LA PIAZZA DI GIOVINAZZO MARZO 2016 PERCHE' LO FAI?

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LA PIAZZA di Giovinazzo

copertina DI

SERGIO PISANI

Via Cairoli, 95 Giovinazzo 70054 (Ba) Edito da LA PIAZZA DI GIOVINAZZO Iscr. Trib. di Bari n. 1301 del 23/12/1996 Telefono e Fax 080/3328521 Part. IVA 07629650727 IND.INTERNET:www.giovinazzo.it E_MAIL:lapiazza@giovinazzo.it FONDATORE Sergio Pisani DIRETTORE RESPONSABILE Sergio Pisani

REDAZIONE Anna Lisa Uggenti - Damiano de Ceglia Giovanni Parato - Alessandra Tomarchio Maria Donata Guastadisegni CORRISPONDENTI DALL’ESTERO Rocco Stellacci (New York) Giuseppe Illuzzi (Sydney) HANNO COLLABORATO Diego de Ceglia - Agostino Picicco Vincenzo Depalma - Annarita Traetta Enrico Tedeschi - Michele Decicco Onofrio Altomare - Giangaetano Tortora progetto grafico - La Piazza di Giovinazzo editrice Grafica pubblicitaria: Rovescio Grafica responsabile marketing & pubblicità: Roberto Russo tel. 347/574.38.73

ABBONAMENTI ITALIA: 20 Euro SOSTENITORE: 50 euro ESTERO: 60 Euro Gli abbonamenti vengono sottoscritti con cc postale n. 1021309297 o con vaglia postale, con assegno bancario o bonifico intestato a: ASS. LA PIAZZA DI GIOVINAZZO IBAN - IT10U0760104000001021309297 VIA CAIROLI, 95 70054 GIOVINAZZO (BA) ITALY La collaborazione é aperta a tutti. La redazione si riserva la facoltà di condensare o modificare secondo le esigenze gli scritti senza alterarne il pensiero. FINITO DI STAMPARE IL 26.02.2016

«Perchè lo fai?» richiama la canzone di successo di Marco Masini. «Perchè lo fai?» più che una domanda è un grido d’amore rivolto ai giovani che fanno uso sempre più frequente di droghe. Noi restiamo una voce afona rispetto a quella echeggiante di Masini, ma abbiamo scelto quel «Perchè lo fai?» come titolo di copertina per affrontare anche noi la questione del disagio giovanile, per sensibilizzare l’opinione pubblica e, magari chissà, con Lucy Cervelli che ama la vita e gioca a pallavolo, per spronare qualche ragazzo, colpito da dipendenza patologica, a fare gol nella vita, a non usare più le droghe. Quante sono le persone che soffrono di questo male fisico e mentale a Giovinazzo? I numeri arrivano direttamente dal Ser.T di Giovinazzo che svolge attività di prevenzione, cura e riabilitazione di tutte le for-


me di dipendenze patologiche. I dati confermano che sono 119 i tossicodipendenti e 49 gli alcolisti che sono in cura presso la struttura. Sono in aumento i giovinazzesi che ricorrono alle strutture dell’Asl per uscire dalla dipendenza della droga, soprattutto della cocaina ma anche delle anfetamine. Le informazioni che emergono nella relazione del dr. Antonio Taranto, Direttore del Dipartimento dipendenze patologiche, proiettano ombre cupe. La maggior parte dei soggetti in cura sono molto giovani, tra i 20 e i 25 anni. L’identikit del giovane che fa ricorso al Ser.T è quasi sempre questo: benestante, studente e frequentatore di discoteche. A preoccupare, comunque, non è solo la «coca», ma soprattutto l’«ecstasy» che viaggerebbe ancora alla grande nei locali della movida. È stato rilevato anche che sono tanti i ragazzi rapiti da più tipi di droghe contemporaneamente: cocaina, spinelli ed anfetamine. Nonostante tutto, dai dati emerge anche qualcosa di positivo: stando al numero dei giovani che, obbligati dalle famiglie, dai medici oppure che si affidano spontaneamente alle cure, si può rilevare che è abbastanza alta la percentuale dei tossicodipendenti che cerca di uscire dal tunnel. E questo, nel quadro generale delle realtà vicine, è certamente un elemento confortante.per la nostra comunità.

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COPERTINA

LA REDAZIONE PIAZZA DI GIOVINAZZO

SI ASSOCIA AL DOLORE CHE HA COLPITO IL COLLABORATORE

VINCENZO DEPALMA

PER LA

DIPARTITA DELLA CARA MOGLIE

LIBERAMENTE ISPIRATA ALLA MASINI, UN GRIDO DI BISOGNO D’AMORE PER CHI CADE NEL TUNNEL DELLA DROGA. IN COPERTINA, LUCY CERVELLI CHE AMA LA VITA E GIOCA A PALLAVOLO. IL CLIC È DI NICO MONGELLI. LA FOTOCOMPOSIZIONE CANZONE DI

È STATA REALIZZATA DA

ROVESCIO GRAFICA


l inchiesta

La tabella seguente, estratta dal sito ufficiale della ASL BARI, illustra il numero di utenti in carico ai 14 SerD della provincia di Bari Va subito precisato che il dato di Giovinazzo può sembrare alto, ma non lo è perché nella nostra città hanno sede sia il SerD di riferimento per il territorio di Giovinazzo e di Molfetta, sia della direzione del Dipartimento. Quindi raccoglie utenza da un bacino più ampio. Una cosa importante da chiarire è anche l’evoluzione antropologica del paziente tipico del SerD. Infatti negli anni ’80 si parlava genericamente di tossicodipendenti, o, con tono francamente dispregiativo, di drogati, e l’immaginario pubblico dipingeva il ritratto della persona moralmente indegna, dedita al vizio e alla delinquenza; una persona da evitare e da chiudere in qualche struttura capace di neutralizzare tutto il male che quell’essere ignobile poteva generare. Il tempo, l’approfondimento scientifico delle conoscenze e il miglioramento dei servizi hanno portato ad una situazione completamente nuova. Infatti la diagnosi non è più genericamente quella di tossicodipendente, ma di disturbo da dipendenza patologica; l’oggetto

da cui si dipende, la droga, non è più solo la famigerata eroina, ma può essere scelta in un vastissimo campionario di sostanze e di comportamenti. Il soggetto affetto da disturbo da dipendenza patologica non è più costretto a rubare o a prostituirsi perché, nonostante la malattia e nonostante la crisi del welfare, grazie alle cure riesce ad evitare il grave deterioramento cerebrale che ha caratterizzato il tossicodipendente degli anni ’80. Dunque, l’utenza del SerD dei giorni nostri può così essere raggruppata: IL PAZIENTE «STORICO»: ha mediamente 45-55 anni; in cura di mantenimento con farmaci sostitutivi; moderatamente deteriorato socialmente rispetto al contesto socioambientale di origine. La droga prevalente e’ di natura oppiacea. Frequente l’abuso cronico di alcol. IL PAZIENTE «AFFIDATO» dalla giustizia per una cura alternativa alla pena. Età fra i 25 e i 40 anni; reati commessi: contro la persona e il patrimonio, di solito di piccola entità ma ripetuti molte volte; la motivazione alla cura è molto spesso strumentale, quindi con risultati un po’ deludenti; quasi sempre


d) Donna casalinga, donna impiegata ma sola, pensionato, disoccupato giovane, funzionario che spende tutti i soldi disponibili

(e pure di più) per lotterie istantanee o scommesse. e) Donna con dipendenza affettiva: vorrebbe separarsi, ma non ci riesce, generando alto livello di sofferenza a se stessa e ai familiari. f) Ragazzo con dipendenza tecnologica, così appassionato ad alcuni giochi online da distrarsi in maniera grave da ogni altro interesse. *DAP ASL BARI Direttore del Dipartimento dipendenze patologiche (Ser.d) HA COLLABORATO MICHELE DECICCO

SER.D GIOVINAZZO

richiede un aiuto all’inserimento lavorativo. La droga prevalente è di natura oppiacea o alcolica. IL PAZIENTE NUOVO: a) ragazzo di 20 - 25 anni, con fenomeni di abuso , tipo abbuffata, di numerose sostanze, specialmente THC, Cocaina e alcol, ma anche anfetamine. Scolarizzazione di livello inferiore a quello del contesto familiare di appartenenza. Discreta disponibilità di soldi. Ignoranza dei rischi connessi all’uso di droga. Famiglie bireddito con poco tempo disponibile; storie di instabilità affettiva e scarsissimo interesse per politica e attività sociali. Uso di sostanze generalmente legato alla cultura del divertimento. b) giovane professionista di 30-40 anni. Laureato in ritardo. Ambizioso, conformista, griffato, capace di sporadiche eccellenti performance, ma molto instabile. Droga preferita cocaina. Uso di droga legato al desiderio di essere più efficiente! c) Ragazzo di 20 – 25 anni, eroinomane. Socialmente isolato, tendenzialmente triste, usa eroina per ridurre la sensazione di disagio esistenziale. Famiglie di origine spesso poco espressive, fredde. Buoni risultati scolastici con improvvisi, inspiegabili cali di rendimento e\o abbandoni.

SVOLGE ATTIVITÀ DI PREVENZIONE, CURA E RIABILITAZIONE DI TUTTE LE FORME DI DIPENDENZE PATOLOGICHE: TOSSICODIPENDENZA ALCOLISMO TABAGISMO GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO

(ES: INTERNET) SI OCCUPA: ATTIVITÀ MEDICO LEGALE RAPPORTI C.T DIPENDENZE SENZA SOSTANZE

REINSERIMENTI SOCIALI E PIANI DI ZONA RAPPORTI ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO

ORARI APERTURA AL PUBBLICO: LUNEDÌ, MERCOLEDÌ, GIOVEDÌ E VENERDÌ 09.00 - 13.00 MARTEDÌ 09.00 - 11.00

Prevenzione e cura sono gratuiti e coperti dal più stretto anonimato


NOSTOS E TAKE YOUR TIME Progetti Progetti innovativi innovativi per per ilil contrasto contrasto delle delle dipendenze dipendenze patologiche patologiche Un luogo di passaggio verso il cambiamento, contemporaneamente un luogo fisico e un luogo simbolico. La Comunità Terapeutica Lorusso Cipparoli è una delle realtà che si occupa da anni di dipendenze patologiche nel territorio di Giovinazzo, infatti iniziò a operare il 30 novembre 1983 su iniziativa della Chiesa Diocesana di Bari, arcivescovo mons. Mariano Magrassi, e sotto la diretta responsabilità della Caritas di Bari, allora diretta da Don Vito Diana. Quindi, opera da oramai 33 anni nel campo del recupero psicologico e della riabilitazione sociale di persone affette da stato di dipendenza patologica, dando una risposta concreta a un problema che sempre di più interessa il territorio. La Comunità è Ente Ausiliario della Regione Puglia (ex DPR 309/90 e L.R. 22/ 96) e membro fondatore di L’APIS (Agenzia Pugliese di Intervento e Studio sulle dipendenze patologiche e ), ed è oggi gestita dall’Opera Diocesana per la Propagazione e Diffusione della Fede della diocesi di BariBitonto È una piccola comunità, con un 24 posti letto autorizzati, con un proprio programma terapeutico che può accogliere persone maggiorenni di ambo i sessi con pro-

C o m u n i t a‘ Terapeutica Lorusso Cipparoli

blemi di dipendenza patologica da sostanze stupefacenti e psicotrope con terapia farmacologica sostitutiva (metadone, subuxone, alcover) e anche con dipendenze patologiche comportamentali, anche in misura alternativa alla carcerazione, con la sola esclusione degli arresti domiciliari. Attualmente ospita 18 utenti di cui 3 madri con figli minori al seguito. La sua equipe terapeutica è composta di personale professionalizzato e in continua formazione, e si avvale del contributo di diversi volontari che si occupano di attività ricreative e di supporto alla vita comunitaria. L’equipe operativa è costituita da educatori professionali, assistenti sociali, psicologi/psicoterapeuti, un sociologo, la parte amministrativa è curata dal segretario economo, mentre la direzione e il coordinamento è curato dal direttore, Filippo De Bellis e dal referente tecnico, responsabile del progetto terapeutico, Annarosa Pagliarulo. L’ACCOGLIENZA. La Comunità offre programmi terapeutici personalizzati concordati con i Servizi delle Dipendenze Patologiche (Ser.T.) delle ASL di invio. Le persone con dipendenza patologica che

sono interessate a intraprendere un percorso nella comunità residenziale devono prendere contatti (per avere un primo appuntamento) con l’accoglienza contattando il numero 080.533.61.61. È necessario che contestualmente si rivolgano al Ser.T. di competenza che valuterà la necessità e la motivazione a iniziare il percorso terapeutico, avere un orientamento di base circa le ipotesi di lavoro e giungere a una formulazione condivisa del progetto terapeutico. L’orto, il giardino, la manutenzione, il laboratorio artistico, le responsabilità, il rispetto delle regole, le attività terapeutiche e di gruppo, il gioco, lo sport, il tempo libero, la ricerca di forme sane di piacere e di relazione sono gli strumenti che vengono utilizzati in Comunità per promuovere il cambiamento. DROGA, CAMBIANO LE DIPENDENZE. LA CIPPAROLI SI ADEGUA. Nel corso di questi anni le trasformazioni sociali e culturali hanno prodotto effetti sulle tipologie di sostanze utilizzate e sugli stili di consumo per cui oggi anche parlare di “tossicodipendenza” risulta superato, considerando che si sono diffusi sia nuovi modi e stili di vita connessi all’abuso di sostanze, sia nuove forme di dipendenze comportamentali in assenza di sostanza, quali gioco d’azzardo patologico, l’internet addiction, lo shopping compulsivo, la sex addiction, ecc. Tale diffusione è avvenuta in modo trasversale nella popolazione, rispetto alla condizione socio-economica, al sesso e all’età: casalinghe, disoccupati, la-


