La Carta di Colleferro

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La carta di Colleferro Idee per un futuro sostenibile e condiviso

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La Carta di Colleferro

Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso

SOMMARIO Premessa. ................................................................................................................................. 4 1. Democrazia e partecipazione ................................................................................................. 4 1.1 L’applicazione nella “Carta di Colleferro”................................................................................... 4 1.2 Alcune buone pratiche di amministrazione partecipata ................................................................ 5 1.2.1

Bilancio Partecipativo.................................................................................................... 5

1.2.2

La contabilità ambientale............................................................................................... 5

1.2.3 Il Bilancio Energetico ....................................................................................................... 6 1.2.4 Il Bilancio Ecologico Territoriale ......................................................................................... 6 1.2.5 Il Bilancio Ambientale ..................................................................................................... 7 2. Emergenza ambiente e salute ............................................................................................... 9 2.1 Applicazione degli articoli di Legge del D.Lgs 238/05 meglio denominato come Seveso II, ora Seveso III. ............................................................................................................................... 9 2.2 Estensione del controllo sullo stato di salute della popolazione ................................................... 10 2.3

Analisi dei terreni .......................................................................................................... 11

2.4

Pubblicazioni ................................................................................................................ 11

3. Educazione ambientale e coscienza civica............................................................................. 11 3.1 Sensibilizzazione ................................................................................................................ 11 3.2 Promozione ....................................................................................................................... 11 4 .Statuto comunale: proposte di modifica................................................................................ 11 4.1 Introduzione dell'istituto referendario .................................................................................... 11 4.2

Assessorato all'ambiente ................................................................................................... 11

5. Gestione del ciclo dei rifiuti .................................................................................................. 12 5.1 Introduzione...................................................................................................................... 12 5.2 Normativa europea, nazionale e regionale: principi generali....................................................... 12 5.3 I Comuni concorrono alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. .............................................. 14 Scheda 1: prevenzione ai fini della riduzione dei rifiuti................................................................. 16 Scheda 2: COMPOSTAGGIO DOMESTICO .................................................................................. 17 6. Promuovere la diffusione dei Sistemi di Gestione Ambientale negli Enti Locali, negli altri Enti pubblici e nelle aziende del territorio. ...................................................................................... 17

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso 7. Misure contro l'inquinamento atmosferico: ........................................................................... 18 7.1

TRASPORTI E Mobilità .................................................................................................... 18

7.2

SPAZI URBANI ED AREE VERDI........................................................................................ 19

7.3 Qualità dell'aria.................................................................................................................. 20 8. Strategie energetiche .......................................................................................................... 21 8.1 Direttive e indicazioni.......................................................................................................... 21 8.2

Promozione risparmio energetico ..................................................................................... 22

9. Gestione del territorio: ........................................................................................................ 25 10. Valutazione sistematicamente della sostenibilità e della compatibilità ambientale .............. 26 11. Uso sostenibile delle risorse............................................................................................... 28 12. Gli ecodistretti industriali ........................................................................................................ 30 12.1 Descrizione sommaria degli ecodistretti industriali .................................................................. 30 13. L'acqua e la sua gestione deve essere pubblica. .................................................................. 35 Campagne a cura del comune. ................................................................................................... 36 14. La cultura: fondamento della crescita................................................................................... 36 Conclusioni ............................................................................................................................. 37

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PREMESSA. Alla base di questo documento sta la consapevolezza di vivere in uno dei territori più inquinati d’Italia. La città di Colleferro ha bisogno di una svolta decisiva verso un tipo di politica e gestione del territorio che metta al primo punto dell’azione e le tematiche ambientali e inverta la rotta di un territorio che viene già chiamato la Seveso del Lazio al fine di fare di una debolezza un punto di forza. Questo documento nasce dal confronto e la collaborazione tra due associazioni ambientaliste della Valle del Sacco e ha lo scopo di suscitare il desiderio di un cambiamento profondo e di rinnovare il senso di appartenenza a una comunità. La formalizzazione in un vero e proprio programma a punti viene dalla necessità di sintetizzare il lavoro di cinque anni di attività associativa, includendo tutti i temi a nostro avviso fondamentali, citando esempi di pratiche buone a livello italiano ed europeo, rifacendoci a direttive comunitarie laddove si renda necessario completare il quadro legislativo nazionale. L’attività di sintesi delle azioni e delle progettualità sviluppate in questi anni tuttavia ci ha imposto una ulteriore riflessione. Le proposte di politica ambientale non possono prescindere da una valutazione complessiva dello stato della vita democratica, del funzionamento delle istituzioni e dei servizi pubblici nel nostro territorio. Dovremmo tutti assumerci il compito di fare un bilancio delle trasformazioni che negli ultimi venti anni hanno investito la divisione dei poteri all’interno delle amministrazioni locali, le forme di partecipazione e controllo da parte dei cittadini nei confronti delle amministrazioni, le forme di erogazione di quelli che un tempo erano chiamati ‘servizi pubblici’. Vent’anni di politiche di privatizzazione ed esternalizzazione dei servizi pubblici hanno sottratto alla amministrazioni strumenti di controllo e di pianificazione, competenze e capacità di conoscenza dei territori che amministrano. È il momento di verificare quanto effettivamente il mito salvifico del libero mercato, secondo il quale la privatizzazione è portatrice di maggiore efficienza, trasparenza ed equità nella gestione del territorio e dei servizi pubblici, abbia salvaguardato diritti inalienabili e inalienabili beni comuni. A questo proposito è bene sottolineare come la creazione di S.p.A. con capitale totalmente posseduto dagli enti locali non garantisca un reale controllo da parte degli stessi, che affermano comunque, per loro natura, il primato del profitto su quello del bene comune e certo non garantiscono trasparenza nella gestione: il caso del GAIA è estremamente istruttivo. In ultima analisi ci dovremmo interrogare sul senso che hanno oggi termini come ‘cosa pubblica’ e ‘bene comune’.

1. DEMOCRAZIA E PARTECIPAZIONE la realizzazione di una politica territoriale fondata su un coinvolgimento pieno, attivo e solidale dei cittadini e dei vari portatori d’interesse presenti sul territorio comunale attraverso l’istituzione permanente, quale strumento da utilizzare anche per il monitoraggio continuo dello stato di avanzamento del Piano d’Azione Locale

1.1 L’APPLICAZIONE NELLA “CARTA DI COLLEFERRO” Sulla città di Colleferro si rende necessaria un’inversione di rotta a partire dal processo di rappresentanza istituzionale per arrivare alla salvaguardia dei beni di utilità pubblica e degli elementi naturali, passando per pratiche di buon governo partecipato, cosciente e consapevole delle proprie forze.

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso Nei passaggi seguenti prendiamo in esame alcune tecniche di applicazione di questi principi.

1.2 ALCUNE BUONE PRATICHE DI AMMINISTRAZIONE PARTECIPATA Strumenti amministrativi comunali 1.2.1 BILANCIO PARTECIPATIVO Il Bilancio Partecipativo o partecipato è una forma di partecipazione diretta dei cittadini alla vita della propria città (democrazia diretta). L'esperienza più celebre di bilancio partecipativo si è avuta a Porto Alegre (Brasile), città di 1,3 milioni di abitanti. L'esperienza di Porto Alegre ha avuto inizio nel 1989. Il fine era quello di permettere ai cittadini di partecipare attivamente allo sviluppo e all’elaborazione della politica municipale. La partecipazione si realizza innanzitutto su base territoriale: la città è divisa in circoscrizioni o quartieri. Nel corso di riunioni pubbliche la popolazione di ciascuna circoscrizione è invitata a precisare i suoi bisogni e a stabilire delle priorità in vari campi o settori (ambiente, educazione, salute...). A questo si aggiunge una partecipazione complementare organizzata su base tematica attraverso il coinvolgimento di categorie professionali o lavorative (sindacati, imprenditori, studenti..). Ciò permette di avere una visione più completa della città, attraverso il coinvolgimento dei c.d. settori produttivi della città. La municipalità o comune è presente a tutte le riunioni circoscrizionali e a quelle tematiche attraverso un proprio rappresentante, che ha il compito di fornire le informazioni tecniche, legali, finanziarie e di fare delle proposte (attento, però, a non influenzare le decisioni dei partecipanti alle riunioni). Alla fine ogni gruppo territoriale o tematico presenta le sue priorità all'Ufficio di pianificazione, che stila un progetto di bilancio che tenga conto delle priorità indicate dai gruppi territoriali o tematici. Il bilancio viene alla fine approvato dal Consiglio comunale. Nel corso dell'anno, attraverso apposite riunioni, la cittadinanza valuta la realizzazione dei lavori e dei servizi decisi nel bilancio partecipativo dell'anno precedente. Di solito le amministrazioni comunali, visti anche i vincoli di bilancio cui sono tenuti per legge, riconoscono alle proposte avanzate dai gruppi di cittadini la possibilità di incidere su una certa percentuale del bilancio comunale. Nel caso di Porto Alegre si è partiti dal 10% del bilancio comunale, fino ad arrivare, lentamente, al 25%.

1.2.2 LA CONTABILITÀ AMBIENTALE La contabilità ambientale degli enti pubblici è un sistema contabile parallelo alla rendicontazione economica e finanziaria, riguardante nello specifico le tematiche ambientali di competenza diretta e indiretta dell’ente. Questa nuova procedura nasce dalla necessità di riformare i sistemi di definizione e controllo delle strategie pubbliche con procedimenti adatti a misurare la sostenibilità dello sviluppo del territorio, ossia capaci di internalizzare la variabile ambientale nelle decisioni politiche. La contabilità ambientale è infatti uno strumento sviluppato per rileggere e interpretare le attività ambientali dell’ente e migliorare le politiche in direzione della sostenibilità. La redazione del bilancio ambientale consente di monitorare lo stato dell’ambiente e di valutare concretamente le conseguenze ambientali (positive o negative) delle principali attività dei Comuni e delle Province. La contabilità ambientale rappresenta anche un mezzo di comunicazione con la comunità locale. Con il bilancio verde sono esplicitati i contenuti ambientali delle diverse politiche e, in questo modo, si comunicano alla collettività i risultati ottenuti dalla pubblica amministrazione in questo campo, a fronte degli impegni Realizzato da Ugi: Unione Giovani indipendenti - http://www.ugionline.it/info/ Re.Tu.Va.Sa: Rete per la tutela della valle del sacco – www.retuvasa.org

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso assunti e pattuiti con la comunità stessa. La contabilità ambientale comprende una parte economica e una fisica. I conti economici valutano le risorse naturali e le interazioni uomo/ambiente utilizzando come unità di misura la moneta. Si basano sulla classificazione delle spese di un ente in relazione all'impatto sull'ambiente. La parte fisica definisce lo stato dell’ambiente, attraverso la quantificazione delle risorse naturali disponibili e il grado di utilizzo da parte dell'uomo. Richiede l’impiego di indicatori ambientali e di sostenibilità, quali, ad esempio, gli ICE (Indicatori Comuni Europei per la sostenibilità urbana) o i metodi di calcolo dei consumi umani di risorse naturali (per esempio l'impronta ecologica o analisi dei consumi energetici)

Il Comune come promotore nel contesto territoriale 1.2.3 IL BILANCIO ENERGETICO Il Bilancio Energetico territoriale è un efficace strumento operativo di supporto alla pianificazione territoriale e all’uso razionale dell’energia, alla protezione dell’ambiente e della salute, alla diversificazione delle fonti e allo sviluppo delle risorse naturali. Il Bilancio Energetico rappresenta uno strumento avanzato per progettare e condividere le politiche ambientali relative a tre elementi:

• • •

La domanda energetica con un’analisi dei consumi finali principali e una stima della domanda futura; L’offerta energetica; Le esternalità ambientali collegate all’uso e alla produzione d’energia, per le quali viene calcolato un vero e proprio bilancio delle emissioni.

L’analisi della domanda d’energia consente di quantificare i flussi d’energia e ricostruirli storicamente, esaminarne la distribuzione intersettoriale, disaggregarli a livello territoriale, analizzarne l’evoluzione temporale, ricostruire il fabbisogno energetico teorico di ogni settore. Su questa base potranno essere costruiti degli indici sintetici (ad esempio l’energia consumata pro capite o per unità di superficie, ecc.) e degli indici di efficienza (quali fabbisogno energetico teorico/attuale, consumo effettivo, prestazione delle tecnologie energetiche) che consentiranno di leggere meglio la domanda energetica. Questo strumento consente agli Enti Locali una pianificazione energetica territoriale, incentivando l’efficienza energetica, la riduzione degli sprechi e l’utilizzo delle energie rinnovabili. Le Imprese possono trovare in questo strumento di pianificazione energetica un sistema di certezze e di incentivi da utilizzare per riconvertire i propri sistemi di autoproduzione o di uso dell’energia.

