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2 » PRIMO PIANO LA DENUNCIA DEL DEPUTATO

Mattiello: “Testimoni di giustizia rimasti soli, governo inerte”

| IL FATTO QUOTIDIANO | Giovedì 25 Giugno 2015

I COLLABORATORI di giustizia nel “limbo” dell’inazione del governo. È, in sintesi, quanto denuncia in una nota Davide Mattiello, deputato del Pd e membro della commissione Antimafia. Si tratta, scrive Mattiello, di “uomini e donne che si sono affidati allo Stato pur di non piegarsi alle mafie, che per questo sono sotto tutela, spesso in programmi di protezione

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speciali. Troppo frequentemente hanno perso il loro lavoro, i loro affetti e sono sommersi dalla burocrazia. La commissione Antimafia ha approvato il 20 ottobre all’unanimità una relazione che traccia precise proposte di riforma del sistema tutorio e delle misure di assistenza economica. Proposte che dovrebbero allargarsi alla tutela delle vit-

STATO-MAFIA Parla l’ex capo del Cesis

» SANDRA RIZZA

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Palermo

n funzionario del Sisde, si chiamava De Luca, che ora è morto e lavorava con me al Cesis, mi portò due cartine: in una c’erano i luoghi da dove partivano tutte le telefonate della Falange armata, nell’altra i luoghi dove sono situate le sedi periferiche del Sismi... e queste due cartine coincidevano perfettamente”. È la rivelazione dell’ex ambasciatore Francesco Paolo Fulci, oggi 85enne, fatta ai pm Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia il 4 aprile dell’anno scorso, quando i magistrati di Palermo volano a Milano per interrogarlo nell’ambito dell’indagine sulla trattativa Stato-mafia. In quel verbale di 89 pagine Fulci, che stamane è chiamato a deporre a Palermo nell’aula bunker dell’Ucciar-

Le due cartine “I luoghi da dove si palesava la Falange corrispondevano alle sedi del Sismi”

21 morti Non solo in Sicilia Attacchi a Palermo, Firenze e Milano

done, racconta la sua esperienza al vertice del Cesis (coordinamento dei Servizi segreti dal 1978 al 2007), tra il maggio del ’91 e l’aprile del ’93, rilanciando tutti i suoi dubbi sulle missioni top secret di alcuni agenti della settima divisione del Sismi, il servizio segreto militare, che “maneggiavano dinamite e armi”e costituivano una cellula speciale, con obiettivi di “guerriglia urbana” da lui stesso definiti totalmente estranei ai compiti istituzionali.

Il cuore dell’inchiesta-bis Dopo aver subito minacce e intimidazioni, ma soprattutto dopo aver scoperto una centrale di ascolto clandestina nel proprio alloggio di servizio, Fulci riesce a individuare “i nomi dei componenti di questa cellula”: quindici 007, tutti della settima divisione, il reparto K del servizio militare responsabile di Gladio, e si convince che questi potrebbero aver avuto un ruolo, forse proprio quello dei telefonisti, nelle operazioni della Falange armata, la misteriosa sigla che ha riven-

time di racket. Ci sono anche le proposte di riforma della commissione presieduta da Gratteri. Manca all’appello il ministero dell’Interno, che pure oltre un anno fa –si legge ancora –ha insediato un tavolo tecnico per valutare la situazione. Cosa intende fare il governo? Intanto tra poco il generale Pascali lascerà l’incarico di direttore del Servizio centrale di protezione: il suo lavoro –conclude Mattiello –è stato prezioso e sarebbe importante poterlo valorizzare”.

La Trattativa

“Le stragi 1992-’93 furono rivendicate dai Servizi segreti” Oggi il diplomatico Francesco Paolo Fulci depone al processo di Palermo: “Telefonate dagli uffici degli agenti” dicato tutte le tappe della stagione stragista nel ’92-’93. Ora i ricordi dell’ex ambasciatore, in pensione dal 2000, costituiscono il cuore dell’inchiesta bis sul dialogo Stato-mafia, che ruota proprio attorno alla Falange armata: se Fulci dice la verità, un filo diretto sembrerebbe collegare un pezzo del Sismi alla sigla del terrore che firmò le bombe del biennio ’9 2- ’93 , lanciando nello stesso periodo messaggi e intimidazioni ai protagonisti della trattativa. Proprio all’interno del Sid (l’antenato del Sismi) il generale Mario Mori, tra gli imputati eccellenti del processo di Palermo, cominciò la sua carriera tra il ’72 e il ’75. Anche se Fulci dice di averlo conosciuto anni dopo, quando era già comandante del Ros: e racconta di avergli affidato un’indagine per scoprire chi metteva in giro voci su una sua presunta dipendenza da cocaina. La scoperta delle cartine sovrapponibili, avvenuta nella primavera del ’93, poco prima della conclusione del suo incarico al Cesis e della sua partenza per New York