voratori, professionisti, pensionati, adolescenti. Si abbassa l’età in cui avviene il primo contatto con le sostanze d’abuso e/o i comportamenti patologici e, proprio per la trasversalità, diventa più difficile riconoscere se si tratta di un comportamento patologico che merita attenzione terapeutica. Si aggiunga a questo la mancanza di progetti di bassa soglia, di informazione, prevenzione e orientamento. Ciò che accomuna le dipendenze comportamentali con le tradizionali dipendenze da sostanze sono le caratteristiche di personalità, il processo che porta dall’uso, all’abuso, alla sindrome di astinenza, alla tolleranza fino alla perdita di controllo e ricadute, infine i processi che controllano la motivazione e di gratificazione alla base di tali comportamenti. Tali nuove dipendenze, benchè ormai diffusissime nella popolazione, con pesanti ricadute sul piano psicologico sia individuale che familiare, economico e lavorativo, tuttavia non ricevono a livello sociale un’adeguata attenzione. C’è infatti una insufficiente gestione della patologia sul piano dell’informazione, della prevenzione e del trattamento, una non sufficiente diffusione di servizi sul territorio e una inadeguata allocazione di risorse economiche. A questo si aggiunga la difficoltà a riconoscere, da parte di molte persone, di avere un problema e conseguentemente chiedere aiuto, in un contesto dove rivolgersi al Servizio Dipendenze Patologiche porta con sé la paura dello stigma sociale. La comunità negli anni ha risposto a queste trasformazioni con un ampliamento dell’offerta terapeutica, per farvi fronte in modo adeguato. IL PROGETTO “TAKE YOUR TIME”. Si rivolge a pazienti con dipendenza patologica da cocaina e/o da Gioco d’Azzardo Patologico (GAP) che non riescono, con il solo trattamento ambulatoriale, a interrompere il comportamento compulsivo per difficoltà di varia natura. E allora… “Take your time”

vuol dire prendersi il proprio tempo, cioè creare uno spazio per decelerare, fermarsi e offrire un’occasione di riflessione, per riconoscere la propria dipendenza, acquisire consapevolezza di comportamenti disfunzionali e ricercare soluzioni. Esso si articola in un percorso terapeutico che prevede una prima fase di trattamento residenziale della durata di tre mesi, con relativa interruzione dell’uso discontrollato di sostanze e/o del comportamento disfunzionale, per staccare dal comportamento compulsivo, con la prosecuzione in weekend quindicinali per un periodo da un minimo di 6 mesi a un massimo di 18 mesi, con momenti di individuali e di gruppo in cui verificare i propri vissuti e acquisire consapevolezza circa le emozioni e i comportamenti che si presentano in occasione della messa in atto del comportamento d’abuso. Il progetto “Nostos” si rivolge alle donne tossicodipendenti e/o alcoliste in attesa di un bambino o già madri che hanno deciso di mantenere la relazione con il figlio e per le quali i servizi sociali territoriali competenti hanno posto in essere una presa in carico e/o vi è un provvedimento del Tribunale per i Minorenni. Il progetto “Nostos” si propone come obiettivi quelli di stimolare la consapevolezza del problema della dipendenza, promuovere nella madre una scelta consapevole di abbandono dell’uso di sostanze, costruire e sostenere il legame madre-bambino e valutare le capacità genitoriali residue. Il percorso comunitario offre un ambiente protetto dove essere accolti in cui le madri hanno la possibilità di riprogettare la propria vita, mettere in atto un cambiamento significativo in modo che i bambini mantengono costanti nel tempo le figure di riferimento primarie, non subendo la separazione dalla madre. Inoltre, la Comunità si sta sempre di più aprendo alla sperimentazione di progetti terapeutici a breve termine, rimodulati su

obiettivi differenti, sempre concordati con i servizi territoriali di riferimento “Fare la comunità” non è facile, è una scelta coraggiosa, che si rinnova ogni giorno del percorso, implica mettersi in discussione, guardare alle proprie fragilità, spogliandosi di molte difese, di molte armature che si sono indossate fino a quel momento, sentirsi “nudi” e autentici con i propri limiti e le proprie risorse, con gli angoli più bui delle proprie storie. Vuol dire poi soprattutto portare all’esterno tutto quello che si è imparato tra le mura della comunità, per non ripetere copioni già percorsi. Quella del reinserimento è certamente una fra le fase più delicate del percorso, a questo punto sarebbero necessari interventi che possano aiutare la persona a vivere all’esterno della Comunità in modo soddisfacente: diventa fondamentale la sinergia con il Servizio Dipendenze patologiche e con enti del pubblico e del privato sociale che operino a sostegno del reinserimento socio-lavorativo con opportune forme di progettualità. I RISULTATI? Buoni, ma mai abbastanza buoni per soddisfare le aspettattive nostre, delle famiglie, delle persone che intraprendono il cammino comunitario. Siamo sempre tesi al miglioramento per diminuire gli abbandoni e dare risposte efficaci al problema. C’è una parola che agli operatori della comunità è tanto cara: “resilienza”. È la capacità dell’individuo di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. Sono ad oggi -19 febbraio 2016-11.771 (undicimila settecentosettantuno) giorni che ininterrottamente lavoriamo per aiutare e dare risposte alle persone che ci chiedono aiuto per riprendere in mano la propria vita, e contiamo di andare avanti sino a quando ce ne sarà bisogno.

ANNARITA TRAETTA PINO MELE


LA

testimonianza

COSÌ CIPPAROLI MI HA SALVATO! «Nel buio di quella vita, la comunità può essere la luce, la vostra ancora di salvezza» Ho vissuto troppi anni con la convinzione che il mio destino fosse già scritto, un po’ per via dei miei genitori ex tossicodipendenti e un po’ perché l’identità da tossica che mi ero cucita addosso e da cui era impossibile liberarmi mi aveva fatto sprofondare in una grave depressione. Era difficile pensare ad un’altra vita, ad un altro motivo per cui svegliarmi la mattina e semplicemente per andare avanti come fanno le persone normali e quindi a un tratto mi resi conto a malincuore che non mi potevo considerare “normale”. Era arrivato il momento di riprendere la mia vita in mano, mi decisi a chiedere aiuto una volta per tutte e questa volta sul serio. Il 16 luglio 2012, per i miei 20 anni, mi sono fatta il miglior regalo di compleanno che mi sarei potuta fare e cioè l’ingresso in comunità. Questa stessa comunità che più di 10 anni fa ha salvato mia madre dall’inferno della dipendenza e che in questi anni è divenaver perso le speranze e decisa a combattere fino alla fine. tato per me l’unico posto sicuro. Mi sono sentita subito a casa, sensazione a me sconosciuta da So benissimo che quando si ha la testa infossata sotto la sabbia anni, ma che credo sia stata fondamentale per la fase iniziale di niente e nessuno può far cambiare idea, ma nei momenti pegadattamento. Non posso negare che i primi mesi sono stati i più giori è proprio alle nostre speranze, anche a quelle più piccole, difficili: adattarmi alle infinite regole, imparare a rispettare gli altri che ci dobbiamo aggrappare per poter andare avanti. e soprattutto il ruolo degli operatori, in cui rivedevo quella tanto Nel buio di quella vita, la comunità può essere la luce, la vostra odiata autorità … Poi è arrivato il momento di esternare le mie ancora di salvezza. testo raccolto da Annarita Traetta emozioni e soprattutto imparare a conviverci. Col tempo sono riuscita a parlare del mio passato e ad accettarlo, ho imparato a gestire la mia impulsività ed aggressività e di conseguenza a mettermi in discussione. Insomma tutte cose positive che mi hanno reso una persona civile e che quindi hanno reso possibile il mio recupero. Inoltre ho avuto la possibilità di completare il mio percorso di studi, fortunatamente la disponibilità di mia madre ha facilitato le cose e sono riuscita con successo a conseguire il diploma. Questo è stato un altro punto a mio Il mercato della droga, anche a Giovinazzo, è divenuto fluido. Non più nella favore, un’altra tappa raggiunta e con felicità Villa Comunale, dove si aggiravano astuti spacciatori con modiche quantità di droga, giustificate dall’uso personale, una maschera indispensabile all’attività più vedevo il traguardo sempre più vicino. Il bagaglio di esperienze positive da portarmi antica del mondo. Un grosso impedimento questo, all’intervento dei Carabinieri. È l’ultima evoluzione del mercato della droga. Le piazze con lo spacciatore fisso fuori diventava piacevolmente più pesante. Il tempo era passato e non mi ero resa nem- non ci sono più. Quello giovinazzese è un mercato sempre più fluido. Che si meno conto che quattordici mesi erano tra- sposta sullo scambio dinamico: consegne a domicilio, consegne volanti in strada, scorsi dal mio ingresso; così un bel giorno mi consegne in luoghi pubblici da parte di giovanissimi senza impiego, soprattutto dissi che ero pronta ad affrontare il mondo incensurati, spesso indotti a tale attività dalla prospettiva di un facile guadagno. esterno. Le strade sono parecchio battute: appuntamenti telefonici, incontri rapidissimi, Della ragazzina impaurita, insicura e senza pro- scambi. In città i fattorini della droga che consegnano a piedi o con lo scooter getti o sogni nel cassetto non c’era più nessuna sono tanti e sfuggenti. Le due ruote permettono spostamenti veloci, acceleraziotraccia, ero finalmente diventata una donna. ni. La logistica del commercio, anche quello illegale, si è trasformata per risponSono passati quasi quattro anni e purtroppo le cose non sono andate proprio come speravo dere alle richieste della clientela. E per non dare punti di riferimento alle forze io, sono stata ingannata dalla mia troppa sicu- dell’ordine. Per l’azione di contrasto c’è una sola gazzella dei Carabinieri della rezza e a distanza di due anni sono poi ricadu- locale Stazione che dovrebbe coprire le zone più a rischio. Ma per indagare sullo ta nelle mie vecchie dinamiche. Nonostante le spaccio di strada bisogna adattarsi. Cambiare strategie di continuo. Il risultato è mille difficoltà incontrate, oggi sono di nuovo questo: tra ottobre e gennaio, in quattro mesi, gli uomini dell’Arma hanno arrequi, nel posto in cui tutto è cominciato, senza stato 5 spacciatori, tutti residenti in città.

Droga a domicilio Tutti i trucchi degli spacciatori. Si smercia dappertutto



IL

CONTRAPPUNTO d e l l ’a l f i e r e

A GIOVINAZZO SIAMO TUTTI GEOLOGI ED ARCHEOLOGI UNIONI CIVILI E DIRITTO ALL’ADOZIONE. Manifestazioni in molte città, dichiarazioni di personalità di vari settori ed in particolare del mondo dello spettacolo, braccialetti e nastri variopinti al festival della canzone italiana di Sanremo, insomma una mobilitazione mediatica, se non esattamente di massa, che non si vedeva da tempo. Il tema del momento sono le unioni civili e, soprattutto, la stepchild adoption. Sono evidenti le difficoltà della maggioranza e, in particolare, del PD nel far approvare la legge. Non passa giorno che gli organi di informazione si occupino della materia. La relatrice del disegno di legge, Monica Cirinnà del PD, ha accusato anche parte del suo partito nel frapporre ostacoli subdoli per non giungere alla definitiva approvazione. Nonostante il PD fosse ricorso al sistema denominato canguro per azzerare tutti gli emendamenti delle opposizioni e giungere al voto senza discussioni. Il M5S, pur favorevole alla proposta di legge, non ha appoggiato il tentativo del PD di azzerare la discussione e con essa la democrazia parlamentare che all’epoca del cavaliere nero era l’accusa giornaliera rivolta al centro destra proprio da parte di chi, oggi, ne fa largo uso. E’ certo che se non ci fosse stata la parte relativa all’adozione del figliastro da parte del partner la legge sui diritti sarebbe stata già approvata. Lo scontro, quello vero, è tutto lì. Diritto all’adozione si o no. I contrari sostengono che aprirebbe la strada all’adozione in toto e, quindi, all’utero in affitto. Molti movimenti cattolici si sono mobilitati per affermare la contrarietà netta al riconoscimento e relativa equiparazione delle unioni civili fra persone dello stesso sesso al matrimonio fra persone di sesso diverso. I movimento ma non la Chiesa Cattolica a cominciare dal Santo Padre per continuare con i vescovi, tutti assai prudenti, con rare eccezioni, nelle dichiarazioni contro la legge. Eppure il Santo Padre non è mai venuto meno ad una certa moderna loquacità sempre attento ad intercettare il sentimento comune, l’opinione politicamente corretta. Di recente, subito dopo aver criticato l’idea di uno dei candidati repubblicani alla presidenza degli USA di alzare

GEOSITO: «LO SO

SISTEMIAMO QUESTO LUNGOMARE?

