. La sede ferroviaria è riconoscibile solo a tratti, tra Porto S. Giorgio e Fermo e tra Servigliano e Amandola, spesso interrotta dai campi coltivati in cui è stata inglobata o trasformata in strada all’interno dei centri urbani.

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Un lungo tratto di ex-sedime, tra Fermo e Grottazzolina, è stato trasformato nella SP157. La città di Fermo si sta mobilitando per recuperare e riqualificare la ex ferrovia. Ai tempi del primo progetto, risalente al 1879 ma mai portato a compimento, la linea ferroviaria era stata chiamata Ferrovia Adriatico-Appennino, poiché doveva rappresentare un collegamento tra la linea adriatica e quella appenninica, da realizzarsi tramite il passaggio sulla val Tenna fino al valico di Visso, per raggiungere infine la Val Nerina e Terni. La parola d’ordine oggi è mobilità dolce, che ha tra i suoi requisiti essenziali proprio il recupero delle infrastrutture territoriali dismesse, e di cui Spoleto, grazie al lavoro svolto sulla ex ferrovia e alla sinergia progettuale ed economica tra gli enti interessanti potrà diventare un importante nodo a livello nazionale.



ANIMA

O

IN R E M A C O D N O IM A CASTELR Aperta nel1906, la linea ferroviaria che collega Castelraimondo a Camerino ha chiuso definitivamente i battenti nel 1956. I treni passavano per Torre del Parco, Collina, Mecciano, Rocca d’Aiello, Mergnano, Agnano, Lugliano, Casa Cantoniera, Montagnano, Le Mosse e Camerino S. Domenico, per poi arrivare a Camerino Piazza Cavour. La svolta nel progetto per la costruzione della ferrovia arrivò il 12 agosto 1894 quando l’ingegner Ferretti presentò al consiglio comunale di Camerino un progetto di costruzione di una tramvia con trazione a vapore che, partendo da Castelraimondo si sarebbe arrestata ai piedi della collina su cui sorge Camerino. Mentre per raggiungere Camerino bisognava prendere la funicolare. Lo scopo era quello di rompere l’isolamento della città, sede tra l’altro dell’Università. Il progetto venne accantonato perché ritenuto macchinoso fino al 1906 quando fu aperta la linea ferroviaria. La sera del 27 novembre 1930 un grave incidente: a villa San Paolo un’elettromotrice deragliò causando la morte del bigliettaio e provocando, anche in conseguenza dello stato dell’armamento e di precedenti inconvenienti riscontrati, la sospensione del servizio ferroviario. La ferrovia rimase chiusa per cinque anni, durante i quali

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l’intera infrastruttura venne rinnovata. Il treno riprese a passare di lì l’8 settembre 1935, fino alla definitiva chiusura nel 1956. Oggi la sede stradale è stata inglobata quasi interamente nella Statale 256, che fiancheggia la linea ferroviaria per quasi l’intero percorso. Quasi tutti scomparsi i fabbricati delle stazioni, eccetto quello di Mergnano, abitato e utilizzato per attività commerciali.


I PERCORSI DI WHY MARCHE

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ANIMA

FERMIGNANO - FABRIANO

Aperta tra il 1895 e il 1898, la linea FermignanoFabriano ha chiuso i battenti definitivamente solo nel 2013, ma era già dal 1944 che era stato abbandonato il tratto Fermignano-Pergola. Queste le stazioni e le fermate: Fermignano, Urbania, Pole-Piobbico, Acqualagna, Cagli, Acquaviva Marche, FrontoneSerra, Canneto Marche, Pergola, Bellisio Solfare, Monterosso Marche, Sassoferrato-Arcevia, S. Donato Marche, S. Donato-Coccore, Bastia Rucce, MelanoMarischio, Fabriano Ca’ Maiano, Fabriano. In pratica il tratto fu dismesso in fasi successive; dopo l’abbandono nel 1944 della linea Fermignano Pergola a causa dei danni subiti durante la seconda guerra mondiale, nel 2013 è stato interrotto a cau-sa di una frana anche il tratto Pergola - Fabriano. Il tratto Urbino - Fermignano, invece, dopo la chiusura del tronco Fermignano - Pergola entrò a far parte della relazione Fano - Urbino, anch’essa chiusa nel 1987. Oggi da Fermignano a Pergola, la sede ferroviaria, smantellata nel 1971, è facilmente rintracciabile per lunghi tratti come sentiero sterrato. Le opere d’arte sono diroccate o distrutte dalla guerra. I fabbricati di servizio sono in differenti stati di conservazione e generalmente abbandonati. Da Pergola a Fabriano, invece, la sede ferroviaria è ancora armata e i fabbricati delle stazioni e fermate sono generalmente in buono stato, eccetto quelli di Bastia Rucce e S. Donato-Coccore inutilizzati da più di un decennio.

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Photo di Andrea Tessadori




I PERCORSI DI WHY MARCHE

FANO - FERMIGNANO - URBINO

La ferrovia Fano-Urbino ha collegato la città di Fano a quella di Urbino tra il 1º maggio 1915 e il 31 gen-naio 1987 attraverso la valle del fiume Metauro. La linea ha una lunghezza di circa 50 km e passava per Rosciano di Fano, Cuccurano, Cartoceto-Lucrezia, SaltaraCalcinelli, Serrungarina-Tavernelle, Montefelcino-Isola del Piano, Fossombrone, S. Lazzaro di Fossombrone, Calmazzo, Canavaccio, Fermignano e Urbino. Oggi la sede ferroviaria è ben evidente e ancora armata per quasi l’intera estensione, anche se in più punti il binario è sommerso dall’asfalto e dalla vegetazione. Il tratto più vicino a Fermignano, fino a Urbino, è mantenuto in efficienza dagli appassionati dell’associazione FVM ed è tuttora usato episodicamente per la circolazione di carrelli ferroviari. Alcuni fabbricati di servizio pericolanti sono stati demoliti, come quello di Rosciano di Fano, fermata soppressa molti anni prima della chiusura della linea. Le stazioni di Fermignano e Urbino sono, invece, in ottime condizioni con il piazzale completamente armato. Urbino, in particolare, è stata ristrutturata nel 1985, insieme a tutta la linea, e fino a poco tempo fa era usata per lo stazionamento di carri demolendi. Dal 1985si registrano brevi segnali di ripresa con alcuni treni speciali a vapore da Fano a Urbino per le scuole. Ma la crisi è sempre più profonda e il 31 gennaio 1987, le Ferrovie di Stato dietro forti pressioni della Regione Marche, che avevano avviato un servizio di autobus sostitutivo sulla parallela superstrada, decisero la chiusura della linea Fano-Fermignano-Urbino.

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I nostri Effetti Speciali

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ANIMA

a cura di Stefano Longhi

LA PRINCIPESSA

SACERDOTESSA PICENA DI SIROLO NEL 1979 IN SEGUITO A RITROVAMENTI OCCASIONALI E POI SUCCESSIVAMENTE DAL 1989 CON ALCUNE SALTUARIE CAMPAGNE DI SCAVO NELL’AREA DEL CONERO (NUMANA E SIROLO) VENGONO ALLA LUCE IMPORTANTI REPERTI DI EPOCA ARCAICA, TERMINE PREFERIBILE A QUELLO INSIGNIFICANTE E GENERICO DI PREISTORIA. TRA LE CIRCA DUEMILA TOMBE INDIVIDUATE IN TALE AREA UNA ACQUISTA UNA NOTEVOLE IMPORTANZA, UNA SEPOLTURA FEMMINILE NELLA NECROPOLI DETTA DEI PINI.

L’eccezionalità di questa tomba sta sia nel rituale funerario di sepoltura, che nella ricchezza degli oggetti rinvenuti. A seguito di queste scoperte, Numana si confermò essere il centro più importante dei Piceni in età arcaica. Delle tre aree ubicate tra Numana e Sirolo, attualmente soltanto la necropoli dei Pini è accessibile. Si tratta dell’unica area archeologica delle Marche in cui è possibile visitare una necropoli Picena adeguatamente illustrata con pannelli didattici sistemati lungo il percorso di visita. La tomba della principessa risalente alla fine del VI secolo a.C si compone di tre fosse: una contenente il corpo della principessa, le altre due il corredo funerario, (conservato presso il Museo archeologico di Numana, poco noto al pubblico) che consiste in oltre duemila oggetti. In particolare emergono due carri di differenti tipologie (una biga e un calesse)che secondo una usanza rituale funebre tipica dei Piceni furono smontati e opportunamente sistemati nella fossa sepolcrale. Di notevole importanza, una kline decorata in avorio ed ambra. Tra i reperti ritrovati nella tomba picena, sono di particolare interesse alcuni oggetti rituali come: la bellissima Phiale (dal greco coppa), un oggetto tipicamente di culto, destinata alle offerte per le divinità durante i riti religiosi. Oggetti simili sono stati ritrovati in Sicilia ed in altre tombe. Un altro oggetto con valenza rituale è il tripode, presente nel museo e ritrovato tra gli oggetti del corredo funerario della tomba della principessa – sacerdotessa. Tutti

NECROPOLI DEI PINI

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ANIMA questi oggetti, di tradizione greca, potrebbero far supporre una relazione tra la nostra principessa-sacerdotessa al culto di Artemide e della Dea Madre. La raffigurazione presente in un famoso piatto greco, che rappresenta la sacerdotessa Pizia seduta su un tripode con in mano la Phiale, ci induce ad ipotizzare che la principessa picena fosse proprio una sacerdotessa legata al culto di Artemide. Il dott. Landolfi, uno dei massimi studiosi dei Piceni, ha affermato: “… la nostra signora sembra evocare il mondo di alcune “regine barbare”, come Didone o Medea … si potrebbe immaginare che in vita la nostra regina (sacerdotessa) non doveva discostarsi troppo dalla Medea (Maria Callas) del film di Pasolini”. Questa immagine evocata dal dott. Landolfi può indurre a pensare che la principessa di Sirolo abbia avuto la funzione di una vera e propria Sibilla con capacità profetiche, come quella marchigiana dei Sibillini e la famosa sacerdotessa greca la Pizia. Una delle 10 sibille che ritroviamo raffigurate nel pavimento del duomo di Siena è la sibilla Cumea o Cumera di cui non si conosce l’origine. Mi è sembrato interessante associare questa sibilla al monte Conero, infatti mutando la “n” con la “m”, cosa avvenuta spesso nei nomi, Conero diventa Comero e quindi la sibilla Cumera potrebbe essere una sibilla-sacerdotessa residente proprio alle pendici del Conero, cioè Sirolo-Numana. Vicino alla fossa di sepoltura del carro è stata ritrovata un’altra fossa contenete due scheletri di asino che probabilmente dovevano trainare il carro della sacerdotessa. Nell’antica tradizione della dea Vesta e prima ancora della dea Pales, l’asino è considerato protettore della dea, inoltre ritroviamo in coppe rituali antiche, chiamate Rhyton la testa di asino a testimoniare la sacralità attribuita all’animale. La tradizione marchigiana di sacerdotesse, sibille che si riferiscono a culti delle dee madri, con le relative capacità profetiche, sciamaniche è dunque avvalorata da questo importante ritrovamento. Inoltre la dea Artemide, a cui sembra devota la nostra sacerdotessa di Sirolo-Numana, è una “Madonna Nera”, che ci riporta alla tradizione marchigiana di culti dedicati ad altre divinità femminili, come Iside, Cibele, la dea Cupra presenti nella nostra regione. Questa tradizione della dea madre si protrae fino RHYTON all’epoca cristiana del III e IV sec. dopo Cristo, quando il culto della Madonna si sostituisce ai culti delle divinità femminili fino ad allora seguiti. La nostra Madonna Nera di Loreto, potrebbe essere la naturale continuazione di questi culti che sfociano nella tradizione cristiana già affermata. PIATTO GRECO, CHE RAPPRESENTA LA SACERDOTESSA PIZIA SEDUTA SU UN TRIPODE CON IN MANO LA PHIALE. 28 | WHY MARCHE



ANIMA

Destinatione Marche: #marcherurali

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ingoli il balcone delle Marche, Treia il borgo più bello d’Italia. E ancora il Mulino della Ricavata nei pressi di Urbania dove i prodotti dell’azienda agrituristica si accompagnano al profumo dei fiori, protagonisti di piatti da assoluti gourmet. E poi le dolci colline che ospitano le succose vigne, la preziosa quinoa e le variopinte lenticchie. Queste sono le #marcherurali, armonia di una terra tra natura, borghi e cultura.

I GAL, Gruppi di Azione Locale, mirano a riportare in auge i territori marchigiani, attraverso progetti di riuso e valorizzazione dei borghi storici rurali minori, nel rispetto dell’assetto urbanistico, architettonico e storico culturale dei luoghi stessi. E con i GAL le Marche portano avanti il progetto #marcherurali per far conoscere al mondo la ricchezza della propria terra. Si tratta di un progetto messo in atto da tutti i GAL della regione (Montefeltro Sviluppo, Flaminia Cesano, Colli Esini, Sibilla, Piceno e Fermano) insieme al Servizio Turismo della Regione Marche con il GAL Montefeltro Siluppo capofila e cofinanziato con i fondi del programma di sviluppo rurale regionale (P.S.R. Marche 2007/2013). La filiera corta qui la fa da padrona. Prodotti a km0 direttamente dalla terra alla tavola, agriturismi, fattorie, allevamenti mai intensivi. La terra come madre e fonte di sostentamento. Non è un caso che proprio nelle Marche nasca la figura del metalmezzadro, il contadino che lavora in fabbrica e nel fine settimana si dedica alla sua amata terra. E non è un caso che molti stranieri abbiano deciso di trasferirsi nelle Marche per i suoi bellissimi paesaggi, la natura incontaminata, la cultura dei borghi antichi. E tanti vi hanno trovato lavoro, stavolta non in fabbrica, ma proprio nella terra e con la terra. I giovani delusi dalle prospettive lavorative hanno trovato negli antichi mestieri una speranza per il futuro. C’è chi come alla Becerca di Serra San Quirico realizza il tofu e il seitan in casa o chi si è specializzato in prodotti senza glutine o ancora chi valorizza eccellenze come la mela rosa dei Monti Sibillini. E se la patata rossa di Colorito e le lenticchie di Castelluccio di Norcia sono esportate in tutto il mondo, ancora pochi conoscono la canapa e le sue innumerevoli applicazioni. Per non parlare poi del farro. Il ruolo oggi occupato dal grano nell’immaginario collettivo, era un 30 | WHY MARCHE