1.2.4 IL BILANCIO ECOLOGICO TERRITORIALE Il Bilancio Ecologico Territoriale (BET) è uno strumento di valutazione della sostenibilità ambientale di un territorio e delle politiche di sviluppo che in esso si vogliono intraprendere.

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso Qualsiasi agglomerato urbano può essere descritto come un ecosistema che consuma risorse non rinnovabili, genera rifiuti ed emissioni, consuma energia con modalità lontane dalla autosufficienza, o, come si dice, con modalità che comportano nella maggioranza dei casi il superamento della capacità di carico del territorio. Il Bilancio Ecologico Territoriale rappresenta quindi lo strumento di lettura del territorio e delle sue dinamiche; la sua realizzazione è quindi utile per orientare gli indirizzi di sviluppo dell’area in questione. Concretamente un BET è un documento che riporta e analizza per un dato territorio sia i dati riguardanti lo stato dell’ambiente (aria, acqua, suolo e sottosuolo, rumore, biodiversità, paesaggio) che i fattori di pressione (popolazione, trasporti, consumi energetici, rifiuti, attività industriali, commerciali, agricoltura e turismo). Trattandosi di un documento pubblico, risulta di notevole importanza l’aspetto della comunicazione esterna e diffusione presso i cittadini. La realizzazione da parte di alcune amministrazioni locali (Regioni, Province e Comuni) della "Relazione sullo Stato dell’Ambiente" rappresenta già un punto di partenza per la definizione del Bilancio Ecologico Territoriale.

Proposte del Comune alle aziende del territorio

1.2.5 IL BILANCIO AMBIENTALE Il Bilancio Ambientale è uno strumento di comunicazione volontario a disposizione di tutte quelle imprese che vogliono sviluppare una conoscenza più approfondita delle tematiche ambientali collegate al loro sistema produttivo. Questo documento informativo relativo al rapporto tra l’impresa e l’ambiente e volto a valutare le prestazioni ambientali delle attività di produzione e di servizio, è periodicamente aggiornabile e permette di orientare le scelte gestionali e di controllo di un’azienda verso la diminuzione dei costi ambientali, soprattutto nel settore del consumo energetico, della gestione dei rifiuti e degli imballaggi, degli usi idrici e della depurazione delle acque. La redazione del Bilancio Ambientale soddisfa un’esigenza fondamentale della gestione sostenibile: la completa e corretta rappresentazione del rapporto impresa-ambiente non può assolutamente limitarsi alla mera considerazione dei dati rilevati negli usuali conti economico-finanziari. L’impresa che misura il proprio impatto sull’ambiente al fine di ridurlo potrà controllarne i costi, ma potrà contemporaneamente beneficiare di nuove prospettive competitive legate al miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia sia ambientale che economica.

Il Bilancio Ambientale contiene degli indicatori: • • • • •

gestione ambientale; aspetti ambientali che misurano l’entità dei fattori di impatto generati dall’impresa; prestazione ambientale; efficienza ambientale; effetto potenziale che potrebbe produrre l’attività dell’impresa sull’ambiente.

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso Esistono due tipi di Bilancio Ambientale: • •

Bilancio Ambientale di Sito: si riferisce ai singoli impianti o stabilimenti produttivi. Bilancio Ambientale di Corporate: i dati riguardano un’impresa multisito.

La struttura del bilancio ambientale: La redazione di un bilancio ambientale si ottiene attraverso la costruzione di prospetti quantitativi destinati a riassumere i dati fisici e monetari della gestione ambientale, i quali, rilevati in appositi conti, sono successivamente rielaborati allo scopo di valutare l'efficienza e l'efficacia dell'orientamento sostenibile dell'impresa. La struttura del Bilancio Ambientale si compone dei seguenti schemi contabili: • • • • • • • •

le risorse impiegate; i rifiuti prodotti; le emissioni in atmosfera; l'inquinamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei; l'inquinamento del suolo e del sottosuolo; i rumori; le spese ambientali; la sintesi dei dati nel quadro contabile completo.

I dati raccolti nella realizzazione del Bilancio Ambientale sono spesso divulgati all’esterno in forma di Rapporto ambientale, comprensivo di una sintesi del bilancio ambientale realizzato e di una relazione ambientale introduttiva; si realizza così un documento pubblico con il quale comunicare all'esterno la direzione intrapresa per il miglioramento ambientale. I Vantaggi: I principali benefici che un’azienda può ricavare dalla redazione di un Bilancio Ambientale derivano dal monitoraggio di tutti gli aspetti ambientali significativi e sono individuabili in: • • • • • •

individuazione dei costi ambientali e degli sprechi; valutazione dell’opportunità di investimenti in tecnologie a minor impatto ambientale; valutazione del livello di tutela e di valorizzazione del territorio nel quale si opera; individuazione degli elementi di criticità legati alla propria attività e delle azioni volte al miglioramento ambientale; costruzione di una rete di monitoraggio che permetta lo sviluppo di un sistema di gestione ambientale (EMAS); sviluppo di efficaci strumenti di comunicazione ambientale rivolti alla popolazione e alla pubblica amministrazione.

Non vanno inoltre trascurati i benefici in termini di immagine aziendale (e quindi di valore) che scaturiscono dal migliore soddisfacimento delle esigenze conoscitive degli stakeholders (compresa la maggiore fiducia delle banche, delle amministrazioni pubbliche e delle compagnie di assicurazione) e dalla concreta dimostrazione di un maggior impegno profuso nella gestione delle problematiche ambientali.

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2. EMERGENZA AMBIENTE E SALUTE individuare le possibili configurazioni di emergenza e adottare le misure necessarie per ridurne gli impatti ambientali e i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori e dei cittadini;

2.1 APPLICAZIONE DEGLI ARTICOLI DI LEGGE DEL D.LGS 238/05 MEGLIO DENOMINATO COME SEVESO II, ORA SEVESO III. Premessa: l’iter della Legge La cosiddetta direttiva Seveso II (Direttiva 96/82/CE) è la norma europea tesa alla prevenzione e al controllo dei rischi di accadimento di incidenti rilevanti, connessi con determinate sostanze classificate pericolose. La direttiva prevede specifici obblighi per i gestori di quegli stabilimenti in cui tali sostanze siano o possano essere presenti in quantitativi superiori a specifici limiti di soglia stabiliti dalla Direttiva stessa. Il 17 agosto 1999 l’Italia ha recepito la Direttiva "Seveso II" con il decreto legislativo n. 334 "Attuazione delle direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose". La direttiva Seveso II, a seguito delle conoscenze maturate in poco più di un ventennio e alla luce di alcuni eventi incidentali occorsi tra il 2000 ed il 2001, è stata emendata dalla direttiva 2003/105/CE. La direttiva 2003/102/CE è stata recepita in Italia con il D.Lgs. 238/05, che ha modificato il D.Lgs. 334/99 di recepimento della direttiva madre. Le competenze dei Comuni Art. 22 D.Lgs 334/99 modificato in 238/05. 4. Il comune ove è localizzato lo stabilimento soggetto a notifica porta tempestivamente a conoscenza della popolazione le informazioni fornite dal gestore ai sensi dell'articolo 6, comma 5, eventualmente rese maggiormente comprensibili, fermo restando che tali informazioni dovranno includere almeno i contenuti minimi riportati nelle sezioni 1, 2, 3, 4, 5, 6, e 7 della scheda informativa di cui all'allegato V. 5. Le notizie di cui al comma 4 sono pubblicate a intervalli regolari e, per gli stabilimenti di cui all'articolo 8, devono essere aggiornate dal sindaco sulla base dei provvedimenti di cui all'articolo 21. 6. Le informazioni sulle misure di sicurezza da adottare e sulle norme di comportamento da osservare in caso di incidente sono comunque fornite dal comune alle persone che possono essere coinvolte in caso di incidente rilevante verificatosi in uno degli stabilimenti soggetti al presente decreto. Tali informazioni sono riesaminate ogni tre anni e, se del caso, ridiffuse e aggiornate almeno ogni volta che intervenga una modifica in conformità all'articolo 10. Esse devono essere permanentemente a disposizione del pubblico. L'intervallo massimo di ridiffusione delle informazioni alla popolazione non può, in nessun caso, essere superiore a cinque anni. Dipartimento di Protezione Civile È necessario, infine, che siano programmate esercitazioni per verificare la conoscenza del P.E.E. e il livello di consapevolezza della popolazione nei confronti del rischio di incidente rilevante.

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso Il messaggio informativo preventivo e in emergenza Un'adeguata informazione preventiva rende la popolazione consapevole delle misure di autoprotezione da adottare e dei comportamenti da assumere in caso di evento incidentale. La validità della campagna informativa si misura in termini di capacità della popolazione a collaborare con i soccorritori e a recepire correttamente il messaggio d'emergenza stabilito nel corso della campagna preventiva. È quindi necessario, in sede di pianificazione, stabilire i contenuti del messaggio da inoltrare in emergenza e le modalità con le quali dovrà essere diffuso. Tratto dalla Relazione previsionale del Comune di Colleferro 2009 e 2010. Informazione alla popolazione sul rischio industriale. Aggiornamento del piano di emergenza esterna. Realizzazione delle modalità di diffusione dell’informazione alla popolazione sul rischio industriale (previste nelle Linee Guida approvate con Deliberazione di G.C. n. 308 del 6 novembre 2007), legato alla presenza sul territorio di due stabilimenti industriali che utilizzano sostanze pericolose, considerati a rischio di incidente rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 334/1999, la AVIO S.p.A. e la SIMMEL DIFESA S.p.A.. Seguendo le linee stabilite dal Piano di Emergenza Esterno (PEE) redatto dalla Prefettura di Roma, lo scopo della campagna informativa è quello di assicurare un’adeguata risposta da parte della popolazione interessata, in termini di comportamenti da assumere in caso di emergenza. Note a margine Le aziende AVIO SpA e Simmel Difesa S.p.A hanno messo a disposizione nel 2005 e nel 2008 i Piani di Emergenza Esterni ottemperando alle disposizioni di Legge. Il Comune di Colleferro ha pubblicato tali atti, ma non ha mai rispettato l’art. 22 succitato inserendone l’intenzione nei bilanci previsionali del 2009 e 2010. Conclusioni L’applicazione del D.Lgs 238/05 negli articoli sopradescritti di competenza comunale è una necessità per la mappatura del rischio ambientale nelle aree circostanti il territorio comunale, nonché una forma di sensibilizzazione della cittadinanza sulla presenza di industrie che potrebbero determinare incidenti rilevanti e sulle misure da adottare.

2.2 ESTENSIONE DEL CONTROLLO SULLO STATO DI SALUTE DELLA POPOLAZIONE Viste le risultanti dell’indagine epidemiologica dell’ottobre 2009 prodotta dalla USL RME relativamente all’impatto delle numerose fonti di inquinamento presenti sul territorio comunale risulta necessaria l’estensione della stessa a tutta la popolazione con una mappatura derivante da una divisione settoriale per vicinanza alle fonti, in modo da avere uno strumento di controllo causa-effetto. Si rendono necessari controlli specifici sulle malattie tumorali, cardiovascolari e respiratorie e sulle interferenze endocrine evidenziate dall’indagine menzionata. Come si evince da alcune analisi il Betaesaclorocicloesano potrebbe essere diffuso in modo diverso da quanto prospettato ed essere stato assunto da un campione maggiore rispetto a quanto supposto. Si rende necessario attivare studi di modelli di valutazione su possibili interferenze a lungo termine delle sostanze assunte dalla popolazione attraverso il ciclo alimentare e configurare l’educazione all’alimentazione necessaria per una riduzione del rischio.

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2.3

ANALISI DEI TERRENI

Vista la presenza sul territorio comunale di aziende che hanno come caratteristica l’emissione in atmosfera di sostanze potenzialmente inquinanti si rende necessaria una caratterizzazione dello stato del suolo con un’analisi dei terreni su tutta l’area per valutarne la rispondenza ai limiti dettati dalle normative. Tali analisi devono essere effettuate attraverso enti certificatori.

2.4

PUBBLICAZIONI

Data la mancanza di comunicazioni idonee riguardo all’incidenza tumorale della cittadinanza se ne chiede la pubblicazione a cadenza semestrale/annuale con evento pubblico.

