Mensile Valori n.72 2009

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Anno 9 numero 72. Settembre 2009. € 4,00

valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

ALESSANDRO COSMELLI / CONTRASTO

Fotoreportage > Traffic

Dossier > L’Italia rifiuta la mobilità sostenibile. Troppi interessi economici in gioco

Futuro auto-immune Finanza > Il Manifesto di riforma della finanza: da Terra Futura a Pittsburgh Economia solidale > Quale identità per i Gas? È ora di avviare un dibattito Internazionale > La crisi colpisce anche i super-ricchi, ma si alzeranno presto Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.


| editoriale |

Mobilitarsi per la mobilità

(sostenibile) di Gerardo Marletto

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L’AUTORE Gerardo Marletto

è professore associato di Economia applicata all’Università di Sassari. Da più di 15 anni si occupa di economia e politica dei trasporti. In passato ha diretto il dipartimento “reti e territorio” del Censis e il centro studi di Federtrasporto/ Confindustria. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare allo studio del tema trasportiambiente. Nel 2008, insieme ad altri, ha fondato l’associazione No auto (www.noauto.org) che attualmente presiede.

A QUESTIONE DELLA MOBILITÀ SOSTENIBILE È ORMAI UN PARADOSSO. Da una parte ci sono l’inquinamento, i danni alla salute, la congestione; dall’altra, esperienze estere che basterebbe copiare per ridurre tutti questi problemi, specialmente a livello urbano. Eppure nulla accade. Perché? La ragione di questo paradosso è una sola: fortissimi sono gli interessi che premono per la conservazione dell’attuale sistema di mobilità, mentre è assente una mobilitazione che si contrapponga a questi interessi e spinga per il necessario cambiamento. Ma andiamo con ordine. La mobilità genera problemi. Non si tratta solo dei danni ambientali in senso stretto (in particolare l’emissione di CO2): ci sono anche i danni alla salute provocati dall’inquinamento dell’aria e dal rumore; ci sono gli ostacoli all’accessibilità causati da sistemi di trasporto collettivo incapaci di adattarsi a città che crescono “a macchia d’olio”; ci sono infine i costi economici dovuti alla conseguente necessità di dotarsi di una, due, tre auto per famiglia. L’auto da strumento di libertà è diventata segno di schiavitù: schiavitù agli appetiti di costruttori e immobiliaristi, che sono i veri artefici di città ormai a misura di automobile; schiavitù agli interessi dell’industria automobilistica che, con la scusa di promuovere i veicoli “ecologici”, continua a beneficiare di massicci incentivi. Una schiavitù moderna, incatenata da una propaganda orwelliana: più di un miliardo di euro spesi nel 2008 solo in Italia per convincerci a comprare sempre più automobili. Le soluzioni a questi problemi sono note e puntano a ridurre il numero delle auto e ad aumentare le alternative di trasporto: città compatte che crescono intorno alle stazioni delle reti ferroviarie; progettazione dello spazio urbano a misura di ciclisti e pedoni; trasporti collettivi capillari, frequenti e con orari e biglietti integrati; sistemi innovativi come il bus a chiamata, il taxi collettivo, il car sharing per le persone e la city logistics per le merci. In Europa è possibile vedere applicato un approccio così radicale di uscita dal sistema dell’auto; esso, anche se non dichiarato, caratterizza la Svizzera, l’Olanda, la Danimarca. Non a caso tutte nazioni che non producono auto. Altrove invece, come negli Stati Uniti, anche la recente crisi dell’industria automobilistica è stata un’occasione persa. In Europa e in Italia le grandi opere per il trasporto di lungo raggio continuano a essere la priorità. Che milioni di persone siano costrette a perdere tempo, denaro e salute negli spostamenti quotidiani non è neanche percepito come un problema; neanche fosse un dato di natura. La via d’uscita c’è, ma è difficile; non verrà da tecnologie salvifiche, ma solo da una presa di coscienza collettiva e da una mobilitazione diffusa che parta dal basso, dai cittadini. Senza mobilitazione ho molti dubbi che l’interesse generale in materia di mobilità sostenibile riesca a prevalere su pochi, ma fortissimi, interessi privati.

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ANNO 9 N.72

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| sommario |

settembre 2009 mensile

www.valori.it

anno 9 numero 72 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore

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Valori Responsabili Monetario e Valori Responsabili Obbligazionario Misto Rendimenti a tre anni (2006-2008)

MILANO FINANZA

GLOBAL AWARDS

2009

Valori Responsabili Obbligazionario Misto - Rendimento a un anno (2008)

finanzaetica

16 18 20 22 23 24 26 27

fotografie

Alessandro Cosmelli, Alberto Cristofari, Daniele Dainelli, Davide Monteleone (A3/Contrasto), Davide Grotta, Marco Parolin, Sara Rago

finanzaislamica

39

economiasolidale Gas: la crescita continua. È l’ora del dibattito Sbarco al Sud per i Gruppi di acquisto solidale Meno consumi, più felicità: la via anticrisi dei “Bilancisti” Impresa sociale, parola d’ordine: innovazione Enciclica, sarà Ratzinger il pontefice dell’economia buona?

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lavanderia

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internazionale Anche i ricchi piangono, ma sono lacrime d’oro Poveri, poverissimi e ora anche in crisi In Libano per ricucire le anime del Paese Ngo World Videos: documenti visivi dal Sud del mondo

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altrevoci

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indiceverde

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utopieconcrete

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stampa

Premio Migliori Risultati Categoria Risparmio Gestito

8

28 30 32 33 35

Francesco Camagna (francesco@camagna.it) Simona Corvaia (simona.corvaia@gmail.com)

*LIPPER FUND AWARDS 2009

fotoreportage. Traffic

Da Terra Futura a Pittsburgh: la lunga strada dei Global standard Edoardo Reviglio: «Riforme tecniche? No, rivoluzione» Sull’Eni l’ombra lunga di tangentopoli Monetica: addio denaro di carta, con-tanti saluti

progetto grafico e impaginazione

I fondi Valori Responsabili si possono sottoscrivere presso tutte le filiali e i promotori di Banca Popolare Etica, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Sondrio, Banca di Legnano, Simgest/Coop, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Casse Rurali Trentine, Banca Popolare dell’Alto Adige, Banca della Campania, Eurobanca del Trentino, Banca Popolare di Marostica, Eticredito, Cassa di Risparmio di Alessandria, Banca di Piacenza, Online Sim e presso alcune Banche di Credito Cooperativo. Per maggiori informazioni clicca su www.eticasgr.it o chiama lo 02.67071422. Etica Sgr è una società del Gruppo Banca Popolare Etica. Prima dell’adesione leggere il prospetto informativo. I prospetti informativi sono disponibili presso i collocatori e sul sito www.eticasgr.it

7

Automobile, amore nostrum. L’Italia ferma su quattro ruote Tasse auto: difficile rinunciare al “bottino” Ponte: «Mezzi pubblici? Puntiamo sulle eco-auto» Zambrini: «Incentivare i servizi di mobilità» L’Europa si muove (meglio di noi) Emissioni nocive, tra miti e falsi problemi Crisi dell’auto, specchio della recessione

direttore editoriale

Parliamo di etica, contiamo i risultati.

globalvision dossier. Mobilità insostenibile

Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone

Etica Sgr è una società di gestione del risparmio che promuove esclusivamente investimenti finanziari in titoli di imprese e di Stati selezionati in base a criteri sociali e ambientali. L’investimento responsabile non comporta rinunce in termini di rendimento. È un investimento “paziente”, non ha carattere speculativo e quindi ben si coniuga con la filosofia di guadagno nel medio-lungo termine comune a tutti gli altri fondi di investimento.

Usa, 2007

direzione generale collegio dei sindaci

ETICA SGR: VALORI IN CUI CREDERE, FINO IN FONDO.

A New York è scoppiata la moda dei pedicab. I risciò a pedali, utilizzati soprattutto nel sud-est asiatico, hanno invaso la grande mela. Ce ne sono oltre cinquecento che corrono su e giù, soprattutto nelle ore di punta, per le strade di Manhattan.

Ugo Biggeri, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva (presidente@valori.it), Sergio Slavazza Giancarlo Roncaglioni (roncaglioni@valori.it)

economicamente vincenti*

ALESSANDRO COSMELLI / CONTRASTO

E T N E M L A SOCI I L I B A S N RESPO

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| globalvision |

Ottimismo italiano

La crisi c’è la manovra no di Alberto Berrini

EL CORSO DELL’ESTATE (15 LUGLIO 2009) il Governo ha approvato “l’ultimo” Dpef (Documento di Programmazione Economico-Finanziaria). Ultimo, in quanto dal prossimo anno sarà sostituito, secondo quanto annunciato dal ministro Tremonti, dalla Dfp (Decisione di Finanza Pubblica). Un Dpef già depotenziato, dopo la modifica della Legge Finanziaria su base triennale, che semplicemente aggiorna lo scenario previsionale del precedente Documento sul nuovo orizzonte temporale 2010-2013. I numeri in esso contenuti sono gli stessi forniti da Draghi solo pochi mesi fa (Pil a -5,2% nel 2009). Dunque, per la quinta volta da giugno 2008, il Governo ha dovuto rivedere al ribasso le sue stime di crescita. Ma, sottolinea fin dall’inizio il Dpef, “negli ultimi due-tre mesi si sono ripetuti segnali non negativi, per l’economia mondiale e per quella italiana. (…) L’incertezza sulle prospettive economiche rimane elevata ma (…) in varie sedi e forme si ipotizza la ripresa a partire dal 2010”. È questo il punto centrale dell’analisi: il Governo italiano scommette su una fuoriuscita non troppo lontana dalla crisi (+0,5% del Pil nel 2010, contro lo 0% previsto da Bankitalia). Un ottimismo che condiziona l’intera manovra di politica economica e che ne limita gli obiettivi. Si tratta di salvaguardare i livelli di welfare pre-esistenti alla crisi senza preoccuparsi di trovare risorse aggiuntive per i consumi e per i redditi da lavoro e da pensione. In realtà, come sostenuto dalla maggior parte degli osservatori, “la ripresa sarà lenta e faticosa” L’Italia è l’unico Paese del G20 (M. Wolf, Il Sole 24 Ore, 15 luglio 2009), soprattutto in termini a non aver ancora varato “sociali”. L’eccesso di capacità produttiva a fine 2010 supererà alcuna manovra anticiclica. quella di fine 2009 con effetti devastanti sull’occupazione. Serve una politica industriale Conclude Wolf: “Chi si aspetta un pronto ritorno allo status e di sviluppo per imboccare quo del 2006 è un sognatore”. Del resto dagli stessi dati la strada della crescita previsionali sulla crescita contenuti nel Dpef (per molti versi ottimistici) risulta che fra due anni la ricchezza prodotta nel nostro Paese sarà inferiore di circa 4 punti percentuali rispetto a quella del 2007. Solo nel 2013 (forse) torneremo ai livelli di produzione di quell’anno. A dispetto di ciò il Dpef certifica “numericamente” che non è prevista alcuna manovra per rilanciare l’economia. Come segnalato dal Fondo Monetario Internazionale, l’Italia è l’unico Paese del G20 a non aver varato finora alcuna manovra anticiclica. Infatti il saldo delle risorse immesse nel sistema economico sfiora lo zero, come indirettamente ammesso dallo stesso Dpef quando sottolinea che “una massiccia concentrazione e riallocazione delle poste all’interno del bilancio ha, tra l’altro, permesso di liberare risorse per una pluralità di interventi in funzione anticrisi”. Nonostante questa scelta i conti pubblici vanno male. Particolarmente preoccupante, in un’ottica temporale di medio lungo periodo, è il dato del debito che è tornato a livelli pre-cura Ciampi (115,3%). Detto questo, chi scrive non pensa certo ad una politica di rigore. Al contrario, come ha sottolineato Draghi: «Resta prioritario dare sostegno al sistema produttivo: occorre evitarne un indebolimento strutturale», che ci impedirebbe di sfruttare a pieno la ripresa che verrà. Questa va perseguita e preparata con una politica industriale che oggi non c’è. Viceversa, senza politiche per lo sviluppo, rese peraltro oggi indispensabili dalle tematiche ambientali ed energetiche, sarà impossibile imboccare solidi sentieri di crescita, tra l’altro fondamentali per riportare i tassi di occupazione ai livelli pre-crisi.

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| fotoreportage |

> Traffic foto di Davide Monteleone / Alessandro Cosmelli / Daniele Dainelli / Contrasto

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e vi capita di arrivare alla stazione centrale di Amsterdam, una volta usciti sul piazzale ricordatevi di dare uno sguardo alla vostra destra: troverete, accanto all’elegante edificio di mattoni rossi, un assai meno raffinato parcheggio multipiano in ferro, letteralmente tempestato di biciclette vecchie ma molto efficienti. Tre piani zeppi di due ruote, neanche fosse via Condotti a Roma sotto Natale. E, davanti al piazzale, un groviglio di capolinea di tram che solcano in lungo e in largo la città. È tutta lì, in quelle due immagini, l’idea di mobilità che hanno nella ricca Olanda. Nel frattempo si sviluppano idee e soluzioni che sembrano uscite dalla penna di Isaac Asimov o dalle scene a cartoni animati di Futurama. La Klm ben presto sostituirà la vecchia flotta di kart elettrici in uso all’aeroporto di Schipol, con auto ad aria compressa (brevetto francese), 200 chilometri di autonomia e 70 km orari di velocità. Nel frattempo, agli antipodi, un’azienda australiana ha creato un disco volante di un metro e mezzo di diametro: una potente ventola sotto il pianale crea un cuscinetto d’aria che fa muovere il veicolo fino a 120 km orari e lo può far alzare fino a un metro di altezza. Una specie di overcraft pensato per gli spostamenti urbani, azionato da un semplice joystick. Nella vicina Nuova Zelanda, non lontano da Auckland, si sono inventati Schweeb, una monorotaia, elevata da terra, su cui sfrecciano cabine a trazione umana. Il passeggero entra in una capsulona e la fa muovere con un paio di pedali. Grazie all’attrito ridotto e alla particolare struttura del binario, che sale e scende per favorire l’accelerazione, si raggiungono facilmente gli 80 km all’ora senza emettere un solo grammo di CO2 e senza rischi di incidenti agli incroci o attese ai semafori (tra l’altro si butta anche giù pancia). In Norvegia, dall’anno prossimo circoleranno per le strade di Oslo autobus spinti - letteralmente dalla... cacca umana. Ma senza odori sgradevoli. I detriti solidi presenti nelle fogne cittadine vengono infatti trasformati in metano grazie a un procedimento messo a punto da un chimico norvegese, Ole Jakob Johansen. E nel frattempo in Italia? Visto che siamo svegli, noi abitanti della sesta potenza industriale, continuiamo fieri a barcamenarci tra puzzolenti tubi di scappamento ad altezza neonato, marmitte malconce di due ruote che martellano i timpani dei passanti, auto incolonnate come grumi malsani. Che prima intasano le grandi arterie cittadine (passiamo in fila dentro le nostre macchine 227 ore ogni anno) e poi fanno a gara tra vie e vicoli per vincere uno straccio di posto. Magari in doppia o tripla fila. Un bel modo di concepire la libertà di circolazione! Ci vorrebbe l’ironia di Giorgio Gaber a commento di una simile scelta. Chissà, forse adatterebbe una sua celebre frase: «Con tutte le libertà che avete, volete anche la libertà di muovervi?». ANNO 9 N.72

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DAVIDE MONTELEONE / CONTRASTO

In Olanda, sfrecciano per la capitale decine di tram e migliaia di biciclette, magari un po’ retrò ma efficientissime. La Klm introdurrà presto auto ad aria compressa. In Nuova Zelanda studiano monorotaie a trazione umana. In Australia, dischi volanti che solcano le vie su cuscinetti d’aria. E noi Italiani? Stiamo fermi, in coda, nelle nostre auto 227 ore ogni anno. Continuiamo così.

GLI AUTORI Davide Monteleone è nato a Potenza nel 1974. Si è occupato di cronaca, conflitti e aspetti sociali. Nel 2002, si trasferisce a Mosca e da questa esperienza nasce il progetto che segna la sua crescita professionale. Non dimentica l’attualità e nel 2007 vince il World Press Photo con le immagini di Beirut. Lo stesso anno, pubblica il libro Dusha-Anima Russa che raccoglie cinque anni trascorsi nell’ex-Urss.

Alessandro Cosmelli è nato a Livorno nel 1972. Ha realizzato importanti reportage in Asia, Africa, America, Europa e Medio Oriente. Le sue fotografie sono state esposte nell’ambito di manifestazioni internazionali quali il Festival Internazionale di Fotografia di Roma e il Noorderlicht Photofestival. Dal 2007 vive a New York dove sta realizzando reportage di rilevanza sociale che lo portano spesso a seguire eventi di forte impatto mediatico.

Tirana, periferia della città. Lungo la strada per Gradec, dove, il 15 marzo 2008, un’esplosione in un deposito militare causò 26 morti e 260 feriti. Nelle strade del Paese convivono carretti a trazione animale, retaggio del passato rurale, con le potenti automobili dei nuovi ricchi.

Daniele Dainelli è nato nel 1967 anche lui a Livorno. Fotografo di grande talento, è dotato di una particolare sensibilità per il colore e di una capacità di inchiesta che gli permettono di realizzare immagini di grande forza espressiva. Partecipa nel 2006 al progetto Beijing In and Out e, nel 2007, insieme ad altri tre fotografi, realizza le immagini per il libro Solo in Italia, con testi di Antonio Pascale, pubblicato da Contrasto l’anno successivo.

Albania, 2008

> Traffic

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ALESSANDRO COSMELLI / CONTRASTO

| fotoreportage |

Asia, Europa e America, unite da tre scenari simili. Sopra, due vecchie macchine in vendita. Sembra di essere in qualche Stato sperduto dell’Africa. Siamo invece nello Utah (Stati Uniti), non lontani dal centro della piccola cittadina di Moab. A destra, Tashkent: Chorsu, il quartiere piÚ vecchio della capitale uzbeka. Nella foto piccola, le carcasse di decine di auto e scooter nel deposito giudiziario di Tor Tre Teste, quartiere periferico di Roma.

> Traffic

Usa, 2008 / Tashkent, 2004 / Italia, 2003 | 10 | valori |

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DAVIDE MONTELEONE / CONTRASTO

| fotoreportage | Stoccolma, incrocio pedonale nei pressi della stazione. Nella capitale svedese, come spesso avviene anche in altre città del Nord Europa, le biciclette hanno delle corsie riservate, non solo lungo le strade e sui marciapiedi, ma anche agli incroci. E occhio a non invadere il loro “territorio” quando si passeggia: i ciclisti sfrecciano molto veloci. I pedoni distratti sono avvisati.

Svezia, 2001

> Traffic

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DANIELE DAINELLI / CONTRASTO

| fotoreportage |

Sopra, Ho Chi Min City (la vecchia Saigon), crocevia nel District 1, area del centro. Nella più grande città del Vietnam sfrecciano ancora decine di migliaia di due ruote, anche se, con l’aumentare della ricchezza, cresce anche il numero di auto. A sinistra, Milano, 26 settembre 2000, giornata senza traffico: le bici tornano ad essere padrone delle strade finalmente libere dalle macchine. In alto, un groviglio di risciò nella parte più antica di Delhi.

> Traffic

Vietnam, 2005 / Italia, 2000 / India, 2004 | 14 | valori |

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dossier

Automobile, amore nostrum. L’Italia ferma su quattro ruote >18 Tasse auto: difficile rinunciare al “bottino” >20 Ponti: «Mezzi pubblici? Puntiamo sulle eco-auto» >22 Zambrini: «Incentivare i servizi di mobilità» >23 L’Europa si muove (meglio di noi) >24 Emissioni nocive, tra miti e falsi problemi >26 Crisi dell’auto, specchio della recessione >27 DAVIDE MONTELEONE / CONTRASTO

a cura di Andrea Barolini, Corrado Fontana, Emanuele Isonio e Guido Viale

Eur (Roma): il Palazzo della Civiltà Italiana. In uno scatto multiplo, un vigile multa un’auto parcheggiata in divieto di sosta.

Italia, 2007

Trasporti

L’ingorgo che cı rende insostenibili Le cattive abitudini, la mancanza di infrastrutture e la scarsità di investimenti hanno reso la mobilità italiana sinonimo di caos e inquinamento. Il prezzo? 6,4 miliardi di euro all’anno

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| dossier | mobilità sostenibile |

| dossier | mobilità sostenibile |

gioco, di una crescita urbanistica irrazionale, della scarsa consapevolezza dell’impatto

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FONTE: ELABORAZIONE ISFORT SU DATI ISTAT E LEGAMBIENTE

81

PALERMO

65

TORINO

37 LONDRA

37

MADRID

35

PARIGI

43

STOCCOLMA

61,3% 11,1%

AMSTERDAM

27,6%

VIENNA

2007

110

BRUXELLES

62,2% 8,6%

Nel nostro Paese pare che non si riesca proprio a rinunciare agli spostamenti. Oltre il 90% di noi - secondo l’ultimo Rapporto sulla qualità della mobilità nelle province italiane redatto da Aci ed Eurispes - si sposta tutti i giorni (75,6%) o tre-quattro volte alla settimana (15,4%). Ben l’88,2% dei cittadini, inoltre, si muove nel territorio del proprio comune (53,8%) o, al più, nella provincia (34,4%). La lettura dei dati è chiarissima: la strada verso la mobilità sostenibile passa proprio attraverso un grande cambiamento nei trasporti delle realtà urbane. «Servirebbe la rivoluzione della “demotorizzazione”, come avviene in molte città europee», spiega Andrea Poggio, vice direttore generale di Legambiente. Nelle nostre città, infatti, oggi ci si muove in modo davvero poco intelligente. Il 79,5% degli italiani è “innamorato” dell’auto privata. Gli spostamenti collettivi, invece, sono fermi al 12,6% (nelle metropoli la percentuale sale al 20,3). D’altra

LISBONA

29,2%

ALTRI RICAVI

ROMA

COMPENSAZIONI PUBBLICHE

In Italia il 90% dei cittadini si sposta quasi ogni giorno. Soprattutto nel comune di residenza. E quasi l’80% lo fa sempre con la propria auto: per questo il primo obiettivo è modificare i trasporti nelle grandi città | 18 | valori |

Urge una rivoluzione della mobilità

I RICAVI DEI TRASPORTI PUBBLICI IN ITALIA RICAVI DA TRAFFICO 2002

144

BUDAPEST

FONTE: 6° RAPPORTO SULLA MOBILITÀ URBANA IN ITALIA, ISFORT, 2009

ambientale (ed economico) dei nostri comportamenti.

NAPOLI

lontani anni luce da questo scenario. La colpa è degli enormi interessi (economici) in

CATANIA

rebbe tutto alla nostra portata. A cominciare dalle tecnologie. Ma, al momento, siamo

BARI

percorso. Benvenuti nell’era della mobilità sostenibile. Fantascienza? In teoria no, sa-

212

ROMA

gica con il servizio di car sharing, per qualche centesimo di euro per ogni chilometro

VENEZIA

zio di bike sharing a poche decine di euro all’anno. Oppure prenotare un’auto ecolo-

227

VERONA

politana. In alternativa si può usare la bici a pedalata assistita, noleggiata con il servi-

Non è solo colpa delle nostre abitudini, però. «Intorno al settore dell’auto gira un gigantesco sistema di interessi, vecchio di cinquant’anni, che comprende i produttori di automobili, i distributori e produttori di carburanti, i gestori del sistema stradale e autostradale», spiega Gerardo Marletto, docente di economia applicata all’università di Sassari. Basti pensare che, nel suo complesso, il settore dei trasporti in Italia conta 153 mila imprese, che danno lavoro a 876 mila persone». Secondo responsabile dell’espansione incontrollata dell’uso della macchina, poi, è la cattiva urbanistica, «complice l’espansione delle città degli ultimi decenni, incontrollata e irrazionale – continua il professor Marletto –. Un sistema alter59,6 nativo all’auto ha bisogno, per funzionare, di centri urbani compatti che si sviluppano prevalentemente per poli e intorno ai nodi principali della rete di trasporto pubblico». A ciò va aggiunto che quasi il 75% degli italiani si dichiara non disposto a diminuire i propri spo52,6 stamenti per tutelare l’ambiente, riferisce ancora il rapporto ACI-Eurispes. Salvo poi, magari, lamentarsi per lo smog. Chi, invece, fosse disposto a cambiare le proprie abitudini, avrebbe vita dura. Milano e Roma offrono rispettivamente 74 e 36 km di rete di metropolitana, ai livelli di cittadine come Lille e New Castle (entrambe con meno di 200 mila abitanti). E lontani anni luce da metropoli come Londra, dove la “underground” misura complessivamente 408 km - oltre il doppio dell’intera rete italiana (161,9 km) o Parigi, con la sua “metropolitain” da 16 linee, 213 km e 4 milioni 36,8 e mezzo di passeggeri al giorno. «A Strasburgo, in alcuni hotel - racconta Poggio - già inclusa nel prezzo della camera viene fornita una tessera per accedere a tutti i servizi di mobilità urbana, che prevede anche sconti in negozi e musei. Questo è marketing urbano intelligente. Che migliora l’accoglienza e incentiva gli spostamenti sostenibili». In Italia, invece, non c’è nulla di tutto questo. Per le nostre aziende di trasporto pubblico gli introiti derivanti da “traffico” sono diminuiti, dal 2002 al 2007, dell’1,6%. Mentre sono aumentati i “ricavi vari”. Il che, in altre parole, significa che le aziende vivono sempre meno sui biglietti venduti e 16,6 sempre più sui servizi accessori. Non solo. Le risorse pubbliche (regionali) sono aumentate del 7,5% nello stes12,9 so periodo, ma l’inflazione del settore (quindi i costi effettivamente sostenuti dalle società) è 9,4 stata del 16,2%. I capitali pubblici sono quindi insufficienti. E, come se non 5,0 4,7 bastasse, spesso le Regioni tardano 0,2 0,0 anche a trasferire il denaro. MILANO

che, grazie alle corsie preferenziali, in breve porta alla più vicina fermata della metro-

Ostacoli al cambiamento

BOLOGNA

la macchina: a pochi metri dal portone c’è un autobus elettrico “a chiamata”

BERLINO

L

unedì, ore 7 del mattino. Si esce di casa per andare al lavoro. Niente chiavi del-

IL CAR SHARING IN ITALIA fatica a prendere piede. Nel 2005 sono stati stimati in tutta la penisola solo 4.092 utenti. Crescono invece le piste ciclabili, ma con i nostri 2.350 chilometri (12 km ogni 100 km quadrati di superficie) siano ancora molto lontani dalla media europea. Non stupisce, quindi, che meno di un italiano su dieci usi la bici per gli spostamenti quotidiani. Va un po’ meglio sul fronte degli strumenti che incentivano a lasciare la macchina in garage: il numero di stalli a pagamento (le “strisce blu”) è passato dai quasi 400 mila del 2002 agli oltre 520 mila del 2007. L’estensione delle ZTL, inoltre, ha raggiunto i 106,5 milioni di metri quadrati, mentre le isole pedonali sono state ampliate, sempre nel periodo 2002-2007, del 30%. A conti fatti, secondo la ricerca di Euromobility e Kyoto Club sulla mobilità nei principali 50 centri abitati italiani, la città più “sostenibile” è Bologna; al secondo posto Parma e Modena, seguite da Milano e Venezia; seste, a pari merito, Firenze e Torino. Ma, va ricordato, si tratta delle realtà migliori in un panorama (quello nostrano) piuttosto desolante.

parte non stupisce che lungo lo stivale siano presenti - si legge nel Sesto rapporto sulla mobilità in Italia, redatto da Isfort e Asstra - 36 milioni di veicoli, in media 59,7 ogni 100 abitanti (più “trafficato” di noi, in Europa, c’è solo il Lussemburgo).

FIRENZE

di Andrea Barolini

CAR SHARING E PISTE CICLABILI, LUSSO PER POCHI

KM DI PISTE CICLABILI IN ITALIA PER 100KM2 DI SUPERFICIE COMUNALE [2007]

408 91,8 FONTE: 2° RAPPORTO SULLE INFRASTRUTTURE IN ITALIA, ANCE, 2009

Automobile amore nostrum L’Italia ferma su quattro ruote

ESTENSIONE IN KM DELLE METROPOLITANE NELLE CAPITALI EUROPEE [2006]

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| dossier | mobilità sostenibile |

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Fondi pubblici: pochi e spesi male

Il ministero per lo Sviluppo economico solo nel 2009 ha stanziato infatti per l’acquisto di auto nuove 102 milioni di euro. Mentre solo 10 milioni sono stati dedicati all’acquisto di bici tradizionali o elettriche. In città come Stoccolma, in Svezia, contano invece con più o meno la stessa cifra (120 milioni di euro) di raddoppiare le piste ciclabili (già molto più estese delle nostre). Amburgo, in Germania, semplicemente imponendo un limite di velocità di 30 km/h in molte vie del centro e promuovendo la mobilità pedonale ha fatto sì che un quarto dei suoi cittadini si muova abitualmente a piedi. Se lo si facesse anche in Italia converrebbe a tutti: «Ogni famiglia per la macchina spende ogni anno tra i 2 e i 5 mila euro: i mezzi alternativi non costano più di mille euro», spiega Marletto. «In futuro non possederemo un’auto - gli fa eco Poggio -. Risparmieremo e useremo mezzi come il car sharing». Ci guadagnerà anche lo Stato: basti pensare che la ricaduta economica legata alla sola congestione del traffico è pari, per l’Italia, ad una perdita annua di 6,4 miliardi di euro. Qualcosa come lo 0,6% del Pil.

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NUMERO AUTO PER 1.000 ABITANTI

INTROITI FISCALI PER L’ACQUISTO DI AUTO NELL’EUROPA A 15 VALORI IN MILIARDI

AUSTRIA BELGIO € € 2006 2004

DAN. DKK 2006

GER. SPAGNA FRANCIA GRECIA € € € € 2006 2006 2006 2006

1. IVA su auto, servizi e pneumatici 2,469 4,291 N.A. 26,000 Vendite di auto nuove 1,176 18,990 Vendite di auto usate 0,074 2,050 Servizi e riparazioni 1,416 3,735 Accessori 0,865 1,225 2,298 2. Lubrificanti 4,768 5,765 14,965 39,902 3. Tasse d’immatricolazione 0,510 0,319 23,791 Tasse sul possesso 1,465 1,463 9,221 8,940 Imposte sulle patenti 0,007 0,065 Tasse sulle assicurazioni 0,302 0,449 2,125 3,320 Pedaggi 1,217 0,457 Tariffe doganali 0,093 0,470 Altre imposte 0,550 0,520 0,285 TOTALE 11,281 12,148 50,309 79,000 EURO 11,3 12,1 8,8 79,0 TOTALE COMPLESSIVO: 3,5% DEL PRODOTTO INTERNO LORDO

5,940 12,679 3,574 7,089 0,068 0,622 4,968 – 17,116 33,173 1,418 1,785 2,250 1,341 0,073 – 0,733 3,898 8,193 – 0,370 1,162 27,900 62,231 27,9 82,2

IRL. € 2005

ITALIA P.BASSI € € 2006 2006

POR. € 2005

FIN. SVEZIA € SEK 2006 2006

GB € 2006

N.A. 0,058 20,25 2,412 1,279 1,170 15,0 12,83 0,709 0,088 1,504 2,608 2,339 33,49 6,654 3,428 3,219 46,6 23,45 0,896 1,712 1,28 0,797 1,211 1,553 0,794 0,802 5,90 2,635 0,136 0,560 10,7 5,01 0,07 4,55 0,260 N.A. 0,039 1,10 0,119 0,860 1,766 0,089 6,5 3,71 4,298 5,066 67,430 15,565 5,918 6,782 78,8 45,07 4,3 5,1 67,4 16,6 5,9 6,8 9,8 45,1

FONTE: EU ECONOMIC REPORT ACEA (MARZO 2009) SU DATI EUROSTAT

FONTE: RAPPORTO 2009 ACEA (ASSOCIAZIONE EUROPEA PRODUTTORI AUTO)

Servirebbero, dunque, una nuova cultura della mobilità e (molti) investimenti mirati a scoraggiare l’uso dell’auto privata. Fino ad ora, invece, la maggior parte delle risorse pubbliche è stata utilizzata per incentivare l’acquisto di nuovi veicoli, meno inquinanti. Il che è di certo un bene, ma non costituisce la soluzione. Primo, perché un’auto ad emissioni zero, di fatto, non esiste (perfino le elettriche inquinano attraverso l’usura di freni e pneumatici). Secondo, perché così non si risolve il problema della congestione delle grandi città. «Si rischia un effetto-rimbalzo - sottolinea Marletto -: la migliore efficienza è annullata dal fatto che si usa di più il mezzo. Sono ormai due anni che l’Agenzia europea per l’ambiente, nella valutazione dell’impatto dei trasporti, conclude che nonostante i progressi tecnologici l’auto aumenta i propri effetti nocivi». E in effetti il settore dei trasporti è l’unico che, nel complesso, inquina sempre di più: tutti gli altri, dai produttori di energia alle aziende agricole, hanno registrato qualche miglioramento negli ultimi anni (vedi GRAFICO ).

