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protolettere, interpunzioni grafiche e belle speranze - mensile gratuito numero 3 anno I Agosto 2012

D’Antuono Lombardi Scanner Tentori Teodorani


editoriale

«[…] Quando avevo 20 anni, una sera andai con i miei genitori a cena da una coppia che aveva una bambina di 3 anni. […] Io mi attaccai subito a lei, e quando arrivò il momento di mettersi a tavola lei disse di volersi sedere vicino a me. Non smetteva un attimo di guardarmi, di ridere e di giocare. Finito di mangiare andammo nel salotto. Non so spiegarvi bene quello che facemmo, nei nostri giochi c'era molta fisicità, diciamo che ci siamo accapigliati per quasi tutta la serata; era soprattutto lei che cercava il contatto con me, io mi mettevo tranquillamente sul divano e lei ridendo mi saltava addosso. Ad un certo punto le dissi, toccandomi la bocca con un dito: "Dammi un bacio qui!" e lei allegramente me lo diede. Era la prima volta che ricevevo un bacio sulle labbra! Descrivere la bellezza di quel bacio e la sua intensità è impossibile! Mentre tornavamo a casa, io ero felicissimo e innamorato, avevo vissuto uno dei momenti più belli della mia vita e adesso, ripensandoci, penso che sia stato veramente il giorno più bello. […] Dopo un po' di tempo feci amicizia con dei bambini e con una bambina che allora aveva 4 anni. […] Quando riuscii a rivolgerle la parola nacque davvero l'amore! Lei si affezionò molto a me, ogni volta che mi vedeva passare mi chiedeva di giocare con lei. Io, spesso, passavo davanti a lei e la ignoravo volutamente per vedere come reagiva. Non mi ha quasi mai deluso. […] Poi successero delle cose per cui non mi fu più molto facile frequentarla, così a malincuore decisi di chiudere la mia storia con lei e con le altre due bambine che frequentavo. Da quella volta non sono mai più stato innamorato. Non so se ho voglia di innamorarmi ancora, ho paura di soffrire, di trovarmi nell'impossibilità di frequentare liberamente l'oggetto del mio amore. Eppure mi piacerebbe tanto poter provare ancora quelle sensazioni meravigliose che provavo anche solo nel pensare alle bambine di cui ero innamorato. Credo che se adesso dovessi sentire di provare amore per un bambino, cercherei di isolare quel pensiero e mi limiterei a provare solo affetto, ma potrebbe essere molto difficile riuscirci.» (Tratto dal sito Danish Pedophile Association, oscurato a seguito di ordinanza di applicazione di misura cautelare nel marzo 2004). http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/devianza/furfaro/appendix.htm#1 Primo numero monografico per VERDE in questo agosto nero e freddo: NEO-NOIR E INFANZIA con Pierluca D’Antuono, Nicola Lombardi, Ivo Scanner, Antonio Tentori e Alda Teodorani. C’è anche il test per (ri)scoprirsi pedofili e un esponente santo subito di categoria in quarta di copertina. Le nostre rubriche torneranno puntualmente a settembre, compreso Luca Carelli… LEGGETE, CONDIVIDETE, SCARICATE, DIFFONDETE! VERDE è un mensile elettrocartaceo autoprodotto e gratuito di protolettere, interpunzioni grafiche e belle speranze a cura di Pierluca D’Antuono. Contiene poesie, racconti brevi, racconti lunghi, rubriche, musica, illustrazioni, fotografie e grafica. Ogni mese on-line (issuu.com/verderivista) e cartaceo a Roma. Progetto grafico e impaginazione di Elena Bortolini. Per info distribuzione e invio materiale: verderivista@gmail.com (lunghezza e formato da concordare) verderivista.blogspot.it issuu.com/verderivista www.facebook.com/verderivista twitter.com/verderivista

Lasciate che i bambini vengano a me VERDE

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Pierluca D’Antuono Milfa pag. 4 Nicola Lombardi La giostra pag. 6 Ivo Scanner Il vicolo senza uscita pag. 10 Antonio Tentori Come un fiore pag. 12 Alda Teodorani Child Abuse Map pag.14 E IN ANTEPRIMA ASSOLUTA: VERDE VERDE IL TEST PER (RI)SCOPRIRSI PEDOFILI pag.8


