Avellino nel Risorgimento - rassegna stampa - nov 2011

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STORIA DEL TERRITORIO

Lunedì 14 novembre 2011

Av e l l i n o n e l R i s o rg i m e n t o

Mazas, primo intendente del Principato Ultra Si presenta il 19 novembre il documentario prodotto dal Teatro dell’Osso e dall’Accademia dei Dogliosi, che ricostruisce con attenzione il decennio francese. Il funzionario scelto alla guida della Provincia cambiò profondamente il volto della città ponente codice civile, che disciplinava i rapporti patrimoniali e la corretta convivenza tra tutti i cittadini, rinnovò anche la precedente divisione amministrativa del regno.

RED. CULT.

Sarà presentato il 19 novembre, alle 17, presso la sala congressi dell’Hotel de la Ville di Avellino, il documentario “Avellino nel Risorgimento”, prodotto dal Teatro dell’Osso, per la regia di Antonio Di Martino. A confrontarsi saranno Agostino Caracciolo, conte di Castelrosso dei Principi Caracciolo, il prof. Giovanni Sasso, presidente della Società Filosofica Italiana, il prof. Gregorio Rubino dell’Università Federico II di Napoli, Antonio Guerriero, Procuratore della Repubblica di S. Angelo dei Lombardi, Rosa Grano, dirigente Ufficio Scolastico Provinciale, Giuseppe Galasso, sindaco di Avellino, Pino Lucchese, vicepresidente dell’Accademia dei Dogliosi, Nel corso dell’incontro saranno consegnate le borse di studio Pina Cerullo sul Risorgimento, istituite dall’Accademia dei Dogliosi e dallaa Società Filosofica Italiana. Il documentario, realizzato con la collaborazione dell’Accademia dei dogliosi, ricostruisce il ruolo decisivo dell’Irpinia nei moti per il Risorgimento. Avellino divenne la capitale europea delle insurrezioni democratiche grazie al tentativo di Michele Morelli e Giuseppe Silvati, ufficiali della cavalleria borbonica di stanza a Nola che, proprio da Avellino, obbligarono il re Ferdinando I ad a-

Avellino capoluogo Aumentò il numero delle province, da 12 le portò a 13 e decretò Avellino capoluogo della provincia di Principato Ultra, in sostituzione di Montefusco. Per l’amministrazione delle nuove province Bonaparte stabilì che per ognuna di esse dovesse essere eletto un consiglio provinciale scelto tra i cittadini possidenti e benestanti, riservando tuttavia il vero potere esecutivo e di governo ad un Intendente di nomina regia.

Briganti dottare la costituzione. A rivivere nel documentario sono alcune delle figure che hanno se-

gnato la storia del Risorgimento irpino: il primo Intendente napoleonico, Giacomo Mazas;

tra con i Borbone, con l’avvento dei francesi nel regno di Napoli, pervenne ad Avellino in qualità di Intendente.

Il nuovo regime napoleonico aveva abolito l’Udienza Generale in materia di giustizia, ed aveva introdotto i Tribunali civile e Penale che Mazas collocò nel prestigioso palazzo costruito un secolo prima dai principi Caracciolo. La presenza dei Tribunali diede il nome al piazzale antistante, sino ad allora chiamato Largo Annunziata

Avviso emanato da Mazas

il comandante militare Leopold Sigisbert Hugo, il padre del celeberrimo Victor, che per qualche mese dimorò ad Avellino; il brigante Laurenziello, che terrorizzava la città e la provincia; l’ing. Luigi Oberty, progettista di una lunga serie di opere pubbliche di notevole importanza. Fino alle figure di patrioti come Michele Pironti, rinchiuso nelle carceri di Montefusco insieme a Carlo Poerio e Luigi Settembrini. Nel film-documentario “Avellino nel Risorgimento” uno dei capitoli più interessanti ed affascinanti che hanno maggiormente inciso sul futuro della città e dei suoi abitanti, è quello dedicato a Giacomo Mazas. Mazas, francese di origine spagnola, per una serie di circostanze imperscrutabili, dopo essere stato Preside di Principato Ul-

