Left 3 11 I tre volti, di Massimo Fagioli

Page 1

trasformazione

M

i accingo a scrivere e, cercando di evitare i raggi del sole che, troppo forti illuminano il foglio bianco, mi rilasso in poltrona e lo sguardo vaga seguendo la linea invisibile dell’orizzonte. Ricordo che lo dissi altre volte e la memoria, che non è creata dalla percezione della coscienza, mi fa vedere che non sempre ho pensato e visto la linea che è sempre curva. Ogni punto della circonferenza che delimita una figura rotonda non ha, per sé, né inizio né fine ed ognuna delle due parole potrebbe essere, simultaneamente, l’una e l’altra. Dicono che la linea è fatta da infiniti punti ma io sono perplesso perché non vedo e non riesco ad immaginare questa infinità. Ricordo che, tempo fa, confessai che la mia “difettosa” capacità di immaginare non riusciva a vedere, creando immagini, che lo spazio di un centimetro quadrato è più luminoso e caldo quando i raggi del sole sono di più perché sono perpendicolari al suolo terrestre. Ma se i raggi del sole sono infiniti, come può esserci un più o un meno? Dicono che aumenta il tempo in cui la terra è esposta alla luce. Luce e calore sono sinonimi? Sono indissolubilmente legati l’uno all’altro? Penso alla lampadina che mi hanno comperato: fa luce chiara, “biancastra” e non fa scaldare nulla. Non mi riesce a comporre insieme ciò che indicano le parole spazio e tempo e le altre due che suonano come luce e calore. Ed un po’ di fantasia mi dice che non riesco a comporre le parole finito ed infinito. Sono costretto a pensare che l’essere umano può parlare di realtà esistenti senza averle percepite e senza immaginarle: soltanto con la realizzazione del pensiero verbale. Rimango così con il ricordo cosciente dei punti visti nella veglia... nelle infinite forme con cui vengono fatti. Ed ora penso che “quella cosa”, detta punto, può essere soltanto vista, non toccata né udita; non ha corpo né suono. Non ha figura definita perché può essere un piccolo segno rotondo, ma anche rettangolare o quadrato. E, quando la piccola figuretta è punto, perde la definizione geometrica. E,

Fantasia di sparizione verso proprie realtà interiori di rapporto umano

I tre volti di Massimo Fagioli psichiatra

senza fermarmi, scrivo che la parola “punto” allude ad un momento del tempo, quando si cerca di fermarlo per poterlo vedere e comprendere. Non si sa se l’essere umano, da quando è diventato tale, abbia avuto sempre l’esigenza di conoscere le realtà invisibili. Da quando la razionalità, che spingeva il corpo a muoversi per la sopravvivenza, ebbe un momento di pausa. Quando ci fu un... punto, nel tempo, in cui si fermò. Guardo l’articolo su left dell’altra settimana. Vedo le parole: habilis, erectus, sapiens e ricordo le figurette che un giornale stampò i primi giorni dell’anno. Mostrava, con le immagini inventate, il pensiero degli uomini che cercavano la conoscenza della realtà umana. Convinti assertori dell’evoluzione dalla scimmia all’essere umano non credevano, ovviamente, alla creazione di Adamo da parte di un’entità non umana senza tempo e quindi infinita perché senza inizio. Ovvero un ente che non diveniva da una realtà diversa da se stesso. Compare il ricordo del foglio de la Repubblica in cui han-

no disegnato figure di scimmia e di esseri umani per dire che la nostra realtà biologica è una specie di scimmia che si è modificata nel tempo. In particolare cercano di comprendere quando la scimmia raggiunse la stazione eretta. Pensano che in quel momento, diluito in un tempo non misurabile, è comparsa la realtà biologica che si definisce umana? Marx disse che l’uomo divenne tale quando ebbe (usò) la mano atta a fabbricare gli strumenti del proprio lavoro. Intendeva per cacciare ed uccidere gli animali per sopravvivere e procreare? È noto che le ricerche ed i pensieri e le ipotesi sono tante ma la sete di conoscenza non è stata soddisfatta. La svolta storica che ha portato ad uno sviluppo della mente, che si è proposta un modo nuovo di pensiero per conoscere la realtà umana, penso sia quando fu pubblicata l’opera di Darwin L’origine della specie. Leggo una realtà non manifesta, ovvero che stava cadendo, come favola, l’idea della creazione dell’uomo da parte dell’ente qualificato con aggettivi: onnipotente, infinito, un assoluto che non è esistente nella specie umana. Feuerbach aveva detto: “Non è dio che crea l’uomo ma è l’uomo che crea dio”. Fu un pensiero che non derivò da percezioni coscienti che danno la conoscenza, ma da una mente che aveva realizzato un rapporto più vero con la realtà umana. Una mente libera dalla fede senza ragione che credeva, senza pensare, nell’esistenza di un non umano che non era animale o vegetale o minerale. Una mente che non fuggì da realtà non coscienti e dalla depressione che porta l’uomo a credere di non poter mai conoscere ciò che è sconosciuto. E fu la liberazione dal terribile pensiero: ciò che, nell’uomo, è sconosciuto non è umano, è divino, è animale. Penso all’identità umana razionale che dice sempre che ciò che non è materia percepibile non è conoscibile, ma accetta come realtà umana che la mente creda esistente, ciò che non è esistente: lo “spirito”.


