Ulisse n.15

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232 un celebre saggio dello scrittore apparso nel 1962 e con il quale viene designata quella Ŗindustria della coscienzaŗ nella quale sono dialetticamente implicate la sfera pubblica e la coscienza individuale. Sensibile è qui lřinflusso della Dialettica dell‟illuminismo di Th. W. Adorno e M. Horkheimer, della quale Enzensberger condivide la tesi che vede nella tecnologia e nei mezzi di comunicazione uno strumento affinatosi nel tempo per manipolare la verità storica, ma anche per emanciparsi dalla natura, ampliando i confini della concezione della Kulturindustrie (Ŗindustria culturaleŗ) offerta dai filosofi di Francoforte(6). Scienza e coscienza diventano con Mausoleum i poli della dialettica m(a)useale di Enzensberger relativa alla storia dellřindustria culturale e dello sfruttamento naturale, di cui la poesia è caduta vittima. Qui non si può peraltro dimenticare che, ancora allřaura inattuale della poesia nella società di massa, Enzensberger ha dedicato dieci anni prima di Mausoleum la raccolta Museum der modernen Poesie (Museo della poesia moderna, 1960), il cui titolo rimanda ancora alla condizione antica, frusta e museale dellřars poetica nella contemporaneità, dove la poesia, non appena viene prodotta, diventa subito un vuoto oggetto da museo incapace di insegnare alcunché, ma solo spendibile come object trouvé da esposizione. Nel solco di queste riflessioni di Enzensberger sul progresso, sulla società e sulla poesia si collocano anche i tre quadri lirici Ŕ rispettivamente strutturati in 8, 21 e 7 brevi componimenti Ŕ di Nach der Natur. Ein Elementargedicht (Secondo natura. Un poema degli elementi, 1988), opera con cui W.G. Sebald ha ripercorso la vita di altrettanti individui, incastonandone il destino nella storia europea delle idee. Queste tre elegie postmoderne, dominate da un sentimento di ineffabile malinconia, svelano al loro lettore quella medesima concezione labirintica della storia che soggiace alle ballate di Enzensberger e induce Sebald a ricercare le Ŗanse del tempoŗ(7). Esse sono spazi al di là del tempo cronologico, chiamati dallřautore anche Ŗvortici della storiaŗ, in cui si esperisce una percezione a tale punto intensa del reale da esorbitare in una vera e propria illuminazione. Si tratta, per il nostro autore, di Ŗun sentimento di assoluta assenza, unřimmagine post-storica, e non si sa con precisione in quale direzione il vortice ti porti, indietro nel passato, oppure avanti nel futuro. Ma si sa che ciò che viene indicato come destino collettivo dellřumanità ha molto a che fare con queste cose, con questa follia organizzata della nostra specieŗ (8). A fronte degli sforzi compiuti dai più illustri esponenti della filosofia e della scienza occidentale per dominare lo spazio e il tempo, questi vortici permangono incastrati nelle Ŗstereometrieŗ(9) di questřultimo come Ŗmacchie di nebbia che nessun occhio dissolveŗ(10). Così, recita lřesergo posto da Sebald a epigrafe del secondo dei quatto racconti lunghi di Die Ausgewanderten (Gli emigrati, 1996), intitolato Paul Bereyter, personaggio dietro al quale si cela Armin Müller, il maestro elementare dello scrittore suicidatosi nel 1984. Leggendo il motto, la mente sarebbe tentata di correre allo schopenhaueriano velo di Maya, ovvero al fenomenico tessuto di apparenze che avvolge la realtà e cela il noumeno. Non si tratta però in questo caso di unřindiretta allusione a Schopenhauer, quanto piuttosto di una delle molte citazioni nascoste, tratte da Sebald dalla tradizione letteraria e filosofica tedesca, che nutrono la trama delle sue opere narrative, liriche e saggistiche. Infatti, lřautore bavarese attinge dal paragrafo 14 della Vorschule der Ästhetik (Iniziazione allřestetica, 1804) di Jean Paul Richter(11). In questřopera il romantico tedesco si produce in larga misura in una discussione concernente il Ŗgenio artisticoŗ, richiamandosi nel passo in questione alle figure di Socrate, Jakob Böhme e Georg Hamann. Ponendosi lřobiettivo di confutare i fondamenti razionali della filosofia kantiana, Richter traccia un percorso nella storia della ribellione geniale al primato della ratio¸ la quale trova i suoi punti più alti nella lotta di Socrate al pensiero sistematico della tradizione antisofistica del V sec. a. C., nel misticismo tedesco del XVI secolo di Böhme e nella filosofia irrazionale e visionaria di Hamann. Perciò, a proposito dei tre illustri personaggi, nellřIniziazione all‟estetica si legge: A qualche indole divina è imposta a forza una forma informe, come a Socrate il corpo da satiro; perché è alla forma e non alla materia interiore che il tempo reagisce. Così lo specchio poetico, con cui Jakob Böhme riflette il cielo e la terra, stava appeso in un luogo oscuro; e al vetro manca anche in qualche punto la lamina. Così il grande Hamann è un

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