Milfa Pierluca D’Antuono Il cellulare ha cominciato a suonare quando ha smesso la sveglia. Ho aperto gli occhi appena ha risposto e l’ho vista, bella come un video, di più, e avrei sorriso, se solo non avessi avuto le labbra screpolate e sanguinanti e il naso non mi avesse fatto tanto male, rotto di dolore come i miei occhi neri. Mentre guardavo i suoi vestiti sul pavimento, arrotolati ai miei, sinuosi come i nostri corpi raggrinziti di pieghe, ho ripensato a ieri. A quello che mi hanno fatto e soprattutto a quello che hanno detto di lei. Sono arrivati alle mie spalle, all’improvviso. Erano in quattro e mi hanno trascinato nei bagni della metro. Lì, mi hanno tolto subito il telefonino e i soldi per l’abbonamento e hanno buttato nel cesso i libri e i quaderni. Non era la prima volta che li incontravo, sapevo bene cosa avrei dovuto aspettarmi. Prima di andarsene, avrebbero pisciato nel mio zaino, ma frugando hanno trovato una foto di lei. Ridendo come matti, hanno cominciato a leccarla e a strofinarsela sui pantaloni. «Smettetela!», ho urlato soffiando, ma loro hanno continuato come se io non ci fossi, come se fossero soli con lei. Mattia si è avvicinato lentamente, sorridendo come un grosso topo nero e squadrandomi dal basso. All’improvviso, mi ha dato uno schiaffo in pieno volto e mi ha fissato serio. «Ti piacciono mature eh?», ha gridato sputandomi negli occhi le consonanti, e dietro di lui qualcuno ha urlato «Viva Milfa!» e «zoccola vecchia fa buon pompino!» mentre gli altri ridevano come un branco di iene impazzite. Avevo un fuoco dentro che incendiava le mie viscere e premeva per propagarsi negli occhi e sulle guance, come lacrime pesanti che faticavo a trattenere. Sapevo che per uscirne in fretta non avrei dovuto reagire, come tutte le altre volte, ma ora era diverso, non si trattava solo di me: stavano offendendo mia madre, e non capivo il perché. Secoli di morte nel mio sguardo silenzioso saettavano come maledizioni sanguinose, più potenti delle loro parole, che respingevo come potevo. VERDE

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«Ridatemi la foto. Subito!» «Chi te l’ha data, frocetto? Lo sai chi è questa?» «È mia madre!» ho urlato e senza pensarci mi sono lanciato su di lui, che incombeva sul mio volto e sui miei pensieri. Un attimo dopo ero per terra, immobilizzato: uno di loro mi teneva fermo con i piedi, mentre gli altri si passavano la foto ridendo e masturbandosi sul suo viso. «Salutaci tua madre, frocetto, e guardati i suoi video, ti piaceranno!», ha detto Mattia. Prima di andarsene ha fatto segno agli altri che non aspettavano altro: mi hanno preso a calci finché non ho sentito più niente, ma non ho pianto. Quando mi sono risvegliato, era già buio. Non c’era nessuno per strada e la metro stava chiudendo. La foto di mia madre era per terra, unta e stropicciata, l’impronta nera di uno stivale sul suo viso. «Luciano alzati, sono le otto, è tardi!» Mia madre ha la voce nervosa e si muove come quando è arrabbiata. Si sta preparando per uscire, anche se stamattina non lavora e ieri sera mi ha detto che sarebbe rimasta a casa tutto il giorno. «Dove vai?», le chiedo senza guardarla, affondando la faccia nel cuscino, per non mostrarle i segni e il sangue raggrumato. «Mi ha chiamato Luigi, devo andare in ufficio, ma torno subito. Ora alzati Luciano, devi andare a scuola, dai!» «No!», rispondo io alzando la voce senza neanche accorgermene. Lei mi guarda stupita e a me tornano in mente le parole di Mattia e quello che mi ha scritto a penna sul retro della foto. www.youporn.com Milfa «Che significa no? Si può sapere cosa ti sta succedendo? Hai già fatto troppe assenze Luciano e quest’anno hai gli esami. E poi questa storia di dormire ancora nel mio letto… adesso sei grande, hai 12 anni e…» «Quasi 13!» la fulmino. Si avvicina al letto guardandomi seria, e si siede accanto a me.


Ha uno sguardo che non mi piace: ha gli voglia di toccarla e mangiarla. Bevo mentre occhi strani, ma non è arrabbiata. Cerca di cammino sul ghiaccio, ma il sapore del San accarezzarmi il viso, ma io la respingo e mi Marzano mi dà alla testa e allora mi stendo rituffo nel cuscino e mentre lei continua per terra. Accendo un mozzicone di Diana a parlare il cuore mi batte all’impazzata blu e lentamente vomito sulla neve, a getti ripensando a ieri notte, davanti allo schermo pesanti e verdi che puzzano più del liquore. del computer, in camera mia… Resisto altri cinque minuti e poi torno in youporn is the is the largest porn site with the camera mia, sotto le coperte. Il portatile è best variety of free full length porn videos… ancora acceso: ieri sera guardando i suoi «È per quello che è successo ieri sera? Vuoi video pensavo che avrei pianto o cose del che ne parli con la professoressa di italiano?» genere, invece ho cominciato una sega, sono «Si, così mi ammazzano davvero! Non fare venuto sei volte. A letto metto il video delle niente mamma, sono fatti miei!» mani ma questa volta guardo mia madre «Come posso aiutarti in faccia: sorride e ha allora?» la faccia da stronza, e «Fammi stare a casa oggi. da l’idea che le piace. Torna presto e stiamo Aveva ragione Mattia, è insieme tutto il giorno» davvero una puttana. le dico senza respirare Penso a tutte le bugie e il labbro comincia a che mi ha detto e ho tremarmi appena smetto una rabbia dentro più di parlare. Mamma sorride. forte del freddo e del Si tira i capelli indietro mal di testa. Ho voglia e si chiude per bene la di parlarle e di dirle vestaglia; di sfuggita le tutto quello che sento. vedo i seni, grandi, morbidi Appena torna le dico e invitanti… che so tutto, che non proprio come nei suoi doveva mentirmi e che video… è una puttana. Allora lei Fa un sospiro profondo mi guarderà sconvolta e allora capisco che sta e mi darà uno schiaffo, per dirmi di sì. «Ma solo riaprirà tutte le ferite per oggi! Ora alzati e vai sul mio viso ma l’odore a mettere in ordine la tua del sangue mi darà stanza!» la forza di reagire e Mentre mi abbraccia sento glielo restituirò; lei me un’erezione esplodermi tra ne darà un altro e io Egon Schiele - Mutter und kind le gambe. Mi copro con il risponderò con un cuscino e scappo in bagno, senza farmi vedere. pugno; lei mi darà un calcio e io le tirerò i capelli; alla fine lei mi stringerà il collo con Ho fatto colazione con la nutella e il burro le mani sporche del mio sangue, e quando e ora guardo la tv. Ci sono solo vecchi film mi mancherà il respiro sentirò il mio cazzo in bianco e nero, telenovelas brasiliane e la crescere tra le gambe e verrò con uno televendita di un materasso su un canale schizzo violento e osceno che mi farà gridare privato. La modella si stiracchia sul letto di piacere; poi l’abbraccerò. Lei farà lo stesso come una gatta in calore e la camicia da e ci baceremo, con le lacrime agli occhi. notte le si inarca sui fianchi, lasciandole «Tesoro sono a casa!» scoperte le gambe. Mi avvicino allo schermo L’affronterò. per vedere i seni, ma è distesa a pancia in giù «Dove sei?» e non si vede niente. Eppure ce l’ho ancora Subito dopo cena. duro, e mi fa male. «Sei in camera tua?» Trovo dei mozziconi di sigaretta nel bagno e Non vedo l’ora. delle bottiglie di liquore in salone. Il balcone è «Luciano?» pieno di neve soffice e guardarla mi fa venire Stasera. VERDE

