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Giovedì 11 Febbraio 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |

CSM

Legnini, moratoria sul consigliere giuridico di Grasso

IL CONSIGLIERE GIURIDICO del presidente del Senato Piero Grasso, Rosario Aitala, ex pm di Trapani, al centro di divisioni dentro al Csm. Tanto che ieri sera il vicepresidente Legnini ha fatto saltare il voto al plenum sul mantenimento, o meno, del suo incarico. Secondo la netta maggioranza della Terza commissione - Cananzi, Clivio, Morgigni, Zaccaria - Aitala deve tornare a fare il magistrato

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perché sono passati oltre 10 anni, periodo massimo consentito per incarich fuori ruolo. Il consigliere Fanfani si è astenuto mentre Forteleoni ha scritto una relazione di minoranza secondo cui Aitala deve poter fare ancora il consigliere di Grasso. Le ragioni sono quelle sostenute dallo stesso Aitala: i calcoli fatti sarebbero sbagliati perché non si possono contare anche gli anni trascorsi alla Commissione

europea in Albania in cui avrebbe svolto funzioni giudiziarie. Su proposta di Legnini, dal plenum il caso è ritornato in commissione per puntualizzare la proposta pro incarico al Senato perché, fondandosi sulla valutazione del passato ruolo internazionale, rischia di dare il via libera a interpretazioni estensive per tutti i fuori ruolo all’estero. A. MASC.

MISTERI Barriera legale sul rapporto con Etihad

GIGLI MAGICI

Carrai, Open e l’affare dei farmaci con la Sapienza

» STEFANO FELTRI E CARLO TECCE

S

cordatevi di sapere quanto paga Palazzo Chigi per il nuovo mega-aereo voluto dal premier Matteo Renzi, rassegnatevi a non sapere se si tratta di un salasso per il contribuente italiano o di un benefit concesso da James Hogan e dalla sua Etihad nell’ambito della trattativa che ha portato la compagnia araba ad acquisire il 49 per cento di Alitalia: sull’Airbus A340-500, meglio noto come Air Force Renzi, è tutto un segreto. Ed è segreto perché il contratto è stato segretato.

» ANDREA GIAMBARTOLOMEI

I

NON È UN GIOCO di parole, ma

la spiegazione ufficiale che arriva da Palazzo Chigi. All’articolo 17, il codice degli appalti prevede che si possa derogare agli obblighi di trasparenza e di gara “per i contratti al cui oggetto, atti o modalità di esecuzione è attribuita una classifica di segretezza” e anche “per i contratti la cui esecuzione deve essere accompagnata da speciali misure di sicurezza, in conformità a disposizioni legislative, regolamentari o amministrative”. Visto che sull’Air Force Renzi è previsto che viaggino, oltre al premier, anche il presidente della Repubblica e membri del governo, Palazzo Chigi ha giustificato il ricorso alla procedura di secretazione. Oltre all’accordo nascosto con Etihad, in questa circostanza, i documenti collegati hanno ottenuto una protezione ancora maggiore: una classificazione di riservatezza. In Italia ci sono quattro livelli di segretezza per le “informazioni la cui conoscenza non autorizzata sia idonea a recare pregiudizio agli interessi fondamentali della Repubblica”, come recita il glossario del Dis, il coordinamento dei Servizi segreti prezzo la Presidenza del Consiglio. In ordine crescente di segretezza, le informazioni possono essere classificate come Riservato (R), Riservatissimo (RR), Segreto (S) e Segretissimo (SS). A differenza del segreto di Stato vero e proprio, per questi livelli di sicurezza non è precluso l’accesso alle informazioni per l’autorità giudiziaria che, però, deve “curarne la conservazione in modo da salvaguardarne la riservatezza, assicurando il diritto delle parti coinvolte nel procedimento a prenderne visione”. Sul contratto, invece, può vigilare solo la Corte dei conti. Tutta la pratica è stata gestita da Palazzo Chigi, coinvolgendo per lo stretto indispensabile il Tesoro e il ministero della Difesa, che si è occupato soltanto di alcuni passaggi amministrativi. Per quello che ne sappiamo finora, lo schema è questo: Palazzo Chigi paga un canone ad Ali-

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A bordo Renzi sull’aereo di Stato durante il viaggio verso gli Stati Uniti. Sopra, il nuovo Airbus

Il contratto “top secret” dell’Air Force Renzi Niente gara o trasparenza sul leasing. E informazioni classificate

LAGAFFE

talia che a sua volta lo paga all’azionista Etihad la quale, secondo quanto ha ricostruito La Notizia Giornale, a sua volta potrebbe essere ancora impegnata da un contratto di leasing con una delle società di noleggio del settore che ha comprato l’aereo da Airbus, l’azienda produttrice dell’A340-500 in servizio dal 2006. Alitalia non comunica il canone di leasing che versa a Etihad, Palazzo Chigi ha classificato l’informazione per tenerla coperta, Etihad non risponde.

