Manuale sottovuoto Prochima

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LA TECNICA DEL VUOTO La tecnologia del vuoto è una evoluzione nel procedimento di stampaggio di manufatti in composito. Il sistema sfrutta la pressione atmosferica come controstampo, e questo permette l’eliminazione delle inclusioni di aria, una migliore distribuzione della resina nello stratificato; in definitiva riduce i difetti dovuti all’incostanza dell’intervento manuale. In alcuni casi, come per i manufatti di forma semplice, l’applicazione del vuoto non è necessaria, o almeno non apporta vantaggi significativi. Si rende però necessaria quando il pezzo presenta una superficie con molti dettagli, angoli vivi ed incavi, dove risulta più difficile far seguire e aderire i tessuti durante l’impregnazione, ed evitare la formazione di sacche d’aria tra il gel coat e il tessuto. L’applicazione del vuoto è anche necessaria nella costruzione di manufatti con struttura a sandwich, in quanto assicura la perfetta aderenza delle pelli all’anima, che è la condizione essenziale per la buona riuscita in questo tipo di lavoro. La tecnica consiste nel ricoprire il pezzo appena stratificato con un foglio di plastica: sacco per vuoto, sigillato tutto attorno, ed estrarre l’aria mediante una pompa per vuoto. La pressione atmosferica comprimerà tutta la superficie in modo uniforme con una notevole pressione. Per l’applicazione del vuoto lo stampo deve avere un bordo in piano, una sorta di falda che contorna tutto il perimetro, per consentire la sigillatura del sacco. In realtà non si tratta di un sacco, ma di un foglio singolo, in polipropilene o nylon molto estensibile. Il sacco a vuoto non va posato direttamente sullo stratificato altrimenti si attaccherebbe alla resina ancora fresca; prima si applicano delle membrane porose di drenaggio, che permettano la fuoriuscita dell’aria e l’assorbimento della resina in eccesso, come indicato nello schema.

sigillante

vuoto

sacco vuoto feltro aeratore microforato peel ply

sigillante

stampo valvola aspirazione pezzo stratificato

Peel-ply o tessuto a strappo: tessuto di nylon pelabile da 100 gr/mq. circa, da adagiare come primo strato direttamente sullo stratificato ancora bagnato. Questo tessuto permette la fuoriuscita dell’aria e dell’eccesso di resina. Agisce da separatore perché non aderisce alla resina; dopo l’indurimento si stacca facilmente dallo stratificato. Film microforato o separatore: film in polipropilene modificato, spessore ca. 30 micron, con dei minuscoli fori, da applicare sopra il Peel-ply. La sua funzione è permettere la fuoriuscita dell’aria, attraverso i fori, trattenendo in parte la resina, che altrimenti potrebbe venire estratta in eccesso per l’azione del vuoto. Il microforato è disponibile con foratura più o meno spaziata a seconda delle esigenze. Feltro drenante o aeratore: nontessuto in fibra poliestere, con mano soffice e morbida, disponibile in vari spessori da 1 a 6 mm. Si adagia sopra il microforato e agisce sia come assorbente della resina in eccesso, che come condotto d’aria per il vuoto.