tempo appannaggio del farro, varietà primordiale di frumento che dalla mezza luna fertile ha accompagnato la storia dell’umanità. Ingrediente imprescindibile in epoca romana, tanto che proprio a lui si deve il termine “farina”, il farro è poi caduto nel dimenticatoio per tornare prepotentemente sulla scena gastronomica con l’avvento delle coltivazioni biologiche. E nelle Marche ne troviamo in gran quantità e di ottima qualità. Non solo il piacere del palato, #marcherurali è un vero e proprio viaggio nell’entroterra alla scoperta di luoghi dimenticati e ora riportati alla luce. Avete mai visto ad esempio l’Eremo dei Frati Bianchi tra Cupramontana e Poggio Cupro? Mille anni di storia incastonata tra le rocce e una cornice di alberi secolari. E forse avrete sentito parlare dell’Eremo di Fonte Avellana, alle pendici boscose del monte Catria, a 700 metri sul livello del mare. Le sue origini risalgono alla fine del primo millennio e sono strettamente legate alla storia della congregazione dei Camaldolesi. L’eremo fu forse fondato da san Romualdo nel 980 e viene citato nella Divina Commedia (Paradiso, canto XXI) da Dante Alighieri, il quale sembra che ne sia stato anche ospite. Ma forse in pochi sanno che nell’Eremo c’è una farmacia naturale dove rifor-nirsi di medicamenti miracolosi. E la Gola del Furlo? Un serbatoio naturale da proteggere e valorizzare, 3.600 ettari di boschi, prati e cime incontaminate. Una vera e propria riserva naturale accanto ai parchi regionali del San Bartolo (1.600 ettari) e del Sasso Simone e Simoncello (5.000 ettari). Un autentico paradiso, attraversato dal fiume Candigliano che si insinua tra le imponenti pareti rocciose della Gola, do-ve la suggestione del paesaggio si unisce a una prodigiosa ricchezza naturalistica che vanta esemplari di flora e fauna davvero singolari. Basti pensare all’aquila reale, al falco pellegrino, al gufo reale, al picchio muraiolo, alla rondine


montana, al rondone maggiore e al gracchio corallino. E poi al Furlo vivono lupi, caprioli, daini, cinghiali. E la natura non è bella solo in primavera ed estate. Pure d’inverno le Marche regalano paesaggi mozzafiato per weekend e gite fuori porta anche sulla neve. I Monti Sibillini sono il luogo prediletto per le settimane bianche. La zona gode di una posizione indubbiamente privilegiata, facilmente raggiungibile dalle grandi vie di comunicazione. I pendii, ottimamente innevati e curati, ne fanno una località ideale per ogni tipo di sciatore, mettendo a disposizione due scuole sci e diversi impianti di risalita. Spiritualità e meditazione. La natura offre momenti di relax incontrastati e c’è chi ne ha approfittato per creare vere e proprie oasi lontano dai rumori assordanti delle grandi città. Come nell’Ashram Joytinat di Corinaldo, dove si tengono conferenze internazionali con i maggiori guru del mondo. Yoga, percorsi disintossicanti, massaggi, ritiri spirituali e trattamenti ayurvetici. Insomma un luogo dove il benessere diventa un imperativo. Ma sono tantissimi i luoghi della meditazione nelle Marche, che ad ogni angolo offrono eremi, monasteri e abbazie in cui perdersi o ritrovarsi. Tutto questo è anche cultura, con le maggiori pinacoteche della regione ancora sconosciute al grande pubblico e ricche di opere preziosissime. Capolavori dell’arte che trovano posto in piccolissimi borghi o in gallerie da far invidia ai maggiori centri italiani.

o Azione Loc ale upp

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#ruralmarche L’armonia di una terra tra natura, borghi e cultura A land of nature, culture and unspoilt villages in perfect harmony

Insomma, non rimane che scoprire le Marche attraverso un viaggio tra i suoi parchi, i suoi monti e i suoi borghi dell’entroterra. Dove sembra che il tempo si sia fermato e dove si può davvero ritrovare se stessi. WHY MARCHE | 31


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MARCHET: LE STRADE DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE La Distesa, La Marca di San Michele, Valturio, Terre Cortesi Moncaro, Centanni, CiùCiù, La Valle del Sole, Aurora, Paolini & Stanford, Pantaleone,Vigneti Vallorani, Fiorano, Le Terrazze e Moroder.

MARCHE–TURCHIA: NUOVE COLLABORAZIONI PER LE PMI I giornalisti internazionali del vino in visita presso un'azienda del territorio

#WINEMARCHE IL PRESS TOUR TRA LE CANTINE

Norvegia, Danimarca, Olanda, Svezia, Lituania, Regno Unito, Germania, Austria e Finlandia: questi i paesi di provenienza dei 10 giornalisti e blogger che per quattro giorni all’inizio di dicembre 2015 sono stati in tour tra le colli marchigiani per conoscere i vini prodotti nel territorio attraverso l’incontro diretto con i produttori e visite in cantina. I protagonisti del tour erano tra le firme specializzate e più conosciute nei paesi di provenienza: oltre a pubblicare sulle riviste e sui siti specializzati alcuni partecipano a programmi televisivi di cucina. Come ricorda Marchet, l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Ancona per l’internazionalizzazione delle imprese: l’obiettivo della quattro giorni è stato far degustare vini, far apprezzare la cucina locale e promuovere non solo l’enogragronomia locale, ma l’intero territorio regionale nel suo insieme. I partecipanti hanno infatti accolto con entusiasmo un’iniziativa che ha permesso di conoscere anche la ricchezza delle tradizioni e le bellezze del territorio. Una promozione a 360° per i settori del wine, food e dei viaggi che punta a raggiungere non solo ristoratori, importatori, sommelier, ma anche quel pubblico meno esperto di lettori giovani che seguono con passione tutto quello che ruota attorno al vino attraverso il web e i social network. I lavori del press tour sono stati seguiti anche dalla community degli Igers marchigiani che tramite Instagram e l’hashtag #marchewine posteranno foto su vino, cibo e territorio. Le cantine marchigiane protagoniste del tour sono state: Umani Ronchi, Pievalta, Cantine di Tavignano, La Staffa, 32 | WHY MARCHE

6 imprese marchigiane e B2B con 40 aziende turche. Questi i numeri della missione imprenditoriale a Istanbul organizzata da Marchet in collaborazione con la CNA Provinciale di Ancona e Confartigianato Ancona. I settori interessati: meccanica, ICT, edilizia, sistema casa e contract alberghiero, ambiente, attrezzature medicali. Il progetto puntava a creare contatti di business tra le imprese marchigiane e quelle turche attraverso l’organizzazione di incontri B2B programmati sulla base di un accurato lavoro di matching propedeutico alla missione realizzato confrontando i profili aziendali delle imprese partecipanti. Le imprese marchigiane partecipanti sono state impegnate in un fitto programma con incontri preparatori sul mercato, incontri di approfondimento settoriale e incontri B2B individuali che si sono svolti direttamente presso le sedi delle aziende turche. “L’obiettivo di Marchet – sottolinea Massimiliano Santini, presidente dell’Azienda Speciale - è sempre creare l’occasione per approfondire le opportunità di collaborazione delle aziende italiane nel panorama internazionale. Anche questa volta, nonostante il contesto geopolitico e il difficile quadro congiunturale, Marchet punta sul Made in Italy di qualità come strumento per rilanciare l’economia locale e per allacciare relazioni con il mondo mediorientale.” Secondo Gordana Gnesutta, direttore di Marchet: “L’iniziativa testimonia il grande impegno della struttura nel favorire l’internazionalizzazione delle PMI. Il nostro partner turco è affidabile e consolidato, ci sono quindi tutte le condizioni affinché le nostre imprese approfittino delle enormi potenzialità offerte dal mercato turco. I due Paesi hanno in comune sistemi economici centrati fortemente sul manifatturiero: presupposto importante che può portare le aziende marchigiane a raggiungere traguardi significativi nei mercati del Medio Oriente e dell’Asia Centrale.” I punti di forza dell’economia turca che offre variegate potenzialità alle imprese italiane, sono le vaste dimensioni del mercato interno, apertura nei confronti degli investitori


esteri, la posizione geografica di crocevia tra Europa, Medio Oriente, Caucaso e Asia Centrale e naturalmente la solidità dei rapporti bilaterali con l’Italia, che ha sostenuto con continuità l’avvicinamento della Turchia all’UE.

Il gruppo degli imprenditori marchigiani impegnati nelle visite presso le imprese turche

IL MADE IN MARCHE PROTAGONISTA DEL SETTORE CASA A DUBAI

Alla 36ma edizione della fiera The Big5 di Dubai, le imprese marchigiane dei settori edilizia e costruzioni si sono presentate in gruppo: 26 aziende provenienti da tutte le province della regione hanno presentato qualità e innovazione al mercato più importante di tutto il Medio Oriente. La delegazione imprenditoriale marchigiana guidata da Marchet l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Ancona ha rappresentato il 10% delle imprese italiane presenti in fiera. Tra gli stand Alluminia, Althon, Arco Industrie, Armonia, Asolpast-technodrain, Best, B-Chem, Casali Group, Cbi, Europe, Diasen, Fabita, Faggiolati Pumps, F.R. Accessories, Garofoli Porte, Inoxa, Intermac, Italia House, Lorev Impianti, Macplast, Muflesystem, Plados & Telma Group, Sab System Group, Schnell Group, Sirius Cappe, Thermowatt si respirava ottimismo. Il mercato degli Emirati Arabi Uniti infatti, si è confermato la piattaforma ideale con particolare riferimento ai progetti di investimento nel settore delle costruzioni. Lo sviluppo immobiliare rappresenta un eccellente volano per l’intera economia del Paese. La rassegna che si è svolta dal 23 al 26 novembre 2015 ha visto la partecipazione di poco meno di 3.000 aziende, provenienti da 70 differenti Paesi del mondo. L’interesse per la fiera deriva anche dal fatto che nei prossimi anni si concentreranno in questa area investimenti immobiliari importanti, a partire da quelli necessari per l’organizzazione di Expo 2020 o per quelli per la realizzazione delle strutture necessarie per l’edizione 2022 dei Mondiali di calcio in Qatar. Non solo: a Dubai è in programma la costruzione di un nuovo aeroporto da cui transiteranno 200 milioni di

persone l’anno, mentre gli alberghi dovrebbero triplicare nei prossimi sette anni. Ecco perché, per chi lavora in questo settore, è fondamentale essere qui e proporre le proprie soluzioni ad un mercato che ha i capitali e apprezza lo stile italiano. “Ho registrato l’entusiasmo dei nostri espositori – sottolinea Massimiliano Santini Presidente dell’Azienda Speciale Marchet - tanto che hanno già confermato la loro presenza per la prossima edizione e per le prossime iniziative dedicate al mercato medio orientale. Questa fiera si è dimostrata ancora una volta un’occasione unica per intercettare nuovi partner, stringere accordi e vendere servizi, tecnologie, know-how e progetti innovativi in un’economia che dopo aver definitivamente lasciato alle spalle gli effetti della crisi sta registrando un trend di crescita stabile che ha consentito anche una consistente ripresa delle esportazioni italiane. Quindi nuove infrastrutture, ristrutturazioni e investimenti nel turismo, anche se gli Emirati Arabi non offrono particolari attrattive sotto il profilo paesaggistico puntano molto sul settore turismo e sull’attrazione degli stranieri. Di qui la scelta di effettuare massicci investimenti nella realizzazione di musei, impianti sportivi, infrastrutture per la nautica da diporto e di attrarre un calendario ambizioso di manifestazioni culturali e sportive.

Massimiliano Santini, presidente di Marchet, insieme al Console italiano a Dubai Giovanni Favilli, in uno degli stand della collettiva marchigiana Per essere sempre aggiornati sulle iniziative di internazionalizzazione www.marchet.it

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CRISI BANCARIE:

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LA NUOVA NORMATIVA e IL BAIL-IN COSA RISCHIA IL RISPARMIATORE

COSA RISCHIA CHI HA ACQUISTATO AZIONI, OBBLIGAZIONI O HA UN DEPOSITO IN CONTO CORRENTE NEL CASO DI CRISI DI UNA BANCA.

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La direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) introduce in tutti i paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle imprese di investimento. La direttiva sarà operativa in Italia a partire dal 2016, e prevede una nuova modalità di gestione delle crisi bancarie. Verrà creata un’autorità di risoluzione con poteri e strumenti per pianificare la gestione delle crisi e gestire al meglio la fase di “risoluzione”. La Banca d’Italia è già stata designata autorità di risoluzione italiana. Le nuove norme consentiranno di gestire le crisi bancarie senza interventi pubblici, ma con l’utilizzo di risorse del settore privato, riducendo in tal modo gli effetti negativi sul sistema economico ed evitando che il costo dei salvataggi gravi sui contribuenti. Sottoporre una banca a risoluzione significa avviare un processo di ristrutturazione gestito dall’autorità di risoluzione, che mira a continuare l’ordinaria attività della banca e contestualmente a ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti. L’alternativa alla risoluzione è la liquidazione.

Le autorità di risoluzione possono sottoporre una banca a risoluzione se sono presenti tutte le seguenti condizioni: A) LA BANCA È IN DISSESTO O A RISCHIO DI DISSESTO ; B) NON SI RITIENE CHE MISURE ALTERNATIVE DI NATURA PRIVATA (QUALI AUMENTI DI CAPITALE) O DI VIGILANZA CONSENTANO DI EVITARE IN TEMPI RAGIONEVOLI IL DISSESTO DELL’INTERMEDIARIO; C) SOTTOPORRE LA BANCA ALLA LIQUIDAZIONE ORDINARIA NON PERMETTEREBBE DI SALVAGUARDARE LA STABILITÀ SISTEMICA, DI PROTEGGERE DEPOSITANTI E CLIENTI, DI ASSICURARE LA CONTINUITÀ DEI SERVIZI FINANZIARI ESSENZIALI E, QUINDI, LA RISOLUZIONE È NECESSARIA NELL’INTERESSE PUBBLICO. Le autorità di risoluzione potranno: • VENDERE UNA PARTE DELL’ATTIVITÀ A UN ACQUIRENTE PRIVATO; • TRASFERIRE TEMPORANEAMENTE LE ATTIVITÀ E PASSIVITÀ A UN’ENTITÀ (BRIDGE BANK) COSTITUITA E GESTITA DALLE AUTORITÀ PER PROSEGUIRE LE FUNZIONI PIÙ IMPORTANTI, IN VISTA DI UNA SUCCESSIVA VENDITA SUL MERCATO; • TRASFERIRE LE ATTIVITÀ DETERIORATE A UN VEICOLO (BAD BANK) CHE NE GESTISCA LA LIQUIDAZIONE IN TEMPI RAGIONEVOLI; • APPLICARE IL BAIL-IN. L’intervento pubblico è previsto soltanto in circostanze straordinarie per evitare che la crisi di un intermediario abbia gravi ripercussioni sul funzionamento del sistema finanziario nel suo complesso. Ma cos’è il bail-in? La locuzione significa “SALVATAGGIO INTERNO”, ossia la crisi bancaria verrà risolta senza interventi pubblici ma con la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti o la loro conversione in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in misura sufficiente a risolvere la crisi e a mantenere la fiducia del mercato.

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Cioè saranno gli azionisti e coloro che hanno investito nella banca che verranno chiamati a rispondere del dissesto finanziario. COSA RISCHIANO I RISPARMIATORI IN CASO DI BAIL-IN? Il bail-in si applica seguendo una gerarchia la cui logica prevede che chi investe in strumenti finanziari più rischiosi sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni. Solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla categoria successiva. In pratica, a subire immediatamente le conseguenze saranno gli azionisti, seguiti dagli obbligazionisti subordinati, poi dai possessori di obbligazioni ordinarie ed infine dai correntisti o depositanti. Ad esempio, chi possiede un’obbligazione bancaria potrebbe veder convertito in azioni e/o ridotto (in tutto o in parte) il proprio credito, ma solo se le risorse degli azionisti e di coloro che hanno titoli di debito subordinati (più rischiosi) si sono rivelate insufficienti a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca.

