vox militiae anno IX 2010 n.3

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VOX MILITIAE CAVENDO TUTUS

Anno IX – N° 3

Ottobre 2010

Cap. mag. Francesco VANNOZZI 9 ottobre 2010

Cap. mag. Marco Pedone 9 ottobre 2010

Ten. Alessandro ROMANI 17 settembre 2010

Cap. mag. Gianmarco Manca 9 ottobre 2010

IN QUESTO NUMERO: pagine 2 e 3: situazione in Afghanistan, e attività del 9 ° reggimento alpini; pagina 4: gli stati falliti; pagina 5: Oro alla Patria, una particolare interpretazione; pagine 6 e 7: i dati sull’intervento della Protezione Civile e delle FFAA nel terremoto in Abruzzo; pagine 8, 9 , 10 e 11: Giornate di Storia delle Forze Armate italiane; pagina 12: Mestieri in bicicletta

Cap. mag. Sebastiano VILLA 9 ottobre 2010

TESSERAMENTO ANNO 2011 SOSTEGNO AL GIORNALE Il rinnovo della tessera per l‟anno 2011 potrà essere effettuato tramite bonifico bancario sul Conto Corrente Intestato a:

Associazione Culturale VOX MILITIAE Codice IBAN:

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Ottobre 2010 L’AFGHANISTAN DI PETRAEUS

Da Petraeus ad oggi. L’offensiva USA sta avendo successo? I Talebani su quante forze possono contare? E da dove vengono? C’è forse una particolare attenzione verso noi italiani. Se si, a quale scopo? Vito DI VENTURA Il “Report on Progress Toward Secutiy and Stability in Afghanistan”, rilasciato lo scorso aprile dal Dipartimento di Stato Americano, tolte le mezze verità diffuse ai media e l‟evidente fumosità, mostra come la situazione fosse critica. Da quel rapporto ad oggi molte cose sono successe. Prima fra tutte, il cambio del Comandante delle forze Americane e NATO; il Gen. Stanley McChristal è stato sostituito dal Gen. David Petraeus, proprio nel giorno in cui gli Stati Uniti festeggiavano l‟Indipendenza, cioè il 4 luglio. Tale repentina sostituzione, per aver il Gen. McChrystal criticato apertamente l‟Amministrazione Obama, ancora oggi lascia molti interrogativi e, soprattutto, a noi Europei ha mostrato, ancora una volta, il peso reale che abbiamo in questo tipo di decisioni. In segno di benvenuto, i Talebani hanno sferrato un micidiale attacco proprio il giorno in cui il nuovo Comandante, Petraeus, metteva piedi sul suolo Afghano, marcando la loro vitalità, sfrontataggine e capacità organizzativa. D‟altronde l‟attività terroristica, proprio in quei giorni, era in forte ripresa, testimoniata dal quotidiano bollettino di morti, che avevano raggiunto, a luglio, la quota di circa 1.500 dall‟inizio delle operazioni, 2001. Oggi, quasi raddoppiata. Per gli Stati Uniti comunque restava e resta prioritaria la battaglia per la conquista della città di Kandahar, cuore delle attività commerciali dei Talebani e città natale di molti di essi e, quindi, santuario sicuro da sempre. Dopo mesi di annunci, il 26 settembre è ufficialmente iniziato il tanto atteso attacco alla città. All‟operazione denominata “Dragon Strike”, tuttora in corso, partecipano anche truppe afghane. L‟obiettivo è quello di conquistare i capisaldi dei Talebani nei principali tre distretti della regione, Arghandab, Zhari e Panjwye. L‟operazione, inizialmente prevista per giugno, ha subito ritardi a causa della resistenza dei Talebani, ma soprattutto dei capi tribù afghani preoccupati del coinvolgimento della popolazione e delle possibili vittime civili che un‟operazione di tale portata potrebbe avere, anche alla luce delle difficoltà incontrare a pacificare la città di Marjah, decisamente più piccola di Kandahar. La conquista della città è a giusta ragione considerata cruciale dal Presidente Barack

Obama, in quanto influenzerà sia la rivisitazione della strategia afghana, prevista per dicembre, e sia le elezioni di medio termine, mentre, militarmente, significherebbe dominare il sud e il vicino Waziristan, santuario in territorio Pakistano, e una forte rivincita sulla crescente baldanza dei Talebani, convinti che la situazione sia ormai volta a loro favore. Il termini numerici, infatti, il numero dei morti dall‟inizio del 2010 ad oggi è di 584 (di cui 381 americani), ed ha già superato i 521 (di cui 317 americani) dell‟intero 2009, e questo

ben rappresenta l‟efficacia degli attentati e dell‟utilizzo delle cosiddette “roadside bomb”, ovvero della strategia dei Talebani. Per gli amanti della statistica, il numero totale dei soldati della Coalizione morti ad oggi è di 2.154. Dire se l‟offensiva stia avendo successo non è facile. Il numero delle sortite dei velivoli drones, in mano alla CIA, da settembre sono aumentati e, di conseguenza, quello dei terroristi o presunti tali uccisi. Ovviamente, non sono mancate le vittime tra la popolazione civile e le dure reazioni del governo Afghano e della comunità internazionale, con conseguente aumento del dissenso interno nei confronti delle forze della Coalizione. Solo nel primo semestre del 2009, secondo il rapporto della sezione diritti umani della Missione di assistenza dell‟Onu in Afghanistan (Unama) ammonterebbero a 1.013 i civili afghani morti a causa dei raid delle forze della coalizione internazionale e degli attentati dei Talebani, facendo registrare un incremento del 24% rispetto allo stesso periodo del 2008. Nel complesso dall‟inizio delle operazioni in Afghanistan si pensa che siano morti almeno 7.500 civili.