Avvento del decennio francese l destino di Mazas è indissolubilmente legato allo sviluppo della città di Avellino. Un destino che ha inizio nel mese di febbraio del 1806, quando l’esercito francese sbaragliò le truppe borboniche ed insediò sul trono di Napoli Giuseppe Bonaparte. Il nuovo re volle per prima cosa accertarsi personalmente dello stato in cui versavano le province del regno e già qualche mese dopo il suo insediamento visitò Avellino. In città, il 4 giugno 1806, ricevette i rappresentanti locali nel palazzo Greco di via Duomo, dove ancora oggi fa bella mostra di sé una lapide celebrativa di quell’avvenimento. Durante la visita i potentati locali avellinesi perorarono la causa di Avellino come capoluogo della provincia di Principato Ultra in sostituzione di Montefusco, sostenendo che quest’ultima era poco agevole da raggiungere e poco suscettibile di espansione. La visita del re si dimostrò molto efficace per Avellino poichè Bonaparte l’8 agosto del 1806, nell’emanare una radicale riforma istituzionale a cominciare dall’abolizione della feudalità, che si concretizzò nella soppressione degli ordini ecclesiastici ed enti religiosi e nella pubblicazione di un im-

Primo Intendente Giacomo Mazas Primo Intendente della Provincia di Avellino fu nominato Giacomo Mazas considerato un funzionario molto risoluto e con profondo senso dello Stato che, peraltro, conosceva bene il territorio per avere già svolto l’incarico di Preside a Montefusco sotto il regime borbonico. Avellino all’epoca aveva una popolazione di poco più di 10.000 abitanti e l’assetto ur-

meria e quant’altro poteva servire per il buon funzionamento di una città capoluogo e per una guarnigione di difesa. Interventi per lo sviluppo della città Per la carenza di edifici pubblici Mazas si sistemò provvisoriamente nella sede vescovile da dove avviò una innumerevole mole di cambiamenti per dare alla città l’imponenza e la dignità che spettavano ad un capoluogo. Impose al comune di requisire l’ex convento dei Domenicani che fece ristrutturare ed adeguare per destinarlo a palazzo del Governo. Il nuovo regime napoleonico aveva abolito l’Udienza Generale in materia di giustizia, ed aveva introdotto i Tribunali civile e Penale che Mazas collocò con grande enfasi nel prestigioso palazzo costruito un secolo prima dai principi Caracciolo, così da dare anche il nome al piazzale antistante, sino ad allora chiamato Largo Annunziata. Per provvedere alle necessità derivanti dalla tutela dell’ordine e la sicurezza pubblica dispose l’acquisto di una grande struttura, lungo l’allora via dei

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Giuseppe Bonaparte

banistico risentiva ancora di una struttura edilizia medievale con la più parte delle piccole abitazioni raccolte intorno al Duomo. Ciò pose dei grossi problemi logistici al nuovo Intendente. Avellino, in quanto capoluogo di provincia, aveva necessità di numerosi uffici pubblici. Dall’intendenza fino al Tribunale, le carceri, le caserme dei militari di truppa, la gendar-

Pioppi, per destinarla a padiglione militare della reale gendarmeria, oggi il palazzo è sede di Uffici della Provinca al c/so V.Emanuele. Mazas, geniale amministratore Mazas era un funzionario provvisto di eccezionale acume politico nel senso di sapere orientare le scelte per migliorare le condizioni di vita


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Largo Tribunali con il Teatro dei cittadini e per questo, per rendere più igienica e salubre la centrale via Costantinopoli, ordinò la chiusura del vecchio e nauseabondo macello comunale facendolo trasferire in una località allora esterna alla città, e cioè nella parte bassa dell’attuale rampa Macello. Ordinò di provvedere alla piantagione di pioppi lungo le vie di comunicazione esterne alla città. All’interno, invece, curò l’aspetto estetico di tutte le strade facendo eliminare le scale esterne delle case che intralciavano la circolazione e, per la prima volta fece installare la targhe murarie con l’indicazione del nome della via. Per dare maggiore slancio urbanistico alla città fece abbattere la porta monumentale se-

infestava l’interland avellinese soprattutto tra i boschi del Partenio e del Terminio. All’epoca il più noto brigante era Laurenziello, di Santo Stefano del Sole, il quale venne catturato e giustiziato in Largo

Lapide in ricordo del Teatro esposta a Palazzo Sarchiola della Ferriera per mettere in comunicazione Avellino con Salerno e fu concessa l’autorizzazione a iniziare i lavori del primo tronco della strada per Melfi. Tutte le strade cittadine furono lastricate, come si conveniva a un capoluogo di provincia.

