Santi Faustino e Giovita

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CIX

Gussago e poi Orzinuovi, Chiari, Travagliato, Roncadelle ed altri villaggi moltissimi erano già in balia del nemico, che, peste ed arse le biade non ancora mature, avea messo il resto a scompiglio ed a saccheggio. Per otto miglia all’intorno della città era una fuga, uno sgomento generale, che stringeva il cuore; pareva che tutto il contado non trovasse altro riparo, che nel rifugiarsi in città. «Era un grande stupore e grande strimizo - scrive il Soldo, testimonio oculare - a vedere tutta la strada di Pedemonte caricata a meraviglia dalla parte della Porta Pile fino a Gavardo, eziandio quella di Bagnolo, quella di Porta San Nazzaro, quella di San Giovanni, tutta la Franciacorta, ogni uomo fuggì per modo che in tre giorni, da circo a circo a Brescia a otto miglia non rimase pur un sol cane nelle terre». Era intendimento del Piccinino stringere Brescia d’assedio, sperando che più dell’armi avrebbero potuto la fame, la sete e la peste. Occupò così Mompiano, vi precluse la fonte, per cui ha Brescia copia di limpidissime acque, desolò le terre di Urago, di Collebeato, di Concesio e deviò il corso del Mella. Col nerbo delle sue truppe partitosi da Roncadelle il 3 ottobre 1438, si schierò sui colli di Mompiano, di San Fiorano, di Sant’Eufemia. È malagevole descrivere i prodigi di valore compiuti dai bresciani in questo memorabile assedio. Uomini e donne, tutti pronti a tutto sacrificare per la patria, si animavano a vicenda a irrompere fuor delle mura per sbaragliare i nemici. Ma la fame, la sete, la peste, più che la guerra, scemavano i valorosi difensori della città, la quale riducevasi agli estremi. Allora il Piccinino risoluto d’impadronirsene a qualunque costo, il giorno 30 novembre mosse all’assalto. E già le artiglierie aveano sfasciato le mura, già si aprivano le brecce al Roverotto e al Mombello e già il nemico in forze irrompeva a quella volta ed era per penetrare nella città, mentre i bresciani sgomentati mandano grida di spavento, ma non ritraggonsi dalla pugna e vi cadono trafitti. Scrive il Soldo: «Voi avreste veduto per l’aria arnesi, bracciali, spallacci, celate, elmetti volare con gambe, con piedi, con braccia, con teste, in tanto che ella (una bombarda) portò fino nel brolo del vescovo elmetti pieni di cervelle». In tanto pericolo, chi era inetto a combattere empiva di lamenti le chiese,


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