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Sono completamente esclusi dall’ambito di applicazione del bail-in e non possono quindi essere né svalutati né convertiti in capitale: 1) I DEPOSITI PROTETTI DAL SISTEMA DI GARANZIA DEI DEPOSITI, CIOÈ QUELLI DI IMPORTO FINO A 100.000 EURO; 2) LE PASSIVITÀ GARANTITE, INCLUSI I COVERED BONDS E ALTRI STRUMENTI GARANTITI; 3) LE PASSIVITÀ DERIVANTI DALLA DETENZIONE DI BENI DELLA CLIENTELA COME AD ESEMPIO IL CONTENUTO DELLE CASSETTE DI SICUREZZA O I TITOLI DETENUTI IN UN CONTO APPOSITO; 4) I DEBITI VERSO I DIPENDENTI, I DEBITI COMMERCIALI E QUELLI FISCALI PURCHÉ PRIVILEGIATI DALLA NORMATIVA FALLIMENTARE.

I depositi fino a 100mila euro, compresi i conti correnti ed i certificati di deposito sono protetti dal Fondo Interbancario di garanzia, e quindi sono esclusi dal bail-in. Anche per la parte eccedente i 100mila euro, i depositi hanno un trattamento preferenziale: sopporterebbero un sacrificio solo nel caso in cui il bail-in di tutti gli strumenti con un grado di protezione minore non fosse sufficiente a coprire le perdite e a ripristinare un livello adeguato di capitale. È dunque necessario che gli investitori facciano estrema attenzione ai rischi di alcune tipologie di investimento. Le banche dovranno riservare gli strumenti di debito diversi dai depositi agli investitori più esperti, soprattutto quando si tratta di azioni o strumenti subordinati e dare un’informazione completa e tempestiva alla clientela. di Loredana Baldi

www.adiconsumarche.it adiconsum.marche@gmail.com

www.facebook.com/adiconsum.marche

“Realizzato nell’ambito del Programma generale della Regione Marche finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi del D.M. 21 marzo 2013- intervento 2”

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MENTE

D I R E , FA R E , C R E A R E , L AV O R A R E INAUGURAZIONE DEL FAMOFABLAB E PRESENTAZIONE DEL COWORKING DI UNICAM

Con l’incontro “Dire, Fare, Creare, Lavorare” presso gli spazi Unicam a Civitanova Marche sono stati presentati due importanti ed innovativi progetti nati dalla collaborazione con il Comune di Civitanova Marche: il FAMOFabLab e il Coworking. Dopo i saluti del Rettore Prof. Flavio Corradini e del sindaco di Civitanova Marche Tommaso Claudio Corvatta, la Prof.ssa Torregiani, delegata del Rettore per i rapporti con le imprese, e la dott.ssa Elisabetta Corbucci del programma FIXO-Italia Lavoro, hanno illustrato ai presenti il nuovo progetto di coworking dell’Università di Camerino mentre Paolo Isabettini e Francesco Arruzzoli l’innovativo FAMOFabLab.

attrezzati per progettare, fare impresa, accedere alle piattaforme crowfounding ed avere tutta l’assistenza necessaria per far diventare un’idea impresa. Questo punto d’incontro sarà uno spazio a libero accesso, un luogo dove le aziende possano cercare nuove idee e soluzioni provenienti direttamente dagli ideatori che, a loro volta, grazie a questo spazio avranno tutto il supporto per realizzare la propria idea in maniera completa. Il progetto di coworking di Unicam prevede l’istituzione di questi spazi a Civitanova Marche, a Tolentino e a Camerino. Questa inaugurazione si colloca nelle attività di collaborazione che l’Università di Camerino sta portando avanti con il comune di Civitanova Marche che prevede già collaborazioni per master e corsi di perfezionamento e svariate attività legate al mondo delle imprese. Tra le ultime attività organizzate a civitanova la fase finale della StartCup 2015 la Business Plan competition rivolta ai giovani che intendono intraprendere l’attività imprenditoriale con idee innovative.

FAMO nasce dalla collaborazione dell’Università di Camerino con il comune di Civitanova Marche, Winitalia e Creaticity ed è un nuovo concetto di fab lab pensato per aziende, enti locali e artigiani digitali, professionisti e non. Si delinea come il primo centro di consulenza, progettazione, ricerca e sviluppo delle Marche pensato con una nuova formula di impresa in grado di generare ricchezza sul territorio. Per quanto riguarda il coworking il progetto prevede la realizzazione di un centro di incontro per giovani o futuri imprenditori dove potranno utilizzare spazi 36 | WHY MARCHE

www.unicam.it comunicazione.relazioniesterne@unicam.it www.unicam.info




MENTE

di Luca Capponi

UN RICERCATORE CON UN SOGNO… INTERVISTA AL RICERCATORE GIAN MARCO LUNA, UNA VITA A SOLCARE I MARI DEL MONDO, TRA L’ATLANTICO E IL POLO NORD. CON UN SOGNO SPECIALE: “TORNARE A LAVORARE NELLE MARCHE”. «Non tutti sanno che i microbi marini rappresentano una risorsa preziosa, anche di tipo economico. In laboratorio si possono produrre nuovi farmaci in grado di contrastare tumori ed infezioni, persino produrre benzina e plastica, oppure nuovi alimenti. Le biotecnologie marine hanno un mercato globale, in continua crescita, che vale oltre due miliardi di dollari all’anno». Chi nutriva ancora qualche dubbio sull’importanza di virus, batteri e microalghe presenti nei mari e negli

LUNA, DOVE È NATA LA SUA PASSIONE PER LE SCIENZE E PER IL MARE? «La mia passione per le scienze sui banchi della scuola media Luciani di Ascoli e successivamente è cresciuta negli anni al liceo scientifico Orsini. Quella per il mare credo di averla maturata nel Salento, luogo di origine di mio padre. Ho trascorso vicino Santa Maria di Leuca le vacanze estive con la famiglia per oltre vent’anni. Un luogo magico, dove il

oceani può mettersi l’animo in pace. E prepararsi ad ascoltare le risposte di Gian Marco Luna, ricercatore ascolano classe 1977, fondatore e direttore del gruppo specializzato in Microbiologia Marina che opera al Consiglio Nazionale delle Ricerche di Venezia, uno dei più prestigiosi al mondo per le scienze marine. Laureato in Biologia Marina ad Ancona, dopo aver conseguito un dottorato ha intrapreso una carriera che lo ha portato a lavorare ovunque, dell’Atlantico al Polo Nord fino all’approdo a Venezia, nel 2011.

rapporto con il mare era assoluto, incondizionato. Di quelle estati ricordo l’acqua cristallina, le spiagge deserte e bianche, le dune che quasi toccavano il mare, i tuffi dalle scogliere».

ATTUALMENTE A COSA STA LAVORANDO?

«Col gruppo di ricerca qui al CNR studiamo i microrganismi che abitano l’oceano, piccolissime creature quasi invisibili in grado di plasmarlo

quotidianamente, di farlo funzionare, creando le condizioni adatte alla vita dei pesci. Sono il motore degli oceani e di tutto il pianeta. In ogni goccia di mare ci sono decine di milioni di virus, batteri e microalghe. Abbiamo provato a contarli, ed il loro numero supera quello delle stelle dell’intero universo. Pur essendo estremamente piccoli, il loro peso globale equivale a quello di 50 milioni di balene. Fanno un lavoro invisibile ma indispensabile, fondamentale per la nostra sopravvivenza. Producono WHY MARCHE | 39


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ossigeno, sono la base della catena alimentare, generano nuova materia vivente, assorbono i gas serra e riciclano tutto quello che l’oceano scarta, fungendo da “spazzini”. Sono stati i primi abitanti del pianeta, noi stessi proveniamo da loro».

DI RECENTE AVETE RICEVUTO LA VISITA DELLA MINISTRA GIANNINI. COME HA ILLUSTRATO IL VOSTRO LAVORO? «Per spiegarlo alla Ministra ho detto: “Faccia un primo respiro insieme a me, e ringrazi le piante che hanno prodotto l’ossigeno che ha appena respirato. Poi ne faccia un altro, e questa volta ringrazi i microrganismi marini, che producono la metà dell’ossigeno del pianeta”. E’ rimasta impressionata. Con le nostre ricerche cerchiamo di rispondere a domande semplici ma ancora senza risposta, ad esempio quali specie di microbi abitano l’oceano, fino alle sue profondità abissali. Vogliamo comprenderne meglio il ruolo nell’ecosistema marino, capire se il cambiamento climatico li sta modificando, e quali saranno le conseguenze. Ma cerchiamo anche di individuarne le potenzialità per la società».

QUAL È STATA L’ESPERIENZA PIÙ EMOZIONANTE CHE HA VISSUTO A LIVELLO LAVORATIVO? «Uno dei vantaggi di questo

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lavoro è la possibilità di visitare posti meravigliosi. In quindici anni di mestiere ho girato a fondo il Mediterraneo, in tante spedizioni oceanografiche. Ho lavorato nell’Atlantico, nel Mar Rosso, al Polo Nord e lungo le coste dell’Australia. Siamo andati a caccia di microbi persino nei laghi del deserto tunisino. Ricordo una spedizione a bordo di una nave da ricerca olandese: abbiamo lavorato per due mesi scandagliando i fondali dell’oceano al largo del Portogallo, era estate, e un giorno il comandante ci autorizzò ad un tuffo in mare. Eravamo a decine di miglia dalla costa, il fondale sotto di noi era a 3mila metri di distanza, l’acqua di un blu indescrivibile. Indimenticabile. Poi ho mille altri ricordi. Le notti di tempesta sulle navi, in balia della forza dell’oceano. I tre mesi estivi trascorsi, dieci anni fa, in un grande centro di ricerca nel Massachusetts, esperienza che ha cambiato la mia vita professionale».

SOGNI, TRAGUARDI, OBIETTIVI?

«Al momento mi sento realizzato. Dopo una difficile gavetta ho raggiunto il mio traguardo, e posso ammettere di riuscire a lavorare divertendomi, un privilegio. Ma i sogni, come diceva un noto presentatore televisivo, ci aiutano a vivere meglio. Allora dico che uno dei miei sogni è di rientrare a lavorare nelle Marche e di contribuire, con la ricerca, a preservarne le meravigliose coste e far crescere il settore mare, che sarà sempre più un volano per l’economia».



PRIMO PIANO @elo77anto

@titosadventures

@lokaluc

PASSAGGIO

@titosadventures

A OVEST La traccia digitale, infatti, c’è già ed è impressa su Instagram con il progetto IgersMarche, nato nel 2013 dall’estro di Ilaria Barbotti, Nadia Stacchiotti e Gianluca Candela, con l’obiettivo di far conoscere alla comunità virtuale (e non solo) le nostre Marche. IgersMarche, che fa parte di IgersItalia, programma nato nel 2011 con lo scopo di raccontare il Belpaese attraverso immagini pubblicate sul social network Instagram, si avvale, in poco tempo, della collaborazione di istituzioni regionali e locali, enti, associazioni e imprenditori. Un team di 25 persone, da Ascoli Piceno a Pesaro, passando per Fermo, Macerata e Ancona, immortala su obiettivo fotografico le bellezze marchigiane e le pubblica, poi, su Instagram. In questo scenario nasce l’hashtag #marcheaovest, che raccoglie, nel momento in cui scriviamo, oltre 330 immagini. Meravigliosi paesaggi, particolari suggestivi, strutture architettoniche,

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persone, animali, strade, vie, piazze… la vita stessa viene colta nella sua pienezza, nella sua vivacità. C’è una parte, delle Marche, infatti, che non siamo abituati a considerare. Una parte silenziosa, quieta, ma allo stesso tempo operosa, e, per questo, piena di vita. Sono le Marche dell’entroterra, le Marche dell’Ovest, quelle dei borghi rurali storici, territori ricchi di cultura, tradizioni e storia; luoghi dal fascino medioevale e dai paesaggi mozzafiato. Da decenni ormai, con il progressivo abbandono dell’agricoltura, tali borghi hanno purtroppo subito un forte spopolamento. Ecco che, allora, entrano in gioco i GAL, Gruppi di Azione Locale, che mirano a riportare in auge tali territori, attraverso progetti di riuso e valorizzazione dei borghi storici rurali minori, nel rispetto dell’assetto urbanistico, architettonico e storico culturale dei luoghi stessi.

@titti_spa @lucatere

@lucaterence


ence

@beatriceburani

@micagonewild

#marcheaovest

@micagonewild @flavio_romagnoli

@micagonewild @micagonewild @alessiomor_

Per la prima volta, le immagini di Instagram che raccontano, che documentano e che mostrano le Marche dell’entroterra, le Marche dell’Ovest, diventano un tesoro da imprimere per sempre su carta. Le foto scattate e postate sul social network fotografico per eccellenza diventano un patrimonio da condividere non solo online, ma anche su carta. Per far sì che rimanga traccia dei meravigliosi scenari della nostra regione, valorizziamo così il lavoro di centinaia di Igers delle Marche.

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PRIMO PIANO

LE MARCHE VERDI

@maxbardi

Secondo San Bernardo da Chiaravalle “troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi ti insegneranno le cose che nessun maestro ti dirà”. E a saper leggere gli alberi c’è tanto davvero tanto da imparare. Le Marche hanno un patrimonio paesaggistico inestimabile. Durante il censimento del 2011, il Corpo Fore-stale dello Stato ha rilevato ben 846 formazioni vegetali e, dopo una puntuale e rigorosa selezione con la Regione, ne ha proposte 397 quali Formazioni Vegetali Monumentali. Un albero come un monumento, perché merita lo stesso rispetto e fornisce le stesse informazioni e racconta la storia proprio come una statua o un’opera d’arte. Saper leggere una quercia, una magnolia, una vite equivale a saper leggere la storia della nostra regione.

SPORT DELL’ENTROTERRA: TREKKING, ESCURSIONISMO, ARRAMPICATE Le bianche cime innevate delle Marche campeggiano nelle foto degli IgersMarche. E adesso che è tempo di settimane bianche guardare gli impianti sciistici di Frontignano di Ussita fa venire davvero voglia di vacanza. Questa è la stazione sciistica più grande delle Marche per lunghezza delle piste da sci. La località invernale è situata nella catena montuosa dei Monti Sibillini e il panorama è incantevole. Il Monte Bove sovrasta questo piccolo comune, le piste sono molto curate ed è presente anche un attrezzato snowpark. Non solo sci, per godere a pieni polmoni dell’aria, della natura e delle atmosfere che solo le Marche dell’entroterra riescono a regalarci, si può effettuare una serie di attività quali escursioni, arrampicate, passeggiate in mountain bike ed escursionismo. Camminare in mezzo alla neve godendo di meravigliosi paesaggi è un’esperienza che riempie il cuore di grandi e piccini.

@ninni_arts_world

@adix84

@coninfacciaunpodisole2

@lucaterence

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@micagonewild @alessiomor_

@ilsenzaterra


PITTORESCHI SCORCI MARCHIGIANI TRA BORGHI, RIFUGI E ANTICHI CASOLARI “Voglio vivere così, col sole in fronte …”. Girando tra i borghi e per le vie dell’entroterra marchigiano sembra di sentire la calda voce del tenore Ferruccio Tagliavini che la cantava nel 1941 nel film di Mario Mattoli. Le Marche contano ben 22 borghi tra i più belli d’Italia e centinaia di meravigliosi villaggi rurali dislocati nell’entroterra, paesi dal carattere e dalle tradizioni rustiche e contadine, che spesso vengono dimenticati. È in questi scenari dall’atmosfera antica che si possono cogliere alcuni tra gli scorci più caratteristici della regione. Cascine, casolari e rustici caratterizzano la parte ovest della regione, un territorio dal sapore genuino in cui sono sempre più coloro che, soprattutto stranieri, decidono di investire in immobili di campagna, ristrutturando vecchi casolari, crescendo i propri figli all’aperto e coltivando la terra. E come non citare i caratteristici rifugi della regione, quali il Rifugio Giovanni Giacomini sul valico di Forca di Presta (AP), il Rifugio Sibilla di Montemonaco (AP) e il Rifugio Tito Zilioli, situato sul Monte Vettore, a più di 2000 metri d’altezza. Spazi in cui il tempo sembra essersi fermato, luoghi che offrono vitto e alloggio a quanti vogliano intraprendere delle avventurose escursioni alla scoperta dei suggestivi sentieri marchigiani.