A causa della carenza di edifici pubblici Mazas si sistemò provvisoriamente nella sede vescovile da dove avviò una innumerevole mole di cambiamenti per dare alla città l’imponenza e la dignità che spettavano ad un capoluogo dei Tribunali (odierna piazza della Libertà) il giorno 10 maggio 1810. Pianificazione urbanistica

Raccolta di atti del Consiglio Provinciale centesca, fatta costruire da Marino II Caracciolo, che all’incirca all’altezza dell’attuale incrocio di via Matteotti con il corso, ostruiva lo sviluppo verso Napoli. Inoltre per migliorare i collegamenti con il popoloso quartiere di via Campane fece rimuovere alcune case per aprire una nuova strada che oggi porta il suo nome. Mazas si preoccupò anche di sconfiggere il brigantaggio che

Mazas intervenne con risolutezza anche nella razionalizzazione urbanistica. Mutò l’assetto della città con un’espansione in senso longitudinale, favorendone la modernizzazione e facendola uscire dall’isolamento mediante il miglioramento e l’ampliamento della rete stradale. Sotto il suo governo furono avviati i lavori per la strada dei Due Principati e per il ponte

Il Teatro comunale Sul piano più strettamente economico Giacomo Mazas fondò la Reale Società di Agricoltura, ma l’Intendente non si limitò solo ad offrire un moderno assetto urbanistico alla città, egli volle dotarla anche di un’opera di maggiore prestigio, simbolo della cultura, facendo costruire un teatro comunale. Per la costruzione del teatro fu scelta piazza dei Tribunali sull’area di un ex monastero che era stato chiuso a seguito delle leggi napoleoniche. Il teatro aveva una imponente e maestosa facciata Dall’ingresso che si apriva su largo dei Tribunali, percorso un ampio foyer molto elegante, si accedeva alla sala, costituita da una platea di 132 posti a sedere nella classica forma a ferro di cavallo, decorata con cornici ed ornamenti Mazas morì il 24 gennaio 1814 e non vide l’inaugurazione che avvenne la sera del 31 maggio del 1817 quando fu scoperta una lapide che rivolge alla città di Avellino l’auspicio di rifulgere sempre più del suo splendore e che ancora oggi è visibile nell’androne di palazzo Sarchiola, in Piazza della Libertà. Il Teatro rimase attivo sino al 1925, attraversando anche periodi di eccezionale splendore, allorquando il Comune, incapace di provvedere ai necessari ed urgenti restauri, se ne disfece vendendolo a privati, dove fu poi costruito l’attuale palazzo Sarchiola.

Incisione d’epoca del Teatro Comunale

Per provvedere alle necessità derivanti dalla tutela dell’ordine e la sicurezza pubblica dispose l’acquisto di una grande struttura, lungo l’allora via dei Pioppi, per destinarla a padiglione militare della reale gendarmeria, oggi il palazzo è sede di Uffici della Provinca al Corso V.Emanuele IL REGISTA

IL DOCUMENTARIO RICOSTRUISCE FIGURE CENTRALI NELLA MEMORIA DELLA CITTA’

«Uomini che hanno fatto la storia» E’ un progetto nato da un lavoro di squadra quello da cui nasce “Avellino nel Risorgimento”. A comporre le musiche originali Sergio De Castris. La consulenza storica è di Fiorentino Vecchiarelli. La voce narrante è di Angelo Colantuono. Direttore di produzione Mirko Di Martino. E’ lo stesso regista Antonio Di Martino a raccontare i contenuti del video. «Il documentario ripercorre, con pagine palpitanti, la storia della città di Avellino durante il periodo del Risorgimento, dal primo arrivo dei Francesi a Napoli nel 1799, fino alla proclamazione del Regno d’Italia nel 1861. Attraverso quelle pagine abbia-

mo ricostruito anni densi di avvenimenti per il piccolo capoluogo di Provincia che culminarono, nel 1820 sebbene per soli

pochi giorni, con l’elevazione di Avellino a capitale europea delle insurrezioni democratiche, grazie al tentativo di Michele Morelli e Giuseppe Silvati, uffi-

ciali della cavalleria borbonica di stanza a Nola. Il loro contributo fu essenziale per convincere il re Ferdinando I ad adottare la costituzione. Il documentario racconta molte delle figure storiche più interessanti della città: - il comandante militare Leopold Sigisbert Hugo, il padre del celeberrimo Victor, che per qualche mese dimorò ad Avellino; - il brigante Laurenziello, che terrorizzava la città e la provincia; - l’ing. Luigi Oberty, progettista di una lunga serie di opere pubbliche di notevole importanza; - fino alle figure di patrioti come Michele Pironti, rinchiuso nelle carceri di Montefusco insieme a Carlo Poerio e Luigi Settembrini, ma soprattutto il film fa emergere con prepotenza la figura del primo Intendente napoleonico, Giacomo Mazas. Mazas è un personaggio eccezionale, a cui l’odierna Avellino deve molto del suo aspetto e del suo sviluppo».