CINA 25

LUSSEMBURGO 661 ITALIA 591 GERMANIA 566 EU 15 508 AUSTRIA 507 FRANCIA 504 SLOVENIA 489 FINLANDIA 478 GRAN BRETAGNA 471 BELGIO 470 LITUANIA 470 EU 25 466 SPAGNA 464 SVEZIA 461 PAESI BASSI 442 IRLANDA 418 ESTONIA 413 GRECIA 407 PORTOGALLO 405 REPUBBLICA CECA 399 DANIMARCA 331 LETTONIA 380 POLONIA 351 EU 27 307 UNGHERIA 289 SLOVACCHIA 247 BULGARIA 230 ROMANIA 157 USA 776 CANADA 561 GIAPPONE 540 RUSSIA 245 COREA DEL SUD 237

Tasse auto, difficile rinunciare al “bottino” Ogni anno il fisco italiano guadagna quasi 70 miliardi dal settore auto. Un freno alla mobilità verde? i governi europei (anche quello italiano) hanno introdotto incentivi e meccanismi fiscali premiali. Ma le spinte in tale direzione (e ancor più l’adozione di politiche che riformino radicalmente il sistema di mobidi Emanuele Isonio lità) rischiano di essere annacquate e dilazionate. Perché, paradossalmente, l’attuale assetto fiscale fa sì che per le casse statali sia molto meglio avere un parco auto sovrabbondante e poco ecologico. Nessuna dietrologia né accusa di malafede. Basta leggere i numeri delle entrate fi-

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ER CHI SCEGLIE AUTO PIÙ ECOLOGICHE E DAI CONSUMI RIDOTTI

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scali connesse con il mercato dell’auto (la TABELLA fa riferimento alla situazione 2006 nei Paesi dell’Europa a 15). Il nostro governo ha incassato oltre 20 miliardi di euro dall’Iva sui veicoli (più sono costosi i mezzi, meglio è per il fisco), 4,5 miliardi dalle tasse sulle assicurazioni auto (che crescono con il valore del mezzo da assicurare) e 33,5 miliardi dalle accise sui carburanti (le auto che consumano molto non fanno felici solo le aziende petrolifere). Totale: 67,4 miliardi. Un gruzzolo niente male, che corrisponde al 4,5% del Prodotto interno lordo italiano. Superiore an-

SE LE AUTO A BENZINA INQUINANO MENO DELLE IBRIDE IN ITALIA MOLTI SPOT reclamizzano auto considerate “a basso impatto ambientale” o “ecologiche”. Sono molti i parametri che devono essere utilizzati per capire se un’auto è davvero amica dell’ambiente. In questa tabella

Valori ha analizzato (su dati forniti da Quattroruote) le emissioni di CO2 per chilometro percorso. Scoprendo che alcune auto con classici motori a benzina inquinano meno di alcuni pluri-reclamizzati motori Ibridi. Va considerato

che dal 2012 tutte le auto dovranno, secondo i target ipotizzati a livello internazionale, emettere meno di 120 g/km di CO2. E nel 2020 non più di 80: ad oggi, nessuna auto in commercio in Italia soddisfa questo limite.

LE AUTO IN COMMERCIO IN ITALIA NEGLI ULTIMI 12 MESI CON EMISSIONI DI CO2 INFERIORI A 120 G/KM MARCA

MODELLO (CO2/KM)

EMISSIONI

ALIMENTAZIONE

Smart Seat Toyota Seat Honda Smart Nissan Suzuki Daihatsu Mini Toyota Volvo Volvo Volvo Toyota Citroen Peugeot VW Citroen Honda Mini Peugeot Seat Toyota Toyota Toyota Fiat Renault Peugeot Smart Smart Ford Citroen Citroen Fiat Fiat Renault Daihatsu Fiat Fiat Hyundai Kia Lancia Mazda Peugeot

Fortwo 800 33 kW Ibiza 1.4 Tdi 80CV DPF Ecomotive iQ 1.0 68 CV Leon 1.9 Tdi DPF Ecomotive Insight Fortwo 1000 52 kW MHD Pixo 1.0 Easy Alto 1.0 L Cuore 1.0 12v Cooper D Prius 1.5 C30 1.6 D DRIVe Start/Stop POLAR S40 1.6 D DRIVe Start/Stop Momentum V50 1.6 D DRIVe Start/Stop POLAR Aygo 1.0 VVT-i C1 1.0 3p. airdream C1TY 107 1.0 Desir Polo 1.4 TDI 80CV DPF Bluemotion C1 1.4HDi Civic Hybrid 1.3 Cooper D Clubman 107 1.4 Hdi Ibiza 1.6 CR DPF 3p. Reference Aygo 1.0 VVT-i Aygo 1.4 D Yaris 1.4 D-4D 500 1.3 16v MultiJet Clio Storia 1.5 dCi 85CV 206 1.4 Hdi Fortwo 1000 45 kW Fortwo 1000 52 kW Ka+ 1.3 TDCi 75CV C2 1.4HDi 70CV C3 1.4 HDi 70CV CMP5 air. Panda 1.3 16v MultiJet DPF 500 1.2 PUR-O2 Twingo 1.5 dCi Trevis 1.0 Panda 1.2 Natural Power Panda 1.3 16v MultiJet i10 1.1 CRDi VGT 12V Picanto 1.0 Town e Life Bi-Fuel Y 1.3 MJT 90CV 2 1.4L TD 68CV 207 1.4 HDi 70CV

88 98 99 100 101 103 103 103 104 104 104 104 104 104 106 106 106 108 109 109 109 109 109 109 109 109 110 111 112 112 112 112 113 113 113 113 113 114 114/146 114 114 114 114 114 115

Diesel Diesel Benzina Diesel Ibrida Benzina Benzina Benzina Benzina Diesel Ibrida Diesel Diesel Diesel Benzina Benzina Benzina Diesel Diesel Ibrida Diesel Diesel Diesel Benzina Diesel Diesel Diesel Diesel Diesel Benzina Benzina Diesel Diesel Diesel Diesel Benzina Diesel Benzina Metano/Benzina Diesel Diesel Benzina/GPL Diesel Diesel Diesel

che al 3,5% della media europea (nel nostro Paese infatti, la densità di auto è la maggiore dell’Ue, seconda solo dopo il piccolo Lussemburgo – vedi GRAFICO ).

Incentivi Ok, ma sono la soluzione? È lecito quindi domandarsi se il sistema di tasse e incentivi ecologici per l’auto sia corretto. «Più le auto costano e consumano carburante, più lo Stato ringrazia. Ed è chiaro che il rischio di frenare le politiche virtuose è

MARCA

MODELLO (CO2/KM)

Citroen Ford Renault Seat Volvo Ford Kia Smart Peugeot Renault BMW Citroen Daihatsu Daihatsu Ford Hyundai Kia Seat Subaru Audi BMW Chevrolet Citroen Fiat Fiat Fiat Fiat Fiat Ford Ford Ford Ford Hyundai Kia Mercedes Opel Peugeot Peugeot Renault Renault Seat Suzuki

C3 1.4HDi 70CV Focus 1.6 TDCi 110 CV ECOnetic DPF Clio Storia 1.5 dCi 65CV Ibiza 1.4 Tdi DPF C30 1.6 D DRIVe R-Design Fiesta 1.6 TDCi Clever Picanto 1.1 12v CRDi VGT Fortwo 1000 62 kW 207 1.6 16V HDi 90CV Clio 1.5 dCi 85CV 116d 5p. Futura DPF C3 1.6HDi 90 CV Sirion 1.0 Sirion 1.0 Green Powered Focus 1.6 TDCi 90 CV Getz 1.5 CRDi VGT 16V Picanto 1.1 12v Hot e Trendy Bi-Fuel Ibiza 1.4 Tdi 80CV DPF Special Edition Justy 1.0 12v UP A3 1.9 TDIe F.A.P Actraction 118 D Matiz 800 GPL Eco Logic C2 1.6 HDi 16v VTS 500 1.2 Grande Punto 1.3 MultiJet 75 CV Punto 1.2 5p. Natural Power Punto Classic 1.3 Multijet 16V Panda 1.2 Dynamic Eco Ka+ 1.2 8V 69CV Fiesta 1.4 TDCi Clever Focus 1.6 TDCi 110CV DPF Fusion 1.6 TDCi i10 1.1 12V Rio 1.5 16V CRDi 5p. LX Easy A Class A 160 CDI BlueEfficiency Coupè Corsa 1.3 CDTI 75CV ecoFLEX 207 1.6 16V HDi 90CV SW Bipper Tepee 1.4 HDi 70CV Grand Modus 1.5 dCi 85CV Modus 1.5 dCi 85CV Ibiza 1.4 Tdi DPF Swift 1.3 DDiS 16V GL Golf 1.9 TDI Bluemotion Polo 1.4 TDI 69CV Polo 1.4 TDI 80CV DPF

VW VW

EMISSIONI

ALIMENTAZIONE

115 115 115 115 115 116 116 116 117 117 118 118 118 118 118 118 118 118 118 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119 119

Diesel Diesel Diesel Diesel Diesel Diesel Diesel Benzina Diesel Diesel Diesel Diesel Benzina Benzina/GPL Diesel Diesel Benzina/GPL Diesel Benzina Diesel Diesel Benzina/GPL Diesel Benzina Diesel Benzina/Metano Diesel Benzina Benzina Diesel Diesel Diesel Benzina Benzina Diesel Diesel Diesel Diesel Diesel Diesel Diesel Diesel Diesel Diesel Diesel

reale», ammette Guido Rossignoli, direttore generale dell’Anfia (l’Associazione dei produttori italiani d’auto). «Detto questo, il sistema di incentivi per la sostituzione dei veicoli si è dimostrato utile. In tre mesi, da febbraio a oggi, tra le nuove auto vendute, quelle ultraecologiche (metano, ibriche ed elettriche, ndr) sono passate dal 9 al 21,3%. Ciò significa una riduzione della CO2 emessa di 9 grammi per chilometro percorso». Ma non basta: «Nel sistema di fiscalità, serve un passo in più – aggiunge Rossignoli –. La Commissione europea ha proposto di mo-

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dificare la tassazione sulle auto in modo da penalizzare fortemente chi emette più CO2. Purtroppo gli Stati membri si sono messi di traverso: questo non aiuta le aziende che hanno puntato sulle auto ultraecologiche».

Una questione politica C’è però chi si spinge ancora oltre nel ragionamento:

«La tassazione legata alla CO2 emessa è una scelta condivisibile ma non cambia di molto la situazione», replica Andrea Poggio, vicedirettore generale di Legambiente. «Si continua sulla strada, sbagliata, del sostegno alla mobilità privata. Si avalla l’idea che possedere un’auto significhi libertà di movimento, confondendo il diritto alla mobilità con il diritto di proprietà del mezzo».

«Una via sbagliata e dispendiosa - continua Poggio -. Il fisco italiano guadagnerà pure il 4,5% del Pil dalle tasse automobilistiche, ma diamo un’occhiata a quanto spende per sostenere questo tipo di mobilità. Il volume di investimenti è infinitamente superiore. Questo sostegno non è dettato da interesse economico. È una scelta politica».

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TIPOLOGIA DI SPOSTAMENTI IN ITALIA [DATI IN %] 40

NON MOTORIZZATI [ A PIEDI O BICI ] SU TOT. SPOSTAMENTI

31,1 30

20 2002

29,7

2003

SU TERRA [ TRAM, METRO, TRENO URBANO ] SOLO CITTÀ > 100.000 ABITANTI

29,4

27,5

2004

2005

35,0

33,9

32,2

31,5

32,9 32,5

32,8

2007

2008

29,3 2006

«Mezzi pubblici? Meglio puntare sulle eco-auto»

Incentivare i servizi, non i beni per la mobilità

L’opinione di Marco Ponti, in controtendenza rispetto a molti studi. E alle politiche di molti Stati occidentali.

Mario Zambrini: in un sistema virtuoso, i cittadini scelgono il mezzo di volta in volta più idoneo per il tipo di tragitto.

non è un modello davvero sostenibile». Il che significa che non è modificando le abitudini che possiamo tutelare l’ambiente e migliorare la nostra mobilità. A sostenerlo è Marco Ponti, docente di economia dei di Corrado Fontana trasporti al Politecnico di Milano.

«I

L CAMBIAMENTO MODALE

Perché sostiene l’inutilità del “cambio modale”? L’Intergovernmental Panel on Climate Change, nel suo ultimo studio sui trasporti, dedica 40 pagine su 41 al miglioramento delle tecnologie dei motori di aerei, veicoli su gomma e navali, che inquinano moltissimo. Sul cosiddetto “cambio modale”, cioè spingere le persone a spostarsi su treni o autobus, c’è una sola pagina. Sul ruolo delle ferrovie poche righe. L’IPCC spiega anche che il costo per la collettività di una tonnellata di CO2 emessa può variare nel tempo da 30 a oltre 100 dollari, se non si fa nulla per limitare il danno dei cambiamenti climatici. Ciò dovrebbe quindi portarci ad applicare una carbon tax, in modo che chi più inquina più paga. Ma l’industria, di fronte a un’ipotesi di tassa da 30 dollari per tonnellata di CO2 emessa, ha gridato alla catastrofe. A fare dei calcoli si scopre però che il costo reale per la collettività non è nemmeno di 180 ma vicino ai 400 dollari per tonnellata: un valore poco conosciuto perché politicamente sgradito. Ciò significa che non fare nulla ci costa molto… Ma non è vero che non si è fatto nulla. Da almeno 30 anni si incentiva il cambiamento modale: la pressione fiscale in Italia sull’auto genera circa 50 miliardi di euro l’anno. E su 1,3 euro per litro di benzina, circa 1 euro è costituito da tasse. Il trasporto collettivo inoltre è estremamente sostenuto (del costo di un viaggio in autobus il passeggero paga circa il 30%). Eppure tutto ciò ha ottenuto risultati pressoché trascurabili: vi sono ragioni strutturali perché ciò accada.

Il traffico è responsabile solo del 20% delle polveri sottili. Il resto è da attribuire alle industrie

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Quali? In parte legate al mercato del lavoro, che si sposa con una mobilità flessibile: come è quella dell’auto privata e non con un sistema rigido quale quello del trasporto collettivo. Non a caso, tra i cosiddetti pendolari, a usare il treno è il 2,9%, contro un 75% che viaggia in macchina. Il mezzo privato, poi, permette a chi percepisce redditi bassi di possedere una casa, acquistandola più in periferia. Ammettendo che ciò sia vero, quali sono le prospettive sul cambio del parco autoveicoli nei prossimi 15-20 anni? Tutte le emissioni, esclusa la CO2, sono già molto migliorate negli ultimi anni. E l’Agenzia europea per l’ambiente di Copenaghen ci ricorda che il traffico è responsabile solo per il 20% delle polveri sottili, mentre il resto è da attribuire all’industria. Rimane il problema della congestione delle grandi città. È ragionevole puntare sull’incremento del trasporto pubblico nei centri storici italiani, laddove fisicamente le autovetture non entrano. Ma va ricordato ancora l’IPCC, che attribuisce solo un 9% di potenziale miglioramento rispetto alle emissioni globali al comparto dei trasporti, perché si interverrà su tanti piccoli motori. Ben altro risultato si avrebbe intervenendo sul consumo di energia: riscaldamento domestico, lampadine a basso consumo e, soprattutto, produzione industriale. E il trasporto su rotaia? Non è un’alternativa valida? No: costa un’infinità di denaro pubblico con impatti sul clima risibili. Francia e Germania, che vantano ottime reti ferroviarie, registrano emissioni da trasporto praticamente uguali a quelle italiane. L’effetto del trasporto collettivo sulla mobilità complessiva è comunque piccolissimo e resta intorno al 10% delle emissioni. E se anche si facessero degli sforzi economici sovrumani, non si arriverebbe oltre il 13%. Ma almeno si ridurrebbe la congestione. Sì, ma costa infinitamente meno fare più strade, o migliorare l’efficienza delle auto. Il rapporto è di dieci a uno: è molto più efficace un piccolo miglioramento del parco autoveicoli piuttosto che qualsiasi politica di trasporto pubblico.

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«S

AREBBE MEGLIO INVESTIRE sulla diffusione di auto a basso im-

patto piuttosto che sulla mobilità collettiva? È un simpatico paradosso che il professor Ponti porta avanti da decenni. Ha un fondo di verità ma non mi convince». di Emanuele Isonio Mario Zambrini, direttore del dipartimento Valutazione ambientale dell’Istituto Ambiente Italia ha un’idea diversa degli interventi necessari per la mobilità.

Marco Ponti, docente di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano. Sotto, Mario Zambrini, dell’Istituto di ricerca Ambiente Italia.

Perché quel ragionamento non la convince? Perché si basa sul fatto che oggi il 90% della mobilità italiana è su auto. In questa situazione è chiaro che per portare il trasporto collettivo dal 10 al 20% servono investimenti enormi. Quindi cosa c’è di sbagliato? Svecchiare il parco auto non risolve i problemi della mobilità né dell’ambiente. In fondo gli incentivi statali da quasi quindici anni sono andati in questa direzione ma la situazione non è migliorata. Si sono solo regalati soldi per comprare nuovi veicoli. Risultato? È lievitato il numero di autovetture e il turnover (la frequenza con cui si cambia un’auto) è sceso da 8-10 anni a 3-4. E questo non è un bene per l’ambiente? Affatto. Perché nel calcolare la CO2 emessa da una singola auto non va considerata solo quella prodotta in movimento. Ma anche quella dovuta alla sua realizzazione. Alla fine è meglio avere un’auto vecchia di otto anni anziché due auto per quattro anni ciascuna. D’accordo. Ma allora la sua idea di mobilità qual è? Partiamo da un presupposto: non esistono piani di mo-

il parco auto non “Svecchiare risolve i problemi. Gli incentivi hanno finito solo per aumentare il numero delle vetture ”

FONTE: 6° RAPPORTO SULLA MOBILITÀ URBANA IN ITALIA, ISFORT, 2009

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bilità davvero sostenibili se non sono inseriti all’interno di scenari più generali di sostenibilità dello sviluppo. Oggi non tutta la mobilità è necessaria e irrinunciabile. Ci sono molti sprechi da eliminare. La più sostenibile delle forme di mobilità è quella che si riesce a evitare. Di che tipo d’investimenti c’è bisogno? Un esempio: se realizzo tanti parcheggi (soprattutto se gratuiti) incentivo l’uso dell’auto privata. Se concedo soldi per comprare un’auto nuova, spingo i cittadini a usarla sempre e comunque. Se incentivo servizi come il car sharing, stimolo invece l’uso intelligente di un mezzo. Spingo a usarlo in modo oculato perché il costo varia in funzione del tempo d’utilizzo. Bisogna investire sui servizi prima che sulle grandi opere e sui beni per la mobilità. Spendere in infrastrutture è utile solo se davvero intercettano una domanda reale: quindi perché investire sull’alta velocità che interessa solo una minima parte degli utenti e non sul trasporto pubblico locale che coinvolge molte più persone? Già, perché? Perché nel sistema attuale, chi può va in auto. I treni locali e i mezzi pubblici sono per le fasce marginali della popolazione: studenti, pensionati, immigrati, poveri. Ma così si trasforma la mobilità collettiva in una misura di welfare State per far muovere chi non ha soldi. Se lo immagina in Italia un banchiere, un avvocato, un consigliere comunale, un imprenditore che si muove su un treno di pendolari? Nel resto d’Europa è la normalità. Non ha proprio senso investire per migliorare il parco auto? Non dico di no. Ma il principio basilare è creare un sistema in cui auto, bus, treni, bici siano sullo stesso piano. Dobbiamo aiutare i cittadini a usare il mezzo più idoneo per il tipo di tragitto che devono fare. Solo a quel punto, hanno senso fondi per migliorare l’efficienza di un mezzo e stimolare la ricerca di auto a impatto zero.

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| dossier | mobilità sostenibile |

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L’Europa si muove (meglio di noi) SALISBURGO VACANZE SOSTENIBILI

DORDRECHT L’AUTOBUS VIAGGIA SULL’ACQUA

SE SCAPPIAMO DALLE CITTÀ perché ci portiamo dietro le automobili? Una cittadina (Bad Hofgastein, 6 mila abitanti) e un paesino (Werfenweng, 650 abitanti) del salisburgese, in Austria, hanno sperimentato con successo un progetto che punta a convincere i turisti a non utilizzare i mezzi privati per tutta la durata delle proprie vacanze. Un servizio di bus collega la stazione ferroviaria con il centro di Bad Hofgastein. Per gli abitanti locali, così come per i visitatori che arrivano con la loro macchina, è a disposizione un servizio di car sharing con veicoli elettrici. E ancora 50 motorini elettrici e 30 bici a pedalata assistita. Anche il “pieno” è ecologico: è stata costruita una stazione di rifornimento ad energia solare. Sono previsti anche pacchetti vacanze “tutto compreso”: trasporto, alberghi e mezzi di trasporto sostenibili. Il progetto è stato lanciato nel ‘98, grazie ad un finanziamento di 8 milioni di euro. Da allora il numero di visitatori di Werfenweng è aumentato del 25% solo nei primi tre anni. Nello stesso periodo il numero di turisti arrivati con la macchina è diminuito dal 78% al 66%, con una riduzione di 1,2 milioni dei km percorsi, e un risparmio di 375 tonnellate di CO2.

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DORDRECHT, CITTÀ OLANDESE di 120 mila abitanti che sorge su un’isola, è un importante nodo di percorsi ferroviari e stradali. Negli anni ‘70 e ‘80 la costruzione di ponti e tunnel ha incentivato fortemente l’uso dell’auto. Ma più di recente gli amministratori hanno cambiato radicalmente impostazione, rendendo quello di Dordrecht un caso di studio (riportato da Elits.org, il più grande portale europeo per il trasporto pubblico e la mobilità). È stato messo a punto, infatti, un sistema di autobus “acquatici” che unisce la città con i centri circostanti e si ricollega al sistema di navi traghetto che raggiunge Rotterdam. La gestione è stata affidata ad una società mista pubblicoprivata. Una scelta azzeccata anche economicamente: gli autobus acquatici ottengono il 40% dei propri ricavi dalla sola vendita dei biglietti. Il servizio, inoltre, rende possibile traghettare le bici, e il 70% dei viaggiatori le porta a bordo. Risultato: 1,3 milioni di utenti dei bus acquatici e 400 mila spostamenti in auto all’anno in meno.

SETTEMBRE 2009

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AUTO PRIVATA A TUTTI I COSTI? La mancanza di infrastrut-

L’

ture e servizi? Ciò a cui noi italiani siamo abituati non è “la quotidianità” in Europa. Al contrario. Per premiare le esperienze migliori, la Commissione europea organizza la Settimana europea della mobilità (ogni anno, dal 16 al 22 settembre), alla quale partecipano decine di milioni di persone in più di 1.300 città grandi e piccole. Obiettivo: dimostrare che è possibile muoversi senza creare danni all’ambiente e all’economia. Secondo l’ultima “Best practice guide”, redatta dai tecnici di Bruxelles,

GRAZ DALLA PADELLA AL SERBATOIO IL RIFORNIMENTO? Meglio farlo in cucina. Da oltre un decennio l’azienda di trasporti pubblici di Graz, in Austria, acquista solo mezzi alimentati a biodiesel con oli di scarto prelevati direttamente dalle padelle di cittadini e ristoratori. Già all’inizio del 2004 il numero di autobus ecologici alimentati con tale sistema era pari all’83% della flotta, e oggi è del 100%. Il comune ha anche costruito una stazione di rifornimento ad hoc, accessibile sia ai bus che ad altri mezzi di proprietà comunale. Il carburante utilizzato normalmente dall’azienda di trasporto pubblico di Graz è un estere metilico di residui di cottura (FAME), derivato dagli scarti di olio o grassi di cottura, sottoposti precedentemente ad un processo di pulizia. Una parte notevole di questi scarti di oli vegetali è raccolto nei 250 ristoranti della città e nelle abitazioni di privati, ai quali sono stati forniti appositi contenitori per la raccolta. L’utilizzo combinato di questo tipo di alimentazione e dei catalizzatori ha consentito un abbattimento delle emissioni del 71%.

PARIGI LA CITTÀ CHE SI MUOVE IN BICI

A PARIGI MOLTI RESIDENTI già da tempo non possiedono un’auto: la capillarità e l’efficienza del servizio di trasporto pubblico ha reso inutili le spese legate ad un veicolo di proprietà. Merito soprattutto di una delle reti di metropolitane più ampia d’Europa, con 14 linee che si estendono per 212 chilometri. Nonostante ciò l’amministrazione locale, negli ultimi due anni, ha puntato anche (e decisamente) sull’uso delle biciclette, sia per i turisti che per i residenti. Grazie anche ai quasi 400 chilometri di piste ciclabili che percorrono la metropoli, la capitale francese ha potuto incaricare una ditta privata, la JCDecaux, di incrementare e gestire uno dei più avanzati sistemi di bike sharing del mondo. Capace, è stato calcolato, di ridurre le emissioni di CO2 di 200 grammi per ogni chilometro di copertura. Il servizio, disponibile 24 ore su 24 tutto l’anno, può contare su oltre 1.400 stazioni per 20.600 bici. Ogni giorno vengono sottoscritti 18 mila abbonamenti giornalieri, 1.500 settimanali e 165 annuali.

i migliori risultati li hanno ottenuti, tra le grandi città, Vienna, Francoforte e Praga. E, insieme ad esse, altri centri più piccoli. Come Arad, in Romania, che da anni ha chiuso al traffico buona parte del suo territorio, creando di fatto una vasta “area verde”. Tra le grandi città spicca Francoforte, che ha realizzato una capillare (e, soprattutto, efficace) campagna informativa, con al centro la proposta di utilizzare in modo intensivo mezzi di trasporto alternativi, come i ciclotaxi e i veicoli a energia solare messi a disposizione dal Comune. Sostenendo che l’epoca delle grandi strade asfaltate è al ca-

polinea, ha inoltre chiuso per due giorni consecutivi agli automobilisti la principale arteria d’ingresso in città (la Hauptwache), anticipandone la già prevista chiusura definitiva. In “cambio”, ai cittadini è stato fornito uno strumento (via internet) per segnalare ogni disfunzione del sistema di trasporto pubblico, garantendo inoltre il rimborso dei titoli di viaggio in casi di ritardi superiori ai dieci minuti. In Europa, infatti, l’obiettivo è far sì che questi mezzi di trasporto costituiscano la mobilità quotidiana: niente più esperimenti e progetti “pilota”, ma alternative concrete.

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LONDRA “LOW EMISSION ZONE”

BARCELLONA NON PREMETE SULL’ACCELERATORE

STOCCOLMA LA CAPITALE VERDE D’EUROPA

AMBURGO IL 43% SI MUOVE IN BICI O A PIEDI

UN’IMMENSA ZTL. Alla quale si può accedere solo previo pagamento di una tassa sul transito. È la strategia anti-traffico realizzata dal comune di Londra insieme ad altre misure finalizzate al decongestionamento della città. La capitale inglese ha sviluppato dal 2002 la Mayor’s Air Quality Strategy, il cui elemento principale è costituito dalla creazione di una Low Emission Zone che regola l’accesso per i veicoli più grandi. Attiva dal 2008 per gli autocarri si è poi estesa anche a furgoni, bus e pulmini diesel. Il principio è semplice: chi ingombra e inquina di più deve pagare di più. Molto di più. Ben 200 sterline al giorno per autocarri e pullman, 100 sterline per i furgoni più piccoli. I risultati: il calo degli automezzi è stimabile in media sul 26%, con tempi di scorrimento migliorati del 15-20%; sono aumentati dell’83%, inoltre, gli spostamenti in bicicletta e diminuiti del 13% gli incidenti. Allo stesso tempo, il numero di passeggeri dei bus nell’area centrale è cresciuto del 18% e del 12% nei primi due anni di applicazione. Solo nel 2006, inoltre, si è registrato un calo del 13% degli ossidi di azoto, del 15% delle polveri sottili e del 16% della CO2.

CHI VA PIANO VA SANO e va lontano. E inquina meno. È stato proprio partendo da questa banale considerazione che agli amministratori di Barcellona è venuta in mente una delle idee più semplici ma, proprio per questo, più geniali per migliorare la mobilità cittadina. La Giunta regionale catalana ha infatti approvato, nel maggio del 2007, un piano per ridurre (entro il 2010) fino al 30% gli inquinanti più nocivi come polveri sottili e biossido di azoto. Le misure contenute nel provvedimento sono molte, ma tutte ruotano attorno ad una scelta centrale: quella di ridurre la velocità massima degli autoveicoli a 80 km/h su tangenziali, autostrade urbane e strade di grande scorrimento (ovvero tutte le principali vie di accesso a Barcellona). In base agli studi, portando la velocità media da 120 km/h a 80 km/h, le emissioni di biossido di azoto dei singoli autoveicoli potranno ridursi anche del 50% (e non meno del 27%). Nel complesso - si legge in uno studio dell’Osservatorio sulle politiche per la mobilità sostenibile dell’ISFORT -, si presume una riduzione pari a 17% per il biossido di azoto e del 7% di PM10.

STOCCOLMA È UNA CITTA all’avanguardia nelle politiche a tutela dell’ambiente. Non a caso ha ottenuto dalla Commissione europea il riconoscimento di “Capitale verde europea” del 2010. La città si è posta l’ambizioso obiettivo di eliminare l’uso dei combustibili fossili entro il 2050. Il Fondo ambientale nazionale, nel 20042005, ha finanziato 45 progetti collegati ad iniziative sul clima, per un totale di circa 42 milioni di euro. Inoltre, il Parlamento svedese ha assegnato agli enti locali ulteriori 165 milioni (di cui 5,5 milioni alla città di Stoccolma per il periodo 2005-09), per consentire a tutte le società controllate dall’amministrazione locale di dotarsi di auto pulite (l’85% si muoveranno con combustibile da fonti rinnovabili). La flotta dei mezzi pubblici - riferisce un documento di Ambiente Italia - è inoltre a basso impatto: il 65% viaggia su rotaia. Il resto dei mezzi è alimentato da combustibili rinnovabili (etanolo e biogas). Tutti i cittadini, inoltre, vivono a non più di 300 metri da una fermata di mezzi pubblici e possono scorrazzare in bicicletta su oltre 760 km di piste ciclabili. In molte zone residenziali, infine, sono stati fissati limiti di velocità di 30 km/h. Gli spostamenti con i mezzi pubblici sono circa il 64% del totale (fino al 77% nelle ore di punta).

CRESCITA SOSTENIBILE e Green economy sono le stelle polari dello sviluppo di Amburgo, una delle dieci più grandi città europee. Gli obiettivi per l’inquinamento atmosferico sono ambiziosi: ridurre le emissioni nocive del 40% entro il 2020 e dell’80% entro il 2050. In città - si legge in un documento di Ambiente Italia - tutti i cittadini vivono a non più di 300 metri da una fermata. Un’unica agenzia coordina la mobilità cittadina. La principale peculiarità, soprattutto per una città di queste dimensioni, è il dato relativo alla mobilità pedonale, preferita dal 25% dei cittadini. Ciò anche grazie al limite di velocità di 30 km/h imposto in quasi la metà delle strade urbane. La bici, nel 2002, era utilizzata per il 9% degli spostamenti e l’obiettivo ora è di raddoppiare il dato entro il 2015 (il che porterebbe gli spostamenti a “impatto zero” al 43% complessivo). Ad Amburgo esistono più di 1.700 km di piste ciclabili, 280 di strade con bassi limiti di velocità e 400 di percorsi ciclabili verso le aree naturali intorno alla città. Una rete di cui è anche previsto l’ampliamento.

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FONTE: AGENZIA EUROPEA PER L’AMBIENTE

| dossier | mobilità sostenibile |

| dossier | mobilità sostenibile |

EMISSIONI CO2 PER PASSEGGERI/CHILOMETRO TRENO [MEDIO]

CO2

PULLMAN [MEZZO CARICO]

80

100

120

140

INFORMARE: PER IL MINISTERO È UN OPTIONAL 160

180

CO2

NAVE DI LINEA

CO2

AEREO

CO2

MOTO

CO2

MOTO IN 2

CO2

AUTO SOLO AUTISTA

CO2

AUTO IN 2

CO2

AUTO IN 3

CO2

AUTO IN 4

IN QUESTO DOSSIER avremmo voluto parlarvi dei fondi del ministero dell’Ambiente per la mobilità sostenibile: quanti sono, quali Comuni li hanno ricevuti e per quali opere. Abbiamo contattato la responsabile del settore. Invano. «Parlo solo se me lo chiede l’ufficio stampa». Ci rivolgiamo quindi all’ufficio stampa (che per legge deve fornire gli atti ai giornalisti): «Dovete inviare una mail alla nostra segreteria, che la inoltrerà al responsabile, che deciderà il “da farsi”». «Ma risponderà?», chiediamo perplessi per l’iter farraginoso. «Boh, speriamo di sì». Mandiamo una mail. Poi un’altra. E un’altra ancora. Nulla da fare. L’ufficio stampa tace. E tanti saluti Em. Is. al diritto d’informazione.

CO2

Emissioni nocive tra miti e falsi problemi Un diesel Euro 4 inquina più di un benzina Euro 0? La realtà è un’altra. E la vera sfida è ridurre i km percorsi. A COMUNICAZIONE DI TEMI SCIENTIFICI è spesso costellata di pericolose “leggende metropolitane”. Interpretazioni errate (o, peggio, tendenziose) dei dati che rischiano di snaturarne senso e significato. Nel caso delle emisdi Emanuele Isonio sioni prodotte dai veicoli circolanti nelle nostre città, la “leggenda”, avallata da alcuni articoli di stampa, vorrebbe che un motore diesel Euro 4 produca più sostanze nocive di uno a benzina Euro 2, Euro 1 e addirittura Euro 0 (ormai fuorilegge in molti centri urbani). Leggenda o verità scomoda?

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Leggere con attenzione i dati

FONTE: ARPA LOMBARDIA

Vediamo di fare un po’ di chiarezza: la TABELLA mostra le emissioni di NOx (ossido di azoto), di COV (composti organici volatili) e delle PM10 (le micro particelle responsabili di molti danni polmonari), prodotte da auto (benzina e diesel), furgoni e Tir, distinti fra quelli pre-Euro ed Euro 4. Leggendola, salta agli occhi un dato: le polveri sottili fuoriuscite dagli scarichi di un motore a benzina pre-euro non sono tanto diverse da quelle di un diesel Euro 4 senza filtro antiparticolato (28 mg contro 20). Una differenza minima che, tra l’altro,

si annulla se si considerassero i benzina Euro 1 o 2. La leggenda è quindi vera? E le norme che penalizzano le auto pre-Euro sono senza senso? No. «Il dato da considerare non è tanto quello del PM10 primario, che deriva da tubi di scappamento, freni e abrasione degli pneumatici», spiega Guido Lanzani, responsabile dell’unità Qualità dell’Aria di Arpa Lombardia. «Il valore rilevante è piuttosto il PM10 secondario, che rappresenta fino al 70% del totale e si forma in aria dall’unione del PM primario con altri fattori inquinanti. Primi fra tutti gli NOx e i COV. Da questo punto di vista i nuovi motori, sia a benzina sia a gasolio, fanno fare un indubbio passo avanti». Il dato degli ossidi di azoto si riduce in effetti di 4/5 tra i motori a benzina pre-euro e i diesel Euro 4. I COV scendono addirittura del 99%. Sembra invece avere un fondo di verità un altro ragionamento: perché incentivare allo stesso modo tutti i motori Euro 4 se i valori dei benzina sono migliori dei diesel? «Non entro nel merito delle scelte politiche – osserva Lanzani - ma l’obiettivo di quella normativa è di ridurre le emissioni di CO2 dannose. E in tal senso, i diesel garantiscono prestazioni migliori degli altri motori. Inoltre, se si considerano i diesel con filtro antiparticolato, anche i valori del PM primario sono identici a quelli a benzina, ormai prossimi allo zero».