Ma per ogni terrorista che muore altri prendono la via della resistenza armata, addestrati nei campi siriani, iraniani, palestinesi, etc. sparsi un po‟ ovunque. Quanti siano effettivamente i combattenti Talebani non si sa, anche perché il reclutamento non è limitato al solo Afghanistan o Pakistan o ai Paesi limitrofi, ma avviene in tutto il mondo. Lo testimonia l‟uccisione di questi giorni di cinque terroristi islamici di origine tedesca, ma già in passato ce ne sono stati di cittadinanza Britannica, Norvegese, solo per citarne alcuni. Certamente la strategia di colpire i terroristi nei loro santuari ai confini con il Pakistan sta provocando qualche successo in termini di terroristi uccisi, anche se di contro ciò provoca le dure critiche del governo Pakistano che ha, per reazione agli ultimi attacchi drones in cui hanno perso la vita anche tre soldati Pakistani, smesso di fornire la sicurezza ai convogli americani lungo le vie di comunicazione che dal porto di Karachi giungono in Afghanistan. Per noi Italiani , il 2010 è stato un anno nero. Sono già 12 i militari caduti in missione da gennaio ad oggi, mentre il numero totale, dal 2004 quando ebbe inizio la missione ISAF, è salito a 34. Non si tratta di un attacco agli “Italiani”, ma solo il risultato delle azioni terroristiche messe in atto dai Talebani per controbilanciare l‟offensiva Americana. Bisognerebbe analizzare tutti gli attentati, i luoghi, i tempi e le modalità per capire la strategia dei Talebani (perché niente è fatto a caso) e prevenirne le mosse. Niente di premeditato, a mio parere, contro l‟Italia, anche se per molti potrebbe rappresentare un anello debole della Coalizione. I nostri soldati sono ben addestrati, equipaggiati e motivati. Hanno maturato molta esperienza in campo internazionale, non siamo alla nostra prima missione, anzi siamo “richiesti” dai nostri Alleati che conoscono bene la qualità e la professionalità dei nostri Ufficiali, Sottufficiali e Volontari. L‟Italia abbandonerà il Teatro d‟operazione, a partire dalla metà prossimo anno, in concomitanza con l‟inizio del ritiro Americano, Britannico e di molti altri Paesi. In tale ottica, sono da leggere i recenti colloqui di pace instaurati tra il governo Karzai, da sempre favorevole alla “riconciliazione nazionale”, e vari gruppi Talebani. Senza una riappacificazione non si può gestire politicamente il Paese con le proprie forze e questo può avvenire solo attraverso l‟apertura di un tavolo di trattative serie, per poter pensare di scrivere la parola fine a questo conflitto.

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Ottobre 2010 AFGHANISTAN: MISSIONE COMPIUTA PER GLI ALPINI DEL 9° REGGIMENTO. DOPO SEI MESI TUTTI A CASA

estesa con le forze di sicurezza afgane per estendere l‟influenza del governo di Kabul in aree sensibili, in cui la presenza di insorti è più marcata. Abbiamo consolidato la presenza di ISAF sul terreno al fianco della polizia e dell‟esercito di Kabul, conseguendo risultati di spicco nel contrasto alla minaccia degli ordigni rudimentali nella provincia di Farah”, così ha dichiarato il colonnello Franco Federici prima del passaggio ufficiale di consegne al colonnello Giovanni Parmiggiani, comandante del reggimento Lagunari di Venezia, avvenuto alla presenza del generale Claudio Berto e delle massime autorità civili e militari afgane. Col. Franco FEDERICI Il 9° reggimento Alpini nasce il 1 luglio 1921 Cte 9° rgt. alpini con i battaglioni "Vicenza", "Bassano", "Feltre" e "Cividale" ed è inserito nella 3^ Cap. Giuseppe GENOVESI Divisione Alpina. (addetto stampa 9° reggimento alpini) Dal 1935 è inquadrato nella Divisione "Julia" Sono i Lagunari del reggimento „Serenissima‟ ed il 13 aprile dello stesso anno costituisce ad assumere dal 15 ottobre la guida della Task Force South di stanza a Farah e Bala Baluk, dando il cambio al 9° reggimento Alpini della brigata Taurinense al termine di sei mesi di intensa attività operativa svolta nella provincia situata a circa 200 km a sud di Herat. Il periodo trascorso dagli Alpini abruzzesi del 9° reggimento guidati dal colonnello Franco Federici è stato imperniato su una vasta gamma di operazioni che hanno coniugato sicurezza e sviluppo nei distretti remoti della provincia che si trova al confine con l‟Helmand. Oltre 700 le pattuglie svolte in 180 giorni dai nella sede di Gorizia il battaglione Alpini militari della Task Force South, costituita da "L'Aquila". Il suo motto, "D'Aquila Penne, due compagnie alpine – la 108 e la 143 – oltre ugne di Leonessa" che racchiude il nome di che dalla X compagnia dell‟8° bersaglieri su tre città abruzzesi, bacino di reclutamento del cingolati „Dardo‟ e da una compagnia genio. battaglione, esce dalla immaginifica fantasia Le operazioni - condotte in partnership con le del poeta pescarese Gabriele D'Annunforze di sicurezza afgane - hanno portato tra zio. l‟altro alla cattura di diversi pericolosi ele- Il battaglione segue le sorti del reggimento menti impegnati nella fabbricazione di ordigni con cui partecipa alla campagna di Grecia ed a rudimentali, e alla distruzione di ingenti arse- quella di Russia, dove si distingue particolarnali. mente durante i duri combattimenti per sfugGli Alpini del 9° sono stati contemporanea- gire all'accerchiamento sovietico. mente impegnati sul fronte dello sviluppo, Rientrato in Italia, viene sciolto nel settembre realizzando un elevato numero di progetti a 1943 nella zona di Udine. L’unità, ricostituita impatto immediato nelle zone meno accessibi- nel settembre 1944 come battaglione Alpini li della provincia, a sostegno delle comunità "Abruzzi" poi rinominato "L'Aquila" ha comlocali: pozzi, strade, ponti e donazioni di at- battuto in Italia con il reggimento fanteria trezzi agricoli, articoli scolastici e coperte ai speciale del Gruppo di Combattimento villaggi situati nell‟area di operazione delle "Legnano" per passare a guerra finita nell'8° pattuglie. Forte anche l‟azione di assistenza reggimento alpini della brigata "Julia". medica di base nei distretti più lontani con 46 Con la ristrutturazione dell'Esercito del 1975 visite a domicilio delle quali hanno fruito oltre al battaglione Alpini "Vicenza" viene assegna 1500 persone, di cui 300 bambini. “Le operazioni della Task Force South sono ta la bandiera di guerra e le tradizioni del 9° avvenute all‟insegna di una collaborazione reggimento, che rinasce il 26 agosto 1996 in