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La giostra Nicola Lombardi Quando raggiunsi la piazzetta, trafelato, sentivo le gocce di sudore scivolarmi sotto la camicia come frotte di vermetti gelati. La folla assembrata davanti al palo si dischiuse al mio arrivo, e un gran numero di volti sorridenti mi accolse sfoderando schiere di denti bianchissimi che il sole di luglio rendeva quasi abbaglianti. Il buon Milos – che tenendomi per un polso mi aveva trascinato lungo stradine strette e affollate, costringendomi a serpeggiare in mezzo a gente radunata ovunque a piccoli gruppi, tra bancarelle cariche di dolciumi, libri e cianfrusaglie d’ogni sorta – mi annunciò nel suo italiano faticoso: «Eccoci allora qui, bene, sì!» Subito, rivolto alla folla, incominciò a spiegare chissà cosa, gesticolando con la tipica esuberanza mediterranea. Milos era la guida che l’azienda di soggiorno mi aveva messo a disposizione durante la mia breve (e di certo ultima, detto col senno del poi) vacanza in Grecia; e dopo avermi fatto visitare in lungo e in largo l’isoletta di Mirnòs aveva deciso che quel pomeriggio avrei dovuto assolutamente rendermi protagonista di quel gioco. Nel villaggio di Kresos, la Sagra di San Callisto è un momento di forte aggregazione, estremamente sentita dalla popolazione. Avevo accondisceso di buon grado, nonostante ami ben poco esibirmi di fronte a un pubblico; mi pareva comunque che sarebbe stato sconveniente contrariare Milos per così poco, per cui mi ritrovai ad ansimare sotto un sole cocente, in attesa di scoprire che cosa ci si aspettasse da me. «Deve farlo un forestiero!» mi stava spiegando la mia briosa guida. «È tradizione, capisci, tu?» Sicuro, capivo... VERDE

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Il palo al centro della piazzetta era alto poco più di cinque metri. Su di un perno, in cima, stava infilata un’ampia ruota di metallo, e dai punti in cui i sei raggi si fondevano con la circonferenza penzolavano da funi altrettanti sacchi rigonfi sui quali erano scritte parole storte, per me incomprensibili. Guardavo all’insù, boccheggiando per il gran caldo, cercando con le mani di riparare gli occhi dal sole. La ruota girava, lenta, azionata da un ragazzotto sorridente che, sporgendosi dal balcone di una palazzina, si aiutava con un paletto biforcuto. I sacchi oscillavano, ruotando, a circa tre metri da terra, appesi a quella sorta di rozza giostra. La gente pareva liquefarsi in un amalgama vociante e variopinto, e torrenti di discorsi misteriosi mi fluivano attorno infondendomi una sensazione di capogiro. Ma naturalmente non potevo più tirarmi indietro. «Tieni, tieni questo!» stava intanto starnazzando Milos, e così mi trovai fra le mani un bastone, un randello, alla cui estremità era conficcato un grosso chiodo che fuoriusciva con la punta, lateralmente, per una ventina di centimetri buoni. «Tu devi colpire un sacco! Con il chiodo, forte! E il padrone del sacco vince soldi! Tu fai felice un poveretto, sai?» Mentre soppesavo il bastone, cercando di capire, qualcuno alle mie spalle mi bendò con un fazzoletto rosso. Sorrisi, sentendomi un po’ il buffone di corte, desiderando fortemente raggiungere la frescura della camera d’albergo. Era giunto il momento che io facessi ciò che tutti quanti si aspettavano da me. Bene: non li avrei delusi. Seguirono alcuni secondi durante i quali ascoltai il fluire inquieto del