BENE CHE IL FAMOSO GEOSITO HA PORTATO AD UN

RALLENTAMENTO DEI LAVORI E CHE TUTT’AD UN TRATTO POLITICANTI IN SERVIZIO PERMANENTE ED A GIORNI ALTERNI SI SONO SCOPERTI GEOLOGI E ARCHEOLOGI MA QUESTO NON BASTA A GIUSTIFICARE TUTTO» un muro al confine con il Messico per im- la Meloni come non le capitava dai bei tempedire il flusso di immigrati, ha glissato sul- pi in cui c’era Silvio Berlusconi. Vladimir la votazione del parlamento italiano sulle Luxuria si è affrettata ad augurare figli trans unioni civili. Ed oggi mi trovo smarrito a e gay alla deputata di Fratelli d’Italia. Certo pensare, colto dai dubbi e ne ho tanti, che è con tono ed intonazione malevola ed una giusto riconoscere pari diritti a tutti i citta- cattiveria assolutamente ingiustificabile. dini che vogliono costruire un progetto di Sono convinto che, proprio l’ex deputata convivenza ma dall’altro diventa, ai miei di Rifondazione Comunista, al di là delle semplici occhi, assai difficile comprendere discriminazioni più o meno pesanti non avrà il diritto all’adozione del figlio del partner. vissuto con serenità intima il suo sentirsi Diventare genitori non è un diritto, il lavo- donna in un corpo da uomo. Ecco, auguro è un diritto, la libertà è un diritto, mesco- rare sofferenza ad una creatura che deve lare l’aspirazioni alla genitorialità, certamen- ancora nascere per combattere le idee di te complessa, con il diritto ad esserlo è un’al- una oppositrice politica non mi è sembrata tra cosa. Anche questo significa cercare di una bella trovata ed una pagina di cui andar modellare la natura ai nostri voleri. Ma nel fieri. mondo moderno il rispetto della natura non è un valore irrinunciabile? O ne parliamo IL FESTIVAL DI SANREMO. Ma è solo per le ricerche petrolifere nel nostro tutto il mondo della satira, della comicità mare? Mi spaventa l’affermazione del pen- che si è autocensurato. Con l’eccezione di siero unico, dell’impossibilità di affermare Crozza non si vede più in giro un comico, opinioni minoritarie che vengono bollate un attore che dica cose scomode contro il come oscurantiste e ridicole. Ecco non vor- potere. Il Festival di Sanremo ne è la prova rei mai che i miei figli crescessero in una tangibile. Sono lontani i tempi di Morandi società del pensiero unico mediatico. E’ che chiamava Luca e Paolo per sfottere tutti ancora possibile discutere in questa nostra ed in primis ovviamente lui, e chi sennò, il stanca democrazia o è meglio tacere per non cavaliere nero. Così in quest’Italia normadisturbare troppo i manovratori? E già che lizzata c’è poco da scherzare e da far ridere. ci siamo, se fosse capitato ad una rappre- Del resto la situazione del Paese non è delle sentate del centro sinistra di annunciare la migliori. Disoccupazione ancora alta nonopropria gravidanza e subire critiche ed of- stante la grancassa mediatica governativa, la fese pesanti cosa sarebbe successo? Imma- criminalità sempre più tracotante, l’immigino trasmissioni televisive, dibattiti e, ma- grazione che esaurita la fase emergenziale gari, un’inevitabile raccolta di firme illustri dovrà trovare sbocchi occupazionali o presunte tali. Tranquilli, non è successo introvabili, allo stato attuale, o diventerà, niente. La Littizzetto ha preso per i fondelli come sta già avvenendo, in parte manodo-


sione delle fermate dei bus di linea sono i risultati immediati. Non può bastare una biciclettata e la visita di qualche campione del presente o del passato a sistemare le cose e dare un po’ di entusiasmo momentaneo. Tutto passa e i problemi rimangono. Lo sistemiamo questo lungomare? So bene che il famoso geosito ha portato ad un rallentamento dei lavori e che tutt’ad un tratto politicanti in servizio permanente ed a giorni alterni si sono scoperti geologi e archeologi ma questo non basta a giustificare tutto. I fatti, signor sindaco, i fatti. Per il bene della nostra città qualche frase ad effetto in meno e qualche realizzazione in più avrebbe l’effetto dirompente di azzerare tutto il malcontento. Si sarà reso conto che gli annunci servono a poco. Oggi poi con l’opposizione di centro e centro sinistra che si compattano sarà più difficile ottenere lo stesso risultato ottenuto sull’onda dell’antipolitica e della novità. Il PD dialoga con tutti, si affacciano nuovi soggetti politici più minestrone riscaldato che altro, nuovi solo nel nome visti i soliti nomi, ed altri soggetti veramente nuovi frutto del periodico desiderio della società civile di impegno civico spesso però senza risultati elettorali soddisfacenti. E non finirà qui. Certo a parole e su quei social, che sono stati la sua fortuna e quella della sua lista, sono tutti bravissiA GIOVINAZZO SIAMO TUTTI GEOLOGI E ARCHE- mi a parlare ma mi permetta chi di social ferisce di social perisce. OLOGI. Troppi se, forse. Un po’ come il nostro sindaco. La Le elezioni si avvicinano inesorabili. Evviva. pista ciclabile sta producendo più problemi ai residenti ed alla circolazione che vantaggi effettivi. Incidenti stradali, e la sopprespera a basso per la criminalità o super sfruttata in nero da datori di lavoro senza scrupoli. Gli investimenti, sia delle imprese italiane che straniere, sono tutti bloccati da una burocrazia asfissiante, dalle tasse elevate, da norme obsolete e mille vincoli frapposti da autorità locali, regionali e chissà cos’altro. Tutte le regioni, con in testa la Puglia, si sono opposte al decreto che prevedeva la possibilità di avviare le perforazioni alla ricerca di petrolio nel mare nazionale. «Dobbiamo difendere l’integrità del nostro mare e del nostro ecosistema» - ha tuonato il nostro governatore. Stia tranquillo. Il prezzo del petrolio e le difficoltà burocratiche stanno facendo ritirare le aziende interessate. La politica italiana a tutti i livelli ha tratti di schizofrenia evidente. Comunque il nostro governatore ha ragione da vendere, avrebbe ancor più ragione se prendesse di petto il problema dei rifiuti, della situazione ambientale di tanti, troppi siti compromessi della nostra terra, se si attivasse seriamente per una politica agricola che accanto alla tutela valorizzasse veramente i nostri prodotti mettendo al riparo l’olivicoltura dal pericolo xilella, se la politica regionale facesse diventare il turismo la nostra industria, se, se , se.

alfiere@giovinazzo.it

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l’intervista DI

SERGIO PISANI

RUGGERO RUGGEROIANNONE: IANNONE

ODIO ET AMO NOME: Ruggero COGNOME: Iannone INCARICO ISTITUZIONALE: Consigliere Comunale «Dopo un percorso di rodaggio e di appoggio esterno alla maggioranza del Sindaco Depalma è giunto il momento di dare più concretezza, competenza ed ulteriore impulso a questa compagine amministrativa con il contributo politico e con una presenza in giunta in questa amministrazione». Sono tue parole. Come si tradurrà nei programmi questa alleanza? Come detto, nel dare impulso a questa compagine politica fatta di liste civiche. Contribuire, con la nostra esperienza, a portare a compimento non solo le opere già programmate (alcune delle quali in fase di definitiva realizzazione) ma anche altre, quali buona parte della pavimentazione del Centro Storico, Via Marina, Video sorveglianza in molte zone della città per un

maggior controllo ed una maggiore sicurezza per i nostri concittadini, nonché questioni non ancora completamente risolte in campo sportivo (gara per l’affidamento impianti sportivi) e patrimoniale. Hai ceduto alle lusinghe delle sirene della maggioranza tradendo i principi ispiratori del tuo percorso politico di storico uomo di destra? Non capisco la tua domanda. Entrare in una maggioranza fatta di liste civiche e quindi eterogenea, significa tradire i miei principi ispiratori di uomo politico di destra? Non vedo la dissonanza. Io ero, sono e sarò sempre uomo di destra. Non sto mica appoggiando una maggioranza di centro sinistra. I giovinazzesi ci hanno votato per cambiare Giovinazzo, consegnandoci il compito di creare discontinuità con una ultra ventennale politica di gestione comunale in mano alla sinistra. Che fine ha fatto lo Iannone «fustigatore presunto della corruzione di tutti i politici del mondo»? Se lo chiede soprat-

Prima Iannone e il sindaco Depalma si erano tanto amati (Depalma aveva la tessera di AN!), poi erano diventati due nemici innamorati per divergenze sulle tematiche soprattutto ambientali. Adesso bevono insieme il piccolo champagne. Sono i misteri della Politica? tutto il PD. Non mi piace affatto il termine che usi di “fustigatore presunto”. Intanto non sono un fustigatore e se lo fossi non potrei essere “presunto”. Ho cercato solo, in tempi non sospetti, di approcciare alla vita pubblica da un altro punto di vista, quello dei cittadini, e non quello delle mie tasche o interessi personali. I miei comportamenti sono sempre stati lineari e chiari, mai “presunti”. Ho sempre combattuto qualsiasi forma di corruzione e la mia storia politica, ultra ventennale, ne è la tangibile dimostrazione. Se poi la tua domanda insinuerebbe qualche riferimento all’attuale maggioranza, così come il PD locale o qualche altro politico avverso a questa compagine amministrativa fanno, beh allora ti rispondo che tutta l’Amministrazione nonché i consiglieri di maggioranza manifestano senso di responsabilità e voglia di fare senza anteporre interessi personali. Non direi la stessa cosa per chi ci ha amministrato nel decennio precedente a questa amministrazione. Esiste ancora un centro destra a Giovinazzo? Come ho già detto in tante altre occasioni, purtroppo no e me ne dolgo. Ora è solo rap-


presentato da Forza Italia. Mi auguro che da qui alle prossime amministrative si formino aggregazioni che insieme a noi possano contribuire alla riconferma di questa amministrazione. Con Forza Italia, camminerete insieme alla maggioranza guardando avanti e lontano. Ci fai una breve storia dei vostri punti di incontro? Ti ringrazio di questa domanda. Come ben sai la ragion d’essere di una forza politica è quella di crescere con il consenso elettorale per diventare maggioranza, per poter mettere in pratica le proprie idee e programmi. In ambito locale questo si traduce, come detto, non solo cercando di realizzare il nostro programma, ma anche continuando a dare discontinuità alla passata amministrazione Natalicchio, che ha avuto poche luci e molte ombre. Non c’è mai stata, nella storia politica amministrativa dal dopo guerra ad oggi, una vicenda giudiziaria così grave e pesante come quella della zona artigianale (così detta D1.1). Gli artefici ed i manovratori (ben pochi e ben individuabili) di questo aborto edificatorio, che lascerà il segno per parecchi anni a venire con conseguenti danni economici e sociali per la nostra collettività, devono essere cacciati dalla vita politica locale per evitare che continuino a fare altri danni. Questa maggioranza sta affrontando, con senso di responsabilità, non solo la citata questione ma anche altre rognose e difficili situazioni ereditate, come quella del Cimitero. Un altro aborto, realizzato dalla passata amministrazione, sia in termini di gara di affidamento che gestionale (ricordo ai lettori che la legge mortuaria vieta in maniera perentoria qualsiasi forma di lucro su attività e/o opere infrastrutturali nei cimiteri). Non si utilizza il Project Financing, come ha fatto l’Amm.ne Natalicchio, per procedere all’ampliamento del cimitero. E’ stato un gravissimo errore. E noi lo avevamo detto all’epoca, anche con manifestazioni e volantini. Da un progetto fatto dall’ufficio tecnico di allora, per l’ampliamento del Cimitero, che prevedeva un costo di euro 1.200.000si è passati con il Project Financing ad un costo complessi-

vo di euro 3.800.000 Odio et amo. Prima tu e il sindaco Depalma vi eravate tanto amati (Depalma aveva la tessera di AN, vero?), poi eravate diventati due nemici innamorati per divergenze sulle tematiche soprattutto ambientali. Adesso bevete insieme il piccolo champagne. Sono i misteri della Politica? Hai detto bene, eravamo e siamo amici da tanto tempo, ciò non vuol dire che non ci possiamo dividere su questioni importanti e delicate su cui poi si è trovato un punto d’incontro come la questione discarica, nella quale Depalma, dopo aver emesso la famosa ordinanza nr. 62 di novembre 2014 su suggerimento/imposizione dell’amministrazione regionale vendoliana, ha poi revocato la stessa a gennaio 2015 su indicazione dei consiglieri di maggioranza e di qualcuno che allora era all’opposizione, come il sottoscritto. Non abbiamo bevuto champagne ma abbiamo condiviso la scelta fatta. Molti invece hanno bevuto un bicchiere amaro. Se Pirandello fosse andato nella Homepage di facebook avrebbe avuto molto materiale a disposizione, oggi più di ieri, per parlare di maschere ed ipocrisie. Qual è la tua maschera? La maschera, come tu dici, presuppone che uno ci si nasconda dietro, io non mi sono mai nascosto dietro a qualcosa o qualcuno, ma ho messo sempre la mia faccia. Senza vergogna e senza timore alcuno. Non so quanti possano affermare lo stesso. Chi è il Pulcinella della Politica in paese? In tanti anni di vita politica locale e non, ne ho visti molti di personaggi qualificabili come “Pulcinella”, ma i nomi ovviamente non si fanno. Chi il Balanzone? Anche di “Dottor Balanzone” ne ho visti tanti. Del resto, da buon personaggio dotto e di cultura, non può che appartenere al Centro-Sinistra, i veri depositari della scienza e dell’intellighentia. Ultimamente, comunque, ce ne sono molti in giro. Quanto ha pagato Pantalone per il pro-