LA STORIA

IPROTAGONISTI

NINO DI MATTEO 54 anni, in magistratura dal ‘91, sotto scorta dal ‘95 e a Palermo dal 1999

MARIO MORI 76 anni, generale, è stato a capo del Sisde e del Ros

ROBERTO TARTAGLIA 34 anni, a Palermo dal 2011, è entrato nella Dda alla fine del 2014

VINCENZO LI CAUSI Uno dei capi di Gladio, ucciso a 41 anni a Balad, in Somalia

(dove viene nominato rappresentante dell’Italia presso le Nazioni Unite), porta Fulci a elaborare una “teoria personale”: “Mi sono convinto che tutta questa storia della Falange armata faceva parte di quelle operazioni psicologiche previste dai manuali di Stay Behind (Gladio, ndr): facevano esercitazioni, come si può creare il panico in mezzo alla gente... e creare le condizioni per destabilizzare il Paese, questa è sempre l’idea”. E poiché gli inquirenti gli fanno notare che quando partono le rivendicazioni della Falange armata, l’operazione Gladio è ufficialmente cessata, Fulci ribatte: “Qualche nostalgico”.

Il sangue tra maggio e luglio a Firenze e Milano Sono gli stessi sospetti che qualche settimana dopo, tra maggio e luglio ’93, quando esplodono le bombe di Roma, Firenze e Milano, spingono l’ambasciatore a tornare dagli Stati Uniti in Italia per mettere a disposizione del generale dei carabinieri Luigi Federici le sue

IL PERSONAGGIO 40 anni di diplomazia, dal Canada all’Onu EX AMBASCIATORE e rappresentante Onu, Francesco Paolo Fulci è arrivato alla presidenza della Ferrero a 80 anni, al termine di una carriera lunga e prestigiosa. Nato nel 1931 a Messina, figlio di un deputato del Partito liberale, dopo la laurea con lode in Giurisprudenza all’ateneo della sua città d’origine, ha studiato alla Columbia University di New York, per poi conseguire il diploma all’Accademia di diritto internazionale dell’Aia

Sigla misteriosa “Il terrorismo non è morto, vi faremo sapere chi siamo”. Le minacce a Riina

LA GUERRA DELLA FALANGE ARMATA » ENRICO FIERRO

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uando si parla di Falange armata tutte le ipotesi sono possibili, tranne una, che si tratti di mitomani, esaltati, persone alla ricerca di una “visibilità” da comunicato stampa. È possibile che la “sigla” che dal 1990 al 1994 ha rivendicato stragi e attentati, fosse il parto di un segmento impazzito (ma non tanto) dei nostri servizi segreti, ma è possibile pure che si trattasse di una “targa” di comodo usata da Cosa Nostra per depistare, confondere le acque, sviare l’attenzione dalla svolta stragista imposta da Riina e dai corleonesi. A proposito di Totò Riina, la Falange va in sonno per vent’anni, prima di apparire nuovamente

sulla scena con un messaggio rivolto proprio al Capo dei capi nel febbraio 2014. Testo chiarissimo (come sempre): “Chiudi quella bocca. Ricordati che i tuoi familiari sono liberi. Per il resto stai tranquillo, ci pensiamo noi”. Riina, un po’ fuori di testa, nell’ora d’aria si lascia andare a troppe considerazioni, che vengono puntualmente registrate e in parte diffuse dai giornali. La cosa infastidisce qualche ambiente. Si sta indagando sul ruolo di pezzi dello Stato nelle stragi di Capaci e via D’Amelio, la verità, o almeno pezzi della verità, sembra a portata di mano, le pressioni e le manovre per sabotare inchieste e processo sono infinite. Qualcuno teme che ’u curtu possa parlare, o al-