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Sacco per vuoto: film a base propilenica, spessore 50 micron, caratterizzato da elevata plasticità ed estensibilità per poter seguire le forme del manufatto, e buona resistenza alla perforazione. E’ l’involucro finale del sistema di stampaggio sotto vuoto. Il nome sacco per vuoto deriva forse dal fatto che all’inizio questa tecnica veniva applicata su stampi non ancora predisposti con la battuta per il sigillante; occorreva infatti un sacco che racchiudesse tutto lo stampo, con maggior spreco di materiale e maggiori possibilità di forature. Sigillante: piattina estrusa di origine butilica, con spessore di 2 mm., larga 10 mm. fornita in rotoli su un supporto di carta siliconata. L’elevata adesività ed elasticità della gomma butilica, permettono una facile e perfetta sigillatura anche dove il sacco crea delle pieghe. Attacchi del vuoto: Gli attacchi per il vuoto sono delle valvole in alluminio o altro materiale, con una guarnizione di tenuta in gomma siliconica, alla quale non aderisce la resina. Sono muniti di attacco rapido per il tubo che porta alla pompa. La loro applicazione è molto semplice perché agiscono da ventosa: basta praticare in piccolo taglio sul sacco e appoggiarvi l’attacco, tenendolo premuto per qualche secondo finché il vuoto lo trattenga per depressione. Se si vogliono applicare più attacchi occorre predisporre un collettore a più vie o dei raccordi a Y. Tubo: Si utilizzano i tubi in nylon o Rilsan φ 8 o 10 mm. per aria compressa che si trovano in commercio. Tutti questi materiali hanno in comune una buona resistenza alle alte temperature. Vengono infatti prodotti in modo specifico per lo stampaggio dei materiali compositi, che possono essere fatti polimerizzare a caldo. Sono disponibili vari tipi, resistenti a temperature di esercizio di oltre 200°C. Accessori: L’accessorio principale è la pompa per il vuoto. Ne esistono diversi tipi, differenziati per, portata: m3/ora e vuoto finale , la depressione, che si misura in mBar. Per lavori di piccola e media entità è sufficiente una pompa con portata anche minima, da 3 a 5 m3/ora, le quali hanno potenze molto basse, di circa 0,20 kW; considerando che la quantità di aria da estrarre dall’interno del sacco sono in genere pochi litri, anche con una pompa di piccola portata occorrono pochi secondi per portare il sacco in depressione. La pompa deve rimanere in moto fino al completo indurimento della resina. Per questa ragione le pompe lavorano a bagno d’olio con un sistema di raffreddamento che consente un servizio continuo. Le pompe di maggior portata si utilizzano per grossi lavori, come imbarcazioni, o nel caso di stampi estesi e complessi, dove vi sono anche maggiori probabilità di perdite. Una soluzione più casalinga ma altrettanto valida è ricorrere al compressore di vecchi frigoriferi, che può essere usati come pompa a vuoto in maniera abbastanza efficace. Dal corpo del compressore escono due tubetti di rame, che vengono tagliati nello smontaggio; vi è anche un terzo tubetto, chiuso e sigillato, il quale non si deve toccare. Facendo funzionare il compressore, si nota che uno dei tubetti tagliati espelle l’aria e l’altro la aspira; questo verrà utilizzato per il vuoto, mentre l’altro va lasciato aperto. Fare attenzione che all’inizio può espelle dell’olio lubrificante contenuto nel compressore. L’impiego del compressore da frigo richiede alcuni accorgimenti: questo è munito di un salvamotore che lo arresta in caso di surriscaldamento per moto prolungato. Occorre eliminare questo dispositivo, alloggiato nella scatola di allacciamento, per permettere al motore di rimanere in moto per almeno le 3 - 4 ore necessarie. Naturalmente il congegno ne soffre, anche per la carenza di lubrificazione, quindi non avrà lunga durata; poco male perché sono pezzi da rottamazione.

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Inoltre il compressore da frigo crea una depressione eccessiva per lo stampaggio sotto vuoto. E’ necessario inserire una deviazione, con valvolina di spurgo o un piccolo rubinetto a spillo, prima dell’attacco, in modo da poter regolare l’entrata un leggero flusso d’aria per diminuire la depressione. Volendo perfezionare il sistema, per avere un impianto più efficiente e funzionale, bisogna installare alcuni accessori, i quali tra l’altro sono utili e indispensabili per la buona riuscita di tutto il lavoro, anche quando si utilizzano le vere pompe per vuoto. Questi accessori sono: Una valvola di non ritorno, per impedire al vuoto di scaricarsi verso la pompa quando si arresta; Un vacuostato con regolazione della depressione differenziale tra minima e massima, che consente di staccare la pompa quando ha raggiunto in valore desiderato e farla ripartire quando cala la depressione. Per lo stampaggio sotto vuoto si deve impostare la differenziale con la massima a 40 mBar e la minima a 50. In pratica il vacuostato ha la stessa funzione del pressostato nei compressori, solo che agisce sulla depressione. Un vacuometro che indica la depressione in mBar. Questo può essere montato in un punto qualunque a valle del vacuostato, come su una delle uscite del collettore, oppure sul polmone o anche direttamente sopra l’attacco. Un polmone di accumulo di almeno 10 litri, in modo da avere una maggior riserva di vuoto onde aumentare l’intervallo di sosta della pompa. Come polmone si può ricorrere ad un vecchio pallone di un’autoclave, o a un qualunque serbatoio, dal momento che non vi è pericolo di scoppio perché l’impianto lavora in depressione. In questo modo la pompa rimane in moto solo per pochi minuti, fino a raggiungere la depressione prestabilita di 40 mBar, poi si arresta. La depressione però non rimane costante; l’impianto non è mai completamente stagno, vi sono sempre piccole perdite dovute anche alla permeabilità dei materiali. Perciò, dopo un intervallo di 10 - 15 minuti, in base al volume del polmone, quando la depressione scende a 50 mBar, il vacuostato fa ripartire nuovamente la pompa, che ripristina il vuoto in pochi secondi, poi si arresta per un altro intervallo. SCHEMA vacuometro pompa vuoto