mio sangue alle tempie. Un brusio diffuso veleggiava ovunque attorno a me, mentre dall’alto calava il regolare cigolio della giostra. Sollevai il bastone... Sbagliai due volte, lacerando con goffi fendenti l’aria quasi bollente. Sommessi vocalizzi di disapprovazione serpeggiarono a sottolineare i miei insuccessi. Ma il terzo colpo andò a segno. Sentii distintamente il rumore del chiodo strappare la iuta, e affondare. E siccome la giostra continuava a girare, il sacco perforato riuscì a strapparmi il bastone dalle mani sudate. Subito, dalla folla si levarono grida, applausi, esclamazioni sguaiate. Finalmente qualcuno, presumo Milos, mi tolse la benda. Il sole tornò immediatamente a mordermi gli occhi, che già si erano assuefatti al torpore scarlatto del tessuto. «Vince la famiglia Petrimarkos!» berciò la mia guida. «Vieni, vieni, Jorghe, a ringraziare lui!» Non mi sentivo affatto bene. Il calore soffocante, le grida, la musica... Mi stavo stropicciando le palpebre quando un tizio corpulento venne a stringermi la mano, sibilando accorati ringraziamenti – suppongo – attraverso la dentatura devastata. Accanto a lui una donna mi sorrideva, con occhi arrossati e lucidi. Allora guardai nuovamente in direzione della giostra. Là, il ragazzo sul balcone stava distaccando i sacchi illesi dalla ruota, facendoli cadere fra le braccia attente degli uomini radunati sotto. «Bene, bene, hai fatto felice una famiglia!» mi stava dicendo Milos. Io rimasi a fissare gli uomini intenti a slegare i sacchi. «Famiglie troppo numerose, e pochi soldi, tu capisci? Hai risolto grosso problema di Jorghe! Per gli altri, sarà meglio il prossimo anno!» Il primo sacco venne aperto, e io barcollai. Il sole era implacabile. Mi parve di sentirne i raggi dentro la testa cuocermi il cervello. Dal sacco, un uomo e una donna estrassero un ragazzino rannicchiato, impaurito, e cominciarono a trafficare

per slegargli mani e piedi e liberarlo dal fazzoletto stretto sulla bocca. La donna prese subito a baciarlo, singhiozzando. La stessa scena, intanto si stava ripetendo poco più in là, e ancora, e ancora, a ogni sacco che veniva aperto. Dovetti compiere uno sforzo infinito per tornare a guardare verso l’alto, e quindi mi accasciai sul selciato, abbandonato di colpo da ogni energia. L’ultimo sacco era rimasto a dondolare lassù, contro il sole, nell’aria torrida. Conficcato nella tela, anche il bastone chiodato continuava a oscillare, avanti, indietro, rigato da ruscelletti rossi che andavano dipingendo forme oscure ai piedi della giostra.

Ferrarese, classe 1965, esordisce nell’89 con la raccolta di racconti horror Ombre. Suoi sono i romanzi tratti dai film di Dario Argento Profondo Rosso e Suspiria. Tra le sue pubblicazioni: I racconti della piccola bottega degli orrori (2002); La fiera della paura (2004); Striges (2005); I Ragni Zingari (2010) e La notte chiama (2011).

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Alcuni psicologi hanno cercato di trovare un metodo per diagnosticare la pedofilia. Il metodo più diffuso è quello di applicare il cosiddetto perter meter sul pene del soggetto e mostrargli della pornografia infantile. Se l’apparecchio segnala che il pene si sta ingrossando, allora si ha a che fare con un pedofilo. Con grande disperazione degli psicologi, è risultato che l’87% degli uomini mostra una reazione positiva a questo test: il restante 12% è impotente. Per sollevare dallo sconforto gli studiosi, gli esperti della Danish Pedophile Association hanno sviluppato e brevettato questo test veramente affidabile: senza altro equipaggiamento che una connessione a Internet, questo test, basato sulla profonda conoscenza delle attitudini in questione, può predire se una persona è pedofila. N.B. L’utilizzo a fini medici di questo test è soggetto al pagamento di una licenza di 10$. I lettori di VERDE possono provarlo gratuitamente. 1 – Stai visitando la zia Sally e lo zio Sam. Mentre sei seduto al tavolo da caffè, i loro figli vengono a mostrarti una barca giocattolo che essi stessi hanno costruito, che fai? 1 Suggerisci loro come possono migliorare la barca. 2 Dici: «Oh, è carina. Come siete bravi. Perché non andate a provarla nella vasca da bagno?» 3 Dici: «Non disturbatemi, non vedete che sto parlando con vostra madre?» 4 Porti i bambini vicino al lago per provare se la barca può navigare. Improvvisamente scopri che hai trascorso cinque ore giocando con loro, e intanto zia Sally ti sta ancora aspettando con la sua torta fatta in casa. 2 – Stai andando in bicicletta, quando passi vicino a un gruppo di ragazzini accalcati attorno a un bambino che è disteso per terra e sta piangendo. 1 Ti fermi per un secondo e chiedi se è successo qualcosa di grave. 2 Parcheggi la tua bicicletta e conforti il bambino che sembra più bello, invece del bambino che sta piangendo. 3 Non gli presti attenzione. 4 «Non c’è bisogno che mi fermi, ci sono gli altri ragazzi ad aiutarlo e confortarlo.» 3 – A lavoro un collega ti dice che c’è una chiamata per te: 1 È tua moglie che ti chiede di portare i bambini al doposcuola perché lei lavora fino a tardi. Chiedi perciò un paio di ore libere. 2 È il bambino che hai incontrato al bar l’altro giorno che ti chiede di portarlo ancora al cinema. 3 È il tuo capo che vuole che verifichi alcuni conti. 4 È un bambino del tuo club sportivo che ti chiede se hai comprato le nuove uniformi. 4 – Il figlio dei vicini è a casa da solo per un paio di giorni: 1 Pensi: «Dannazione! Volevo che fosse la figlia!» 2 Gli dici che può chiamare se ha dei problemi. 3 Prepari un letto per lui a casa tua e lo porti a visitare il museo di scienze. 4 Lo inviti a cena. 5 – La figlia dei vicini è a casa da sola per un paio di giorni: 1 La inviti e le chiedi se può aiutarti a preparare la cena e a lavare i piatti. 2 Le suggerisci di stare con sua nonna. 3 Prepari un letto per lei a casa tua e la porti a un concerto del suo gruppo preferito. 4 Pensi: «Dannazione! Volevo che fosse il figlio!» 6 – La/il figlia/o dei vicini non riesce a risolvere gli esercizi di matematica: 1 Non te ne può fregare di meno. 2 Mostri dove sono descritti nel libro di matematica e spieghi nella maniera più pedagogica come risolvere gli esercizi. 3 Fai gli esercizi al posto suo/a e poi guardate la TV assieme. 4 «Perché li fai sempre all’ultimo minuto?» 7 – I tuoi amici ti fanno una visita. Il loro figlio di 4 anni ti guarda fisso per ottenere la tua attenzione e ti chiede di dagli un colpetto sul sedere: 1 Pensi: «Se gli do il colpetto sul sedere sospetteranno che sia pedofilo, ma se non lo faccio reprimo la sua sessualità.» Infine prendi un orsetto di pelouche e fai in modo che sia lui a dargli un colpetto sul sedere. 2 Rimproveri il bambino. 3 Aiuti il bambino a mettersi i pantaloni. 4 Chiedi ai genitori di rimproverare il figlio. 8 – Una notte ti senti annoiato e accendi la TV. Cosa guardi? 1 Un cartone animato. 2 Un programma sui giochi per computer. 3 Un concerto del gruppo di cui vanno matti tutti i teen-agers. VERDE