3. EDUCAZIONE AMBIENTALE E COSCIENZA CIVICA Favorire la consapevolezza ambientale e civica dei cittadini

3.1 SENSIBILIZZAZIONE Sensibilizzare il personale di ogni livello verso la protezione ambientale e la gestione in sicurezza del proprio lavoro, realizzando adeguati programmi di formazione che lo responsabilizzino e ne garantiscano la partecipazione, il coinvolgimento e la consultazione per la sicurezza e per il processo di miglioramento continuo;

3.2 PROMOZIONE Promuovere attività divulgativo-informative agli studenti delle scuole, ai cittadini e ai turisti ai fini del rispetto ambientale, anche attraverso l’organizzazione sul territorio comunale di Ecofeste che contribuiscano a rendere partecipi e consapevoli i cittadini delle problematiche ambientali e dei loro eventuali e possibili sviluppi. Promuovere, stimolare e coordinare la diffusione dell’educazione ambientale nelle scuole di ogni ordine e grado.

4 .STATUTO COMUNALE: PROPOSTE DI MODIFICA 4.1 INTRODUZIONE DELL'ISTITUTO REFERENDARIO Per assicurare una risposta a una qualunque sollecitazione nel settore dell’ambiente e della sicurezza, è quanto mai necessaria la modificazione dello statuto comunale in virtù della possibilità di indire referendum di carattere consultivo, propositivo o di indirizzo e abrogativo su questioni a rilevanza generale, purché interessanti la collettività comunale. L’amministrazione comunale dovrebbe prevedere l’uso di questo strumento come verifica e orientamento dell’attività amministrativa.

4.2

ASSESSORATO ALL'AMBIENTE

Vista l'estrema delicatezza e precarietà dello stato ambientale nel nostro comune, è necessaria l'istituzione di un assessorato all'ambiente che preveda anche il coinvolgimento delle associazioni ambientaliste che agiscono nel territorio comunale.

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5. GESTIONE DEL CICLO DEI RIFIUTI 5.1 INTRODUZIONE Fino a quando i rifiuti saranno considerati il business del secolo sarà difficilmente praticabile il percorso “rifiuti zero”, proprio perché una minor quantità di rifiuti si tradurrebbe in affari sempre più modesti. Basti pensare al fenomeno delle ecomafie, per capire quanto grandi siano gli interessi in gioco. “Rifiuti zero” è invece l'unica imprescindibile via da percorrere se vogliamo che ci sia futuro per le prossime generazioni. Il modello gestionale della S.p.A., sia essa a capitale totalmente pubblico, privato o misto non può quindi soddisfare le esigenze di un servizio che, al pari della gestione del servizio idrico, deve essere considerato di interesse generale, non economico. Nel nostro territorio abbiamo sperimentato la fallimentare gestione di GAIA S.p.A, che ha creato, negli anni, un deficit enorme, processi in corso, stipendi manageriali sproporzionati. Infine, questo modello sancisce definitivamente la fine del potere decisionale delle amministrazioni pubbliche, che di fatto non hanno alcuna voce in capitolo sulle scelte strategiche dell'azienda. Un comune può anche decidere di orientare le sue scelte verso la raccolta porta a porta, ma il costo di gestione del servizio sarà deciso dalla S.p.A, in base al principio del massimo profitto, e non certo della migliore qualità del servizio. Lo stesso Piano Regionale dei rifiuti, nel capitolo introduttivo, afferma: «Lo studio di soluzioni adeguate è comunque influenzato da un crescente ruolo attribuito al mercato per la gestione dei rifiuti. Il decreto ambientale limita fortemente il ruolo delle Amministrazioni pubbliche. Permangono competenze di programmazione, che tuttavia assumono la caratteristica di orientamento o indirizzo, mentre minore è la forza coercitiva e prescrittiva del contenuto della programmazione stessa. Questa soluzione pro mercato si scontra in parte con la realtà dei fatti. Il mercato, autonomamente, non sembra adeguato a realizzare tutti gli interventi necessari (…)».

5.2 NORMATIVA EUROPEA, NAZIONALE E REGIONALE: PRINCIPI GENERALI Le direttive europee sulla gestione dei rifiuti informano con i loro principi le normative nazionali e regionali. Esse molto chiaramente indicano priorità e strategie da seguire per la gestione dei rifiuti. La Direttiva 2006/12/CE detta il principio secondo il quale «Ogni regolamento in materia di gestione dei rifiuti deve essenzialmente mirare alla protezione della salute umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, trasporto, trattamento, ammasso e deposito dei rifiuti». La direttiva richiede agli Stati membri di raggiungere i seguenti obiettivi prioritari (artt. 3, 4 e 5): a) in primo luogo, la prevenzione o la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, in particolare mediante: • •

lo sviluppo di tecnologie pulite; la messa a punto tecnica e l'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da contribuire il meno possibile ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento per la loro fabbricazione, uso e smaltimento; lo sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti destinati ad essere recuperati.

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b) in secondo luogo: • •

il recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo od ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie; l'uso dei rifiuti come fonte di energia

La Direttiva 2008/98/CE del 19 novembre 2008, Nuova Direttiva Quadro Rifiuti, impone il rafforzamento delle misure per la prevenzione dei rifiuti, e sottolinea l'importanza della cura durante l'intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali, ponendo sempre e comunque attenzione al minor impatto sulla salute umana e sull'ambiente. Nell’ambito della c.d. gerarchia dei rifiuti si conferma che la priorità principale deve essere la prevenzione e che il riutilizzo e il riciclaggio di materiali devono preferirsi alla valorizzazione energetica, rappresentando le alternative migliori dal punto di vista ambientale. Il DL 152/06 Parte IV, riprende i temi trattati dalle direttive europee, indicando i seguenti criteri di priorità: • • • • •

Sviluppo di tecnologie pulite Ideazione e messa in commercio di prodotti che non contribuiscano, o lo facciano in misura minima, alla produzione di rifiuti e all’inquinamento Ruolo attivo delle amministrazioni pubbliche nel riciclaggio dei rifiuti e loro utilizzo come fonte di energia Corretta valutazione dell'impatto ambientale di ogni prodotto durante il suo intero ciclo vitale Promozione di accordi e programmi sperimentali per prevenire e ridurre la quantità e pericolosità dei rifiuti

Si delinea inoltre come strategia quella del recupero del rifiuto mediante: • • •

riutilizzo, reimpiego e riciclaggio produzione di materia prima secondaria trattando i rifiuti stessi incentivazione, tramite misure economiche e capitolati nelle gare d'appalto, del mercato dei prodotti reimpiegati.

Solo come ultima scelta si punta all'uso dei rifiuti per produrre energia (recupero energetico, ossidazione biologica a freddo, gassificazione, incenerimento) La strategia dell’incenerimento è posta come scelta ultima e in coda a tutte le altre priorità. Inoltre questa tecnica dovrebbe essere presa in considerazione solo per quella parte dei rifiuti solidi urbani che non è possibile riciclare o riutilizzare e che compone circa il 15 % del totale dei rifiuti. Discorso a parte merita l’art. 205, che dispone che in ogni ambito territoriale ottimale debba essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime: 1. almeno il 35% entro il 31 dicembre 2006; 2. almeno il 45% entro il 31 dicembre 2008; 3. almeno il 65% entro il 31 dicembre 2012. Nel caso in cui questi obiettivi minimi non vengano raggiunti, viene applicata un'addizionale del venti per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dell'Autorità d'ambito, che ne ripartisce l'onere tra quei Comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste.

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso Con la Legge 296/2006, sono stati introdotti obiettivi intermedi di raccolta differenziata. Tale norma prevede infatti che la Regione, previa diffida, provveda, tramite un commissario ad acta, a garantire il governo della gestione dei rifiuti per quegli ATO che non abbiano assicurato una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime: 4. almeno il 40% entro il 31 dicembre 2007; 5. almeno il 50% entro il 31 dicembre 2009; 6. almeno il 60% entro il 31 dicembre 2011.

È evidente che, mantenendo i servizi attuali, risulta molto difficile raggiungere gli obiettivi per il 2012 Anche il PIANO REGIONALE DEI RIFIUTI riprende temi e concetti delle normative sopra esposte, rendendo esplicite le competenze a livello regionale, provinciale e comunale. In estrema sintesi, la Regione, in base alla normativa nazionale, redige i piani regionali, indicando le politiche di gestione dei rifiuti, gli obiettivi da raggiungere e le conseguenti necessità impiantistiche. Nei piani si definiscono i criteri con cui le Province devono individuare le aree idonee o non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti. Alle Province competono le funzioni amministrative di programmazione ed organizzazione a livello provinciale, quindi anche l'individuazione, sentite le Autorità d'Ambito ed i Comuni, delle zone idonee o meno alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti.

5.3 I COMUNI CONCORRONO ALLA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI ED ASSIMILATI. Entro novanta giorni dalla data di pubblicazione dei piani provinciali, le province ed i comuni ricadenti nello stesso ambito o sotto-ambito territoriale ottimale stipulano una convenzione (convenzione di cooperazione) per garantire la gestione unitaria dei rifiuti urbani non pericolosi, sulla base del disciplinare tipo adottato dalla Giunta regionale. Da quanto sopra sinteticamente esposto, risulta che i comuni hanno grandi potenzialità decisionali sulle modalità di gestione dei rifiuti, tenendo conto del fatto che tutte le normative, a tutti i livelli, indicano priorità e strumenti in maniera molto chiara. Rifacendoci proprio a questi principi, facciamo alcune proposte. STRATEGIA RIFIUTI ZERO Una società sostenibile è una società che non produce rifiuti, cioè non accumula materiali residui non riutilizzabili o riciclabili P. Connett Quando si ha un rubinetto che perde bisogna sia asciugare le gocce cadute che sistemare definitivamente il rubinetto, altrimenti si continuerà ad asciugare ma non si risolverà il problema. Trasportando questa metafora nella concreta realtà del problema rifiuti possiamo dire che gli scarti da differenziare e smaltire/riciclare sono le gocce cadute mentre il rubinetto da riparare rappresenta i consumi. Oltre a una giusta raccolta e a una buona strutturazione del ciclo dei rifiuti, dobbiamo anche cambiare i nostri stili di vita, indirizzando ad esempio i nostri consumi a preferire beni, oggetti, giocattoli, e gli stessi

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso alimenti (in particolar modo i loro imballaggi), che siano facilmente differenziabili e recuperabili. Insomma, si deve assolutamente puntare, parallelamente alla gestione, alla diminuzione a monte del rifiuto prodotto. Per raggiungere tale scopo, a tutti i vari livelli decisionali è necessario dare il massimo rilievo: •

• • •

Responsabilità in fase di progettazione e costruzione. Riprogettazione industriale in modo che i materiali dei singoli componenti possano essere differenziati completamente, e le industrie produttive possano beneficiare di una serie di misure di incentivazione e/o detassazione mirate al riconoscimento di un marchio legato alla progettazione di qualità ambientale; Responsabilità negli stili di vita consumistici; Contrasto di qualsiasi attività di distruzione dei rifiuti ed eliminazione del ricorso alle discariche e all’incenerimento come sistema di smaltimento; Riduzione generale del residuo quantitativo prodotto e riduzione specifica della pericolosità e della tossicità di quanto viene prodotto (RECUPERO – RIPARAZIONE – RIUTILIZZO);

Per questo è fondamentale costruire un “cerchio degli attori” virtuoso che metta in correlazione le responsabilità di: Produttori/Imprenditori, Amministratori/Legislatori, Popolazione/Consumatori. La strategia suggerita dal professor Paul Connett è secondo noi una delle basi di partenza per un futuro eticamente, ambientalmente ed economicamente sostenibile. OBIETTIVI E STRUMENTI L'amministrazione comunale dovrebbe adoperarsi a realizzare: • • •

• • • •

Campagne a favore della RIDUZIONE dei rifiuti in tutti gli ambiti (industriali,urbani, nelle Pubbliche amministrazioni) (vedi scheda 1); Una raccolta differenziata porta a porta, valutata a livello internazionale come il metodo migliore per raggiungere le percentuali più alte di raccolta differenziata. Detassazione dei rifiuti con l’applicazione della tariffa individuale, allo scopo di abbattere i costi sostenuti dalla collettività in proporzione all’efficienza riciclatoria di ogni nucleo familiare, con una informazione-formazione quotidiana e puntuale dell’utenza da parte del personale addetto al prelievo; Creazione di un centro pubblico di preselezione del rifiuto che punti all’ulteriore divisione del rifiuto limitando lo scarto dell’indifferenziabile destinato poi allo smaltimento. Abbandono totale delle politiche di combustione del rifiuto come metodo di smaltimento in base agli articoli 179 e 180 del DL 152/06 Parte IV. Creazione di un impianto pubblico di compostaggio comunale teso al recupero di quella ampia frazione di rifiuto solido urbano altrimenti indifferenziabile e destinata allo smaltimento in discarica. Chiusura della discarica di Colleferro, non solo per il devastante impatto ambientale che ha sul territorio, ma anche perché sita davanti a una scuola superiore e accanto all'area protetta futuro monumento naturale “La Selva” di Paliano (attenersi quindi agli articoli 179, 180 e 181 del DL 152/06 Parte IV). Inoltre, nonostante le sue dimensioni siano ormai insostenibili, sono stati autorizzati ulteriori 1,5 milioni di metri cubi di invaso (rilascio dell'AIA avvenuto l'8 maggio 2010) per aumentare il valore economico di GAIA S.p.A., da molto tempo in cerca di acquirenti che si accollino l'enorme debito accumulato (altro frutto distorto della gestione a mezzo di S.p.A. di un servizio pubblico). Ricollocamento nella raccolta differenziata porta a porta e nei vari centri di compostaggio e preselezione del rifiuto di tutti i lavoratori degli impianti di incenerimento e delle attività che andranno a chiudere poiché incompatibili col corretto piano di gestione dei rifiuti. Rimessa in commercio dei materiali riciclati inviandoli alle filiere consone in base alla tipologia del rifiuto, incentivando questa strategia anche economicamente.