getto e le consulenze di re-style di Via Marina che non sarà mai fatto? Sempre su via Marina il sindaco è rimasto muto come un pesce. E non ha fiatato risposta a nessuno. Rispondi tu come alleato di maggioranza fugandoci i dubbi? La questione Via Marina è molto travagliata e rognosa. Il progetto iniziale, dell’amm.ne Natalicchio, con stanziamento di circa 200/ 250mila euro, prevedeva sia l’abbassamento del marciapiede antistante il porto e la creazione di gradinate, oltre ad una protezione fatta da parete continua, stravolgendo l’attuale situazione esistente. Poi ci sono state delle contestazioni al progetto originario portate avanti dalla Pro Loco e da cittadini comuni, tali da far rivedere la vicenda alla Sovrintendenza dei Beni Culturali di Taranto che ha predisposto un più approfondito esame, che ha portato alla sospensione della realizzazione del progetto. Ora a breve si procederà ad un intervento di manutenzione dello stato dei luoghi e messa in sicurezza delle balaustre protettive. Via Marina rimarrà com’è . Questo era uno dei nostri obiettivi, condiviso da moltissimi giovinazzesi, e sarà pertanto uno dei nostri impegni. Depalma è un sindaco libero? Certo che lo è. Chi detta dall’alto l’agenda del sindaco di Giovinazzo? Lui e la sua maggioranza, in passato c’era qualcuno che non appariva ma che dettava l’agenda, e i danni sono sotto gli occhi di tutti. Per le elezioni a sindaco del maggio 2017 cosa dobbiamo aspettarci nella composizione degli schieramenti? E’ difficile fin da ora prevedere come saranno gli schieramenti, ma ti assicuro che ci saranno alcune sorprese. C’è già qualche schieramento, che non sta nascendo in funzione propositiva, ma che sta coagulando forze eterogenee in funzione “anti-qualcuno”, pur di non far rivincere la coalizione che metterà in campo Depalma. Tra questi ci sono persone e liste che sinora erano in completa antitesi. Lì ci sarà da divertirsi.

SERGIO PISANI


echi

del

mese

PERCHE’ SANREMO E’ SANREMO Giovinazzo finisce al Dopofestival 12 FEBBRAIO E’ tutto vero! La nostra città viene nominata nell’ultima puntata del “Dopofestival” dal conduttore Nicola Savino nel mal riuscito tentativo di tradurre le avances dell’attore Rocco Papaleo nei confronti della modella e attrice rumena Madalina Ghenea (sul palco del Festival insieme al presentatore Carlo Conti). Da segnalare inoltre che Gli Stadio, gruppo vincitore di questa edizione, si esibirono in piazza Vittorio Emanuele alla Festa Patronale 2007.

da Anna Catino, di musiche composte dagli ebrei prima e duran-

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te la Shoah.

1-2 FEBBRAIO RIFLETTORI SUL MONDO BORGHESE Ribalta internazionale presso l’Istituto Vittorio Emanuele, grazie all’interessante convegno “Rappresentazioni letterali e teatrali del borghese” organizzato in collaborazione tra il Comune di Giovinazzo, l’Università degli Studi di Bari “A. Moro” e l’”Alliance Francaise Bari”. Relatori i professori Giuseppe Bonifacino e Pierre Frantz, mentre i lavori sono stati presieduti dal prof. Stefano Bronzini.

6 FEBBRAIO, IL BIS DELLA FANFARA Cambia la location (parrocchia San Domenico, anziché Palapansini), ma non il risultato: ancora grandi consensi per il concerto della Fanfara dell’Aereonautica Militare, tra opere liriche e colonne sonore di autori contemporanei. Siccome non c’è due senza tre, scommettiamo in un tris?

2 FEBBRAIO SHOAH TERZO ATTO Terzo appuntamento dedicato allo sterminio ebraico: “Le note della Shoah”, manifestazione organizzata dall’istituto comprensi- GIOVINAZZOLIVE.IT vo “San Giovanni BoscoBuonarroti” e dall’associazione “Tracce”. Protagonista Enrico Modigliani, di famiglia ebraica, che ha testimoniato la persecuzione avvenuta a Roma. In conclusione concerto degli alunni, diretto

10 FEBBRAIO, GIORNATA DEL RICORDO Dalla Shoa alle Foibe…sempre per non dimenticare. Presso la


Sala San Felice ha avuto infatti luogo la manifestazione “Storia e memoria come valori nella Giornata del Ricordo”, a cura dell’Amministrazione Comunale. Da segnalare la toccante testimonianza di Giuseppe Dicuonzo Sansa, esule istriano poi approdato in Puglia, e inoltre i brani musicali e la lettura di riflessioni da parte degli alunni della Scuola secondaria di Primo Grado “BavaroMarconi” e della Primaria “don Saverio Bavaro”.

Non appena avremo aggiornamenti, vi chiederemo la linea…

11 FEBBRAIO, UNA PICCOLA LOURDES Si rinnova la grande devozione dei giovinazzesi alla Madonna di Lourdes davanti alla grotta realizzata nella Parrocchia S. Agostino. Dopo la supplica di mezzogiorno, guidata quest’anno da mons. Felice di Molfetta (vescovo emerito di Cerignola e Ascoli Satriano), in serata si è svolta la tradizionale Processione Eucaristica per le vie del quartiere S. Agostino.

16 FEBBRAIO, BEATO NICOLA PAGLIA In principio era il lunedì della Madonna. Poi si è passati al giovedì della Festa, subito dopo il Gamberemo. Dall’anno scorso, invece, la processione del Beato Nicola Paglia si svolge proprio in occasione della Sua memoria liturgica. E infatti, al termine del Pontificale presieduto da mons. Felice di Molfetta nella parrocchia San Domenico, il busto del Beato Nicola è stato portato in processione nelle vie del centro storico per far ritorno in Cattedrale.

19 FEBBRAIO, TUTTI MATTI PER LA BARI Almeno nel sociale, il Bari è già di serie A… A conclusione del progetto “Matti per lo sport”, la società biancorossa ha infatti ospitato i ragazzi della “Cooperativa Anthropos BitontoGiovinazzo” e della “Gargano 2000” nello stadio San Nicola in occasione dell’anticipo di serie B contro il Latina. La gara è terminata zero a zero, ma sicuramente ha vinto lo sport!

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20 FEBBRAIO UN GIOVINAZZESE A MAMMA RAI Giovinazzo nuovamente protagonista sulla Rai. Stavolta non c’entra il “Dopofestival”, ma la trasmissione “L’eredità” alla quale ha infatti partecipato il giovane concittadino Gabriele Mastropasqua, studente e musicista.

28 FEBBRAIO HABEMUS VESCOVO A GIOVINAZZO

19 FEBBRAIO, LAVORI IN PIAZZA CAIROLI Piazza Cairoli, sede della redazione del nostro mensile, si rifà il look. Cominciano infatti i lavori di manutenzione straordinaria.

Ingresso nella nostra città del nuovo vescovo Domenico Cornacchia. A una settimana dal suo insediamento in diocesi, mons. Cornacchia ha infatti celebrato la sua prima messa nella Concattedrale. La cerimonia ha avuto inizio con l’”apertura” della porta di ingresso di via Marina, consacrata a porta Santa per il Giubileo straordinario della Misericordia.

GIANGAETANO TORTORA


PIU’ PREVENZIONE MENO REPRESSIONE Le multe. Sicuramente uno dei mercati che non conosce la crisi. Quest’anno il Comune di Giovinazzo ha incassato circa 450 mila euro rispetto alle 534 mila dell’anno precedente, esattamente 84 mila euro in meno grazie anche ad manifestazioni di prevenzione come il rafforzamento - voluto dal Comandante Mimmo Camporeale e dall’ass. al settore Salvatore Stallone - della presenza sulle strade locali, sia di giorno che di notte, dei soggetti abilitati a sanzionare e controllare nel prevenire gli incidenti. Non a caso secondo la statista inerente gli ultimi 3 anni, il numero di incidenti stradali è passato da 100 del 2013 a 81 del 2015. Restano tuttavia cifre da capogiro le violazioni al codice della strada, che ammontano a quasi 6.000 e poi alle immancabili infrazioni alle aree a pagamento nelle zone blu (3600). Perché si sa: più aree blu, più possibili multe, perché c’è sempre chi tarda o non paga la sosta. Sono diventate più frequenti le multe per chi sosta in aree a pagamento, in alcuni casi anche per colpa di malfunzionamenti dei parcometri, come lo sono i ricorsi che non sarebbero poi così facili da vincere. Sono però le infrazioni al codice della strada però a garantire alle casse municipali i più facili incassi, senza considerare che la cifra di 450.000 euro tiene conto delle multe incassate grazie anche allo sconto del 30% per chi paga entro cinque giorni così come voluto dal Ministro Lupi. C’è da dire che il Comune potrebbe incassare almeno il doppio se si includessero tutti coloro che non pagano le multe e che sto-

ricamente sono stimati a circa il 50% dei sanzionati. Si tratta di nullatenenti o di persone che si appigliano a qualsiasi cavillo, addirittura ricorrendo ad un avvocato, pur di non pagare e che non di rado la fanno franca perché in molti casi i comuni gettano la spugna: è verificato che dopo un tempo fisiologico essi smettano di cercare di riscuotere il credito.. GIOVANNI PARATO


L’ACCADEMIA DELLE BELLE ARTI NELL’ IVE? La proposta dell’Area Popolare - NCD di Giovinazzo

STATISTICHE Polizia Municipale ELEBORAZIONE grafica Giovanni Parato

L’Area Popolare - NCD di Giovinazzo, ad iniziativa di Pinuccio ILLUZZI, ha avuto l’idea, avendo saputo che l’Accademia della Belle Arti di Bari sta cercando una nuova sede, di individuare nella struttura dell’Istituto Vittorio Emanuele II di Giovinazzo. Essendo questo immobile inutilizzato nella gran parte da decenni e consci dello sviluppo-economico sociale che un simile insediamento potrebbe rappresentare per Giovinazzo, nonché convinti che la nostra idea-azione possa diventare concreta e reale se non attraverso l’interessamento delle Istituzioni ai vari livelli, l’ Area Popolare- NCD di Giovinazzo intende prossimamente indire una tavola rotonda alla quale invitare i rappresentanti dell’Amministrazione comunale locale, della Città Metropolitana, della Regione Puglia e precisamente il Consigliere Regionale Alfonso PISICCHIO nella cui persona si racchiude anche la veste di docente dell’Accademia delle Belle Arti. Si auspica che l’opportunità di avere a Giovinazzo una cosi alta Istituzione scolastica trovi ampio consenso nelle sopracitate autorità attraverso una fattiva disponibilità e impegno per la realizzazione di un simile progetto. Area Popolare - Nuovo Centro Destra di Giovinazzo Il Coordinatore locale Antonio Galizia


l’ angolo

del

lettore

IL VERNACOLO DI MIMMO TRIDENTE «Con il teatro dialettale si affrontano tematiche popolari come il fidanzamento, il matrimonio, l’eredità, i contrasti familiari, ecc., e che vedono come protagonisti uomini e donne della vita quotidiana» «La scelta del vernacolo è legata alla convinzione che questa lingua non vada dimenticata soprattutto dai giovani perché racchiude un mondo di tradizioni e un patrimonio culturale destinati a cadere nell’oblio» IL TEATRO DIALETTALE GIOVINAZZESE Teatro dialettale a Giovinazzo fa rima con Mimmo Tridente, appassionato e brillante autore di testi di commedie, attore nelle stesse, regista e scenografo. Pensionato, già dipendente delle Ferrovie dello Stato, coltiva anche altre passioni: l’araldica (ha rappresentato l’albero genealogico di alcune nobili famiglie giovinazzesi), la calligrafia (tante pergamene importanti donate in questi anni o incastonate in altari portano la sua grafia), la partecipazione come comparsa in noti film girati in Puglia (Volare, Controra, Un pesce di nome Pio) e pure il gusto per il lavoro contadino. Gli chiediamo come è nata la passione per il teatro in vernacolo. «Le prime esperienze di attore in erba sono state, come accade per molti, in