EURO 0 CONTRO EURO 4: CHI INQUINA DI PIU? [DATI IN MG/KM]

Automobili Automobili Automobili Automobili Automobili Veicoli leggeri < 3.5 t Veicoli leggeri < 3.5 t Veicoli leggeri < 3.5 t Veicoli pesanti > 3.5 t Veicoli pesanti > 3.5 t Veicoli pesanti > 3.5 t Ciclomotori 2 T (< 50 cm3)

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COMB.

TIPO LEGISLATIVO

benzina benzina diesel diesel diesel diesel diesel diesel diesel diesel diesel benzina

Pre-euro Euro IV Pre-euro Euro IV Euro IV FILTRO Pre-euro Euro IV Euro IV FILTRO Pre-euro Euro III Euro III FILTRO Pre-euro

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NO

COV PM10 PM10 PM10 SCAPP. FRENI TOTALI PNEUM.

1.952 1.945 23 7 896 180 398 22 398 22 2.022 140 863 37 863 37 11.197 1.074 7.438 354 7.438 354 20 13.691

SETTEMBRE 2009

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28 0,8 239 20 2 324 35 3 355 166 17 188

27 26 26 26 26 38 38 38 133 133 133 13

55 26 265 46 28 362 73 41 488 299 150 201

Da solo in auto? Inquini più di un aereo Le diatribe sulle emissioni rischiano dunque di oscurare un altro fatto, molto più rilevante: «Anche le auto elettriche, che non emettono inquinanti dagli scarichi, producono PM10 come le altre vetture attraverso freni e pneumatici», conclude Lanzani. «Non saranno i piccoli aumenti dell’efficienza dei motori a cambiare gli ordini di grandezza nella produzione di CO2 e dei gas velenosi», aggiunge Andrea Poggio di Legambiente. La strada da intraprendere è quindi ben altra: «La vera sfida - prosegue - è sulla riduzione dei chilometri percorsi». In effetti, se si considera il rapporto chilometri/passeggero, le auto, che oggi trasportano quasi sempre solo il guidatore (la media è di 1,2), sono il mezzo di trasporto più inquinante. Ancor più dell’aereo (vedi GRAFICO ).

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Crisi dell’auto

Specchio della recessione di Guido Viale*

L

A CRISI DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA DEGLI STATI UNITI ha un valore emblematico perché riasmotive prospettano nel giro dei sume in sé tutti o quasi gli eventi che stanno sconvolgendo gli assetti del Pianeta ereditaprossimi 15-20 anni. ti dal secolo scorso. Per questo la concentrazione Le tre big di Detroit (GM, Ford e Chrysler) sono state ferite a morte innanzitutto nel loro in questo settore dei sussidi antiassetto finanziario. Per due motivi. Innanzitutto per i crediti offerti ai consumatori attraverso crisi varati dai governi di tutto il il sistema delle vendite a rate, entrati in sofferenza perché molti clienti attingevano i liquidi mondo rischiano di rivelarsi l’oper pagare le rate dell’auto rinegoziando i mutui sulle loro case, finché la bolla immobiliare stacolo principale alla riconversionon è scoppiata. In secondo luogo perché, in un Paese in cui la previdenza sociale pubblica ne del sistema economico monnon esiste, è stata l’industria dell’auto a garantire le pensioni ai suoi lavoratori. Ma oggi, con diale verso processi più sostenibili: maestranze fortemente ridimensionate dalla concorrenza asiatica e dalle esternalizzazioni delche sono la riduzione del consula componentistica, l’industria si è ritrovata in carico più penmo di combustibili fossili e delle sionati da mantenere che lavoratori da sfruttare: e questo sia di emissioni “climalteranti”, la manutenzione del territorio, un’amonito per chi continua a presentare la previdenza privata cogricoltura, un’alimentazione e una mobilità sostenibili. me rimedio a una possibile impasse di quella pubblica. Non è un caso che l’industria automobilistica degli Stati UniIn realtà, la gestione della cassa previdenziale è a carico dei ti, con oltre metà dei suoi impianti impegnati nella produzione sindacati, a cui le tre (ex) big dell’auto versano i contributi. Per di Suv – peraltro tuttora ampiamente incentivata dal governo questo le prime mosse per salvare il settore auto, con il fallicon l’esenzione di questi mostri dalla tassa di circolazione che mento pilotato di GM e la fusione con Fiat di Chrysler, è stata grava sulle altre automobili – esasperi tutti gli aspetti di incomla separazione della gestione degli impianti da quelle del credipatibilità ambientale del settore. E non sarà un dimezzamento to al consumo e della previdenza. Quest’ultima diventerà uno dei consumi Usa – oggi 20 milioni di barili al giorno: un quarto dei tanti strumenti utilizzati per far pagare la crisi ai lavoratori. della produzione mondiale di petrolio – a riportare il settore in Quale che sia l’esito di questi salvataggi, essi comporterancarreggiata. Da questo punto di vista la prospettata fusione Fiatno comunque un drastico ridimensionamento della produttiChrysler è soprattutto un’operazione di immagine: la “500” è vità della forza lavoro impiegata. Per l’industria dell’auto è un uno specchietto per allodole. L’obiettivo vero è lo sbarco sul meresito ineludibile: non solo negli Usa, ma in tutto il mondo. Il cato statunitense dell’Alfa Romeo (che non è certo un marchio settore era sovradimensionato già prima della crisi, e nessuna “risparmioso”, nonostante i grandi risultati ottenuti dalla Fiat “ripresa” permetterà di tornare ai livelli produttivi degli anni nella tecnologia di motori endotermici). Ma la fusione non gascorsi. A questo destino sembrano sfuggire i mercati emergenti rantisce comunque il raggiungimento di quella soglia dei sei mi– innanzitutto la Cina, assurta ormai a primo mercato automolioni di auto all’anno che Marchionne ha fissato come condibilistico del mondo, e poi gli altri “BRIC” (Brasile, Russia e Inzione per la sopravvivenza. Così, tutte le risorse gettate nel dia) – ma è un’illusione che questi Paesi, e l’industria automotentativo di far sopravvivere l’industria dell’auto come pilastro bilistica mondiale che verso di essi sta dirigendo i suoi degli apparati industriali e dei sistemi di mobilità non fanno che investimenti, pagheranno cara. Perché la mobilità fondata sulritardare le indispensabili azioni di sostegno alle forme di mobil’auto è insostenibile: per i consumi di petrolio; per le emissiolità più sostenibili: primo tra tutti il settore ferroviario. ni, quali che siano le migliorie apportate ai motori; e soprattutMa è sul piano culturale che si registrano le carenze magto per l’occupazione di spazio. Le terre emerse del nostro pianeta giori. Nessuno in Italia osa dire – e agire di conseguenza – che non possono sopportare il raddoppio o la triplicazione degli 800 se vogliamo salvare la mobilità di tutti dobbiamo rinunciare milioni di veicoli già in circolazione che i visionari dell’autoall’auto. A maggior ragione il problema non è nemmeno stato posto negli Stati Uniti, dove la simbiosi tra uomo e auto ha ormai un secolo di storia alle spalle. Ma se là, e qua, non partono la proposta e la pratica di un sistema alternativo, è inevitabile che i Paesi emergenti perseverino nell’inseguimento dei tassi di motorizzazione degli Stati occidentali.

I sussidi anti-crisi nel comparto auto rischiano di soffocare il cambiamento: negli Usa, oggi, un impianto su due produce Suv

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* Autore di: Vita e morte dell’automobile, Bollati Boringhieri, 2007

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Terra Futura - Pittsburgh: la lunga strada dei Global standard >30 Sull’Eni l’ombra lunga di tangentopoli >33 Monetica: addio denaro di carta, con-tanti saluti >35

finanzaetica BONUS AI MANAGER: DA LONDRA NUOVE REGOLE

EVASIONE FISCALE: ITALIA CAMPIONE D’EUROPA SEGUITA DA ROMANIA, BULGARIA ED ESTONIA

L’OLANDA COME LE CAYMAN: IN ARRIVO 600 MILIONI

CANCELLATA ZOPA, IN ATTESA DI PROPOSTE A BANKITALIA

WALL STREET JOURNAL: LA MICROFINANZA A RISCHIO BOLLA SPECULATIVA

INVESTIMENTI RESPONSABILI: BOOM IN ARRIVO

Per i manager britannici i tempi d’oro dei mega bonus sugli investimenti potrebbero volgere al termine. Lo ha reso noto in estate il ministro del Tesoro del Regno Unito Alistair Darling. L’obiettivo del ministro, ha scritto il Sunday Times, è quello di porre un freno definitivo a un fenomeno che sembra tornato prepotentemente in auge dopo la tempesta del credito. La novità sostanziale del piano Darling è costituità dalla sua “universalità”. Se le nuove regole dovessero essere approvate, infatti, a doversi attenere ai vincoli retributivi non sarebbero soltanto gli istituti a partecipazione statale (come Royal Bank of Scotland e Lloyds) ma tutte le banche del Regno Unito. L’operazione potrebbe costituire una risposta efficace al crescente malcontento dei regolatori (e dei contribuenti) di fronte alle intramontabili cattive abitudini delle banche che, al momento, starebbero anche usando l’esca dei bonus per accaparrarsi i migliori manager disponibili sul mercato. Secondo il Sunday Times, entro la fine del 2009 i bonus complessivi attribuiti nel Regno Unito potrebbero toccare quota 4 miliardi di sterline. Il progetto di legge del ministro prevede l’attribuzione dei poteri di controllo sui bonus alla Financial Service Authority, la Consob britannica.

Più della metà dell’imponibile prodotto dal sistema economico nazionale sfugge al fisco italiano. Lo ha reso noto quest’estate l’Associazione Contribuenti Italiani comunicando i risultati di una ricerca condotta sui dati delle polizie tributarie europee. Con il 51% dell’imponibile evaso l’Italia si aggiudica anche il poco invidiabile primo posto nella classifica continentale precedendo la Romania (42,7% del reddito imponibile non dichiarato), la Bulgaria (39,2%), l’Estonia (37,6%) e la Slovacchia (34,1%). L’indagine ha messo in luce il primato nazionale degli industriali che, con il 32% di imponibile evaso, si confermano la categoria più refrattaria agli obblighi fiscali. «Per combattere l’evasione fiscale bisogna archiviare al più presto e per sempre la stagione degli scudi fiscali e dei condoni che favoriscono i grandi evasori, procedere all’integrazione delle banche dati, aggiornare lo strumento del redditometro che risale al 1992, riformare gli studi di settore applicandoli alle grandi imprese e riformare la riscossione dei tributi che in Italia ha tempi biblici e non funziona» ha dichiarato il presidente dell’Associazione Contribuenti Italiani Vittorio Carlomagno. Nella speciale classifica si piazzano secondi i bancari e gli assicurativi (28,4%) davanti a commercianti (11,9%), artigiani (10,9%), professionisti (8,8%) e lavoratori dipendenti (7,3%). Nella classifica italiana per aree territoriali “vince” il Sud che compensa da solo il 29,4% dell’evasione nazionale. Seguono Nord Ovest (28,6%), Centro (21,2%) e Nord Est (20,8%).

L’Italia ha esteso all’intero territorio Ue le nuove norme fiscali pensate in origine per disciplinare i paradisi fiscali. È la sostanziale novità contenuta nel pacchetto anticrisi promosso dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Secondo quanto reso noto, le società controllate da operatori italiani ma registrate all’estero non potranno più eludere legalmente più della metà dell’imponibile. Tutte le società che si trovassero a pagare a un erario straniero meno della metà di quanto dovrebbero al fisco italiano, qualora fossero registrate nella Penisola, saranno infatti tenute a versare la differenza alle casse statali. L’operazione intende contrastare la diffusa abitudine alla fuga delle maggiori società italiane che, al pari delle altre major continentali (emblematico il caso inglese denunciato nei mesi scorsi dal Guardian), modificano da anni la propria struttura societaria costituendo holding registrate in ambienti fiscali più favorevoli come, tra gli altri, l’Olanda (Fiat) o l’Irlanda (Unicredit). Secondo le stime di Tremonti, l’applicazione delle nuove norme consentirebbe al fisco italiano di recuperare circa 600 milioni di euro entro il 2010. Non è affatto scontato, tuttavia, che i Paesi europei interessati accettino la novità senza adottare contromisure.

Tra settembre e ottobre Zopa, la società di prestiti tra persone nata in Gran Bretagna nel 2005 e arrivata in Italia nel gennaio 2008, dovrebbe proporre alla Banca d’Italia le soluzioni che le consentano di riprendere le sue attività, sospese lo scorso 13 luglio, quando, in seguito a un decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze su indicazione di Bankitalia, era stata cancellata con effetto immediato dall’elenco degli intermediari finanziari. Perché questa cancellazione? Dalle ispezioni era emerso che Zopa non si poneva come semplice intermediario trasferendo fondi da privato a privato, ma compiva una vera e propria raccolta di risparmio. I soldi dei clienti, infatti, transitavano su due conti correnti bancari intestati a Zopa (diventava dunque proprietaria del denaro) prima di essere girati ai richiedenti (in totale sul conto erano depositati circa 1 milione di euro e il tempo di collocamento di ciascun prestito era di circa 45 giorni). Il social lending in Italia è in crescita, per la restrizione del credito tradizionale e per i tassi allettanti proposti (rispetto alle finanziarie al consumo). In questo contesto si inseriscono i buoni risultati di Zopa con 40 mila utenti registrati e 7,2 milioni di euro prestati a 4.000 persone. Il sito di intermediazione finanziaria al momento non lavora più, limitandosi a portare a buon fine le transazioni in atto.

Il sempre più ampio settore della microfinanza potrebbe già essere divenuto preda di una bolla speculativa non diversa, nella sua logica, da quella che ha condotto al collasso il comparto immobiliare del Pianeta. È l’allarme lanciato in agosto dal Wall Street Journal in un’analisi del contesto attuale dell’India, patria d’origine della microfinanza e principale mercato del settore. Originariamente pensato per favorire l’avvio di piccoli progetti imprenditoriali da parte di soggetti troppo poveri per accedere ai circuiti bancari tradizionali, il microcredito si sarebbe ormai trasformato in molti casi in un vero e proprio strumento di credito al consumo utilizzato tanto per l’acquisto di prodotti superflui quanto per quello di beni di prima necessità. Il boom della microfinanza indiana (i piccoli prestiti sono cresciuti del 72% nell’anno fiscale conclusosi il 31 marzo 2008, l’ultimo di cui si abbiano dati completi, toccando quota 1,24 miliardi di dollari) ha attratto un numero crescente di investitori coinvolgendo anche il settore del private equity. Qualcuno, come Jacques Grivel della lussemburghese Finethic, ha già parlato apertamente di “bolla” denunciando l’eccessivo ammontare di denaro messo in circolo dai lenders. I timori si sprecano, anche perché la banca centrale indiana, al momento, si limita a invitare le società specializzate a mantenere bassi i tassi di interesse senza intervenire, tuttavia, in modo diretto. I prestiti, i cui tassi medi possono raggiungere il 39% annuo, sarebbero concessi senza un effettivo controllo sui reali rischi di insolvenza dei debitori delineando un contesto che ricorda in modo sempre più evidente quello del mercato dei mutui americani nel periodo pre-crisi. Tra il 2004 e il 2009 il debito “micro finanziario” indiano è quintuplicato.

Nello spazio di sei anni fino a un quinto di tutti gli investimenti condotti sul mercato mondiale potrà definirsi “responsabile”. È la notizia resa nota ad agosto dalla Robeco Investment Management and Booz & Company al termine di una ricerca, ripresa dal portale SocialFunds.com. Secondo la Robeco entro il 2015 l’ammontare complessivo degli assets gestiti attraverso investimenti “socialmente responsabili” (SRI’s) toccherà i 26,5 trilioni di dollari generando ricavi per 53 mila miliardi. Dati alla mano si tratterebbe di una vera e propria esplosione del fenomeno: nel 2007 i SRI’s ammontavano ad “appena” 5 mila miliardi di dollari (coinvolgendo il 7% degli assets gestiti nel mondo). Secondo la ricerca a favorire l’espansione del settore (che da oltre un quinquennio cresce ad un ritmo di circa 22 punti percentuali annui) saranno soprattutto gli sviluppi nei comparti delle tecnologie pulite nonché gli ambiziosi piani di riduzione delle emissioni nell’ambito dell’ormai celebre low carbon economy. Tra gli attori chiave di mercato per lo sviluppo dei SRI’s ci sono i fondi pensione e gli investitori istituzionali. Anche l’interesse degli investitori “retail” nei SRI’s, notano comunque i ricercatori, aumenterà in modo considerevole nei prossimi anni.

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ALBERTO CRISTOFARI / A3 / CONTRASTO

| finanzaetica | da Terra Futura a Pittsburgh |

| finanzaetica | A sinistra, il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti. Sotto, Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia nel 2001, al Women’s Forum for the Economy & Society, tenuto a Shangai nel maggio del 2008. A destra, il segretario generale della Fiba-Cisl, Giuseppe Gallo.

Siniscalchi: «La crisi ha portato allo scoperto i nodi che i governi hanno sempre avuto paura di affrontare in ossequio ai grandi poteri economici»

L’AQUILA? NO, GRAZIE E IN SARDEGNA VA IN SCENA IL GSOTT8 IL G8 HA FALLITO PRIMA ANCORA DI COMINCIARE. È questo il messaggio lanciato dagli organizzatori del Gsott8, il controvertice itinerante che dal 2 al 6 luglio scorso ha attraversato le province sarde del Sulcis Iglesiente e del Medio Campidano. Promosso dalle organizzazioni che hanno animato l’ultimo World Social Forum di Belem, il Gsott8 ha voluto riportare l’attenzione sui conflitti irrisolti ambiente/energia nonché sulle tragedie prodotte dalla crisi finanziaria sulle esistenze degli ultimi ribadendo che qualsiasi progetto di cambiamento deve passare attraverso la rappresentanza degli interessi di tutti o, per dirla alla Stiglitz, attraverso l’istituzione di un vero e proprio G192. L’impegno dei contro-vertici proseguirà in occasione del G20 di Pittsburgh mentre il prossimo 12 ottobre, in corrispondenza del meeting sul clima di Copenhagen, si terrà una giornata di mobilitazione “contro la mercantilizzazione M.Cav. della vita e per la difesa della madre terra”.

LE BANCHE NON HANNO PIÙ SEGRETI

La lunga strada dei Global standard

SAPEVATE CHE UNICREDIT FINANZIA CON OLTRE 3 MILIONI DI DOLLARI EADS, la seconda più grande impresa degli armamenti in Europa? E che Intesa Sanpaolo gestisce oltre 1 milione di dollari di azioni nella Dongfeng, un’azienda che nel solo 2008 ha rifornito di 900 camion militari il brutale regime birmano? No? In questo caso vi converrà fare un salto su www.banksecrets.eu, l’ultima iniziativa multimediale di Banktrack, il network europeo di cui fa anche parte Crbm (Campagna per la Riforma della Banca Mondiale). Nel sito vengono resi pubblici i dati sugli investimenti a “rischio etico” di 13 dei maggiori istituti europei, ma si invitano anche gli utenti ad agire chiedendo spiegazioni al proprio banchiere di fiducia o addirittura minacciando di chiudere il proprio conto. Se mal sopportate che la vostra banca devasti l’ecosistema di una foresta pluviale o faccia affari con qualche giunta militare asiatica siete M.Cav. caldamente invitati a prenderla educatamente di mira. Basta un click.

Il Manifesto di riforma dei mercati finanziari arriva all’Ocse. Il ministro Tremonti accoglie una delegazione. Al vertice Usa il compito di riscrivere le regole globali. L MANIFESTO PER LA RIFORMA DEI MERCATI FINANZIARI, promosso

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lo scorso maggio a Firenze, in occasione di Terra Futura, da Valori, Fiba Cisl, Banca Etica e un cartello di associazioni, potrà essere portato all’attenzione dei partecipanti al prossimo G20 in programma a Pittsburgh di Matteo Cavallito il 24 e il 25 settembre. È la speranza nutrita dai promotori dopo che il testo, elaborato negli scorsi mesi, è stato postato nel blog di discussione dell’Ocse alla vigilia del vertice di L’Aquila.

L’Ocse e le iniziative italiane Il progetto dell’Ocse segue idealmente quello della Commissione Stiglitz, l’organismo presieduto dal premio Nobel per l’economia nel 2001 che, incaricato dall’Onu di studiare una soluzione alla crisi, aveva scelto di coinvolgere anche la società civile. «Siamo ansiosi di vedere cosa emergerà dalle discussioni del G20 sugli Standard globali», spiega John Evans, segretario generale del Trade Union Advisory Committee dell’Ocse. Evans, convinto assertore del principio delle regole unificate, ha seguito con attenzione la Conferenza Internazionale sul Global | 30 | valori |

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standard svoltasi a Roma l’11 e il 12 maggio quando, di fronte al ministro delle Finanze Giulio Tremonti, gli esperti dell’International University College di Torino (IUC) hanno presentato il loro lavoro, mettendo sotto accusa l’instabilità monetaria del dopo Bretton Woods e chiamando in causa riforme radicali, tra cui la trasformazione del Fondo monetario internazionale in una vera banca centrale mondiale. Tremonti, che pare aver apprezzato il contributo, è oggi impegnato a vari livelli. Da tempo il ministro italiano si è circondato di un gruppo di consiglieri tra cui Guido Rossi (che in tempi non sospetti già tuonava contro la bolla speculativa dei derivati), Enrico Letta e Giulio Napolitano, figlio del presidente della Repubblica. Il lavoro di questo “ministero informale” si affianca a quello del team del cancelliere tedesco Angela Merkel, espressione della linea più radicale nel campo delle riforme. Dalla collaborazione tra i due gruppi sono nate le famose “dodici tavole”, il documento che attacca frontalmente speculazione, segreto bancario e paradisi fiscali. Ma Tremonti è andato oltre e, alla vigilia del vertice di

L’Aquila ha incontrato i promotori del Manifesto di Terra Futura. «La crisi ha portato allo scoperto i nodi che i governi hanno sempre avuto paura di affrontare in ossequio ai grandi poteri economici, l’iniziativa del Ministro Tremonti segna una svolta in questo atteggiamento – afferma Sabina Siniscalchi, della Fondazione Culturale Responsabilità Etica –. Si farebbe una vera rivoluzione se si definissero nuovi strumenti giuridici per vincolare le attività economiche e finanziarie agli interessi dei Paesi e ai diritti sociali e ambientali».

Standard globali rimandati Il clima, insomma, sembrerebbe favorevole eppure i problemi non mancano. L’ormai celebre “Lecce Framework”, documento base nella dichiarazione finale del G8, ha rimandato a Pittsburgh la patata bollente degli standard globali e, oltre a non comprendere temi essenziali come «ambiente, questioni sociali e governance», come ha sottolineato Evans, è apparso paurosamente vago in termini di regolamentazione finanziaria. A ben vedere, infatti, il problema chiave di tutta la

vicenda è oggi l’assoluta incompatibilità delle posizioni di partenza. Il Segretario al Tesoro Usa Geithner vorrebbe regolamentare gli hedge funds e centralizzare lo scambio dei derivati. Le grandi società di Wall Street minacciano quindi di fuggire nella “liberale” Inghilterra dove la City, più restia a provvedimenti radicali, ha fiutato l’occasione per attrarre liquidità. Il ministro delle Finanze di Berlino, Peer Steinbrück, ha apertamente accusato Londra di opporsi ai propositi regolamentari dell’Unione nel timore di veder scemare la sua posizione di leadership finanziaria trovando il sostegno della Francia, ma non quello della Svezia che, dalla posizione privilegiata di presidente semestrale dell’Ue, ha già assolto da ogni accusa i fondi speculativi. Se a ciò si aggiunge che le altre grandi questioni economiche (energia, ambiente, protezionismo) dividono profondamente vecchi e nuovi leader del mercato mondiale, non è difficile immaginare quali mostruose difficoltà caratterizzeranno i giorni del G20. E allora a qualcuno potrebbe balenare la vecchia idea di lasciar fare al mercato nella speranza che la prevista e imminen|

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SITI WEB www.banksecrets.eu www.crbm.org www.banktrack.org

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| mani pulite bis | finanzaetica | te crescita attenui la bufera e con essa la voglia di regole. «Tranne l’asse franco-tedesco e le iniziative isolate di Tremonti, per altro poco sostenute dalla diplomazia italiana, in molti resistono ancora all’idea di adottare una autentica regolamentazione globale – spiega Antonio Tricarico, della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (Crbm) –. Solo un possibile acuirsi della crisi con colpi di coda finanziari potrebbe ridare slancio ad un’autentica azione globale di regolamentazione». La variabile chiave, in definitiva, potrebbe essere proprio questa. Il guru della crisi Nouriel Roubini ha previsto

una lieve ripresa della crescita americana entro la fine del 2009 ma non ha escluso future ricadute. «Se si bloccano troppo presto le politiche monetarie espansive si rischia di non uscire dalla recessione – sottolinea l’economista Alberto Berrini –, ma se si inietta troppa liquidità nel sistema c’è il rischio di produrre inflazione bloccando la crescita. Senza contare che le banche preferiscono far ripartire la speculazione piuttosto che finanziare l’economia reale». Privata delle riforme di sistema, insomma, la politica monetaria sembra un vicolo cieco. A Pittsburgh il compito di aprirle un varco.

Sull’Eni l’ombra lunga di tangentopoli

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Riforme tecniche? No, una rivoluzione «Nell’economia bisogna sostituire l’efficiente con il giusto». Parola di Edoardo Reviglio, coordinatore del rapporto IUC.

«D

OBBIAMO METTERCI ALLA RICERCA DI UN NUOVO KEYNES, an-

che se in giro se ne vedono pochi». Per Edoardo Reviglio, direttore dell’Ufficio Studi e Strategie della Cassa Depositi e Prestiti e docente dell’International University College di di Matteo Cavallito Torino (IUC), il tempo delle politiche monetarie è finito e l’ora della rivoluzione economica è già arrivata. Lo ha sostenuto insieme agli esperti dello IUC nelle 108 pagine del rapporto (scaricabile su: http://docs.wisi.it/yYwQw1ehCP.pdf), presentato a Roma lo scorso maggio davanti al ministro Giulio Tremonti. E lo ribadisce oggi, a colloquio con Valori. Questa crisi sembra avere radici molto lontane. Bisogna risalire alla fine di Bretton Woods. La crisi è conseguenza anche della straordinaria liquidità che ha inondato in questi ultimi decenni i mercati finanziari mondiali, una liquidità nata con i petrodollari e più recentemente cresciuta attraverso l’innovazione finanziaria, quel castello di carta nato dall’esplosione della finanza creativa, conseguenza della deregolamentazione “selvaggia”. La sostituzione di un sistema banco-centrico con uno mercato-centrico è stata analogamente responsabile di una ulteriore crescita. Il canale monetario delle banche centrali è divenuto così impotente. Tutte le basi teoriche e pratiche dell’economia monetaria e di quella keynesiana sono state stravolte. Ritiene possibile che nel prossimo G20 di Pittsburgh si raggiunga un accordo su un insieme di riforme davvero efficaci?

basta una nuova “Non regolamentazione tecnica dei mercati finanziari, serve una costituzione economica globale

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Quello dei Global Legal Standards sarà un cammino ancora lungo. Anche se non infinito, visto che la crisi ci costringe a muoverci rapidi. Non tutti hanno ancora capito che si tratta di scrivere una vera e propria costituzione economica globale e non solo una nuova regolamentazione tecnica dei mercati finanziari. Si faranno passi in avanti, ne sono certo. O almeno me lo auguro. Un Fmi che funzioni da banca centrale mondiale, un sistema stabile di scambi, una revisione dei debiti sovrani, un’economia sostenibile. Le vostre non sono certo proposte “moderate”. Riportare l’egemonia del diritto sull’economia, dopo vent’anni in cui è avvenuto il contrario, e quindi riportare al centro la politica – che rappresenta la sovranità dei popoli – sulla forza della mercatizzazione delle relazioni umane non è una proposta di poco conto. Significa la sostituzione di ciò che è “efficiente” con ciò che è “giusto”. Una vera e propria rivoluzione. E la politica cosa ne pensa? Pare che Sarkozy abbia letto e molto apprezzato il nostro lavoro. Il nostro ministro Tremonti ne ha colto alcuni punti qualificanti su cui è tornato in varie occasioni ed interventi successivi. Il rapporto IUC sta trovando ampi consensi, forse perché ha avuto il merito di aver posto le grandi questioni senza paura, aprendo così il vaso di Pandora. E quando lo hai aperto non puoi più fare finta di niente. Ritiene che in sede G20 il governo italiano sarà disposto ad appoggiare la posizione franco-tedesca o Berlusconi sceglierà una via più moderata? Credo che la posizione italiana sia fortemente allineata con quella tedesca e che l’Ocse stia giocando un ruolo importante di mediazione e di elaborazione di posizioni che provengono da diverse nazioni, ma che sono tutte molto simili nella sostanza. La strada della politica e della diplomazia non sarà né facile né breve, ma sono ottimista.

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La multinazionale italiana sotto inchiesta a Milano per le tangenti nigeriane. Avrebbe continuato a pagare mazzette anche dopo gli scandali di Mani Pulite. Con gli stessi sistemi corruttivi e gli stessi faccendieri. L CANE PERDE IL PELO MA NON IL VIZIO. Dopo gli scandali di tangentopoli, con la scoperta di fondi neri per 500 miliardi di lire e il tragico suicidio in carcere dell’allora amministratore delegato Gabriele Cagliari, il cane a sei zampe avrebbe continuato a pagare tangenti a funzionadi Mauro Meggiolaro ri pubblici e uomini politici almeno fino al 2004. È quello che sostengono i pubblici ministeri Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, che stanno guidando le indagini sulle tangenti nigeriane del consorzio TSKJ. Come spiegato in anteprima su Valori di aprile (Quel pasticciaccio brutto dell’Eni in Nigeria), il consorzio TSKJ (formato dalla francese Technip, dall’americana KBR/Halliburton, dalla giapponese JGC e da Snamprogetti, appartenente al Gruppo Eni) avrebbe pagato oltre 180 milioni di dollari a politici nigeriani dal 1994 al 2004, con lo scopo di portare a casa la commessa di Bonny Island, un progetto faraonico per costruire impianti di liquefazione del gas nel sud della Nigeria. Un affare da oltre 6 miliardi di dollari. Come hanno potuto accertare i magistrati del tribunale di Houston, in Texas, le mazzette sarebbero state pagate in una serie di Il marchio dell’Eni. Sotto, un pozzo tranche da LNG servicos e gestao de projectos, con sede nel della multinazionale paradiso fiscale di Madeira. Una società legata al consorzio italiana in Nigeria.

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e partecipata al 25% dal Gruppo Eni. Da lì le tangenti avrebbero preso la strada della Nigeria per mezzo di Jeffrey Tesler, un avvocato inglese e della sua società Tri-Star Investments Ltd, registrata a Gibilterra.

Assenze strategiche LNG servicos approvava gli importi delle mazzette e i destinatari con regolari delibere del Consiglio di amministrazione, nel quale - in base ai dati che Valori ha ottenuto dalla Camera di commercio di Madeira - sedevano due rappresentanti di Snamprogetti: Antonio Falliti e Paolo Baicchi. Potevano non sapere? Secondo i magistrati milanesi, che hanno fatto perquisire gli uffici di Saipem a luglio, l’Eni era a conoscenza di tutto. Anzi, come dichiarato da Spadaro e De Pasquale al Corriere della sera, i due manager italiani sarebbero stati strategicamente assenti durante le votazioni del consorzio per decidere lo smistamento delle mazzette, che veniva comunque approvato dagli altri membri. In base alla deposizione di uno dei due manager, l’assenza “strategica” era l’effetto di un preciso ordine di scuderia di Snamprogetti, in modo che le tangenti fossero approvate, ma il Gruppo Eni risultasse “defilato”. La parte italiana dell’inchiesta, aperta con l’ipotesi di “corruzione internazionale”, riguarda solo il periodo 2002-2004, a causa della decorrenza dei termini di prescrizione. Falliti e Baicchi erano ancora in carica. Falliti, in particolare era (e continua ad essere) nel contempo consigliere di amministrazione della holding lussemburghese Baltoro Participations Sa, riconducibile ai magnati messicani del gas Zaragoza-Fuentes (vedi Valori di aprile) e della fiduciaria Asco Sa, con sede in Lussemburgo e a Ginevra.

Nuove tangenti, vecchi sistemi L’analisi dei documenti di Asco Sa Ginevra, ottenuti da |

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Valori, aiuta a ricostruire un percorso inedito nell’intricato giro delle tangenti nigeriane. Tra gli amministratori di Asco figura infatti, assieme a Falliti, un tale Franco Noel Croce. Un avvocato ticinese, per anni stretto collaboratore di Pierfrancesco Pacini Battaglia, banchiere italo-svizzero e tesoriere delle tangenti Eni a Ginevra negli anni Ottanta e agli inizi dei Novanta. Fino a quando Antonio Di Pietro non lo fa arrestare, nel 1993, con l’accusa di aver gestito con la finanziaria svizzera Karfinco miliardi di fondi neri per conto della società petrolifera italiana. In base alle ricostruzioni del giornalista Gian Trepp nel libro Swiss Connection, Franco Croce, il cui numero di telefono ginevrino era stato trovato già nel 1981 nella villa di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi, aveva fondato Karfinco con Pacini Battaglia, guidando due aumenti di capitale sospetti, a cui avrebbe aderito, attraverso una serie di trust panamensi e svizzeri, proprio l’Eni. Che usava Karfinco come riserva di liquidità illegale per pagare tangenti a uomini politici, come il tesoriere del partito socialista Vincenzo Balzamo. Pacini Battaglia oggi fa il bibliotecario a Bientina, comune della provincia di Pisa dove vive. Nel 2006 è uscito dal carcere grazie all’indulto. Franco Croce, invece, continua ad essere attivo come fiduciario in almeno una decina di holding sparse tra la Svizzera e il Lussemburgo. In alcuni casi in compagnia proprio di Antonio Falliti, che l’Eni ha tenuto all’interno del consorzio di Madeira almeno fino al settembre del 2006. Dopo averlo scaricato dal Consiglio di Amministrazione di Snamprogetti Management Services SA di Ginevra nel febbraio del 2002.