vacuostato raccordo a 3 vie

scarico aria

valvola di non ritorno

attacchi per il vuoto polmone

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PROCEDIMENTO: Prima di applicare la cera distaccante allo stampo, si maschera con nastro adesivo la battuta perimetrale in modo che non venga cerata e non imbrattata di resina. Si esegue il trattamento distaccante e quindi si inizia a stratificare. Terminata la stratificazione si tagliano le sfrangiature e l’eccesso di tessuto con le forbici a filo del nastro adesivo. Dopo di ciò si può togliere il nastro e a questo punto bisogna fare attenzione a non sporcare la battuta, altrimenti si compromette l’adesione del sigillante. Si adagia il peel ply, (foto 1) praticando se occorre dei tagli con le forbici per farlo adattare negli angoli o nelle parti più complesse, fino a coprire tutta la superficie dello stratificato. Non occorre eliminare i lembi che si sovrappongono, anzi, contribuiscono al drenaggio. Allo stesso modo si adagia il microforato (foto 2) e di seguito si adatta il feltro drenante (foto 3). Questo svolge una azione fondamentale nella tecnica del vuoto, in quanto agisce da condotto e permette al vuoto di agire su tutta l’estensione dello stampo. E’ molto importante che vi sia un buon drenaggio che permetta il flusso dell’aria aspirata anche dalle zone periferiche. Quando si applica il vuoto, la pressione atmosferica agisce in modo più spinto nella zona adiacente al punto di aspirazione, schiacciando il feltro drenante e riducendo così il flusso dell’aria dalle zone più lontane.Per questa ragione occorre creare, con vari accorgimenti, dei condotti d’aria collegati all’attacco di aspirazione per far sì che il vuoto possa raggiungere tutta l’estensione. I sistemi sono molteplici: ripiegare più volte il feltro drenante nelle estremità attorno allo stratificato in modo da creare un cordone di maggior spessore, con più capacità drenante, e collocare l’attacco del vuoto proprio sopra questo cordone. Un altro accorgimento è posizionare una corda, di 6 - 8 mm. sulla battuta, attorno allo stratificato, senza però rimontarvi. Si fissa la corda a tratti con piccoli grumi di sigillante e si posa il feltro drenante in modo che raggiunga o rimonti l’anello di corda. Il cordone di sigillante va applicato all’esterno, distanziato di almeno 2 cm, dalla corda. Questa sarà un ottimo condotto per l’aria. Se lo stratificato contiene un eccesso di resina, o si dispone di un feltro sottile, è consigliabile applicare due feltri drenanti, intercalati da un ulteriore microforato. In questo modo il primo feltro assorbe la resina, il secondo microforato ne impedisce il passaggio all’altro feltro agisce da condotto. A questo punto si può applicare il cordone sigillante (foto 4). per il sacco a vuoto. Si tagliano dei pezzi, per comodità non più lunghi di 50 cm. dal rotolo, si toglie il supporto di carta siliconata, e si applica il cordone nel bordo dello stampo, che era stato protetto dal nastro adesivo; si prosegue unendo di testa i vari tratti, fino a completare tutto il perimetro.