ambito parrocchiale su un palco improvvisato fatto di tubi ‘innocenti’ e tavole nella sala del palazzo vescovile dedicata a Pier Giorgio Frassati. Con gli amici di Azione Cattolica davamo vita a rappresentazioni di scenette esilaranti che lasciavano molto spazio all’improvvisazione. Siamo negli anni Settanta, quando il compianto allora arciprete don Nicola Melone era parroco della cattedrale e don Benedetto Fiorentino era un giovane vice parroco. Nel tempo ho iniziato a maturare la passione per il teatro in vernacolo e mi sono cimentato nella stesura di testi che affrontano tematiche popolari come il fidanzamento, il matrimonio, l’eredità, i contrasti familiari, ecc., e che vedono come protagonisti uomini e donne della vita quotidiana». Come si è evoluta poi questa esperienza nata in modo così spontaneo? «L’esigenza di aggregazione e di condivisione mi ha portato a fare una scelta importante. Risale al 1997 la nascita del gruppo teatrale U’ Sciarabbàlle, gruppo amatoriale formato ancora oggi da un nucleo iniziale a cui man mano si sono aggregati nuovi componenti. Attualmente il gruppo conta 18 elementi, in gran parte aderenti all’Azione Cattolica della concattedrale. Fino ad oggi ho scritto 25 commedie ponendo sempre molta cura nella stesura delle storie, con una attenzione particolare per la lingua popolare ricca di calore e di colore, grazie alla consultazione dei dizionari dei nostri concittadini in particolare del prezioso libro Meste Nicole iàive

vècchie e se m’baraive angòre della prof.ssa Adelaide Armato De Martini». Oltre ai libri ci sono altri “spunti” per le storie rappresentate? «Avendo una buona memoria quasi fotografica porto in scena i ricordi della mia infanzia imbastendo storie brillanti in cui c’è spazio per l’ironia, la comicità e con un contenuto che sfocia sempre in una grande morale». IL DIALETTO OGGI Mimmo ha anche le idee chiare sulla funzione odierna del dialetto. «La scelta del vernacolo è legata alla convinzione che questa lingua non vada dimenticata soprattutto dai giovani perché racchiude un mondo di tradizioni e un patrimonio culturale destinati a cadere nell’oblio». Mimmo è convinto che il dialetto ha sempre qualcosa da insegnare, è una tradizione che merita di essere promossa e valorizzata anche dai giovani. Tra i suoi attori c’è un anziano di 84 anni e due bambine di 6 e 8 anni. A riprova della consonanza che il dialetto e la recitazione suscitano interesse e creano amicizia indipendentemente dall’età. E’ molto legato alla sua compagnia ed è consapevole di doverle molto. «Ringrazio i miei collaboratori e in particolare gli amici del gruppo teatrale che in tutti questi 19 anni mi hanno sopportato e hanno dato vita ai personaggi delle mie commedie. Un pensiero affettuoso va a chi non c’è

più: Gina Cirillo, Pia Spadavecchia e Antonio Padiglione che continuano nell’invisibile ad essere presenti». IL FUTURO Tanti i progetti e le idee che la mente di Mimmo Tridente partorisce. Del resto ha una miniera di aneddoti da mettere in scena. «Al momento stiamo completando le repliche dello spettacolo Nu spavinde véle pe cinde, sui sette vizi capitali, che stiamo rappresentando all’Istituto San Giuseppe. E’ giunta tante gente anche da paesi vicini e hanno molto apprezzato lo spettacolo. Nel futuro prevedo di continuare a rappresentare storie nuove. Finché ci sono storie da rappresentare, insieme all’entusiasmo degli attori e al consenso del pubblico, continuerò su questa strada» E’ da precisare che la compagnia si distingue per lo spirito di volontariato e l’intento di fare beneficenza. Anche per questo, oltre che per la capacità di aggregazione, di valorizzazione della lingua degli avi, per gli spaccati di vita rappresentati, per la morale positiva, per l’irresistibile comicità, auguriamo che la compagnia U’ Sciarabbàlle continui ad essere punto di riferimento per il teatro locale, di aggregazione per tanti, di sano divertimento e di allegria per tutti.

AGOSTINO PICICCO







GIOVINAZZO, LA STORIA NEGATA UN

LIBRO PARLA DELLA NOSTRA GRANDEZZA PERDUTA

Quattromila e più anni di storia condensati in un illustratissimo volumetto, quasi un bignami su Netium –Natiolum -Juvenatium Giovinazzo, è questo in poche parole il libro I Peuceti in Terra di Bari presentato a fine gennaio all’Hotel S.Martin, nel cuore del borgo antico. Un prezioso contributo alla cultura con cui l’autore, l’architetto Nicola Dolciamore, ha inteso pure salutare le sue settanta primavere di una vita piena come poche, sebbene contrassegnata principalmente dalla sua attività di noto professionista del restauro e dalla sua ricerca appassionata di storico. Un unicum che spiega non solo il perché del recupero di quella straordinaria cattedrale nel deserto che rischia di divenire il suo albergo - museo per colpe non certo sue, ma anche l’impegno con cui cerca di promuovere la conoscenza dell’incredibile patrimonio artistico e culturale di Giovinazzo, peraltro pressoché ignorato dalla maggior parte dei suoi cittadini. Ma probabilmente finanche dalla politica locale, tranne pensare che essa agisca con una presunzione o con un cinismo tali da ritenere di non dover prendere neppure in minima considerazione eventuali alternative ai propri progetti; ipotesi forse da non escludere necessariamente a priori, visti gli interessi anche molto concreti che ruotano intorno alla gestione di un comune che, per quanto piccolo, occupa una posizione strategica nell’area metropolitana di Bari e dunque -lo stiamo vedendo -in grado di accedere facilmente a cospicui fondi, compresi quelli europei. Comunque stiano le cose, non troverebbero granché plausibili giustificazioni né la decisione, nel passato, di accettare la fabbrica di veleni di una discarica laddove poteva invece nascere un sito storico naturalistico di rilevanza internazionale, né, nel presente, la scelta di continuare ostinatamente a puntare su un’immagine di città eco -smart (con tanto di pista ciclabile pericolosissima fuori porta e forse addirittura nociva all’economia turistica) anziché pensare ad un immediato rilancio come Città d’Arte. Magari cominciando almeno a chiedere, invece di pensare ad effimeri e costosi spot che poi lascerebbero il tempo che trovano,

l’inserimento di Giovinazzo, al pari di Conversano, Gravina e Rutigliano , nell’albo delle città artistiche pugliesi. Cosa sicuramente molto più utile, questa, per fare turismo tutto l’anno e non certo difficile adesso, dopo l’exploit di ben due nostre importanti opere in mostra ad EXPO 2015. Un’occasione regalata davvero su un piatto d’argento, quella di Expo, ma non sfruttata per niente, speriamo non avvenga così anche con Matera Città Europea della Cultura 2019 il prossimo grande treno che, diciamolo subito, rischiamo sin da ora di perdere se non tiriamo fuori qualche idea credibile che ci agganci all’evento o a quei territori. D’altronde è inutile illudersi che arriveranno fin qui i turisti che, diretti da Nord alla Città dei Sassi, viaggeranno sulle principali arterie viarie di comunicazione nazionale:infatti una variante di pochi chilometri che sfiora Minervino (nome del progetto Dall’Adriatico allo Jonio passando da Matera) permetterà un rapido collegamento da Canosa a Matera e a Taranto attraverso superstrade a 4 corsie immerse nella Murgia. Un itinerario suggestivo che sarà in grado di ridisegnare anche il destino turistico di tutti i comuni lambiti, ricchi di misconosciute bellezze e già in movimento per realizzare una serie di manifestazioni che li rilancino attraverso un marketing integrato di territorio sull’intero asse. Puntando in particolar modo su quella cultura e sull’arte - non dimentichiamolo - che fanno dell’Italia il paese più bello del mondo, ma che probabilmente sono ritenute meno importanti di altre forme di promozione da chi ci amministra qui. Una realtà negata forse meglio che dimenticata come invece recita il sottotitolo di questa opera di Dolciamore è comunque una Giovinazzo grande protagonista dei millenni andati, quella che emerge dalle pagine del libro. E con tracce evi-

denti del suo passato che «permettono comunque di effettuare un’operazione di ricucitura della vicenda storica ed umana» della nostra città, riempiendo i tanti vuoti lasciati dall’assenza di altri documenti o fonti. Cosa possibile solo leggendo ed interpretando - e qui unicuique suum stiamo nel mestiere dell’autore - strutture e reperti che diventano così veri e propri documenti di pietra, tessere di quel mosaico,ancora incompleto ma ricco come pochi, che è la nostra storia. Una ricostruzione affrontata in modo originale e diverso, attraverso un sguardo d’insieme degli avvenimenti dell’intera regione e secondo un percorso narrativo che si snocciola lungo le strade perse di un tempo remoto; l’unico modo per poter spiegare plausibilmente il come ed il perché proprio qui si sia concentrata una tale ricchezza di testimonianze e personaggi famosi da fare, della nostra, una realtà di primissimo piano tra le antiche città pugliesi, ivi compresa la stessa Bari. Dai dolmen forse più grandi d’Europa, all’importanza nel periodo paleocristiano fino a giungere ad un medioevo che vanta la presenza di figure come Costanza di Francia o di Guglielmo di Alnwick, da questo lavoro di Dolciamore esce pertanto un ritratto di una Giovinazzo assolutamente perfetta come meta di turismo storico; il che mostra, se vogliamo, tutti i limiti della visione di quanti, mettendone in secondo piano vocazione e rango, stanno invece trasformando questa principessa del passato più che altro in una moderna cenerentola in bicicletta non si capisce bene al servizio di chi ed in nome di quale utilità. Tornando alla cronaca, a spiegare questo interessantissimo libro, totalmente autoprodotto, nella splendida sala convegni dell’albergo c’erano, insieme all’autore, anche il prof. Franco Martini ed il prof. Vincenzo Robles, il quale ha però dovuto sacrificare il suo atteso intervento perché l’interesse per gli argomenti ha così preso la mano un po’ a tutti che, alla fine, si è sforato oltre ogni limite il tempo a disposizione. Da registrare la presenza del sindaco Tommaso Depalma che, con una brevissima incursione, ha comunque voluto portare il saluto delle istituzioni, peraltro totalmente assenti dalla prima fila a loro riservata. La cultura testimone scomoda della coscienza, o che? ENRICO TEDESCHI HA COLLABORATO A. TOMARCHIO



illis illis

temporibus temporibus

LE RAGAZZE DEL PANTALONIFICIO DIAMANTE Gli anni ’70, un decennio in cui tutto era possibile, anche in ter mini di stile: dalle camicie a fiori alle minigonne ed i jeans a zampa di elefante, dai colori acidi alle stampe psichedeliche, dalle zeppe vertiginose ai sandali rasoterra. E fu proprio in quegli anni che vi furono i primi approcci delle attività produttive a Giovinazzo attraverso la diffusione di alcune botteghe artigiane. Particolarmente in voga erano pantalonifici, come nel caso di Diamante nella foto e laboratori di tomaie per la produzione di scarpe e pellami. Le giovani ragazze giovinazzesi erano impiegate proprio qui, come si può notare nella foto vintage, contribuendo sicuramente

TESTO E FOTO GIOVANN PARATO

a diffondere quella nuova cultura dell’abito, ispirata all’activewer, tendenza chiaramente americana. Cosi vestivano gli «abiti da operaio», confermando un abbigliamento più pratico e utilitario, piacevolmente unito ad uno stile più minimal e meno sciupato da un lato, ed estremamente femminile con abiti e gonne rigorosamente mini, quasi in stile tenniste accessoriate con tanto di headbands dall’altro. Uno stile sopravvissuto fino a tutto il decennio successivo, prima dello show off e dell’ossessione per la firma, ma giunto fino ad oggi.


storia DI

DIEGO

nostra DE

CEGLIA

OGGI DOMENICO CORNACCHIA E DAL 1776 AL 1810 MICHELE CONTINISI

ALTAMURANI VESCOVI DI GIOVINAZZO Sabato 20 febbraio u.s., con la cerimonia officiata nella Cattedrale di Molfetta, mons. Domenico Cornacchia ha preso ufficialmente possesso della Cattedra Vescovile di Molfetta-RuvoGiovinazzo-Terlizzi. Giunto nello slargo antistante la Cattedrale, dopo essersi inchinato a baciare la terra, mons. Cornacchia ha ricevuto il saluto delle Autorià civili e militari, quindi si è formato il corteo processionale; giunto questo sul sagrato della Cattedrale, il Vescovo ha baciato gli stipiti della porta, “santa” in quest’anno giubilare della misericordia, ed il Crocifisso che gli ha porto l’Arcidiacono, quindi nell’entrare in chiesa il Vescovo ha asperso i numerosi fedeli che la gremivano. Giunto il Vescovo sull’altare, il Cancelliere Vescovile ha dato lettura della Bolla di nomina, terminata la quale il Vescovo è formalmente salito sulla cattedra a lato destro dell’altare ed è regolarmente proseguita la solenne celebrazione eucaristica, al termine della quale è stato letto e sottoscritto l’atto formale di detta cerimonia. Essendo il cerimoniale è più o meno lo stesso utilizzato in tempi passati, in omaggio al nostro novello Pastore, dopo alcune brevi note introduttive, facciamo edizione della trascrizione integrale dell’atto della presa di possesso di uno dei suoi predecessori, mons. Giuseppe Orlandi vescovo di Giovinazzo e Terlizzi dal 1752 al 1776; l’atto fu rogato in latino, lingua ufficiale della Chiesa pertanto, per tutti i nostri lettori, corrediamo l’articolo con una sua sintesi in italiano. L’ANTICO RITO DELLA PRESA DI POSSESSO DELLA SEDE VESCOVILE La cerimonia della presa di possesso dei Vescovi è una di quelle che contraddistingue le chiese cristiane che accettano così la successione dell’apostolo di Cristo. Durante questo rito il nuovo Vescovo prende fisicamente possesso della Cattedra della propria Diocesi. La cerimonia ha origini antichissime e particolare importanza ha l’insediamento del Vescovo di Roma, il Papa, nella sua sede Episcopale. Per secoli, una delle principali caratteristiche che arricchivano il rito liturgico della presa di possesso del Laterano, era la solenne cavalcata papale con la quale il Pontefice, partendo dai Sacri Palazzi del Vaticano o del Quirinale, attraversando in processione tutto il centro di Roma, raggiungeva l’Arcibasilica Cattedrale del Laterano a cavallo di una mula bianca. La cavalcata venne in seguito sostituita dall’uso della lettiga o della carrozza, e attualmente il Papa compie il percorso in automobile, naturalmente bianca. Senza entrare nel dettaglio della storia della Diocesi di Giovinazzo, annotiamo soltanto che dalle sue origini fino agli inizi dell’Ottocento, quando Giovinazzo aveva un proprio Vescovo ivi residente, la cerimonia si compiva nella nostra Cattedrale. Dal 1838 fino al 1982 quando le tre Diocesi di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi furono unite aeque principaliter in persona episcopi,