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso •

Incentivazione del compostaggio domestico, attraverso la fornitura di compostiere da balcone o da giardino e il ritiro porta a porta a credito del compost eventualmente inutilizzato (vedi scheda 2)

Riteniamo inoltre che il termine “rifiuto” oggi sia addirittura improprio; è ormai dimostrato, infatti, che con una avveduta azione di gestione programmata rispetto alla raccolta, al recupero e al riciclaggio dell’immondizia, si possa creare un circolo produttivo di materiali che consentono un risparmio da otto a dodici volte del costo di produzione degli stessi, partendo dalle materie prime naturali e consentendo la conservazione dell’energia originaria spesa per produrli.

SCHEDA 1: PREVENZIONE AI FINI DELLA RIDUZIONE DEI RIFIUTI Un ottimo risultato nonché un obiettivo primario da porsi è arrivare a una riduzione di circa 100 kg\anno di rifiuti per abitante (circa il 15%) facendo leva su: • • •

Riorientamento dei consumi verso nuovi prodotti riciclabili Campagne a tappeto di informazione e sensibilizzazione Incentivazione di negozi leggeri (negozi di vendita di prodotti come sapone liquido o alimenti come latte alla spina) e centri di riparazione elettrodomestici

Obiettivi di prevenzione: Frazione organica: Promozione del compostaggio domestico - 30 Kg/ anno Recupero di derrate e riduzione sprechi 8 Kg/ anno Articoli sanitari intimi: Promuovere pannolini/assorbenti riciclabili* 2 Kg/ anno Carta: Scoraggiare invio volantini/giornali indesiderati 5 Kg/ anno Incoraggiare la dematerializzazione (scuola-uffici) - 10 Kg/ anno Imballaggi: Promuovere prodotti con imballaggio a rendere (cartone / plastica) - 12 Kg/ anno Promuovere consumo acqua del rubinetto 2 Kg/ anno Sostituzione shoppers in PE con borse multiuso 1 Kg/ anno Eliminazione degli imballaggi multipli - 10 Kg/ anno Altri materiali: Promuovere riutilizzo abiti usati 4 Kg/ anno Promuovere riutilizzo giocattoli, mobili, ecc. - 10 Kg/ anno Misure contro gli acquisti eccessivi 3 Kg/ anno ========== Totale 97 Kg/ anno *(consumo/costo per circa 330 Kg / bambino)

Queste stime potrebbero a prima vista non sembrare obiettivi prioritari, ma con queste piccole e all’apparenza poco importanti modifiche, si andrebbe a ridurre la produzione annua di rifiuti della cittadinanza di circa 2.000.000 di kg!!!

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso SCHEDA 2: COMPOSTAGGIO DOMESTICO Il compostaggio domestico è una pratica che sta prendendo piede in maniera rapida anche perché, a fronte di modesti impegni di spesa sia per l'avvio che per il mantenimento, produce ottimi risultati in termini di riduzione dei rifiuti da collocare in discarica. Il fine della promozione del compostaggio domestico è: a) ridurre i quantitativi di rifiuti da conferire agli impianti di trattamento, sottraendo i rifiuti a matrice organica costituiti da scarti di cucina e da scarti vegetali dal circuito di gestione, generando benefici ambientali ed economici; b) riprodurre, in forma controllata e vigilata, i processi naturali di decomposizione aerobica delle sostanze organiche che portano alla formazione del compost migliorando la qualità dei terreni e riducendo il fabbisogno di sostanze chimiche di sintesi. Di seguito alcuni punti necessari o consigliati per la sua attivazione: a) Promuovere e premiare la pratica del compostaggio domestico con l’erogazione di assistenza, la cessione in comodato gratuito di compostiere, la riduzione della TARSU e con altre eventuali facilitazioni, prendendo esempio dal Comune di Canale Monterano (RM). b) Creazione di un Albo Compostatori; l’Albo Comunale dei compostatori è l’elenco degli utenti che dichiarano di trattare, in modo autonomo, i rifiuti compostabili secondo le disposizioni del presente Regolamento, non conferendoli al servizio pubblico di gestione e accedendo alle facilitazioni e agli sgravi previsti dal Comune.

6. PROMUOVERE LA DIFFUSIONE DEI SISTEMI DI GESTIONE AMBIENTALE NEGLI ENTI LOCALI, NEGLI ALTRI ENTI PUBBLICI E NELLE AZIENDE DEL TERRITORIO. I Sistemi di Gestione Ambientale (SGA) rappresentano uno strumento che favorisce l’impegno consapevole e continuativo delle aziende verso il rispetto delle normative e allo sviluppo di sistemi di autocontrollo, nell’ottica della prevenzione dell’inquinamento. Si tratta di vere e proprie tecniche di gestione che, sulla scia di quanto nato per la certificazione di qualità, tendono a portare all’interno dell’azienda (pubblica o privata) la tematica ambientale come parte integrante della produzione,favorendo i cosiddetti atteggiamenti proattivi , basati sulla prevenzione e anticipazione dei problemi e sulla partecipazione di tutti i soggetti che, con diversi ruoli, intervengono nei processi produttivi. A tale proposito si sollecita l'applicazione del regolamento comunitario n.761 del 19.03.2001 sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), Sistema di gestione ambientale già attivo e certificato a livello europeo. La filosofia di base di un sistema di questo tipo è attuare quello che viene definito “ciclo virtuoso di pianificazione e realizzazione”. Dall’adozione di un sistema di gestione ambientale trarranno benefici sia le aziende sia l'ambiente. I vantaggi per le aziende possono essere sintetizzati in: • • •

risparmio di energia e materie prime; riduzione del rischio di incidenti; migliore efficienza interna;

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso • • •

coinvolgimento e motivazione del personale dell’azienda verso un costante miglioramento delle prestazioni ambientali; vantaggi nel campo della competitività e dell'immagine; maggiore certezza del diritto.

I vantaggi per l’ambiente, invece, sarebbero: • •

risparmio di materie prime e risorse ambientali (energia, aria, acqua, suolo) e riduzione di emissioni, scarichi e rifiuti; miglioramento continuo delle prestazioni ambientali da parte dell’impresa.

È necessaria la presenza di un organismo che attesti la validità della corretta applicazione del S.G.A . Nel caso di EMAS intervengono il Verificatore Ambientale (AUDIT) e il comitato Ecolabel ed Ecoaudit. Il verificatore ambientale deve essere accreditato dall’ORGANISMO NAZIONALE COMPETENTE che per l’L’italia è il comitato ecolabel ed eco-audit istituito con regolamento 413/95, per l’esecuzione dei compiti previsti dai regolamenti comunitari 880/92/CEE (ecolabel) e 1836/93/CEE (ecoaudit o emas).

7. MISURE CONTRO L'INQUINAMENTO ATMOSFERICO: Adottare programmi ed azioni volti a contenere e ridurre l’inquinamento atmosferico, con attività integrate riguardanti le politiche della mobilità e dell’energia; Realizzare infrastrutture che contribuiscano alla tutela ambientale e all’incentivazione della mobilità sostenibile.

7.1

TRASPORTI E MOBILITÀ

Su scala locale, le azioni dovrebbero avere come priorità l’incentivo dei mezzi di trasporto pubblici più efficienti e meno inquinanti e il disincentivo verso l’uso dei mezzi privati, soprattutto nelle aree urbane fortemente congestionate. La mobilità pubblica dovrebbe essere sempre più in favore del cittadino come dovrebbe essere più incentivata e valorizzata la mobilità lenta a impatto zero. Potremmo stabilire delle linee guida per una politica dei trasporti: • • • • • • • •

definizione di un piano di trasporti pubblici non inquinanti, sia per l’area comunale, che in riferimento ai collegamenti esterni al comune dotazione di una rete di piste ciclabili “sicure” che consenta di raggiungere i punti di maggior interesse pubblico, esempio scuole, ospedale, municipio. possibilità di parcheggiare le biciclette all’interno dei condomini pedonalizzazione dei centri cittadini convenzioni per i servizi di car sharing e di bike sharing definizione di un tempo di carico–scarico delle merci nella città in orari prefissati diminuzione delle tasse comunali per chi non possiede un’auto privata acquisto di mezzi e scuolabus elettrici.

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso Tali linee guida non si discostano tanto da quanto viene indicato nel piano di risanamento della qualità dell’aria della Regione Lazio per il nostro territorio comunale, che è inserito nella zona B per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico: • • •

7.2

rinnovo e potenziamento del trasporto pubblico con mezzi a basso impatto ambientale iniziative di incentivazione all’utilizzo dei mezzi pubblici ammodernamento delle flotte delle società di servizi pubblici con mezzi conformi alle normative europee.

SPAZI URBANI ED AREE VERDI

Il verde urbano va inteso e gestito come componente fondamentale della qualità della vita ed esplica molte altre funzioni oltre a quelle di svago e ricreazione: decongestiona la pressione provocata da fattori inquinanti, abbattendo le polveri sottili, l’inquinamento dell’aria, il rumore; introduce colori e odori mutevoli durante l’anno, consentendo alla città di rimanere connessa con i ritmi naturali. La normativa italiana che regola i parametri dell’estensione del verde pubblico è il D.I. 1444/68 che ha introdotto il concetto di spazio minimo da dedicare ai servizi, verde incluso, e al miglioramento della qualità della vita urbana. L’ articolo 3 del suddetto decreto, intitolato “Rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi”, così recita: “Per gli insediamenti residenziali, i rapporti massimi di cui all'art. 17, penultimo comma, della legge n. 765 sono fissati in misura tale da assicurare per ogni abitante - insediato o da insediare - la dotazione minima, inderogabile, di mq 18 per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie. Tale quantità complessiva va ripartita, di norma, nel modo appresso indicato: a) mq 4,50 di aree per l'istruzione: asili nido, scuole materne e scuole dell'obbligo; b) mq 2,00 di aree per attrezzature di interesse comune: religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi (uffici P.T., protezione civile, ecc.) ed altre; c) mq 9,00 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con esclusione di fasce verdi lungo le strade3; d) mq 2,50 di aree per parcheggi (in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall'art. 18 della legge n. 765): tali aree – in casi speciali - potranno essere distribuite su diversi livelli”.

Tutto questo può essere ottenuto con una ristrutturazione della mobilità urbana conforme alle esigenze del territorio che adotti interventi integrati attraverso: a) un ampliamento delle zone a traffico limitato. Può essere utile anche l’adozione del cosiddetto road pricing che a Londra impone il pagamento di un ticket per l’ingresso in determinate aree della città; b) la strutturazione di un percorso ciclabile che attraversi tutta la città e permetta di raggiungere i punti nodali (a Bolzano ad esempio la bici è usata per il 29% degli spostamenti, il 29,5 si muove a piedi e il 27,2 in auto: tutto ciò grazie a un piano della mobilità che ha realizzato limitazioni della velocità delle auto, pedonalizzazione, ciclopiste e campagne pubblicitarie e di informazione). La realizzazione non dovrebbe richiedere un eccessivo dispendio di denaro come spesso avviene, rialzando il livello del marciapiede e utilizzando come fondo un conglomerato bituminoso rosso (esempio: via del cimitero) che effettivamente richiede un costo medio di 150mila euro a km. In realtà una serie di interventi per moderare la velocità delle auto, accompagnate da una semplice segnaletica orizzontale e verticale, possono trasformare con bassi costi le aree urbane.