@1popi2

LE TIPICITÀ ENOGASTRONOMICHE

@kaajri

@alessiomor_

@massimcappelli

@1popi2

Marche a Ovest non solo da guardare, ma anche da mangiare. Vino cotto, Sapa, Visner, salami dop, ciauscolo, olio buono direttamente dal frantoio, pecorino, miele, formaggi al fico, al carciofo e al limone. E ancora crescia, fichi, lonze. Insomma, pancia mia fatti capanna. La storia delle tradizioni marchigiane è la storia di un territorio incredibilmente vario. Ci sono contaminazioni di ogni tipo che si sono intrecciate nei secoli. E la cucina è ricca di alimenti genuini e tipici da far gola a chiunque. Tra grandi chef e volti noti, sfogliare la cartina geografica delle Marche è come veder sfilare le “star” dell’enogastronomia marchigiana, con in primo piano il Verdicchio e le altre denominazioni del “Vigneto Marche” ad accompagnare ciauscolo, olive all’ascolana, tartufo e formaggio di fossa, cereali e legumi bio, maccheroncini di Campofilone e mille altre delicatessen autoctone. Un’esperienza del gusto a tutto campo, da assaggiare, assaporare e amare.

@adix84

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PRIMO PIANO @ gemmaeffe

@alessiomor_

@micagonewild @alessandrogiacopetti

I LUOGHI DEL CULTO Abbazie, conventi e monasteri, eremi, santuari, luoghi che sono circondati da un’aura di misticismo e spiritualità, mista al mito e alla fiaba. Le popolazioni dell’entroterra marchigiano sono molto legate alle preghiere e ai luoghi di culto. E immergersi per qualche secondo in uno di questi posti serve a ritrovare se stessi e a imparare ad ascoltare anche la natura in cui sono immersi. Gli eremi, infatti, sorgono incastonati tra boschi secolari, i santuari chiamano a devozione anche i più scettici, e i conventi sono tornati al loro vecchio splendore grazie a minuziosi restauri. Tra pietre secolari e atmosfere spirituali è facile incontrare opere d’arte di indubbia bellezza e ricchezza. Affreschi meravigliosi che adornano stanze dall’architettura inconfondibile. Scoprirli è come intraprendere un viaggio tra arte, cultura e spiritualità, come poche regioni riescono a offrire.

LA LONGEVITÀ DEI MARCHIGIANI

@elepaja

@alessiomor_

Nelle Marche si vive a lungo e si vive bene. Lo dicono le maggiori statistiche e lo dice anche una ricerca condotta dalla Coldiretti Marche, basata sugli indicatori demografici 2013 dell’Istat: gli ultracentenari marchigiani superano quota 500, a conferma del primato di longevità che la nostra regione detiene sia in ambito nazionale che europeo. È la sana alimentazione tipica delle Marche ed è la forte operosità dei marchigiani che, insieme a coesiene sociale famiglia e spiritualità, costituiscono l’elisir di lunga vita. Volti rugosi, segnati dalla fatica, dall’impegno, dal lavoro nei campi, a contatto con animali e natura: questa è la semplicità e la forza della vita marchigiana. Mangiar bene, respirare aria pulita e vivere di cose semplici sono gli ingredienti della ricetta per la longevità. E i marchigiani si tengono la ricetta stretta stretta nel cassetto del proprio comodino. Perché a vivere siamo capaci un po’ tutti, ma saper vivere bene ce lo possono insegnare solo gli ultracentenari marchigiani.

@micagonewild @maxbardi 46 | WHY MARCHE


VECCHI MESTIERI

@alessandrogiacopetti @enrivee

Alzi la mano chi ha conosciuto un cordaio o un sellaio, oppure un cestaio o un cappellaio! I vecchi mestieri sono un patrimonio quasi completamente abbandonato, con un danno grave per la popolazione sia a livello economico, culturale, storico e di identificazione con un territorio. “Leggendo” con occhi attenti il territorio marchigiano ci si accorge che questo si presenta come libro aperto sulla storia locale e su quella del rapporto cultura natura. E i vecchi mestieri ne sono una pagina fondamentale. La loro valorizzazione può offrire significative occasioni di lavoro qualificato. E anche i giovani ora stanno tornando sui propri passi per imparare a fare il falegname, il fabbro e perché no pure il mastro cartaio. Si lavora su commissione e tutto rigorosamente utilizzando le sapienti mani che imparano da quelle che un tempo lo hanno fatto per anni e anni. Così si riscopre l’artigianato marchigiano e si trovano nuove opportunità lavorative.

DORSALE APPENNINICA MARCHIGIANA, TRA VETTE, GOLE E CRINALI

@le_castellare @alessiomor_

@micagonewild

Dorsi innevati, gole mozzafiato e crinali in cui perdersi. I paesaggi delle Marche dell’Ovest tolgono il respiro. Basta guardare alcune delle foto postate su Instagram, alcune delle 29 vette marchigiane che superano i 2000 metri, tutte dislocate nella zona sud della regione. Le cime innevate dei 28 monti che si innalzano all’interno del Parco Nazionale dei Sibillini e una (Macera della Morte) che si staglia nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. E guardare il Monte Vettore (2476 metri), che detiene il primato di cima più alta delle Marche, è come guardare un po’ dentro se stessi.

@kaajri @micagonewild

@rominapantanetti

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MENTE

di Gaudenzio Tavoni

L’AUDI A4 DOMINA ANCONA La città dorica ospita un’auto unica nel suo genere, giunta alla quinta generazione e simbolo dal 1995 di tecnologia, sicurezza e design. Un binomio ormai inscindibile quello tra il capoluogo di regione, che vanta oltre 2400 anni di storia, e il marchio tedesco rappresentato dalla Domina, una delle più prestigiose concessionarie d’Italia.

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Domina

Non poteva esserci palcoscenico migliore quello della città di Ancona - per presentare la nuova Audi A4, il “must” della casa di Ingolstadt, che sta festeggiando proprio in questi giorni il suo ventennale. Una storia fatta di successi e tanti ne sono ancora attesi tendo conto che i presupposti ci sono tutti per proseguire nella fortunata serie anche in questa quinta generazione, bellissima e tecnologicamente avanzata, nella migliore tradizione Audi. La Casa tedesca ad Ancona e provincia non ha scelto un concessionario a caso, ma ha affidato il proprio marchio alla Domina, un nome e una certezza, che ormai da oltre quindici anni ha affiancato il proprio logo a quello dei “Quattro Anelli”. E, dunque, non potevamo non abbinare le due eccellenze - la nuova Audi A4 e la città di Ancona - incastonando la vettura in alcuni

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gioielli del capoluogo di regione, definito dai libri di storia un vero e proprio museo a cielo aperto che abbraccia diverse epoche, da quella romana e medievale fino alla più recente epoca novecentesca. Dalla modernissima sede della Domina alla Baraccola di Ancona, che raffigura l’ hangar di un aeroporto, il nostro tour parte alla volta del centro città. L’A4 a nostra disposizione, nella versione Avant 2.0 TDI da 190 cavalli, ci è parsa “un passo avanti” rispetto al modello precedente e subito registriamo un maggior comfort dell’abitacolo. Grazie a dimensioni leggermente aumentate, infatti, è cresciuta l’abitabilità interna a totale beneficio degli occupanti, compresa quella del vano bagagli che, con lo schienale del divano posteriore abbattuto, sale da 505 a ben 1510 litri. WHY MARCHE | 49


MENTE La prima tappa non poteva non essere al Duomo. Lungo i tornanti testiamo anche le qualità del telaio, la grande tenuta di strada e l’ottima ripresa del motore 2.0 TDi. Sulla sommità del colle Guasco ci attende in tutta la sua maestosità la Cattedrale di San Ciriaco, una delle chiese medioevali più interessanti d’Italia, in cui lo stile romanico si fonde con quello bizantino. La vista sul golfo è fantastica, assolutamente unica davanti alle splendide linee della nostra A4, una vettura davvero molto elegante. Un’eleganza, però, che non fa venire meno la sua sportività, grazie alla nuova calandra, all’inedito disegno dei fari e alla linea del tetto più inclinata.

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Domina

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Dal Duomo scendiamo verso il porto. La nostra seconda tappa è la zona adiacente agli archi Traiano e Clementino, da pochi mesi riaperta agli anconetani. Libera da container e veicoli pesanti, l’area ci sembra più ospitale, ideale per un nuovo incontro con la storia. L’arco di Traiano, costruito in marmo turco, rappresenta una delle testimonianze monumentali più preziose delle Marche romane ed è da qui che l’imperatore partì per la vittoriosa guerra contro i Daci. L’arco Clementino, invece, eretto per volere di Papa Clemente XII, fu costruito lungo le mura romane come normale prolungamento del molo su cui già si ergeva l’arco di Traiano e con questo è stilisticamente coerente. Davvero unica è la vista che si può godere dell’arco di Traiano dal fornice dell’Arco Clementino, con il Duomo sullo sfondo. Tra i due Archi andiamo a collocare un altro pezzo di storia: la nuova Audi A4 e l’abbinamento si rivela unico. L’impatto visivo è notevole, esaltato dal profilo della vettura che fa leva sui passaruota allargati, sui cerchi di nuovo disegno e sulla coda caratterizzata dallo spoiler posteriore integrato al tetto.

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MENTE Rimaniamo sempre in porto e ci spostiamo verso la Mole Vanvitelliana, più comunemente conosciuta come Lazzaretto. Con la sua forma pentagonale protesa verso il mare, la Mole è situata su un’isola artificiale collegata alla terraferma da tre ponti. Costruito nel 1733 dal Vanvitelli, il Lazzaretto era una struttura polifunzionale: magazzino portuale, luogo di quarantena, fortificazione ed era perfettamente autosufficiente. Nel cortile interno è situato il tempio neoclassico di San Rocco davanti al quale posizioniamo la nostra A4, che ben si staglia davanti al colore bianco avorio del marmo. Qui ne approfittiamo anche per ammirare la cura degli interni e l’innovativo Audi Virtual Cockpit con schermo LCD da 12,3 pollici ad alta risoluzione. Bellissimo e molto funzionale! Il suo display digitale sostituisce i classici quadranti analogici

photo di Andrea Tessadori con un monitor ad alta risoluzione in grado di offrire una nuova “esperienza visuale” grazie al potente processore grafico. Nella modalità infotainment si configura una grande finestra centrale contenente la mappa di navigazione o i dati relativi a radio, impianto audio e telefono cellulare, mentre nella modalità classica il guidatore ha la visione del tachimetro e contagiri tradizionale. Con l’Audi virtual cockpit è compreso il sistema break warning, in grado di misurare l’attenzione del conducente tramite sensori collegati a sterzo e pedali che ai primi segni di stanchezza segnala la necessità di effettuare una sosta. Il sistema di infotainment , invece, è racchiuso in un tablet con schermo da 8,3 pollici che comprende comandi vocali e hotspot Wi-Fi, connettività LTE, supporto Android Auto e Apple CarPlay. Le ultime due location anconetane decidiamo di affrontarle con le luci della sera. Del resto la nostra Audi A4 è dotata di serie di un impianto luci allo xeno di assoluta efficienza. Ripartiamo per il nostro tour da Piazza della Repubblica dove ci attende il Teatro delle Muse. Costruito nel 1827 su progetto di

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Domina

Pietro Ghinelli in stile neoclassico con una sala tipica a ferro di cavallo e quattro ordini di palchi, il teatro è stato riaperto il 13 ottobre 2002. Quella relativa al progetto del suo recupero è una storia complessa, una sorta di melodramma a lieto fine basato sulle vicende di un edificio che ha dapprima smarrito traumaticamente la sua identità architettonica funzionale per poi ritrovarla dopo una lunga e faticosa opera di ricostruzione. L’Audi A4, invece, sin dal suo primo lancio nel 1995 non ha mai perso la sua identità di grande vettura e questa quinta generazione ne rappresenta un vero e proprio punto di arrivo, dove tecnologia e stile si fondono in un prodotto unico al vertice della categoria. Tra gli optional di questa ultima generazione spiccano anche i gruppi ottici Led e Matrix Led, il sistema audio 3D Bang & Olufsen, il sistema di ricarica wireless per smartphone, l’head-up display, il Dynamic Steering, il climatizzatore automatico trizona con display integrati nei comandi rotanti, i sedili climatizzati, l’Audi Tablet da 10,1 pollici per l’intrattenimento dei passeggieri posteriori integrato con l’infotainment principale, l’illuminazione interna Led con 30 gradazioni di colore selezionabili e le sospensioni a controllo elettronico. Non manca proprio niente a bordo della nuova Audi A 4 e, al suono del sistema audio 3D Bang & Olufsen (opzionale) ci

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dirigiamo verso l’ultima tappa del nostro tour anconetano: il Passetto. A riceverci c’è il Monumento ai Caduti della 1^ Guerra Mondiale, costruito negli anni venti e inaugurato nel 1930, un tempio circolare caratterizzato da un ordine dorico elegantemente reinterpretato. Le luci della sera regalano ancora più fascino al monumento, ma di tanto fascino rifulge anche la nostra vettura che continua ad interessare sempre più i tanti anconetani che cominciano ad affollare la zona per il tradizionale aperitivo. La sera ormai volge al desìo e allora non ci resta che rientrare in concessionaria per restituire la vettura. Peccato, avremmo voluto tenerla ancora, tanto è stata piacevole la giornata, ma non tutto è perso. Con un comodo pagamento rateizzato fornito dalla stessa concessionaria Domina, tutte le versioni della nuova A4 possono essere facilmente acquistate. Oltre alla 2.0 TDI da 190 cv della nostra vettura, la nuova A 4 è disponibile con altre sei motorizzazioni, tre benzina TFSI e altre tre diesel TDI, con una range di potenza da 150 a 272 cavalli, mentre i prezzi partono da € 33.800. Non male per una vettura al vertice della categoria. Per quanto riguarda la città di Ancona, non ce la ricordavamo così bella. Forse il merito è anche della splendida Audi A4, che per un giorno ci ha fatto vedere il capoluogo regionale con occhi diversi e, forse, con uno atteggiamento meno critico e più obiettivo.

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PERCHE’

MUSEI delle MARCHE, avanguardia dell’accessibilità La nostra è la prima regione che è riuscita a creare una rete di musei fruibili da un pubblico sempre più ampio e dalle esigenze più varie, veri luoghi di incontro, formazione e divertimento per tutti, grazie al progetto “Il museo di tutti e per tutti: sviluppo del sistema museale marchigiano - interventi di accessibilità fruitiva”, un unicum in Italia.