la cerimonia dell’insediamento si ripeteva in ciascuna delle Cattedrali di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi ma dopo il 1987, quando le Diocesi sono state unificate, il rito è celebrato solo nella Cattedrale di Molfetta, mentre nelle Concattedrali delle altre tre città il nuovo Vescovo celebra solo l’Eucaristia senza il rituale previsto nella cerimonia della presa di possesso. Sul numero del settimanale diocesano Luce e Vita del 17 gennaio u.s. sono riportati il saluto del nuovo Vescovo mons. Domenico Cornacchia ai suoi fedeli, nonché suoi brevi tratti biografici con l’illustrazione del suo blasone e del suo motto “Servire Domino in laetitia”, sentimento che animerà tutto il suo programma pastorale. Mons. Domenico Cornacchia è nativo di Altamura, ed è, per Giovinazzo e Terlizzi, il secondo Vescovo proveniente da quella città. L’ALTAMURANO MONS. MICHELE CONTINISI Dal 1776 al 1810 infatti le due città-diocesi furono sotto la guida dell’altamurano Michele Continisi. Nato ad Altamura il 4 giugno 1722, fu ordinato sacerdote il 17 dicembre del 1746, studiò teologia a Napoli dove divenne anche membro dell’Arcadia Reale. Il suo nome come Vescovo di Giovinazzo fu fatto dalla Corte di Napoli il 9 novembre 1776 (a sette mesi dalla scomparsa del suo predecessore), la sua elezione da parte di papa Pio VI avvenne il 16 dicembre dello stesso anno e dopo una settimana in Roma ricevè la consacrazione episcopale per le mani del Penitenziere Apostolico lo spagnolo cardinale Francesco Saverio de Zelada (Hierarchia Catholica, VI, p. 247).


A causa della scomparsa dall’Archivio Diocesano di Giovinazzo della contabilità e delle delibere capitolari del 1776-1777, finora nessuna altra fonte ci ha rivelato precisamente in che data si portò in Giovinazzo e prese possesso della cattedra. Mons. Continisi fu «uno degli uomini più dotti della nostra provincia nel secolo scorso» come scriveva il nostro storico Giuseppe De Ninno nella biografia edita in Rassegna Pugliese di scienze, lettere ed arti (a. XVII, n. 3-4, marzo aprile 1900), dove viene peraltro evidenziato che quel Vescovo aveva retto Giovinazzo e Terlizzi in un periodo difficile: quello del decennio militare francese. Nei Notamenti patrii di Vincenzo de Ninno (editi in allegato al numero di questa testata nell’agosto 2009) si legge infatti alla data del 25 maggio 1796: «Questa mattina si è messa sottosopra questa città di Giovinazzo per essere usciti i preti a predicare per le strade della città, eccitando tutti, anche gli ammogliati, a prendere le armi contro i Francesi: il tutto in vigore di real Dispaccio». Il giorno successivo, 26 maggio 1796, è poi riportato: «Questa mattina nella processione del Corpus Domini il Vescovo don Michele Continisio ha predicato nella Piazza, esortando a pigliare le armi contro i Francesi, senza nominarli, ma in generale chiamandoli nostri nemici». Nonostante le difficoltà del momento storico, il Continisi seppe con prudenza reggere le due Diocesi: nel 1778 seppe sventare torbidi intrighi che stavano per condizionare le elezioni dei mansionari del Capitolo Cattedrale di Giovinazzo, e fu mediatore accorto tra i politici giovinazzesi ed i francesi quando questi ultimi tornarono nel Regno di Napoli. Il suo motto fu “Il popolo quanto più si istruisce, tanto meno delinque”, egli infatti combattè sempre l’ignoranza: dalla cattedra nelle scuole, e dal pulpito in occasione delle funzioni liturgiche e della catechesi domenicale; fu anche caritatevole come si legge a p. 139 delle Istorie del Marziani: «sovvenne gli indigenti, tenendoli spesso anche a sua mensa; spogliando se stesso di ogni cosa, ne vestiva altri». Altre virtù di questo nostro Vescovo furono esaltate, in occasione del suo funerale in due opere del canonico don Giuseppe Sagarriga, la prima composta in lingua latina ed edita: Oratio biduo concepta et abita in ecclesia maiori Juvenacen, quinto idus maii an. MDCCCX a Josepho Sagariga diacono in funere ill.mi et rev.mi Episcopi Iuvenacensis et Terlitiensis d. Michaelis Continisii, regalis ordinis utriusque Siciliae equitis e l’altra: Il trofeo dell’ill.mo e rev.mo d.. Michele Continisi Vescovo di Giovinazzo e Terlizzi, su le passioni il tempo la morte e l’oblio. Sonetto estemporaneo allusivo all’orazione funebre in lode del medesimo (ms. in BNBa, fondo De Ninno, vol. 33, f. 8-9). Del vescovo Michele Continisi, noto giurista e letterato, oltre a componimenti in greco e latino e a molte dissertazioni sacre e profane, furono pubblicate allegazioni e composizioni di alcune delle quali riportiamo i titoli: Per la città di Altamura; Lodi funebri di mons. Marcello Papiniano Cusani Arcivescovo di Palermo;Iscrizione lapidaria in onore del Pontefice PioVI; Per l’Università e povere donzelle periclitanti della terra di Putignano contro il reverendo capitolo di S. Pietro di detta terra; Per l’illustre conte Filo barone di Torre S. Susanna contra l’Università di detta terra; Per il Convento dei rr. Pp. Predicatori della terra di Putignano contro il dottor d. Ambrogio Carusio; Componimenti in morte di d. Pietro Filo. Relativamente al suo operato pastorale poi si conservano gli atti della Visita pastorale dai lui compiuta nel 1781; quelli del Sinodo diocesano celebrato nel 1783, nonché i Bollari dei suoi atti; come sopra ricordato nulla è sinora emerso circa la cerimonia del suo insediamento. Oltre alle origini altamurane, come mons. Cornacchia, anche mons. Continisi era stato preceduto da un salentino originario di Tricase: mons. Giuseppe Orlandi (1752-1776). Di quest’altro nostro Vescovo è stata rinvenuta nell’Archivio di Stato di Bari, nell’unico protocollo del notaio apostolico don Giuseppe de Cordova, la cronaca della sua “formale” ma, non personale, presa di possesso. A rappresentarlo in Cattedrale, per la cerimonia, il 30 maggio 1752 si presentò munito di debita procu-

ra notarile, il sacerdote don Giovanni Domenico Gramegna dottore in diritto civile e canonico, già Arcidiacono della Cattedrale di Giovinazzo e Vicario capitolare. Doveva trattarsi di una procura per accelerare i tempi del “formale” insediamento, infatti era stata ormai superata con la riforma del Concilio di Trento l’usanza medievale degli ecclesiastici eletti al vescovato di fregiarsi di questo titolo senza mai portarsi a risiedere nella propria Diocesi, oltretutto dalle note di spese del Capitolo Cattedrale di Giovinazzo (ADG, Conti Capitolari 1752-1753) è possibile rilevare come mons. Orlandi si portò personalmente in Giovinazzo il 25 luglio del 1752 ove risiedè stabilmente fino al 15 aprile 1776, quando deceduto fu tumulato in Cattedrale. Due giorni dopo il suo decesso furono apposti i sigilli alle porte e finestre del palazzo vescovile, che quando sono aperte indicano la corporale presenza del Vescovo; i suggelli infatti vegono rimossi all’atto dell’insediamento del successore. Anche per l’apposizione dei suggelli al palazzo vescovile di Giovinazzo, fatta dopo la morte di mons. Orlandi, fu redatto formale atto notarile nel quale si legge: «come per la seguita morte del detto fu Vescovo Orlandi tutto il palazzo vescovile fu serrato e sigillata la porta che dà l’ingresso alle camere del medesimo e comechè alcuni mobili ed argenteria che sono racchiusi in esse camere devono servire per gli funerali di esso fu Vescovo Orlandi quali si devono fare dall’ill.mo Vescovo di Molfetta [Gennaro Antonucci] sono nella necessità di dissigillare ed aprire detta porta ... ed estratti detti mobili ed argenteria [messale, calice, etc. di cui vi è allegato elenco] subbito ed immediatamente si è dai medesimi sigg. Deputati Capitolari avanti di noi notaio fatta serrare e siggillare di nuovo la suddetta porta col sigillo di questo rev.mo Capitolo nella medesima maniera come stava prima chiusa e sigillata» (ASBa, piazza di Giovinazzo, sk. 27 not. V. D. Garofalo, vol. 480, f. 80-81, atto del 17 aprile 1776). LA PRESA DI POSSESSO DI MONS. ORLANDI DELLA SEDE VESCOVILE DI GIOVINAZZO “Il giorno 30 maggio 1752 alle ore 15 nella Cattedrale di Giovinazzo,


dove, come è consuetudine, al suono delle campane si sono portati e radunati: le dignità ed i canonici del Capitolo Cattedrale vestiti con le insegne canonicali; tutti gli altri sacerdoti e chierici vestiti con la cotta, nonché tutti i regolari dei quattro conventi presenti in città ovvero Frati Minori, Agostiniani, Cappuccini e Domenicani; il Governatore della città, i Sindaci dei Nobili e del Popolo ed altri nobili ed onesti uomini che insieme ad una moltitudine di popolo, hanno gremito la chiesa, dinanzi a me Giuseppe de Cordova notaio apostolico, ed alla presenza degli infrascritti testimonii, si è personalmente costituito il sacerdote don Giovanni Domenico Gramegna dottore in diritto civile e canonico, Arcidiacono della Cattedrale di Giovinazzo e Vicario capitolare, il quale ha consegnato nelle mani di me Notaio Apostolico il mandato di procura fatto alla sua persona dal reverendissimo ed illustrissimo don Giuseppe Orlandi già abate Benedettino della Congregazione dei Celestini, per grazia di Dio evolontà della Sede Apostolica nuovo Vescovo di Giovinazzo e Terlizzi, giusta bolla di nomina di nomina avuta da sua Santità il Papa in data 24 aprile 1752, ed al presente residente in Napoli, ha consegnato a me Notaio Apostolico detti atti al fine di darne la debita esecuzione. Quindi il Procuratore vestito di piviale, insieme al diacono e suddiacono ed alle Dignità vestite con le insegne canonicali si sono portati nel coro della detta Cattedrale, e lì io in qualità di Notaio Apostolico ho dato pubblica lettura dei predetti atti parola per parola con voce forte e chiara, ed al fine di dare esecuzione a quanto disposto dai detti atti, l’Arciprete insieme ai due Primicerii ed ai canonici presenti hanno accompagnato il detto Procuratore del nuovo Vescovo dinanzi all’altare del Santissimo, e di li si sono portati dinanzi all’altare maggiore, dove inginocchiatisi hanno pregato; dopo avere recitato una breve orazione lo stesso reverendo Procuratore è salito allo stesso altare, e lo ha baciato, prima al centro, poi a destra poi a sinistra; di là è poi andato alla cattedra vescovile debitamente predispsota, dove si è seduto ed ha prestato giuramento di osservare di osservare i privilegii, le costituzioni, le immunità e secondo le antiche consuetudini della Chiesa e dell’Episcopato ha ricevuto dalle mani del canonico cerimonire, riposte in un vaso d’argento, le chiavi della Cattedrale e del palazzo vescovile; poi alzatosi insieme al Capitolo ha fatto un giro nella chiesa aprendo e chiudendo le porte di quella, quindi insieme a me notaio ed ai testimoni si è portato ad aprire e chiudere le porte e le finestre del palazzo vescovile, segni tangibili della presa di possesso di un Vescovo, ed io notaio visti i detti atti formali l’ho posto ed immesso pacificamnete e senza nessuna contraddizione nel possesso della Diocesi e della mensa Vescovile, senza che alcuno dei presenti avesse avuto nulla da eccepire. Dopo di che insieme a tutto il popolo presente, in segno di lode e ringraziamento a Dio, è stato intonato il canto del Te Deum accompagnato dal suono dell’organo e di altri strumenti musicali, mentre suonavano a festa tutte le campane delle chie-

se di Giovinazzo, compresa quella delle monache e venivano fatti esplodre dei colpi a salve. E così è stato fatto. Il Procuratore ha qundi protestato affinchè nel presente atto sia annotato che lui stesso, a nome del Vescovo ha dichiarato che questa presa di possesso è avvenuta pacificamente, e che tale possesso intende mantenere e mai lasciare. E così adempiuta ogni formalità, il detto Procuratore mi ha pregato come notaio di stilare il presente atto”.