Fatto a mano

DA PARTE SUA, Alitalia ha pre-

“Onore al primo ministro dell’Iran”: ma è dell’Iraq... Gaffe ieri nel cortile di Palazzo Chigi: al suo arrivo il premier iracheno Haider al-Habadi è stato accolto dal picchetto d’onore con la consueta formula “Onore al primo ministro” ma il militare ha sbagliato nazione, definendolo primo ministro dell’Iran. Renzi, che si accorto dell’errore, si è piuttosto infastidito...

cisato di non sostenere alcun onere nell’operazione se non quello per la “manutenzione ordinaria”. Neanche quella è stata messa a gara, pur non essendo – formalmente – l’Airbus A340-500 un velivolo Alitalia, bensì del suo partner industriale Etihad. Che bisogno c’era di costruire questa complessa struttura contrattuale? Palazzo Chigi non poteva fare direttamente un contratto con Etihad o con la compagnia di leasing titolare della proprietà ultima del velivolo? La risposta sembra essere, ancora una volta, nell’esigenza di segretezza di tutta l’operazione. Secondo quando spiegano fonti di Palazzo Chigi al Fatto, Alitalia è stata “scelta”(quindi senza alcun tipo di gara) perché nella ex compagnia di bandiera, oggi completamente privata, lavorano persone in

Palazzo Chigi Alitalia è usata come intermediario perché ha persone con il Nulla osta di sicurezza possesso del Nos, il Nulla osta di sicurezza. Cioè il permesso concesso dalla Presidenza del Consiglio “che consente alle persone fisiche la trattazione di informazioni classificate riservatissimo o superiore”. Il Nos non è necessario per fare lavori collegati a contratti che richiedono “speciali misure di sicurezza” o con la classifica “riservato”. Questo significa

che sotto il contratto secretato dal governo Renzi ci sono informazioni e documenti che hanno bisogno di un permesso speciale per essere maneggiate. NEL 2010 IL GOVERNO Berlu-

sconi confermò che dentro la Rai c’era un gruppo di giornalisti dotati di Nos che serviva per “l’espletamento di incarichi di natura amministrativa e non riguarda l’attività giornalistica”. Ci furono molte polemiche sulle reali mansioni di questo gruppo di giornalisti che aveva anche mansioni non giornalistiche. Ma il mistero è rimasto. Come sull’Air Force Renzi. Almeno per ora. © RIPRODUZIONE RISERVATA

l “Giglio magico” entra alla Sapienza di Roma per fare affari coi farmaci. Lo ha fatto tramite una società in cui si intrecciano persone vicine al prem i e r c ome Marco Carrai e Alberto Bianchi, esponenti di spicco dell’industria farmaceutica e del mondo accademico. Si tratta della KCube, creata il 28 novembre 2014 e protagonista di un accordo per sfruttare commercialmente i brevetti e le ricerche realizzate dall’ateneo romano. Il presidente del cda è Carrai, proprietario del 10%. Nel board con lui anche il presidente della fondazione Open Alberto Bianchi; il tributarista vicino al Pd Tommaso Di Tanno, ex sindaco di Mps coinvolto nell’indagine; e infine Flavio Maffeis, titolare del 20% delle azioni e vicepresidente della Farbanca, società della Popolare di Vicenza specializzata nei finanziamenti nel settore sanitario. Maffeis è anche l’ex presidente della Glaxo spa (società italiana della multinazionale) arrestato nel 1993 per “Farmatangenti”, da cui è uscito il 19 maggio 1997 patteggiando la pena per corruzione. Dall’accordo con l’ateneo si evince che l’azienda “ha interesse nell’investire nel settore farmaceutico e nelle nuove tecnologie attraverso la costituzione di start up”, mentre la Sapienza “è interessata a mettere a frutto le ricerche già realizzate e quelle che potranno essere realizzate anche in futuro”. Permetterà così alla KCube di “visionare il proprio portafoglio brevetti, i progetti e le ricerche” per poi avviare insieme le start up. In cambio la KCube dovrà pagare alla Sapienza le spese per registrare e mantenere il brevetto, quelle per le attività fatte nei locali messi a disposizione dall’università e delle royalties del 10% nel caso in cui Carrai&Co. possiedano più del 25% delle start up. Per quanto riguarda gli eventuali profitti della vendita di queste ultime, l’ateneo otterrà una quota fissa dell’1,3% e una quota variabile fino al 6% in base al “plusvalore realizzato sulle dismissioni di ciascuna”. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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