Col. Giovanni PARMIGGIANI Cte rgt. “Serenissima” L'Aquila sulla base del preesistente battaglione Alpini "L'Aquila". Ridislocato nel 1975 da Tarvisio (UD) a L'Aquila, il 4 settembre 1991 costituisce uno dei reggimenti "pilota" del nuovo ordinamento. Attualmente, il 9° reggimento Alpini è inquadrato nella brigata Alpina "Taurinense" e dipende dal Comando delle Truppe Alpine. Ha preso parte alle più recenti operazioni fuori area dell'Esercito Italiano (Mozambico nel 1993; Bosnia nel 1998; Albania nel 1999; Kosovo nel 2000, nel 2001 e nel 2007; Afghanistan nel 2003, nel 2005 e nel 2008). Di rilievo la partecipazione all'Operazione “Enduring Freedom”, nota come "Contingente Nibbio", per la quale il reggimento ha ricevuto la Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia. La bandiera di guerra del reggimento è decorata di due Ordini Militari d‟Italia, di due Medaglie d‟Oro al Valor Militare, di quattro Medaglie d‟Argento al Valor Militare e due Medaglie di Bronzo al Valore dell‟Esercito. A termine di questo impegnativo periodo, un pensiero deve, necessariamente, essere rivolto a coloro che, partiti per l'Afghanistan in missione con altri reparti dell‟Esercito, non sono più rientrati per aver sacrificato la propria vita nel compimento del dovere. Mi riferisco al sergente Massimiliano Ramadù, al caporal maggiore Luigi Pascazio, al primo caporal maggiore Francesco Positano, al capitano Marco Callegaro, al primo maresciallo Mauro Gigli, al caporal maggiore capo Pier Davide De Cillis, al tenente Alessandro Romani, al primo caporal maggiore Gianmarco Manca, al primo caporal maggiore Francesco Vannozzi, al primo caporal maggiore Sebastiano Ville, al caporal maggiore Marco Pedone. Alle loro famiglie, la nostra vicinanza.

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Ottobre 2010 STATI FALLITI Una minaccia alla nostra Sicurezza

Con il termine di «stati falliti», si indicano gli stati dove le Istituzioni Statali risultano corrotte ed inefficienti, manifestano incapacità ad imporre l‟autorità statale, anche per mancanza di volontà, a difendere i loro cittadini dalla violenza ed a garantire l‟uguaglianza. Non riconoscono le Norme di Diritto Internazionale. Tali stati sono i più esposti quando si manifestano crisi, siano esse alimentari o conseguenti ad un devastante evento naturale. Il crollo dello stato è inevitabile ed il territorio diventa terra fertile per traffici illeciti della criminalità mondiale.

SOMALIA: punteggio 114 (su 120). Pirati in azione.

ZIMBABWE: punteggio 110,2. Bambini soldati.

IRAQ: punteggio 107,3. Attentato nella capitale del 23 aprile 2010.

Il Fondo per la Pace, un‟organizzazione di ricerca indipendente, e la rivista “Foreign Policy”, con sede a Washington, elaborano annualmente una classifica basata su dodici indicatori (sociali, economici e politici) che fotografano la situazione mondiale. Piu‟ è elevato il punteggio ottenuto piu‟ lo stato è debole e in via di dissoluzione. Gli stati deboli sono prevalentemente in Africa, ma se ne trovano anche in Asia, in Europa orientale, in America Latina e in Medio Oriente. L‟ultima graduatoria dell‟anno 2010, per il terzo anno consecutivo, ha visto la Somalia al primo posto.

CHIAD: punteggio 113,3. Villaggio di Dankouche.

REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO: punteggio 109,9. Minatori al lavoro.

REPUBBLICA CENTRAFRICANA: punteggio 106,4. Un uomo guarda un villaggio in fiamme.

