I Padroni del Fumo

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scorso secolo ed hanno sempre funzionato. I laterizi fabbricati sono smerciati in tutti i paesi dell’alto e medio Malcantone»34. Pur mostrandosi durevole negli anni – testimoni ricordano che alcune fornaci della regione erano ancora in funzione a Novecento inoltrato35 – l’attività laterizia nel Malcantone è però documentata solo saltuariamente. Un difetto da imputare forse proprio al carattere locale di queste fornaci, che funzionavano quando il fabbisogno dei villaggi della zona lo richiedeva36 e probabilmente quando gli emigranti fornaciai erano di ritorno dalla stagione all’estero37. Inoltre, in assenza di grandi cantieri, la domanda locale di laterizi era modesta, tanto più che l’edilizia rurale malcantonese vi faceva ricorso quasi esclusivamente per le coperture dei tetti. Le opere di muratura, invece, erano realizzate di preferenza in pietra, mentre i mattoni comparivano generalmente in strutture più elaborate dell’«architettura colta»38 (archi di sostegno o volte a botte). La scelta del materiale da costruzione si basava sulla disponibilità delle risorse del luogo – argilla, pietra e calce se si considera l’intero suolo ticinese –, rispecchiandosi poi nelle sembianze degli insediamenti circostanti. Infatti, ancora oggi, i vecchi nuclei abitativi del Malcantone, dai tetti per lo più ricoperti in coppi, rammentano come i sedimenti argillosi della regione furono sfruttati dai suoi abitanti. A evidenziare ulteriormente questa pratica – comunque posteriore e quantitativamente di gran lunga inferiore a quella svolta all’estero – contribuiscono poi anche alcuni nomi di luogo. Tra i toponimi più noti, si segnala quello di Fornasette, frazione del comune di Monteggio, cui fanno eco i vari «fondi alla Fornace ai Nenti» (Curio), «cantinotto alle fornaci» (Caslano) e «orto alle fornaci» (Caslano), ossia terreni così descritti nei vecchi atti notarili39.

1.3. Cultura migratoria alpina e fornaciai dall’Ottocento in poi Lo sviluppo Dal canto suo, il flusso migratorio di fornaciai malcantonesi continuò durante tutto l’Ottocento, per poi scemare progressivamente ai primi del Novecento. Documentata fin dal Seicento, quest’attività toccò il suo apice proprio nel corso del XIX secolo, quando raggiunse una consistenza numerica mai verificatasi fino ad allora. Lo dimostrano da un lato l’accresciuto numero di testimonianze con riferimenti ai fornaciai malcantonesi (passaporti, corrispondenza, lettere di procura, eccetera) e dall’altro i dati stessi contenuti nelle fonti seriali e di natura quantitativa dell’epoca (censimenti, registri militari, statistiche, eccetera). Entrambi questi fattori vanno però considerati con la dovuta cautela, senza cadere nell’inganno di interpretare l’ampia mole di materiale come inevitabile segnale di aumento degli effettivi. Innanzitutto non si conoscono a sufficienza le cause della scarsità di fonti per il periodo precedente, così come non si può ritenere del tutto esaustiva la documentazione disponibile. Sebbene da inizio Ottocento vengano redatti i primi sistematici censimenti, le liste nominative risultano per lo più povere di indicazioni circa la professione. Una mancanza di continuità e uniformità che, d’altronde, si riscontra nella gran parte dei dati demografici a disposizione. Difatti, autorità ecclesiastiche e autorità politiche si sono occupate saltuariamente e con fini diversi del controllo della popolazione, rendendo manifesta la realtà migratoria ticinese ma lasciando aperte alcune questioni40. Innanzitutto il dato riferito all’assenza o meno

sito Marco Schnyder, Il nuovo comune. Cademario tra Otto e Novecento, in Cademario, Dall’antichità al terzo millennio, a cura di Fabrizio Panzera, vol. 2, Locarno 2008, pp. 55-75. 34 ASTi, Fondo Diversi, Sc. 306. Si tratta delle risposte al questionario inviato nel 1895 a tutti i comuni ticinesi dal Consiglio di Stato, allo scopo di raccogliere informazioni sui giacimenti minerari del cantone e sul loro sfruttamento. 35 Si vedano a questo proposito le testimonianze orali raccolte nell’inventario di EberhardtMeli, Artigiani della terra, cit. 36 Ilse Schneiderfranken, Le industrie nel Cantone Ticino, Bellinzona 1937, p. 122 e Ilse Schneiderfranken, Ricchezze del suolo ticinese, Bellinzona 1943, p. 91. 37 Luigi Corti, Aranno, classe 1906 in Eberhardt-Meli, Artigiani della terra, cit., p. 163. 38 Espressione tratta dall’Atlante dell’edilizia rurale in Ticino, Luganese, a cura di Giovanni Buzzi, Locarno 2000, p. 102. Si veda inoltre Max Gschwend, La casa rurale nel Canton Ticino, vol. 1, Basilea 1976, p. 43. 39 Nell’ordine ASTi, Fondo notarile, notaio Giuseppe Avanzini, Sc. 2116, nr. 478, 4.3.1893; ASTi, Fondo notarile, notaio Marco Sciolli, Sc. 2197, nr. 206, 24.12.1846; ASTi, Fondo notarile, notaio Carlo Laghi, Sc. 1700, nr. 387, 17.4.1887. Esempi analoghi sono emersi dallo spoglio sistematico del Fondo notarile nei secoli XVIII e XIX. Complessivamente la località di Caslano viene evocata 5 volte, Ponte Tresa 4, Curio, Iseo e Miglieglia una soltanto. Da notare infine che la notizia più datata risale al 1751. 40 Raffaello Ceschi, Migrazioni dalla montagna alla montagna, «Archivio storico ticinese», 111 (1992), p. 9 e seguenti.

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