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4 Fai zapping finché non trovi qualcosa con dei bambini. 9 – Sfogli i cataloghi dei negozi che a Natale riempiono le casette della posta. Cosa guardi per prima? 1 Cerchi dove il profumo che vuole tua moglie è venduto al prezzo più basso. 2 Guardi i giocattoli per trovare quello ce vuoi regalare al tuo figlio maggiore. 3 Immediatamente cerchi le pagine con i bambini in mutande. 4 Hai messo un cartello che dice: Niente pubblicità, prego. 10 – Cosa fai nel tempo libero? 1 Opero in una organizzazione contro l’abuso dei minori. 2 Faccio gli straordinari per accumulare denaro per comprarmi una macchina più grande. 3 La mia casa è piena di modellini e di giochi per il computer. Tutti i bambini del vicinato vengono da me ogni pomeriggio. 4 Porto fuori la famiglia per un picnic. 11 – Negli spogliatoi di una piscina pubblica c’è un bambino che non riesce a levarsi il costume da bagno perché il nodo del nastro è troppo stretto. 1 Chiami il bagnino. 2 Non gli presti attenzione. 3 Tagli il nastro per lui. 4 Furbamente, per venti minuti, cerchi di stringere il nodo. 12 – Chiami a lavoro e dici che non puoi andare perché sei ammalato. Ma la vera ragione è che: 1 Hai promesso a tua figlia di portarla a comprare dei vestiti. 2 Sei stato tutta la notte a giocare al computer con il figlio dei vicini. 3 La figlia del cugino di secondo grado di un tuo collega non ha scuola e tu la porti al parco. 4 Sei stressato perché non hai compilato il 730. 13 – Stai mangiando in un fast food. Nel tavolo accanto, un ragazzino ha una discussione con il cameriere il quale dice che i pattini non sono permessi. 1 Aiuti il ragazzino a uscire. 2 Difendi il ragazzino, dicendo che dovrebbero essere più tolleranti verso i bambini. 3 Non gli presti attenzione. 4 Rimproveri il ragazzino che risponde al cameriere 14 – Alcuni ragazzi stanno giocando a pallone davanti alla tua finestra. Fanno molto rumore e tu non riesci a concentrarti sul libro che stai leggendo. 1 Chiudi la finestra. 2 Dici ai ragazzini di fare meno rumore. 3 Ti rallegri guardando i bambini. Scopri che è bel tempo e vai a farti una passeggiata. 4 Vai fuori a giocare con loro. Soluzione

0-14 punti Tu odi i bambini e metti le pillole anticoncezionali nel caffè di tua moglie. Ti incavoli quando un bambino ti disturba. Dovresti provare a rilassarti e notare che nella vita c’è di più dei soldi e della carriera. 16-36 punti Hai completamente dimenticato cosa vuole dire essere un bambino. In rare occasioni, quando sei assieme a un bambino, pensi che sarebbe davvero simpatico e carino, se solo non facesse così tanto rumore. 38-56 punti Pensi che i bambini sono le più graziose creature del mondo, ma alcune volte, quando avrebbero bisogno del tuo aiuto, li respingi con una veloce risposta. Collabori con le organizzazioni che si occupano di bambini bisognosi. 58-84 punti Sei un pedofilo incallito! Spendi più tempo con i bambini che con gli adulti, i quali ti sembrano noiosi. Non pensi che una volta ogni tanto sarebbe meglio stare in compagnia di una persona della tua età?