ARCHIVIO DI STATO BARI, PIAZZA DI GIOVINAZZO, SK. 26 NOT. GIUSEPPE DE CORDOVA, VOL. 447, F. 17-19 «In nomine Domini amen. Die trigesima mensis maii anno millesimo septingentesimo quinquagesimo secundo, hora decimaquinta, in civitate Iuvenatii et intus ecclesiam Cathedralem, in qua ad sonum campanarum, ut moris est, adherant capitulariter congregati admodum reverendissimae dignitates et canonici eiusdem ecclesiae canonicalibus insignis ornati, facientes et representantes Capitulum in numero oportuno pro maiori et seniori parte pro subscriptis negotiis peragendis ac omnes fere sacerdotes et clerici de clero ecclesie predicte cottis induti, nec non omnes regulares civitatis predicte nempe fratres Conventus S. Francisci Ordinis Minorum Conventualium, fratres Conventus S. Augustini Ordinis Eremitarum, fratres Conventus S. Francisci Capucinorum et fratres Conventus S. Dominici Ordinis Predicatorum, nec non Ducalis Gubernator dicte civitatis, Sindicos nobilium, et ex parte populi eiusdem civitatis aliosque viri nobiles et honesti reliquorum ipsius ecclesie corpus plenum erat cetum nobilium et populi multitudine et frequentia in mei notarii apostolica authoritate et testium subscriptorum presentia, presens et personaliter constitutus rev. dominus d. Ioannis Dominicus de Graminea U.I.D. Archidiaconus Cathedralis ecclesie Iuvenacen et Vicarius Capitularis, qui habens pro manibus procurationis mandatum in sui persona factum pro subscriptis negotiis peragendis et rogatum manu magnifici Ianuarii Pisaconi de Neapoli regia et apostolica auctoritate notarii sub die 27 mensis maii 1752, cui per illustrissimum et reverendissimum dominum d. Iosephum Orlandi ex abbate Congregationis Coelestinorum Ordinis Sancti Benedicti, Dei et Apostolicae Sedis gratia modernum Episcopum Iuvenacen et Terlitien ad presens Neapoli commorantem cum specifica et speciali facultate capiendi realem et actualem, veram et corporalem possessionem Episcopatus predicti eiusque Mensae Episcopalis, illius annexorum iurium, membrorum, pertinentiarum, emolumentorum, illamque capta et adepta continuanda et retinenda nomine predicti illustrissimi et reverendissimi domini Episcopi ac etiam transumpti autentici litterarum apostolicarum provisionis episcopatus predicti expeditarum in persona supradicti illustrissimi et reverendissimi d. Iosephi Orlandi octavo kalendas maii currentis anni 1752, sub pontificatu supradicti illustrissimi domini nostri Papae una cum regio exequatur quibusque quasquidem scripturas idem supradictus reverendus Procurator tradidit mihi puplici officii debite executionem demandare debuissem. Post quam antem idem reverendus Procurator pluviali indutus una cum diacono et subdiacono ac dignitatibus et canonicis paratis accesserint ad chorum huius Cathedralis Ecclesiae, ego idem notarius scripturas predictas accepi et intus chorum legi et publicavi alta et intelligibili voce de verbo ad verbum uti iacent et deinde pro earum executione iam dictas reverendas dignitates et canonicos supradictae ecclesiae ut supra capitulariter, et in unum congregatos, et


intus dictum chorum existentes requisivi pro dictarum litterarum apostolicarum executione et tunc reverendus Archipresbiter nec non Primicerii et canonici constituentes totum corpus capitulare medium inter sese accipientes dictum reverendum archidiaconum ut supra Procuratorem et associantes duxerunt ante altare Sanctissimi Sacramenti et postea ante altare maius antequod genuflexi oraverunt, et post breve oratione, idem reverendissimus Procurator ascendens deosculatus est idem altare in medio in cornu evangelii et in cornu epistolae et deinde in sedem episcopalem paratam, idem Procurator ductus, et in ea sedens postquam praestiterit iuramentum de servandis privilegiis, constitutionibus, immunitatibus, et antiquis consuetudinibus Ecclesiae et Episcopatus praedicti recepit in vaso argenteo claves dictae Ecclesiae, et Palatii sibi oblatas per reverendissimum canonicum magistrum ceremonialium, et surgens associatus una cum toto Capitulo et clero per enunciatam ecclesiam Cathedralem deambulavit eiusque ianuas claudit, et aperuit, et Episcopalem Palatium una mecum notario et testibus ascendens similiter per illud deambulando, ianuas et fenestras aperiendo et claudendo et omnia alia faciendo, gerando et exercendo, quae actum vere, realis, actualis, et corporalis possessionis indicant et inducunt episcopatus, et illius Mensae Episcopalis veram, realem, actualem, et corporalem possessionem coepit et adeptus est, et ego idem notarius per supra enumeratos actus eundem reverendissimum archidiaconum ut supra Procuratorem in veram, realem, et actualem et corporalem possesionem dicti episcopatus Ecclesiae et Mensae Episcopalis posui, et immisi pacifice, quiete et nemine contradicente, immo omnibus tum de Capitulo, quam de clero seculari et regulari ac de regimine et populo preintonato hymno “Te Deum laudamus” illoque cum organo, et instrumentis musicis cantato exultantibus et gratias Deo agentibus, campanis omnium ecclesiarum secularium, regularium, et monialium in letitiae signum sonantibus et multis tormentis bellicis explosis. Quibus omnibus sic peractis, idem reverendissimus Procurator protestatus est, et declaravit nomine dicti illu-

strissimi et reverendissimi domini Episcopi principalis, possessionem ut supra pacifice adeptam animo, et omni alio meliori modo semper continuare, et retinere, nec unquam illam dimittere; quibus expletis omnes discesserunt gratulationes facientes, et gratias Deo referentes et super quibus idem reverendissimus Procurator petiit a me infrascripto notario, ut de praedictis omnibus unum vel plura puplica conficere deberemus actum. Unde. Praesentibus magnifico d. Michaeli Rota U.I.D. ac Gubernatore, et Iudice huius civitatis, domino d. Berardino Ciardi et Leonardo Rodogni Sindicis, d. Thoma Sagarriga, d. Ignatio Frammarino, aliisque de regimine, magnifico notario Ioanne Dominico Riccio, Francisco Paulo de Musso notario, Nicolao Garofalo notario, testibus ad praemissa omnia et singula specialiter vocatis, habitis, atque rogatis, unde».

BATTESIMO BATTESIMO

AUGURI

ALLA PICCOLA

CLARA LOGUERCIO

CHE IL

7

FEBBRAIO HA

RICEVUTO LA LUCE DEL SIGNORE CON IMMENSO GAUDIO DEL PAPÀ GIU-

DONATELLA FRANCO. AD OFFICIARE IL RITO BENEDETTO, DON CORRADO DE ROBERTIS,NOTO MISSIONARIO IN CINA. MADRINA LA ZIA, DOTT.SSA MONICA LOGUERCIO SEPPE E DELLA MAMMA INSIEME A DON





controcorrente DI

FRANCESCO PUGLIESE*

Gentile Direttore, ci sia consentito di intervenire nel merito dell’inchiesta pubblicata dal periodico da Te diretto nel numero di febbraio 2016. Vorremmo farlo perché abbiamo letto di una carente programmazione e, quindi, abbiamo dedotto la grave responsabilità dell’Associazione. Beninteso, è evidente che se la situazione è quella descritta nell’inchiesta, l’associazione ha le sue responsabilità, da cui non abbiamo alcuna intenzione di fuggire. Tuttavia dobbiamo intenderci su quali siano i reali ambiti di intervento di un’associazione di categoria e, di conseguenza, di quali siano le aspettative che le attività dell’associazione debbano realisticamente soddisfare. Direttore, abbiamo avviato una serie di iniziative tutte indistintamente finalizzate alla promozione del nostro territorio, condizione a nostro avviso necessaria ma non sufficiente alla ripresa delle attività che da ormai troppo tempo vivono in gravi difficoltà. La stessa ripresa delle attività di un’associazione di categoria va in questa direzione, perché siamo dell’avviso che, oggi, senza una visione d’assieme, si fa davvero poca strada. Certo, esistono delle importanti realtà anche a Giovinazzo che, come Tu scrivi, vanno a prendersi i titoli fuori Giovinazzo, ma in casa propria non riescono proprio a far business. Ma, consentimi, c’è business e business, e non tutte le tipologie di business possono andar fuori a cercare fortuna. Allora non rimane che “ricostruire” il pacchetto GIOVINAZZO. Ed è proprio su questo che siamo orientati, attraverso diverse iniziative che, forse, Ti saranno sfuggite. Mercarte, la mostra che per 11 giovedì ha consentito ad artigiani e artisti locali di farsi vedere, Archeotur, nella quale per la prima volta i commercianti, con un gruppo culturale di Ruvo, hanno organizzato una visita ai nostri Dolmen con un la-

boratorio didattico per bimbi da 6 a 15 anni. E ancora Festa d’Estate, 9 giornate all’interno della villa comunale con spettacoli e mostra di artigianato locale. Arte tra le Mura, giunta alla seconda edizione, è un progetto che abbiamo caldeggiato dall’inizio perché racchiude in una o due giornate tutto il meglio che, al momento, possiamo offrire. Stiamo avviando, infine, un progetto molto ambizioso con quel gruppo di talenti del gruppo Polartis, del quale apprezziamo oltre alla professionalità anche la meravigliosa strategia di stare «insieme». Con questi ragazzi abbiamo condiviso sin dall’avvio il progetto del Teatro diffuso, ossia la possibilità di fare teatro in luoghi che non siano un teatro, visto che a Giovinazzo non ne abbiamo. Il ristorante, il bar, l’agenzia di viaggio, la pizzeria, ma anche il negozio di abbigliamento diventano teatro proponendo con cadenza frequente spettacoli di vario genere, ma di sicuro interesse. Si crea così un cartellone senza avere il teatro, si crea un interesse verso Giovinazzo in un ambito nel quale, a rigore, non potremmo dire davvero nulla. E in questo l’Associazione non solo c’è, ma è anche parte molto attiva. Oltre a tutto questo, sono ormai tre anni che siamo presenti fattivamente nelle manifestazioni di maggiore interesse che, con lo sforzo di tutti, si riescono a portare avanti. Il Chiostro è di moda, il premio Natiolum, la Maratona delle Cattedrali, Experimenta sono tutte manifestazioni di interesse nazionale che sentiamo anche nostre, perché a queste dedichiamo molto impegno incondizionato perché sposano in pieno i nostri stessi obiettivi. Certo non siamo appagati, non possiamo dirci soddisfatti, ma ci mettiamo tanto impegno proprio per programmare le manifestazioni, per renderle sempre più belle, per comunicarle sempre meglio.

Nel tuo articolo citi l’albero di Natale, per il quale ringraziamo l’Amministrazione, ma che fa emergere anche i limiti della nostra categoria. Non essere uniti significa anche ritardare di molto i processi che invece avrebbero bisogno di essere portati velocemente a compimento. Avevamo proposto anche quest’anno un addobbo degno di attenzione, avendo chiamato uno dei migliori luminaristi del mondo. Siamo riusciti a far vedere cosa poteva essere solo su Via Cappuccini, avendo altri deciso di andare in direzione diversa con i risultati che non sta a noi giudicare. Ecco, questa è una grave colpa dell’Associazione ARAC. Quella di non essere stata abbastanza convincente a trasmettere alla maggior parte dei commercianti l’idea che stare insieme in fondo è meglio. Condividere un progetto dà più soddisfazione che farlo da soli. Fidarsi ogni tanto non significa essere ingenui. Il confronto fa crescere. Vedi Direttore, tutti noi siamo impegnati ogni giorno in un lavoro complesso e molto impegnativo, continuiamo a investire nelle nostre aziende, ma troviamo sempre il tempo per confrontarci, per definire una nuova iniziativa, per essere di supporto a chi deve affrontare qualche problema. Lo facciamo con la consapevolezza di essere fortunati, di vivere la nostra esperienza lavorativa in un posto davvero unico. Ci piacerebbe ricevere suggerimenti e supporto, non critiche sterili e, molto spesso, prive di contenuti o, peggio, preconcette. C’è una scena che ha costituito il trailer di uno sceneggiato dedicato a un martire dei nostri tempi, Angelo Vassallo, sindaco di Pollica assassinato qualche anno fa. In un comizio riportava l’auspicio di un politico che si augurava “na fundan che jett sord”, e il sindaco, volgendo lo sguardo al mare meraviglioso che bagna quella terra (Acciaroli in particolare), diceva che quella era la loro fontana. Noi tutti siamo convinti di avere la fontana, dobbiamo crederci tutti. *PRESIDENTE ARAC

