Sul Romanzo, Anno 3 n. 5, ott. 2013

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L’istruzione ci salverà dalla crisi economica

Parola del Premio Nobel Amartya Sen

di Enza Moscaritolo

Diritto di cittadinanza, diritto all’istruzione, uguaglianza. La ricetta per la ripresa economica e per superare la crisi mondiale degli ultimi anni annovera questi ingredienti fondamentali, almeno secondo Amartya Sen, economista indiano, Premio Nobel per l’Economia nel 1998. Al suo arrivo a Lucca, ospite di Fondazione Campus (che organizza da 10 anni corsi di laurea in turismo in collaborazione con FLAFR, Fondazione lucchese per l’alta formazione e la ricerca, e le Università di Pavia, Pisa e della Svizzera Italiana di Lugano) e del Comune di Lucca, Sen ha poche e lapidarie parole da rivolgere al pubblico nell’incontro intitolato Citizenship and Higher Education: an Alliance for Social Progress. L’incontro pubblico (l’unico in Italia previsto per quest’anno) è stato realizzato con la partecipazione dell’Associazione Industriali di Lucca e della Fondazione Piaggio, e voluto anche dall’amministrazione Tambellini, all’interno del percorso di incontri dedicati alla partecipazione. Nel corso della sua carriera, Sen si è ampiamente occupato di fame e povertà, e di politiche pubbliche orientate a combatterle: ha sostenuto con dati empirici, analizzando alcuni grandi carestie che hanno colpito Cina e India, che la fame non dipende dalla scarsa quantità di cibo, ma dalla sua gestione e dai prezzi. Questo suo studio è divenuto, a metà del secolo corso, il nuovo standard per la

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realizzazione di interventi in questi ambiti. Quando parla, affascina l’assemblea: non fa uso di paroloni o di tecnicismi da cattedratico spocchioso. Niente “spread”, “austerity”, nessun ricorso alla vituperata “spending review” e compagnia cantante sparati dai telegiornali, a volte senza spiegarne a fondo il significato. «Io penso che siano diverse le cose che le nazioni possono fare – dichiara con semplicità –. Su di loro incombe una responsabilità sociale. L’Italia, in particolare, a mio avviso, non può non tenere conto del proprio passato, dalla Rivoluzione Industriale alla Seconda Guerra Mondiale, fino a quello che oggi chiamiamo Welfare State, lo Stato Sociale. La politica di austerità praticata da voi in Italia, come in Grecia, in Spagna, in Portogallo e in molte altre nazioni come la vostra, necessita, per essere concretamente realizzata, di riforme istituzionali, a partire dalle pensioni: l’austerità da sola comporta soltanto una caduta precipitosa verso il basso, e sta facendo più male che altro. Non serve a nulla limitarsi a “tagliare”». Diverso il discorso sui BRICS, ovvero le cinque nuove potenze economiche emergenti racchiuse nell’acronimo, ovvero Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Sen le definisce economie vivaci, certamente, ma molto fragili, in mano ad un élite di pochi ricchi. Sulle quali, dunque, non serve interrogarsi a lungo. Almeno per il momento.

n° 5 • Ottobre 2013


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