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L’ENI? UN CONTRIBUENTE DA QUATTRO SOLDI È LA PRINCIPALE AZIENDA A PARTECIPAZIONE STATALE del Paese, ma alle casse pubbliche italiane rende poco, anzi, pochissimo. È il nodo chiave dell’interpellanza presentata lo scorso 14 luglio dal deputato del Partito Democratico, Ludovico Vico, al ministero dell’Economia e delle Finanze e al dicastero dello Sviluppo economico. A suscitare la perplessità del deputato c’è il complesso sistema delle controllate di Eni che, in quanto registrate all’estero, non sono ovviamente tenute a versare un solo centesimo all’erario italiano. «Le principali aziende che hanno erogato dividendi alla controllante Eni Spa – ha denunciato Vico - sono state: Eni International BV, per 3 miliardi e 235 milioni di euro e Eni Investments plc, per 917 mila euro. La prima società ha sede ad Amsterdam, la seconda a Londra. Tali società controllano altre 48 società residenti o con filiali in Stati o territori a regime fiscale privilegiato o residenti in Stati o territori elencati nell’articolo 3 del decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 21 novembre 2001». Le conseguenze della diaspora fiscale sono a dir poco inquietanti: sui 7 miliardi di utili lordi registrati nel 2008 appena 300 milioni sono finiti allo Stato come se l’azienda avesse subito un’imposizione effettiva inferiore al 5%. La politica di dispersione geografica (che si è accompagnata a un ridimensionamento delle attività dell’industria chimica italiana) non rappresenta, per altro, un esempio isolato. Mesi fa, il quotidiano britannico Guardian aveva denunciato i complessi sistemi di elusione fiscale delle major della City alle quali la frammentazione della struttura del gruppo e la registrazione estera del marchio avevano consentito di minimizzare gli oneri con l’erario di casa. Mentre la Gran Bretagna pensa a nuove sanzioni nei confronti del fisco creativo, l’Italia continua a preferire la linea dell’indifferenza. Nella risposta ufficiale all’interpellanza di Vico, il sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze Nicola Cosentino ha evitato qualsiasi commento circa le strategie fiscali di Eni. M.Cav.

Colpe di Stato Al Milano Film Festival, la rassegna Colpe di Stato rivela in otto documentari le ingiustizie, i crimini e il potere di governi e multinazionali. Si parlerà della situazione in Birmania (Burma Vj), di traffico d’armi (Devil’s Bargain), dei movimenti rivoluzionari del Kashmir (Kashmir: a journey to freedom), della storia della Palestina dagli inizi del ‘900 a oggi (Al nakba), delle monoculture in Nicaragua (Cosechas amargas), di disastri ambientali (Crude e La ricaduta), dei gruppi di ribelli nel Darfur (Darfur: war for water). Se pensate di uscire, venite a vedere. In collaborazione con Internazionale

Teatro Strehler

Teatro Studio

Teatro Dal Verme Parco Sempione

Acquario Civico Casa dei registi

Istituto Minorile Beccaria con il contributo e il patrocinio

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Presentati con questa copia di Valori all'infopoint del Milano Film Festival, potrai acquistare l'abbonameno a 35 euro (anzichè 45): ingresso libero a tutte le proiezioni, niente coda e posto assicurato.

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Addio denaro di carta Con-tanti saluti

Si sarebbe potuto evitare la crisi finanziaria eliminando i soldi contanti dalla circolazione. È la teoria della monetica: sostituendo ai soldi di carta quelli elettronici, molti dei danni provocati non si sarebbero verificati.

“A di Jason Nardi

DDIO BANCONOTE E MONETE. Tra sei anni il sorpasso del denaro elettronico”, titolava la Repubblica il 18 febbraio 2009. Secondo i dati della Banca centrale europea, oltre un terzo dei pagamenti in Europa avviene in forma elettronica. Non in Italia, dove ancora il 90% delle transazioni è effettuata con i contanti. Secondo un rapporto Apacs, l’associazione inglese per i servizi di pagamento, in alcuni Paesi, come la Norvegia, il sorpasso del danaro virtuale su quello sonante è previsto già per il 2015. Seppure il dibattito sul “futuro dei soldi” non sia ancora emerso nell’opinione pubblica, alcuni ci stanno pensando da tempo. A cominciare dalle banche centrali, per arrivare all’Ocse che, con il suo rapporto The Future of Money del 2002, ha dato una chiara indicazione: “Il destino dei soldi è di diventare digitali. [...] Gli eventi terroristici dell’11 settembre 2001 danno un’ulteriore motivazione e urgenza per accelerare l’introduzione di un sistema di compensazione e regolamentazione basato su norme ampiamente accettate per assicurare la trasparenza delle transazioni finanziarie”.

Il tempo della monetica

LA RIVOLUZIONE MONETICA IN QUATTRO PASSAGGI QUALSIASI STATO O UNIONE DI STATI O UNIONE MONETARIA, con una moneta unica può implementare facilmente la monetica, adottando i seguenti passaggi: 1. Emissione di una Carta di pagamento elettronica pubblica volontaria 2. Emissione di una Carta specifica per il settore pubblico. (funzionari, politici, amministrazioni, dipendenti pubblici), con l’obbligatorietà d’uso. 3. Ritiro delle banconote (facendo emergere il danaro realmente circolante), valido solo se si versano su conti correnti. 4. Trasparenza, attraverso la pubblicazione online di tutti i bilanci delle amministrazioni pubbliche. Con queste misure, dal regime di trasparenza la gente onesta otterrà sgravi fiscali e gli altri dovranno adeguarsi.

«È una moneta computerizzata che, se scambiata a distanza, è anche chiamata moneta telematica». La definizione è di uno dei pionieri dell’uso sociale del danaro virtuale, Agustí Chalaux de Subirà (1911-2006), industriale franco-catalano, fondatore del Centro Studi Joan Bardina di Barcellona e autore di Moneta telematica e strategia di mercato. “Senza banconote – scriveva – vivremmo in un ambiente molto più sicuro, meno violento e con maggiore coesione sociale, poiché verrebbe meno il più grande alibi all’attività illegale nel mondo. La telematica implica necessariamente una grande speranza per tutti i popoli del Pianeta, a patto che sia adoperata come strumento al servizio della libertà e dell’informazione di tutti”.

De-mercantilizzazione e reddito minimo Carte di credito, bancomat, prepagate, smart card (con microchip) e adesso applicazioni di telefoni cellulari come portafogli elettronici. Sono tutte forme esistenti di monetica, che, di fatto, è già stata introdotta da tempo senza un vero dibattito sociale. Lo scenario di diffusione totale della monetica vede ogni cittadino possessore di una sola carta personale e infalsificabile, legata al codice di un conto corrente dove siano registrati i pagamenti elettronici e le relative |

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ricevute; lì sarà versato il salario, da lì le tasse saranno riscosse automaticamente. Nel suo libro El poder del dinero Martì Olivella parla di un reddito minimo. «Chalaux proponeva una risposta molto più ardita - afferma Olivella - più interessante e diversa da quella attuale, secondo cui si riscuotono le tasse, si amministrano al meglio e si ridistribuisce questo reddito a chi ne ha bisogno. L’idea di base è che non ci sono diritti so-

ciali e politici senza diritti economici, come quello al lavoro. Occorre garantire il diritto economico, garantendo il reddito per tutti. Se hai un sistema di misurazione di quello che stai producendo, della capacità produttiva, dei bisogni della gente, della domanda, allora avere un sistema monetario che equilibri offerta e domanda e distribuire il denaro in modo che la gente possa comprare ciò che potenzialmente può essere prodotto sembra eticamente ed economicamente fattibile».

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I VANTAGGI DELLA MONETA VIRTUALE IL DANARO CONTANTE PRESENTA RISCHI DI SMARRIMENTO E FURTO più alti di quelli delle carte di debito o di credito. Il pagamento tramite carta elimina i problemi di resto ed è più protetto da truffe (perché chi riceve il denaro viene “tracciato” e perché alcune carte di credito prevedono un rimborso). La tracciabilità dei pagamenti è un forte contrasto al lavoro nero, al mercato di armi, droghe ed esseri umani, alle organizzazioni criminali, alla corruzione politica, dove il danaro anonimo, muto e mobile è fondamentale. Non più rapine in banca e scippi e meno evasione fiscale, truffe e paradisi fiscali. Ma occorre rispettare alcune regole di “igiene finanziaria”: mantenere sotto controllo le spese (per alcuni può essere più difficile con pagamenti elettronici) e non abusare dei finanziamenti offerti dalla maggior parte delle carte di credito.

Il potere del denaro Martì Olivella: «Alla base del crollo del sistema finanziario la mancanza di trasparenza. La monetica lo avrebbe evitato».

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LIBRI>LINK>INFO

Martì Olivella El poder del dinero. La monética contra la corrupción Ecoconcerns, 1993-2002 Agustì Chalaux de Subirà Moneta telematica e strategia di mercato 1985 Ocse The Future of Money 2002 Video su YouTube La moneta telematica www.youtube.com/ watch?v=2ASrpu-_RPY

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de El poder del dinero, sedici anni di cambiamenti politici, finanziari e tecnologici. Ma secondo Martì Olivella, autore del volume, le teorie sulla monetica di Agustì Chalaux de Subirà sono ancora valide, anzi, «sono molto più attuali oggi», dichiara a Valori Olivella.

ONO PASSATI SEDICI ANNI DALLA PUBBLICAZIONE

Perché la monetica dovrebbe essere oggi una soluzione alla crisi in corso? Per due motivi. Perché il crollo del sistema finanziario è in gran parte causato dalla mancanza di trasparenza. Le agenzie di vigilanza non hanno svolto il loro lavoro; banche e società finanziarie non sono state trasparenti sui rischi dei loro prodotti. I politici non sono stati trasparenti perché non hanno legiferato né hanno applicato le leggi per tutelare gli interessi dei cittadini. E perché? Nella maggior parte dei Paesi i politici dipendono dal finanziamento delle banche, legalmente o illegalmente. Vale a dire, il potere del denaro anonimo consente l’impunità della corruzione strutturale, che conduce ad una legislazione favorevole agli interessi dei ricchi e potenti. Dobbiamo passare dalla società dell’informazione alla società della trasparenza: un’informazione responsabilizzante. Secondo motivo: monete telematiche in molti Paesi permettono la trasparenza nella gestione del bilancio pubblico. Nel suo libro parla della “fattura-assegno” proposta da Agustì Chalaux come rimedio. Che cos’è? Tutti sappiamo cos’è una fattura, in cui è indicato un bene o un servizio che si compra, la data e il valore che ha. E un assegno, che è l’ordine di pagamento di una determinata operazione. Essendo documenti separati, non possiamo avere l’informazione di mercato: la somma delle fatture non sempre corrisponde al denaro usato per le transazio-

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ni. La fattura-assegno prevede che un solo documento attesti chi ha comprato, chi ha venduto, cosa è stato comprato, il luogo e il valore, in modo che gli economisti possano avere informazioni aggiornate su ciò che si compra e si vende ogni giorno (questa sarebbe la parte non personalizzata), e i giudici possano documentare una sentenza, sapendo chi è intervenuto in una determinata operazione (questi dati rimarrebbero protetti, per tutelare la privacy, eccetto che per motivi giudiziari). Difficilmente sarebbero possibili operazioni fraudolente vincolate a paradisi fiscali, al traffico di droga, al commercio di armi, al traffico di organi, alla prostituzione infantile, e altri usi criminali che la moneta cartacea e anonima di oggi permette. Senza parlare della falsificazione, che sarebbe ancora più difficile. La monetica è un processo già in atto, ma, senza un controllo pubblico, potrebbe essere diretto dagli interessi delle banche e dei grandi gruppi finanziari… Nella storia, la banca privata è stata sempre più innovativa dello Stato. Le banconote sono state emesse privatamente per molti anni e poi ne ha preso il monopolio lo Stato. La moneta elettronica è un’innovazione bancaria che permette di facilitare l’indebitamento delle persone, generando credito ben al di là di ciò che permetterebbero le leggi, fino a provocare crisi come quella attuale. È quindi lo Stato che deve prendere l’iniziativa di offrire a tutti i cittadini, ai funzionari e alle imprese una carta di pagamento (di debito, non di credito), garantendo la protezione dei dati personali (mentre ora le società di carte di credito e le banche possono in pratica fare ciò che vogliono con i dati dei loro clienti), per poi eliminare gradualmente le banconote anonime che non permettono né il buon sviluppo economico, né il rispetto per lo Stato di diritto.

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APPUNTAMENTI SETTEMBRE>OTTOBRE

5 settembre CERNOBBIO SBILANCIAMOCI! VII FORUM “L’IMPRESA DI UN’ECONOMIA DIVERSA” Edizione speciale di una sola giornata del forum annuale di “Sbilanciamoci!” organizzato in contemporanea con il Workshop dello Studio Ambrosetti, punto d’incontro dei vertici della politica e della finanza italiana. «Mentre i nostri ministri andranno al workshop ad illustrare e a rivendicare i “meriti” dell’azione di governo - spiegano i promotori -, Sbilanciamoci!, a poche centinaia di metri dal forum ufficiale, organizza un contro-forum in cui spiegherà con documenti e analisi circostanziate il bluff delle misure del governo contro la crisi, molte ancora da attuare e altre con impatto modesto o addirittura inesistente, altre ancora completamente negative». La campagna chiede a tutti una donazione (non obbligatoria) per contribuire all’autofinanziamento del contro-vertice. La prenotazione è obbligatoria, il numero di posti è limitato. www.sbilanciamoci.org

8 settembre MILANO DIPLOMA IN MICROFINANZA ISTITUTO DEGLI STUDI DI POLITICA INTERNAZIONALE Si conclude il corso finalizzato al conseguimento del “Diploma (part-time) in Microfinanza” organizzato dall’ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale in collaborazione con la Fondazione Giordano Dell’Amore. www.microfinanza-italia.org

17 settembre MANILA (FILIPPINE) FINANCIAL LITERACY FOR REMITTANCE RECEIVERS Il corso itinerante torna a casa con un incontro nella capitale filippina. Ma questa volta la prospettiva cambia. Al centro della discussione i recettori delle rimesse. www.sedpi.com

PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

creato dall’Inter-American Development Bank (IDB) attivo dal 1993. events.iadb.org

19 settembre BOLOGNA BANCA POPOLARE ETICA INAUGURAZIONE NUOVA FILIALE Festa per l’inaugurazione della filiale di Bologna di Banca Etica. L’evento, organizzato presso Piazza XX settembre, prenderà il via alle 10.30 con un dibattito pubblico sul tema dell’accesso al credito tra operatori dell’economia sociale, solidale e sostenibile e rappresentanti di istituzioni finanziarie. www.bancaetica.com 21 settembre BERGAMO MASTER IN MICROFINANCE L’Università degli Studi di Bergamo, insieme al CIPSI (coordinamento nazionale che associa oltre 40 Ong operanti nel settore della cooperazione internazionale), organizza la quarta edizione del Master in Microfinance che partirà il prossimo ottobre 2009. Il 21 settembre 2009 è il termine ultimo per la presentazione delle domande per l’assegnazione delle borse di studio. Gli altri hanno tempo fino al 21 ottobre. www.unibg.it 24 settembre NEW YORK CITY (USA) ICCR SPECIAL ANNUAL EVENT Evento annuale aperto al pubblico dell’Interfaith Centre on Corporate Responsibility (ICCR). Attivo da 45 anni nello sviluppo dei temi della responsabilità d’impresa con la sua opera di azionariato attivo, l’ICCR raccoglie 275 investitori istituzionali di ispirazione religiosa. www.iccr.org

24 settembre LONDRA (UK) BUILDING A SUSTAINABLE BUSINESS FOR THE LONG TERM DURING AN ECONOMIC DOWNTURN Evento aperto al pubblico organizzato dall’Institute of Business Ethics, un’organizzazione fondata nel 1986 e tuttora impegnata nello sviluppo della finanza etica e dell’economia responsabile attraverso la collaborazione con operatori del settore, analisti e ricercatori. www.ibe.org.uk

30 settembre CHIUSURA ISCRIZIONI ETHIC AWARD Si chiudono le iscrizioni per partecipare a “Ethic Award 2009, Premio per un futuro sostenibile”, il concorso organizzato dal settimanale Gdoweek edito da Il Sole 24 Ore Business Media. Ethic Award vuole riconoscere e premiare i migliori progetti di “sviluppo sostenibile” promossi dalle imprese operanti in Italia. Per informazioni: ethicaward.gdoweek @businessmedia24.com www.gdoweek.it

3 ottobre ROMA (ITALIA) BANCA POPOLARE ETICA FESTA DEI SOCI DEL LAZIO E INAUGURAZIONE FILIALE DI ROMA Presso la Città dell’Altra Economia Largo Dino Frisullo - Campo Boario (Ex Mattatoio Testaccio). Una giornata di incontri, dibattiti e spettacoli tra soci e persone interessate alle attività di Banca Etica. www.bancaetica.org/lazio

7 ottobre ROMA (ITALIA) ETICA SGR: “EFFICACIA ED EFFICIENZA DELL’AZIONE DELL’INVESTITORE ETICO” Il seminario è indirizzato agli investitori istituzionali, ai responsabili delle banche che collocano i fondi “Valori Responsabili” di Etica Sgr e agli operatori di settore. L’incontro si svolgerà dalle 9.45 alle 13.30 presso l’Assopopolari a Palazzo Altieri, Piazza del Gesù 49. www.eticasgr.it

30 settembre BORSA DI STUDIO ABI “MICROCREDITO ITALIA” L’Associazione bancaria italiana promuove un bando di concorso sul tema del microcredito per il conferimento di una borsa di studio del valore pari a 4.000 euro, riservata ad un giovane ricercatore in materie economico-finanziarie. Il 30 Settembre 2009 è il termine ultimo per la presentazione delle domande. www.abi.it

20 - 21 ottobre BRUXELLES (BELGIO) THE 3RD ANNUAL EUROPEAN ANTI-CORRUPTION SUMMIT La corruzione e i reati finanziari rappresentano per le imprese una fonte di danni economici e morali di enorme portata. www.ethicalcorp.com/ethicseurope

30 settembre - 1 ottobre CITTÀ DEL MESSICO RURAL MICROFINANCE: STRATEGIES FOR REACHING THE UNDERSERVED Conferenza sul ruolo attuale della microfinanza e sulle sue potenzialità nella lotta alla povertà. L’evento è organizzato dal World Council of Credit Unions (WOCCU) e dal ministero messicano per l’Agricoltura, la Fauna, lo Sviluppo agricolo, la Pesca e l’Alimentazione (SAGARPA). Partecipano i sindacati e gli istituti di credito specializzati. www.woccu.org/events /ruralmicrofinance

22 - 23 ottobre GINEVRA (SVIZZERA) 8TH INTERNATIONAL MEETING OF THE OBSERVATORY OF FINANCE Etica, finanza e responsabilità al centro dell’incontro organizzato dall’Observatoire de la finance. L’evento è giunto all’ottava edizione. www.obsfin.ch 23 ottobre ISTANBUL (TURCHIA) FIRST TURKISH MARKETPLACE ON CSR Primo incontro ad hoc per le imprese che operano secondo la corporate social responsibility in Turchia. L’evento è organizzato da CSR Turkey e CSR Europe nell’ambito del progetto UE “Accelerating CSR in Turkey”. Sede dell’incontro l’università Kadir Has di Istanbul. marketplace.csrturkey.org

30 settembre - 2 ottobre AREQUIPA (PERÙ) FOROMIC 2009: INTER-AMERICAN FORUM ON MICROENTERPRISE Grande evento sul tema della microimpresa nel continente americano. Organizza il Multilateral Investment Fund (MIF), il fondo |

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Obbligazioni e Shari’ah

I bond islamici: i sukuk di Federica Miglietta*

che la presenza di un divieto relativo all’emissione di strumenti caratterizzati da un tasso di interesse definito ex-ante rende i classici strumenti di debito occidentali poco adatti al contesto islamico. Una struttura compliant con la Shari’ah, simile ai titoli obbligazionari, è quella dei cosiddetti sukuk, definibili come dei certificati rappresentativi della partecipazione alla proprietà di un determinato bene o pool di beni. La proprietà viene parcellizzata e in seguito trasferita tramite una struttura che ricalca, per molti versi, quella di una classica securitisation. L’acquirente dei sukuk diventa proprietario pro quota dei beni parcellizzati e questo gli permette di poter beneficiare di una rendita periodale (assimilabile alle cedole) che però non è rappresentata da un interesse, bensì da una quota dei profitti derivanti dai beni stessi. È importante sottolineare come i sukuk non rappresentino una quota di debito (la cui vendita è fattispecie vietata) ma un certificato rappresentativo di una comunione di beni. Altra caratteristica importante è legata a fatto che i sukuk non hanno dei sottostanti finanziari, ma solo reali. Gli economisti islamici possono fieramente affermare che la cartolarizzazione selvaggia con alla base i mutui subprime, che tanto danno ha prodotto sui mercati internazionali, non avrebbe mai potuto avere la caratterizzazione di sukuk. Essi rappresentano dei certificati di proprietà relativi Le obbligazioni islamiche a beni caratterizzati da contratti compliant e proprio da questa non costituiscono una quota caratteristica derivano gli ijarah sukuk, i mudarabah sukuk, di debito, ma un certificato i musharakah sukuk. rappresentativo di una Nel caso dei sukuk che si basano su negozi funzionali al trade “comunione di beni”, financing (salam e murabahah) o collegati a collateral (ijarah che garantisce una rendita e istisna) il sottostante è sempre reale e può far riferimento alla prestazione di servizi, legati, per esempio, alla scolarizzazione o alla salute. Proprio la presenza di commodities reali o complessi immobiliari alla base delle strutture di sukuk, rende complesso valutare i sukuk secondo gli usuali benchmark di mercato. Queste caratteristiche, inoltre, rendono lo strumento non molto liquido e non adatto alla gestione della tesoreria nelle istituzioni finanziarie islamiche, problema molto sentito e di non semplice soluzione, come visto nella nostra scorsa rubrica. Nonostante lo strumento non sia di facile comparazione, tuttavia, il mercato dei sukuk è in rapida ascesa ed ha già assunto una importanza rilevante; secondo gli esperti, nel 2006 il valore complessivo del mercato dei sukuk è stato di 20 miliardi di dollari americani e gran parte del mercato se lo sono conteso piazze finanziarie come Malesia e Bahrain. Le emissioni sono poco numerose e concentrate su certe piazze, ma soprattutto manca un livello di standardizzazione pacificamente accettato nel mondo islamico. Generalmente ci si riferisce agli schemi * Docente di finanza standard individuati dall’Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions (AAOIFI). allo IEMIF, Istituto di Economia dei Mercati La tipologia di sukuk più comune è l’ijarah sukuk, che ha come base sottostante un complesso e degli Intermediari Finanziari, dell’Università immobiliare locato secondo lo schema del leasing (ijarah) e per il quale il rendimento deriva dai canoni Bocconi di Milano. di locazione finanziaria.

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PUBB CISL

BBIAMO GIÀ AVUTO MODO DI DIRE

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Gas: la crescita continua. È l’ora del dibattito >42 Meno consumi, più felicità. La via anticrisi dei Bilancisti >46 Sarà Ratzinger il pontefice dell’economia buona? >50

economiasolidale SOLARE TERMODINAMICO IL SENATO VUOLE TAGLIARE I FONDI

UNA SETTIMANA DI LEZIONI SULLE RINNOVABILI: DODICI SUPER-ESPERTI ALLA BICOCCA DI MILANO

ZOES A CONVEGNO SU WEB 2.0 E SOSTENIBILITÀ

BANCA ETICA: UN CONCORSO PER LE RICERCHE ANTI-SPRECHI

DA LEGAMBIENTE E LIBERA UN OSSERVATORIO SULLA RICOSTRUZIONE DELL’ABRUZZO

AL VIA LA CAUSA COLLETTIVA PER RIPRENDERE I SOLDI DEI CIP 6

«Sfruttando la tecnologia del solare termodinamico, basterebbe un ipotetico quadrato di specchi con lati di 200 km per alimentare tutto il Pianeta», spiegava il premio Nobel Carlo Rubbia un paio d’anni fa. Il solare termodinamico è una delle tecnologie pulite più promettenti, perché garantisce un’efficienza maggiore dei tradizionali pannelli fotovoltaici e una produzione di energia elettrica ininterrotta, anche di notte e con il maltempo. E, in sintesi, una delle fonti energetiche sulle quali scommettono praticamente tutti i centri di ricerca mondiali e colossi come Siemens, Deutsche Bank ed Rwe. Ma, a quanto pare, non il Senato italiano: poche ore prima della pausa estiva, l’aula di Palazzo Madama ha infatti approvato (142 favorevoli, 113 contrari), una mozione (tra i firmatari “eccellenti” Gasparri, Quagliariello e Dell’Utri) che impegna di fatto il governo a tagliare le risorse per le fonti di energia che al momento costano di più. Ma che nel prossimo futuro, con gli investimenti adeguati e le economie di scala, potrebbero al contrario rivelarsi vincenti. Come il solare termodinamico, appunto. Nella mozione, il taglio ai fondi è giustificato con un confronto (giudicato “improponibile” dai produttori di energia verde) con i vantaggi che garantirebbero invece le centrali atomiche. Non sarà che le lobby del nucleare si stanno muovendo, fiutando vento favorevole?

La perenne scarsità di fondi e i segnali non proprio favorevoli che arrivano dall’attuale governo, non sembrano scoraggiare l’impegno del mondo accademico sul fronte delle energie rinnovabili. Dal 14 al 19 settembre, l’Università Bicocca di Milano ospiterà la Chemistry and Physics of Materials for Energetics, la prima scuola interamente dedicata ai materiali per le applicazioni energetiche, organizzata dal Network Europeo PCAM, che riunisce nove università europee. Un appuntamento pensato per gli studenti dei dottorati di ricerca e per i giovani ricercatori (oltre 190 finora gli iscritti) che potranno confrontarsi con dodici tra i maggiori esperti internazionali in energie rinnovabili e sistemi per immagazzinare l’energia. Dodici “menti” che hanno dato un contributo essenziale nello sviluppo delle fonti pulite. Come Khaja Nazeeruddin, dall’Ecole Polytechnique di Losanna, autore di 19 brevetti tra cui quello del foto-sensibilizzatore finora più efficiente per celle solari di terza generazione; Yi Cui (nella foto) alla Stanford University di Palo Alto in California, che col suo gruppo di ricerca ha creato batterie agli ioni di litio con capacità di durata dieci volte maggiore a quella delle batterie convenzionali. O Maximilian Fichtner dell’Institute for Nanotechnology del Karlsruhe Research Center (Germania), che sta sviluppando nuovi materiali per lo stoccaggio dell’idrogeno, un lavoro essenziale da cui dipende il lancio sul mercato delle auto a idrogeno. Durante i sei giorni di evento, saranno presentati anche ottanta lavori di giovani studiosi provenienti da tutto il mondo. Il programma dell’evento e l’elenco completo degli ospiti è disponibile sul sito pcamschool.mater.unimib.it.

Come far conoscere i prodotti di agricoltura biologica o del circuito del commercio equo e solidale? Come mettere in rete consumatori responsabili? Come condividere esperienze di economia sostenibile promuovendo una cultura incentrata sul rispetto della persona e dell’ambiente? Come promuovere campagne sociali? Come incentivare il citizen journalism? Tante domande ma con una risposta unica: la rete internet, e in particolare gli strumenti web 2.0 (blog, chat, social network e, in generale, tutte le applicazioni online che permettono un’elevata interazione tra sito e utente). Strumenti che possono aiutare la diffusione dei temi della sostenibilità sociale, ambientale ed economica e che possono favorire la conoscenza delle organizzazioni del Terzo settore. Per questo, Zoes – zona equo sostenibile, il primo social network italiano, promosso dalla Fondazione Culturale Responsabilità Etica, ha organizzato dal 18 al 20 settembre un corso di formazione per approfondire tali questioni. Il corso, che si svolgerà presso il Podere Aia Santa di Vicchio di Mugello, è rivolto a tutte le organizzazioni e i cittadini responsabili che hanno già aperto un profilo su Zoes.it (3600 utenti e quasi 400 enti e associazioni). Per maggiori dettagli, sarà sufficiente iscriversi al gruppo di Zoes dedicato a “Il web 2.0 per la sostenibilità”.

Chi ha avuto a che fare con Pia Paradossi, volontaria “decana” dell’associazione Mani Tese e della cooperativa Riciclaggio e Solidarietà, le riconosceva tre grandi virtù: una grinta inattaccabile che metteva nel suo lavoro per costruire un mondo più giusto, la voglia inesauribile di lottare in forma non violenta contro ingiustizie e sprechi, la passione profonda con la quale incoraggiava giovani e meno giovani. Alla sua memoria, la Fondazione Culturale Responsabilità Etica ha deciso di dedicare un fondo di 5 mila euro per il sostegno a ricerche, tirocini e stage da svolgersi in Toscana sui temi dell’anti-spreco e dell’economia solidale (meglio ancora se interconnessi tra loro). I progetti di ricerca dovranno avere una durata di sei o dodici mesi e dovranno contenere il curriculum dei candidati e la metodologia utilizzata. Le richieste di contributo dovranno essere inviate – in forma cartacea ed elettronica – entro il 5 novembre alla Fondazione Culturale Responsabilità Etica, piazza dei Ciompi 11 – 50122 Firenze. I risultati delle ricerche vincitrici del finanziamento dovranno essere poi consegnati entro 6 o 12 mesi, in forma scritta (almeno 30 pagine). Per info: fondazione@bancaetica.org.

Più ancora della furia del terremoto, un nuovo pericolo, concretissimo, minaccia di rinnovare le sofferenze di chi ha già perduto case e affetti. Infiltrazioni criminali, torbide connivenze e ributtanti speculazioni, se non ostacolate efficacemente, potrebbero spazzare via un’isola felice. La ricostruzione che si sta avviando in Abruzzo è infatti un’occasione ghiottissima per la criminalità organizzata che potrebbe ampliare il proprio giro d’affari sfruttando l’emergenza. Le mafie in Abruzzo non sono una novità: nonostante un’estensione territoriale e una popolazione tutto sommato ridotta, nel 2008 è stata la nona regione italiana per numero e gravità di reati mafiosi, nel ciclo del cemento e dei rifiuti. Le cosche hanno registrato lo scorso anno (quindi prima del sisma) un fatturato nella regione di 20 miliardi. I motivi per tenere alta la guardia durante la ricostruzione sono quindi più che fondati. Per questo, Libera e Legambiente, insieme alla provincia de L’Aquila hanno costituito “Ricostruire pulito”, un Osservatorio per l’Ambiente e la Legalità. L’obiettivo è di agevolare la diffusione delle informazioni tra i diversi soggetti coinvolti: società civile, Protezione civile, Prefettura, Regione, Provincia, Comuni terremotati, Camere di commercio, la Procura de L’Aquila e l’Antimafia. Tre in particolare i settori da tenere sotto controllo: la gestione delle macerie, l’assegnazione degli appalti di ricostruzione e la scelta delle cave da cui saranno prelevati i materiali. Per farlo, le due associazioni chiedono alla popolazione di partecipare attivamente, inviando segnalazioni su casi sospetti, all’indirizzo mail osservatorioaq@gmail.com. «Con l’Osservatorio vogliamo aiutare una ricostruzione pulita. Lo dobbiamo a quanti sono rimasti sotto a edifici costruiti con sabbia di mare e cemento scadente», ha dichiarato il presidente di Libera, don Luigi Ciotti. «Questa terra è stupenda, forte e generosa. Anche se con tante ferite, ha tutti gli anticorpi per reagire».

L’Associazione Diritto al futuro, con il sostegno della rete nazionale Rifiuti zero, lancia una vertenza collettiva per il recupero del prelievo Cip 6 dalle bollette dell’energia elettrica. I Cip 6 sono una nociva invenzione italiana: varati nel 1992, assicurano incentivi per l’energia prodotta da fonti “assimilate alle rinnovabili”. L’incentivo viene coperto dagli utenti nella bolletta con un sovrapprezzo del 7% sul costo dell’elettricità, che gli utenti pagano in bolletta. Il diavolo come sempre sta nei dettagli: nelle “assimilate” rientra anche la produzione di elettricità dalla combustione di rifiuti solidi urbani, che avviene negli inceneritori. In pratica, con i soldi che dovrebbero incentivare le fonti rinnovabili, si finanziano anche gli inceneritori. Un paradosso unico in Europa (solo l’Italia mantiene questa anomalia), nonostante fin dal 2001 l’Unione europea abbia vietato di assimilare alle rinnovabili l’energia prodotta dalla combustione della parte non biodegradabile dei rifiuti. Con la causa collettiva verrà inoltrata la richiesta di formale rimborso al Gestore dei servizi elettrici e alle società a cui si paga l’elettricità, di quanto versato con la bolletta elettrica per la componente tariffaria A3, che viola le norme comunitarie. È possibile aderire sul sito www.dirittoalfuturo.it o firmando ai banchetti allestiti nelle feste di Liberazione.

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ELISABETTA TRAMONTO

LA POLITICA DEI GAS: UN SERVIZIO GRATUITO ALLA SOCIETÀ

La crescita continua È l’ora del dibattito A 15 anni dalla nascita del primo gruppo, è il momento di porsi delle domande. Che cosa vogliono essere i Gas? Che ruolo possono rivestire nel panorama politico ed economico italiano? Valori apre il dibattito. alla ricerca di un’identità, il più possibile condivisa. Questa potrebbe essere la sintesi del giro di opinioni che Valori ha sollecitato all’interno del mondo dei Gruppi di acquisto solidale. Un giro che, naturaldi Paola Baiocchi mente, non ha la pretesa di essere esaustivo, ma, anzi, vuole essere un punto di partenza per un dibattito più ampio, portato avanti sulle pagine di tre giornali dagli intenti simili come Valori, Altraeconomia e Carta. A 15 anni dalla nascita del primo Gas, nel 1994 a Fidenza, ci è sembrato il momento opportuno per porci delle domande.