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso Possiamo individuare diverse tipologie di verde pubblico: a) Aree speciali: fanno riferimento alle aree verdi che hanno particolari modalità di fruizione come giardini scolastici, orti botanici e vivai ed, inoltre, includono categorie residuali di verde. Gli spazi all’aperto dovrebbero essere concepiti come luoghi di incontro sociale e di svago ma anche in un’ottica costruttiva e conoscitiva di contatto diretto con la natura e con ciò che può offrire: progetti come quello dell’orto urbano coadiuvati da corsi di agricoltura (corsi sulla natura anche per i più piccoli in alternativa agli svilenti campi estivi), o del vivaio comunale, o ancora esposizioni di mostre d’arte e realizzazione all’aperto di rappresentazioni teatrali nella stagione estiva. b) Verde storico: aree tutelate a norma delle disposizioni del Titolo 1 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 per la protezione dei beni culturali: le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico (aree sottoposte precedentemente ai vincoli della Legge 1089/39)

7.3 QUALITÀ DELL'ARIA L’area di Colleferro, già oggetto dello studio “La valutazione della qualità dell’aria nel Comune di Colleferro I risultati di un monitoraggio sui principali inquinanti dell’area” (Provincia di Roma), è nota per essere un’area ambientalmente critica per la presenza storica di siti industriali e produttivi che hanno determinato, e alcuni determinano ancor oggi, situazioni di rilevante impatto ambientale. La nostra città, nel Piano Regionale di Tutela dell'Aria risulta essere, assieme a Civitavecchia e dopo Roma, la città della Provincia più inquinata da questo punto di vista. Per questo occorrono controlli seri e soluzioni efficaci, visti gli effetti altamente nocivi dell'inquinamento dell'aria sulla salute della popolazione e dell'ambiente. I Comuni devono , come sottolineato dal Piano, applicare e vigilare sulle disposizioni. I risultati dello studio sopracitato hanno evidenziato, per quanto concerne gli inquinanti previsti dalla normativa, che l’inquinamento da polveri sottili (PM10) è, per il territorio di Colleferro, il parametro ambientale più critico a causa del numero elevato di superamenti del valore limite giornaliero di 50 μg/m3 e per il superamento del valore limite annuale di 40μg/m3; questo scenario, si ripete, ormai, ogni anno, senza che sia stato mai adottato un piano di risanamento . Questa preoccupazione viene ulteriormente rafforzata dai livelli elevati di polveri ultrafine (PM2,5) che si sono riscontrati in frequenti periodi in seguito a determinate condizioni meteorologiche. Chiediamo: • •

• • •

il rispetto categorico e l'applicazione rigorosa del decreto legge n. 60 del 2 aprile 2002 che fissa il valore limite giornaliero delle PM10 e ne vieta il superamento per più di 35 giorni all'anno; l'installazione di almeno un' altra centralina di rilevazione delle PM 10 ed una per le polveri ultrasottili denominate PM 2,5 , già normate dalla Comunità Europea (cfr. IP/07/1895 e MEMO/07/571); un rapporto pubblico mensile di Arpa Lazio sui dati dei controlli agli Inceneritori (già conosciuti per le attività illegali lì perpetrate) e alle altre fonti di emissione industriale presenti nel comprensorio; un rapporto pubblico mensile sui dati delle emissioni in atmosfera rilevate dalle centraline di monitoraggio Arpa Lazio; una zonizzazione del territorio sulla base dei livelli degli inquinanti, come da Piano di risanamento della qualità dell'aria della Regione Lazio.

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8. STRATEGIE ENERGETICHE Adottare programmi e azioni volti al risparmio energetico, all’uso razionale dell’energia e alla diffusione delle fonti rinnovabili, ai fini della riduzione dell’effetto serra, del miglioramento della qualità dell’aria e della salvaguardia della salute umana.

8.1 DIRETTIVE E INDICAZIONI Le direttive europee in materia di energia rinnovabile rientrano nel più grande obiettivo di una vera e propria rivoluzione energetica. Si sono pertanto rese necessarie una serie di misure atte a ridurre le emissioni di gas a effetto serra e nel rispetto del protocollo di Kyoto e della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici l’UE punta al controllo del consumo di energia europeo e il maggiore ricorso all’energia da fonti rinnovabili, congiuntamente ai risparmi energetici e a un aumento dell’efficienza energetica. Tutto questo garantirebbe la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, favorirebbe lo sviluppo tecnologico e l’innovazione, promuoverebbe lo sviluppo di nuovi posti di lavoro a sviluppo regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate. Il passaggio a una produzione energetica decentrata presenta molti vantaggi: utilizzo delle fonti di energia locali, maggiore sicurezza locale degli approvvigionamenti energetici, minori distanze di trasporto e ridotta dispersione energetica. Il Consiglio Europeo del marzo 2007 ha riaffermato l’impegno della Comunità a favore dello sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili in tutta la Comunità oltre il 2010; ha approvato un obiettivo obbligatorio del 20 % di energia da fonti rinnovabili sul consumo di energia complessivo della Comunità entro il 2020. Per quanto concerne il panorama italiano il dato più importante rilevato da Legambiente sono i 20 “Comuni 100% rinnovabili”, che rappresentano i migliori esempi d’innovazione energetica e ambientale: grazie a un mix di “nuovi” impianti da fonti rinnovabili vengono soddisfatti e spesso ampiamente superati i fabbisogni elettrici e termici delle famiglie residenti. Sono gli impianti a biomasse allacciati a reti di teleriscaldamento a soddisfare i fabbisogni termici dei residenti e un mix d’impianti minidroelettrici, fotovoltaici, eolici, ecc, che consente di soddisfare invece i fabbisogni elettrici. Queste sono realtà che mostrano come esista un’alternativa competitiva ai combustibili fossili e al nucleare, nella strategia di lotta ai cambiamenti climatici e alla crisi energetica. Grazie a questi impianti si sono creati nuovi posti di lavoro, portati servizi, riqualificati edifici e create nuove prospettive di ricerca applicata a una maggiore qualità della vita. Oggi che la ricerca permette di rendere sempre più efficienti gli impianti e di ridurne i costi diventa strategico il ruolo dei Comuni per rendere possibile una diffusione che dia benefici reali in bolletta alle famiglie e crei nuove opportunità imprenditoriali e occupazionali integrando gli impianti nel territorio e nel paesaggio. Ecco gli interventi possibili: •

L’obbligo del solare nei Regolamenti Edilizi. È possibile spingere l’integrazione del solare in edilizia con l’obiettivo di soddisfare una quota minima obbligatoria del fabbisogno elettrico e termico attraverso impianti fotovoltaici e termici installati sui tetti delle strutture nuove o da ristrutturare, siano esse pubbliche o private. La semplificazione per gli impianti solari. Le difficoltà burocratiche sono oggi uno dei principali ostacoli alla diffusione degli impianti da fonti rinnovabili nel nostro Paese. I Comuni possono fare chiarezza sulle procedure, i passaggi e i tempi per i diversi tipi di impianti. L’obiettivo è quello di far diventare un atto libero e gratuito l’installazione di impianti solari su tutti i tetti al di fuori del centro storico e degli edifici vincolati. Solarizzare i tetti degli edifici pubblici. I Comuni possono dare il buon esempio e installare pannelli solari sui tetti degli edifici pubblici, come scuole, biblioteche, uffici e ottenere un beneficio diretto in termini di risparmio in bolletta.

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8.2

I gruppi di acquisto solare. Come per l’acquisto all’ingrosso e a prezzo moderato dei prodotti agroalimentari, si stanno diffondendo oggi i GAS solari che permettono la condivisione delle informazioni e delle esperienze utili nell’installazione di pannelli solari. Gli “orti solari”. Impianti solari in multiproprietà o collettivi per chi non ha modo di installarli sulla propria abitazione con la possibilità di diventare proprietari di una quota di un impianto solare fotovoltaico. Qui i Comuni possono giocare un ruolo decisivo nella scelta delle aree più idonee e nel coinvolgimento dei cittadini. Integrare il solare nel territorio. Ai Comuni spetta il compito di far sviluppare il solare fotovoltaico anche con progetti di una certa dimensione da realizzare nelle aree maggiormente idonee come i parcheggi, le aree industriali dismesse, le aree cava abbandonate. Costruire una mappa del solare in città. E’ fondamentale raccontare quanto sta succedendo nel territorio e informare i cittadini sullo sviluppo del solare termico attraverso la realizzazione di mappe degli impianti installati, per descriverne la diffusione e mostrarne le caratteristiche evidenziando i vantaggi concreti in termini di produzione energetica e risparmio.

PROMOZIONE RISPARMIO ENERGETICO

Nella società moderna il settore industriale non è più considerato il primo consumatore energetico: il primo consumatore è oggi il settore dei trasporti, gran parte dei quali (l’88%) su strada. Ma attenzione: se sommiamo il terziario (cioè i centri commerciali, l’illuminazione pubblica, le scuole e gli ospedali) con il fabbisogno energetico residenziale sommate le percentuali raggiungono il 35% superando persino i trasporti. In conseguenza di ciò le scelte individuali nonché le politiche adottate a livello comunale e regionale possono svolgere un ruolo fondamentale verso una gestione energetica efficiente e responsabile. Basti pensare AI REGOLAMENTI EDILIZI o al trasposto pubblico e ai piano di sviluppo urbano.

USI FINALI DI ENERGIA (2008)

TERZIARIO RESIDENZIALE INDUSTRIALE AGRICOLA TRAPORTI 0%

5%

10%

15%

20%

25%

30%

35%

Fonte: Ministero dello sviluppo econom ico

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso Seconda considerazione importante: nella nostra vita abbiamo bisogno per l’82% del nostro fabbisogno domestico di energia a 20-40°C legato alla climatizzazione (riscaldamento invernale , refrigeramento estivo). Questa energia deve essere possibilmente economica e prodotta in prossimità del luogo in cui viene utilizzata. Terza considerazione: siamo i secondi in Europa dopo la Spagna, e l’undicesimo paese al mondo per produzione ed utilizzo di cemento. Nel 2008 sono state prodotte 43 milioni di tonnellate di cemento, pari circa a 730 chilogrammi per abitante, il doppio della Germania e della Francia. Inoltre i cementifici rilasciano in termini di emissioni un quantitativo eccessivo di anidride carbonica dovuta alla decerbonizzazione della materia prima utilizzata e al combustibile di bassa qualità che viene bruciato..

Da queste considerazioni risulta ovvio che il contributo personale ad un futuro migliore parte direttamente dal cittadino che deve essere posto nella condizione di poter scegliere per il proprio futuro. Quindi la direzione su cui deve muoversi una politica cosciente della realtà in cui sta vivendo è quella della sostenibilità, quella dello sviluppo di tecnologie finalizzate a ridurre il consumo di risorse, quella della riduzione dell’impatto ambientale. Come per la spazzatura anche nel consumo energetico il problema sta a monte, impariamo a ridurre il consumo energetico per poi coadiuvare questa riduzione con un utilizzo mirato ed efficace delle fonti energetiche rinnovabili. Da questo punto di vista gli enti locali possono fare molto. Gli ambiti di interesse di un piano regolatore mirato alla sostenibilità ambientale dovrebbero essere: • • • • • •

riscaldamento degli edifici consumi elettricità per residenziale e pubblico trasporto pubblico mobilità lenta calore da teleriscaldamento o rinnovabile elettricità da fonte rinnovabile

CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI

Se fosse applicata la legge 10/91, per riscaldare gli edifici si consumerebbero 14 litri di gasolio, o metri cubi di metano, al metro quadrato calpestabile l’anno. In realtà se ne consumano di più. Dal 2002 la legge tedesca, e più di recente la normativa in vigore nella Provincia di Bolzano, fissano a 7 litri di gasolio al metro quadrato calpestabile l’anno il consumo massimo consentito nel riscaldamento di ambienti. La metà del consumo medio italiano. Utilizzando l’etichettatura in vigore negli elettrodomestici, nella Provincia di Bolzano questo livello corrisponde alla classe C, mentre alla classe B corrisponde un consumo non superiore a 5 litri di gasolio, o metri cubi di metano, e alla classe A un consumo non superiore a 3 litri di gasolio, al metro quadrato l’anno. Nel riscaldamento degli ambienti, una politica energetica finalizzata alla riduzione delle emissioni deve articolarsi nei seguenti punti: • •

applicazione immediata della normativa, già prevista dalla legge 10/91 e prescritta dalla direttiva europea 76/93, sulla certificazione energetica degli edifici definizione della classe C della provincia di Bolzano come livello massimo di consumi per la concessione delle licenze edilizie relative sia alle nuove costruzioni, sia alle ristrutturazioni di edifici esistenti riduzione di almeno il 10 per cento in cinque anni dei consumi energetici del patrimonio edilizio degli enti pubblici, con sanzioni finanziarie per gli inadempienti

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso •

agevolazioni sulle anticipazioni bancarie e semplificazioni normative per i contratti di ristrutturazione energetica col metodo “ESCO” (Energy ServiceCOmpany), ovvero effettuate a spese di chi le realizza e ripagate dal risparmio economico elaborazione di una normativa sul pagamento a consumo dell’energia termica nei condomini, come previsto dalla direttiva europea 76/93, già applicata da altri Paesi europei

Utilizzare il modello casaclima Il certificato energetico degli edifici riporta in modo facilmente comprensibile le principali informazioni per una valutazione dell’efficienza energetica e della sostenibilità ambientale di un edificio. Nella prima pagina vengono enunciate le caratteristiche più importanti sugli edifici, ossia: • • •

l'efficienza dell'involucro: esprime la qualità energetica degli aspetti progettuali che minimizzano lo spreco energetico. l'efficienza complessiva: esprime la valutazione complessiva della qualità dell'involucro e della qualità delle scelte impiantistiche. la sostenibilità ambientale: che corrisponde ad una valutazione oggettiva dell'ecocompatibilità dell'edificio, premiando le scelte di materiali e sistemi a basso impiego di energia, non dannosi per la salute ed a basso impatto ambientale.

