Le Mutilazioni Genitali femminili nel Lazio - A cura di Giuliana Candia

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Le mutilazioni genitali femminili nel Lazio

Si è rivelato inoltre difficile raccogliere testimonianze sulle specificità delle pratiche nei diversi gruppi nazionali, specialmente se presenti in piccoli numeri sul territorio regionale, come è il caso di molti dei paesi menzionati. La maggioranza degli intervistati stenta infatti a ricordare le provenienze geografiche delle donne con mutilazioni genitali che si sono presentate ai servizi, con l’eccezione dei paesi del Corno d’Africa (anche per la gravità delle mutilazioni riscontrate) e della Nigeria. 3.3.3 Casi provenienti dall’Africa anglofona Tra i paesi dell’Africa anglofona spicca per numerosità la componente nigeriana, la seconda nella regione Lazio tra le comunità migranti interessate dalla pratica delle Mgf. Le testimonianze raccolte tra gli operatori concordano nel segnalare comunque una frequenza molto bassa di casi di mutilazioni tra le donne di questa provenienza: “Le nigeriane di solito non sono mutilate; ne è arrivata qualcuna mi pare di ricordare…” (int. 80, Policlinico Casilino) “Da 10 anni a questa parte vedo delle mutilazioni – qua sono quasi tutte nigeriane – ma non vedo più le lesioni devastanti che vedevo una volta tra le donne somale. Vedo piccole chiusure di cappucci clitoridei. Non ci faccio molto caso… Ci sono anche molte nigeriane non mutilate, ma comunque non mi sento di parlare di mutilazioni. Quando le vedo, vedo delle cose non catastrofiche”. (int. 81, Consultorio di Torrenova)

I segni di mutilazione riportati da queste donne segnalerebbero soprattutto pratiche del primo tipo: clitoridectomia o escissione parziale della clitoride e delle piccole labbra. 3.3.4 La Condizione socio-economica Secondo le testimonianze convergenti del servizio SaMiFo, di Medici Contro la Tortura e della Casa dei Diritti Sociali, le donne richiedenti asilo e rifugiate possono essere distinte, rispetto alla condizione socioeconomica, in due gruppi principali: le donne del Corno d’Africa e quelle dell’Africa francofona. Le seconde sono descritte dagli operatori come donne relativamente autonome, intraprendenti e consapevoli della propria condizione e delle opportunità che offrono i servizi territoriali:

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