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N MOVIMENTO CON MOLTE ANIME

L’APPELLO DI FRANCESCO GESUALDI PER PROGETTARE L’ATERNATIVA L’APPELLO È STATO LANCIATO alle giornate dei “bilancisti di giustizia”, alla fine di agosto a Oropa vicino a Biella. Ma il tam-tam era già cominciato nell’area dell’altra economia a partire dalla pubblicazione del libro di Gesualdi L’altra via. Manifesto oltre la crisi, che contiene un invito “a promuovere gruppi di studio” di poche persone, “cittadini senza lauree o incarichi” che tirino fuori un’idea concreta di economia e cerchino di tracciare un percorso per farla avanzare. Chi voglia partecipare al dibattito può mandare la propria adesione, specificando comune e provincia in cui abita alla mail: gruppidistudio@cnms.it

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«CHI L’HA DETTO CHE UNA CITTÀ DEVE ESSERE GOVERNATA DAI POLITICI?» è provocatorio Fabio Lega, uno dei promotori del Gas di Caltanissetta dal quale, assieme ad altre realtà, è partita la lista Intesa civica solidale (Ics) che alle elezioni del giugno scorso, per il rinnovo dell’amministrazione comunale, si è presentata con i Grilli nisseni e con un proprio candidato sindaco che ha preso 6.000 voti. Il candidato sindaco Giovanni Ruvolo non è arrivato al ballottaggio, ma in Consiglio comunale ora ci sono due consiglieri della lista civica nata da chi si è riunito per consumare in modo critico. «In questa campagna elettorale abbiamo visto l’inferno – continua Fabio Lega –. Candidati scambiati tra la destra e la sinistra, apparentamenti impossibili. Noi rappresentiamo una realtà che è al di fuori della normale prassi politica e la nostra discontinuità con il passato ci ha dato credibilità». La selezione delle candidature è avvenuta all’interno di movimenti, associazioni e quartieri per assicurare la presenza di persone già abituate a rendere un servizio gratuito alla società. «In queste elezioni dopo 15 anni Caltanissetta è passata al centrodestra, ma questi 6.000 voti sono il segno che se la politica “si impasta nella realtà” è creduta». Assieme al Gas, che dal maggio 2007 ha raccolto circa 150 famiglie i nisseni – che adesso possono contare anche su una rappresentanza politica – organizzano molte cose: il progetto Vivibio, per avviare Gas all’interno delle scuole elementari e poi i comitati di quartiere, perché dai cittadini nasca una pressione verso la legalità. Un comitato è già nato, in un quartiere centrale di Caltanissetta e altri due si stanno formando. La stessa legalità che è fondamentale nella scelta dei produttori: aziende non solo bio, non solo locali, ma anche in regola con il pagamento delle tasse, che non subiscano il “pizzo” e che rispettino i diritti Pa.Bai. dei lavoratori. www.intesacivicasolidale.it - www.gasbiocl.org

A giugno, in coincidenza con l’Assemblea nazionale dei Gas, che si è tenuta a Petralia Sottana, in Sicilia, Valori ha lanciato una serie di provocazioni, veicolate dal settimanale Carta, che sono state raccolte da Francesco Gesualdi, del Centro nuovo modello di sviluppo di Vecchiano (Pi) e ripubblicate sullo stesso settimanale. In particolare una delle nostre affermazioni è al centro della risposta di Gesualdi: “per modificare a fondo l’economia in senso egualitario bisogna parlare di modelli di società, non basta parlare di stili di vita”.

è diventato presidente del Consiglio comunale» dice Fabio Lega, che ha partecipato alla nascita della lista civica, 25 anni di scoutismo alle spalle, esperienza che ora impiega nel costruire la rete Gas regionale. «Non è facile coinvolgere le persone qui da noi – spiega Fabio Lega – eppure il Gas ha raccolto circa 150 famiglie. E noi spieghiamo chiaramente che non si viene qui a trovare il supermercato». E, tanto per non fare giri di parole, il tema della prossima Assemblea dei Gas del 2010 sarà “Interagire con il tessuto sociale”.

Dagli stili di vita ai modelli di società

Generare processi partecipativi

«Dobbiamo fare un salto di qualità e passare a un lavoro di progettazione dell’alternativa, senza la quale non saremo mai credibili», ha detto Gesualdi. «Senza rinnegare quello che abbiamo fatto e stiamo facendo nel campo del consumo critico e in tutte le altre mille attività che portiamo avanti, dobbiamo essere capaci di indicare una strada di trasformazione di massa. E dobbiamo essere pronti anche ad entrare nelle istituzioni». Su questo punto il Sud ha bruciato i tempi: per il rinnovo del Consiglio comunale di Caltanissetta, a giugno, si è presentata la lista Intesa Civica Solidale (Ics), formata da rappresentanti di un Gas e da Grillini (vedi BOX ). La lista ha fatto un botto: 6.000 voti e due consiglieri. «E uno di questi per poco non

È questa allora la via? «Non è l’unica soluzione», dice Mauro Serventi, fondatore del primo Gas in Italia, a Fidenza. «Però siamo arrivati a un punto in cui abbiamo bisogno di risposte dalla politica e c’è un problema nel confronto con le istituzioni: la base è andata avanti ed è pronta, loro no. Noi dobbiamo essere in grado di generare dei processi partecipativi, che partono dal basso e fanno richieste giuste, all’interno di un procedimento aggregativo che non sia solo strumentale». Ma non c’è il rischio che si generi un’area indistinta senza un pensiero forte, una di quelle “moltitudini” di cui parla la destra filosofale? «Ho trovato delle affinità in certe tematiche affrontate anche dalla destra, come nel discorso delle monete locali, ma sono antiteti-

ci gli strumenti: il localismo la destra lo vede in contrapposizione con l’altro; per noi il locale si mette in rete in un’economia di relazione. Per noi il benessere c’è solo se è diffuso: la destra cura i propri interessi e poi lancia iniziative filantropiche».

Alcuni momenti dell’assemblea nazionale dei Gruppi di acquisto solidale, che si è tenuta a Petralia Sottana (Pa) dal 26 al 28 giugno.

Aggregatori in rete Insomma fino a qui sembra condiviso il bisogno di guardare oltre, di non fermarsi “solo all’attenzione al proprio ombelico”, ma che si debba “fare massa” anche per raggiungere dei risultati nei progetti avviati dalla Rete dei Gas, come quelli dell’energia, del tessile e della telefonia. «Al momento posso confermare che i Gas si stanno aggregando in rete – dice Davide Biolghini referente del Tavolo per la Rete dell’economia solidale (Res) –. Un fatto positivo per la logistica e per i produttori, che può essere ulteriormente incrementato attraversa lo sviluppo dei software, che sono già in uso nella Res. Ma positivo anche perché aggregandosi si ha più peso politico e i Gas sono un laboratorio di pensiero politico». In molti casi si tratta di pensiero politico nel senso più vasto del termine, cioè di un luogo dove combinare teoria e prassi: «All’interno dei Gruppi di acquisto solidali – dice Giuseppe Vergani del Gas Brianza – ci sono due anime, una più centrata sul consumo critico e una più sul cambiamento. Credo che sia ora di avviare la riflessione sulle forme di rappresentanza, anche cercando di uscire dalle forme già note». Il dibattito è aperto, durante l’estate ci sono state molte occasioni per affrontarlo. Una delle quali nel corso dell’incontro annuale dei Bilanci di giustizia ad Oropa (Biella), quando il 28 agosto i tre direttori dei giornali (Andrea Di Stefano di Valori, Pietro Raitano di Altraeconomia, e Pierluigi Sullo di Carta) ne hanno parlato con Gesualdi e con il pubblico (nella pagina a fianco l’appello lanciato durante il dibattito, di cui daremo conto nei prossimi numeri).

Dall’assemblea nazionale Anche l’assemblea a Petralia Sottana è stata un’occasione di confronto e di dibattito. Tra le necessità più urgenti emerse, quella di un maggiore scambio di informazioni tra Gas e di una maggiore capacità di fare rete con le altre realtà della zona (associazioni, gruppi, coop). E da Tonino Perna, professore di Sociologia economica all’Università di Messina, è arrivato un avvertimento: «I Gas sono una realtà interessante, ma sprecata se non guardano oltre, se non si propongono come alternativa all’attuale modello economico».

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LA MAPPA DEI GAS IN SICILIA

PALERMO

MESSINA

Bibigas bibigas.palermo@gmail.com

Gas mondo sostenibile noalponte@gmail.com

BAGHERIA

Gas del Cnr di Palermo sara.beriosa@tiscali.it

Ecologia solidale www.ecologiasolidale.it

Gas.Ba gas.ba@libero.it

Riportiamo alla Luce www.riportiamoallaluce.org

Gas Messina d.ialacqua@tin.it

Abbiamo riportato i gas registrati nel sito internet della rete Gas nazionale: www.retegas.org o in quello della rete siciliana: www.gas-sicilia.it Alcuni gruppi, quindi, potrebbero non comparire

CARINI bio...Hera pinoromano@inwind.it

UNA TESI DI LAUREA su come espandere all’estero le imprese siciliane, tre giovani laureati in economia appassionati della propria terra, un microcredito di 24 mila euro erogato da Banca Etica sono gli ingredienti di Biosicily (biosicilyexport.com): un sistema che unisce i migliori produttori biologici dell’isola con la (enorme) domanda estera di prodotti italiani di qualità. Insieme ad Addiopizzo hanno scelto 30 produttori, che assicurano legalità e alimenti biologici di pregio. Si sono rivolti al mercato tedesco e a Berlino i prodotti di questa rete sono oggi sulle tavole di 40 ristoranti di alta fascia del gruppo Ciao Italia. «Unire qualità, italianità, legalità e equi profitti per i produttori è possibile», racconta uno dei fondatori, Francesco Carnevale. «Il difficile è stato conquistare la fiducia degli acquirenti, scottati dai troppi “squali” che spacciano per biologici i prodotti convenzionali». Oltre all’export, Biosicily ha lanciato un portale pensato per stimolare il mercato siciliano dei prodotti del gruppo (www.prodottidelsole.it). Il sito accompagna anche i clienti che vogliono creare un Gas. Il quadro è completato dall’accordo con i 35 alberghi di Palermo Hotels per fornire gli alimenti della colazione. Tanto per non mangiare frutta spagnola o marmellata tedesca a Taormina Em. Is. o nella Valle dei Templi.

Fatazucchina fatazucchina@libero.it

Gas bio-logico Circa 150 famiglie. Ha dato vita al movimento siciliano dei Gas. www.gasbiocl.org

Gas della Facoltà di Agraria di Palermo gasualmente@gmail.com

Sbarco al Sud

ENNA

Bio Le Nuvole Gela www.gasbiolenuvole.ilbello.com

GAS SONO UN FENOMENO DEL NORD, ma il Sud ne ha enorme bisogno», ha esordito così Tonino Perna, professore di Sociologia economica all’Università di Messina, durante l’ultima assemblea nazionale dei Gruppi di acquisto solidale che si è tenuta alla fidi Elisabetta Tramonto ne di giugno a Petralia Sottana, in provincia di Palermo. «Nel Sud c’è ancora un forte rapporto con la terra e un’alta qualità della produzione agricola – continua Tonino Perna -. In Sicilia c’è una quota di auto-produzione alimentare altissima, tra il 10% e addirittura il 40% a seconda delle zone. In più nel Meridione sono presenti valori come il dono e la reciprocità e i legami sociali sono ancora forti. È, invece, la scomparsa di questi fattori ad aver dato nel Nord Italia una forte spinta alla nascita dei Gruppi di acquisto solidale, insieme naturalmente ad altre motivazioni ideali. Al Sud la spinta deve essere un’altra: la lotta alla mafia. I supermercati, infatti, sono governati per lo più dal capitale mafioso. I Gas, fornendo un’alternativa alla grande distribuzione organizzata, possono essere uno strumento importante di lotta alla mafia». Sembrerebbe proprio che la Sicilia intera lo abbia ascoltato. Negli ultimi mesi, infatti (prima del discorso di Perna, naturalmente), si è assistito a un vero e proprio boom di Gruppi di acquisto solidale in tutta l’isola. Dall’inizio dell’anno ne sono nati un centinaio. Merito di alcuni Gas, come il Biologico di Caltanisetta, che si sono dati da fare per gemmare nuovi gruppi e per creare una rete. E merito dell’associazione siciliana di promozione di un’economia alternativa Siquillah (www.siquillah.it) e del suo fondatore, Roberto Licalzi, che, a grazie alla sua esperienza come fornitore di arance per i Gas del Nord (www.legallinefelici.it) ha voluto alimentare la nascita di gruppi anche nella sua terra. «La parola d’ordine per i Gas è “rete” – sottolinea Licalzi – senza la quale i Gas non hanno futuro. Anche una rete di produttori. È quello che stiamo cercando di creare». Ed è proprio per premiare questa esplosione di Gas in Sicilia e per creare un’occasione di incontro, scambio e aiuto reciproco Sud-Nord che quest’anno l’assemblea nazionale ha avuto luogo proprio in Sicilia, nel cuore del meraviglioso parco delle Madonie. Una location non certo comoda ma dall’elevato valore simbolico.

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CATANIA Le galline felici www.legallinefelici.it La sporta di Triskelè www.gastriskele.com Tapàllara www.tapallara.it

GELA

I Gas: uno strumento di lotta alla mafia.

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Consorzio Terre di Sicilia www.terredisicilia.com

Il Suq gapeuno@gmail.com

GasCL2 www.gascl2.org

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PATERNÒ

AVOLA

CASSIBILE

Ecolandia aspram@tin.it

Gruppo di Acquisto Solidale Vegetariano gasv@thewayoflove.it

PALAZZOLO ACREIDE Acreide Progetto Ambiente www.acreideprogettoambiente.it

SIRACUSA Grilli Aretusei www.grilliaretusei.it/gas Gas Siracusa gas.siracusa@libero.it

RAGUSA

NOTO

Colibrì www.colibrirg.it

Rete Gas Iblei retegasiblei@altervista.org

CORTO CIRCUITO: A COMO GRUPPI DI ACQUISTO E PRODUTTORI INSIEME 18 GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDALE, associazioni del terzo settore e botteghe del mondo, una ventina di produttori locali. Nella provincia di Como si sono uniti e hanno fondato, a maggio scorso, la cooperativa sociale Corto Circuito. Un mezzo migliaio di persone in tutto che, partendo dall’esperienza dell’Isola che c’è (la rete comasca dell’economia solidale), hanno voluto creare una filiera corta partecipata, a chilometri zero, in cui prezzi, quantità e qualità dei prodotti fossero decise insieme dai soggetti coinvolti. «Tutto è nato a fine 2007, per la difficoltà dei gasisti di approvvigionarsi di prodotti freschi biologici», racconta Germana Redaelli, presidente della cooperativa. «Da lì, l’idea: perché non unire gli sforzi dei vari gruppi d’acquisto? Perché non coinvolgere i produttori?». Corto Circuito organizza anche corsi di formazione in collaborazione con i Comuni della zona e la Camera di commercio e mercati solidali settimanali. «Corsi e mercati sono occasioni utilissime per conoscere i produttori, per inserirsi nel circuito e organizzare nuovi gruppi», prosegue Redaelli. «Il nostro sogno è riuscire a costruire un’economia di filiera corta che si sostenga da sola; creare un sistema che ci permetta di acquistare cibi non solo di qualità e biologici ma anche etici, che garantisca l’equa remunerazione dei produttori». Em. Is.

La Sicilia sostenibile Nello scenario suggestivo del parco delle Madonie un’occasione per porre le basi per un futuro migliore. Dibattiti, degustazioni e musica a SoleXp. EGALITÀ, AMBIENTE E SOSTENIBILITÀ. Sono queste le parole chiave di SoleXp, il primo festival internazionale dedicato a questi temi ad essere organizzato in Sicilia (dal 4 al 6 luglio scorso). Un mix efficace tra ingredienti diversi, adatti ad essere di Elisabetta Tramonto recepiti sia da chi già si interessa a tematiche come l’economia alternativa, il commercio equo, le energie rinnovabili, la finanza etica, sia da chi è totalmente a digiuno di questi argomenti. Come molti turisti che, passeggiando distratti per le strade di un gioiello come Castelbuono, sono stati attirati da un dibattito sulla lotta al racket, sulla microfinanza, sul riciclo dei rifiuti, sulle energie rinnovabili, sulla mobilità sostenibile o sulla bioedilizia. A convegni del genere, svolti nella piazza principale del borgo siciliano, si sono alternate degustazioni di prodotti tipici siciliani (dai presidi Slow Food ai vini doc) e, la sera, concerti di gruppi musicali made in Sicily (vedi la foto in alto). In più c’erano stand su energie rinnovabili; aziende agricole siciliane; produttori di vino, olio, marmellate; assicurazioni etiche, botteghe del commercio equo. Trentamila visitatori durante i tre giorni della manifestazione, 5.271 sul sito internet www.solexp.it. In collaborazione con AzzeroCO2 è stata effettuata un’analisi delle emissioni di CO2 dell’intera manifestazione, compensata con l’impianto di alberi sul Parco delle Madonie.

L

«Siamo riusciti a creare una manifestazione che può diventare un punto di riferimento per il sud Italia rispetto alle buone pratiche di sostenibilità e legalità - commenta Carmelo Pollichino, uno degli organizzatori del festival -. A SoleXp sono state poste le basi per diverse attività sulla mobilità sostenibile: per esempio un progetto sulla mobilità sostenibile nel parco delle Madonie. Con l’assessorato alla Sanità stiamo sviluppando un progetto per il catering all’interno dei distretti sanitari». E da SoleXp è stato anche lanciato un appello. «La lotta alla criminalità organizzata ha bisogno di più voci e mani e cuori possibili - ha detto Giovanni Callea, uno degli organizzatori -. Ci sono molti Siciliani diventati famosi da Ficarra e Picone a Fiorello, da Camilleri a Carmen Consoli. A ciascuno di loro chiediamo un mese per sostenere i piccoli negozianti perché non paghino più il pizzo».

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DAVIDE GROTTA

CALTANISSETTA

Associazione Consumo Familiare ass.consumofamiliare@alice.it

DAVIDE GROTTA

TERMINI IMERESE

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BIOSICILY: BERLINO MANGIA BIOLOGICO

Due momenti di SoleXp. A sinistra (da sinistra a destra): Giuseppe Todaro e Ivan Lobello, imprenditori, Daniele Marannano di Addiopizzo, Ugo Biggeri della Fondazione Culturale Responsabilità Etica. |

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Meno consumi, più felicità: la via anticrisi dei Bilancisti

% DI CONSUMO SPOSTATO* PER CAPITOLO DI SPESA CAPITOLI DI SPESA

2000

2007

2008

ALIMENTARI ABBIGLIAMENTO SALUTE DIVERTIMENTI E CULTURA CASA TRASPORTI BENI DUREVOLI VARIE IGIENE TOTALE

38,7 27,7 37,9 31,9 11,3 20,7 35,7 24,7 30,6 28,8

42,5 22,4 31,2 31,2 14,7 23,8 35,6 30,1 39,7 30,1

47,8 24,4 38,4 37,7 18,7 27,7 48,1 41,0 39,1 35,9

GRAFICO 1

CONSUMI DEGLI ADERENTI 2008 CONFRONTATI CON I VALORI NAZIONALI 300

BDG 2008

ISTAT 2008 CASA

ALIMENTARI

ALTRO

250 200 150

BENI DUREVOLI VARIE TRASPORTI

100 ABBIGLIAMENTO SALUTE

50

DIVERTIMENTI E CULTURA

FONTE: RAPPORTO ANNUALE 2009 – BILANCI DI GIUSTIZIA

| economiasolidale | FONTE: RAPPORTO ANNUALE 2009 – BILANCI DI GIUSTIZIA

| economiasolidale | Qualità della vita |

IGIENE

* CALCOLATA RISPETTO ALLA SPESA TOTALE DEL CAPITOLO CONSIDERANDO SOLO LE FAMIGLIE CHE HANNO SPOSTATO ALMENO QUALCOSA IN QUEL CAPITOLO NEL CORSO DELL’ANNO

mezzano le spese per trasporti, vestiti e detersivi. Nel settore alimentare, pur utilizzando prodotti più costosi, come gli alimenti biologici, risparmiano il 40% (con punte del 70% per carne e pesce). Una “impresa” possibile perché la maggiore spesa è compensata dall’autoproduzione di altri beni alimentari e con gli acquisti collettivi attraverso i GAS. In sintesi: alla fine dell’anno una famiglia bilancista ha risparmiato il 15% rispetto alla media italiana (906 euro mensili contro 1064).

fare del bene al proprio portafoglio, risparmiare le risorse naturali del Pianeta e vivere felici. La ricetta viene dai “bilancisti”. Non è una setta di carbonari. Solo un gruppo di persone (per la precisione 1300 famiglie) che hanno deciso di dar vita a un’associazione – Bilanci di Giustizia – per parlare, confrontarsi e condividere esperienze e comportamenti virtuosi. Con un obiettivo: rompere il principio intoccabile della supremazia del mercato e incentivare scelte di consumo guidate da ideali di giustizia, sostenibilità e sobrietà. Le famiglie che aderiscono si impegnano ad adottare ogni mese un cambiamento virtuoso nel proprio stile di vita: usare acqua del rubinetto anziché la minerale in bottiglia, preferire la bici all’auto, mangiare meno carne, acquistare latte o detersivi alla spina e così via. Sempre una volta al mese, le famiglie di una stessa città si incontrano per raccontarsi i cambiamenti attuati e per sentirsi parte di A sinistra: una riunione dei Bilancisti. Nella pagina un gruppo con analoghe motivazioni. I comportamena fianco: uno spettacolo ti virtuosi vengono poi trasmessi alla segreteria organizper bambini ad Oropa. zativa che coglie i più interessanti e li riunisce in una GIOCA CON L’ALTRACARD E RISPARMI FINO A 300 EURO AL MESE newsletter mensile. Ogni anno, infine, le famiglie bilanciste si incontrano per un convegno in cui vengono BASTANO VENTI PICCOLI CAMBIAMENTI QUOTIDIANI per illustrati i risultati ottenuti. Eccoli, dunque i dati del raprisparmiare quasi 300 euro al mese, evitando poco meno di 200 porto 2009, appena presentato al convegno di Oropa chili di CO2 e migliorando la propria qualità di vita: decidi di bere l’acqua del rubinetto anziché quella in bottiglia? Risparmi 3,4 euro (Biella) di fine agosto: le famiglie aderenti sono riuscite al mese e 1,26 Kg di CO2. Spegni tutti i led degli elettrodomestici, a “spostare” il 36% delle proprie scelte di consumo, avvii la lavastoviglie e la lavatrice solo a pieno carico? Risparmi orientandole in senso più giusto (vedi TABELLA ). I risulta21,6 euro al mese. Invece di mangiare ogni giorno carne prepari un pasto a base di legumi? Risparmi 6,44 euro e 6 kg di CO2. Questi e altri suggerimenti fanno parte ti migliori si registrano nei settori dei beni durevoli dell’Altracard ideata da Bilanci di Giustizia. Un’iniziativa che ricorda la “card” di tremontiana (48%), dell’alimentare (47,8%) e dell’igiene (39%). memoria ma che parte da tutt’altro presupposto: anziché stimolare spese e consumi spesso inutili, Uno “spostamento” dettato da motivi etici che fa propone di evitare gli sprechi. Sul sito dell’associazione (www.bilancidigiustizia.it) ognuno può crearsi la propria Altracard. Basta rispondere alle venti domande, decidendo, per ogni azione proposta, però bene anche al portafoglio (vedi GRAFICO 1 ). I bilancise applicarla (e quindi conteggiare il corrispondente risparmio) oppure se saltarla perché ritenuta sti riducono del 40% il consumo di acqua, del 45% il troppo gravosa da adottare (probabilmente non tutti accetteranno di sostituire i pannolini usa e getta consumo di riscaldamento e del 50% quello di energia con quelli lavabili, per risparmiare…). Alla fine del gioco, si scopre il proprio risparmio mensile e il vantaggio per l’aria che respiriamo. Em. Is. elettrica (evitando gli sprechi e investendo in lampade al neon ed elettrodomestici più efficienti). Ancora: di-

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OME SFUGGIRE AL CONSUMISMO SFRENATO,

C

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Se spendo meno, lavoro meno Ma i fattori positivi non sono solo economici: meno soldi spesi per consumi significa minore necessità di lavorare e più tempo libero. Non è quindi un caso che i bilancisti lavorino meno ore degli altri (vedi GRAFICO 2 ). Una scelta di vita controcorrente, senza dubbio. Ma che sembra migliorare il benessere di chi la fa (vedi GRAFICO 3 ). «Chi aderisce a Bilanci di Giustizia – spiega il coordinatore, don Gianni Fazzini – sceglie di consumare equo, biologico, locale e preferisce prodotti poco trasformati (meglio pane e marmellata piuttosto che una merendina). Ridurre i consumi attraverso piccole scelte quotidiane fa risparmiare risorse naturali e soldi per altre spese che rendono la vita degna di essere vissuta: cultura, formazione, divertimenti. In più, condividiamo regolarmente parte del nostro reddito con altri, attraverso delle donazioni. E, così facendo, aumentiamo la nostra felicità». Spendere meno per essere più felici.

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LAVORO RETRIBUITO – ORE SETTIMANALI 80

BDG 2008

GRAFICO 2

ISTAT 2008 31 E OLTRE

60

40 11-30 ORE

QUALITÀ DELLA VITA – CAMBIAMENTI E ARRICCHIMENTO PERCEPITO 40%

MASCHI

1 = PER NULLA ARRICCHITO 7 = COMPLETAMENTE ARRICCHITO

35

5 6

30 25 20 4 15

7 10

20

2

5 FINO A 10 ORE 0

FEMMINE

GRAFICO 3

3

1 0

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FONTE: RAPPORTO ANNUALE 2009 – BILANCI DI GIUSTIZIA

di Emanuele Isonio

«CI SIAMO ACCORTI CHE L’ECONOMIA HA ORMAI INVASO TUTTA LA NOSTRA VITA e abbiamo sentito l’esigenza di ricondurla al proprio posto. Quando l’economia uccide è giunto il momento di cambiare strada. Ma non vogliamo lanciare appelli e slogan. Vogliamo, piuttosto, partire da noi e dalle nostre vite». Questa intuizione ha ormai 17 anni ed è alla base di Bilanci di Giustizia, una campagna lanciata ufficialmente nel 1993 dall’associazione “Beati i costruttori di pace”. Strumento usato per auto-misurare il proprio impegno è il bilancio familiare. I bilanci mensili degli aderenti sono inviati alla segreteria nazionale (a Marghera), che cura le statistiche e redige il rapporto annuale. Ogni mese viene inoltre pubblicata una lettera per tenere in collegamento le famiglie bilanciste. Capitolo finanziamenti: l’intera iniziativa è autofinanziata (ogni famiglia si “tassa” devolvendo all’associazione il corrispettivo di un giorno di lavoro all’anno). Nel 2007 Bilanci di Giustizia ha vinto il premio “Amico della Famiglia” – 30 mila euro – lanciato dall’allora ministro Rosy Bindi. Em. Is.

FONTE: RAPPORTO ANNUALE 2009 – BILANCI DI GIUSTIZIA

Sobrietà al posto del consumismo sfrenato. Acquisti “spostati” in senso etico. Scambi di consigli sui comportamenti virtuosi. A fine anno, le famiglie di Bilanci di Giustizia spendono il 16% in meno. E sono più felici.

DA 17 ANNI PER COMBATTERE L’ECONOMIA CHE “UCCIDE”


Parola d’ordine: innovazione Un momento della Summer school sull’impresa sociale organizzata a Bertinoro (Forlì). Al centro del gruppo la ragazza col velo è Maryam, una studentessa del corso arrivata apposta dall’Iran.

La necessità di innovare il sistema è ormai condivisa (almeno a parole) da tutti. Anche dalle stesse istituzioni. Il rischio, però, è che ci si limiti a farne uno slogan anti-crisi. In questo contesto sarà decisivo l’apporto delle imprese sociali. tosto, quella “membrana”, come la definisce il sociologo Mauro Maca, utilizzare l’innovazione come un passepartout per acgatti, così fragile ma essenziale della società civile. L’importante però è cedere a soluzioni diverse che consentano di uscire da crinon chiudersi nelle definizioni teoriche e normative, come in parte è si congiunturali e strutturali. L’ensuccesso negli ultimi anni. Le imprese sociali riconosciute solo formalfasi sul concetto è tale da aver inmente come tali presentano in realtà accenti molto diversi. Il riferidi Flaviano Zandonai* dotto l’Unione europea a dichiaramento non va solo ai pochi casi estremi di utilizzo opportunistico di re il 2009 “anno della creatività e dell’innovazione”. A fronte di una questa formula imprenditoriale, ma a più consistenti fenomeni di eroscelta di campo forse fin troppo spinta, tanto da essere presa come una sione dei principali elementi di valore aggiunto. Basti pensare alla dispecie di dogma, è bene cercare di declinare il concetto guardando ai minuzione del volontariato, alla ancora scarsa capacità di attrarre un prodotti e servizi, ai processi e ai modelli organizzativi. Il tutto nell’otmix di risorse provenienti non solo dagli apparati pubblici, alla diffitica di un contributo ad un più complessivo mutamento delle priorità coltà a coinvolgere gli stakeholders nel governo d’impresa. dell’agenda economica, sociale ed ambientale che, con la solita temÈ necessario promuovere un approccio allo sviluppo che tenga inpestività, le business school anglosassoni hanno già etichettato come sieme diversi livelli di innovazione. Certamente il riconoscimento nor“social innovation”. L’edizione 2009 del Workshop nazionale sull’immativo e nelle politiche, anche a livello locale, ma combinato con fatpresa sociale di Iris Network si cimenterà in questa operazione. Il 10 e tori riguardanti la qualità dell’organizzazione (si pensi ad esempio agli l’11 settembre a Riva del Garda si incontreranno una quarantina di investimenti per la crescita del capitale umano, soprattutto a livello esperienze eccellenti (o buone prassi, per utilizzare un altro concetto in manageriale) e, non ultimo, alla più classica innovazione di prodotto. voga), promosse da imprese che di per sé rappresentaÈ proprio in quest’ultimo ambito che si colloca la APPUNTAMENTI no un’innovazione: private ma con finalità di “intemaggior parte delle esperienze presenti al Workshop resse collettivo”, non lucrative ma con assetto imnazionale. Un indicatore del fatto che oggi per molte 10 - 11 settembre 2009 prenditoriale, orientate alla produzione di beni e serimprese sociali innovare significa riscoprire il proprio RIVA DEL GARDA (TN) VII WORKSHOP NAZIONALE vizi a favore di utenti ben definiti, ma che generano “saper fare”, allargandosi a nuovi ambiti (turismo, culSULL’IMPRESA SOCIALE consistenti benefici (esternalità) a favore di una moltura, ambiente). Un percorso non semplice che richieI PERCORSI DELL’INNOVAZIONE teplicità di soggetti, alcuni dei quali sono anche coinderà tempo e investimenti e lungo il quale si incontreRiva del Garda Fierecongressi IRIS Network - Istituti di Ricerca volti nella gestione. ranno nuovi competitors, ma che forse riuscirà a sosull’Impresa Sociale L’impresa sociale, quindi, come un’innovazione stanziare – nei fatti – quegli elementi di peculiarità che www.irisnetwork.it del panorama istituzionale, che peraltro non riguarda più di una normativa ha ormai sancito. www.impresasociale.info le forme classiche dello Stato e del mercato, ma, piut* Segretario Iris e docente all’Università di Bologna

È

DIVENTATO ORMAI DI MODA, soprattutto in questa fase stori-

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| economiasolidale |

SARA RAGO

| economiasolidale | impresa sociale |

UNA CLASSE MULTIETNICA A SCUOLA DI IMPRESA SOCIALE UNA TRENTINA DI RAGAZZI (E NON SOLO) da tutto il mondo che trascorrono una settimana in piena estate a Bertinoro (Forlì). Ad attirarli lo scorso luglio non sono stati il cibo genuino o le bellezze artistiche, bensì un corso estivo sull’impresa sociale, organizzato dalla facoltà di Economia dell’Università di Bologna (sede di Forlì). Sette giorni per capire che cos’è un’impresa sociale e le differenze tra Stati Uniti ed Europa e nei diversi Paesi del Vecchio Continente. «In Palestina non esistono imprese sociali, vorrei crearne una io», spiega Rasha, ha 28 anni e arriva da Gerusalemme. Noa invece ha 38 anni e arriva da Tel Aviv. Il suo interesse si concentra sulla responsabilità sociale d’impresa nelle multinazionali che operano in Israele. Maryam ha rischiato di non partecipare alla Summer school, ha avuto problemi con il visto. Ha 28 anni e arriva da Isfahan, in Iran. Francesca è una dei pochi italiani del corso. La sua professione non c’entra niente con l’impresa sociale, lavora in Unicredit a Milano. Ma il suo cuore batte per il sociale, vorrebbe che diventasse la sua professione. L’elenco delle storie dei partecipanti continua: c’è Enkeleda, ispettore del ministero del Lavoro, affari sociali e pari opportunità in Albania; Richard, che arriva dal Kenia e sta svolgendo un dottorato a Trento; Xiaomin, che insegna politiche del lavoro a Pechino; Monica e Mladen, marito e moglie, entrambi 50enni, in Cile insegnano all’università tematiche sull’impresa sociale; Kart, indiano che vive in Etiopia e insegna management delle cooperative; Serge, studente universitario da Mosca; Rosemary, a New York insegna all’università e lavora nelle imprese sociali.

Il terzo settore e gli anticorpi L’economia sociale può scongiurare le degenerazioni del mercato.