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http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/devianza/furfaro/appendix.htm#7- http://terradinessuno.wordpress.com/biblioteca-di-terra-di-nessuno/wikipedia-storia-del-movimento-propedofilo/ VERDE

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Il vicolo senza uscita Ivo Scanner Mi manca. Certi giorni mi manca meno, ma oggi mi manca. E non posso farci niente, anche se alle volte vorrei. Quando mi manca, devo subito iniettarmela, dovunque mi trovi, a casa, oppure in strada, oppure qui, in questa chiesa. Sono entrato solo per prendere il fresco, le chiese sono quasi gelide, con le cupole così alte, i marmi, le antichità. Ho tutto l’occorrente: so prevedere. Ho la mia bustina, già pronta. Ho la siringa, il cucchiaio, il filtro. Ho anche l’accendino. Ma non ho l’acqua per diluire la roba, ecco cosa non ho, solo un po’ d’acqua. Volto gli occhi intorno a me, mentre sto seduto sulla panca di legno della chiesa, li giro da ogni parte. E’ una chiesa strana... una chiesa a festa. Ci sono velluti... e fiori. Una chiesa da cerimonia. Ho voglia, sempre di più, ma non ho l’acqua per diluire la roba, prendere le pillole è più facile. Le pillole però non mi entrano nel cervello, la roba sì. Se solo avessi un po’ d’acqua. Deve esserci, da qualche parte. Mentre gli occhi girano, vedo l’acquasantiera, vicino all’entrata. Il mio problema è risolto. Non ho mai usato l’acqua santa, anche se il mio amico Dani lo ha fatto tante volte. In fondo, è sempre acqua, che cosa c’è di strano? Ma se fosse santa veramente? Messa in vena, mischiata alla roba, magari fa qualche effetto eccezionale. Si vedono gli angeli, forse. Comunque ora provo. Ne prendo una cucchiaiata, e mi faccio qui fuori, nel vicolo senza uscita che costeggia la chiesa. E’ un vicolo sporco, ma non mi vede nessuno. Preparo tutto, sciolgo la roba nell’acqua santa, scaldo, mi metto il laccio, inietto. Vedo tutto bianco, ora, come un’illuminazione. Sarà l’acqua santa? E’ splendente... mi abbaglia...

Il giorno della prima comunione non lo dimenticherò mai. Ero così contenta nel mio vestitino bianco, ricamato. Alla fronte avevo una coroncina di fiori, erano fiori veri, che profumavano, bianchissimi come i gigli, ma non credo fossero gigli. Mi piacevano soprattutto i piccoli guanti con il pizzo, bianchissimi anche loro. Non VERDE

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portavo mai i guanti, e quello era davvero un giorno eccezionale. Un giorno che non dimenticherò. Era così bella la mia parrocchia, tutta addobbata come non l’avevo mai vista. Tappeti di velluto, fiori dovunque, e noi bambini pronti alla cerimonia, con un po’ di batticuore, come alle recite scolastiche. A quel tempo, io ci credevo veramente. Ero tutta presa dal mio impegno, avevo fiducia solo nel mio insegnante di religione, anziano, all’antica. Da un vecchio messale con le pagine ingiallite, di carta velina, ci aveva fatto imparare a memoria la Preghiera a Gesù Crocifisso, e ci diceva che portava l’indulgenza plenaria a coloro che la recitano dopo la comunione, davanti a un’immagine di Gesù crocifisso. Feci fatica a impararla, e mi faceva anche un po’ paura, ma mi fidavo del mio insegnante: «Ecco, o buono e dolcissimo Gesù, che io mi prostro innanzi a te, e col massimo ardore dell’animo ti prego e scongiuro di voler imprimere nel mio cuore vivi sensi di fede, di speranza e di carità, vero dolore dei miei peccati e fermissima volontà di emendarli, mentre con grande affetto e dolore dell’animo ricordo e considero le tue cinque piaghe, avendo innanzi agli occhi quello che di te disse, o buon Gesù, il Profeta Davide: ‘Hanno forato le mie mani e i miei piedi; hanno contato tutte le mie ossa’». Così, dopo aver preso la prima ostia della mia vita, ho recitato la preghiera, guardando il crocifisso del piccolo altare sul lato destro. E mi sentivo cambiata. Dopo la cerimonia siamo usciti, contenti. C’erano i miei cuginetti, c’era qualche compagno di scuola. Giocavamo, nello spiazzo davanti alla chiesa, e io mi sentivo orgogliosa del mio vestito bianco, ed ero proprio convinta che la comunione mi avesse trasformata. Nello spiazzo, però, ridevamo, saltavamo, ci facevamo gli scherzi. Poi abbiamo deciso