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Ottopagine Venerdì 18 novembre 2011

Per l’occasione saranno consegnate anche le Borse di Studio «Pina Carullo» sul Risorgimento, istituite dall’Accademia presieduta da Fiorentino Vecchiarelli e dalla Società Filosofica Italiana Il cofanetto del Dvd è accompagnato da un pastello del maestro Pino Lucchese, vice presidente dell’Accademi a dei Dogliosi, che nei panni della popolana avellinese, col costume tradizionale dell’epoca, ha voluto rappresentare idealmente l’Italia che si risolleva dopo secoli di dominazioni e sventola il tricolore nell’aurora del nostro Risorgimento.

Il film documentario è stato realizzato dall’avvocato Antonio Di Martino, per l’occasione prestato alla regia, e promosso dall’Accademia dei Dogliosi di Avellino, e rientra tra gli eventi che hanno caratterizzato il 2011 come anno del 150° anniversario dell’Unità Nazionale. Esso si propone di far scoprire e valorizzare aspetti della storia avellinese, spesso trascurati o non adeguatamente valorizzati.

«Avellino nel Risorgimento» Domani alle 19 al «de la Ville» la presentazione del libro-dvd di Antonio Di Martino promosso dall’Accademia dei Dogliosi di FABRIZIA BARBARISI

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n film-do cumentario per racco ntare l’Avellino del Risorgimento. Un dono per la città che accoglie quest’opera promossa dall’Accademia dei Dogliosi di Avellino, presieduta dal professore Fiore ntino Vecchiarelli, e realizzata dall’Avvocato Antonio Di Martino nelle insolite vesti di regista. L’opera racchiude anche l’arte del maestro irpino Pino Lucchese che ha realizzato un pastello raffigurante una popolana avellinese del tempo. Un insieme di arte e passione per un prodotto di qualità che sarà presentato domani pomeriggi alle 19 presso la Sala Congressi dell’Hotel de la Ville di Avellino. Si tratta del film-documentario “Avellino nel Risorgimento”. All’incontro di domani presenzieranno Don Agostino II Caracciolo V° Conte di Castelrosso dei Principi di Avellino (Magnifico Rettore

dell’Accademia dei Dogliosi), il prof. Fiorentino Vecchiarelli (Presidente dell’Accademia dei Dogliosi di Avellino), il prof. Giovanni Sasso (presidente della Società Fiolosofica Italiana - Sezione di Avellino), il prof. Gregorio Rubino (Università degli Studi Federico II di Napoli), il dott. Antonio Guerriero (Procuratore della Repubblica di Sant’Angelo dei mbardi), la L’iniziativa rientra tra gli Lo dr.ssa Ro sa eventi promossi in occasio- G r a n o ne del 150°anniversario (Dirigente Ufficio dell’Unità d’Italia S c o l a s t i c o Pro vinciale di Avellino ) e il Sindaco di Avellino Dott. Giuseppe Galasso. L’incontro sarà moderato dal vice presidente dell’Accademia, Dott. Pino Lucchese. L’iniziativa rientra tra gli eventi che hanno caratterizzato il 2011 come anno del 150° anniversario dell'unità nazionale. Esso si propone di far riscoprire e valorizzare aspetti della

