MAG numero 1

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titolo inserto mag mag a #0 #1cura - GAM gam diMagAZINE magazine luigi fassi

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DELLA SERIE

— Beauty Knows No pain or Body Beautiful, 1966-72 Tutte le opere courtesy l’artista e Mitchell-Innes & Nash, New York

in mostra

OUT OF THE VOX:

Martha Rosler on art’s activist potential. di Martha Rosler In questo saggio apparso su Artforum nel settembre del 2004 Martha Rosler analizza da una prospettiva storica e militante i rischi che segnano il controverso rapporto tra arte e attivismo politico nel tempo presente. L’arte politicamente impegnata acquista di solito maggiore visibilità durante i periodi di disordine sociale (tra i più recenti “Il marxismo e l’arte” negli anni Settanta e “l’arte politica” negli anni Ottanta). In genere la maggior parte degli artisti nei propri lavori si espone in maniera esplicita, ma i garanti istituzionali cercano di manipolare questa dimensione politica dell’arte, riducendo la militanza degli artisti

a un discorso universalizzato sugli ideali umanistici e sull’espressione individuale. Di fatto tutte le avanguardie e le rivoluzioni nel mondo dell’arte, dal Costruttivismo al Dadaismo, fino all’AbEx e oltre, hanno risentito di questa rilettura. I giochi sono cambiati nuovamente quando curatori con un’inclinazione verso la geopolitica hanno organizzato le più recenti Documenta, confermando il trend internazionale che aveva legittimato una certa espressione politica nell’arte, con lavori che per la maggior parte aderivano alla corrente postcoloniale – ma anche collaborazioni e lavori extra-istituzionali, come ad esempio Park Fiction, Superflex e Sarai (una battuta citata di frequente dice che per essere un “artista post-coloniale” bisogna trasferirsi in Europa e diventare un artista di mercato, un simile problema si ripresenta nella maggior parte

dei riferimenti artistici, sia per gli artisti impegnati a lavorare da tempo nell’ambito della classe operaia sino ai graffitari e agli skaters). In generale, la mancanza di un impegno politico riconoscibile con chiarezza – la cosidetta autonomia dell’arte – è congeniale alla maggior parte degli artisti occidentali e alle istituzioni. In fin dei conti, chi siamo? A quali cause siamo fedeli? Un certo “imborghesimento” – in ambito domestico, nella salute, in famiglia e nel tempo libero, assieme alla controversa questione dell’identità – ha per molti di noi sostituito lo stile bohémien, rendendo più difficile una forte identificazione con i diseredati, i reietti, i senza diritti, e tutti coloro che sono sfruttati sul lavoro. Ben fatto! Si lagna chi denuncia quanto poco le istituzioni di sinistra abbiano fatto per gli artisti. Ma la


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