meno lanciare avvertimenti attraverso confidenze fatte filtrare al suo compagno di “passeggiate”. E allora scatta il messaggio. Ma attenti, perché non si tratta solo di una volgare minaccia, la seconda parte (“al resto pensiamo noi”) è partorita da penna e mente molto raffinata. Cos’è il “resto” che interessa Riina, chi si nasconde dietro quel “noi” che deve, dopo la minaccia, rassicurare il numero uno dei corleonesi? Una curiosità, la Falange, riappare dopo vent’anni nello stesso luogo dove era comparsa la prima volta il 27 ottobre 1990, il carcere di Opera a Milano. Qui lavorava l’e-

ducatore Umberto Mormile ucciso proprio quel giorno. Il suo omicidio sarà rivendicato dai “falangisti”. Lo slogan della nuova sigla terroristica (apparsa in anni in cui il terrorismo tradizionale, rosso e nero, è in disarmo) è netto: “Il terrorismo non è morto, vi faremo sapere chi siamo”. Fermiamoci sulla data, per capire di cosa stiamo parlando, 27 ottobre. Tre giorni prima l’Italia è scossa dalle ammissioni di Giulio Andreotti sull’esistenza della struttura Gladio. È un terremoto politico, per la prima (forse unica) volta si squarcia il velo su un segmento importante della Guer-

ra fredda in Italia, l’esistenza di una organizzazione voluta dai governi e organizzata da divisioni del servizio segreto internazionale, in funzione anticomunista. Si scoprono elenchi, depositi di armi, fioccano i sospetti sulle “operazioni non convenzionali” di Gladio, i servizi sono sotto attacco. Il resto della storia è un lungo elenco di rivendicazioni, dalla strage del Pilastro a Bologna, alla Uno Bianca, a Capaci e via D’Amelio, e minacce a politici e giornalisti. Chi c’era dietro la Falange nessuno è riuscito a scoprirlo. Torneranno i comunicati “falangisti”? La risposta è sì, ma solo se sarà “utile” a future e nuove strategie della tensione. © RIPRODUZIONE RISERVATA


PRIMO PIANO

Giovedì 25 Giugno 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO |

L’ANATEMA DI DON CIOTTI

“Le piovre ci stanno stritolando, la politica è compromessa”

“MAFIA e corruzione, nel nostro Paese, sono due facce della stessa medaglia. E poiché ci stanno impoverendo tutti, la lotta per distruggerle deve coinvolgerci tutti.” È il monito di don Luigi Ciotti, presidente di Libera contro le mafie, sugli sviluppi dell’inchiesta Mafia Capitale. Don Ciotti prosegue: “Don Luigi Sturzo era stato profetico: il braccio della criminalità sarà anche in Sicilia – aveva detto

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all’inizio del Novecento –, ma la testa è a Roma”. Non sufficienti, per don Ciotti, gli sforzi della politica: “Quella italiana è una politica dei compromessi. E c’è il rischio di non arrivare mai alla verità delle cose. Basti pensare che il 75% delle famiglie di vittime della mafia non conosce ancora il perché delle stragi. La politica deve fare la sua parte”. Questa mattina don Ciotti era ospite al convegno per i dieci an-

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ni di Prosolidar, il fondo nazionale del settore del credito per i progetti di solidarietà. L’associazione Libera, che con Prosolidar ha collaborato per la sistemazione di alcune terre confiscate alla criminalità organizzata, vorrebbe poter riutilizzare tutti e 55mila i beni sottratti alla mafia fino ad oggi: “I mafiosi sono arrabbiati per questo, e ci minacciano – ha proseguito Don Ciotti – ma noi andiamo avanti”.