SUDAN: PUNTEGGIO 111,8. Bambini attorno ad un elicottero ONU.

AFGHANISTAN: punteggio 109,3. Donne nella capitale.

GUINEA: punteggio 105. Carri armati in azione.

Il principio di autoesenzione dal rispetto delle norme internazionali per un verso e per l’altro la fine dello stato di diritto e di ogni democrazia sostanziale all’interno. PAKISTAN: punteggio 102,5. Attentato terroristico.

Noam Chomsky: «Stati falliti. Abuso di potere e assalto alla democrazia in America».

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Ottobre 2010 ORO ALLA PATRIA - 18 dicembre 1935 Il 3 ottobre 1935, l’Italia fascista, spinta da necessità economiche e politiche, iniziò l’invasione dell’Etiopia. Dopo pochi giorni (10 e 11 ottobre), la Società delle Nazioni condannò l’Italia come aggressore. Nel mese di novembre furono approvate sanzioni economiche che sabotavano le importazioni italiane, e vietavano l’esportazione in Italia di materiali militari e la concessione di crediti. Senza attuare l’embargo petrolifero. Il regime fascista, in risposta a quelle sanzioni, per riunire le masse intorno al regime, piu’ che per il valore economico, organizzò la raccolta di fede matrimoniali d’oro, sostituite con fedi d’acciaio. Il dono delle fedi matrimoniali alla Patria costituì uno dei momenti piu’ impressionanti del consenso al regime fascista. Le fedi raccolte a Roma furono 250 mila, a Milano 180 mila. In tutto il Paese furono raccolti 33.622 chili d'oro e 93.473 d'argento.

Massimo COLTRINARI La notizia è rilevante. L‟Italia fascista, che nel maggio del ‟39 aveva firmato il «patto d‟acciaio» con la Germania nazista e che il 10 giugno del ‟40 avrebbe dichiarato guerra alle democrazie occidentali, «mise al sicuro» una gran quantità d‟oro della Banca d‟Italia negli Stati Uniti. L‟operazione fu spiegata in una lettera (2 marzo ‟40) dell‟allora governatore di Bankitalia Vincenzo Azzolini al ministro per gli Scambi e le Valute, Raffaello Riccardi. Dai primi di marzo del ‟40 ai giorni immediatamente precedenti l‟intervento mussoliniano, 25 tonnellate d‟oro - valore: 27 milioni di dollari e 541 milioni di lire del tempo - vennero trasportate con il transatlantico «Rex» al di là dell‟Oceano. Una parte di quei fondi fu poi utilizzata per finanziare le ambasciate in America Latina. Due giovani diplomatici, Robero Ducci e Girolamo de Bosdari, ebbero l‟incarico di portare a Rio de Janeiro due valigie contenenti un milione e mezzo di dollari. Completo i cenni fattuali tratti da Gente ricordando che la documentazione su questo intrigo politicoeconomico è custodita nell‟archivio Riccardi, affidato a un museo creato a Genova dal miliardario di Miami Mitchell Wolfson. I fatti sono chiari, lo sono molto meno le deduzioni cui essi si prestano. La più ovvia è che sia stata una manovra finanziaria con cui, in vista d‟una futura partecipazione al conflitto, il governo italiano intendeva assicurarsi una cospicua disponibilità di denaro. A conforto di questa tesi, le frasi con cui veniva spiegato che gli Usa «non hanno preso misure per i depositi degli Stati belligeranti, solo per gli Stati occupati». In base a questa considerazione formale una montagna d‟oro sarebbe stata imbarcata sul «Rex». Il ragionamento non mi pare del tutto convincente. Poteva Mussolini, cui nessuno nega intelligenza, ignorare che gli Usa, pur formalmente estranei al conflitto, erano di fatto al fianco della Gran Bretagna e della Francia? Poteva ignorare che se si fossero impegnati nell‟immane scontro, l‟avrebbero fatto contro la Germania? La mossa mussoliniana, se fondata su questo e soltanto su questo, sarebbe una prova clamorosa di dilettantismo.

Oltretutto mancavano gli stimoli temperamentali che determinavano i colpi d testa del Duce. Ma la vicenda non è di quelle che sollecitavano i suoi impulsi. È ragioneria, gestita da un personaggio riflessivo e prudente come il governatore Azzolini. Si deve allora leggere la manovra come un gesto di sfiducia nei confronti della Germania? Siamo, con le istruzioni di Azzolini, ai primi di marzo del ‟40, e il 18 di quel mese il Duce incontra il Führer al Brennero, dove promise di «marciare con la Germania» riservandosi tuttavia la scelta del momento in cui l‟avrebbe fatto. Nello stato d‟animo in cui era, il Duce poteva ragionevolmente osare un gesto anti-tedesco oppure - ed è ancor meno verosimile - preoccuparsi della sorte che avrebbe avuto l‟oro italiano quando i tedeschi, vincitori o vinti o chissà cos‟altro, avessero voluto metterci sopra le mani? No, la mossa del governo fascista non ebbe - questa è la mia opinione un movente o alcuni moventi che avessero attinenza con le grandi strategie e con le grandi ideologie. Mussolini, ancora in dubbio sull‟agganciarsi totalmente a Hitler - lo risolse, il dubbio, quando seppe che le Panzerdivisionen irrompevano verso Parigi - non ebbe nessuna intenzione di dare uno schiaffo o almeno d‟attestare sfiducia alla Germania. Non questo ci racconta - è sempre, lo ribadisco, una mia discutibile opinione - il carteggio ora affiorato. Racconta, secondo me, qualcos‟altro. Mussolini sottovalutava gli Stati Uniti. Diceva Giovanni Ansaldo che se il Duce, provinciale di talento, avesse visto una volta l‟elenco telefonico di New York - venti volte quello di Roma - gli sarebbe passata ogni voglia di stuzzicare gli americani. In quei giorni vide il sottosegretario agli Esteri Sumner Welles inviato da Roosevelt. Non si piacquero reciprocamente. Sumner Welles descrisse Mussolini «statico e massiccio piuttosto che vigoroso». Per Mussolini gli americani, simpatizzanti delle democrazie, contavano poco, e non sarebbero entrati in guerra, comunque fossero andate le cose. Dunque gli Usa erano un santuario sicuro per l‟oro di Roma. Un‟altra profezia che non si può dire fosse proprio azzeccata. 5