EPOCA STORICA DALLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE ad oggi ha significativamente aumentato il benessere della popolazione mondiale, ma ha anche creato nuovi rischi: una fascia rilevante di popolazione in condizioni di povertà estrema, la minaccia ambientale, il paradosso dell’infelicità, la crisi di relazioni, la prodi Leonardo Becchetti* gressiva perdita di senso nelle società occidentali. Il * Università modello su cui si è basato lo sviluppo ha richiesto un’estrema flessibidi Roma lità dei fattori produttivi e la liquidità e la perfetta mobilità delle attiTor Vergata, Econometica vità finanziarie. Queste potenti correnti di fondo hanno reso sempre più veloci i cambiamenti e sempre più variabili i APPUNTAMENTI fattori economici principali che incidono sul benessere economico dei singoli cittadini (prezzi dei 16 - 17 ottobre 2009 beni, remunerazione del lavoro, valore degli asset BERTINORO (FC) LE GIORNATE DI BERTINORO finanziari). Un noto sociologo come Beck ha defiPER L’ECONOMIA CIVILE nito la nostra come la “società del rischio”, ben priIX EDIZIONE: “L’ECONOMIA CIVILE ma della crisi globale, che della società del rischio NELLA SOCIETÀ DEL RISCHIO” www.legiornatedibertinoro.it rappresenta una delle manifestazioni più estreme. In tale contesto l’economia civile e il terzo settore possono giocare un ruolo che non è soltanto quello marginale e residuale di ammortizzatore sociale. L’economia civile possiede ed alimenta in sé quegli anticorpi di cui il sistema economico ha assolutamente bisogno per evitare degenerazioni patologiche e la paralizzante e generalizzata crisi di fiducia tra attori economici che stiamo vivendo oggi. Imprese e cooperative sociali svolgono tre ruoli fondamentali. In primo luogo rappresentano quel sottoinsieme economico in grado di generare le virtù civili (fiducia interpersonale, disponibilità a pagare per i beni pubblici) di cui il mercato ha estremo bisogno per sopravvivere. In secondo luogo rinforzano la capacità del mercato di produrre non solo guadagni di efficienza, ma anche riduzioni di quella diseguaRAPPORTO SULL’IMPRESA SOCIALE IN ITALIA glianza che impedisce la realizzazione delle pari opportunità e l’uscita IN ITALIA ESISTONO VENTIMILA IMPRESE SOCIALI, che danno lavoro a 300 mila persone dalla povertà estrema di ampie fasce della popolazione mondiale. In e fanno “girare” 10 miliardi di euro. Sono le cifre rilevate da Iris Network, la rete nazionale terzo luogo la loro struttura interna meno gerarchica supera la condegli istituti di ricerca sull’impresa sociale, che a settembre, durante il workshop nazionale a Riva del Garda, presenterà il primo Rapporto sull’impresa sociale in Italia. Una realtà in grande traddizione tra organizzazione esterna della società (ispirata ai principi espansione, di cui si è accorto anche il Parlamento europeo, che lo scorso 19 febbraio di democrazia) e organizzazione interna dell’attività produttiva, aliha approvato a larga maggioranza il Rapporto di Iniziativa sull’Economia Sociale di mercato, mentando la cultura della partecipazione e della libertà. promosso dall’eurodeputata italiana Patrizia Toia (PD). L’economia sociale oggi rappresenta il 10% del totale delle imprese europee, 2 milioni di aziende di piccole e medie dimensioni, Per la galassia delle cooperative sociali, delle botteghe e degli im9 milioni di posti di lavoro (6% del totale in Europa). portatori equosolidali e delle istituzioni di microfinanza il rischio è pane quotidiano. Viene gestito attraverso la costruzione di reti di protezione in grado di svolgere, in maniera più efficace dei singoli OSSERVATORIO ISNET-AICCON: INNOVANDO SI ESCE DALLA CRISI soggetti, una serie di attività quali la funzione di garanzia per il credito, la raccolta di capitali, la creazione di network per la partecipaANCHE LE IMPRESE SOCIALI SOFFRONO LA CRISI. La ricetta per affrontarla: innovazione zione a progetti europei, ecc. Per fare alcuni esempi non ci si può e relazione. È questa la diagnosi sullo stato di salute del settore, che emerge dall’Osservatorio sull’impresa sociale, una ricerca curata da Isnet, che mette in rete oltre 900 imprese sociali lanciare nella difficile avventura di promuovere l’accesso al credito in Italia, e da Aiccon, associazione che promuove la cultura della cooperazione e del non profit. dei non bancabili senza costruire la rete di protezione dei fondi di Le imprese sociali che si definiscono “in difficoltà” sono salite al 26,5%, dal 15,3% del 2008. garanzia con il contributo di vari attori sul territorio. Non si può soQuelle “in crescita” sono scese dal 44% al 34,3%. A patire di più sono le cooperative sociali di tipo B, che si occupano di inserimento lavorativo di persone svantaggiate e quelle nel sud stenere efficacemente lo sforzo delle cooperative che operano sui Italia. A registrare i risultati migliori, invece, sono le imprese sociali che hanno coltivato più terreni confiscati alla mafia senza la creazione di una vasta rete di relazioni con gli stakeholder e che più hanno investito in innovazione. partecipazioni societarie che coinvolge sindacati, Acli, leghe delle www.aiccon.it – www.impresasociale.net cooperative ed organizzazioni ecclesiali.

L’

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| economiasolidale | caritas in veritate |

| economiasolidale |

Sarà Ratzinger il pontefice dell’economia buona?

«DA OGGI FINISCE LA SEPARAZIONE TRA SFERA ECONOMICA E SOCIALE»

«LA DIALETTICA TRA POLITICA E MERCATO È LA BASE DELL’OCCIDENTE»

NON SONO MOLTI A SAPERE come nasce un’enciclica: un comitato ristretto stende una prima versione, su cui si esprimono centinaia di esperti e associazioni. Il comitato discute le valutazioni e prepara un testo. I passaggi che ottengono un consenso unanime si considerano definitivi. Per gli altri, si stilano varie versioni (anonime) sulle quali il papa decide poi autonomamente. Stefano Zamagni, ordinario di Economia politica a Bologna, ha fatto parte del gruppo di esperti che ha preparato la Caritas in veritate.

«L’ENCICLICA SEMBRA voler superare la dialettica tra politica e mercato per giungere a un’economia cristiana permeata dalla carità. A me questo ragionamento non convince. Tutta la storia e lo spirito dell’Occidente, sin dal Medioevo, sono permeati da questa dialettica». Sempre con il sorriso sulle labbra, ma Paolo Prodi, professore emerito, già docente di Storia moderna all’università di Bologna, sviluppa più di una critica nei confronti della Caritas in veritate.

Quale aspetto la soddisfa di più dell’enciclica?

Il più grande merito sta nel voler superare la divisione tra sfera economica, da sempre intesa come luogo di produzione, e sfera sociale, vista come luogo di redistribuzione. Il papa dice: l’istanza solidale della sfera sociale deve permeare l’economia. Supera il concetto tradizionale di welfare state, in cui il mercato produce e lo Stato redistribuisce. Chi sono i grandi sconfitti alla luce del documento papale?

È un bel mondo quello immaginato e auspicato da Benedetto XVI nella sua enciclica sociale, Caritas in veritate. Un severo atto d’accusa contro lo sviluppo diseguale, i finanzieri senza scrupoli e il mercato senza etica. se la Caritas in veritate si meriterà un posto tra le più profonde encicliche sociali della Chiesa, al fianco della Populorum progressio di Paolo VI e della Rerum novarum di Leone XIII. Ma a leggere le 127 pagine del documento a cui Benedetto XVI di Emanuele Isonio stava lavorando da quasi tre anni si ha netta la sensazione di essere davanti a qualcosa di rivoluzionario. In più punti e su più temi il testo papale fa proprie le soluzioni da tempo avanzate dal Terzo settore. Sulla globalizzazione: «I processi di globalizzazione, adeguatamente concepiti e gestiti, offrono la possibilità di una Nella foto sotto, grande ridistribuzione della ricchezza a livello planetaPaolo VI con Jospeh Ratzinger appena rio come in precedenza non era mai avvenuto; se mal nominato cardinale gestiti, possono invece far crescere povertà e disuguail 27 giugno 1978. ARANNO I POSTERI A DIRE

S

DA PAOLO VI A BENEDETTO XVI, LE PAROLE CONTRO L’INGIUSTIZIA QUELLO DI BENEDETTO XVI NON È IL PRIMO ATTO D’ACCUSA PAPALE contro il modello di sviluppo attuale. Era il 26 marzo 1967 quando, nell’enciclica Populorum progressio, Paolo VI scriveva: “Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere sviluppo autentico, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo. […] La proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario. In una parola, il diritto di proprietà non deve mai esercitarsi a detrimento dell’utilità comune». Nell’udienza generale del 27 settembre 1978, Giovanni Paolo I commentò quel passaggio: «Sono parole gravi. Alla luce di queste parole, non solo le Nazioni ma anche noi privati, specialmente noi di Chiesa, dobbiamo chiederci: abbiamo veramente compiuto il precetto di Gesù che ha detto “Ama il prossimo tuo come te stesso?». La notte successiva, Albino Luciani moriva.

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glianza». Sullo sviluppo: «Il tema dello sviluppo coincide con quello dell’inclusione relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nell’unica comunità della famiglia umana, che si costruisce nella solidarietà sulla base dei fondamentali valori di giustizia e pace». Sulla funzione sociale delle imprese: «Le attuali dinamiche economiche internazionali, caratterizzate da gravi distorsioni e disfunzioni, richiedono profondi cambiamenti anche nel modo di intendere l’impresa. […] Uno dei rischi maggiori è che l’impresa risponda quasi esclusivamente a chi in essa investe e finisca così per ridurre la sua valenza sociale. […] Negli ultimi anni si è notata la crescita di una classe cosmopolita di manager, che spesso rispondono solo alle indicazioni degli azionisti di riferimento costituiti in genere da fondi anonimi». Sulla finanza etica: «L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona. Le banche propongono conti e fondi di investimento cosiddetti “etici”. Si sviluppa una “finanza etica”, soprattutto mediante il microcredito e, più in generale, la microfinanza. Questi processi suscitano apprezzamento e meritano un ampio sostegno». Sul turismo responsabile: «Il turismo internazionale, non poche volte, è vissuto in modo consumistico ed edonistico, come evasione e con modalità organizzative tipiche dei Paesi di provenienza, così da non favorire un vero incontro tra persone e culture. Bisogna, allora, pensare a un turismo diverso, capace di promuovere una vera conoscenza reciproca,

Chi ancora legge i fatti economici con gli occhi del passato. Il pontefice si è sottratto alle sterili pressioni dei “neocon” che speravano in un’enciclica a favore delle impostazioni anarco-liberiste. E dall’altro ha scontentato chi ripropone il vecchio modello socialista-statalista, in cui lo Stato interviene per riequilibrare. Ma il testo non attacca nessuno. Denuncia però l’attuale contraddizione e indica una via per studiosi e operatori economici. Crede che Ratzinger abbia dovuto far fronte a pressioni?

Figuriamoci. La stesura finale dell’enciclica è avvenuta nella più totale libertà. Benedetto XVI è un intellettuale raffinatissimo, che non teme confronti con nessuno e dialoga alla pari con filosofi della levatura di Habermas. Tutti i contenuti del testo riflettono solo il suo pensiero. Tra i politici italiani il consenso al testo è stato unanime...

Se davvero hanno apprezzato l’enciclica, le istituzioni pubbliche dovrebbero operare in modo da far sorgere un mercato in cui operino fianco a fianco diversi tipi d’impresa, profit e non profit. Un mercato basato su una vera sussidiarietà, che non si può avere se c’è solo un tipo d’impresa. Serve un’autentica democrazia del mercato, una pluralità di centri decisionali. Oggi le imprese sociali sono tollerate ma se ne riconosce solo la soggettività sociale, non quella economica. Em. Is.

senza togliere spazio al riposo e al sano divertimento». «Il merito maggiore del testo papale - commenta Leonardo Becchetti, docente di Economia politica all’università Tor Vergata di Roma - è di uscire dal dualismo Stato-mercato e di affermare l’esigenza di una nuova fase in cui nel mercato operi una pluralità di soggetti con il coinvolgimento anche della società civile. Ed è importante anche aver sottolineato il ruolo del dono, della solidarietà e della responsabilità d’impresa». «Come enciclica sociale merita senza dubbio di essere collocata sullo stesso piano della Populorum progressio e della Rerum novarum», aggiunge Luigino Bruni, economista all’Università Bicocca di Milano. «L’amore cristiano anima sia l’impegno morale e spirituale sia quello civi-

Il professor Zamagni indica come merito dell’enciclica quello di superare la separazione tra sfera economica e sociale...

Il mio modo di vedere è totalmente diverso. Io ritengo che sia inevitabile la dialettica tra politica e mercato. È una bipolarità ineludibile. Il mercato, per sua natura, è un ambito in cui prevalgono gli interessi. È una regola che vale anche per le società non profit: quando superano certe dimensioni, per sopravvivere, non possono non seguire le logiche di mercato. La politica, da parte sua, deve fissare le regole perché il mercato non si snaturi. La tensione tra questi due poli è la forza dell’Occidente. Di più: la dialettica è potuta nascere proprio perché il Cristianesimo ha portato alla separazione del potere politico dal potere sacrale e all’autonomia del mondo economico. Pensa al “Fuori i mercanti dal Tempio” di Gesù Cristo?

Esattamente. Quella frase sdogana ufficialmente l’economia. È il grande punto di partenza dell’Occidente. In altre religioni l’aspetto sacro, il tempio, l’aspetto economico e il potere politico sono tutt’uno. La novità del Cristianesimo consiste nell’aver introdotto questa divisione. La dialettica tra politica e mercato parte da lì ed è sana. In tempi più recenti, comunismo e nazismo hanno provato a ricreare l’unità di tali settori e le conseguenze sono state drammatiche. C’è invece qualcosa che la convince nel testo papale?

La piattaforma generale dell’enciclica è condivisibile. Quando il pontefice sottolinea la necessità di ancorare il discorso economico al tema dell’etica, dice qualcosa di sacrosanto. E si inserisce in un filone ormai consolidato. Senza la dialettica con l’etica, il mercato ha sbandamenti enormi. La crisi attuale lo sta dimostrando con grande forza. Em. Is.

le, terreno. In sostanza, il monaco è mosso dalla stessa carità che muove l’imprenditore. I concetti di dono, di solidarietà, di gratuità, di reciprocità sono insiti nel mondo economico. Non vengono dopo».

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BILANCIO 2008: IL VATICANO SI TINGE DI ROSSO LA CRISI ECONOMICA GLOBALE NON HA RISPARMIATO IL VATICANO, che di solito chiude il proprio bilancio con diversi milioni di euro di attivo. Il 2008 della Chiesa ha segnato invece un deficit complessivo di oltre 15 milioni di euro. Decisamente meglio sono andati invece i conti della Santa Sede (include gli uffici della Curia Romana, sotto la diretta giurisdizione del Papa) che hanno riportato debiti per 900 mila euro. Un’inezia rispetto ai 10 milioni di euro del 2007. Gli analisti non hanno però potuto non notare un fatto particolare: le informazioni contenute nel budget vaticano sono state assai meno dettagliate rispetto agli anni passati. Non sono stati ad esempio menzionati gli andamenti specifici degli investimenti effettuati.

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Isteria energetica APPUNTAMENTI SETTEMBRE>OTTOBRE

PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

La fiera del vivere, produrre e consumare sostenibili, presso la Città dell’altra economia a Roma. www.cittadellaltraeconomia.org 4 - 6 settembre SANTA LUCIA DI SINISCOLA (NU) FESTA DEL MARE Il festival internazionale di Legambiente dedicato al mare si svolge ogni settembre in Sardegna nello splendido borgo di pescatori di Santa Lucia di Siniscola. www.lafestadelmare.it 10 - 11 settembre RIVA DEL GARDA (TN) VII WORKSHOP NAZIONALE SULL’IMPRESA SOCIALE L’innovazione è il tema guida della VII edizione del Workshop nazionale di Iris Network. L’obiettivo è di riconoscere e mettere a confronto le molteplici esperienze di imprenditorialità sociale. www.impresasociale.info

10 - 13 settembre BOLOGNA SANA Salone internazionale del naturale. www.sana.it 11 - 20 settembre MILANO MILANO FILM FESTIVAL Una settimana dedicata al cinema per la manifestazione giunta alla quattordicesima edizione. 10 lungometraggi, 49 corti e diverse sezioni tematiche. www.milanofilmfestival.it 14 - 18 settembre UDINE ENVIRONMENTAL WIND ENGINEERING AND WIND ENERGY STRUCTURES Corso incentrato sullo sviluppo dell’energia eolica, organizzato dal CISM, organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 1968 da scienziati europei per favorire lo scambio e l’applicazione delle conoscenze più avanzate nelle scienze meccaniche e in altri campi. www.cism.it/courses/a0902

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19 - 20 settembre VILLA GUARDIA (CO) L’ISOLA CHE C’È Sesta edizione della fiera che “mette in mostra” la solidarietà comasca e uno stile di produzione, di consumo, di relazione dotato di un alto valore etico e solidale. www.lisolachece.org 19 - 20 settembre RIO SALICETO (RE) FESTA DELLA NATURA L’evento fieristico-culturale Natura Bio. Per l’occasione si tiene il Primo Incontro Nazionale dei Circoli Nazionali del Movimento per la Decrescita Felice. www.alberosacro.org/naturabio.htm 21 - 25 settembre 2009 AMBURGO (GERMANIA) 24TH EUROPEAN PHOTOVOLTAIC SOLAR ENERGY CONFERENCE Una delle principali conferenze internazionali dedicata all’energia fotovoltaica. www.photovoltaic-conference.com

23 - 25 settembre 2009 FERRARA GEOTHERMEXPO 2009 Prima edizione dell’esposizione dedicata alle energie geotermiche. www.GeothermExpo.com

24 - 26 settembre 2009 BOLZANO KLIMAENERGY 2009 Seconda edizione della Fiera delle Energie Rinnovabili per usi commerciali e per enti pubblici. www.fierabolzano.it

17 - 20 settembre ROMA FESTA NAZIONALE DELL’ALTRA ECONOMIA | 52 | valori |

18 - 21 settembre BRA (CN) CHEESE Settima edizione di “Cheese, le forme del latte”, rassegna internazionale a cadenza biennale dedicata al formaggio. www.cheese.slowfood.it

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Seconda edizione dedicata a Energia, energie rinnovabili, edilizia per il risparmio energetico, domotica e building automation. www.vicenzafiera.it

24 - 27 settembre 2009 AUGSBURG (GERMANIA) RENEXPO Decima edizione della fiera internazionale delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica e della bioedilizia. www.renexpo.de/en

25 - 27 settembre GENOVA FA’ LA COSA GIUSTA L’appuntamento ligure della fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili. www.falacosagiusta.org

30 settembre - 2 ottobre 2009 ROMA ZEROEMISSION ROME 2009 Giunto alla sua quinta edizione, è l’evento di riferimento per tutte le aziende e gli operatori interessati allo sviluppo delle energie rinnovabili, all’emission trading e alla sostenibilità ambientale in Italia e nel grande e promettente mercato del bacino del Mediterraneo. Presso la Nuova fiera di Roma. www.zeroemissionrome.eu 30 settembre - 2 ottobre 2009 ROMA WATERMED 2009 Primo salone e conferenza di settore del Mediterraneo completamente dedicato alle tecnologie per l’acqua: industriali, reflue e potabili. www.zeroemissionrome.eu

8 - 10 ottobre 2009 BASTIA UMBRA (PG) KLIMAHOUSE UMBRIA 2009 Fiera specializzata per l’efficienza energetica e l’edilizia sostenibile. www.klimahouse-umbria.it 1 - 3 ottobre 2009 VICENZA ENERGY PLANET

4 ottobre 2009 ITALIA BIODOMENICA Giornata nazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione biologica organizzata da Legambiente, Associazione Italiana Agricoltura Biologica e Coldiretti. www.biodomenica.it 16 - 17 ottobre BERTINORO (FORLÌ) LE GIORNATE DI BERTINORO PER L’ECONOMIA CIVILE Nona edizione dell’appuntamento che riunisce annualmente i maggiori rappresentanti del mondo del Terzo settore, dell’Università, delle Istituzioni e delle Imprese. Valori è media partner dell’evento. www.legiornatedibertinoro.it

17 - 25 ottobre 2009 ITALIA IO FACCIO LA SPESA GIUSTA La settimana nazionale per il commercio equo e solidale, giunta alla sua sesta edizione, è diventata un appuntamento fisso per conoscere da vicino e provare i prodotti ma anche per partecipare ai numerosi eventi ed incontri che si sviluppano nel corso dell’iniziativa. www.fairtradeitalia.it

28 - 31 ottobre 2009 RIMINI ECOMONDO Tredicesima edizione della fiera internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile. www.ecomondo.com 28 - 31 ottobre 2009 RIMINI KEYENERGY Terza fiera internazionale per l’energia e la mobilità sostenibile, il clima e le risorse per un nuovo sviluppo. www.keyenergy.it

Pronti a credere a tutto di Paolo Fusi

A

LLA FINE DI LUGLIO IL GOVERNO DELLA NAMIBIA ha annunciato la scoperta di un nuovo giacimento di gas nel campo

denominato Kunene-1, in mezzo a una zona pressoché inesplorata del Kaokoland, lo Stato al confine nordoccidentale del Paese. Secondo i dati del governo questo giacimento avrebbe una capacità di oltre 30 mila miliardi di barili, una quantità incredibile. Ma si troverebbe pericolosamente vicino a un vulcano. L’annuncio ha lasciato perplessi. Quell’appezzamento era stato oggetto di ricerche e prospezioni da parte di una ditta, la Vanco, per oltre tre anni. Non avevano trovato nulla ad una distanza raggiungibile con le attuali tecnologie. Gli studi del ministero dell’Energia e delle Miniere, guidato dalla scienziata tedesca Gabi Schneider, sostenevano invece che Kunene-1 fosse pieno di petrolio. Ma Vanco aveva abbandonato l’impresa, sostenendo che se si fosse trattato di petrolio si sarebbe dovuto trivellare fin oltre 6 chilometri sotto il livello del mare, cosa che non era in grado di fare a costi sostenibili. Nel corso del 2006 la licenza di sfruttamento era stata data a tre nuove società: 70% alla Sintezneftegaz Namibia, 27% alla EnerGulf Resources e 3% alla Kunene Energy, una ditta organizzata da uomini d’affari locali. La Sintezneftegaz, per quanto se ne sapesse, dipendeva dal Gruppo Sintez di Mosca, controllato dallo Stato ma indipendente da Putin che tenta (invano) di fare concorrenza ai giganti protetti dal Papi di San Pietroburgo (Gazprom e Rosneft). La prima cosa strana è che la Sintezneftegaz ha perso oltre un anno prima di iniziare i lavori. Quando, a febbraio, finalmente la Deep Venture è arrivata, i soci della EnerGulf erano già abbastanza nervosi. Il governo ha posto il segreto di Stato sui lavori in Kunene-1. I dirigenti di EnerGulf hanno reagito con stizza ma hanno tenuto il becco chiuso. A luglio l’annuncio bomba. EnerGulf ha reagito stordita: ma non stavamo cercando il petrolio? Quando mai si era detto che ci fosse il gas? E il vulcano dov’è, che noi In Namibia un fantomatico non l’avevamo visto? Quand’è che si comincia a lavorare? Lo Stato giacimento di gas è stato ha risposto con una richiesta di circa 10 milioni di dollari per poter “scoperto” per nascondere continuare i lavori, che servirebbero per pagare i costi di una trivellazione lo sfruttamento di miniere ad alto rischio e ad altissima profondità. EnerGulf non ha intenzione di oro e uranio. Complici di pagare e sospetta l’inghippo. L’inghippo c’è ed è persino più clamoroso governo e potentati locali di quanto credano i vertici di EnerGulf. La Namibia è in crisi e i costi dell’energia sono saliti alle stelle. La Swapo, la forza politica e militare appoggiata a suo tempo dall’Urss, che ha ottenuto l’indipendenza e ora regge con mano ferma il Paese, non sa più a che santo votarsi. E Kaokoland è l’unica regione che sfugge al suo controllo. Una regione molto vasta, in gran parte inesplorata. Da oltre 15 anni è retta da un governatore dell’Udf, l’opposizione politica alla Swapo, che nel Parlamento federale non ha nemmeno un seggio: perciò la voce del Kaokoland non l’ascolta nessuno. E nessuno sapeva che Sintezneftegaz non appartiene più al Gruppo Sintez, ma a Gazprom. Nessuno ha detto che in cambio dei lavori a Kunene-1, Sintezneftegaz Namibia ha ottenuto la licenza di sfruttamento delle miniere di rame, uranio ed oro presenti nel Kaokoland. Nessuno ha detto che per far partire i lavori a Kunene-1 si aspetta che EnerGulf lasci l’alleanza, beccandosi un po’ di quattrini ed impegnandosi a tenere la bocca chiusa. Dopodiché, come per miracolo, Kunene-1 comincerà a produrre gas, che in realtà arriva dall’Ucraina ma che figurerà a tutti gli effetti un prodotto interno della Namibia. Nel mondo dell’isteria energetica, tutti sono pronti a “berla”, pur di credere che gas e petrolio non stiano finendo e che esistano ancora giacimenti pronti a sfamare la sete d’energia della prossima generazione.

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Ricchi e poveri del mondo alle prese con la crisi >56/58 In Libano, camminare per ricucire le anime del Paese >61 Le Ong al Milano Film Festival: messaggi video dal Sud >64

internazionale L’ISLANDA PRESENTA LA CANDIDATURA ALL’EUROPA

TRABANT ELETTRICA: “LA NOSTALGIA GUARDA AL FUTURO” A VENTI ANNI DALLA RIUNIFICAZIONE

RUANDA: I MASSACRI NON ARRIVANO AL PROCESSO

PANAMA SI ALLARGA PER UNIRE L’ASIA ALL’AMERICA

COME NEL FILM: VICTOR BOUT LA FA FRANCA, NIENTE ESTRADIZIONE PER L’EX MERCANTE D’ARMI

MOP, LA SUPER BOMBA NON NUCLEARE PER IRAN E COREA

L’Islanda ha ufficialmente presentato la sua candidatura all’Europa, indirizzando una lettera di richiesta alla presidenza del Consiglio della Ue, condotta in questo semestre dalla Svezia. I 27 ministri degli Esteri della Ue, nel corso del Meeting di Bruxelles dello scorso 27 luglio, hanno invitato la Commissione a valutare l’idoneità dell’Islanda all’ingresso nell’Unione. L’iter potrebbe durare meno di un anno e non dovrebbe riservare sorprese perché l’Islanda è già membro dello Spazio economico europeo, è integrata nel nostro mercato, ha recepito gran parte della legislazione europea e aderisce allo spazio Schengen. La crisi economica islandese, conseguenza dello scoppio della bolla finanziaria, ha reso evidente la debolezza della corona islandese in ambito internazionale e ha accelerato la richiesta. I 320 mila abitanti della piccola isola non sono però molto convinti: il 45 per cento degli islandesi non vede di buon occhio l’entrata nella Ue e un 15 per cento si dichiara ancora indeciso. I maggiori timori riguardano soprattutto le norme più restrittive dell’Europa nel settore della pesca che rappresenta un quarto delle esportazioni del Paese, ed attualmente non è coperta dallo Spazio economico europeo. Gli islandesi ora sono liberi di lavorare nell’Ue senza doversi adeguare alle politiche dell’Unione che prevedono divieti sulla caccia alle balene.

I grandi preparativi per celebrare il ventennale della caduta del Muro di Berlino sono già cominciati e culmineranno il 9 novembre nella capitale tedesca. Un’anticipazione dell’anniversario si materializzerà al salone dell’auto di Francoforte, che si terrà tra il 17 e il 27 settembre. Con un’ironica operazione che potrebbe essere catalogata come la “nostalgia guarda al futuro”, la Trabant, la traballante macchinina prodotta nella Germania dell’Est, verrà presentata in versione elettrica. Prodotta tra il 1957 e il 1991 dalla VEB (Sachsenring Automobilwerke Zwickau), la 500 di oltrecortina raggiungeva al massimo i 90 km/h, ma per possederla i cittadini della Ddr dovevano aspettare anni. Ora la Indycar, un’azienda privata che ha sviluppato il nuovo veicolo, tenterà di attirare investitori per lanciare una produzione di massa del suo modello “verde” che presenterà in forma di prototipo al Salone di Francoforte. Spartana nella carrozzeria, ridottissima nella strumentazione e più che essenziale nella meccanica (quello che non c’è non può rompersi), la Trabant aveva un motore a due tempi alimentato a miscela benzina più olio al 2% e richiedeva una manutenzione esperta e continua. La Trabi nuova versione non sarà un’utilitaria: costerà dai venti ai trentamila euro.

Il Tribunale penale internazionale per il Ruanda potrebbe chiudere le sue attività senza aver avviato alcun procedimento contro gli esponenti del Rwandan Patriotic Front (Rpf), la milizia dell’attuale presidente Paul Kagame che, nel 1994, aveva ripreso il controllo del Paese cacciando oltreconfine i miliziani Hutu responsabili nello spazio di poco più di tre mesi di uno dei più colossali genocidi del secolo. La denuncia è arrivata da Human Rights Watch (Hrw), l’organizzazione che da tempo chiede il rinvio a giudizio dei vertici militari del Rpf. Secondo la Ong, la vendetta compiuta dalle milizie di Kagame sarebbe costata la vita a un imprecisato numero di civili Hutu (da 25 a 45 mila) massacrati nel corso di una cieca caccia all’uomo. Istituito dalle Nazioni unite nel 1994, il Tribunale penale internazionale per il Ruanda smetterà di esistere alla fine del 2010, quando scadrà il suo mandato. Ad oggi, lamenta Hrw, l’accusa presieduta dall’avvocato Hassan Jallow (già ministro della giustizia del Gambia) non ha mai condotto sul banco degli imputati alcun ufficiale del Fronte patriottico. Nel 2008, quello che avrebbe potuto essere il primo processo per crimini di guerra contro il Rpf fu trasferito in Ruanda per decisione dello stesso Jallow. Il procedimento conseguente, afferma Hrw, non rispettò gli standard legali internazionali.

Cominceranno a settembre i lavori di allargamento del Canale di Panama in cui l’Impregilo è capo della cordata che si è aggiudicata l’appalto per 3,22 miliardi di dollari. La costruttrice di Sesto San Giovanni detiene il 48 per cento del consorzio Unidos por el canal, formato anche dalla spagnola Sacyr Vallehermoso, dalla portoghese Somague, dalla società belga Jan de Nul e dalla panamense Constructora Urbana. I lavori dovrebbero concludersi nel 2014, in tempo per i cento anni dall’inaugurazione del Canale che congiunge il Pacifico all’Atlantico ed è particolarmente significativo per i commerci con i Paesi asiatici. Saranno impiegati circa seimila addetti ai lavori che prevedono di raddoppiare la capacità del traffico di Panama, arrivando a 330 milioni di tonnellate all’anno. Attualmente le navi che possono transitare da Panama sono larghe fino a 32 metri con 12 metri di pescaggio massimo. Ma negli ultimi anni si sono affermati scafi con dimensioni molto maggiori, detti appunto Post Panamax. Al termine dei lavori di allargamento il Canale potrà essere attraversato - nelle due direzioni - da navi larghe 49 metri con 15 metri di pescaggio. Sembra una differenza da poco, in realtà si tratta di triplicare la portata: da 4.400 a 12 mila container per imbarcazione. Oggi le entrate economiche del Canale panamense ammontano a circa 1,4 miliardi di dollari annui, mentre le uscite si aggirano sui 500 milioni.

Victor Bout non sarà estradato negli Stati Uniti, almeno non per ora. A un anno e mezzo dal suo arresto a Bangkok, il quarantaduenne russo, considerato il più grande trafficante d’armi del mondo, ha ottenuto ciò che voleva. Con una decisione che ha fatto innervosire non poco Washington, il tribunale thailandese competente ha respinto la richiesta di estradizione negando così il trasferimento del “mercante di morte” negli Usa. A due giorni dalla sentenza, pronunciata l’11 agosto, l’accusa ha presentato appello. La decisione definitiva del tribunale arriverà a metà settembre. Nato a Dushanbe (Urss, odierno Tajikistan), Bout si era fatto le ossa nel Kgb prima di dedicarsi, a partire dal 1993, alla più redditizia svendita del mondo: quella dell’immenso arsenale sovietico. Per 15 anni l’ex maggiore del servizio segreto ha violato ogni genere di embargo Onu rifornendo alcuni dei più pericolosi signori della guerra africani, dall’ex presidente della Liberia Charles Taylor ai vertici del Ruf, l’esercito ribelle della Sierra Leone. L’espansione dei suoi affari lo avrebbe portato a trattare anche in Asia e in America Latina stringendo legami con i terroristi colombiani delle Farc. Proprio quest’ultimo business avrebbe provocato la reazione degli Stati Uniti (del cui esercito era stata contractor una società di Bout!) culminata con l’operazione thailandese che lo portò in carcere nel marzo 2008. L’incredibile parabola commerciale del trafficante aveva colpito il regista e sceneggiatore neozelandese Andrew Niccol che, nel 2005, portò sugli schermi il film “Lord of War” con Nicholas Cage nel ruolo di Yuri Orlov, un mercante d’armi di origine ucraina dichiaratamente ispirato a Bout. Alla fine del film Orlov viene catturato e immediatamente rilasciato...

La Reuters ha diffuso la notizia che il Pentagono sta cercando di accelerare lo sviluppo di una super bomba in grado di distruggere bunker sotterranei che le attuali bombe non sono in grado di raggiungere. Teleguidato con sistema Gps, l’ordigno non nucleare da 30 mila libbre (13,6 tonnellate) dal nome Mop, Massive Ordnance Penetrator, è ancora in fase di test ma potrebbe essere caricata - secondo l’Air Force - sui bombardieri Usa tB-52 o B-2 tra circa un anno. Sia il Comando Usa del Pacifico, che guida le operazioni militari relative alla Corea del Nord, sia il Comando centrale, che segue invece il dossier Iran, hanno appoggiato la richiesta di accelerare il programma, ha detto Kenneth Katzman, esperto di Iran di un centro studi legato al Congresso. «È molto plausibile che il Pentagono voglia inviare un segnale a vari Paesi, soprattutto Iran e Corea del Nord, ossia che gli Usa non escludono l’opzione militare contro le loro ambizioni nucleari», ha spiegato l’analista, escludendo che vi sia comunque al momento alcunché di concreto in questo senso. Lo studio e lo sviluppo della bomba Mop sono stati condotti da Northrop Grumman con Boeing. Nei piani del Pentagono la Mop dovrebbe rappresentare “l’ultima speranza” per integrare e aggiornare la dotazione “dissuasiva” dopo la riduzione decisa dal Congresso nel 2005 dei finanziamenti per il “Robust Nuclear Earth Penetrator”.