storia avellinese, spesso trascurati o non adeguatamente valorizzati. Il video propone un suggestivo ed emozionante viaggio nei primi decenni dell’800, densi di palpitanti rivendicazioni di libertà, che videro Avellino, prima città in Italia, rivoltarsi contro il potere assoluto centrale e dotarsi di una Costituzione democratica e liberale. «Il primo moto del nostro Risorgimento si è sviluppato proprio nella città di Avellino, prima città d'Italia a sollevarsi contro la tirannia ed a proclamare la prima costituzione liberale sul nostro suolo. Non a caso, il nome della nostra piazza centrale "della Libertà" vuole proprio evocare quell'epopea così fulgida da cui germogliò il nostro Risorgimento meridionale. ha spiegato il Presidente dell’Accademia dei Dogliosi Fiorentino Vecchiarelli - La notte tra il 1 e il 2 luglio 1820, la notte di San Teobaldo, patrono dei carbonari, Morelli e Silvati diedero il via alla cospirazione disertando con circa 130 uomini e 20 ufficiali. Ben presto li raggiunse 1'abate Minichini che entrò in contrasto con Morelli: il primo voleva procedere con un largo giro per le campagne allo scopo di aggiungere alle proprie fila quei contadini e quei popolani che credeva attendessero di unirsi alla cospirazione; il secondo voleva puntare direttamente su Avellino dove lo attendeva il generale Guglielmo Pepe. Minichini lasciò lo squadrone allo scopo di seguire il proprio intento, ma dovette far ritorno poco dopo senza risultati. Il giovane ufficiale Michele Morelli, sostenuto dalle proprie truppe, procedeva verso Avellino senza incontrare per le strade l'entusiasmo delle folle che si aspettava. - prosegue Vecchiarelli - Il 2 luglio, a Monteforte, furono accolti trionfalmente. Il giorno seguente, Morelli, Silvati e Minichini fecero il loro ingresso ad Avellino. Accolti dalle autorità cittadine, rassicurate del fatto che la loro azione non aveva intenzione di rovesciare la monarchia borbonica, proclamarono la costituzione sul modello spagnolo di Cadice. Dopo di che, passarono i poteri nelle mani del colonnello Lorenzo De Concilij, capo di stato maggiore del generale Pepe. Questo gesto di sottomissione alla gerarchia militare, provocò il disappunto di Minichini che tornò a Nola per incitare una rivolta popolare. Il 5 luglio, Morelli entrava a Salerno, mentre la rivolta si espandeva a Napoli dove il generale Guglielmo Pepe aveva raccolto molte unità militari. Il giorno seguente, il re Ferdinando I si vide costretto a concedere la costituzione. Dopo pochi mesi, le potenze della Santa Alleanza, riunite in congresso a Lubiana, temendo ripercussioni anche nei loro regni, decisero l'intervento armato contro i rivoluzionari che nel regno delle Due Sicilie avevano proclamato la costituzione. Si cercò di resistere, ma il 7 marzo 1821

L’Avvocato Antonio Di Martino autore del film documentario

i costituzionalisti di Napoli comandati da Guglielmo Pepe, sebbene forti di 40.000 uomini, furono sconfitti ad Antrodoco dalle truppe austriache. Il 24 marzo gli austriaci entrarono a Napoli senza incontrare resistenza e chiusero il neonato parlamento. Dopo un paio di mesi, re Ferdinando revocò la costituzione e affidò al ministro di polizia, il principe di Canosa, il compito di catturare tutti coloro che erano sospettati di cospi-

razione. Terminava, così tristemente, 1'epopea iniziata con le cinque giornate di Avellino, ma il seme della rivoluzione unitaria era oramai germogliato anche nelle genti meridionali». Entusiasta dell’iniziativa anche il maestro Pino Lucchese. Il cofanetto è accompagnato infatti da un suo pastello, che rappresenta, nei panni della popolana avellinese, col costume tradizionale dell'epoca, idealmente 1'Italia che si risolleva dopo secoli di dominazioni e sventola il tricolore nell'aurora del no stro Risorgimento. All’iniziativa di presenazione «Rispetto al prenderà parte anche il primo documenprimo cittadino di Avellino tario realizzato dott. Giuseppe Galasso lo scorso anno dal titolo: “La città dei Caracciolo”, l’impegno artistico è stato diverso ma non per questo meno impegnativo. I motivi sono da ricercarsi nel fatto che per l’Avellino dei Caracciolo, il tutto era basato sulla ricerca delle varie opere artistiche di cui i Caracciolo hanno riempito ed arricchito la città di Avellino. C’era solo l’imbarazzo della scelta. In quella occasione, non fu facile ottenere i vari permessi da enti e privati, anche se questi ultimi sicuramente molto più sensibili dei primi. Nel realizzare il documentario sul Risorgimento in Irpinia, la ricerca si è basata principalmente su opere, quadri, cimeli od altro, che fossero attinenti al quel periodo e che testimoniassero quanto accaduto. Da sottolineare inoltre, la grandissima disponibilità di tutti quanti hanno consentito le riprese di alcuni cimeli di proprietà privata, molto importanti per farci capire il periodo storico vissuto dalla città di Avellino nell’epoca risorgimentale. Indubbiamente il lavoro più importante è stato quello di far coincidere determinati ritratti, determinate scene o immagini di cimeli in una sceneggiatura che desse un’idea dell’atmosfera di rinnovamento e di cambiamento che si viveva in Irpinia ed Avellino in particolare in quegli anni».


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