l_ulisse_13

Page 111

111 abituati: un movimento in apparenza centripeto e autoreferenziale che conduce però ad un centro, ad un nucleo, che al sé è completamente estraneo (ovvio richiamare l‘extimité lacaniana). Prima di riaprire il quadro così tratteggiato (che potrebbe essere facilmente e non ingiustamente, tutto sommato, tacciato di ossessivo iperindividualismo e di totale mancanza di senso del mondo, se appunto lo si potesse pacificamente limitare) collegando un altro brano a questo, vediamo come il capitolo prosegue, concentrandosi sui dottori e sulle diagnosi formulate a proposito dell‘unghia: Quanto ai responsi, risultarono alquanto inattendibili. Un primo gruppo di terapeuti puntò su cause meccaniche. E fu la volta di analisi radiologiche, ricerca di matrici sotto stress, questione di posture e traumi. La grande maggioranza, tuttavia, si concentrò su funghi e infezioni. Necessità di controlli a largo spettro, creme per mesi e mesi, con contagocce, pennelli, carte vetrate. Facevo bricolage di me stesso, ma senza risultati. Giunge una nuova proposta: dopo aver dato la vernice notturna, il dito andava incartato con il domopack. Feci anche questo, e prima di addormentarmi pregavo di non morire durante il sonno. Pensavo infatti che, nella disgraziata eventualità del rinvenimento, una pratica simile avrebbe suggerito la presenza di oscuri riti iniziatici (un morto con l‘alluce sinistro allusivamente fasciato, magari in direzione dell‘Oriente, come il seguace di un ungulato Anubi). Un caso a sé fu l‘incontro con un medico umanista, esperto di argot, studioso di esoterismo. Sagaci giochi di parole, e l‘unghia sempre a pezzi. Poi uno calvo, più schietto, e con una vera vocazione bibliografica. Almeno parla chiaro. Prende dagli scaffali un‘enciclopedia intitolata L‟unghia, siede vicino a me e comincia a sfogliare. In una specie di confronto all‘americana, mi invita a riconoscere il colpevole tra cento altri sospetti. E pagina dopo pagina, volume dopo volume, scorrevano le unghie più rovinate del pianeta, una sterminata galleria di cheratine capaci di ogni forma immaginabile. Pietre preziose, a modo loro, in un lapidario che spaziava su colori di ogni genere. Distrofia idiopatica, concluse, o meglio, onicosi inesplicata. Trovo inoltre, su vecchi appunti, l‘espressione «sindrome di half and half». Sarà un mio delirio o un termine tecnico? A ogni buon conto, scelgo qui di trascriverla. (pp. 96-97)

Il libro-referto comincia a parlare dei referti sul corpo che gli ha dato origine, e si mette en abyme: il breve catalogo dei dottori vale come rubrica degli atteggiamenti di Magrelli dottore di sé stesso che nel libro passa in rassegna ogni possibile patologia comportante trasformazione. Se la «vera vocazione bibliografica» del compulsatore d‘enciclopedie rimanda al complesso tessuto culturale su cui Magrelli sempre costruisce le sue opere, l‘umanista esoterico esperto di argot può essere la controfigura umoristica del côté magico attivo, come si è visto, nella scrittura di CC: i «sagaci giochi di parole» e lo sfruttamento del linguaggio fino alle sue più profonde riserve semantiche ricordano da vicino le liaisons lessicali (fra cui anche le parole-trattino) intese a generare i campi magnetici di senso di cui si è parlato. «E l‘unghia sempre a pezzi»: lo sciamano moderno è privo di poteri. L‘unica diagnosi, espressa nell‘astrusa terminologia clinica, accerta che la malattia non ha cause accertabili, che è assolutamente peculiare del soggetto portatore. Né l‘enciclopedia né la simpatia universale o signatura rerum hanno da dire alcunché di utile in proposito, se non appunto una formula (più o meno magica) che a malapena copre il loro fallimento. E la refrattarietà della patologia all‘analisi viene affiancata dall‘enigmaticità di un frammento di scrittura ―propria‖ in cui non ci si può riconoscere affatto, che, in tutta la sua opacità, non viene nemmeno più citato, ma soltanto, e «ad ogni buon conto», trascritto.

Capo Allora si dovrà rinunciare a una spiegazione, il linguaggio della malattia resterà del tutto estraneo, impossibile da decifrare o almeno da attribuire a un complesso di cause? La risposta si trova nel capitolo conclusivo di CC, forse il più difficile, intricato e bello del libro (qui l‘agudeza magrelliana raggiunge il suo culmine e con ciò anche l‘inizio del suo tramonto, o trasformazione), dove finalmente nella costellazione linguistico-corporea assume esplicitamente tutta la sua importanza, come anticipato, il tema della paternità (e della storia). Infanzia di un padre – questo il titolo – allinea ad un inizio analogo a quelli che si sono già illustrati uno sviluppo inaspettato. Si comincia sempre con una malattia infantile, subito messa in risonanza con l‘area semantica della germinazione e della fruttificazione, con le già viste dinamiche di causazione paradossale: il «vento d‘aprile» fa spuntare sul viso del bambino «lievi semescenze esantematiche», come se diffondesse


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.