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TERREMOTO IN ABRUZZO - DATI UFFICIALI TRATTI DAL SITO DELLA PROTEZIONE CIVILE -

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Ottobre 2010 EVENTO SISMICO DEL 6 APRILE 2009 ATTIVITA‟ SVOLTE DALLE FORZE ARMATE

Dati Statistici: Periodo di riferimento: 6 aprile 2009 – 31 marzo 2010 Forza massima: 1341 uomini e 220 mezzi (di cui circa 100 speciali del genio) - giornate uomo: 199.209 (Fonte: Ufficiale addetto alle relazioni esterne del 33° reggimento artiglieria “ACQUI”)

1. rimozione macerie e ripristino viabilità: - circa 7.700 metri cubi di macerie rimosse; - 4 frane rimosse; - 5 slavine sgombrate; - 5 strade riaperte; 2. attività medevac/casevac e ricognizioni aeree unitamente alle altre F.A. per un totale complessivo di: - 334 ore di volo; - 304 sortite; - 23 ore di Evacuazione Medica; - 17 ore di casevac (evacuazione sanitaria); - 73 persone (PROCIV) trasportate; - 6.000 kg di materiali trasportati. 3. realizzazione ed urbanizzazione campi di accoglienza: - concorso nell‟allestimento di 173 campi di accoglienza e successivo smontaggio; - 55.000 metri cubi di ghiaia stesa; - 173 impianti fognari allacciati; - 327 impianti elettrici allacciati; 4. controllo e riparazione acquedotti: - oltre 300 metri di acquedotto ripristinato; -1.200 metri di acquedotto controllato in zone impervie; 5. ripristino e gestione linea ferroviaria TERNI-L’AQUILA: - 31 capistazione (per 18 stazioni); - 3 macchinisti; 6. distribuzione pasti: oltre 200.000 pasti preparati e distribuiti in 4 diversi campi di accoglienza; 7. censimento fabbisogno alloggiativo: 3.177 moduli compilati; 8. inserimento schede agibilità su supporto informatico: 35.000 schede inserite; 9. valutazione danni: 850 verifiche su infrastrutture civili danneggiate dal sisma; 10. livellazione alta precisione a cura dell’Istituto Geografico Militare; 11. allestimento di una task force infrastrutture unitamente a personale AM per assicurare la direzione lavori (r.u.p. incluso) per la realizzazione di 1.015 Moduli Abitativi Provvisori (MAP);

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Ottobre 2010 GIORNATE DI STORIA DELLE FORZE ARMATE ITALIANE - VI^ EDIZIONE L’AQUILA, 22 - 23 settembre 2010 TERAMO, 25 settembre 2010

23 settembre 2010 Ricordo dei nove “Martiri Aquilani “

22 settembre 2010

Assegnazione Premi “Martiri di Cefalonia” ed “Ettore Troilo” Coordinatore: Gen. C.A. (ris) Andrea Michele LUSA 09,30 – 10,30: Consegna premio “Martiri di Interventi: Prof. Umberto DANTE: Ricordo di Cefalonia;

Cefalonia”

Gen. (ris) Raffaele SUFFOLETTA: Il Gen. Antonio GANDIN; Gen. Attilio BORRECA: Incontro con il Comandante “Raggruppamento Unità Addestrative Esercito”; Col. f. William RUSSO: Incontro con il Comandante 17° reggimento “ACQUI”; *** 10,45 - 12,00: consegna premio “Ettore Troilo” Interventi: Dottor Marco CASTELLUZZO: direttore generale UTET; Col. A.A.r.a.n. Giorgio BALDACCI: Stato Maggiore Difesa.

09,00 - 09,15: Alza Bandiera L‟Aquila: piazzale Istituto Tecnico Industriale “A. D‟Aosta”; 09,45 - 11,00: lungo il sentiero percorso dai giovani aquilani Da L‟Aquila (S. Sisto) a Collebrincioni (piazza S. Silvestro) 11,00 - 11,15: Ricordo dei nove Martiri Commemorazione (sala circolo Collebrincioni) a cura del prof . Walter CAVALIERI 12,00 - 12,30: Onore ai caduti: deposizione corona al monumento della Caserma G. Pasquali.

