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92 próteron, svolgendosi secondo «un tempo lento che dal punto di vista dell‘autore deve tornare dalla rima su se stesso, a differenza della prosa, per poter poi essere recepito come lineare e continuo da parte del lettore».(17) L‘altro poeta è invece un versoliberista moderno, la cui scrittura «non comincia dalla fine» e nei cui testi «il ritmo […] non è scandito […] per strutture iterative riconoscibili, salvo significative e assai interessanti eccezioni (dove la rima, come già in Leopardi, è occultata o travestita)».(18) E dunque: l‘assetto strofico-versale «esposto all‘―offesa‖ della prosa» (Coletti) e la natura profonda di discorso prosastico in quanto discorso «dritto, che va avanti» (Antonelli) dei testi del gruppo a può ben giustificare, anche in presenza di una segmentazione che induca a classificare queste linee tipografiche come versi (Agamben-Menichetti), una definizione contrastiva come quella di nonversi. 2. E tuttavia, la questione va ridiscussa a partire dal peculiare assetto del frammento 13, al centro del Giornale: assetto diverso sia da quello dei versi che da quello dei nonversi. È infatti in prosa: come denunciano, se non bastasse l‘allineamento delle linee tipografiche sia a destra che a sinistra, le parole spezzate tra una linea e l‘altra (differente nelle due stampe in volume). La divisione interna è in tre capoversi (il secondo inizia con «le più impegnative...», il terzo con «Anche i nomi...»), segnalati dall‘accapo ma senza rientro a destra: le lettere si presentano insieme affollando la testa...: a chi la prima?... e le altre, in quale ordine?... le più impegnative perdono posizioni durante il dilemma... ogni nome infatti porta con sé un carico di sensazioni che, sbilanciate da supposizioni e incertezze, finiscono col rimandarsi e poi col nascondersi... anche i nomi delle lettere leggere, quelle che possono essere contentate da un giusto motto, si inerpicano per viottoli e cugni, e da lassù osservano varie piste di veri e sensibili detti che corrono verso il bosco... e anche lui, il potenziale epistolatore, disputando con se stesso, agitandosi per un verso e per l‘altro immobilizzandosi, guarda il balbettio delle foglie nel folto fondo oscuro... (19)

Non interessa discutere qui dell‘appartenenza di questo testo al genere della «poesia in prosa» (nella denominazione di Giovannetti),(20) ma accertare la natura prosastica di queste linee tipografiche in ragione della non-pertinenza, alla lettura, del principio dell‘enjambement. E in effetti, come l‘autore ricordava nella nota trascritta in apertura, questo è uno dei frammenti del Giornale provenienti da una sequenza già data alle stampe come Prose inermi.(21) Qui la nostra prosa compare con titolo (lettere), ultimo elemento (di cinque) della serie spostamenti e dell‘intera sequenza, senza altre varianti che nella divisione in capoversi. (22) Ma come vanno le cose nel caso degli altri due testi che il Giornale acquisisce dalle Prose inermi? Il frammento 14, secondo degli spostamenti, aveva titolo (chissà) e presentava una divisione del continuum prosastico in due capoversi: chissà se, dopo un tortuoso arrancare, si arriva a un punto di snodo in cui la vista può scorgere un luogo di chiara sosta… oppure, abbandonando la finestra, puntare sotto la propria porta, e scavare imbucarsi scurricolare fino a una grotta… nei cui graffiti è sconosciuto il muro del pianto…(23)

Nel Giornale abbiamo sette versi, determinati – senza altre varianti –dall‘imposizione di sei accapo, uno dei quali discende dall‘originaria divisione in capoversi: chissà se, dopo un tortuoso arrancare, si arriva a un punto di snodo in cui la vista può scorgere un luogo di chiara sosta… oppure, abbandonando la finestra, puntare sotto la propria porta, e scavare imbucarsi scurricolare fino a una grotta… nei cui graffiti è sconosciuto il muro del pianto…(24)

Sottoposte a un tradizionale computo metrico, le sette linee risultano, nell‘ordine, un verso lungo di quattordici sillabe, un decasillabo di 2a5a, un endecasillabo di 2a5a8a (dunque non canonico), due versi di sedici sillabe (entrambi espansioni di endecasillabi, rispettivamente di 2 a6a e di 4a7a), un


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