Ulisse n.15

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237 umano ingaggia in ogni istante della sua vita una lotta antagonista con la natura attraverso la quale emanciparsi dalla sua azione, pur nella consapevolezza che infine sarà essa a predominare. Al centro di questa lotta si trova il tempo, la divinità della modernità come lřha definita Sebald(27), alla cui azione anche i tre protagonisti di Secondo natura cercano di opporsi. La sfida contro il tempo e la lotta contro la sperimentazione della natura trovano il proprio esito nellřidea di progresso germinata nel Medioevo dallřŖedificio di una metafisicaŗ(28) definitivamente sgretolatosi. La consapevolezza del di Grünewald di vivere in momento di svolta per la storia dello spirito occidentale si lascia cogliere appieno dallřosservazione delle sue opere, tutte immerse nellřestremo Ŗbagliore della luce / che strapiomba nellřAldilàŗ(29). Un Ŗoscuramento catastroficoŗ(30) avvolge i dipinti di Grünewald, cosicché su di essi si allunga sempre lřombra lunga della distruzione: Ŗqui è dipinta in uno stato di erosione grave / e di abbandono lřeredità del logoramento / che alla fine divora anche le pietreŗ(31). I paesaggi naturali che fanno da sfondo alla storia del cristianesimo raffigurata dal pittore sono perciò statici, immobili e colti nellřistante in cui lřoscurità Ŗnon si dirada, anzi si fa più fitta al pensiero di quanto poco riusciamo a trattenere, di quante cose cadano incessantemente nellřoblio con ogni vita cancellata, di come il mondo si svuoti per così dire da solo, dal momento che le storie, legate a innumerevoli luoghi e oggetti di per sé incapaci di ricordo, non vengano udite, annotate o raccontate ad altri da nessunoŗ(32). La poetica del ricordo e la storia naturale della distruzione che soggiacciono alle opere di Sebald trovano perciò il proprio precipitato visuale nelle tavole dellřaltare di Isenheim, le cui descrizioni sono pure funzionali, nellřeconomia di Secondo natura, a narrare la storia del progresso. A tale proposito, la pala di Isenheim si dimostra essere profetica degli esiti più aberranti e distanti dalla natura cui lřuomo è pervenuto nel XX secolo attraverso il culto dissennato di una tecnologia ispirata allřideale di un progresso in continua evoluzione. Come ha magistralmente scritto Elias Canetti, autore molto amato da Sebald, riferendosi alla pala di Isenheim nella sua autobiografia Il frutto de fuoco: Troppo spesso, forse, il compito più insostituibile dellřarte è stato quello dimenticato: non è la catarsi, né la consolazione, né il talento di disporre ogni elemento in funzione di un lieto fine. Perché il lieto fine non ci sarà. Ma peste, e piaghe, e tormento, e orrore - e se la peste ha smesso di infierire, al suo posto inventiamo orrori più atroci […] Tutti gli orrori che incombono sullřumanità sono anticipati in questo dipinto. (33)

Alla luce di questa citazione, si può concludere che la prima elegia di Secondo natura possa essere considerata anche il pre-testo dellřintero poema elementare di Sebald, i cui due successivi medaglioni lirici Ŕ intitolati …E se trovassi dimora sul più lontano dei mari e La notte oscura prende il largo – proseguono lřepos in versi della storia naturale dellřumanità, dello spirito occidentale e del progresso. Il secondo viaggiatore dello spirito di Secondo natura è lřesploratore e medico Georg Wilhelm Steller (1709-1746); egli si pose al servizio di Vitus Behring, seguendolo nella spedizione del 1741 in Siberia, durante la quale questřultimo incontrò la morte. Con Behring Ŕ ma come è noto con lo stesso Sebald Ŕ, Steller condivide quella passione per la catalogazione e lřarchiviazione dellřesistente, figlia del culto illuministico della ragione, dietro la cui tassonomica ossessione si spalanca lřhorror vacui congenito a qualsiasi concezione meccanicistica e nichilistica dellřuomo che esclude lřesistenza del divino. Profondamente illuminista, perciò votato alla causa dellřesplorazione razionale del mondo come espressione del progresso e del processo di emancipazione dellřuomo dalla natura, Steller è, infatti, ossessivamente alla ricerca di Ŗcostruzioni della scienza nella sua mente, / miranti a porre un limite / al disordine del mondoŗ(34). Dopo avere Ŗrinnegato la teologia / per abbracciare le scienze naturaliŗ(35) in giovane età, egli matura una percezione del mondo retta da uno sguardo catalogatore che trova nella letteratura tedesca ottocentesca un nobile esponente, esplicitamente ricordato da Sebald nel secondo medaglione di Secondo natura. Si tratta di Adalbert von Chamisso che, nel 1815, venne nominato botanico della 237


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