25 settembre 2010 L’inizio del secondo Risorgimento: Bosco Martese Inizio ore 16,30 - interventi Prof.ssa Maria Teresa GIUSTI: L’esercito italiano dopo l’8 settembre 1943; Gen. D. CC (ris.) Corinto ZOCCHI: I carabinieri nella Resistenza e nella Guerra di Liberazione; Presidente Egidio MARINARO: Da Teramo a Bosco Martese; Prof. Nicola PALOMBARO: Bosco Martese nella Resistenza in Abruzzo

22 SETTEMBRE 2010 Assegnazione premi - L’AQUILA, AUDITORIUM DELLA CASSA DI RISPARMIO -

Apertura lavori

Consegna premio “Martiri di Cefalonia”

Svolgimento lavori

Consegna premio “Ettore Troilo”

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Ottobre 2010 23 settembre 2010 Il ricordo dei Nove Martiri Aquilani - lungo i loro passi

David Adacher Dopo l‟otto settembre, sia per sottrarsi ai rastrellamenti, che per contrastare quelli che erano divenuti nemici, fascisti e nazisti, una quarantina di giovani lasciò L‟Aquila con anche l‟intenzione, come sembra, di raggiungere Bosco Martese, nel Teramano, dove si era radunato quel nucleo che avrebbe dato vita a uno dei primissimi atti resistenziali. La strada percorsa fu il sentiero che dai piedi del convento di S. Giuliano conduce a Collebrincioni, dove, forse per una delazione, intervenne un reparto di paracadutisti tedeschi che, circondato il casale sopra il cimitero dove si erano riparati i gio vani insieme con dei prigionieri inglesi fuggiaschi, ingaggiò un conflitto a fuoco (probabilmente il primo in assoluto in Italia con protagonisti dei civili), che si concluse con la cattura di un gruppo di giovani. A L‟Aquila, presso il Grande Albergo, quelli che non avevano armi né avevano opposto resistenza se la cavarono con un ammonimento. Invece per dieci di loro, trovati in possesso di armi, fu decisa l‟immediata esecuzione: all‟ultimo momento uno venn e tirato fuori dal gruppo in quanto invalido ad un braccio, quindi non idoneo ad imbracciare un‟arma. Per gli altri non vi fu scampo. La notizia fu tenuta nascosta da tutte le autorità militari (tedesche), civili e religiose. Dei nove giovani furono rinvenuti i corpi solo dopo il 13 giugno 1944, con la liberazione della città. Il ricordo di quei fatti è ancora vivo negli aquilani: quest‟anno in coincidenza con la sesta edizione delle ”Giornate di storia delle Forze Armate Italiane”, si è deciso di coinvolgere in prima persona gli studenti, coetanei di quei giovani di allora, ripercorrendo il sentiero da S. Giuliano a Collebrincioni. La mattinata è iniziata presso l‟I.T.I.S. “A. di Savoia” dove, con anche la presenza di una rappresentanza di militari del 9° reggimento alpini, si è svolta la cerimonia dell‟alzabandiera presso il cippo commemorativo della scuola.

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Quindi una settantina di studenti delle scuole superiori (I.T.G., I.PC., I.P.AGR., I.T.I.S., Lic. Scient., I.P.S.A.A.R.) insi eme con gli insegnanti e alcuni soci del C.A.I. (tra cui il presidente Bruno Marconi e l‟Accompagnatore di Escursionismo Sergio Del Grande) hanno ripercorso a piedi il tratto da S. Sisto a Collebrincioni (dove, poco dopo la chiesetta della “Madonna Fore” è stata posta la targa commemorativa), rivivendo i fatti grazie all‟intervento del prof. Walter Cavalieri.

Una scritta: “Sentiero dei nove martiri”; due date: 23 settembre 1943 – 23 settembre 2010. Così, lungo il sentiero (noto agli aquilani come di “Madonna Fore”) che da S. Giuliano porta a Collebrincioni, una targa posta dall‟Istituto Abruzzese per la Storia della Resistenza e dell‟Italia Contemporanea, dall‟Associazione VOX MILITIAE e dalla sezione aquilana del Club Alpino Italiano ricorda i ragazzi fucilati alle “Casermette” (la caserma “Pasquali”) quel giovedì mattina di sessantasette anni fa. Al termine, trasferimento nella caserma G. Pasquali - Campomizzi, deposizione di una corona e resa degli onori militari con un picchetto del 33° reggimento “ACQUI” presso il luogo della fucilazione. Questa commemorazione è stata importante perché attraverso la camminata, il racconto, la visione diretta dei luoghi, i giovani hanno assimilato in modo diverso i fatti. Inoltre, si sono gettate le basi per una futura rete di “sentieri della memoria”, realtà ormai diffuse in Italia e in Europa.

ATTO VANDALICO: Uno sfregio per la città La memoria di un luogo si coltiva anche con piccoli gesti, come quello compiuto il 23 settembre scorso da più si settanta persone (la maggior parte studenti) per ricordare i Nove Martiri Aquilani, ripercorrendo il sentiero di “Madonna Fore” verso Collebrincioni, come nel 1943, e deponendo una targa ricordo. Due volte quella targa e poi la sua copia sono state staccate dalla pietra e portate via. Ignoranza, follia, miseria umana, nostalgia vendicativa? Non interessa: è il risultato che conta, quello di uno sfregio alla nostra città. 10