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di Michela Marconi

P

romosso e sostenuto nel 2014 dall’Assessorato alla Cultura della Regione Marche, questo progetto è stato realizzato con la collaborazione del Museo Tattile Statale Omero di Ancona – modello di riferimento nel settore dell’accessibilità a livello nazionale e internazionale – con i Sistemi Museali di Ancona e Macerata e con i poli cittadini di Pesaro, Fermo, Macerata e Ascoli Piceno. Le linee di intervento principali sono tre: la prima riguarda il consolidamento e miglioramento di quanto già realizzato, in materia di accessibilità, nei poli museali cittadini sopra citati; la seconda ha visto il coinvolgimento diretto dei Sistemi Museali di Ancona e Macerata, che hanno coordinato, rispettivamente nel Nord e nel Sud della regione, gli interventi per ampliare la fruibilità in altri 26 musei; mentre la terza si è incentrata sulla sensibilizzazione e formazione degli operatori museali. Tutti coloro i quali si occupano di beni culturali e didattica museale, infatti, sono stati invitati a partecipare a corsi pensati per fornire loro delle conoscenze di base e per far sì che diventino i primi attori di un ampliamento dell’accessibilità ai luoghi della cultura per un pubblico di utenti dalle diverse esigenze. Gli esperti del Museo Omero, della Lega del Filo d’Oro e dell’Ente Nazionale Sordi hanno illustrato gli ausili, le modalità di visita, le tecnologie utilizzabili e le buone prassi per allargare la fascia di fruitori del museo anche ai portatori di disabilità motoria, sensoriale e/o psichica. Aldo Grassini, fondatore e presidente del Museo Omero, spiega: “non è un problema di fondi ma di volontà e mentalità: è il museo a doversi adeguare ai diversi tipi di pubblico, non viceversa”. Per sottolineare l’importanza del cambiamento di atteggiamento della società nei confronti della disabilità riportiamo tre definizioni date dall’OMS nel 1980 e citate da Andrea Socrati, responsabile didattica del museo in un suo intervento: la Minorazione è una conseguenza permanente di un trauma o di una malattia; la Disabilità è la conseguenza funzionale di una minorazione; l’Handicap sono le conseguenze sociali di una disabilità, che si manifestano quando la società non mette la persona in condizioni di fruire di una struttura o un servizio e quindi la esclude. Dare a tutti la possibilità di godere di un museo, quindi, non è da considerarsi una concessione ma un diritto.

Ben 31 musei hanno aderito al progetto effettuando degli interventi significativi, ma sono più di 70 quelli interessati e coinvolti nella mappatura regionale, che hanno compilato le schede di rilevamento dei dati relativi all’accessibilità elaborate dalla Regione in collaborazione col Museo Omero. Da Nord a Sud vi diamo conto di alcuni delle principali soluzioni già attuate, grazie alla felice sinergia tra istituzioni pubbliche e privati. PESARO, MUSEI SENZA CONFINI Il circuito museale di Pesaro Musei ha ampliato i servizi offerti nei Musei Civici di Palazzo Mosca, già accessibili ai disabili motori dal 2013, introducendo video-guide in Linguaggio dei Segni (LIS), l’esplorazione tattile di alcune sculture e ceramiche dei Della Robbia, audio-guide fruibili tramite tag NFC, didascalie in braille, riproduzioni tridimensionali di opere significative o tavole a rilievo di dipinti come l’Incoronazione della Vergine di Giovanni Bellini e della facciata del Palazzo Ducale. In occasione del riallestimento della Casa natale di Gioacchino Rossini – vista l’impossibilità di intervenire dal punto di vista architettonico su un bene tutelato come monumento nazionale – è stato effettuato un intervento che dà a tutti la possibilità di fruire del patrimonio esposto attraverso audio e video guide, didascalie in braille delle opere principali, tavole a rilievo di spartiti e lettere autografe di Rossini, esplorazione tattile di alcune opere esposte come un bassorilievo prospettico in legno del Teatro e del pianoforte a tavolino appartenuto al Maestro. Per entrambe le sedi è stata inoltre realizzata una brochure con tavole a rilievo e testo in braille che fornisce informazioni generali, sui contenuti delle collezioni e sui servizi offerti a non vedenti o ipovedenti. La presentazione dei risultati del progetto alla cittadinanza è avvenuta lo scorso 26 novembre.

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PERCHE’ MACERATA MUSEI, UNA RETE DI EMOZIONI Il 2 dicembre sono stati presentati a Palazzo Buonaccorsi, a MACERATA, gli interventi per l’ampliamento dell’accessibilità di Macerata Musei. Per la Rete museale è stato realizzato un filmato di presentazione generale della città e delle sue principali attrazioni turistiche in una versione in linguaggio LIS e un’altra con voce narrante, oltre che delle schede in braille e per ipovedenti. Il Museo della Carrozza, che aveva già attivi una serie di dotazioni per l’accessibilità dei disabili motori e percorsi e dispositivi tattili, si è arricchito di schede braille e nuove postazioni informative multimediali con accesso facilitato ai contenuti e audio-descrizioni. Nella Pinacoteca di Arte Antica è stato realizzato un bassorilievo della Madonna con Bambino di Carlo Crivelli con didascalie in braille, mentre in quella di Arte Moderna è stato organizzato un percorso tattile alla scoperta delle sculture del Novecento. FERMO, CITTA’ APERTA Da luglio le persone affette da disabilità motorie e sensoriali possono visitare il nucleo dell’antica biblioteca, la splendida Sala del Mappamondo inaugurata nel 1688 e sita al secondo piano del monumentale Palazzo de Priori di Fermo. La Sala e il Palazzo vengono descritti da un video introduttivo con commento in LIS per la piena fruizione da parte dei non udenti. Il Polo Museale è stato dotato, inoltre, di un plastico del Palazzo, di una pubblicazione in braille e di un modello di libro antico – riproduzione di un prezioso codice miniato manoscritto – realizzato in pergamena e carta con stampe a rilievo e destinato alla manipolazione da parte dei visitatori. La biblioteca mette a disposizione degli utenti alcuni audiolibri, prevalentemente di argomento storico-artistico, ed una serie di libri tattili per ragazzi, per sensibilizzare alle problematiche legate alla disabilità. ASCOLI PICENO, PINACOTECA… IN VISTA I visitatori con deficit visivi possono fruire di importanti testimonianze pittoriche e scultoree della Pinacoteca Civica di Ascoli già dallo scorso settembre, grazie alla realizzazione di schede con testo riassuntivo in italiano, inglese e braille per ognuna delle 15 sale, nonché di pannelli tridimensionali che riproducono alcuni capolavori di ben noti pittori come il San Sebastiano di Carlo Crivelli, San Francesco riceve le stigmate di Tiziano, l’Annunciazione di Guido Reni e l’Idillio verde di Pellizza da Volpedo. Le audio-guide già in uso sono state adeguate per renderle utilizzabili anche da visitatori non vedenti e ipovedenti. Per maggiori informazioni: www.musei.marche.it www.museoomero.it Foto Macerata Musei, Michela Maria Marconi Foto Musei Civici di Pesaro, fornite da Francesca Banini

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PERCHE’

Quando un anziano muore, è una biblioteca che brucia”, così recita un’antico proverbio africano. E le Marche non hanno nessuna intenzione di perdere la propria ricchezza e la propria memoria. Ecco come è nato il concorso “100 Volte Marche” che ha raccolto racconti, immagini, fatti e testimonianze di una regione che ha tanto da raccontare attraverso i suoi anziani. Le loro rughe e i loro sorrisi, qualche volta senza denti, nascondono storie d’amore e di guerra, racconti di piccoli borghi e di vita quotidiana persi ormai nel tempo dei ricordi. Un tesoro inestimabile di storie che vengono dal basso, storie comuni che alcuni di noi hanno avuto la fortuna di sentirsi raccontare dalla viva voce dei propri nonni e altri, purtroppo, non ne conoscono neppure l’esistenza.

E

Why Marche ha deciso di fare tesoro

campi e valori tradizioni. Tra le righe che

di queste storie, dedicando le pagine

leggerete riscoprirete modi di fare e gesti

che seguono proprio ad alcuni di

di un tempo che molti di noi vagamente

questi contributi. Lo scopo è uno solo:

ricordano. Riscoprirete il gusto della vita,

raccogliere la nostra ricchezza, la memoria

la gioia dei giochi in cortile, le lacrime

storica della gente comune che rende la

su una lettera d’amore, la crudeltà della

nostra regione tra le più longeve d’Italia.

separazione sotto le bombe, vi sembrerà di

Raccogliere le testimonianze degli anziani

sentire l’odore del pane appena sfornato o

marchigiani equivale a scrivere la storia della

la gioia del giorno di festa, magari entrando

nostra regione, di chi la vita l’ha vissuta

in cucina dove la nonna preparava i

davvero tra guerra, semplicità, lavoro nei

cappelletti fatti in casa.

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di Leila Ben Salah

Romildo Quando andavo a Elcito, da bambino, rimanevo ogni volta stupito da quelle persone misteriose che vivevano lassù, in cima alla montagna, con le pecore, i cappelli di lana, gli scarponi, nelle loro case di pietra bianca a picco sullo strapiombo. Si diceva che Fernando fosse capace di guarire le persone con i suoi poteri paranormali e che Gettulia parlasse con i gatti, dei quali comprendeva il misterioso linguaggio. Una volta avevo sentito raccontare da Peppino che c’era una buca senza fondo, proprio sotto il Monte San Vicino, capace di risucchiare qualsiasi cosa al suo interno. Ma a me incuriosiva di più Romildo, che si arrampicava tutte le domeniche sul campanile della chiesa e iniziava a suonare le campane per mezz’ora di seguito. Sembrava che conoscesse dei posti segreti dove crescevano dei prataioli squisiti anche fuori stagione e dei boschi misteriosi dove spuntavano porcini e persino tartufi di qualità sopraffina. Per questo in agosto si svegliava tutte le mattine alle quattro, per evitare di essere seguito dai villeggianti estivi che cercavano in tutti i modi di scoprire i posti dove crescevano quelle meraviglie della natura. Prima dell’alba apriva la stalla e partiva insieme agli ovini e qualcuno arrivò a sostenere che spesso si travestiva da pecora per confondere gli spioni. Una volta io e mio cugino decidemmo di seguirlo. Ci appostammo nel prato vicino alla stalletta, dietro alla fonte, dentro i nostri sacchi a pelo mimetici già fin dalla mezzanotte. Facemmo i turni di guardia di mezz’ora ciascuno, finché lui non partì alla testa del gregge. Tentammo di stargli dietro strisciando come serpi sul terreno per i primi cinquecento metri, poi il suo cane emise un debole latrato che a Romildo probabilmente era bastato per capire che c’era una qualche presenza inopportuna. Così, approfittando dell’oscurità e della sua perfetta conoscenza del territorio, scomparve dietro una roccia e non riuscimmo più a rivederlo. Verso l’ora di pranzo ritornò con al seguito il suo gregge e un canestro pieno di funghi profumatissimi. Si diceva anche che Romildo mangiasse delle erbe crude come il cardo mariano, il trifoglio rosso,

l’attaccamani, la pimpinella e la bardana, che avevano il potere di acuirne l’olfatto e di renderlo più longevo dei suoi simili. Non so se queste fossero solo dicerie; di sicuro dimostrava molto meno dei suoi ottantadue anni. Era anche un giocatore di briscola fenomenale. Ricordava tutte le carte uscite e giocava così velocemente, insieme al suo compagno Tito, che quasi nessuno riusciva a batterli. Una volta erano arrivati dei carbonai da Frontale e avevano giocato tutta la notte, ma alla fine quelli si dovettero arrendere e se ne ritornarono a casa con le pive nel sacco. Un giorno Romildo se n’è andato e con il tempo, uno dopo l’altro, tutti i fieri figli di Elcito lo hanno seguito. Adesso in cima alla rupe non è rimasto più nessuno degli antichi abitanti. Chi ci va, oggi, troverà una moltitudine di turisti e bambini vocianti che giocano a nascondino oppure con lo smartphone. Di pecore non c’è più nessuna, e molte delle loro stalle sono state ristrutturate per diventare seconde case dove trascorrere il ferragosto mangiando cocomero. Tutto è cambiato in pochi anni e, nonostante siano ritornati i lupi sul San Vicino, niente sarà più come prima. Anche se il fischio del vento, il profumo dell’elicrisio e il canto dei grilli, quelli sì, sono rimasti gli stessi. Storia di Renzo Mengoni

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PERCHE’

Amba Alagi «Portavo un dispaccio ad Amedeo di Savoia da parte del generale Nasi. Col mio mulo e pochi viveri dovevo raggiungere la strada per Macallè e risalire l’Amba Alagi seguendo un fosso al confine tra gli alberi e la montagna. Avevo paura nonostante avessi il moschetto carico sulla spalla; dalla boscaglia le urla incessanti delle scimmie e ogni tanto qualche colpo. Lasciata, sulla destra, Dessiè, occupata dagli inglesi, scesi verso il quartier generale del viceré, più a Sud.» «Avevo 27 anni; ero in Etiopia dal 1936. Sette anni di guerra, sì sette anni» continuò Cleto asciugandosi gli occhi. «E il ritorno a casa, a piedi, da Foggia, dopo l’otto settembre? Con i tedeschi che ci braccavano? A Ceppagatti io ero sotto un ponte e loro sopra. A casa, giurai che non mi sarei più mosso da lì. Interruppe il suo racconto in preda ai ricordi. «Non mi va di parlare di quegli anni; sono ancora una ferita aperta. Neanche ai figli ho raccontato tutto.» Cleto era un arzillo vecchietto di 92 anni con un po’ d’artrosi , come diceva lui, lucidissimo e curioso delle cose del mondo. Pochi capelli bianchi, occhi verdi.