Ford M. Brown - Prisoner of Chillon

di nasconderci, mentre il mio cugino più piccolo chiudeva gli occhi. Scappammo in tutte le direzioni, cercando un angolo nelle stradine accanto alla chiesa dove mio cugino non ci avrebbe trovato. Io scelsi il vicoletto, senza uscita, lungo il muro della chiesa. Era un vicolo buio, sporco, sembrava abbandonato. Mi sono acquattata dietro una scatola di cartone vuota, stando attenta a non macchiarmi il vestitino bianco. Trattenevo il respiro, per la paura che mio cugino apparisse da un momento all’altro. Sentii un rumore, dalla strada, e feci un passo indietro, dal punto dove ero accucciata. Sulla gamba ho percepito qualcosa. Sobbalzai. Era una scarpa, che premeva sul mio polpaccio, macchiandomi le calzine candide. E oltre la scarpa c’era una gamba, e la gamba proseguiva in un corpo, e il corpo era coricato a faccia in giù. Mi tremavano le labbra, ma non rinunciai a guardare meglio. Era un ragazzo, o almeno era vestito come i ragazzi, con i jeans e una camicia a quadretti, e i capelli lunghi come li portano solo i ragazzi. Non vedevo bene la faccia, perché era voltata dall’altra parte, ed era schiacciata sull’asfalto. Era completamente disteso, con le gambe unite e le braccia allargate, aperte ai due lati del corpo. «Ehi!», gli ho detto. «Ehi! Stai dormendo?» Sussurravo, perché non volevo rovinare il gioco a nascondino per colpa di quello sconosciuto coricato in terra. Non rispose. La posizione lo faceva assomigliare al crocifisso della chiesa, dove avevo voltato lo sguardo per recitare la mia preghiera. Continuò a non reagire, anche quando lo

spinsi con la punta di un piede. Allora mi sono fatta coraggio e ho cercato di voltarlo. È rotolato su se stesso, ed è tornato a terra con le braccia aperte, ma adesso il volto guardava il cielo. I capelli lunghi gli si sono sparsi oltre le spalle. Gli occhi erano socchiusi. Mi accorsi subito che aveva una manica della camicia tirata su, fino al gomito. Il braccio era pieno di vene blu, sporgenti. E aveva dei puntini rossi, infiammati. Da uno di quei puntini pendeva una siringa, rossa di sangue. Vicino al gomito c’era un verme nero, o un serpente, e mi spaventai davvero. Ma non era un verme, e nemmeno un serpente. Era un laccio di gomma. «Gesù...» gridai. Non so se dissi quella parola come un’esclamazione, o forse perché mi ero resa conto che stavo guardando un crocifisso, sì, una persona crocifissa. Era Gesù, quel corpo sul pavimento pieno di rifiuti, È stato così che ho visto Gesù Cristo. Non il «buono e dolcissimo Gesù» della preghiera che avevo detto in chiesa. No, era un Gesù vero. Un Gesù in carne, ossa e sangue. Un Gesù che non avrei mai dimenticato. «Hanno forato le mie mani e i miei piedi; hanno contato tutte le mie ossa.»

Ivo Scanner ha pubblicato i thriller La borsa di Togliatti (1993) e Le mani del Che (1995), la “novelization” del film di Dario Argento Opera (1997) e i romanzi neo-noir Orrorismo (1996) e Genova ti ucciderà (2003). 18 suoi racconti sono raccolti nel volume Pedofobo (2011). Con altro nome è autore di vari libri sull’immaginario e di argomento sociale. VERDE

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Come un fiore Il soggiorno è arredato con gusto semplice, essenziale. Poco più avanti un lungo corridoio dà su alcune camere da una parte e su un angolo cucina dall’altra. Una camera è quella di una bambina, colma di bambole e orsacchiotti, alle pareti poster di cantanti. Una finestra si affaccia su un cortile. La porta del bagno è aperta. Una grande vasca bianca, vecchio stile. Una ragazzina è immersa nell’acqua fino al collo. Dodici anni. L’acqua è purpurea. I capelli sono disposti a raggiera intorno al suo volto pallido. Tante candele accese sono allineate intorno alla vasca. I polsi, adagiati sui bordi della vasca, sono tagliati in senso verticale. La ragazzina giace immobile. Nella sua innocente bellezza congelata dalla morte. Per sempre giovane. Anna si muove con passi elastici e sicuri da uno scatolone all’altro, svuotando e riponendo oggetti negli armadi. Le piace quella casa, semplice e accogliente. La sua casa. Il trasloco annienta la maggior parte delle persone che sono costrette a farlo. Non Anna. Anzi, i cambiamenti la eccitano, le sembrano nuove sfide da affrontare, nuovi traguardi da raggiungere. Sorride, leggera, mentre continua a sistemare. E con naturalezza risponde al prolungato squillo del cellulare, quello di servizio. Ma l’espressione diventa subito grave, poi affranta, poi disperata. Chiude VERDE

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Antonio Tentori velocemente, afferra una giacca, si precipita fuori dall’appartamento, ormai per lei privo di qualsiasi interesse. L’ispettore Tedeschi, corpulento, sui quarantacinque anni, va incontro ad Anna, appena entrata, trafelata, ansimante. Lei, rigida, si lascia abbracciare. Chiede, con un filo di voce, «Dov’è?». L’ispettore la precede lungo il corridoio. Entra nel bagno, si fa discretamente da parte. Anna vede tutto attraverso il velo delle lacrime che sono scese immediatamente. Vede la stanza da bagno. Vede la vasca bianca. Vede l’acqua rosso sangue. Vede sua sorella Giulia morta. Poi non vede più niente. Quando si riprende è sdraiata su un divano. Tedeschi è vicino a lei, preoccupato, goffo, le prende una mano, le offre un caffé. Anna scuote la testa. «Non si è uccisa. Non ci credo…». Tedeschi sorride, con tristezza. «E’ difficile adesso, ci vuole tempo, molto tempo…». Anna ricambia la stretta, stringe la mano dell’ispettore con tutta la sua forza. Tedeschi la guarda, rassegnato. Anna ricaccia indietro le lacrime. «Ti dico che non si è uccisa! Non si è uccisa!». Sul suo volto si legge una nuova determinazione. «Da quanti anni lavoriamo insieme, Enrico?»