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Ottobre 2010

Bosco Martese nella Resistenza abruzzese Abstract intervento Del prof. Nicola PALOMBARO Teramo 25 settembre 2010 La battaglia di Bosco Martese fu definita da Ferruccio Parri «la prima vittoria partigiana italiana in campo aperto»: sulla scia di tale affermazione, questo evento viene oggi ricordato come il simbolo della Resistenza teramana, la prima tappa gloriosa della Resistenza italiana, la prima battaglia della Resistenza italiana. La rappresentazione canonica della battaglia di Bosco Martese data dalle numerose pubblicazioni (cartacee ed online), che si sofferma sullo svolgimento dei fatti accaduti in quel 25 settembre 1943, sul numero delle vittime, sui nomi dei protagonisti, lascia, tuttavia, insolute alcune questioni sollevate sin dal 1993 da Costantino Felice: perchè i resistenti scelsero quella località? Quali furono le motivazioni? Quali furono le finalità? Dare risposta a tali domande potrebbe comportare valutazioni differenti su Bosco Martese ed una sua diversa collocazione nel panorama della Resistenza abruzzese: non si tratta, però, di una riscrittura di quella storia, ma di una sua maggiore comprensione. Oggi parliamo di Bosco Martese come di una straordinaria vittoria sulle truppe naziste. Nonostante quello scontro abbia effettivamente rappresentato un'indiscussa vittoria militare dei resistenti, nell'immediato dopoguerra la percezione fu differente: Vincenzo Massignani parlò apertamente di disfatta, Felice Rodomonti rilevò nel suo diario lo scoramento seguito allo scontro con i tedeschi, Lisciani e Martelli nel loro “Teramo dal fascismo alla Resistenza” hanno apertamente parlato di debacle generale. Perché quello scontro fu percepito come una sconfitta quando a battere in ritirata erano stati i tedeschi? Ci fu evidentemente qualcosa che non andò per il verso giusto e che diede il senso della sconfitta: ma visto l'esito della battaglia, questo qualcosa non può essere la battaglia stessa per cui se ne deduce che lo scopo principale di quel composito gruppo non era “fare la guerra” ai tedeschi. Questa ipotesi, che prende forma incrociando molti documenti italiani, tedeschi ed inglesi con diverse testimonianze, induce a ritenere che Bosco Martese rappresenti un vero e proprio paradigma della Resistenza abruzzese. La Resistenza in Abruzzo si presenta distinta in due macroperiodi separati dalla rigidità dell'inverno 1943/1944, durante il quale, con la sola eccezione della Brigata Maiella, vi è una sostanziale inattività delle formazioni partigiane, con un parallelo rafforzamento della RSI. All'indomani dell'8 settembre vi è un fiorire di gruppi partigiani “patriottici”, nel senso che

Tra il 20 e il 24 settembre 1943 gruppi di militari, cittadini di diverse tendenze politiche, giovani e meno giovani si recarono, variamente armati, in località il Ceppo nel Bosco Martese a pochi chilometri da Teramo. A questi si unirono soldati di varia nazionalità fuggiti dai campi di prigionia. Il 25 settembre 1943, una colonna motorizzata tedesca avanzava verso la zona per catturare i ribelli ed annientare la minaccia di un’insurrezione. I tedeschi furono costretti alla ritirata. Il giorno successivo i resistenti, temendo un contrattacco tedesca si dispersero in piccole bande per continuare la lotta con azioni di guerriglia.

fino alla nascita della RSI (ed ancor di più fino alla sua stabilizzazione), il nemico è il “tedesco invasore”. Un patriottismo, dunque, che non esclude una motivazione politica, poiché la scelta di campo derivante all'armistizio implicava la condivisione o il rifiuto di un modello di Stato che aveva scatenato quella guerra. I primi contatti tra resistenti abruzzesi e agenti segreti angloamericani stabilirono dei compiti ben precisi: proteggere e portare in salvo oltre la linea del fronte le migliaia di ex prigionieri di guerra fuggiti dai campi disseminati tra Marche ed Abruzzo; soltanto in subordine incrociare le armi con gli occupanti. Ciò è affermato nel diario di Tommaso Paloscia, partigiano che operò nella zona di Spoltore, è ribadito nelle testimonianze di Spartaco Perini, comandante di una formazione partigiana marchigiana, e Francesco Cicoria, che dopo l'esperienza nella banda Lombardi militò nella Brigata Maiella, è confermato nella relazione sulla Montegorzano di Adelchi Fioredonati: le località citate nei loro racconti possono essere ritrovate in una relazione del 51° Corpo alpino tedesco (marzo 1944, rintracciata da Antonio Bertillo e Giampietro Pittarello): in questa relazione si individuava la zona del Gran Sasso come centro dell'attività nemica e si affermava che, sin dall'ottobre 1943, erano stati inviati in quella zona degli agenti segreti con il preciso compito “di organizzare il passaggio attraverso il fronte dei prigionieri inglesi evasi e degli antifascisti italiani”. Erano altresì indicati dei percorsi di fuga ritenuti sicuri, terminanti nella zona tra Guardiagrele e Campo di Giove: la centrale organizzativa per il passaggio del fronte era a Chieti, dove era dislocato il comando della “Palombaro” che operativamente agiva proprio nella zona tra Guardiagrele e Campo di Giove. È cosa nota che tra settembre ed ottobre 1943 l'unico centro resistenziale attivo nella zona del Gran Sasso era Bosco Martese: ciò induce a pensare che anche la concentrazione di uomini e mezzi al Ceppo nacque con un obiettivo ben preciso, non coincidente con “il fare la guerra”. Questa ipotesi, oltre a fornire qualche elemento in più sulle motivazioni che spinsero i resistenti a recarsi a Bosco Martese, stabilisce una diretta corrispondenza tra quanto accadde il 25 settembre 1943 ed il successivo sviluppo della Resistenza in Abruzzo: l'episodio che vide coinvolto Anselmo Santilli, ucciso a Castilenti nel maggio 1944 durante una missione per il collegamento delle bande tra Campo di Giove e il Teramano, non è che una conferma all'evoluzione militarista della Resi-