“Consegnai l’elenco di uomini del Sismi che costituivano una cellula speciale con obiettivi di guerriglia urbana” nomi) me li ero conservati per paura che mi facessero fuori”. Così Fulci lascia New York e si reca a Milano: “Vengo qui apposta per incontrare Federici, e gli dico: guardi, per essere certi che i servizi non c’entrino niente, questi sono i nomi delle persone che sanno maneggiare... E lì feci una cosa che non avrei dovuto fare: ci aggiunsi pure il nome di Masina”. Il colonnello Walter Masina non faceva parte della settima divisione, ma era il responsabile delle intercettazioni che aveva disseminato l’alloggio romano di Fulci di microspie, controllando tutta la sua famiglia, e riprendendo sua figlia “mentre si spogliava”.

e frequentare il Collegio d’Europa a Bruges. Sono questi i titoli che gli hanno spalancato le porte del ministero degli Affari esteri, dove è entrato per concorso a soli 25 anni. Ha servito l’Italia in importanti capitali mondiali come Tokyo, Parigi, Mosca, ed è stato anche capo per quattro anni della segreteria del presidente del Senato Amintore Fanfani, prima di diventare ambasciatore in Canada dal 1980 al 1985. Ha concluso la carriera come rappresentante permanente per l’Italia nell’Onu dal 1993 al 1999. In pensione dal 2000, nel giugno del 2011 è stato nominato presidente della Ferrero Spa. È anche Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana, nonché Cavaliere d’onore e devozione del Sovrano militare ordine di Malta.

IL LIBRO

Ricostruzione Due cartine indicavano le sedi del Sismi, il servizio segreto militare, e i luoghi da cui partivano le rivendicazioni della Falange

conoscenze riservate: “Ho letto la notizia che c’erano queste bombe a Firenze e a Roma... e i giornali dicevano: questi sono i soliti servizi deviati... allora io dissi: qui c’è un modo semplice per chiarirla questa cosa... all’interno dei servizi c’è solo una cellula che si chiama Ossi, che è molto esperta nel fare questo genere di guerriglia urbana, piazzare polveri, fare attentati, basta che io ne parli con il generale... e che lui accerti dov’erano questi signori di cui gli do i nomi: perché io (i

L’elenco degli Ossi A questo punto i pm di Palermo chiedono: “Ma questa settima divisione del Sismi da quanti soggetti era costit ui t a? ”. E Fulci: “Da quelli che c’erano nell’elenco che io diedi al comandante dei carabinieri. Io ci aggiunsi Masina, ’sto mascalzone, gliela dovevo far pagare”. E chi erano questi misteriosi Ossi (acronimo di Operatori speciali servizi italiani)? Erano appartenenti a Gladio? “Non credo – risponde l’ex diplomatico – c’era stata una lettera dell’ammiraglio Fulvio Martini ai capi di Stato maggiore, perché indicassero soggetti leali e affidabili, cui dare questo compito: un compito che un servizio segreto non dovrebbe avere. Dissi a Federici: guardi, questa è gente addestrata nell’uso degli esplosivi, sa dove metterli, questi sono gli unici all’interno dei servizi che a quanto mi risulta fanno questo lavoro, andate a vedere dove erano la notte degli eventi, se questi non erano a

SU OSCAR LUIGI SCALFARO

Mi contatta anche il presidente della Repubblica per dirmi di passare i nomi al capo della Polizia

SU VINCENZO PARISI

Dopo neppure una settimana, chiama e mi dice di aver portato tutto ai giudici. Per me arriva l’accusa di depistaggio

Primavera 1993

Primavera 1993

Roma, a Firenze, mi pare che potete stare tranquilli”. Gli inquirenti insistono: gli americani conoscevano questi agenti speciali? “Penso di sì”, risponde Fulci. E chi era il capo della divisione? “Uno di questi, mi pare che poi morì in Somalia”. L’ex ambasciatore sembra volersi riferire a Vincenzo Li Causi, che fu capo di una cellula Gladio e morì nel novembre del ’93 a Balad nel corso di una misteriosa imboscata, ma il suo nome non figura nell’elenco consegnato a Federici. C’è, invece, nella lista, il nome di Giulivo Conti, che si trovava in Somalia accanto a Li Causi quando fu ucciso.

mi dice: dia subito i nomi anche a Vincenzo Parisi (all’epoca capo della Polizia, ndr). Dopo manco una settimana mi chiama Parisi: eh, ambasciatore, quel materiale era talmente grave che l’ho portato subito ai magistrati. Ah, benissimo, e ora che succede? Immediatamente una denuncia per depistaggio, mi accusano che stavo montando un’operazione di depistaggio con gli americani. Rimasi talmente scioccato che dicevo: ma chi me l’ha fatto fare, era meglio se restavo a fare l’ambasciatore senza dire niente”. E Federici? “Non ci siamo più sentiti – conclude Fulci, che poi fu prosciolto dalle accuse e dal 2001 è il presidente della Ferrero – Fu uno slancio civico, il mio, di cui poi mi pentii amaramente e ora anche questa storia delle due cartine... spero di non dovermene pentire”.