Le altre pagine del certificato contengono una serie di informazioni complementari di una certa importanza sia per il tecnico che per l'utente. Uno dei motivi principali che hanno portato all'introduzione del certificato energetico per gli edifici è la sua semplicità e trasparenza nella rappresentazione dei consumi energetici. Certificato casa clima: • • • • • • • • • • •

controllo geometrico del progetto (dwg) controllo dei valori di trasmittanza dei vari elementi controllo documentazione richiesta di integrazioni o correzioni al progetto controllo documentazione fotografica di cantiere controllo corrispondenza materiali dichiarati con materiali istallati sopralluoghi in cantiere per verificare anche i sistemi di posa (minino 2) avvisi di non regolarità dell’esecuzione impossibilità di avere ponti termici se presenti ponti termici segnati nel certificato certificazione su: involucro ; involucro + impianti; compatibilità ambientale

La questione pregiudiziale fissata dal protocollo CasaClima impedisce che il soggetto certificatore sia coinvolto nell'attività di progettazione, direzione lavori, fornitura di materiali edili e costruzione. Per ottenere la certificazione CasaClima, il richiedente deve accettare di sottoporre la propria opera a un rigido controllo del processo di edificazione, che avviene in tre momenti: analisi del progetto, sopralluoghi in cantiere, test di congruità tra l'eseguito e il progetto iniziale. Al termine del processo, dopo la verifica di tenuta all'aria tramite il Blower Door Test, se il risultato è positivo, l'Agenzia rilascia il certificato energetico con validità 10 anni.

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso Di seguito alcune indicazioni a questo proposito: • • •

costruzione di un museo dell’archeologia industriale; installazione di campi da gioco (calcetto, pallavolo, basket…) pubblici e gratuiti, data anche l’assenza di tali strutture, se non private e dietro pagamento. Promozione e creazione di uno spin off universitario, adattando zone verdi ad aree studio e poli culturali.

Occorre sfruttare le zone verdi per creare un vero e proprio polmone cittadino con l’impiantazione e la tutela di alberi e piante, fondamentali sia per l’abbattimento delle emissioni di CO2 sia per poterne godere a livello paesaggistico.

9. GESTIONE DEL TERRITORIO: Fine dello sfruttamento indiscriminato e speculativo dei suoli.

E' necessario tutelare, a livello paesaggistico, le poche zone non ancora urbanizzate, che rappresentano ricchezze inestimabili per una città che è oramai quasi totalmente asfalto, case, industrie e cemento, così che i cittadini possano abituarsi nuovamente a stare a contatto con la natura. Vogliamo che anche il nostro Comune, così come molti altri in Italia, indichi chiaramente la fine della cementificazione selvaggia e aderisca alla campagna “Stop al consumo di territorio” lanciata dal sindaco del comune di Cassinetta di Lugagnano , che ha ottenuto il secondo mandato con il 62% dei voti. Il movimento di opinione per lo STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO individua 6 principali motivi a sostegno di questo punto di vista: 1. Perché il suolo ancora non cementificato non sia più utilizzato come “moneta corrente” per i bilanci comunali. 2. Perché si cambi strategia nella politica urbanistica: con l’attuale trend in meno di 50 anni buona parte delle zone del Paese rimaste naturali saranno completamente urbanizzate e conurbate. 3. Perché occorre ripristinare un corretto equilibrio tra Uomo ed Ambiente sia dal punto di vista della sostenibilità (impronta ecologica) che dal punto di vista paesaggistico. 4. Perché il suolo di una comunità è una risorsa insostituibile perché il terreno e le piante che vi crescono catturano l’anidride carbonica, per il drenaggio delle acque, per la frescura che rilascia d’estate, per le coltivazioni, ecc. 5. Per senso di responsabilità verso le future generazioni. 6. Per offrire a cittadini, legislatori ed amministratori una traccia su cui lavorare insieme e rendere evidente una via alternativa all’attuale modello di società. E' una scelta coraggiosa, che richiede una conversione profonda e radicale della scala di valori su cui misurare il consenso: o l'asservimento ai poteri forti del cemento e della speculazione edilizia o il benessere e la qualità della vita di chi abita in questo territorio. E' fondamentale una attenta tutela del paesaggio, che custodisce e dà senso alle nostre radici e mantiene e sostiene l’identità di una comunità. Si deve inoltre lavorare per l’aumento delle aree protette sul territorio provinciale ed interprovinciale.

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso In particolare, riteniamo fondamentale: 1. Che il parco del Castello venga adibito completamente ad area verde, senza alcun insediamento abitativo; 2. che si favoriscano le operazioni di ristrutturazione edilizia rispetto alla costruzione su terreni non edificati; 3. le aree verdi che verranno restituite alla popolazione di Colleferro al termine delle bonifiche vengano adibite a scopi di utilità sociale, culturale e ambientale;

10. VALUTAZIONE SISTEMATICAMENTE DELLA SOSTENIBILITÀ E DELLA COMPATIBILITÀ AMBIENTALE Valutare sistematicamente la sostenibilità e la compatibilità ambientale di opere ed attività nei procedimenti amministrativi di competenza e nell’emissione di pareri e nulla osta ad altri Enti;

A tale proposito riteniamo opportuno identificare quali siano attualmente i progetti di opere in atto che sarebbero insostenibili per il nostro territorio, e verso le quali sarebbe opportuna una riconsiderazione.

Progetto Centrale di cogenerazione termica a Ciclo combinato da 82 Mwt, altrimenti detta “TURBOGAS”, e delle relative opere connesse (elettrodotto e gasdotto) da realizzarsi nel sito industriale di Colleferro, loc. Valle Secola. Le considerazioni da farsi riguardo la costruzione di questa CTE interessano il contesto ambientale della città di Colleferro. Oltre a essere sito di bonifica di interesse nazionale, Colleferro è caratterizzato da una forte concentrazione di inquinanti atmosferici che anche in relazione con una peculiarità atmosferica del nostro comprensorio è difficile contenere, e proprio per questo motivo siamo inseriti nella zona B nel Piano Regionale di risanamento della Qualità dell’aria del 2006 che dava applicazione alla direttiva 96/62/CE. Secondo il piano regionale devono essere intrapresi degli obiettivi di carattere generale atti a risanare la qualità dell’aria. Alcune delle contromisure citate dal piano di risanamento della qualità dell’aria sono: • • • • •

provvedimenti per la riduzione delle emissioni degli impianti di combustione ad uso civile provvedimenti per la riduzione degli impianti di combustione ad uso industriale provvedimenti per la riduzione delle emissioni diffuse controllo delle emissioni veicolari rinnovo e potenziamento del trasporto pubblico con mezzi a basso impatto ambientale

La priorità di un’amministrazione che tiene alla problematica ambientale dovrebbe essere cercare di indirizzare a un tipo di crescita sostenibile un territorio già fortemente “congestionato”. Dare il proprio nulla osta a progetti come questo significa non essere in grado di CHIUDERE IL RUBINETTO DEI VELENI. L’unico modo di avere una crescita che non si debba confrontare con la dicotomia “o respiri o lavori” è una crescita rinnovabile. La decentralizzazione della richiesta energetica attraverso le nuove tecnologie fotovoltaiche come il fotovoltaico termodinamico potrebbe garantire la medesima risposta energetica ad impatti praticamente pari a zero.

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Progetto di Impianto di Trattamento Meccanico Biologico presentato dalla società AGEN.S.E.L. s.r.l. ed annesso progetto di Impianto di Trattamento Rifiuti non Pericolosi in località Piombinara, Colleferro. L'impianto TMB dell’Agensel: Non è la soluzione al disastroso ciclo dei rifiuti attuale, poiché non contribuisce a una gestione ecosostenibile impostata sulla dismissione dei due inceneritori e la completa chiusura della discarica di Colle Fagiolara. Questo impianto permetterà la produzione di CDR (combustibile degli inceneritori) e manterrà la discarica come discarica di servizio in quanto con l'impianto dell'Agensel la percentuale di materiale riciclato sfiorerà al massimo il 6% (materiali ferrosi e non) e la discarica, come si legge dal progetto, resterà aperta per altri 30 anni. Tutto ciò è in netto contrasto con le direttive europee in materia di trattamento di rifiuti (direttiva 2008/98/CE) che prevedono la prevenzione e il riciclaggio come le prime metodologie a cui ricorrere per la gestione dei rifiuti. L'impianto, con annessa discarica di servizio, verrà costruito a poche centinaia di metri dal parco naturale la Selva di Paliano generando degrado visivo ed effetti complessivi sull’ambiente naturale, soprattutto sull’avifauna stanziale e migratoria. Quindi l' intero progetto va ad attaccare un possibile nodo di sviluppo turistico nel panorama dell’offerta turistica nazionale, ovvero una speranza economica ed occupazionale per il futuro dell’intero comprensorio della Valle del Sacco.

Progetto di un parco fotovoltaico da circa 24MW su un terreno di 71 ettari in località Fontana degli Angeli a Colleferro. Tale progetto, che passa in sordina tra gli iter autorizzativi del comune di Colleferro, senza alcuna informazione alla cittadinanza che sempre più viene espropriata dei diritti di carattere decisionale, è l’ennesimo esempio di come il nostro comune non abbia alcuna remora a fare del nostro territorio un lembo di terra pronto ad ogni tipo di speculazione. Oltre all’ impressionante impatto paesaggistico, in quanto l’area in cui sorgerà tale impianto equivale a circa 140 campi di calcio, questo progetto contravviene alle recenti direttive europee: D.lgs n. 28 del 3 Marzo 2011 “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”. A causa dell’art. 10, tale impianto non avrebbe motivo di esistere, in quanto in aree agricole la massima potenza di un impianto fotovoltaico può essere al massimo di 1 MW e dallo studio preliminare per l’assoggettabilità alla Valutazione di Impatto Ambientale si evince che la destinazione urbanistica dell’area è “zona agricola di valore paesaggistico”.

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11. USO SOSTENIBILE DELLE RISORSE Incentivare l’uso sostenibile delle risorse mediante una politica degli acquisti “verdi”, utilizzando, laddove possibile tecnicamente ed economicamente, prodotti a basso impatto ambientale;

Il GPP (Green Public Procurement - Acquisti Pubblici Verdi) è definito dalla Commissione europea come “... l’approccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita”. Si tratta di uno strumento di politica ambientale volontario che prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso la pubbliche che intraprendono azioni di GPP si impegnano sia incrementare la qualità ambientale delle proprie forniture ed predisposto per conto della Commissione Europea).

intende favorire lo sviluppo di un mercato di leva della domanda pubblica. Le autorità a razionalizzare acquisti e consumi che ad affidamenti (cfr. il manuale Buying Green!