«Mi alzavo al mattino presto e scendevo nella stalla ad accudire i manzi.»« La razza marchigiana è una signora carne» intercalava «poi nei campi: grano, viti, olivi, ortaggi, alberi da frutta, broccoli. Potare, arare, sarchiare, zappare; veder crescere le piante, maturare la frutta e l’uva. Che spettacolo! Quante volte mi fissavo a guardare un filare di Sangiovese o un grappolo di moscato indorato dal sole! D’inverno impagliare sedie e fare tini e doghe. Questa era la mia vita! E tenere i conti col padrone; lui aveva il fattore, io no.» «A me bastava la seconda elementare» rideva. «Cambiare le sementi del grano e del granoturco, invertire una coltura. Ci vogliono anche inventiva e fantasia per fare il contadino! Ma prima di tutto il lavoro ti deve piacere. È vero che oggi ce n’è poco ma i giovani devono innamorarsi di quello che fanno. Così avranno soddisfazioni di ogni tipo. La sera, seduto sull’aia, pensavo al giorno dopo; cercare l’acqua con la mia bacchetta magica di olmo, andare a fare le faccende del maiale dai vicini; mi ricordo ancora la quantità di sale per ogni chilo e per ogni tipo di carne! Organizzare i lavori; chiamare l’opera, cioè chi mi dava una mano. E poi stornellate e saltarello con il mio organetto» Mangiò un boccone di pane e olio e bevve un sorso di vino rosso. «Una volta lo facevo io e senza bisolfito» aggiungeva, sorridendo e arrossendo perché forse il bisolfito nel bianco lo metteva. Ma qualche bugia la diceva anche lui! «Quante volte l’ho sognato sull’Amba Alagi.» Sì quell’acrocoro tornava spesso nei suoi discorsi anche quando gli facevano notare la rigidità di un anulare che non riusciva a piegare. «Sull’Amba Alagi» cominciava;poi silenzio, e continuava: «Una volta sono scivolato e la lama innestata del moschetto mi ha reciso i tendini. Così disse il dottore.» «Pane e olio, verdure, frutta e legumi. Questa la nostra alimentazione. La carne dell’aia; d’inverno maiale e salsicce. Il pesce raramente; qualche anguilla, un’ arringa salata. Oggi i giovani mangiano all’americana, ma non so se va bene!»« Però mangiare così non mi ha fatto male vista la mia età» proseguiva « e un bicchiere di rosso ai pasti. Un consiglio? Lavoro fisico, tanta fantasia, e pensare che non siamo soli al mondo; non chiedere troppo!» Ora guardava il tramonto sotto il suo mandorlo secolare che era così «anche quando sono nato.» Storia di Giovanni Corradetti

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1938 Storia d’amore e di mare

Maria aveva gli occhi azzurri come il suo mare e il sale nei capelli, Bella! Maria profumava di donna. Era nata lì, in quel borgo di pescatori e “retare”. Tutto il suo mondo iniziava dal Borgo e terminava con la spiaggia di alghe spettinate. Altro non aveva mai visto, lì, tra il vento e le tamerici, dove il mare è vita e toglie la vita. Nel 1938 a Giugno le Scuole finirono, gli esami furono superati e si fantasticava su un improbabile futuro, i giovani sognavano! Quella del 1938 fu anche l’estate in cui gli occhi di Maria incrociarono quelli di Filippo detto “Puccio”. Lei, una lattaia analfabeta, lui diplomato, scarpe sempre lucide, occhi vispi e profondi. Maria, passava per il borgo con la sua bicicletta per lasciare il latte, tutti la conoscevano, ultima di 3 figlie femmine, orfana di padre, un padre strappatole dal Mare. San Benedetto non era grande, si erano sem-pre visti, ma non si erano mai guardati e guardandosi in quell’estate si persero l’uno nell’altro. Furono anni di sguardi

in chiesa, di baci rubati, anni in cui si aspettava la Festa del Paese e la Processione per respirarsi. In un tempo dove era proibito persino accarezzarsi decisero di amarsi e di sognare una vita migliore inseguendo l’America. Le estati passarono, e la salsedine e quella vita fatta di abitudini cominciava a stare stretta ai sognatori, così, una sera Puccio portò Maria in spiaggia, dietro le rimesse e con gli occhi pieni d’amore le chiese se voleva condividere il suo sogno “Maria, io parto per l’America, ma parto solo con te!” Maria lo baciò, annuì, con gli occhi pieni di lacrime, pensava ad una nuova vita per lei, con lui, inseguendo il loro sogno. Dopo pochi giorni Maria e Puccio si recarono presso il Comune di San Benedetto del Tronto per compilare la richiesta per l’ottenimento del passaporto per l’estero. Lei, con il vestito della festa, lui, con i riccioli neri appena tagliati, sottobraccio, ormai tutti sapevano, anzi, tutti dovevano sapere. Puccio con la sua grafia ordinata compilò e firmò la sua domanda, Maria che non aveva mai imparato né a leggere né a scrivere, quel giorno non poté compilare la domanda e Filippo non poté farlo per lei, perché Maria non sapeva neppure scrivere il suo nome. Le si spezzò il cuore. Mille lacrime le solcarono il viso, il vestito della festa era finito sotto una pioggia salata ed amara. Filippo non si arrese, così decisero. Lui partì con la promessa di scriverle tutti i giorni ed appena arrivato l’avrebbe sposata per procura, così, lei lo avrebbe raggiunto coronando i loro sogni. Ma la vita non è mai stata semplice. Scoppiò la Guerra e le lettere di Puccio non arrivarono mai. Maria smise di sorridere, ma non cessò mai di pensare al suo Filippo. Passarono gli anni, divenne la zitella del paese, a 26 anni era già stata fidanzata, era vecchia. La madre le trovò un vedovo, un brav’uomo e le chiese per cortesia di smettere di inseguirei suoi sogni “Mò Puccio pensa a tè?, sposati!”. Fù cosi che Maria sposò Nazzareno. Dopo 4 mesi dal matrimonio arrivarono le lettere di Puccio e la richiesta di matrimonio per procura. Quelle lettere le tolsero il sonno, le spezzarono il cuore, ma tutto era stato fatto. Maria e Nazzareno ebbero 4 figli, lui la amò molto, restarono tutta la vita insieme. Era il 1988 quando mia nonna Maria si spense ed addormentandosi esclamò,“Puccio mio!”, fu quella per me la prima volta che sentii parlare di Puccio e fu così che mia madre mi raccontò questa storia d’amore e di mare. Storia di Valentina Capannelli

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PERCHE’

L

e Marche sono una regione longeva, anzi la longevità è la sua caratteristica principale. Longevità è sinonimo di vivere a lungo e vivere bene. Lo confermano i dati statistici, ma anche le storie e i volti che il concorso ha raccolto in questi mesi. Queste sono le parole di chi questa regione l’ha vissuta davvero nel suo profondo, la storia e l’anima di questa terra sono impresse nei volti che scoprirete. Perché solo conoscendo la propria storia si può costruire il proprio futuro.

“Il retaio” Marino Retaio, 1934 Fano Autore: Wilson Santinelli

orano a, 1931, Cast eraia agricol simo Straccia as M : re to Au

“Ida” Ida, Op

“Il carn evale n on ha Autore: Luca To età” mbesi

“Mario” Mar io, Contadin o, 1928, Cerasa (PU) Autore: Wils on Santinel li

nostre anni delle ilvio, “Novant’ uardo” , S sg o n u in o n fa te n Marche o o, 1924, M cioni Contadin Fran o m si as Autore: M

“245 anni in un selfie” 1) Domenico, impiegato Comunale Castorano 1933 2) Carlo, impiegato Castorano 1935 3) Gaspare, agricoltore Offida 1931 Autore: Italo Pulcini

“La vita tra i campi” , 1932 Treia Ferdinando Contadino Autore: Marco Gentili

“Delia” Autore: Renzo Alesiani

Il concorso il 03/12/2015 ha premiato i migliori contenuti. Questi i premi assegnati: primo classificato sezione 100 volti, Luca Gaetano – foto “Pastore da ottant’anni”; primo classificato sezione 100 storie, Elena Coppari – racconto “Sandro”; primo classificato 100 mi piace, Mauro Valentini – racconto “Anita”. www.100voltemarche.it 62 | WHY MARCHE

Bic

ordi” i e di ric “Di volt ai, Cerasa, ll e 27) Mac n Santinelli ato (19 Wilso ) e Ren Autore: e (1928


La nuova dimensione del gioco

S.S. Adriatica Sud 228/d

GPLANET RESTAURANT

Il gioco è riservato ai maggiorenni e può causare dipendenza patologica. Per informazioni sulle probabilità di vincita e sul regolamento di gioco consulta il sito internet www.aams.gov.it e www.gplanet.it alla pagina Gioca Informato.

Da oltre 40 anni facciamo il vostro gioco w w w. g m g g a m e s. i t

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SPIRITO

TOUR DELLE MARCHE… CON I

LEGO

Da Pesaro a San Benedetto del Tronto passando per Ancona, Urbino, Corinaldo, Grottammare e Ascoli Piceno. Da un anno circa sul social network Instagram dedicato alle fotografie postate dagli utenti, appaiono dei simpatici omini gialli, gli inconfondibili pupazzi della Lego, che posano davanti al Passetto di Ancona, o immortalati mentre ammirano scorci paesaggistici delle campagne e delle rive marchigiane. È nato così, per caso, il progetto di due ragazzi di San Benedetto del Tronto che, uniti dalla passione per le costruzioni Lego e per la fotografia, hanno aperto un account su Instagram (Lego Project Photo) lo scorso gennaio. Lei, studentessa di 25 anni alla facoltà di Economia, lui, 23 anni, iscritto al corso di laurea in Ingegneria, entrambi all’Università Politecnica delle Marche. E proprio alle Marche hanno deciso di dedicare il loro hobby. I due giovani, che si fanno chiamare “Lego Boy” e “Lego Girl”, perché non vogliono svelare la propria identità, hanno così creato un fenomeno mediatico che conta oggi circa più di quattordicimila followers. “Tutto è nato durante un noioso pomeriggio di gennaio - racconta la ragazza - quando abbiamo deciso di scattare alcune fotografie con la nuova fotocamera ricevuta per il mio compleanno”.

COME È NATA L’IDEA DI UTILIZZARE PUPAZZI LEGO PER RACCONTARE LE MARCHE?

In verità, per caso. Stavamo sfogliando una rivista e ci ha colpito un servizio fotografico matrimoniale in cui due pupini Lego portavano all’altare le fedi. Così, il mattino successivo ci siamo svegliati all’alba e siamo andati a scattare le prime foto.

IN MOLTE DELLE IMMAGINI CHE AVETE POSTATO SUL PROFILO INSTAGRAM COMPARITE ANCHE VOI, MA MAI IN MANIERA NITIDA. COME MAI LA SCELTA DI MANTENERE SEGRETA LA VOSTRA IDENTITÀ? Inizialmente abbiamo creato il profilo social Instagram e, successivamente, Facebook, completamente slegati dai nostri account personali, proprio per vedere quanto il progetto riuscisse a crescere in maniera spontanea, disinteressata. Abbiamo poi continuato a mantenere questa scelta.

QUANTO TEMPO DEDICATE AL PROGETTO E COME VI ORGANIZZATE, OGNI VOLTA, CON I PUPAZZETTI E I LUOGHI IN CUI IMMORTALARLI? La maggior parte delle fotografie riguardano Ancona

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e dintorni, infatti per noi è un hobby, un passatempo, un’occasione per svagarci un po’. Organizziamo una gita fuori porta e ci portiamo dietro gli omini Lego. Se poi ci capita di recarci all’estero, o fuori dalle Marche, anche da soli, non perdiamo occasione per scattare foto delle città in cui ci troviamo, dato che ormai è diventata un’abitudine uscire di casa con qualche pupazzetto Lego in tasca! Per quanto riguarda la scelta dei personaggi, se abbiamo una destinazione mirata, prima di partire passiamo in un negozio di Ancona che ci fornisce gratuitamente i pupazzetti che ci occorrono, altrimenti utilizziamo quelli che abbiamo dalle nostre collezioni.


di Ilaria Cofanelli

C’È UN LUOGO DELLE MARCHE CHE VI HA PARTICOLARMENTE AFFASCINATO IN CUI AVETE RICREATO GLI SCENARI A MISURA DI LEGO? Tante delle fotografie più belle riguardano Ancona,

ma ce n’è una particolare, di Urbino, che ci piace tantissimo. Riguarda un paio di personaggi Lego della serie di Star Wars, in cui entrambi si tolgono il casco per ammirare meglio il paesaggio. In effetti, in quella foto viene immortalato uno scorcio stupendo di Urbino, e gli omini Lego rappresentano proprio l’espressione e l’atteggiamento estasiato di chiunque passerebbe per quella parte di Urbino e si fermasse ad ammirare il paesaggio circostante.

PESARO-URBINO, ANCONA, MACERATA, FERMO E ASCOLI PICENO. AVETE GIRATO E RACCONTATO TUTTE LE PROVINCIE MARCHIGIANE. MA C’È UN LUOGO CHE ANCORA NON AVETE IMMORTALATO E IN CUI VI PIACEREBBE AMBIENTARE IL PROGETTO? Sicuramente le Grotte di Frasassi, ma al momento non riusciamo, causa esami universitari. Probabilmente rimanderemo a febbraio.

LEGO PROJECT PHOTO È SBARCATO ANCHE FUORI DAI CONFINI REGIONALI. IN PARTICOLARE, QUALI CITTÀ AVETE IMPRESSO SU OBIETTIVO? Bruxelles, Bratislava, Vienna, Udine, Milano: ovunque ci rechiamo, cerchiamo di unire la passione per la fotografia a quella per i Lego.

A QUALE IMMAGINE, TRA QUELLE CHE AVETE SCATTATO, SIETE PIÙ AFFEZIONATI E RAPPRESENTA AL MEGLIO SIA IL VOSTRO PROGETTO, SIA LA VOSTRA PERSONALITÀ?

Una delle nostre preferite è quella che abbiamo scattato al Museo del Novecento, a Milano. In primo piano appare una coppia di omini lego, un maschio e una femmina, e sullo sfondo ci siamo noi. Dalle vetrate si intravede la facciata del Duomo. Siamo affezionati a quell’immagine, anche perché i due pupazzi Lego li abbiamo ricreati proprio a nostra immagine e somiglianza, quindi ci rappresentano particolarmente. Un’altra fotografia che ricordiamo con piacere è quella che immortala due omini Lego con una medaglia al collo e, in secondo piano, noi che saltiamo, dopo che ci hanno comunicato la vittoria agli Igers Awards 2015 nella categoria Intrattenimento (si tratta del Premio Nazionale Instagramers Italia, che prevede tredici categorie di concorso, per ognuna della quale c’è un vincitore, ndr).

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SPIRITO

«SE LLEROY FOSSE UNA PERSONA FISICA, IN CARNE ED OSSA, ANDREBBE CERTAMENTE RINCHIUSO IN MANICOMIO».

di Paola Donatiello

I LLEROY

Nicolò Riccomagno

Continua la rassegna “Musica indipendente delle Marche” grazie alla quale possiamo mettere in luce le varietà d’espressione artistica figlie del nostro territorio. Abbiamo conosciuto i suoni sorprendenti dei Camillas, le note sperimentali dei Dadamato, il folk-rock cantautorale degli Arbitri Elegantiae e la poetica armoniosa di Silvano Staffolani. Ci spingiamo oltre affrontando un genere diverso noise-rock lacerante e acuminato che flirta «con l’hardcore meno standardizzato e strizza l’occhio sia al periodo d’oro Amphetamine Reptile sia alla Grande Mela, anche se ne dà una lettura personale e potenziata, sulla quale poi innesta il cantato in italiano, ingrediente che caratterizza ancora di più una formula già in grado di ‘far sanguinare le orecchie’» secondo le parole di Michele Giorgi di The New Noise. www.youtube.com/watch?v=f7lQsD3t4YY

l’impatto sonoro che ne deriva coinvolge l’ascoltatore distruggendo in lui qualsiasi convinzione precedente. La caratteristica principale di cui queste musiche sono permeate è sicuramente una chiara disillusione mista a rabbia, espresse in maniera grandiosa». https://www.youtube.com/watch?v=rWd3lBMmaR8

I Lleroy sono un power trio mud-core d’origine marchigiana trapiantato a Bologna, amano descriversi come musicisti «devoti allo psycho-vandalismo ed a qualunque forma di misticismo confusionale: muri distorti, batterie pestate, semplicità istintiva e cruda». Il gruppo nasce nel 2000 composto da Francesco Zocca dall’affinatissima chitarra e voce tagliente, Giacomo Zocca all’basso dalla ritmicità ossessiva e Riccardo Ceccacci alla batteria dal drumming ipercinetico. Registrano il loro primo album autoprodotto nel 2003 come Raptus, mentre nel 2008 a nome Lleroy collaborando con la Bloody Sound Fucktory, pubblicano il loro primo vero album dal titolo Juice Of Bimbo e nel 2013 Soma, con al basso Chiara Antonozzi. La nuova composizione dei Lleroy li fa slittare a pieno nel noise-core in grado di rappresentare in note, tecniche, dissonanze, tracce… quel disagio e la sofferenza sociale, la violenza strutturale quotidiana. Soma è un album coinvolgente ed impattante dalla ritmicità ossessiva così descritto da Azzurra Caruso di Onda Alternativa: «L’album è composto da nove tracce talmente ossessive che

I Lleroy sono tre ragazzi, due uomini e una donna, due jesini e una reatina che vivono a Bologna, amano la musica e suonano insieme da 5 anni. Si tratta di un chitarrista che canta anche, un batterista che non canta, una bassista che a volte canta.

