Ulisse n.15

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77 scalarità cronologica, dunque, tipico delle competenze di lingua dei bambini, non a caso protagonisti di più d'uno degli oracoli, rimanda anche a un confronto agonistico con la tematica lyotardiana della caduta delle grandi narrazioni (28). Tra le modalità narrative che il nostro tempo risulta incapace di svolgere c'è di certo anche il tragico (29). Mesa, in un rapporto antagonistico con la contemporaneità, ci dimostra che la dissoluzione postmoderna del tragico nell'epoca della caduta delle grandi narrazioni non è un problema di natura epistemologica (incapacità a identificare e raccontare il tragico in quanto mancano gli strumenti per farlo), ma ideologica (assenza di volontà di identificare e raccontare il tragico). Come dice Agamben, tra i vari modi di essere contemporaneo, uno dei più rilevanti è la petizione di principio della inattualità(30). Mesa, pertanto, per il suo racconto, che, nella disperata necessità di essere all'altezza dei propri tempi, di prendere sul serio la propria epoca, deve essere tragico, è costretto a spostare lo sguardo verso un altrove del tempo, e a rievocare un personaggio del mondo della tragedia intento a guardare l'epoca attuale. Ancora una volta, il tempo, perché il tragico possa essere rappresentato, deve essere out of joint. Di fronte al tempo eterno che è di Tiresia, sta un tempo fatto di attimi e immagini dialettiche, in cui dialetticamente si consuma la storia. La struttura del tempo che viene fuori da questo libro è dunque duplice: quella di una temporalità incompiuta, circolare, interminata e interminabile (Tiresia), di contro a una temporalità sempre finita e perfetta (le vittime). Ora, la rappresentazione di questa duplice temporalità, che impiega giocoforza forme narrative, non inscena in fondo, sub specie allegorica, la dialettica stessa, (e chi è Tiresia, se non la figura della non-contemporaneità del poeta) tra la pulsione alla monumentalità e quella all'autoannullamento, cui si faceva cenno all'inizio? Si tratta, del resto, di due pulsioni strettamente connesse con lo scorrere del tempo e della storia, per il corpo del poeta. Una dialettica tragica, dove il tragico è legato a doppio filo all'economia della temporalità all'interno dell'opera. Contemporaneità e inattualità, eternità e attimo: tra questi estremi dialettici si consuma il senso tragico della sua scrittura, a dimostrare che, anche quando si rilevi o tenti di rilevare un nucleo eterno e immutabile della dimensione tragica del senso, il suo esplicarsi è sempre storico, oltre che storicamente determinato. C'è davvero, all'interno della nostra società attuale, una domanda di tragico come possibilità di senso e di appercezione della realtà: ma Mesa sceglie un personaggio nei confronti del quale i tentativi di identificazione risultano fallimentari, data la presa di distanza operata nel finale; tuttavia, se la tragedia di Tiresia non conosce catarsi, la catarsi è la possibilità stessa di poter ancora individuare il tragico. Secondo Szondi, Ŗla tragicità del destino, peculiare dell'antichità, si trasforma in ambito cristiano nella tragicità dell'individualità e della coscienzaŗ (31). E nel mondo di Mesa, quello in cui Ŗil tempo passa anche così, senza rigore di formaŗ, quale tragicità ci troviamo di fronte? Pare di poter dire, la totale assenza di una ratio. L'impossibilità minima di additare una ratio del tragico che emerge nello sguardo impossibile di Tiresia, dimostra che la tragicità odierna sta nella surdeterminazione: nel riposare del tragico rispetto al restante mondo su livelli di temporalità e storicità discontinui e distinti, irriducibili gli uni agli altri e a un principio dinamico regolatore. Spicca, in ogni caso, l'assenza di una causalità trascendente come motore di costruzione della testualità tragica attuale. Proprio questo fatto, unitamente alla constatazione che la ratio attuale falsifica a proprio uso e consumo le condizioni del tragico (Mesa cita la reazione al tragico incidente di Bangkok da parte dei dirigenti della fabbrica) consente di dire che alla base del testo di Tiresia c'è un vero e proprio trauma: ŖAllora, nel 1995, vicino a Bangkok è successa una cosa che allora mi colpì molto, mi colpì il fatto e mi colpì altrettanto che non se ne sia parlato: è stato subito dimenticato...ŗ (Interazioni) . Il fatto lo colpì molto, in altre parole fu per Mesa traumatico: un trauma certo irrisolvibile, anche nella misura in cui Tiresia resta oggetto da cui il poeta, alla fine del testo, si distanzia. Anche il trauma, del resto è un Ŗmomento che divideŗ. È forse opportuno, prima di esaurire il discorso sulla temporalità e sul trauma, soffermarsi brevemente sulla questione della testualità tragica. Se, nell'epoca attuale, tragico e tragedia si sono 77


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