«Cinque anni, risponde l’ispettore, e sai quanto ti stimo. Sei la migliore profiler che…». Anna lo interrompe con un gesto secco. «Qualcuno l’ha uccisa. E io scoprirò chi è stato». Anna ha cominciato a seguirlo per giorni, da quando esce la sera dalla chiesa. Giovane, sui quaranta, magro, faccia anonima. Adesso sa dove abita. Non si rende conto, don Alberto, di quello che accade, appena entrato a casa. Un improvviso lampo nero, poi niente. Si risveglia in una specie di magazzino abbandonato. Seduto a una sedia, nudo, il corpo avvolto completamente da filo

spinato. Le punte penetrano crudelmente nella carne, rivoli di sangue scorrono. Il prete tenta di dire qualcosa, quando vede Anna. Ma riesce solo a balbettare. La donna ha con sé un bisturi. Gli occhi del prete si spalancano, atterriti. Era solo una bambina, pensa Anna. Un fiore delicato, puro. E tu l’hai reciso. La lama del bisturi scintilla. Con lentezza, Anna si avvicina a don Alberto. Antonio Tentori ha pubblicato racconti in antologie (Sul filo del rasoio, Supergiallo Mondadori, 2010; Apocalissi 2012, Bietti, 2012; Cattivissimi, Stampa Alternativa, 2012), la novelization di Inferno di Dario Argento (Newton Compton, 1997) e Nero Profondo (Cut Up, 2008). Ha scritto Dracula 3D di Argento.

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Alda Teodorani Mi chiamo Anna, ho 10 anni. Ogni mattina alle 7,30, dopo avere lavato tutti i pavimenti, esco di casa per andare a scuola. Abito in via Palmiro Togliatti 39.

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Penso a quella signora dal macellaio che compra il cavallo per sua figlia. Lo metta in mezzo alla carne di manzo così non se ne accorge, dice. Una volta la mamma mi ha detto che se non faccio la brava viene il macellaio e mi appende al gancio al posto del manzo, dopo avermi tagliato la gola.

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I miei genitori non mi accompagnano mai a scuola in macchina. Ieri lo zio della mia amica Cristina è venuto a prenderla e mi ha detto Dai sali ti accompagno. Dopo a casa mia madre si è arrabbiata e mi ha dato uno schiaffo. Quel porco! Ne parlerò con Don Emilio, ha urlato.

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Scuola Elementare Statale Immacolata Santa Rita Ausilia

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Mentre vado a scuola passo davanti al macellaio. C’è sempre un bue appeso a testa in giù che sgocciola il suo sangue sulla segatura. Quando andiamo con la mamma dal macellaio cerco di non guardare i suoi occhi grandi e tristi. La sera mia mamma mi dà la bistecca e io tiro sempre il piatto contro il muro. Allora lei dice a mio padre fai qualcosa per tua figlia e lui mi dà un pugno in testa, poi se ne va.

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Il fornaio dove vado a comprare la merenda si chiama Beppe. Spesso, quando è da solo, mi porta con sé nel retrobottega e se faccio la brava non mi fa pagare


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Io vado a scuola qua. Non so se è meglio andare a scuola o stare a casa, ma a scuola se mi va bene nessuno mi picchia. Ogni tanto alla maestra le scappa qualche schiaffo, specie se ha mal di testa. Non so mai cosa la fa arrabbiare. Ci sono altre volte che invece mi guarda negli occhi e mi dice che sono bella. Mi fa sentire strana.

Di notte, quando i miei dormono, ci sono delle volte che riesco a scappare fuori. Per strada non c’è nessuno. Mi siedo su una panchina al prato del calcio e guardo le stelle. Ce n’è una tanto luminosa e penso che mi piacerebbe salirci sopra e andare in giro per il cielo.

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Via Pastiche (strada senza uscita)

La mamma dice che Don Emilio può sistemare tuttto perché Dio lo ascolta più di quanto ascolta noi. Se la faccio arrabbiare mi manda da lui. Don Emilio mi fa sedere sulle sue ginocchia, delle volte invece mi dà un lecca lecca. Poi si siede con le mani in tasca e mi guarda mentre lo succhio. Poi mi dice fammi vedere se la mamma ti ha picchiato oppure vedere se hai dei lividi, Piafammi èz cosi preoccupato che mi fa z togliere a C anche le mutande. Poi mi accarezza e mi dice torna i A ca mait trovarmi d presto

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Delle volte penso che nessuno mi vuole bene. Delle volte mi arrabbio con tutti perché mi fanno del male. Delle volte penso che è l’unico modo per farmi considerare da loro, oppure... non so. Delle volte mi sento cosi. Persa dentro un bosco, piccola e sola...

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Lascia te ch e i ba venga mbini no a me


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