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PATRIMONI ESPRESSI IN MILIARDI DI DOLLARI USA

70 MLD $

LA RICCHEZZA NEL MONDO 2006-2013 [ IN MILIARDI DI DOLLARI ] EUROPA

GLI UOMINI PIÙ RICCHI DEL MONDO SECONDO FORBES [2008 -2009]

10.100

10.700

8.300

ASIA E PACIFICO

11.400

8.400

9.500

7.400

13.500

MEDIO ORIENTE

NORD AMERICA

1. 1. 400 1.4700 1.9 00 00

Anche i ricchi piangono Ma sono lacrime d’oro

2008

WARREN BUFFET [USA]

11.300

62

CARLOS SLIM HELÙ [MEX] 60

11.700

9.100

12.700

60 MLD $ AFRICA

58

5.100 6.200 5.800 7.600

LAKSHMI MITTAL [INDIA] 57

Anche la tradizionale classifica stilata dalla rivista americana Forbes sugli uomini più ricchi del Pianeta subisce uno scossone per colpa della crisi economica e finanziaria. Rispetto a un anno fa i plurimiliardari sono diminuiti di oltre un terzo. In cima alla classifica resta il fondatore di Microsoft, Bill Gates, con i suoi 40 miliardi di dollari, al secondo posto Warren Buffet, con 37 miliardi di dollari, seguito dal magnate messicano 50 MLD $ delle telecomunicazioni Carlos Slim con 35 miliardi. Un anno fa possedevano rispettivamente 58, oltre 60 miliardi e 62 miliardi di dollari. E in Italia? Secondo Forbes l’uomo più ricco è il “papà” della Nutella, Michele Ferrero, con circa 9,5 miliardi di dollari. Il premier Silvio Berlusconi è posizionato al settantesimo posto con 6,5 miliardi di dollari.

50 MLD $

8,6 milioni di persone possiedono metà del Pil mondiale: 32,8 mila miliardi (trilioni) di dollari.

163 mila sono in Italia. La crisi li ha colpiti. Ma si rialzeranno presto, più forti (e ricchi) di prima.

Superclass. La nuova élite globale e il mondo che sta realizzando Mondadori, 2008

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Secondo le proiezioni dell’indagine Cap Gemini la crisi farà solo il solletico ai ricchi, che nel 2013 vedranno crescere il loro patrimonio a 48.500 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annua dell’8,1%. Chi trascinerà questa ripresa? Le regioni asiatiche e del Pacifico, che nel 2013 potrebbero superare gli Stati Uniti, come numero di ricchi. Alcuni Paesi spiccheranno sugli altri, per rapidità nella ripresa: il Giappone, la Cina e in Brasile.

In tutto gli 8,6 milioni di ricchi nel mondo possiedo-

E in Italia? Ai ricchi nostrani, in proporzione, è anda-

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ANIL AMBANI [INDIA]

42 40

40 MLD $

37

BILL GATES [USA]

WARREN BUFFET [USA]

35 CARLOS SLIM HELÙ [MEX]

USA 3.019 2.460 GIAPPONE 1.517 1.366 GERMANIA 833 810

CINA 413 364

INGVAR KAMPRAD [SVEZIA] 31 30 MLD $

KUSHAL PAL SINGH [INDIA] 30

53% DEL TOTALE DEI RICCHI DEL PIANETA SONO CONCENTRATI IN QUESTI TRE STATI

REGNO UNITO 491 362

KARL ALBRECHT [GER]

FRANCIA 396 346

27

CANADA 281 213

22 INGVAR KAMPRAD [SVEZIA] 21,5

KARL ALBRECHT [GER]

20 MLD $ 19,5 MUKESH AMBANI [INDIA] 19,3 LAKSHMI MITTAL [INDIA] 18,8 THEO ALBRECHT [GER] 18,3 AMANCIO ORTEGA [SP]

SVIZZERA 212 185 ITALIA 207 164 BRASILE 143 131 AUSTRALIA 169 129

10 MLD $

ta un po’ peggio rispetto alla media mondiale. Alla fine del 2008 “solo” 163.700 persone avevano un patrimonio superiore a un milione di dollari, il 20,8% in meno di un anno fa, quando erano 206.700. I 43 mila “non più ricchi” probabilmente non saranno contenti, ma risulta difficile provare troppa compassione per loro se si pensa ai 2,9 milioni di italiani che, secondo l’ultimo rapporto dell’Istat (pubblicato a luglio), vivono sotto la soglia di povertà (cioè non sono in grado di acquistare neanche beni e servizi essenziali), 466 mila persone in più dell’anno scorso. O anche se si pensa agli oltre 8 milioni di persone che, sempre secondo l’Istat, cercano di arrivare a fine mese con meno di mille euro (povertà relativa).

Dove investono i ricchi

OLEG DERIPASKA [RUSSIA] 28

Ripresa rapida, per i ricchi

Il tesoro del Belpaese

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MUKESH AMBANI [INDIA] 43

22,5 LAWRENCE ELLISON [USA]

Gli effetti della crisi, sulla ricchezza mondiale

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RICCHI PER PAESE I PRIMI 10 FONTE: CAP GEMINI, 2009

no 32.800 miliardi di dollari (32,8 trilioni), più di metà del Prodotto interno lordo mondiale, che ammonta a 60.115 miliardi di dollari (dati della Banca mondiale al 1° luglio 2009). L’anno scorso il tesoro dei ricchi era pari a 40.700 miliardi di dollari, è quindi diminuito del 19,5%: 7.900 miliardi di dollari svaniti dai forzieri. Ma c’è anche una sottocategoria misurata nell’indagine: gli ultra-ricchi (ultra-HNWI), che possiedono più di 30 milioni di dollari a testa. Nel mondo sono 78 mila, oggi. La crisi li ha falciati, riducendoli del 24,6% (nel 2007 erano 103.400). Difficile però preoccuparsene troppo. Basta pensare ai 60-100 milioni di persone che, con la crisi, sono scesi sotto la soglia di povertà (vedi ARTICOLO pag. 58). Gli unici ad essere in pensiero sono proprio i committenti della ricerca: i gestori finanziari di Merrill Lynch Global Wealth Management, che hanno visto svanire parte delle loro provvigioni. Ma, tranquilli, il “momento difficile” durerà poco.

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Ce lo hanno ripetuto infinite volte nell’ultimo anno. Ma è davvero così? Proviamo a verificarlo con qualche cifra. Senza dimenticare che, inutile dirlo, una stessa cifra persa da un ricco e da un povero non ha il mededi Elisabetta Tramonto simo peso. Nel primo caso può significare qualche migliaio di dollari in meno in un forziere milionario, nel secondo è una questione di vita o di morte. Detto questo, oggi (alla fine del 2008) nel mondo ci sono 8,6 milioni di ricchi, 1,5 milioni in meno di un anno fa (-14,9%). Per “ricchi” si intende chi, tra immobili, tiLIBRI toli e liquidità, abbia un patrimonio finanziario superiore a un milione di dollari (700 mila euro circa). C’è una sigla per definirli: HNWI, “High Net Worth Individuals”: individui ad alto valore netto. Nessun riferimento a valori etici o morali, naturalmente, ma solo al valore economico che questi soggetti hanno come potenziali inveMaria Pace Ottieri stitori. A chiamarli così, infatti, è un’indagine commisRicchi tra i poveri. Asia, Medio Oriente, sionata da Merrill Lynch Global Wealth Management, la seAfrica: dal mondo zione della ex banca d’affari statunitense dedicata ai degli altri tredici storie di grandi fortune clienti danarosi. Ogni anno affida alla società di consuLonganesi, 2006 lenza Cap Gemini il compito di verificare come si sta muovendo la ricchezza nel mondo. Perché? Semplice, perché i ricchi investono i loro patrimoni (anche) attraverso Merrill Lynch (che gestisce più di 1.100 miliardi di dollari), che, quindi, ha tutto l’interesse a sapere a quanto ammonta il “bottino”. La crisi lo ha eroso, ma resta alDavid Rothkopf to. E, soprattutto, è destinato a crescere molto. E presto.

L

A CRISI HA COLPITO TUTTI, POVERI E RICCHI.

LEGENDA 2006 2007 2008 2013 [ PREVISIONI ]

1.0900 00 1.0800 00

BILL GATES [USA]

AMERICA LATINA

10 MLD $

I primi 10 Paesi per numero di ricchi (HNWI - High Net Worth Individuals: individui ad alto valore netto, con un patrimonio di oltre 1 milione di dollari). 2007 2008

Ma come spendono i ricchi? La crisi ha cambiato il loro comportamento? Decisamente sì. Da quanto emerge dall’indagine Cap Gemini non sono solo i piccoli investitori ad aver perso fiducia nel sistema finanziario, nelle banche e negli organi di controllo. Ma anche i ricchi, che non sono più disposti ad affidare ciecamente milioni di dollari al loro “gestore di fiducia”. Meno rischio e più trasparenza, sono le parole chiave dopo lo scossone della crisi. Quindi investimenti più sicuri, anche se meno redditizi. Per caso rientrano nella “nuova vita” dei super-investitori anche gli investimenti responsabili? Lo abbiamo chiesto alla conferenza stampa di presentazione della ricerca. La risposta è stata: no. Niente etica per i super-ricchi. E nel dopo crisi anche la filantropia e la beneficienza hanno subito un drastico taglio.

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FONTE: RIELABORAZIONE VALORI SU DATI CAP GEMINI 2009

| internazionale | FONTE: GLOBAL CORRUPTION BAROMETER 2009

| internazionale | capitalismo/1 |


| internazionale | capitalismo/2 |

| internazionale |

Poveri, poverissimi E ora anche in crisi

IL REINSERIMENTO PUÒ PASSARE DAL PALLONE

Oltre 70 milioni di nuovi “super poveri” entro il 2010. È il salatissimo conto della crisi

Il calcio per uscire dalla marginalità: è l’obiettivo della Homeless World Cup, quest’anno a Milano dal 6 al 13 settembre.

finanziaria. Gli “Obiettivi del Millennio” restano lontani. La fame è destinata ad aumentare.

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E STATISTICHE, SI SA, POSSONO ESSERE LETTE IN MODI DIVERSI. Lo

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FONTE: WORLD BANK - WORLD DEVELOPMENT INDICATORS 2008, ULTIMI DATI AGGREGATI DISP. 2005

che se, a ben vedere, le preoccupazioni dei secondi sembrano decisanno i guru della comunicazione, lo hanno imparato samente concrete. gli osservatori politici e se ne sono accorti, soprattutto, Secondo gli analisti del Centre for Economic Policy Research, un gli analisti economici che hanente di ricerca internazionale di base a Londra, la crisi avrebbe mateno tentato in questi mesi di rialmente prodotto 64 milioni di nuovi poveri nell’ultimo anno dandi Matteo Cavallito quantificare l’impatto della crido il via a un trend negativo destinato a confermarsi in futuro. Nel si finanziaria sulla diffusione della povertà nel Pianeta. Accade co2010 il club dei “non più di 2 dollari al giorno” conterà 91 milioni di sì che l’incidenza della miseria umana (un reddito inferiore a 2 dolnuovi ingressi. Quello dei super poveri (meno di 1 dollari e 25 cenlari al giorno) sulla popolazione mondiale continui a diminuire, ma tesimi al giorno) si “arricchirà” di 73 milioni di individui. Queste preaccade anche che, a fronte di una rapida crescita demografica, il nuvisioni, peraltro, sono parse a qualcuno eccessivamente ottimistiche. mero dei poveri in termini assoluti aumenti un po’ dappertutto. E «La crisi ridurrà alla povertà estrema fino a 100 milioni di individui così ottimisti e pessimisti possono continuare a darsi battaglia ansolo quest’anno», ha dichiarato Bernice Romero, la direttrice delle campagne internazionali di Oxfam (una confederazione LA POVERTÀ IN ITALIA IN CIFRE di 13 Ong che opera in più di 100 Paesi). Il contrasto tra la crescita “assoluta” e la diminuzioSONO 975 MILA LE FAMIGLIE ITALIANE che si trovano in condizioni di povertà assoluta: 2 milioni ne “relativa” ha comunque già espresso un verdetto e 427 mila individui (il 4,1% dei residenti). Sono gli ultimi dati diffusi dall’Istat (ad aprile 2009), inequivocabile. Il processo di adeguamento agli Obietrelativi al 2007. Nel Sud e nelle Isole l’incidenza di povertà assoluta, 5,8%, è circa due volte superiore tivi del millennio ha subito un inevitabile rallentaal 3,5% del Nord e al 2,9% del Centro. Gli ultimi dati aggregati di una fonte autorevole non ufficiale sono invece quelli di Caritas Italiana – Fondazione “E. Zancan”, contenuti nel Rapporto 2008 mento. L’incidenza dei superpoveri (1,25 dollari) calerà su povertà ed esclusione sociale in Italia: “Ripartire dai poveri”. Nel nostro Paese risulta povero dal 21% del 2008 al 18% del 2009 ma correggerà al rialil 30,2% delle famiglie con 3 o più figli, e il 48,9% di queste famiglie vive nel Mezzogiorno (dati 2006). zo le previsioni “pre crisi” per l’anno in corso (17%). La Avere più figli in Italia comporta un maggiore rischio di povertà. C.F. storia non cambia per la soglia dei 2 dollari (da 42% a 39% contro un’aspettativa del 38%) che continuerà a GLI USA NON STANNO MEGLIO rappresentare un limite tragicamente invalicabile per oltre 2,2 miliardi di persone. NEW YORK HA STABILITO IL RECORD DI SENZATETTO: tra il 2006 e il 2007 sono cresciuti dell’11%, Nel frattempo, ha segnalato la World Bank, in Eurosuperando quota 35 mila. Il 20% dei circa 3,5 milioni di clochard americani (1% della popolazione) pa e Asia Centrale 35 milioni di persone diventeranno ha un lavoro ma non può permettersi un’abitazione a causa della mancanza di appartamenti a prezzi “nuovi poveri” entro la fine del 2010, annullando così abbordabili, di una copertura assicurativa sanitaria e di stipendi adeguati a cui si aggiungono le violenze domestiche, l’uscita dai programmi pubblici di assistenza e i disordini mentali da stress dieci anni di progressi economici e sociali. post-traumatico. In America un barbone su tre è un bambino e il 4% sono nuclei familiari. Tra aprile E l’accesso al cibo? I dati resi noti dal Dipartimento 2008 e aprile 2009 sono aumentati del 32% i pignoramenti legati a notizie di fallimento, vendite dell’Agricoltura Usa (Usda) sono impressionanti. In setall’asta e appropriazione di case da parte delle banche (oltre 342 mila proprietà coinvolte). C.F. tanta nazioni le risorse alimentari diminuiranno nel

SBARCA A MILANO LA HOMELESS WORLD CUP 2009, dal 6 al 13 settembre. Circa un milione di euro di costi organizzativi sulle spalle di alcuni sponsor internazionali e alcuni sostenitori italiani (UEFA, Nike, Vodafone Foundation, Inter FC, Struttura di Missione per lo Sport della Presidenza del Consiglio e altri) nonché testimonial di grido come i calciatori Eric Cantona, Didier Drigba e Rio Ferdinand, e un capofila del progetto che, per questa settima edizione milanese, è Myland, associazione sportiva dilettantistica. L’idea di base è semplice, utilizzare lo sport e la cultura per cambiare la vita delle persone senza dimora e condurle verso un loro reinserimento sociale. I risultati pare che arrivino: gli organizzatori sostengono che oltre il 70% dei giocatori abbia infatti cambiato, in modo significativo, la propria vita e il 93% dei partecipanti conferma l’impatto positivo della Homeless World Cup. All’edizione di quest’anno, che prevede un torneo maschile e femminile, sono iscritte 48 squadre nazionali e quella italiana è l’unica ad aver vinto due edizioni del trofeo, nel 2004 e 2005. Non sarà la panacea ma una buona occasione per mettere al centro, oltre al pallone, la vita dei senza fissa dimora, visto che ogni giocatore è un homeless o lo è stato dal 2007 ad oggi. C.F. www.homelessworldcup.org

I POVERI NEL MONDO PER CLASSI DI REDDITO (MILIARDI DI PERSONE)

5,15

3,14 2,60

1,40 0,88 <1,00 $

<1,25 $

1,72

<1,45 $

<2,00 $

<2,50 $

<10,00 $

DEBITO DI OSSIGENO: VITE PRECARIE «CERCAVO STORIE DI PERSONE sull’orlo del precipizio, travolte da una situazione di improvvisa difficoltà ma non volevo dare l’alibi di raccontare casi limite, bensì vicende di assoluta normalità», così Giovanni Calamari parla del suo documentario Debito di ossigeno sulle cosiddette nuove povertà. Il video segue in tempo reale due storie vere, come tante, vissute nel ricco Nord italiano, tra fine 2008 e maggio 2009. La prima è quella di una coppia - lui, 44 anni, ingegnere impiegato a tempo indeterminato alla Motorola e lei, 40 anni, lavoratrice part-time a tempo determinato con un figlio di 4 anni e una casetta monofamiliare con giardino nella periferia torinese. La seconda è la storia di una famiglia “atipica”: una ragazza 37enne di Legnano, con un bimbo di 8 anni che il padre non ha riconosciuto, e lavori precari di 3 mesi in 3 mesi. Ingredienti comuni: la perdita del lavoro, le difficoltà a pagare il mutuo e le bollette, il panico, le incertezze, le tensioni determinate dal cambio dei ruoli quando “lei” trova lavoro e diventa “capo famiglia” mentre “lui” attende di sapere se sarà riassorbito nell’azienda. C.F.

prossimo decennio; il numero degli esseri umani denutriti, già aumentato dell’11% tra il 2007 e il 2008, si prevede crescerà ancora (+2%) entro la fine del 2009 quando gli affamati cronici saranno 833 milioni. Anche per loro il prezzo delle materie prime è calato dopo l’esplosione delle bolle speculative che avevano caratterizzato le commodities (grano, riso, caffè, ecc.), ma il deterioramento delle variabili finanziarie nazionali (debito, svalutazioni, ecc.) ha generato inflazione erodendo il potere d’acquisto. Gli speculatori, in altri termini, hanno voltato le spalle a cereali e affini ma i crampi allo stomaco sono rimasti. Quando si dice “oltre al danno la beffa”.

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| percorsi di pace | internazionale |

SENZA TETTO, MA CON UNA CHITARRA IL NOME È IRONICO: BAR BOON BAND. Perché in milanese i senza tetto si chiamano “barbun” e questo singolare gruppo musicale è formato dai “barbun”della Stazione centrale di Milano, insieme agli operatori e ai volontari di SOS della Fondazione Exodus di don Mazzi. La Bar Boon Band è nata nel ‘95, grazie all’idea di alcuni musicisti: Maurizio Rotaris e Diego Raiteri. «Non basta il pasto caldo, il posto letto e l’idea di lavorare al recupero della persona – spiega Maurizio Rotaris –. In molti sono vive qualità artistiche che possono esprimersi al meglio attraverso la poesia, il canto e la narrativa». «Da 15 anni lavoriamo in Stazione con i senza tetto – dice don Mazzi – e fra loro ci sono artisti, poeti, cantanti e musicisti». Sei spettacoli di strada all’anno e tre cd all’attivo (nella foto, la cover: “Storie di strada, canzoni d’amore”). Le prossime esibizioni della Bar Boon Band si terranno a il 19/09, presso SOS nel Tunnel fra via Tonale e via Pergolesi, a Milano (prenotazione obbligatoria: maurizio.rotaris@rcm.inet.it) e il 17/10 a Como, durante la Notte dei Senza Dimora. Il sito ufficiale della Bar Boon Band: E.T. www.retecivica.mi.it/barbun

MARCO PAROLIN

Cresce in Italia la fragilità sociale Raffaele Gnocchi, Caritas: «Anche famiglie e disoccupati accedono ai servizi nati per i senza fissa dimora».

«N

Secondo gli organizzatori la Homeless World Cup ha positivi effetti duraturi, confermati dal 93% dei partecipanti: il 70% dei giocatori ha, infatti, cambiato in modo significativo la propria vita. | 60 | valori |

È possibile stabilire il trend di crescita o diminuzione degli homeless negli ultimi 2-3 anni? Possiamo dire che le persone “imbarbonite” sono le stesse di 10 anni fa, salvo un certo ricambio perché alcuni nel frattempo sono morti. Quello che è cambiato è chi accede ai servizi che danno ospitalità, cibo o altri tipi di assistenza, sia a livello milanese che nazionale. Se, fino a qualche tempo fa, ad accedere a questi servizi era una tipologia di utenza molto ben caratterizzata, i classici clochard o immigrati, da 2 o 3 anni vi si rivolgono persone sostanzialmente normali, famiglie con bambini, disoccupati…persone che hanno subito o stanno vivendo una crisi di tipo economico e anche relazionale, persone che non hanno reti di protezione o non hanno possibilità di accedere ai servizi territoriali di welfare e che quindi si rivolgono all’assistenza pur non essendo dei senza dimora. Cosa significa alla luce della crisi economica? È un dato che si potrà valutare solo tra qualche tempo, perché la ricaduta di questo tipo di fenomeno non è mai immediata. Vedremo in futuro se ci sarà un ulteriore abbandono delle reti sociali di protezione del territorio. Gli

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effetti perversi della crisi e del mancato supporto dei servizi alle persone, faranno vedere – secondo me – entro un paio di anni l’aumento delle persone fuori da ogni circolo di protezione.

In Libano per ricucire le anime del Paese

In che percentuale si divide l’utenza di questi servizi di emergenza tra i tradizionali barboni e le persone normali colpite da una crisi improvvisa? Io direi 50% gli uni e 50% gli altri. Parlando di Milano, significano circa 10 mila interventi al giorno tra fornitura di cibo, prestazioni di ascolto, accompagnamento sociale... con un bacino complessivo di persone che beneficiano di questo tipo di assistenza di alcune decine di migliaia di persone. Esistono cifre a livello nazionale? Dati molto vecchi parlano di circa 20 mila persone senza dimora in Italia, ma con questa crisi economica è possibile che si arrivi a una cifra di 10 volte superiore per quanto riguarda chi si trova in uno stato di grave vulnerabilità. Tra l’altro, non si possono mettere nello stesso contenitore i tipici barboni, con chi sta subendo un processo di progressiva fragilizzazione, che può essere dovuta alla perdita del lavoro, ma anche a questioni legate alla casa o alla solitudine. Non esiste un percorso lineare che conduce ad essere clochard chi rimane senza casa o senza il lavoro: questo può essere vero per alcuni Paesi, per esempio gli Stati Uniti, dove chi resta senza casa può diventare davvero un homeless privo di qualsiasi altra rete di supporto. In Italia non c’è questa linearità.

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Quindici anni di guerra civile hanno tracciato dei confini non facili da superare tra le minoranze che qui hanno trovato ospitalità dai tempi dell’impero Ottomano. Un cammino sui monti tra guerra e pace cerca di superare i limiti.

S di Marco Parolin

MARCO PAROLIN

che gli homeless siano aumentati dopo la crisi economico-finanziaria globale, è aumentato però il rischio di vulnerabilità»: a dirlo è Raffaele Gnocchi, che dei senza fissa dimora si occupa da un decennio ed è responsabile del settore Emarginazione deldi Corrado Fontana la Caritas Ambrosiana. ON SI PUÒ DIRE

UL PENDIO CHE PORTA ALLA CIMA PIÙ VICINA si scorge una macchia scura, che avvicinandosi si rivela essere un foro aperto nella roccia per un paio di metri scarsi di profondità; un fenomeno inspiegabile se non si sanno riconoscere i segni della guerra: è il morso del mortaio sulla roccia, che insieme ai bossoli di AK47 e al ritrovamento di un elmetto israeliano ricoperto dal muschio dei quasi dieci anni passati dall’occupazione, racconta la storia di questo luogo, ora splendente nella primavera mediterranea e quasi impossibile da ricollegare a scenari di guerra. Stiamo attraversando la catena montuosa che percorre tutto il Libano, dopo aver camminato lungo di essa per gli ultimi venti giorni dall’estremo nord del Paese diretti verso Sud: il percorso segnato sulle nostre mappe, più un suggerimento che un tracciato rigoroso, improvvisamente svolta ad Est e si dirige deciso verso il grande lago di Qaraoun, che ci aspetta oltre la cresta che ancora dobbiamo scavalcare e che segna il confine meridionale della verdissima valle della Bekaa.

Sui sentieri usati da pastori e agricoltori

Trenta villaggi libanesi hanno collaborato a tracciare l’Altavia.

Il tracciato dell’Altavia che stiamo seguendo è il frutto del lavoro attivo degli abitanti di trenta villaggi sui settanta toccati dal percorso, che hanno raccolto la proposta portata da due ingegneri libanesi appassionati di trekking sostenuti da un finanziamento dell’agenzia di cooperazione statunitense in Libano (Usaid). Poco più di due anni di intenso lavoro, fatto di incontri nei villaggi di montagna dove il |

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26 tappe per 400 chilometri, percorribili in qualunque stagione dell’anno. Un percorso tra guerra e pace sui crinali della catena montuosa che attraversa tutto il Libano.

NON SOLO TURISMO SOSTENIBILE E ACCOGLIENZA MA ANCHE PERCORSO DI CONCILIAZIONE

INDIPENDENTE NEL 1943 dopo oltre 20 anni di protettorato francese, il Libano ha vissuto una sanguinosa guerra civile tra il 1975 e il 1990 trovandosi a subire sia la presenza militare israeliana sia quella siriana. Israele ha ritirato le sue truppe nel 2000, Damasco nell’aprile 2005 dopo due mesi di manifestazioni a seguito dell’omicidio dell’ex premier Rafiq Hariri. Le attività del movimento terrorista filo siriano del Partito di Dio (Hezbollah) tuttavia non sono cessate. Nel luglio 2006, gli Hezbollah hanno sconfinato uccidendo tre militari dell’esercito israeliano (Idf) e sequestrandone due, successivamente uccisi. Gerusalemme ha reagito invadendo il Sud del Libano e attuando il blocco marittimo. La guerra è proseguita per 34 giorni, provocando la morte di 1.000 civili libanesi, da 250 a 600 miliziani Hezbollah, 121 soldati e 44 civili israeliani. Nel luglio 2008 il cristiano-maronita Michel Suleiman è diventato presidente del Libano e 11 mesi più tardi Saad Hariri, il figlio di Rafiq, è stato nominato premier. Matteo Cavallito

percorso veniva tracciato fisicamente sulla carta, di giornate di formazione con quelle che sarebbero diventate le guide locali, di selezione di quali case sarebbero state ampliate e ristrutturate per permettere l’alloggiamento degli escursionisti, di pulizia e tracciamento del sentiero vero e proprio dove mancava il collegamento tra due percorsi tradizionalmente usati dai pastori o dagli agricoltori locali. Più le numerose iniziative collaterali volte al recupero e alla promozione delle architetture locali, delle feste tradizionali o addirittura della letteratura libanese, con l’apertura delle case museo dei suoi esponenti più importanti, come Khalil Gibran o Amin Maalouf.

Un territorio fertile e ospitale Nell’aprile del 2009 per la prima volta il sentiero è stato percorso per tutti i suoi 440 km; il ruolo di questa Altavia delle Montagne Libanesi va però oltre quello di un tragitto attrezzato per esplorare la catena montuosa del Libano e va oltre anche all’obiettivo, tutt’altro che semplice, di rivitalizzare l’economia delle comunità rurali attraverso la promozione del turismo rurale sostenibile. Il suo obiettivo più ambizioso, benché spesso sottaciuto per non aprire vecchie ferite, è quello di ricucire insieme le diverse comunità, le diverse anime | 62 | valori |

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IL LIBANO IN CIFRE Nome: Repubblica Libanese (Al Jumhuriyah al Lubnaniyah) Popolazione: 4.017.095 Capitale: Beirut Forma di Stato: repubblica Religioni: musulmani 59,7%, cristiani 39%, altri 1,3% Pil 2008: 44,07 miliardi di dollari Pil pro capite 2008: 11.100 dollari Tasso di crescita reale 2008: 7% Rapporto debito Pil: 163,5% (3° peggior risultato del mondo dopo Zimbabwe e Giappone) Tasso d’inflazione: 10% Disoccupazione: 9,2% (stime 2007) Alfabetizzazione*: 87,4% Mortalità infantile: 21,82 per mille Tasso di crescita popolazione: 1,1% Speranza di vita: 73,6 anni

di questo Paese, tra le quali quindici anni di guerra civile hanno tracciato dei confini ancora non facili da superare. Il Libano tradizionalmente è sempre stato visto dal resto del * % DELLA POPOLAZIONE CON PIÙ DI 15 ANNI DI ETÀ IN GRADO DI LEGGERE E SCRIVERE mondo attraverso le immagini della sua costa e delle sue città, prima tra tutte Beirut. Ma dai tempi dell’Impero Ottomano il Libano è noto anche come il Paese della montagna, dove le minoranze perseguitate dagli Stati circostanti potevano trovare un territorio protetto, un terreno fertile e un clima mediterraneo in cui mantenere la propria identità culturale e religiosa a fianco di comunità diverse, ma non contrapposte. Ogni comunità, distinta nel proprio villaggio natale (per quanto storicamente vi fossero molte comunità miste), si incontrava poi nelle trasferte alla costa e nelle città come Tiro, Sidone, Beirut, Byblos o Tripoli, i luoghi del commercio e dello scambio che gli abitanti della montagna guardavano sempre con un misto di fascinazione e diffidenza. Rispetto alla relazione obbligata montagna-costa, l’Altavia cer-

MARCO PAROLIN

IL PAESE DEI CEDRI E DELLE BOMBE

FONTE: CIA – WORLD FACTBOOK 2009 ONLINE (WWW.CIA.GOV)

IL PROGETTO HA POTUTO CONTARE SU UN FINANZIAMENTO di circa 3 milioni di dollari da parte dell’Usaid, che ha agevolato lo spin-off dell’iniziativa: il finanziamento iniziale ha permesso di tracciare in maniera accurata 100 dei 440 chilometri totali di percorso, il coinvolgimento delle comunità locali ha esteso rapidamente di altri 60 chilometri il tracciato recuperato. Altri 200 km coincidono con strade rurali comunemente utilizzate dalle comunità locali, per le quali è stata sufficiente la segnaletica. La parte restante è composta da sentieri già battuti, da sponde di canali irrigui e – in minima parte – da strade asfaltate. 11 tappe sulle 26 totali lungo il percorso sono servite da guesthouses, mentre negli altri casi ci si appoggia a strutture tradizionali (alberghi o campeggi). La collaborazione con altre associazioni e progetti presenti nel Paese, come il network delle guesthouse di architettura tradizionale (www.dhiafee program.org) e il ministero del Turismo ha permesso di stabilire una lista di criteri per l’assegnazione di certificazioni di turismo sostenibile e di accoglienza tradizionale. Una prima proiezione sul reddito generato per le comunità locali, a partire dal numero di escursionisti stimati, è di 4 milioni di dollari per 200 mila persone per il 2008 (il Libano ha circa 4 milioni di abitanti e un Pil nominale previsto per il 2009 di circa 31 miliardi di dollari), destinato a crescere – in condizioni M.P. di stabilità politica del Paese – a 22 milioni entro il 2014.

ca di promuovere una relazione montagna-montagna, che è in boscate ai contingenti Onu, circondato da villaggi su cui ora svenrealtà naturale e fisiologica ma è stata a lungo negata; cerca cioè di tola invece la bandiera di Hezbollah. Con il buon senso di un raconnettere tra di loro le comunità rurali in una relazione economigazzone di campagna, mi spiega ciò che ai suoi occhi è subito evica e – in fin dei conti – culturale, alternativa alla prima. Nelle indente: la pace e il benessere di questo Paese potranno crescere sotenzioni dei promotori, il villaggio druso collegato da un flusso di lo nel momento in cui quelli come lui, in blu o in mimetica, se ne escursionisti al villaggio greco-ortodosso e a quello a maggioranza potranno andare e lasciare il posto a quelli che, come noi, arrivemusulmana sunnita è portato per forza di cose a sviluppare con esranno a piedi dai sentieri di montagna, ritessendo la trama che so una rete di relazioni che forza l’isolamento autoimposto dalla fiunisce questa zona al resto del Paese. ne della guerra e facilita l’elaborazione dei COME RAGGIUNGERE L’ALTAVIA lutti e dei processi di conciliazione.

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Dagli scarponi dei militari a quelli degli escursionisti Al termine del percorso, nella città di Marjayoun, chiedo ad un Casco blu asturiano del contingente spagnolo dell’Unifil se il nostro gruppo di escursionisti non gli sembra un po’ fuori luogo da queste parti, in quello che fu il feudo di Saad Haddad, il signore dell’esercito del Sud noto per le im-

L’ALTAVIA DELLE MONTAGNE LIBANESI (www.lebanontrail.org) è percorribile in tutto o in parte in qualsiasi periodo dell’anno. I 440 chilometri di percorso sono distinti in 26 sezioni di circa 15-20 chilometri per un massimo di 1.000 metri di dislivello cumulato in salita o in discesa; al termine di ogni sezione vi è la possibilità di alloggiare in una guesthouse, oppure in un hotel convenzionato o in un campeggio con tende fisse e di consumarvi i pasti (circa 20 dollari a notte). Per ogni sezione sono inoltre disponibili guide locali, a volte indispensabili (circa 35 dollari al giorno). Le località di inizio e termine tratta sono sempre su strade asfaltate, collegate da autobus, pulmini o taxi, alla costa e a Beirut. Dall’Italia c’è un volo diretto Alitalia (da Roma) quotidiano e 4 voli settimanali MEA (Milano e Roma), con prezzi variabili dai 350 ai 500 euro andata e ritorno a seconda della stagione. Nella sede della Lebanon Mountain Trail Association vicino a Beirut (Sacré Cœur Hospital Street - Ghaleb Center, 1st Floor - Baabda, Lebanon Tel. +961 5 955 302 or 3 - Fax: +961 5 955 304 - e-mail: lmt@ecodit.com - lmt_lebanon@lebanontrail.org) o presso i municipi lungo il percorso sono in vendita la guida completa del sentiero e le carte (2 dollari). M.P.