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i

segni di speranza DI DON BENEDETTO FIORENTINO

MISERICORDIA E PERDONO Perdonare non è dimenticare. Non si cancella una ferita profonda penetrata nel subconscio. Ci sono offese che è umanamente impossibile perdonare. Chi dice che bisogna dimenticare, ignora che siamo dotati di memoria. Un papà e una mamma che vedono la loro figlia morta, dopo essere stata violentata e seviziata, non dimenticheranno mai lo spettacolo di quel corpo. Maïti Girtanner era una giovane partigiana svizzera. A quarant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, ha incontrato il medico delle SS che aveva condotto su di lei degli esperimenti. Le sevizie inflittele dal suo aguzzino le provocarono sofferenze insopportabili per tutta la vita e le preclusero per sempre il sogno di riprendere a suonare il piano, la sua passione. Quell’ex medico nazista volle incontrarla quando seppe di essere stato colpito da un male incurabile. Maïti aveva coltivato un desiderio folle: perdonare il suo torturatore per non ritrovarsi distrutta anche nell’anima. Pregò per lui per quarant’anni. Fino a quel giorno del 1984 in cui ricevette una telefonata. Riconobbe la voce. Accettò la visita. Gli parlò dell’Amore di Dio. «Nel momento di congedarsi, racconta nel suo libro Même les bourreaux ont une âme, era in piedi, alla testa del mio letto, e un gesto irrefrenabile mi ha sollevato dai miei guanciali, benché mi facesse molto male: l’ho abbracciato per deporlo nel cuore di Dio. Lui mi ha detto, a voce molto bassa: ‘Perdono’. Era il bacio della pace che era venuto a cercare. Da quel momento ho compreso che avevo perdonato». «Dimenticare? Impossibile. Bisogna ricordarsi di tutto per poter perdonare» - suggerisce Jorge Semprún. Anche il più misero è in grado di vedere in modo molto chiaro ciò che splende nell’animo di chi lo fronteggia. Il dolore che si protrae a lungo è occasione stupenda per procedere sul sentiero dello spirito. Quando il dolore diventa insopportabile, tenta di scaricarsi nell’ansia. Qui è il tranello. Bisogna immediatamente reagire. Dove nascondere lo spirito nel dolore? Ecco, esso è la fiamma che incendia l’anima di forza e di volontà. Più spessa è la coltre del patire, più profondo sale lo spirito. Nell’anima si forma un’atmosfera incantata, dove l’impossibile è possibile. La mente che rimugina attentati non può comprendere tutta questa meraviglia che stupisce e rigenera nella pace. La gioia e la misericordia sono i sentimenti

che danno vita, sono le vere forze che salvano l’uomo e il mondo dal cancro che è il peccato, il male morale, il male spirituale, le vendette fratricide. Misericordia e gioia non sono indice di buonismo ma certezza che un giorno, al calore degli affetti, fioriranno i semi di bene seminati in ciascuno. Il richiamo del pontefice al padre misericordioso, che «non smette mai, neppure per un momento, di aspettare il figlio con amore», che ha il cuore «in festa per il figlio che ritorna», porta alla mente le critiche sorte all’indomani dell’andata di mons. Bello a parlare in una sede del partito comunista. L’anno della misericordia indetto da papa Francesco ci richiama a riconoscere la natura della giustizia di Dio, che ha il suo apice nella Croce: «Se noi viviamo secondo la legge ‘occhio per occhio, dente per dente’ mai usciamo dalla spirale del male. Il maligno è furbo e ci illu-

de che con la nostra giustizia umana possiamo salvarci e salvare il mondo. La croce è il giudizio di Dio su tutti noi e su questo mondo!». E richiama anche la società civile ad attivare strutture che promuovono e educano alla civile convivenza umana. Troppo spesso prevale il ministero della condanna su quello della misericordia e della riconciliazione. Difficilmente può capire il richiamo alla misericordia chi si sente giusto e giudica. Papa Francesco ha proclamato il giubileo straordinario che ha «al suo centro la misericordia di Dio» perché la Chiesa e la società ritornino a ispirarsi e vivere secondo sentimenti umani e cristiani. Su ogni nostra decisione, su ogni nostra scelta necessaria e buona, abbia il primato la misericordia, per essere conformi al sentire umano arricchito da quei sentimenti che furono in Cristo Gesù.

IL FUOCO DELLA SOLIDARIETÀ

In occasione dei tradizionali falò accesi per la ricorrenza di Sant’Antonio Abate i signori Cosimo Sciancalepore e Antonio Lasorsa , titolari della ditta Lomoro, con i loro familiari hanno allestito, affiancati da alcune volontarie dell’ANT di Giovinazzo, uno stand e offerto, a proprie spese, olive, fave e vino per raccogliere contributi in favore dell’associazione. La consueta generosità dei commercianti e dei cittadini di Giovinazzo ha consentito di raccogliere una somma consistente per l’assistenza domiciliare gratuita ai malati di tumore. Un sentito e caloroso ringraziamento va ai titolari della ditta Lomoro da parte di tutte le volontarie ANT di Giovinazzo per il fattivo e generoso impegno a favore del sodalizio.



giovinazzo

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little

italy DI ROCCO STELLACCI

MICHAEL DE GIGLIO, COLOSSO AMERICANO Si chiama Michael De Giglio ed è figlio di giovinazzesi (Fedele e Rosa DeGiglio sono i suoi genitori). E’ a capo di una delle più grandi aziende al mondo nel settore della coltivazione fuori suolo, presidente e Ceo della Village Farms International Inc. Recentemente ha fatto visita in Puglia, ha visitato l’Azienda Agricola dei Fratelli La Pietra a Monopoli. La Village di Michael De Giglio, infatti, gestisce una superficie di produzione in idroponica superiore ai 300 ettari e copre i mercati della grande distribuzione negli Stati Uniti ed in Canada. Conosciuta l’azienda pugliese in contesti internazionali, De Giglio ha voluto visitarla in occasione di un suo viaggio nel nostro Paese. «Ho visitato molte aziende - ha detto l’imprenditore di origini giovinazzesi - in giro per il mondo ma qui da voi ho trovato, oltre alla competenza ed all’innovazione degli impianti, un grande affiatamento ed un approccio familiare alla produzione che non ho trovato altrove». MA CHI E’ MICHAEL A. DE GIGLIO. Quello che probabilmente molti lettori non sanno è che fu considerato già nel 1976 un fiore all’occhiello della comunità di Giovinazzo, città di origine dei genitori. Fu in quell’ anno infatti che venne arruolato volontariamente nella marina americana con il grado di ufficiale dando così avvio alla sua luminosa carriera. Integerrimo e scrupoloso nel suo servizio acquistò un’incondizionata stima e rispetto dai parte dei suoi superiori iniziando a collezionare encomi, elogi, riconoscimenti e ben due autorevoli promozioni. La prima quale Capitano di Vascello e la seconda come comandante del 52mo squadrone logistico aircraft sulla rinomata portaerei Lexington, sulla quale inoltre acquista una vasta esperienza nel pilotaggio di aerei da combattimento. Dopo 25 anni di onorato servizio, Michael depone lo scettro ed entra a far parte di un settore speciale dell’armata americana, cioè

diviene riservista. E in questo periodo che Michael inizia un progetto maturato da tempo. Nel 1990 avvia un’impresa commerciale nel settore dell’agricoltura, costruendo serre (green house) per la coltivazione di ortaggi. l’iniziativa riscuote un lusinghiero successo e nello spazio di pochi anni le serre si moltiplicano non solo sul suolo nazionale, Florida Texas New Jersey (quartiere generale dell’azienda) ma anche oltre i confini statunitensi, in Canada, Messico e l’isola di Santo Domingo. Recarsi per una visita in queste serre le quali si estendono ciascuna, su una superficie di all’incirca di 300 ettari, si presenta ai vostri occhi un’incredibile spettacolo della natura. anzitutto si nota un’eccepibile pulizia, una compostezza dei dipendenti alle innumerevole lucenti e complicati macchinari per l’imballaggio e spedizione del manufatto. Ma la parte più attraente sono i frutti che pendono dai piccoli ma robusti rametti che ti ammaliano e ti invitano alla loro degustazione, e il miracolo creato da questo carismatico personaggio del quale siamo fieri ed orgogliosi di essere suoi concittadini.



IL VALENTINE’S DAY PARTY

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italy DI ROCCO STELLACCI

Jerry Scivetti: «Appuntamento per l’11 Giugno per la festa di Sant’Antonio di New York San Valentino si celebra il 14 febbraio e, come tutti sanno, è la festa dell’amore romantico. Molte persone celebrano l’amore per il proprio partner inviando cartoline o lettere, regalando fiori ed organizzando cene o notti romantiche a casa o in hotel. E’ quello che fa anche da anni la società Sant’Antonio di New York: ha celebrato tale occasione per impegni sopraggiunti una settimana prima, il 7 febbraio, presso Villa Russo, meravigliosa location, che si è presentata agli occhi dei suoi ospiti come elegante e particolarmente suggestiva, anche grazie alla strutturazione in stile medievale. Qui il sodalizio ha festeggiato degnamente il Valentine’s day e ha fissato le date per i prossimi eventi. Lo ha fatto per bocca del suo Presidente Jerry Scivetti: «Le prossime festività in onore di S. Antonio avranno luogo nella Little Italy l’11 giugno. Intanto godetevi il noto D.J. Walter Carella». La festa è scivolata via tra bella musica italiana, danze e tanta allegria. ROCCO STELLACCI

AMARCORD / 14 FEBBRAIO 2015 C’ERAVAMO ANCHE NOI DE LA PIAZZA




IL

personaggio

DA CAPITANO A CAPITANO

Gli articoli si guardano, le fotografie si leggono diceva lo scrittore Arrigo Benedetti. Questa foto riassume un pensiero lungo più di trent’anni: Frasca solleva in cielo nella notte del trionfo della Coppa delle Coppe un piccolino, Angelo Depalma, con la maglietta biancoverde. Chissà se al Capitano (notate la c maiuscola) sia mai venuta in mente l’idea che quella fascia sarebbe poi finita sul bicipite del numero 3, un capitano trent’anni più giovane di lui e che era appunto il piccolino nella foto. Tutto questo fa parte del fascino della storia del nostro hockey. La foto come un presagio del cuore, un presentimento di quello che accadrà. Frasca era il capitano della gloriosa AFP. Angelo Depalma, capitano lo è diventato dopo la rinascita dell’AFP nel 2006. Le bandiere nello sport sono sempre meno, ma qualcuna resiste ancora: da Capitano a capitano, Frasca e Depalma sono due bandiere che hanno deciso di sposare in eterno una squadra, a costo di rinunciare a stipendi faraonici (è il caso di Frasca) o semplicemente migliori nel caso di Depalma. Scriviamo così perchè da più di vent’anni, l’hockey è cambiato e oggi non muove più i soldi degli anni 80. Ma anche se non ci fosse stata la congiuntura economica, restiamo fermamente convinti che

l’hockey per capitan Depalma sarebbe rimasto un affare di cuore. Un concetto di fedeltà fra i più ostici da assimilare per gli altri colleghi. E non solo sul piano sentimentale perché le miserie in euro che ora dispensa l’hockey sulle quali è meglio stendere il classico velo, spingono più di un giocatore a cambiare casacca alla stessa velocità con la quale cambiamo le mutande. Gli articoli si guardano, le fotografie si leggono. Ecco una delle fotografie poco piacevoli che non avremmo voluto leggere: quella di una sera al palasport per assistere all’allenamento dell’AFP ed in cui si vede in pista il solo il capitano, gli stranieri e qualche ragazzino. Non c’è nemmeno il numero minimo per una partitella. Lo scriviamo senza ipocrisie: persino i giocatori di serie A disertano gli allenamenti. Accade quasi tutti i giorni al PalaPansini. Una situazione imbarazzante. Continuare a far finta di non vedere non giova soprattutto ai tifosi che credono ancora nella salvezza. I ricordi fanno male ma servono come spunto di riflessione ai tanti ragazzi che preferiscono oggi serate frivole con amici nei pub piuttosto di allenarsi e attaccarsi con sacrificio e senza una lira per la maglietta che indossano. Tonino Caricato, di professione macchinista,

faceva fermare a Giovinazzo i Rapidi (allora gli intercity si chiamavano così) per fuggire dalla cabina del locomotore e correre al vecchio palazzetto per allenarsi. Adesso allenarsi stanca. Però a vedere il capitano Angelo Depalma in pista, in allenamento o azione, non diremmo mai che ha già spento 36 candeline. Per lui allenarsi resta un piacere fisico e spirituale. Dire che il capitano è un esempio di serietà, di professionalità, di determinazione per tutti, giovani e meno giovani, è riduttivo. Insomma, c’erano una volta le cosiddette bandiere, ovvero quei giocatori nati e cresciuti in un club e lì rimasti a nutrirsi delle miserie in euro, anche quando magari qualche pezzo grosso bussava alla loro porta (vedi il no di Frasca per il Novara e per il Monza). Angelo Depalma è uno di questi. Adesso che l’AFP si sta arenando con la propria barca, lui è il capitano coraggioso che con il suo esempio dice al proprio equipaggio che si sta ammutinando:Non arrendetevi! Quando deciderà di dire basta allora sarà un giorno difficile per l’hockey. Un altro come lui non si trova camminando per caso in piazza o sfogliando gli annunci economici. SERGIO PISANI




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