La conversazione col Quirinale Cosa succede quando Federici acquisisce l’elenco? “Mi arriva una telefonata del presidente della Repubblica Scalfaro – racconta Fulci – e

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Anticipazione “Stragi” di Rita Di Giovacchino, con la prefazione del pm Luca Tescaroli

Gli archivi di Messina Denaro e i jihadisti » RITA DI GIOVACCHINO

A

Trapani c’è la nuova roccaforte della mafia, qui si nasconde Matteo Messina Denaro, l’ultimo capo di Cosa Nostra protetto dalla sua gente, dai servizi segreti e dalla massoneria. C’è chi lo ha visto a bordo di un’auto blindata, con i vetri oscurati, preceduta e seguita da altre auto come un capo di Stato. Il 4 aprile 2013 un oscuro elettricista, suo prestanome, fu arrestato per aver messo in piedi una colossale fortuna con l’energia rinnovabile. Ne è seguito il sequestro di un miliardo e 300 milioni di euro, cifra senza precedenti. “Io muovo denaro”, è la battuta attribuita all’enigmatico personaggio

che scruta dall’alto la terrazza padre don Ciccio che seppe sul Colosseo di Jep Gambar- far tesoro dell’emigrazione, della ne La grande bellezzae in l’unica risorsa dei suoi tempi, molti vi hanno riconosciuto dando vita a una fitta rete di proprio lui ormai assurto ai rapporti che andavano dall’Apiani alti di Roma. Matteo è frica al Medio Oriente. A Caricco come Creso, ricchezza stelvetrano Matteo lo vedevache in Sicilia produce miseria, no scorrazzare in Porsche, acortocircuito biti Versace, Roche solo la mafia lex Daytona, sa produrre e di foulard, belle questo Riina nel donne al fianco, carcere di Opera L’Isis da giovane frelo accusa. Trapa- Le uniche quentava i salotti ni è il centro nedella Palermo vralgico del team minacce bene e le signore criminale che ha oggi arrivano se lo contendegestito le stragi vano, eppure ha degli anni 90. dal Califfato, che ammazzato tan“Da Trapani i si- più dell’esercito ta gente da ciliani partono e “riempire un cia Trapani ritor- teme Cosa Nostra mitero”. Riina lo nano”, diceva il spedì a Roma per

uccidere Falcone, lui ne approfittò per fare shopping in via Condotti e frequentare night, ma ha il fiuto degli affari. Anche se il suo vero potere affonda negli archivi segreti. Alla lista dei contatti d’affari nel mondo arabo o a quella degli imprenditori iscritti sul libro paga, va aggiunto un terzo archivio che gli avrebbe consegnato Leoluca Bagarella, una vera investitura. Secondo Antonino Giuffrè, Trapani è la città meno colpita dalle forze dell’ordine perché punto di riferimento di massoneria e servizi segreti: “Nel momento in cui la mafia tratta, tratta affari, droga, armi, ha nelle mani cose illegali e dietro le quinte ci sono agenti segreti in contatto anche con i terroristi del

mondo arabo”. Quando anche Matteo Messina Denaro sarà arrestato, calerà per sempre il sipario sul mondo dei boss sanguinari al servizio dei potenti. Non perché la mafia sarà sconfitta, ma perché i veri potenti nel frattempo saranno diventati loro, troveremo i figli in giro per il mondo a trattare con i governi al fianco di uomini d’affari conosciuti nel salotto di casa. Ci saranno altre stragi? Le uniche minacce per ora arrivano dall’Isis che aspira a piantare la bandiera su San Pietro. Se davvero si creassero le condizioni di uno sbarco, le mete più vicine sarebbero Calabria e Sicilia. Ma i jihadisti più dell’esercito temono Cosa Nostra. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Latitante Matteo M. Denaro

In libreria l

Stragi

Rita Di Giovacchino 368 pagine 22 euro Castelvecchi


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