I prodotti ‘ambientalmente preferibili’ sono per esempio quelli meno energivori, costituiti da materiale riciclato e/o privi di sostanze nocive, di maggior durata o output di processi produttivi meno impattanti, meno voluminosi, di facile riciclabilità… È chiaro che orientare la domanda pubblica verso prodotti con queste caratteristiche consente una riduzione dei consumi energetici, specie quelli derivanti da fonti fossili, la parallela riduzione delle emissioni climalteranti, la diminuzione della quantità di rifiuti prodotti e del carico sulle risorse naturali. I benefici ambientali sono rilevanti già solo considerando i volumi di spesa - in base alle stime della Commissione Europea, la spesa pubblica nei paesi membri per beni, servizi e lavori ammonta annualmente a circa il 16% del relativo PIL – ma lo sono ancor di più se si valuta l’effetto leva che queste pratiche comportano nel sistema produttivo. È stato calcolato infatti che se tutti gli enti pubblici nel territorio dell’UE richiedessero computer a basso consumo energetico, e questo orientasse l’intero mercato in quella direzione, 830 000 tonnellate di CO2 non verrebbero più immesse nell’atmosfera; se tutti gli enti pubblici europei scegliessero servizi igienici e rubinetti efficienti nelle loro strutture, questo comporterebbe una riduzione del consumo di acqua intorno ai 200 milioni di tonnellate (pari allo 0,6 % del consumo totale delle famiglie nell’UE). La diffusione capillare di pratiche di GPP è in grado di incidere positivamente anche sulla competitività del sistema produttivo, che si troverà ad anticipare l'incessante evoluzione delle normative che introducono standard ambientali sempre più elevati e il trend della domanda sia pubblica che privata, sempre più orientata alla qualità ambientale. L’efficacia del GPP nel promuovere le condizioni per favorire la diffusione di un modello di produzione e consumo sostenibile si può desumere anche in considerazione del notevolissimo riconoscimento che viene conferito al GPP sia in sede comunitaria che internazionale come strumento di politica ambientale, industriale ed economica. Riconosciuto come strumento cardine della Politica Integrata dei Prodotti nell’ambito della relativa Comunicazione COM 2003/302, la Commissione Europea già dal 2003 invitava gli stati membri ad adottare dei Piani d’azione nazionali sul GPP per assicurarne la massima diffusione. L’Italia, nell’ambito del coordinamento e delle competenze della DSA del Ministero dell’Ambiente, ha provveduto con il DI 135/2008

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso (consultare sezione corrispondente). Questa azione è stata introdotta nell’ambito di un’iniziativa più ampia in tema di “consumi e produzioni sostenibili” (confrontare sezione corrispondente). Vale la pena infine menzionare la Comunicazione n.400 del 16 giugno 2008, "acquisti pubblici per un ambiente migliore", che accompagna il Piano d'azione europeo sul consumo e sulla produzione sostenibili e sulla politica industriale sostenibile (SCP/SIP) (vedi sezione SCP), in quanto ha fornito ulteriore impulso in favore della diffusione del GPP, proponendo come obiettivo da conseguire entro il 2010 il 50% di acquisti “verdi” (sia come numero di appalti che come volume di acquisti). A tal fine la Commissione Europea ha proposto una prima lista di criteri comuni a livello europeo (il cosiddetto toolkit vedi http://ec.europa.eu/environment/gpp/toolkit_en.htm). Accogliendo l’indicazione contenuta nella Comunicazione della Commissione europea “Politica integrata dei prodotti, sviluppare il concetto di ciclo di vita ambientale” (COM(2003) 302), e in ottemperanza del comma 1126, articolo 1, della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007), il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del Mare ha elaborato, attraverso un ampio processo di consultazione con enti locali e parti interessate e con la collaborazione degli altri Ministeri Competenti (Economia e Finanze e Sviluppo Economico) e degli enti e strutture tecniche di supporto (CONSIP, ENEA, APAT, ARPA), il “Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione (di seguito PAN GPP). Il Piano, adottato con il Decreto Interministeriale n. 135 dell'11 Aprile 2008 (G.U. n. 107 dell'8 maggio 2008), ha l’obiettivo di massimizzare la diffusione del GPP presso gli enti pubblici in modo da farne dispiegare in pieno le sue potenzialità in termini di miglioramento ambientale, economico ed industriale. Il PAN GPP fornisce un quadro generale sul Green Public Procurement, definisce gli obiettivi nazionali, identifica le categorie di beni, servizi e lavori di intervento prioritarie per gli impatti ambientali e i volumi di spesa, su cui definire i ‘Criteri ambientali minimi’. Detta inoltre delle specifiche prescrizioni per gli enti pubblici, che sono chiamati a: • • •

effettuare un'analisi dei propri fabbisogni con l'obiettivo di razionalizzare i consumi e favorire il decoupling (la dissociazione tra sviluppo economico e degrado ambientale). identificare le funzioni competenti per l'attuazione del GPP coinvolte nel processo d'acquisto. redigere uno specifico programma interno per implementare le azioni in ambito GPP.

In particolare invita Province e Comuni a promuovere interventi di efficienza energetica presso gli edifici scolastici di competenza Per la definizione dei criteri ambientali minimi stabilisce una procedura e istituisce due organismi ad hoc, che assumono anche ulteriori compiti (vedi sezione la gestione del PAN). Ciò affinchè possano rispondere alle peculiarità del sistema produttivo nazionale, pur tenendo conto delle indicazioni della Commissione Europea (i criteri ambientali minimi integreranno i criteri di base del toolkit europeo). Il piano prevede infine un monitoraggio annuale per verificarne l’applicazione, con relativa analisi dei benefici ambientali ottenuti e delle azioni di formazione e divulgazione da svolgere sul territorio nazionale.

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12. GLI ECODISTRETTI INDUSTRIALI La nuova concezione delle realtà industriali concentrate.

12.1 DESCRIZIONE SOMMARIA DEGLI ECODISTRETTI INDUSTRIALI

Progetto CLOSED Il CLOSED si pone il compito di realizzare Economie a Ciclo Chiuso in Aree di Distretto (Closed Loop System with Eco Industrial District). L’obiettivo generale del progetto è quello di indurre le imprese a comportarsi come elementi di un “sistema”, ripensando i propri prodotti attraverso una maggiore integrazione degli input utilizzati con output presenti nel distretto e integrando la variabile ambientale nella gestione del proprio ciclo produttivo. Ogni singola impresa deve iniziare a “pensare come la natura”, ovvero si deve impegnare, ai fini produttivi, ad utilizzare la minore quantità possibile di output e usare tutti i possibili scarti presenti nell’area. Il messaggio generale del CLOSED è progettare “a cascata” per creare una ‘simbiosi eco-industriale’. L’Ecologia Industriale si ispira al concetto di metabolismo industriale, dove le imprese vengono viste come elementi di un organismo che metabolizza al suo interno tutti i flussi di materia in entrata e in uscita, dove niente è dissipato, bensì trasformato, riciclizzato, così come avviene in un ecosistema industriale. In tal senso lo scarto gioca un ruolo centrale in quanto non viene considerato automaticamente un rifiuto ma un prodotto intermedio ri-utilizzabile da altre imprese come materia prima seconda.

Analisi di fattibilità L’analisi di fattibilità per lo sviluppo e la creazione del distretto eco-industriale è costituita da due macro fasi: • •

analisi dell’area tecnologico-produttiva del distretto; valorizzazione del territorio in relazione allo sviluppo della dimensione “ambientale” del distretto;

La prima fase del lavoro relativa alle attività di analisi dell’area tecnologico-produttiva del distretto viene condotta attraverso l’audit ambientale a due livelli: • •

una prima analisi dell’area, durante la quale si incontrano gli imprenditori dell’area. Si prende visione della documentazione disponibile, si raccolgono interventi e proposte dei soggetti promotori e degli operatori locali; un’analisi più approfondita con un programma di visite alle aziende di raccolta dati relativamente alle produzioni locali;

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Obiettivi Analisi processi Analisi Ambiente Analisi Politiche Sostenibilità

• • • • •

Definizione Aree

• • •

Individuazione delleSoluzioni/opportunità di metabolismo Costruzione delle matrici Definizione di linee guida ambientali per settori produttivi

Ipotesi di Metabolismo

Piano di Fattibilità Inventario Dati

• • • • • •

Soggetti conivolti Principi Guida Diagrammi Flusso Ridesign Efficienza Costo-Benefici

Bilanci Imprese -

materie scarti energia

Matrice I/O materie

Gli elementi di gestione e di realizzazione di un distretto eco-industriale riguardano nella prima fase: • • •

materiali energia trasporto

La fase di analisi preliminare consente di individuare: • • •

flussi di materiali in ingresso nei sistemi di produzione locale flussi di materiali in uscita dai processi produttivi individuazione dei possibili impieghi dei materiali di scarto come input di produzione all’interno dell’area

Questa prima fase di analisi consente di evidenziare delle relazioni economiche e produttive tra le imprese, in maniera tale da iniziare a selezionare le aziende e i sistemi produttivi che possano garantire l’efficienza economica e ambientale del sistema. Si va a creare un network di imprese che interagiscono in maniera collaborativa all’analisi e lettura dei dati rilevati. La collaborazione interaziendale consente infatti di combinare risorse, acquisire conoscenze e tecnologie, abbattendone i costi per l’acquisizione stessa. L’introduzione di sistemi di tutela, rispetto e prevenzione ambientale significano infatti per le aziende costi aggiuntivi legati all’impiego di nuove tecnologie, costi associati alle attività di formazione del personale. Realizzato da Ugi: Unione Giovani indipendenti - http://www.ugionline.it/info/ Re.Tu.Va.Sa: Rete per la tutela della valle del sacco – www.retuvasa.org

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso Materiali L’analisi preliminare consente di individuare:

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flusso dei residui interni d’impresa. Vale a dire il materiale secondario che può essere riciclato, senza mai lasciare l’impianto di lavorazione; flusso dei residui interni. Individuazione dei materiali secondari riciclati che escono da un’impresa ed entrano in qualità di prodotto intermedio come input di un’altra impresa del distretto ecoindustriale; flusso dei residui immediati. Comporta la creazione o il sostegno a un’impresa specializzata nel trattamento dei materiali secondari, per facilitare la raccolta degli scarti e la loro restituzione alla lavorazione di base; flusso dei residui commerciali, composto di scarti di imballaggio. Anche in questo caso, si creano le opportunità per il sostegno di attività d’impresa specializzate in riciclaggio; flusso dei residui postconsumo costituito dalle componenti riciclabili degli scarti delle famiglie o delle piccole attività commerciali, che possono ritornare all’interno del distretto eco-industriale qualora, al suo interno, esista un’impresa che li selezioni e li ritratti; flusso dei residui riutilizzati, costituito da quei prodotti, come alcuni imballaggi, che, a certe condizioni, possono essere reimmessi nel circuito produttivo.

Il network che si viene a creare tra le imprese che partecipano al progetto consente così non solo di ridurre le voci di costo legate all’acquisto dei materiali, ma anche di creare opportunità di mercato sia attraverso la creazione di nuove attività produttive che attraverso il reimpiego dei materiali.

Energia I costi energetici costituiscono dei costi di produzione per tutte le aziende. L’accesso a fonti energetiche adeguate è il prerequisito per il raggiungimento di obiettivi produttivi di qualsiasi azienda. Il network di aziende che partecipano al progetto del distretto eco-industriale potranno beneficiare di una riduzione dei costi energetici, attraverso la creazione di reti per l’utilizzo efficiente della risorsa energetica. Gli effetti associati a un utilizzo efficiente di tale risorsa comportano una riduzione dei costi relativi al trasferimento, all’utilizzo e ai costi di abbattimento delle emissioni. A livello di singole aziende, si esamineranno le opportunità per l’utilizzazione di illuminazione a risparmio energetico o a led, sistemi per la riduzione all’interno dei processi produttivi, impiego di materiali alternativi

Trasporto La possibilità di movimentare beni e persone, in tempi brevi ed efficienti, rappresenta un elemento di successo per un’impresa. L’area di trasporto di beni e servizi rappresenta un’importante elemento di gestione del distretto ecoindustriale. L’intervento di analisi dell’area consente di individuare:

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aree di gestione comune per il trasporto dei beni; abbattimento dei costi associati al trasporto, all’acquisto dei mezzi e alla loro gestione.

Un elemento di cooperazione tra le imprese del settore dei trasporti è inoltre rappresentato dallo sviluppo di possibili forme di accordo per la riduzione dei volumi di imballaggio delle merci. Gli imballaggi, come è noto, costituiscono una parte consistente del volume di merci trasportate. La riduzione di tali volumi, garantendone la qualità delle merci trasportate, è uno dei sistemi di gestione che le aziende dei distretti eco-industriali sviluppano.

Marketing d’area Le attività di marketing rappresentano uno degli elementi di successo per un’impresa. Il marketing ambientale in particolare rappresenta un elemento innovativo e di vantaggio. Analisi di mercato dimostrano che la scelta dei consumatori tra due prodotti con prezzi simili, ricade sul prodotto “verde”. La produzione di network di imprese che partecipano al distretto eco-industriale offre l’opportunità di produrre beni “verdi” a costi concorrenziali con i mercati dei beni tradizionali. Le opportunità che possono essere sviluppate dal network delle aziende appartenenti al distretto non si limitano alla sola attività produttiva. È in questa fase di marketing che si colloca la seconda fase di realizzazione del distretto eco-industriale come attività di recupero e valorizzazione delle attività turistiche dei borghi montani. Le attività di recupero e valorizzazione delle aree montane del patto sono strettamente connesse allo sviluppo di un ambito produttivo “eco-industriale”. La definizione del distretto consente di sostenere e sviluppare attività di produzione verde nel campo della bioedilizia direttamente connesse alle attività di recupero e ristrutturazione dei borghi montani, di introdurre elementi di sostenibilità ambientale nelle fasi di progettazione degli edifici utilizzando tecniche di design ambientale che caratterizzano l’offerta turistica in senso innovativo e competitivo. La creazione di un sistema di gestione ambientale d’area ricomprende non solo le attività produttive dell’area, ma anche la fornitura dei servizi, creando sinergie ed esternalità positive che offrono lo spazio per la strategia di “marketing d’area” a cui si faceva riferimento. Le aziende del distretto, infatti, creando un sistema complessivo di tutela del territorio – trasporti, riduzione delle emissioni – si vedranno aperta la possibilità per lo spazio a una strategia di “marketing d’area” di cui beneficeranno non solo il tessuto produttivo, ma anche le attività turistico-alberghiere dell’area, con la possibilità di introdurre forti elementi di connessione.