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Si appoggia il sacco, facendo attenzione a non farlo aderire subito al sigillante in modo da poterlo eventualmente spostare nella giusta posizione (foto 5). Si inizia ad adattarlo premendo leggermente con le dita. E’ inevitabile che in alcuni punti, specialmente negli angoli si formano delle pieghe; nessun timore, si inseriscono dei pezzi di sigillante all’interno della piega e si preme. Le pieghe possono essere anche vistose e sporgenti, importante che all’interno vi sia del sigillante che assicuri la tenuta. Poi si inizia a premere tutto intorno per fare aderire bene al cordone. La buona adesione è evidenziata dal colore nero intenso del sigillante, le zone più chiare rivelano scarsa adesione, quindi insistere fino che aderisca bene. Applicazione del vuoto: L’estrazione dell’aria si può effettuare in vari modi: il più semplice è inserire il tubo dell’aspirazione, ben sigillato, direttamente sotto il sacco in una zona periferica, facendo attenzione che non vi penetri la resina. Il sistema migliore è usare gli appositi attacchi di aspirazione, più pratici e sicuri perché funzionano a ventosa e si possono applicare esternamente dopo aver sigillato il sacco (foto 6), con il vantaggio di poter applicare se occorre, più prese di aspirazione per consentire al vuoto di agire in modo uniforme su tutta la superficie, specialmente nei pezzi molto estesi. L’attacco per il vuoto va collocato nel punto più opportuno, che può essere centrale o periferico, a seconda della forma del pezzo o del sistema di drenaggio che è stato predisposto. La posizione centrale è abbastanza efficace, però ha l’inconveniente che potrebbe aspirare anche la resina. Per evitare ciò è bene sovrapporre alcuni pezzi di feltro o di vecchia moquette sotto l’attacco per aumentare il drenaggio, ricordando di intercalare dei pezzi di microforato per trattenere la resina. Se si predispone un condotto periferico, la cosa migliore è posizionare l’attacco in prossimità di questo, ma possibilmente lontano dallo stratificato e inserire delle strisce di feltro sovrapposte o pezzi di moquette che raccordino l’attacco al condotto, per permettere il flusso, frapponendo sempre pezzi di microforato. Se si adotta il sistema senza valvola, con l’inserimento del tubo sotto il sacco, è necessario adattare all’estremità di questo un tampone di feltro, una sorta di cipolla, per impedire che il sacco venga risucchiato, ostruendo l’apertura del tubo. Quando è tutto pronto si avvia la pompa; se la sigillatura non ha perdite il sacco si vuota in pochi secondi, e si nota che la pressione atmosferica agisce sul sacco schiacciandolo notevolmente. Se in alcune zone il sacco non comprime il feltro, è segno che vi sono delle perdite, si avverte anche un sibilo nel punto in cui entra l’aria; si comprime meglio il sigillante, o se necessario se ne inseriscono dei pezzi per tamponare.

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Come accennato, si regola l’intervallo differenziale nel vacuostato con la depressore massima a 40 mBar e la minima a 50. In alcuni casi conviene regolare in modo che all’inizio vi sia una maggior depressione in modo da fare adattare bene il sacco alle forme del manufatto, e comprimere anche negli incavi profondi. Dopo qualche minuto si interviene sul vacuostato riducendo la depressione a un differenziale tra 45 e 50 mBar e si mantiene così fino all’indurimento della resina. Un vuoto troppo spinto talvolta risulta dannoso perché può estrarre la resina in maniera eccessiva. E’ essenziale che il vuoto agisca fino al completo indurimento della resina. Poiché risulta difficile percepire quando la resina ha raggiunto l’indurimento sotto i vari strati premuti dal vuoto, si usa un accorgimento: appena terminato di stratificare, si prepara un piccolo campione con un leggero strato della stessa resina. Questo farà da spia, e sarà l’indicatore che ci consentirà di stabilire quando la resina sia sufficientemente indurita per poter staccare la pompa. Naturalmente questo campione va mantenuto alla stessa temperatura del pezzo sotto vuoto, in modo che polimerizzi nelle stesse condizioni. Per la polimerizzazione a caldo, si può collocare tutto il “marchingegno” con il vuoto inserito, in un forno o in un box riscaldato, con la temperatura adeguata al sistema che si è adottato. Tutti i materiali utilizzati per l’applicazione del vuoto, sono concepiti per resistere alle temperature. Quando la resina è indurita si può staccare la pompa, e si può lasciare il pezzo ancora per un certo periodo al caldo per completare la polimerizzazione. Dopodiché si tolgono gli attacchi e quindi si può staccare il sacco. Dopo l’indurimento della resina, il feltro, il microforato e il peel ply risultano attaccati e compattati l’uno con l’altro, e vanno tolti congiuntamente. Il distacco del peel ply dallo stratificato oppone una certa resistenza. Si inizia a staccare lentamente da un lembo, tenendo contemporaneamente premuto lo stratificato con l’altra mano per mantenerlo al suo posto. Questa operazione deve essere fatta quando lo stratificato ha raggiunto un sufficiente indurimento, specialmente nei pezzi polimerizzati a temperatura ambiente, altrimenti nello sforzo dello strappo si potrebbe piegare o deformare il pezzo nello stampo. I materiali staccati non sono riutilizzabili. I residui del sigillante rimasti attaccati sullo stampo, si possono facilmente staccare tirandoli lentamente.

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