stenza regionale e alle affermazioni contenute nella citata relazione tedesca. Vi è, oltre alla circostanza che a guidare le prime formazioni furono quasi sempre dei militari (ciò vale, per citare solo alcuni casi, per la “Palombaro”, la “Di Vincenzo”, la “Marsica” e naturalmente per Bosco Martese), un altro elemento peculiare che contraddistingue il movimento partigiano abruzzese e che lo accomuna all'esperienza di Bosco Martese: la diffusa presenza di stranieri nelle formazioni. Ufficiali angloamericani compaiono in una moltitudine di documenti sia di parte fascista che alleata, ma anche gli internati ebbero un ruolo importante, come dimostrano i fatti di Lanciano, di Francavilla, di Casale Cappelli, mentre nel Teramano si formeranno addirittura intere formazioni di stranieri che ebbero un peso tutt'altro che irrilevante: i circa 500 slavi rimpatriati a ridosso della liberazione di Teramo testimoniano questa presenza. Infine, rivolgendo lo sguardo al dopoguerra, non si può non rilevare la pressante e pesante ingerenza alleata nelle questioni politiche ed amministrative, che si incrociarono con la defascistizzazione, con i timori di una rivoluzione comunista, con una visione del mondo postbellico delineato in due blocchi: a Teramo, dove il tasso di politicizzazione durante la lotta di liberazione era stato molto elevato, l'occupazione alleata si configura come un vero e proprio laboratorio nel quale confluirono tutte le problematiche che, nel resto d'Abruzzo, si erano presentate singolarmente. Le soluzioni individuate dagli ufficiali alleati furono successivamente riproposte anche in altre zone del Nord del Paese. Parlare di Bosco Martese, quindi, significa toccare tutte le peculiarità della Resistenza abruzzese, significa toccare con mano l'internazionalità della guerra e chiedersi quanto e in che modo abbiano interagito tra di loro le diverse culture che entrarono in contatto. Ma parlare di Bosco Martese permette altresì di porre quesiti di assoluta rilevanza: come si pone la Resistenza nei confronti degli Alleati? Quali furono i rapporti tra le componenti resistenziali, come furono ricomposti gli eventuali dissapori? Che ruolo ha avuto la Resistenza nella ricostruzione politica e materiale? Sostenere che Bosco Martese sia il paradigma della Resistenza abruzzese, dunque, significa riconoscere la complessità di quell'avvenimento che può essere interrogato da più punti di vista: non, quindi, una riscrittura della storia della Resistenza, ma un modo per riavviare un dibattito su ciò che è stato con rinnovate basi. È il solo modo che abbiamo per evitare che si possano falsificare i fatti storici.

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Ottobre 2010 MESTIERI IN BICICLETTA - Sonàa ‘na tromba Un insegnamento per i giovani

Mestieri in bicicletta è una mostra permanente di biciclette d’epoca usate per svolgere mestieri ed attività commerciali allestita nel comune di Fabriano (AN). Uno spaccato di storia italiana a partire dagli anni venti fino agli anni sessanta. Quando l’Italia, un paese ad economia mista agricola - industriale, lavorava con fatica per vivere dignitosamente nei periodi difficili del dopoguerra della prima e seconda guerra mondiale. Non era il cliente che si recava dal piccolo “imprenditore”, ma l’artigiano che offriva i propri servizi girando per le strade dei paesi e, per annunciare la sua presenza, richiamava l’attenzione suonando una trombetta . I pezzi esposti, di proprietà dl sig. Luciano PELLEGRINI , sono 72. Provengono da tutte le regioni d’Italia.

L’Associazione Culturale VOX MILITIAE si propone di:  Catalizzare le persone che condividono i Valori della Società Militare;

 Diffondere la cultura e il ruolo dei militari

ASSOCIAZIONE CULTURALE VOX MILITIAE QUOTA ASSOCIATIVA ANNO 2008 € 25,00

nella Nazione che cambia;

 Condividere momenti di vita (SolidaristicoRicreativo) con persone che hanno identicche motivazioni;

 Fornire ai soci assistenza e consulenza giuridica e amministrativa. La partecipazione è aperta a tutti coloro che vogliono far sentire la loro voce. Gli articoli investono la diretta responsabilità degli autori e ne rispecchiano le idee personali, inoltre devono essere esenti da vincoli editoriali. Di quanto scritto da altri o di quanto riportato da organi di informazione occorre citare la fonte. La redazione si riserva di sintetizzare gli scritti in relazione agli spazi disponibili; i testi non pubblicati non verranno restituiti. Contattateci tramite telefono: 320.1108036; E-Mail: acvm@libero.it.

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VOX MILITIAE DIRETTORE GENERALE Raffaele Suffoletta DIRETTORE RESPONSABILE Alessia Di Giovacchino COORDINATORE Gianluca Romanelli Hanno collaborato Adacher Davide, Coltrinari Massimo, Di Ventura Vito, Genovese Giuseppe, Papi Giovanni, Palombaro Nicola, Piccirilli Pietro. Impaginazione e grafica TIPOGRAFIA LA ROSA – Via Costa di Bagno Piccolo 67042 L’Aquila Autorizzazione Tribunale di L‟Aquila N. 480 del 21.11.2001 VOX MILITIAE Tel. 320.11.08.036 Stampato il 27 ottobre 2010 Spedito il 29 ottobre 2010

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