Indici e indicatori di Pressione Ambientale Nella progettazione di un eco-distretto vanno ad incidere 10 indici di pressione ambientale EUROSTAT. Ciascuno degli indici è suddiviso da un certo numero di indicatori che servono a raccogliere le informazioni relative alle diverse tematiche; in questo modo le “emergenze” possono essere misurate e monitorate. Gli indicatori (n° 60) si possono considerare dei frammenti di informazione che riflettono lo stato di un sistema più ampio: è come esaminare un grande quadro attraverso i suoi particolari.

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Indici

Indicatori di Pressione (I sessanta indicatori di Pressione

Ambientale EUROSTAT)

Inquinamento Atmosferico

Emissioni Ossidi di Azoto (Nox)

Emissione Composto Organici Volatili eccetto il metano

Emissione Anidride Solforosa

Emissione Particelle

Consumo Consumo benzina/gasolio energia primaria per i veicoli stradali

Cambiamento Clima

Emissione Anidride Carbonica (CO2)

Emissioni Metano

Emissioni di Protossido di Azoto

Emissioni idrofluorocarburi

Emissioni Emissioni Perfluorocarburi Zolfoesafluoruro

Perdita Biodiversità

Aree Protette: perdita, danneggiamento, frammentazione

Riduzione areee umide

Aree utilizzate per agricoltura intensiva

Frammentazione foreste e paesaggi per infrastrutture

Riduzione aree boscose

Cambiamento pratiche agricole tradizionali

Ambiente marino e zone costiere

Eutrofizzazione

Esaurimento risorse idriche

Sviluppo edilizio lungo le rive

Scarichi metalli pesanti

Inquinamento da petrolio coste e mari

Turismo marino intensivo

Emissioni clorocarburi

Emissioni dimetilbromuro

Riduzione strato di ozono

Emissioni Emissioni Emissioni Emissioni Ossidi bromofluorocarburi Clorofluorocarburi Idroclorofluorocarburi di Azoto da aerei

Utilizzo Energia

Incremento Permanente Occupazione Territorio

Equilibrio Nutrienti nel terreno

Produzione Eettricità da combustibili

Equilibrio Utilizzo Legnami

Consumo Pesticidi in Agricoltura

Emissioni Sostanze Organiche Persistenti

Consumo Prodotti Chimici Tossici

Immissioni Metalli Pesanti nelle Acque

Emissioni Metalli Pesanti in Atmosfera

Emissioni Materiali Radioattivi

Problemi Ambientali Urbani

Consumo Urbano di Energia

Rifiuti Urbani non Riciclati

Acqua di Scarico non Trattata

Trasporti Privati

Rumore da Traffico

Incremento Urbanizzazione

Rifiuti

Rifiuti Trasferiti in Discarica

Rifiuti Inceneritori

Rifiuti Pericolosi

Rifiuti Urbani

Rifiuti Industriali

Rifiuti riciclatiMateriale recuperato

Scarico Nutrienti

Prelievo Acque di Falda

Impiego Pesticidi per Ettaro

Aggiunta Sostanze Azotate al Terreno per Ettaro

Acqua Trattata - Acqua Prelevata

Immissione Sostanze Organiche come BOD

Uso Eccessivo Risorse

Consumo Idrico

Dispersione Sostanze Tossiche

Inquinamento Acque e Risorse Idriche

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso Proposta operativa Data la vocazione industriale della Città di Colleferro si ritiene indispensabile una nuova visione delle gestioni produttive nei termini indicati dalle svolte Green che le economie mondiali stanno intraprendendo nel pieno rispetto dei territori in cui siti industriali più o meno complessi sono insediati. Nella città di Colleferro risiedono almeno tre siti che devono rientrare nel quadro complessivo di un ecodistretto: il vecchio sito industriale, la zona artigianale Vallesettedue, la nuova area SLIM. Nella consapevolezza di come le presenze industriali possano avere compromesso l’economia di un’intera Valle è necessario che l’amministrazione partecipi promuovendo la necessità di avviare il percorso unico dell’ecodistretto affinché quanto avvenuto non si ripeta più. Promuovere significa aprire tavoli di concertazione con le amministrazioni della Valle del Sacco affrontando sinergicamente le misure da adottare su una fase di accordo comune per arrivare ad una soluzione distrettuale di interazione tra le aziende presenti sul territorio sulla base del progetto Closed.

13. L'ACQUA E LA SUA GESTIONE DEVE ESSERE PUBBLICA. Perché l’acqua è un bene comune e un diritto umano universale. Un bene essenziale che appartiene a tutti. Nessuno può appropriarsene, né farci profitti. Dal 1994, con l'introduzione in tariffa di una quota sicura di remunerazione del capitale, l'acqua è stata di fatto sottoposta a un processo di privatizzazione sempre più spinto. L’attuale governo ha sancito la completa privatizzazione dell'acqua, consegnandola ai privati e alle grandi multinazionali. L'acqua potabile è un bene fondamentale per la vita. Ma l'acqua è anche un bene scarso, sempre più inquinato e del tutto assente in molte zone del mondo. Imparare a rispettare e risparmiare l'acqua è quindi sia un gesto di civiltà che di convenienza economica. Già con la legge Galli si è correttamente data importanza a una gestione dell'acqua meno frammentaria, basata sulla suddivisione amministrativa del territorio in bacini idrografici (Ambiti Territoriali Ottimali, ATO) e non più sulla esclusiva competenza di un singolo comune. Purtroppo la completa sudditanza della politica italiana, e non solo, alle richieste fameliche del mercato, che vede nei beni comuni una facile miniera d'oro, ha consegnato questo bene comune al privato, credendo alla favola che solo una gestione di questo tipo possa essere efficace, economica ed efficiente, attraverso la concorrenza. Peccato che nessuno di noi, eventualmente non contento della gestione dell'acqua da parte di un privato, possa decidere di aprire il rubinetto di un'altra ditta. Di quale concorrenza si parla, trattandosi di fatto di un monopolio naturale, la cui gestione viene generalmente affidata per almeno 30 anni? A Colleferro abbiamo sperimentato dal 1998 la gestione privata e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: assoluta mancanza di trasparenza, costi incontrollabili (ai costi di bolletta dobbiamo aggiungere le voci di spesa comunale che riguardano le infrastrutture idrico-fognarie), qualità dell'acqua mediocre, scarsa possibilità di intervento da parte dell'ente locale sulle politiche idriche. L’attuale contesto ambientale ed economico richiede l’avvio di una nuova stagione di governo della risorsa idrica, che basi il suo operato sull’attiva partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, dagli enti pubblici ai lavoratori del settore ai cittadini. L’approccio partecipativo è un importante fattore di democrazia: la partecipazione e condivisione sono fattori imprescindibili dinanzi a questioni di elevato rilievo sociale e ambientale. Il fattore chiave è la condivisione di informazioni, esigenze, problemi e conoscenze in modo da trasformarle in un patrimonio collettivo e condiviso. Questo dovrebbe essere il fine della aggregazione di più comuni in Ambiti Territoriali Ottimali per la gestione dell'acqua.

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Idee per uno sviluppo sostenibile e condiviso

CAMPAGNE A CURA DEL COMUNE. 1. Chiediamo che il Comune di Colleferro, così come hanno fatto moltissimi comuni italiani, dichiari nel proprio statuto che l'acqua è un bene comune essenziale alla vita delle persone e dell'ambiente, quindi non mercificabile. La sua gestione pertanto deve essere quella di un servizio di interesse generale non economico. A partire da questa iniziativa si dovrebbe intraprendere un percorso volto alla sensibilizzazione di altre amministrazioni appartenenti allo stesso bacino idrografico, che renda consapevoli gli amministratori pubblici della enorme sottrazione di potere democratico che la gestione privata comporta. La strada è lunga e impegnativa, ma secondo noi l'unica capace nel tempo di operare la necessaria conversione culturale nelle amministrazioni pubbliche, propedeutica alla ripubblicizzazione. Ad esempio, il consiglio comunale di Cuneo ha votato all'unanimità la modifica dello statuto comunale, inserendo all'art.9 il testo che era stato concordato nell'apposita Commissione:

Il comune riconosce il diritto umano all'acqua, ossia l'accesso all'acqua come diritto umano, universale, inalienabile e lo status di acqua come bene pubblico; il principio della proprietà e gestione pubblica del servizio idrico integrato quale servizio pubblico locale privo di rilevanza economica in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l'accesso all'acqua per tutti.

2. Nell'immediato, il Comune potrebbe attivare una campagna di informazione e sensibilizzazione a un tema così delicato come quello dell’acqua, ad esempio promuovendo l'uso dei miscelatori d'aria nei rubinetti e nelle docce, incentivando periodici controlli sullo stato dell'impianto idrico di casa o invitando a riutilizzare l'acqua con cui si è lavata la verdura per annaffiare le piante da appartamento. 3. In ambito edilizio si dovrebbero prevedere anche norme prescrittive, come:

 obbligo del doppio circuito, acqua potabile per gli usi alimentari e non potabile per gli altri usi, obbligo di usare l’acqua piovana per gli sciacquoni

 obbligo del recupero delle acque piovane in vasche di accumulo

4. Installazione di “Case dell'acqua”, che disincentivando l'uso di acque in bottiglia (vera bomba ecologica), verrebbero incontro alle esigenze organolettiche di persone che non sopportano l'odore di cloro spesso presente nell'acqua di rubinetto.

14. LA CULTURA: FONDAMENTO DELLA CRESCITA Nella convinzione che una società cresce e si evolve soltanto se i germi della cultura vi attecchiscono, e vista la situazione locale in cui si può constatare la totale assenza di luoghi di aggregazione, si ritiene necessario affrontare questo punto segnalando richieste che rientrano nei termini di collaborazione tra amministrazione e associazionismo.  

uno spazio consono, una vera e propria “Casa della Cultura e della Pace”, in cui si abbia la possibilità di svolgere tutte le attività; una gestione del Teatro Vittorio Veneto lontana da personalismi e interessi privati;

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un’ubicazione centrale della Biblioteca; una totale collaborazione tra Associazioni e Amministrazione per la realizzazione di eventi utili per l’intera comunità cittadina; lo snellimento burocratico di pratiche e autorizzazioni inerenti le iniziative culturali.

CONCLUSIONI Sul lavoro effettuato una chiosa è d’obbligo. Le intenzioni non sono quelle di sostituirsi a chi di politica ne fa uno scopo, ma semplicemente di fornire dati aggiuntivi e innovativi affinché la nuova amministrazione possa avere degli strumenti da poter utilizzare in visione di una riqualificazione di Colleferro che possa dare slancio occupazionale, ma soprattutto indichi il rispetto delle regole in tema di ambiente, che porta con sé la salvaguardia della salute. In questi anni le nostre attività, date anche le situazioni sopravvenute, hanno cercato di portare la popolazione a una coscienza differente, non più di spettatore inconscio, ma quantomeno di spettatore conscio di quanto la propria vita, in tutte le sue sfaccettature, possa essere modificata da altri senza accorgersene. Questi altri sarebbero le persone delegate a rappresentarle nella vita amministrativa della città e che volente o nolente, a parer nostro, non svolgono il proprio lavoro nella direzione “consigliata”. Una piccola parentesi d’obbligo vuole precisare che non è nostra intenzione accusare l’amministrazione uscente di immobilismo, né tantomeno di mancanza di sensibilità verso i reali problemi che circondano la nostra città. È dare un quadro d’insieme delle attività dei nostri amministratori a tutti i livelli istituzionali. Vogliamo semplicemente rendere presente che le nostre modalità di interazione con l’amministrazione non cambieranno minimamente, di qualunque coloro politico essa sia, né nelle modalità né tantomeno nella perseveranza. Il nostro lavoro di studio, o sarebbe meglio definirlo lavoro di stimolo, possiamo considerarlo un work in progress in quanto alcuni punti possono essere soggetti a variazioni, perché è giusto che la società muti anche in funzione della ricerca e dell’innovazione. Ci sono però delle linee guida a cui non possiamo sfuggire e riguardano il totale rispetto di ciò che ci circonda e di chi ci circonda nell’ottica di una prosecuzione vitale ed essenziale in un contesto di comune accordo che possiamo e dobbiamo decidere insieme, ognuno nello spazio sociale di sua pertinenza.

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