Le varie evoluzioni nel gruppo ed il loro stile travolgente, tagliente e spettacolare che li contraddistingue, creano sul palco e nella loro evoluzione musicale sempre nuove forme per arricchire ogni volta la loro esperienza artistica. Conosciamo meglio il trio dalle parole di Francesco Zocca. Buona lettura.

Chi sono i Lleroy?

Come è nato il nome? Il nome è quello del gatto nero di mia nonna però scritto male…

Quale il legame con le Marche? Beh è da lì che veniamo, da Jesi, la culla del noise punk marchigiano. Poi nel 2009/2010 ci siamo trasferiti a Bologna, ma ancora oggi il legame con le Marche rimane molto forte. Tutto è partito da lì, i nostri primi ascolti, i nostri primi concerti, il circuito underground, i centri sociali (che ancora oggi sopravvivono!), le feste, gli amici, gli amori, le label Bloody Sound¹, Marinaio Gaio² e Valvolare Rec che hanno veramente fatto qualcosa a livello musicale e creato il giro giusto per uscire dall’anonimato: festival, produzioni di dischi, fanzine, webzine, collaborazione con i locali della zona e con le altre etichette del circuito indie italiano, concerti con gruppi anche stranieri di un certo spessore… insomma diciamo che dal 2000 fino al 2008 è stato una bomba vivere nelle Marche! WHY MARCHE | 67


VIAGGIO ATTRAVERSO LA MUSICA INDIPENDENTE DELLE MARCHE Quale la storia delle origini musicali e del gruppo? Siamo stati sempre un power trio ma prima di trasferirci a Bologna c’era mio fratello Giacomo al basso, con lui abbiamo registrato il nostro primo disco “Juice of Bimbo” era il 2008. Poi lui ha lasciato il gruppo ed è subentrata Chiara. Tutto parte dal punk e dal grunge, dalle sonorità più ostiche di Seattle e dintorni, in particolare Melvins e i primi Nirvana… per poi spostare l’asse su Minneapolis e la mitica Amrep Records, quindi il punk rock noise più sporco e ostico che le mie orecchie abbiano mai sentito. Gli anni ‘90 sono per noi una fucina musicale infinita e irripetibile da cui attingere.

Come definireste il/i genere/i che fate? Non lo so, una volta scrissi mud-core e non mi dispiace. Qualcosa che ha dei ritornelli, suona molto forte ed è sporchissimo.

Da Raptus a Juice Of Bimbo e a Soma, quale l’evoluzione del gruppo e le influenze musicali? Prima eravamo più quadrati ora ci stiamo lasciando andare, più rock’n’roll meno metal. https://www.youtube.com/watch?v=Gc-8GzDVqvw

Dicono di Soma: «Soma è violenza allo stato puro. Una violenza folle, malsana, viscerale, irrefrenabile. Nove brani dai suoni ruvidi e diretti, con riff di chitarra capaci di erigere possenti muri schiacciasassi o di portare a segno affondi decisi e taglienti come lame. Un sound che affossa le sue radici nel post-noise di Melvins ed Helmet, che si è appropriato dell’immediatezza dell’hardcore, della schizofrenia di sperimentazioni math-rock. Alla voce metteteci uno sotto effetto di acidi o qualcuno in preda ad una crisi isterica; il quadro è completo. Un caos generale nel quale anche le linee vocali sembrano soffocate dal frastuono assordante degli strumenti. Ma non servono troppi giri di parole. Canzoni come “Tignola” e “Ultimi Sintomi” vi prenderanno e rivolteranno come calzini. Perché “Soma” è un disco letteralmente devastante e i

deboli di cuore devono starne alla larga» scrive Nicolò Riccomagno su Rockit

Quale album o canzone siete più affezionati e perché? Non esiste lo sono tutti/e.

Da dove traete ispirazione per i testi? Dalle nostre vite da ciò che vediamo, sentiamo, odoriamo gustiamo, tocchiamo…. Quasi sempre robe brutte.

Cosa si nasconde dietro una canzone? Una valvola di sfogo, una terapia contro il triste quotidiano.

Qual i progetti in corso e i progetti futuri? Stiamo lavorando sul nuovo album, uscirà (speriamo) il prossimo settembre. Vogliamo fare il disco della vita! Abbiamo parecchi pezzi, tutti da chiudere , vediamo… ci piacerebbe molto collaborare con etichette estere e poi suonare dal vivo, suonare suonare suonare…

Quale è il rapporto con gli altri gruppi emergenti, affermati, indipendenti ecc? Dipende a chi ti riferisci, ottimi rapporti con tutti, più o meno siamo tutti amici, non conosco gruppi affermati…. oppure forse solo loro pensano di esserlo.

Aneddoti vari da raccontare? Mah… non saprei… i nostri live sono sempre molto agitati…. Posso dirti di quella volta che un tipo è salito sul palco e si è tirato giù i pantaloni… di quell’altra in cui sono finito dentro un abbeveratoio per animali (suonavamo dentro una stalla, il mitico Poderoso Fest…), di quella volta che ho distrutto la chitarra al Bologna Brucia…

Prossimi appuntamenti dove possiamo incontrarvi? Dentro al vostro stereo quando uscirà il nostro nuovo disco!

Per informazioni: http://lleroy999.bandcamp.com/ https://www.facebook.com/LLEROY999/

NDR¹ Bloody Sound Fucktory è un'etichetta indipendente, attratta per istinto e affinità elettiva dalla sottocultura rock e dai suoi aspetti border line; da ciò che rielabora il canone e sfugge alle definizioni. Per sua natura è indifferente ai generi: li attraversa. E' indifferente alle mode, così come alle ideologie; all'alto o basso grado di fruibilità di un progetto musicale, così come al suo spessore sperimentale. Ama semplicemente ciò che la colpisce per attitudine. Pubblica e promuove i dischi che avrebbe sempre voluto trovare sugli scaffali del proprio rivenditore di fiducia. Non sottopone contratti da firmare: prende accordi. Non è il viatico per la gloria. Non fa promesse che non può mantenere NDR² Organizzazione di concerti, produzione dischi ecc., nata a Senigallia nel 2005 e fondata dai Dadamatto, Above the tree, Chewingum, Mazca, Gallina, Ogino Knaus, LLeroy. Sostenuta e coprodotta da I Camillas, X-Mary, Bob Corn, Butcher Mind Collap

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TUTT’ALTRO CHE MORBIDO a cura di Alessandro Morbidelli

In fuga da Milano, il rifugio trovato nelle campagne marchigiane e l’incontro con lui, il vecchio che bada ai cani, Natalino. Nuovo appuntamento con le avventure del Meticcio, giovane problematico e diffidente. Terzo episodio della serie breve in esclusiva per Why Marche. Fateci sapere cosa ne pensate a: a.morbidelli@whymarche.com

Meticcio [3]

Il rumore della pala che striscia sulla ghiaia, si incassa e tira su l’escremento, è il sottofondo ideale per pensare a tutto quello che hai lasciato a Milano, perché Milano ti sembra davvero quel secchio che piano piano si riempie. Lì, dove sei adesso, a pulire i box del canile di Natalino, ti pare di aver allargato i confini. Anzi, di averli addirittura eliminati del tutto. Alzi lo sguardo al cielo, poi senti un misto di calore e di bagnato arrivarti sul dorso della mano. Ti volti e vedi Bibo. Ti guarda con quegli occhi velati di cataratta, ti lecca di nuovo le nocche. Poco dietro di lui c’è Bibi, mentre dentro alla cuccia se ne sta Biba. A quessi l’ho chiamati cuscì. Tanto a loro que je frega de come se chiama. A loro je basta che li guardi ‘ntell’occhi. Li tengo insieme e a loro va be’ cuscì. Natalino oggi non è in forma. Lo vedi da come muove le mani per mescolare pasta e crocchette nel calderone. Sembra che gli facciano male le dita, che gli tremino i polsi. Sbuffa più di una volta. Tira su con il naso, che si pulisce di tanto in tanto con la manica della giacca a vento. A un certo punto sembra fermarsi, perde lo sguardo a terra. Scuote la testa, bestemmia e continua a mescolare. Poi si alza, prende una vecchia tazza, la immerge ed esce dal recinto dei box. Lo vedi fare il giro, fermarsi all’altezza di un ulivo che avrà i suoi stessi anni, e versare il contenuto per terra. Poi torna dentro.

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Sta’ a guarda’, eh... eccolo, ‘l vedi? Guarda quanto è bello. Io n’ho visti poghi de ca’ belli cuscì. C’ho provato a mettelo chiddentro al recinto, ma non se fa pià. Guarda che pelo chiaro. Lu ‘riva, magna, sta’ chi d’intorno pe ‘n pezzo, eppo’ va via, torna giù la selva. È un meticcio dal pelo corto e chiaro, ha gli occhi di due colori diversi. Non è tanto grande. Sui fianchi, il segno delle costole si aggiunge a quello dei muscoli. Non sapresti dire a quale razza somigli di più, sembra un pezzo di campagna che ha deciso di muoversi e di venire a mangiare. Vi guardate, e lo sai. Che dopotutto non è tanta la differenza tra te e lui. Siete senza niente, con un vecchio che vi prepara da mangiare, non avete un posto vostro perché un posto vostro non lo volete, state per un certo periodo della giornata lì, al canile di Natalino. Poi tornate al vostro nulla. Chissà se, tutti e due, esistete davvero. La prima volta che l’hai visto hai chiesto a Natalino come si chiamasse. Non je l’ho datto mai, un nome. De siguro ce n’ha uno, ma io nol so. Ma tanto io e lu’ non c’avemo bisogno de chiamacce per nome. Ce basta guardacce ‘ntell’occhi. Te l’ho detto, no? Con loro basta guardasse lì. Natalino ha la bocca storta, dopo essere rientrato. Serra i denti e abbandona la schiena sulla sedia. Si toglie il cappello e guarda il cielo. Madonna mia, dice svariate volte. Allora ti preoccupi, esci dal box di Bibo, Bibi e Biba e ti avvicini. Lo guardi senza dire niente. Lui si accorge di te e ti guarda a sua volta. Una goccia di sudore gli scende sulla fronte. Tu gli fai un cenno con la testa. Lui abbozza un sorriso e si passa la mano sulla faccia. Quando la toglie, l’unto della sbobba gli rimane su una guancia. Trema.

«Che hai? Stai male?» gli chiedi. No, no... non sto male... È che oggi me sta a succede ‘na cosa strana ‘mbelpo’. Non m’era successo mai. Io tanti anni fa c’avevo ‘na moje. Ce semo sposadi giovani. Po’ lia poretta è morta pe ‘n malaccio. Ma oggi non me ricordo. Non me ricordo come se chiamava... Quando torni a casa di tuo nonno ti infili sotto la doccia. L’acqua scivola sul collo, sulle spalle, lungo le braccia, avvolge le gambe. Ti guardi il fianco. Lì, dove il cane libero aveva costole e muscoli, tu hai costole e muscoli. E il segno di una coltellata. Ti ricordi solo che l’hai presa in una rissa e che a quello che te la diede tu gliene desti un paio sulle chiappe. Ma no, non ti ricordi che faccia avesse. Non ti ricordi il colore dei suoi occhi. Non ti ricordi nient’altro che il freddo di quel coltello che è entrato e poi uscito. Se non avessi quella linea di pelle rabberciata, non ti ricorderesti nemmeno di averla mai presa, una coltellata. La sera, quando ormai per strada non c’è più nessuno, esci, con il cappuccio del giaccone calato sugli occhi. Sai che Natalino abita in paese, giù a valle. Raggiungi casa sua, un piccolo appartamento vecchio quanto la storia del paese stesso, lungo una stradina stretta. Suoni il campanello. Viene ad aprirti. Quando ti vede rimane sorpreso e ti fa segno di entrare, ma tu non hai voglia di altri confini. «Te li ricordi gli occhi?» gli dici. Lui ti guarda spaesato. «Gli occhi di tua moglie.» Allora capisce. Sorride. E ti fa cenno di sì, con la testa, che gli occhi di sua moglie se li ricorda. Ti volti e te ne vai. Dietro di te, senti la porta di casa di Natalino che si chiude. Inizia a piovere. Chissà dove se ne sarà tornato quel cane che dentro a un box non ci vuole stare. Chissà dove te ne andrai tu, alla fine di questa storia. Ma soprattutto, chissà se, tutti e due, esistete davvero.

CONSIGLI DI LETTURA: “Seconda - 15 autori che danno del tu” è un’antologia di racconti scritti in Seconda Persona Singolare al Presente (SPSP) da autori e autrici vari, emergenti e non. È scaricabile gratuitamente dalle principali piattaforme di e-book a partire da novembre 2015. Curatori del progetto sono Serena Bertogliatti e Davide Schito che, dopo aver fondato un gruppo su Facebook chiamato “Scrittori che danno del tu” e averne constatato il gran numero di adesioni, hanno deciso di bandire un concorso letterario che selezionasse i migliori 15 racconti scritti con questa tecnica narrativa. Ad aiutarli nella valutazione e nella selezione, lo scrittore Ferdinando Pastori e me medesimo, il vostro “tutt’altro che morbido”.

Seconda segnalazione di oggi, un autore che le pagine di Why Marche conoscono già: un blister di cattiveria, contaminazioni di generi legate dal filo rosso della crudeltà, un campionario dai recessi più laidi dell’umanità per raccontare mondi grotteschi e inquietanti, presenti, passati, futuribili, ai confini della realtà eppure terribilmente vicini a noi. Mondi che forse sono già dentro di noi e non ce ne eravamo nemmeno accorti. Dalle sponde dell’Adriatico a Dubai, dalle verdi colline della Vallesina alla natura selvaggia di Johannesburg. “Pillole di cattiveria” (Italic/Pequod, 2015) è il nuovo lavoro dell’autore multiplo che si cela dietro lo pseudonimo di Pelagio D’Afro. Andate e leggete.

