Ulisse n.15

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35 Così Tynjanov risolve il problema del vers libre, in cui «il metro è dato come segno»(49), ma evidentemente come un segno che produce. La distinzione non è in ogni caso accettabile pacificamente, poiché non sempre un segno è un equivalente (il termine è ancora di Tynjanov) di qualcosa dřaltro, e può invece valere per se stesso, come lřa capo nel sistema del verso libero, e non solo lì. Già lřendecasillabo sciolto, come anche lřendecasillabo considerato fuori sistema, ha qualche esigenza di affidarsi al découpage per farsi individuare. Naturalmente è vero che un endecasillabo è tale anche se mimetizzato in una stringa testuale di una trentina di sillabe, ma fino a quando non lo si consideri metricamente, fino a quando non si venga avvertiti che è un endecasillabo o comunque non lo si individui come tale, questo suo essere non vale metricamente: non si tratta dunque di un endecasillabo. Certo, nella metrica canonica la disposizione grafica è del tutto ridondante e, qui sì, si può parlare di avvertimento nel senso proposto da Esposito, perché altri segni già producono lřeffetto che il taglio rimarcherebbe soltanto, con la funzione tuttřal più di facilitare la lettura; tuttavia si tenga presente che nellřestetica poetica dellřultimo secolo e mezzo lřa capo conserva anche nei confronti della metrica canonica un grande potenziale distruttivo-costruttivo nella minaccia di non assecondare lo schema metrico cui si applica e di disfarlo creandone immediatamente uno diverso, per quanto derivato dal primo. Possiamo al limite parlare di segni superflui e di segni necessari, ma la loro superfluità o necessità non sarà una questione ontologica bensì di contesto, di sistema. È chiaro che nel caso di un fragmentum di Petrarca, di un sonetto per esempio, il découpage non è coessenziale al testo, e anche scritto senza i famosi a capo si è indotti a leggerlo in endecasillabi organizzati in due quartine e due terzine. Ma i sonetti e più in generale le forme regolari non esauriscono evidentemente la storia della poesia: esiste una vasta produzione di testi poetici che richiedono altri segni specifici, che si costruiscono cioè su altri fattori. Una poesia che sia composta interamente di parole omoteleutiche non potrà fare di uno schema rimico la sua strutturazione metrica, che sarà invece generata da un certo disegno sintattico, o sillabico, o accentuale, o latamente fonologico, o lessicale, o tipografico (non vedo perché debba essere escluso). Un caso destinato a diventare classico è quello del Sanguineti degli anni Ottanta: a quella Reginella ridarella, a quella raganella griderella, la bella sopranella in sottanella, a quella stella bianca, stella nana, unica mia sovrana disumana, alla sua bianca mano, al piede bianco e stanco, e storto, e morto, a quel suo buco nero, buco vero, dunque io parlo, e così parlando dico: felice la tua faccia di vinaccia, felici le tue braccia di focaccia, principessina di uvaspina, manducabile inconfutabile, amabile potabile: felice, mia selvaggia, chi ti assaggia, candeggiante albeggiante, sola, tra due lenzuola: felice il tuo sensibile cannibale, felice chi ti inghiotte in una notte, chi ti concuoce veloce, e ti digerisce e smaltisce, e ti chilifica e chimifica: felice chi ti dice, e ti nientifica: (50) Su una struttura che si mostra rigorosa e si articola su molteplici livelli, lo schema metrico è al contrario molto flessibile e del tutto irriducibile alla metrica tradizionale, pur facendone ampio utilizzo. È chiaramente avvertibile la presenza dei tre endecasillabi a majore incipitari, rimarcati dal parallelismo accentuale 2-6-10 in -ella; il quarto endecasillabo, mentre sposta la seconda e la terza terminazione in -ella rispettivamente in 4a e 8a sede, privandole così dellřictus che si era consolidato come loro proprio, e mentre presenta una forte cesura tra primo e secondo emistichio, con la complicità dellřenjambement metrico «sopranella | in sottanella» (metrico nel senso che spezza lřendecasillabo che ci si attendeva) comincia a decretare la fusione dellřendecasillabo in un tessuto metrico più complesso: lřultima resistenza la fa «unica mia sovrana disumana», che però già muta la distribuzione degli accenti in 1-6-10, dopodiché si percepiscono limpidamente le misure del settenario e del quadrisillabo o del quinario (sempre, va detto, con la possibilità della sinalefe per poter essere compreso in un endecasillabo), ma niente ci dice che debbano comporsi 35


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