tempo di cinquanta anni fa, quando affioravano alla mente cosciente, le parole esistenza ed inesistenza e la memoria, disprezzando il ricordo, non mi dice quando vidi il minuetto che le due parole fecero ricamando un giro rotondo nel ballo del grande salone dell’imperatore asburgico. “Rendere inesistente ciò che è esistente e, simultaneamente, senza la pausa di un tempo misurabile, rendere esistente ciò che non è esistente”. Forse furono tre parole che presentandosi con un vestito diverso erano, in verità, uguali. Non le vidi, le ascoltai, forse le lessi e vidi che oltre Trieb, drive, pulsion, c’era la parola italiana, pulsione. Forse non riuscii a vedere il corpo nudo della donna mascherata con il costume del carnevale veneziano perché dentro, nella parte invisibile, era tutto foderato di nero come la poltrona che l’amministrazione regionale mi offriva. L’abbandonai ed, a Padova, andai ad ascoltare l’eredità di Galileo Galilei. Ma come se il rapporto con la realtà umana del corpo percepibile, non fosse totalmente sparito, cercai oltre le manifestazioni evidenti della malattia mentale. Andai dove dicevano che esisteva un pensiero nuovo, ma mi accorsi benissimo che, nascosto dalle parole tedesche, si poteva scoprire un pensiero che diceva “oltre la coscienza ed il comportamento c’è l’inconoscibile”. Ed io intuendo l’invisibile vidi che, dicendo di pensare l’irrazionale, parlavano di una realtà umana inconoscibile. Ed il pensiero senza immagine disse le parole: credono nell’esistenza dell’anima spirituale scissa dal corpo.

Ora ricordo che nelle prime sedute Il trentuno del 2011, molti dissero che il trentuno dicembre dicembre precedente, l’addio all’anno che spariva era stato più significativo la sera, altri anni. Tempo e movimento improvvisamente, degli del silenzio dei corpi che camminavano diventò notte e delle voci che emergevano da essi immobili, sembravano uguali alle tante e le immagini altre volte del passato. La mia voce senza voce chiamava le persone che erano soltanto forme vaghe e macchie di vari colori della mente, ed aveva, forse, un ritmo nuovo. Chiamai parlarono una donna, parlò. Poi, dopo un intervallo

La vita umana invisibile e sconosciuta cambiò perché un movimento senza tempo realizzò la separazione che fece il passato Ricreazione della nascita, o svezzamento? Fu identità?

Ed ora temo che i pensieri, come un fiume in piena, escano dal foglio perché il letto bianco si riduce sempre di più. Il tempo è lungo e non riesco ad imprigionarlo in un calendario disegnato. È come se le piante della terrazza avessero fiorito per sessanta primavere. Come se l’inesistenza del ricordo cosciente, eliminato dalla “visione” di una immagine invisibile che fa un gruppo, avesse creato la memoria che rende esistente ciò che non è esistente. Così, con le sue ali, giungo al tempo che chiamano presente. Era iniziato l’anno che il calendario, mentendo, dice di essere il 2011. La mia voce, come accade da tanti anni, va verso l’uno o verso l’altro che, alzando leggermente la testa, muove la bocca che emette suoni fatti da parole italiane. Talora è il ricordo del corpo umano, visto nel cortile, che spinge la mente a chiamare un altro essere umano che, quasi sempre, non ha nome. Spesso è lo sguardo che si posa su un vestito, o su una assenza di capelli. Parlano, dicendo di se stessi, raccontano un sogno chiedendo l’interpretazione, ovvero la trasformazione del linguaggio articolato che porta il pensiero ignoto, detto inconoscibile, al pensiero verbale ed alla conoscenza.

di tempo in cui chiamai altri il cui ricordo è scomparso, chiamai un’altra persona e, con una pausa che ora è silenzio, una terza. “Sono due belle chiome nere, osservai, sembrano uguali”. E subito ricordai. “All’inizio di queste quattro ore avevo chiamato un’altra chioma nera”. La mente si annebbiò perché, mi sembra di ricordare, avevo visto tre volti uguali che si distinguevano l’uno dall’altro. Ci fu un vago sentire senza vedere, che i numeri del calendario 1974-1975 non illuminavano. Fu il suono della parola tre, che chiamò immagini indefinite che erano i tre libri che dicevano la mia identità o, le parole dicono l’invisibile, le tre tappe e separazioni della vita. Poi dormii e, svegliatomi, vidi una testa di donna dai bei capelli lisci, lunghi e fluenti che facevano, composti da un anello bianco, una coda di cavallo. Forse era un sogno.

WHITE CIRCLE © ALESSANDRO FERRARO

E viene il ricordo, come fosse una nostalgia, del


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.