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SPIRITO

NATALE DECOUPAGE La mia amica Rosanna mi invita per un caffè a casa sua e orgogliosa sfoggia in tutta la sua maestosa imponenza un albero di Natale di quasi due metri pieno di palline ricavate da gherigli di noci spalmati di lucido glitter e fiocchetti rosso corallo. La sua ultima creazione. Che te ne pare!? Eh? Non è bellissimo!!!???? Rosanna sta con Roberto da quasi dieci anni e ancora non si decidono a fare il grande passo, si che si vorrebbero sposare, ma c’è la casa da finire, le rate della macchina da pagare, i cani e il contratto di lavoro che non si trasforma mai in indeterminato. Rosanna ha le mani d’oro e novella Re Mida, ha la spiccata tendenza ad impreziosire tutto ciò che tocca. Adora fare da sé centri tavola, saponi artigianali, conserve, cuscini e piccoli oggetti d’arredamento. Passa le sue serate tra un sito e l’altro per sperimentare i tutorial più complessi su come trasformare un bancale in una seduta alla moda e durante il weekend si applica con ostinata abilità nel realizzarlo. Ci prendiamo una birra sabato Ros? Non posso devo dare la seconda mano di flatting a quella cassetta della frutta che sto trasformando in comodino. Rosanna, pur essendo preparata a decorare qualsiasi festività, dà il meglio di sè durante il Natale. Palle e ghirlande la gasano, candele e lucine la esaltano, fiocchetti e pungitopo le provocano l’orgasmo. Fa la cassiera part-time in un ipermercato e fatica a mettere insieme un vero stipendio, questo però non le impedisce di spenderne la metà in materiale di prima scelta per le sue creazioni. A volte azzardo ipotesi fosche e disparate che possano spiegare tanta devozione al decoupage: Dì la verità Ros, stai tentando di espiare una colpa? In una vita precedente eri una regina spietata e anaffettiva! Lei fa una risata squillante e mi racconta che la sua infanzia è stata felice e che lavorare a queste cose la rilassa. Ovviamente la lunga preparazione al Natale deve iniziare per tempo e appena dismesse le ragnatele di Halloween, comincia a sfogliare le riviste di settore e a consultare board su board di Pinterest per capire che tipo di Natale la aspetta: Shining Glam o Shabby Chic? Rosanna sa già che non avrà serate libere da quel momento in poi e la mattina si presenta al lavoro con le occhiaie, per il

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di Andrea Cozzoni

sonno perso aspettando che le bucce di arance si seccassero in forno. Rosanna è anche molto ambiziosa e oltre a regalare le sue creazioni ad amici e parenti, certa di far cosa gradita, aspira ad accaparrarsi una fetta del mercato delle decorazioni Natalizie. No alle cineserie da centro commerciale e largo all’artigianato artistico cesellato dalle sapienti mani e dall’ineffabile buongusto di Rosanna. Nei freddi fine settimana che anticipano il venticinque dicembre, se cerchi bene, la trovi in uno di quei mercatini organizzati in provincia, quelli che rallegrano le città con le loro cianfrusaglie, fanno tanto festa e rendono pedonabili le vie del centro. Una signora grassoccia che propone guanti in pile di tutti i colori, un tizio torvo e baffuto che vende dischi di seconda mano, Rosanna e le sue pecorelle fatte all’uncinetto con a fianco bambini delle elementari che danno via vecchi fumetti appartenuti ai loro genitori, a chiudere l’immancabile banchetto di raccolta fondi per i bambini poveri. Roberto la accompagna, anche se aveva giurato che la volta precedente sarebbe stata l’ultima, che il mal di gola non se lo prendeva di nuovo per seguire le manie di lei. Il cuore di Roberto però è una colla vinilica che non si asciuga mai, così si sveglia presto e prepara un thermos di caffè, quattro panini al prosciutto e controlla che il tablet sia bello carico. Bisognerà trovare un modo per ingannare le ore di vuoto intorno all’ora di pranzo, quando tutti sono a tavola e lui e Rosanna non si potranno muovere perchè qualcuno potrebbe approfittare del banchetto incustodito. Quando la barba, che Roberto si è lasciato negli ultimi mesi, perchè a Ros piace un sacco, è completamente zuppa di nebbia e la puoi strizzare con le mani, è ormai ora di tornare a casa. Prendono gli scatoloni e ripongono uno ad uno gli oggetti non venduti. Rosanna puntigliosa fa una sorta di inventario con carta e penna alla mano: quattro pezzi venduti, dueeuroecinquanta a pecorella, totale dieci euro. Dai oggi è andata bene! Sono contenta! Le mie pecorelle erano molto più belle dei presepi fatti con i sassi che vendeva la bionda in fondo alla piazza! Hai visto poi quanto erano pacchiane quelle ghirlande che facevano i due di Osimo? Certo sono stata fortunata che è arrivata quella bambina con la mamma e se ne sono comprate quattro tutte insieme di pecorelle...altrimenti...forse dovrei aggiungerci dei brillantini o farle più piccole e abbassare il prezzo...per renderle più appetibili dico, boh, ci devo pensare... Amore, lo sai, la gente è priva di gusto e non ci capisce niente di queste cose. Le tue pecorelle vanno bene così. Dài, andiamo a casa, che dici se ci fermiamo a prendere la pizza per cena?

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SPIRITO

PREVISIONI CON LE CIPOLLE Che tempo farà?

Come sarà il 2016? Potremmo consultare ovunque aggiornamenti meteo di esperti che ci spiegheranno nel dettaglio ogni perturbazione dell’anno ma volete mettere con il sapore di affidarsi alla lettura della cipolla, la tecnica più usata fin dal medioevo e… quasi infallibile!

L

’inizio del nuovo anno è il momento degli oroscopi, delle previsioni, della programmazione delle attività, oltre che dei buoni propositi. Era così anche per i nostri avi che a gennaio volevano scoprire che tempo avrebbe fatto in modo da programmare al meglio le semine e le altre attività agricole. La modalità di previsione più diffusa nell’Italia centrale, ma è bene ricordare che esistono alcune varianti, è in realtà una combinazione di due tipi di osservazione. La prima consisteva nell’esaminare i cosiddetti “giorni

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conterecci”, quelli che vanno dal 1° al 24 gennaio. In sostanza si ritiene che il tempo che prevarrà il primo di gennaio sarà quello dominante per tutto il mese, quello del 2 gennaio il tempo che caratterizzerà febbraio e così via fino al 12 (quindi ad esempio se il 10 sarà umido e piovoso avremo un ottobre con precipitazioni abbondanti). L’osservazione non termina qui, infatti, per essere più precisi e sicuri i nostri antenati osservavano anche il tempo dominante nei giorni conterecci seguenti, procedendo all’indietro: così al 13 corrisponde dicembre, al 14 novembre, ecc.

A questa pratica si univa poi quella che forse è la più nota, quella dell’osservazione della cipolla. Questa seconda modalità di previsione è più rapida: una grossa cipolla dorata va, infatti, posta all’aperto per tutta la notte del 24 gennaio e poi interpretata all’alba del 25, giorno della conversione di San Paolo, considerato fin dal medioevo come un giorno di marca, utile per trarre auspici, come la candelora del 2 febbraio. La “conta” si effettua prendendo un bulbo di cipolla tagliato su un tagliere prima in due poi in quattro parti: la metà che cadeva sulla


di Silvia Brunori

una grossa cipolla dorata va, posta all’aperto per tutta la notte del 24 gennaio e poi interpretata all’alba del 25

destra corrispondeva ai mesi pari, quella che cadeva sulla sinistra ai dispari. La cipolla deve essere poi sfogliata in modo da ottenere 12 parti, un trimestre per spicchio (riaspettando la successione mesi pari e dispari - parte destra e sinistra); queste devono poi essere posizionate nel tagliere da sinistra verso destra su due file da sei, cosparse di sale fino ed esposte su un davanzale volto a oriente. La mattina seguente, all’alba, il tagliere deve essere ritirato e analizzato in pochi minuti, per evitare che i risultati si alterino col calore dell’interno. In ogni parte della cipolla si analizza il grado di discioglimento del sale: se il sale si è sciolto e ha lasciato goccioline d’acqua, il mese corrispondente a quello spicchio sarà ricco di pioggia; se invece non si è sciolto, si avrà siccità, se si è avuto un discioglimento solo parziale, il tempo del mese sarà variabile. Se

il discioglimento interessa solo una parte della sfoglia (quella alta, centrale o bassa) le precipitazioni riguarderanno principalmente la prima, la seconda o la terza decade del mese. Questa interpretazione va poi combinata con l’analisi dei giorni conterecci che dovrebbe fornire un quadro più completo

(o ingarbugliato!). I risultati saranno però validi solo in un’area circoscritta poiché le condizioni meteo dei giorni conterecci saranno diverse da luogo a luogo e diversa sarà l’interazione tra il sale e la cipolla a seconda delle peculiari condizioni climatiche. Custode di questa tradizione è Emanuela Forlini insegnante di Urbania che ha ereditato tutte le tecniche del rito dal nonno; l’originale bollettino meteo che ricava ogni 25 gennaio è sempre

più richiesto, di anno in anno, da curiosi e giornalisti. Ribadendo che la tecnica non ha alcun presupposto scientifico, Emanuela porta avanti questa tradizione per puro amore per il passato e gli antenati, ma qualcuno, basandosi sui responsi degli ultimi anni, ne ha ricavato una percentuale di affidabilità pari all’80%, cioè quasi pari alle previsioni a breve termine compiute dai meteorologi ufficiali. Non sapete quando è il periodo migliore per godervi un po’ di ferie e restare nei paraggi? di risistemare il giardino di casa? di sposarvi? Gli ingredienti per tentare una previsione meteo personalizzata ora li avete tutti, non vi resta che iniziare a segnarvi sul calendario il tempo dei primi 24 giorni di gennaio e aggiungere una cipolla alla lista della spesa!

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SPIRITO

DICEMBRE 2015 - GENNAIO 2016

Il proverbio: La carità è il solo tesoro che si aumenta col dividerlo

Un giorno accadde 3 gennaio 1870. Veniva dato il via ai lavori per la costruzione del Ponte di Brooklyn, a New York. Progettato dall’ingegnere tedesco John Roebling, fu il primo costruito in acciaio e rimase a lungo il ponte sospeso più grande al mondo. I lavori di costruzione durarono 13 anni, richiesero la manodopera di 600 operai e costarono 15.5 milioni di dollari dell’epoca. Il Ponte, che collega l’isola di Manhattan al quartiere di Brooklyn, venne aperto al transito il 24 maggio 1883.

Ho sognato… ... di volare – 13 – È tra i sogni più frequenti, che fa parte dell’esperienza di ciascuno di noi. È capitato a tutti, infatti, di... volare, sopra una città, le montagne, il mare! Ci siamo staccati da terra e, via verso il cielo, fra le nuvole, lontani dalla piatta routine, alla ricerca di qualcosa di nuovo, affascinante, che appaghi il desiderio di novità. Sognare di volare indica il desiderio di staccare dalla quotidianità, di imprimere un nuovo corso alla propria esistenza.

Barbanera buongustaio Capitone allo Spiedo

Tempo (min.): 40 + 2 ore per la marinatura Difficoltà: Facile Calorie per porzione: 650 INGREDIENTI (per 4 persone): 1 anguilla (capitone) da circa 800 g - 1 bicchiere di olio extravergine di oliva - 4 cucchiai di aceto - 4 foglie di alloro - 3 fette di pane casereccio 1 cucchiaio di pangrattato - sale - pepe. Pulire il pesce e tagliarlo a pezzi da circa 5 cm di lunghezza, poi lasciarli marinare per 2 ore in olio, aceto, sale, pepe e 1 cucchiaio circa di pangrattato. Infilarli quindi sullo spiedo, alternandoli con pezzi di pane e foglie d’alloro. Arrostirli in forno o sulla brace, spennellandoli spesso con il liquido della marinata e girandoli per farli cuocere uniformemente. Servirli caldissimi.


BUONE ECOPRATICHE d’Inverno SAPONE IN BARATTOLO

Se della saponetta usata è rimasta soltanto una scheggia, invece di buttarla la si può mettere in un barattolo di vetro, naturalmente riciclato! Quando saranno state raccolte un po’ di queste scaglie, vanno sciolte con acqua e ammoniaca. Sono perfette da utilizzare per strofinare bene i colletti ed i polsini delle camicie, prima di lavarle. In questo modo otterremo delle camicie pulitissime e noi avremo risparmiato sul detersivo che, essendo rigorosamente ecologico, darà una mano anche all’ambiente.

VIVA LE BUCCE!

“La patata dà più forza quando è cotta con la scorza”, dice un vecchio proverbio. La buccia della frutta e di alcune verdure contiene infatti sostanze benefiche come antiossidanti, vitamine e fibre, utilissime per la salute. Inoltre, le patate novelle arrosto, se cotte con la buccia, sono anche più buone. Le bucce delle mele si possono invece essiccare su cordicelle, come quelle degli agrumi, per farne tisane, con quelle fresche del limone si prepara il limoncello. Ma solo con frutta e verdura rigorosamente biologiche!

PESCANDO QUA E LÀ!

Agrifoglio portafortuna L’agrifoglio da sempre è considerato una pianta magica, fin da prima dell’avvento del Natale cristiano, quando già si riteneva che portasse fortuna. Regalare l’agrifoglio è dunque un gesto benaugurante e il dono è bellissimo: la pianta ha infatti foglie di un bel verde brillante e bacche rosso fuoco, che hanno però solo le piante femmine. Per mantenerlo in vaso sano e rigoglioso bastano poche accortezze. Innanzitutto no ad ambienti troppo caldi, sì ad una bella esposizione alla luce. Si annaffia due volte alla settimana e, con la bella stagione, la pianta va portata all’aperto e concimata. Si riporterà in casa al ritorno della stagione fredda.

L’oroscopo di Barbanera ARIETE Stimolati dall’ambizione e ispirati dalla concretezza, vi rimboccherete le maniche per svolgere al meglio i compiti non semplici che vi sono stati affidati.

BILANCIA Nonostante la granitica sicurezza che ostentate, prevale la diffidenza. È un ostacolo da rimuovere per fare breccia nel cuore altrui e garantirvi la vittoria.

TORO Di fronte a una proposta molto lusinghiera, non dovete perdere il senso della realtà. Al contrario, con prudenza, valutatela in tutte le sue sfaccettature.

SCORPIONE Soluzioni provvidenziali e insperate a problemi che sembravano irrisolvibili potrebbero arrivare da lontano. Tenete gli occhi ben aperti per coglierle al volo!

GEMELLI Se guardandovi intorno non vedete nessuno, be’, inforcate gli occhiali! Molto vicino a voi c’è qualcuno che da tempo vi sta inviando segnali inequivocabili!

SAGITTARIO Non mancheranno le opportunità di divertirvi in compagnia di persone simpatiche e stimolanti. Tanti gli impegni sociali che rallegreranno il cuore dei single.

CANCRO Nonostante il timore di non farcela, riuscirete a persuadere chi conta della validità delle vostre idee, andando addirittura oltre le più rosee aspettative.

CAPRICORNO Non difendetevi dai vostri desideri, piuttosto fate cadere la maschera e lasciatevi andare. Vi ritroverete a sorridere nello scoprire che, volendo, si può!

LEONE Fra le cose lasciate indietro c’è anche un amore mai dimenticato? Non è detto che non torni improvvisamente alla ribalta, creando un bel po’ di scompiglio.

ACQUARIO Lasciate che le emozioni fluiscano con spontaneità e che il cuore si esprima liberamente. Non vale la pena di impuntarsi per una sciocca questione di orgoglio.

VERGINE Lungimiranza, idee vincenti e tanto coraggio di osare. Non c’è che dire: sono ottime credenziali per fare strada, l’unico consiglio è di non avere fretta.

PESCI Attrazioni improvvise e irresistibili vi colgono di sorpresa, mandando il cuore in tilt. Se siete liberi da legami, non c’è motivo per non lasciarvi andare!

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EVENTI

DICEMBRE 2015 - GENNAIO 2016

In viaggio con gusto

Macerata (MC) Dal 6 dicembre – 17 gennaio

Presepe di Genga Genga (AN) 26-27 dicembre 2015

Il Volo

Palarossini

Ancona (AN) 8 gennaio 2016

Lo schiaccianoci

Teatro Pergolesi Spontini

Jesi (AN) 16 dicembre 2015

Libri tattili

Museo Tattile Statale Omero Ancona (AN) 27 dicembre 2015

International Tattoo Expo Pesaro (PU) 15-16-17 Gennaio 2016

Eppur si muove

Porto Sant’Elpidio (FM) 20 dicembre 2016

Festa Nazionale della Befana

Urbania (PU) 2-6 gennaio 2016

Carnevale di Fano

Fano (PU) 24-31 gennaio 7 febbraio 2016



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2016

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