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| internazionale | documenti visivi |

| internazionale |

APPUNTAMENTI SETTEMBRE>NOVEMBRE trattati nell’incontro internazionale organizzato da Create-Net, progetto della Provincia autonoma di Trento in collaborazione con le università di Berlino, Budapest, Israele, Trento, il Cnr di Pisa e il Politecnico di Torino. www.isgig.org 7 - 9 settembre PISA (ITALIA) S-CUBE Prima conferenza internazionale di indirizzo sulla ricerca sui sensori e sui software di supporto per le reti senza fili. Le reti senza fili introducono applicazioni interessanti nel campo del monitoraggio ambientale, della previsione dei disastri, nella domotica, nel controllo dei reattori nucleari, nell’agricoltura, nella sanità, nella rilevazione degli incendi. www.s-cubeconference.org

Dal Sud messaggi video “Ngo World Videos”: i migliori reportage sociali prodotti dalle Ong italiane arrivano

nel capoluogo lombardo. Saranno proiettati durante la settimana del Milano Film Festival. are voce e volto al Sud del mondo. Questo è lo scopo di “Ngo World Videos” concorso che raccoglie i migliori video sociali e reportage dal Sud del mondo, prodotti dalle Organizzazioni non governative (Ong) italiane. L’iniziativa è stata lanciata dal Milano Film Festidi Paola Baiocchi val (Mff) e dalla Ong Coopi (www.coopi.org), che si occupa di cooperazione internazionale. 37 i video arrivati alla selezione di questo concorso molto particolare, 5 quelli che hanno formato la rosa che verrà presentata al pubblico dall’11 al 20 settembre nelle sedi del Mff. A sinistra Valori, media partner del Milano Film Festival, può antiil vignettista Vauro Senesi ciparvene i nomi e le storie.

ghanistan, Sierra Leone. I filmati sono stati realizzati presso le strutture ospedaliere di Emergency dove i bambini erano ricoverati.

nel documentario “Gli altri bambini”. A destra, “L’Africa di Mamadou”. Girato nel Mali, porta la vita di un Paese in via di sviluppo nelle scuole italiane.

Produzione Bambini nel deserto, regia Davide Fonda. Nel Mali con il piccolo Mamadou per portare un pezzo di vita e di storia di un Paese in via di sviluppo nelle scuole e nelle comunità italiane.

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Gli altri bambini Prodotto da Emergency, con la regia di Paola Chartroux. Il vignettista Vauro Senesi “illustra” 6 ritratti di bambini che vivono in Paesi attraversati dalla guerra e dai suoi effetti per niente collaterali, in Sudan, Af-

MILANO FILM FESTIVAL DALL’11 AL 20 SETTEMBRE IL MILANO FILM FESTIVAL, la 14ma edizione dell’evento organizzato dall’associazione culturale Esterni, attirerà i cinefili nel capoluogo lombardo. Accanto al “ghiotto” nucleo centrale di 10 lungometraggi e 49 “corti”, frutto dell’immenso lavoro di selezione preliminare (oltre 2.000 i lavori arrivati da 25 Paesi), la manifestazione è arricchita dalla presenza delle molte sezioni fuori concorso: da segnalare la retrospettiva dedicata all’opera completa di Ermanno Olmi, dai documentari di esordio alle produzioni televisive. L’omaggio ad Avi Mograbi, documentarista israeliano, con una rassegna di corti e lungometraggi, video e installazioni. Anche quest’anno non mancherà l’appuntamento con “Colpe di Stato”, la rassegna parallela nata nel 2005 con l’obiettivo di documentare le ingiustizie e i crimini commessi dai governi di tutto il mondo. “Democratici” compresi. www.milanofilmfestival.it/2009 [ 11-20 settembre ]

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La lunga notte Prodotto da Medici con l’Africa Cuamm, regia Nicola Berti. Nel Sud Sudan “la lunga notte” della guerra civile ha reso inutilizzabile un vecchio ospedale inglese. Recuperato dai volontari di Medici con l’Africa Cuamm, un parto cesareo segna l’alba della rinascita.

L’Africa di Mamadou

Acqua bene comune Produzione Terra Nuova, regia Patricia Wiese. L’acqua è al centro del “corto” che racconta delle possibilità di miglioramento della preservazione dell’accesso e delle risorse idriche, in alcune comunità indigene dell’Amazzonia peruviana.

Millennium News Produzione Amref Italia, regia Angelo Loy. Amref ha chiesto a ragazzi e ragazze delle baraccopoli di Nairobi di diventare “giornalisti di strada” e raccontare l’importanza di promuovere l’eguaglianza di genere e l’empowerment delle donne.

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8 settembre INDONESIA 2° TURNO DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI

10 - 12 settembre DALIAN (CINA) MEETING ESTIVO DI DAVOS IN CINA Vertice mondiale straordinario organizzato dal World Economic Forum di Davos (Annual Meeting of the New Champions 2009). Il Forum sta lavorando a stretto contatto con la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme della Cina (Ndrc) tenendo conto dell’importanza strategica della Repubblica Popolare per l’uscita dalla crisi. www.weforum.org/docs/AMNC09 /AMNC09_PProgramme.pdf 15 settembre NEW YORK (USA) UNITED NATIONS (UN) Apertura della 64ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

15 - 17 settembre PRAGA (REPUBBLICA CECA) ISGIG 2009 THE INTERNET OF THE FUTURE Secondo simposio internazionale sulla Governance dell’informazione mondiale. Cyberterrorismo, riduzione dei consumi energetici nel mondo dell’information technology e governo del cambiamento per l’internet del futuro. Questi i temi

PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

e del Fondo monetario internazionale: crisi economica mondiale, cambiamenti climatici e società dell’informazione sono alcuni dei temi che verranno trattati in questo forum. www.imf.org/external/spring/2009 /index.htm

A 60 anni dalla sua costituzione il Trattato Atlantico non agisce più solo nell’area dei Paesi che lo hanno sottoscritto, ma ha ormai ampliato la sua area di influenza a tutto il mondo. Molti Paesi dell’ex Patto di Varsavia o della ex Jugoslavia fanno ormai parte della Nato, come la Polonia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Slovacchia, la Slovenia, l’Albania, la Croazia. Sempre più spesso la Nato tende a sostituirsi al comando Onu nelle missioni internazionali, come l’Afghanistan.

12 ottobre GIORNATA MONDIALE DI MOBILITAZIONE FORUM SOCIALE MONDIALE Nel corso del nono Forum sociale mondiale che si è svolto nel febbraio scorso a Belem in Brasile, su proposta dei popoli indigeni, è stata decisa la giornata mondiale di mobilitazione in difesa della Madre Terra, contro la mercificazione della vita. 22 settembre NEW YORK (USA) CLIMATE WEEK (UN) Il Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, ha esteso l’invito a partecipare al Vertice sui cambiamenti climatici Climate Week, che si terrà presso il Quartier Generale delle Nazioni Unite, a tutti i capi di Stato e di Governo del mondo, affinché «assumano i loro impegni e diano istruzioni chiare ai loro negoziatori», definendo l’incontro «senza precedenti». Il vertice, che cade circa due mesi prima della conferenza di Copenaghen delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici intende facilitare il raggiungimento di un consenso su un futuro accordo internazionale sul clima per il periodo successivo al 2012. 24 - 25 settembre PITTSBURGH (USA) G-20 Vertice dei 20 Paesi più industrializzati presso il David L. Lawrence Convention Center. 27 settembre GERMANIA ELEZIONI PARLAMENTARI Importante tornata elettorale in cui verranno rinnovati 598 seggi del Bundestag, e i governi regionali di 4 Länder (Turingia, Sassonia, Brandeburgo e Saar). Nei sondaggi volano Linke e Fdp.

27 settembre PORTOGALLO ELEZIONI PARLAMENTARI Si vota per rinnovare 230 seggi dell’Assemblea della Repubblica. 6 - 7 ottobre ISTANBUL (TURCHIA) WORLD BANK GROUP E FMI Convegno annuale della Banca mondiale

14 - 18 ottobre FRANCOFORTE (GERMANIA) BUCHMESSE La Cina sarà il Paese ospite d’onore della 61ma edizione della più importante fiera internazionale del libro. www.frankfurt-book-fair.com

25 novembre GIORNATA MONDIALE INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE L’Italia è stata richiamata dall’Onu ad intensificare l’impegno per il raggiungimento degli obiettivi della Campagna del Millennio, fissati nel settembre 2000, che comprendono, oltre al dimezzamento della povertà, all’istruzione primaria per tutti i bambini e alla riduzione della mortalità infantile, anche la parità tra i sessi.

16 - 18 ottobre OSLO (NORVEGIA) RIUNIONE EUROPEA 2009 DELLA TRILATERAL COMMISSION (TC) Riunione regionale dedicata ai temi di area, alla quale partecipano i soci dei Paesi interessati più una serie di esperti su invito della Commission. Per l’Europa, questo tipo di riunioni (European Meeting) riveste una particolare importanza, dato l’elevato numero di paesi interessati (24 Paesi). www.trilaterale.it

28 novembre NIGER ELEZIONI PARLAMENTARI 28 novembre ROMANIA ELEZIONI PRESIDENZIALI Prima tornata elettorale per il rinnovo della presidenza della Repubblica. La seconda tornata sarà il 12 dicembre.

25 ottobre URUGUAY ELEZIONI PRESIDENZIALI 27 - 30 ottobre BUSAN (COREA) III OECD WORLD FORUM Forum internazionale dell’Organizzazione mondiale per la cooperazione e lo sviluppo. Si discuterà anche di nuovi indicatori del progresso della società, oggetto del Global Project on Measuring the Progress of Societies. www.oecd.org

30 novembre - 4 dicembre L’AJA (OLANDA) ORGANIZATION FOR THE PROHIBITION OF CHEMICAL WEAPONS (OPCW) Quattordicesima sessione della Conferenza degli Stati che fanno parte della Convenzione contro le armi chimiche. (Nella foto bombe al fosforo su Gaza durante l’operazione Piombo Fuso dello scorso dicembre).

13 - 17 novembre LONDRA (GRAN BRETAGNA) MEETING ANNUALE DELLA NATO

30 novembre - 11 dicembre COPENHAGEN (DANIMARCA) COP-15 Preceduti da molte conferenze preparatorie prendono il via i lavori della quindicesima Conferenza ONU sul Clima (COP-15).

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economiaefinanza

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altrevoci a cura di Michele Mancino

narrativa

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SE AVETE LIBRI, EVENTI, PROGETTI DA SEGNALARE, SCRIVETE A MANCINO@VALORI.IT

SPECIALE CRISI

CONOSCERE PER DIFENDERSI DALLE BANCHE

REGOLE CERTE E CHIARE PER IL MERCATO

AL CAPOLINEA, LA FINE DEL NUOVO LIBERISMO

IL CAPITALISMO PER PROCURA È FINITO XXX

Per anni le banche sono state considerate intoccabili. Dei santuari, benefattori della società. In realtà campano con i soldi della gente e su questi ci fanno fior di utili. I recenti scandali finanziari e la crisi economica dimostrano la necessità per il risparmiatore di predisporre una difesa. La trasformazione delle banche in aziende che offrono, oltre ai soldi, anche una molteplicità di servizi, unita alla spersonalizzazione del rapporto cliente-banca, rende il quadro ancor più complesso. E l’unica arma a disposizione del risparmiatore è la conoscenza. Questo manuale di autodifesa va nella giusta direzione perché gli autori riescono a spiegare l’economia e la finanza in modo chiaro e diretto, con tanto di esempi. Nessun tecnicismo, nessun parolone. L’economia è in ogni gesto quotidiano e quindi è necessario riportare il discorso su un piano educativo perché per poter investire in finanza bisogna non solo conoscere i mercati e i loro meccanismi interni, ma anche noi stessi e la nostra propensione al rischio. In questo libro c’è un concetto importante: la finanza comportamentale. Uno sguardo che permette al risparmiatore di uscire dal gregge degli investitori.

Ciò che aspetta il mondo per essere liberato dalla crisi finanziaria è uno sforzo senza precedenti. Servono poche regole precise per raggiungere due obiettivi: riportare gradualmente le banche alla loro missione originaria di finanziatori dell’economia reale e salvare la parte buona della cartolarizzazione. Le norme da applicare sono quelle che garantiscono trasparenza e correttezza ai mercati tradizionali delle azioni e delle obbligazioni. Il che significa scrivere le norme guardando soprattutto agli interessi degli investitori finali, che sono quelli più sacrificati. Le banche devono tornare ad essere più vicine alle imprese. È anche un’esigenza sociale perché, in Paesi che invecchiano e in cui i sistemi pensionistici pubblici sono in crisi, solo i mercati finanziari - e quelli azionari in particolare possono assicurare un’accumulazione adeguata e dunque un avvenire migliore.

Il neoliberismo degli ultimi trent’anni con le sue verità e i suoi dogmi è arrivato al capolinea. A segnare la fine di questa era sono stati due fatti epocali: la grave crisi finanziaria che ha colpito l’economia mondiale alla fine del 2008 e l’elezione alla presidenza degli Stati Uniti di Barack Obama. Il libro analizza questo periodo in modo sistematico partendo dalle origini per arrivare ai suoi massimi sviluppi socioeconomici. Si tratta di un processo unitario e continuo che ha toccato l’esperienza soggettiva e gli assetti istituzionali, il piano politicoeconomico e la sfera culturale. Una contraddizione profonda attraversa l’intero periodo, soprattutto sul piano della storia della libertà che accompagna l’intera vicenda moderna, resa possibile dal capitalismo tecnonichilista. Libertà che, seppur celebrata quotidianamente a parole, viene continuamente messa a repentaglio.

Fondi pensione, fondi di investimento, assicurazioni, fondi speculativi e enti finanziari di svariato genere gestiscono una quantità di risparmio equivalente al Pil del mondo. E lo fanno a loro esclusiva discrezione. La maggior parte di questi enti è controllata da grandi banche, il cui mestiere consiste nell’investire i soldi degli altri. Una sorta di capitalismo per procura il cui peso nell’economia mondiale è diventato enorme: gli investitori istituzionali hanno oggi in portafoglio oltre la metà del capitale delle imprese quotate. L’unica regola che li guida è la massimizzazione a breve termine del rendimento finanziario, senza pensare alle conseguenze sociali degli investimenti che fanno. La grande crisi che ha coinvolto in diversi modi anche gli investitori istituzionali richiede l’adozione di nuove regole e nuove strategie d’investimento.

MARCO ONADO I NODI AL PETTINE LA CRISI FINANZIARIA E LE REGOLE NON SCRITTE

MAURO MAGATTI LIBERTÀ IMMAGINARIA LE ILLUSIONI DEL CAPITALISMO TECNO-NICHILISTA

Laterza, 2009

Feltrinelli, 2009

MARCO FRATINI E LORENZO MARCONI VAFFANBANCA!

Edizioni Rizzoli, 2009

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AMORE E PATRIA NELL’ALGERIA LIBERA

LETTERATURA VISSUTA E SCRITTA IN ISRAELE

Younes ha solo nove anni quando viene affidato a una comunità benestante della provincia algerina. Conoscerà i giovani coloni francesi e ne diventerà amico inseparabile. Ma un giorno nel villaggio arriva Emilie, una splendida ragazza che metterà alla prova la fraterna complicità dei ragazzi. Il passato riemerge in tutta la sua durezza e la lealtà verrà lacerata dagli egoismi e dai rancori che la guerra d’indipendenza contribuirà ad acuire. La rivolta algerina, passata alla storia come guerra di liberazione, sarà per Younes tanto sanguinosa quanto fratricida. Si rifiuterà di lasciar distruggere i legami di un’amicizia eccezionale ma non accetterà mai di rinunciare ai valori che suo padre gli aveva insegnato: l’orgoglio, il rispetto profondo per gli antenati e per i costumi del suo popolo, la fedeltà assoluta alla parola data.

Dopo “Diario di un’adultera”, Curt Leviant regala ai lettori una nuova prova d’autore. Con la sua scrittura sontuosa l’autore ci riporta nelle sue atmosfere erudite ed erotiche. Un Premio Nobel per la Letteratura, affascinante e sfuggente, come la protagonista di un suo racconto. Un professore di letteratura ebraica in un college newyorkese, nonché aspirante scrittore, si prende un anno sabbatico per stargli accanto. Sarà una impresa difficile, perché il premio Nobel è sfuggente e non concede il suo tempo con facilità. Il professore si ammala e la malattia diventerà il suo elemento liberatore, perché durante la convalescenza conoscerà Miriam, l’incarnazione vivente dell’eroina del suo racconto preferito. Una storia di relazioni e intrecci, dove la letteratura è l’unico personaggio che assume un ruolo preciso, nel bene e nel male. Sullo sfondo c’è Israele, poco tormentata e molto solare.

KHADRA YASMINA QUEL CHE IL GIORNO DEVE ALLA NOTTE

LIBERTÀ, VOCE DELLA PAZIENZA QUATTRO GENERAZIONI SENZA CONFRONTO Se c’è un cambiamento in una casa i primi ad accorgersene sono i gatti. Non si dice che proprio i domestici felini siano gli animali più legati ai luoghi che alle persone? E così accade nell’abitazione dove vivono Lucy e Alfredo. Lei riceve biglietti da un misterioso ammiratore, lui, il marito, non parla. Non vuole vedere una realtà fastidiosa, ma non può nascondersi dal destino che lo aspetta. Una diagnosi dice che gli rimangono pochi mesi di vita. Pochi per un’esistenza, abbastanza per cercare una relazione clandestina con una donna. I ragazzi sono in una fase difficile. La pubertà rende complicata la vita a Mariana che fatica a trovare un’identità sessuale, mentre il piccolo Sergio è alle prese con la paura della morte, forse perché l’avverte intorno a lui. Una famiglia come tante, dove si condividono pane e affetti, ma dove nessuno dice la verità all’altro. Un’unità fittizia. Un’incapacità comunicativa che non ha possibilità di risoluzione. Nel vuoto generazionale, queste relazioni sono come linee che non s’incontrano mai.

L’emancipazione può passare anche da una confessione. Ci sono momenti nella vita delle persone dove una situazione senza uscita apre spiragli improvvisi. È accaduto a una donna afghana, velata, che siede al capezzale del marito privo di conoscenza. Lei inizia a parlare all’uomo come mai aveva fatto prima. Il suo cuore si apre e ne scaturiscono frammenti di tenerezza, sogni, illusioni. Svela piccoli segreti e grandi colpe. Le parole di dolcezza si mischiano a quelle di ribellione. È un fiume che cresce e sfocia dalla bocca. È un canto liberatorio perché può condannare gli uomini e le loro guerre, il fanatismo e la violenza. Osa parlare di religione, di amore e dei piaceri del corpo. Una voce che affiora da secoli di sottomissione e di sofferenza. Incanta, prega, grida. Ritrova se stessa. Ed è, infine, liberata.

SANTIAGO RONCAGLIOLO PUDORE

ATIQ RAHIMI PIETRA DI PAZIENZA

Garzanti, 2009

Einaudi, 2009

Mondadori, 2009 LUCIO GALLINO CON I SOLDI DEGLI ALTRI

CURT LEVIANT LA RAGAZZA YEMENITA

Einaudi, 2009

Guanda, 2009-08-06

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MARATONA FOTOGRAFICA TRA VOLONTARI La maratona di fotografia si svolgerà in concomitanza con la Festa provinciale del volontariato di Padova, organizzata dal Centro servizio volontariato provinciale locale (Csv). La contemporaneità di molti momenti di festa con numerose attrazioni presenti nelle piazze cittadine offrirà diversi spunti creativi. Le foto potranno essere realizzate in bianco e nero o colore, con macchina digitale. Ogni partecipante ha a disposizione 6 ore per effettuare 12 foto su 6 temi dati. Ogni tappa è occasione per scambiarsi esperienze, impressioni e fare conoscenza. La consegna dei premi avverrà il 5 dicembre, in occasione degli eventi previsti per la “Giornata internazionale del volontario”; in tale contesto sarà realizzata un’esposizione delle foto premiate. L’iscrizione è limitata a 100 partecipanti. La quota di partecipazione è di 5 euro.

PILOTA E FOTOGRAFO, A MANTOVA GLI SCATTI DI TAZIO NUVOLARI

FINO AL 27 SETTEMBRE 2009 MARATONA FOTOGRAFICA DI PADOVA

FINO AL 18 DICEMBRE 2009 FRUTTIERE DI PALAZZO TE MANTOVA

“Quando scatta Nuvolari”. È questo il titolo della mostra fotografica dedicata al grande pilota automobilistico, curata da Gianni Cancellieri e Adolfo Orsi. Pochi sanno che il campione, oltre a essere un asso del volante, è stato anche un talento della fotografia. Si tratta, dunque, di due mostre in una: un percorso dedicato al pilota e uno dedicato al fotografo, che spesso coincidono perché il pilota fotografa momenti e protagonisti del mondo internazionale delle due e delle quattro ruote. Le immagini appartengono a un gruppo di oltre duemila negativi rinvenuti recentemente, studiati e digitalizzati grazie alla Fondazione Banca Agricola Mantovana che promuove la mostra. Da una parte le foto svelano l’anima profonda di Nuvolari, toccata dalla morte dei due figli, Giorgio, deceduto nel 1937, e Alberto, nel 1946, entrambi diciottenni. Sono immagini, datate soprattutto tra il 1937 e i primi anni della Seconda guerra mondiale, che tracciano un percorso tra pubblico e privato: la moglie, i figli, il mondo delle corse, i viaggi. Dall’altra c’è l’epopea emozionante dell’asso al volante, che fra moto e auto collezionò 141 vittorie, 5 primati internazionali di velocità, 1 titolo di Campione d’Europa e 7 di Campione d’Italia.

www.centropalazzote.it

BELLEZZA BRAND, L’APPARENZA INGANNA

LA STRADA PER IL VOYER ARTISTA

NETWORK DI CITTÀ IN CONTINUA TRANSIZIONE

«Occidentalizzare il corpo umano è diventata una nuova forma di globalizzazione, e l’omologazione dell’apparenza ha trasformato la bellezza in un brutale brand universale». Zed Nelson propone una serie di immagini straordinarie, al confine tra arte e fotografia di documentazione, per innescare una riflessione sul mondo in cui viviamo, fatto di ricompense e punizioni sociali, psicologiche ed economiche, tutte fondate sul modo in cui si appare. Nelson ha incontrato chirurghi plastici, ragazze anoressiche, reginette di bellezza bambine, aspiranti modelle, casalinghe, pornostar, uomini d’affari e militari. Se i soggetti ritratti sembrano far parte, felicemente, di una cultura tutta basata sul miglioramento fisico, mostrano anche il volto di vittime sfortunate, alla mercè di forze e dinamiche che non governano e chiuse nel loro insaziabile bisogno di approvazione. Una riflessione su quale sia il nostro ruolo e quale il nostro posto all’interno di una cultura che ci spinge costantemente a giudicare, e a essere giudicati, in base alle nostre apparenze.

Saul Leiter ha una storia particolare. Comincia i suoi studi alla scuola teologica di Cleveland e a 23 anni intraprende la carriera di pittore a New York. Ama sperimentare e presto con la fotografia matura la sua filosofia rivolta al vissuto e alla strada. Corre lungo i marciapiedi per cercare il ritmo nelle insegne al neon o nei visi dei passanti. Il suo lavoro è un insieme di immagini coerenti che lui compone, foto dopo foto, con rara originalità. Le sue trasparenze sono sofisticatissime e semplici. Come i titoli delle sue foto: suole, semaforo rosso, cappello di paglia. Perché è proprio un particolare che rende significativo quello scorcio, quello sguardo, quel lampo di luce. E poi, quando i titoli non bastano più, ci saranno tante foto chiamate semplicemente strada, strada, strada: palcoscenico straordinario, regno del voyerismo e del distacco.

Se siamo stati creativi nel creare i presupposti del riscaldamento globale, perché non esserlo nel ripensare il nostro modello di relazioni e sviluppo? Su questa semplice base teorica si presenta il “network di transizione”, una realtà internazionale presente in Giappone, Stati Uniti, Sud Africa e Nuova Zelanda e che muove i primi passi anche in Italia. La Transizione, nata da una intuizione del docente Rob Hopkins, si presenta come un «movimento culturale impegnato nel traghettare la società industrializzata dall’attuale modello economico basato su una vasta disponibilità di petrolio a basso costo e sulla logica di consumo delle risorse a un nuovo modello sostenibile non dipendente dal petrolio e caratterizzato da un alto livello di resilienza», termine che indica la capacità di autoripararsi dopo un danno. I progetti di Transizione mirano a creare comunità libere dalla dipendenza dal petrolio e fortemente resilienti attraverso la ripianificazione energetica e la rilocalizzazione delle risorse di base della comunità. Tra le prime realtà in Italia si segnalano Monteveglio, Granarolo, Lucca e Carimate oltre alla città dell’Aquila.

www.csvpadova.org ZED NELSON LOVE ME

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multimedia

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SAUL LEITER FOTONOTE

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IN PIAZZA E SUL WEB IN VETRINA FIRENZE ETICA E IL BIOQUARTIERE Realizzato da Toscana Etica «Associazione di promozione sociale per valorizzare e fare emergere nuovi stili di vita», il sito firenzetica.it offre una panoramica aggiornata sul mondo equo e solidale fiorentino. «L’intento - spiegano gli autori - è quello di coinvolgere vaste comunità di persone per sensibilizzare il loro spirito collettivo dal punto di vista sociale ed economico». I quattro punti fondamentali della filosofia del progetto sono: ricercare, creare, trasmettere e promuovere. Tra i progetti, oltre alle pagine dedicate a Firenze etica e Toscana etica, anche il “Bioquartiere”, spazi e progetti dedicati a chi intende privilegiare lo scambio sociale, culturale e umano che intercorre tra chi vende e chi compra veicolando «tradizioni, saperi, eticità che nel commercio tradizionale non trovano spazio». Numerose le realtà locali affiliate dove vengono praticati sconti e che sono spesso coinvolte in iniziative straordinarie sul territorio per coniugare il web e la conoscenza diretta tra i fruitori/artefici di nuovi stili di vita.

www.firenzetica.it

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VIVERE NEL VERDE TRA BOSCHI E ELFI

MISURARE E RIDURRE LE PROPRIE EMISSIONI

La Permacultura insegna a progettare insediamenti umani che imitino il più possibile gli ecosistemi naturali. Sperimentazioni sono in corso in tutto il mondo e può capitare di imbattersi, appena usciti dalle strade principali, in piccole comunità e villaggi perlopiù montani che hanno ritrovato la vita grazie a gruppi di sperimentatori di nuovi stili di vita. In Rete e nelle librerie le informazioni sono scarse, anche perché le comunità sono quasi sempre concentrate sul lavoro quotidiano e sul contatto diretto tra i residenti e meno sulla comunicazione verso l’esterno. Un interessante blog ne ha mappate alcune tra le più interessanti, oltre ad offrire link alle più rilevanti esperienze internazionali. Fotografie e video raccontano progetti come quello delle case di paglia della comunità di Basilico, Pastoraio, Nomadelfia o delle comunità di permacultura in Australia e Brasile, sorte all’insegna di una ragionevole utopia del vivere e della condivisione organizzata.

Un facile calcolatore per misurare le emissioni di anidride carbonica della nostra vita quotidiana. Carbon Limited, giunto al terzo anno di vita, permette di inserire alcuni semplici dati che consentono di avere una verosimile misurazione dell’impatto ambientale della nostra vita per poter eventualmente capire dove intervenire per essere maggiormente coerenti e meno “impattanti”. Le emissioni di anidride carbonica, spiegano gli autori del sito, sono la causa primaria del cambiamento climatico che porterà a devastanti conseguenze sullo sviluppo e per la sicurezza degli esseri umani nel mondo. Il sito offre contenuti speciali tra cui resoconti e reportage su esperienze internazionali e le sempre presenti faq, domande frequenti, su un tema così spesso dibattuto e che potrebbe fornire ad ognuno l’occasione di modificare alcune abitudini quotidiane. Analogo servizio viene reso da numerosi altri siti tra cui quello di Iclei, associazione di comunità locali per la sostenibilità.

utopiaecomunita.blogspot.com

www.rsacarbonlimited.org /aboutcarbonlimited www.iclei.org

transitionitalia.wordpress.com |

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IL BIRRIFICIO DEI BRIGANTI CHE FORNISCE I GAS

LA PESCA IN SOCCORSO DI ECOSISTEMI E TRADIZIONI

PER DISINFETTARE È MEGLIO L’OZONO

PER RIDURRE LA CARTA ARRIVA L’E-BOOK

La sostenibilità ambientale passa anche attraverso l’ozono. Un’azienda vicentina, la Evergreen Tecno Plants srl, propone un’alternativa all’uso di prodotti chimici per la disinfezione di ambienti, di acqua e di aria. Grazie all’ozono, che in natura si forma per irradiazione dei raggi solari ultravioletti oppure con le scariche elettriche dei fulmini, si abbatte il “rischio microbiologico”: l’ozono diffuso in acqua può sostituire in buona parte il cloro, più invasivo e che negli ambienti chiusi penetra dove altre sostanze non arrivano. Gas instabile che va creato al momento dell’utilizzo, l’ozono non lascia poi traccia o residuo chimico. Attualmente copre solo il 2-4% del mercato, ma ha buone prospettive di crescita per la sua vocazione “verde” e i minori costi energetici per la produzione d’acqua calda e vapore, normalmente usati per sanificare le superfici. Per questo si sta facendo spazio nelle aziende agroalimentari e farmaceutiche, in ospedali, acquari, vivai ittici. La differenza si sente anche quando mangiamo un’insalata confezionata lavata con acqua al cloro o sanificata all’ozono. www.evergreentecnoplants.com

Timide apparizioni nelle edicole italiane di nuove testate dedicate ai temi delle ecosostenibilità. Riviste monotematiche dedicate al cohousing, alla bioarchitettura, alla trasformazione di ruderi e rustici in aziende improntate alla permacultura. Resta il problema, sempre più appassionante per gli addetti al settore, di quanto carta stampata e distribuzione nazionale delle riviste impattino sull’ambiente oltre all’impossibilità di aggiornamento dei contenuti nell’era in cui i ragazzini crescono con capacità multitasking e approccio multimediale. Per ora si segnalano in Italia una quarantina di siti che offrono contenuti assimilabili agli e-book (testi in pdf e word da leggere sul portatile) e operazioni di Fnac e Feltrinelli che mettono in vendita l’e-book reader di Amazon. Intanto la Biblioteca di Scienze dell’Università degli Studi di Firenze sperimenta l’utilizzo degli e-book reader «per limitare al massimo l’utilizzo della carta. Gli e-book reader saranno le nostre stampanti virtuali, poi vedremo se e come ampliarne l’utilizzo verso gli utenti stessi» spiega il direttore della biblioteca fiorentina, Paolo Salvi.

Br’hant in dialetto lucano significa “brigante”. Un termine diffuso nell’Ottocento, quando i boschi locali davano rifugio a bande di rivoltosi. Quel termine dà oggi il nome alle birre artigianali del primo microbirrificio della Basilicata. I proprietari, una coppia di giovani agronomi, sostengono prodotti a “chilometro zero” con canali di vendita diretta a fiere, pub locali e ai gruppi d’acquisto solidali. «Usiamo malti e orzo lucani per stimolare l’agricoltura locale», spiega il titolare, Felice Curci. «E, vendendo la nostra birra direttamente, riusciamo a ripianare la differenza di costo con i prodotti industriali. I rapporti con i Gas sono poi un ottimo canale per diffondere stili di commercio più sostenibili». Dallo stabilimento escono due tipi di birra: la Ninco Nanco (un sottotenente dei briganti), giallo ramato e sentori fruttati. E la Crocco (generale dei briganti), una birra da meditazione dal colore ambrato e dalle note caramellate. Ma arriveranno altre due, di gradazione superiore. Prenderanno il nome di due brigantesse. Perché anche fra i briganti, le quote rosa sono importanti.

MANNA DAI FRASSINI: NELLE MADONIE LE ULTIME PRODUZIONI TUTELATE DA SLOW FOOD Alzi la mano chi sa che cos’è la manna. «La manna venuta dal cielo?», direte voi. No, la manna contenuta nella corteccia dei frassini. Una sostanza meno mistica di quella che sfamò per grazia divina i Giudei durante l’esodo, ma dalle caratteristiche altrettanto preziose. La lista delle virtù di questo alimento dolcissimo è impressionante: digestivo, blando lassativo, dolcificante per diabetici (non altera il livello glicemico del sangue) e nelle cure dimagranti, decongestionante per il fegato, indicata per svuotare la cistifellea dalla bile, espettorante, sedativo della tosse, calmante nelle bronchiti, faringiti, laringiti, tonsilliti. E ancora: rende liscia la pelle, spiana le rughe, favorisce la cicatrizzazione delle ferite, aiuta nella cura di piaghe e ulcere. Questo prezioso prodotto viene ormai coltivato solo in pochi ettari (appena 250), nelle Madonìe, tra Pollina e Castelbuono, in provincia di Palermo. Retaggio di una produzione che, fino agli anni ’50, coinvolgeva tutta la Sicilia nord-occidentale e dava lavoro a migliaia di persone. Per estrarla, gli ultimi frassinicoltori, tra luglio e agosto, incidono la corteccia dei tronchi e fanno colare una sostanza resinosa lungo fili di nylon. Si formano così cannoli di manna purissima, lunghi oltre un metro, che vengono fatti essiccare e venduti a 100 euro al chilo (il quantitativo che si estrae da un intero albero). In soccorso di questo tipo di coltivazione tradizionale si è mobilitata Slow Food che l’ha inserita tra i suoi 177 presìdi.

Il Mare Nostrum offre oltre 500 specie di pesce eppure (quasi) tutti noi - dati alla mano - finiamo per mangiarne solo quattro (di solito merluzzo, tonno, calamari e pesce spada). Colpa della pesca industriale (effettuata, al largo, con grandi barche e con le dannosissime reti a strascico), che ormai ha standardizzato i sistemi di pescaggio e i nostri gusti. Contro questa logica varie realtà portano avanti la filosofia della “piccola pesca” (pescherecci che lavorano a meno di 12 miglia dalla costa con reti non invasive). Tra Catania e Licata opera la Cooperativa del Golfo, che copre l’intera filiera: pesca, trasformazione e distribuzione. «Questa pesca non danneggia i fondali, rispetta il ciclo biologico e le stagionalità», spiega il responsabile Gaetano Urzì. «Il pesce al largo ha il tempo di riprodursi e noi peschiamo quello vicino alla costa». La cooperativa vende anche ai Gas: «Sono sensibili a questo approccio». Il prossimo passo: distribuire il pescato fresco, collaborando con cooperative di altre regioni e coi Gas più strutturati, che possono fare da snodo per altre realtà.

www.birrificiolucano.it

www.mannadisicilia.it

www.cooperativadelgolfo.it

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GPS E BLACKBARRY PER CONTROLLARE I CANI E PER LA NOSTRA SICUREZZA Pratico più che romantico, è stato presentato il nuovo gadget della collana “tracciabilità del segnale”: un collare gps al servizio del proprio cagnolino per rintracciarlo in caso di fuga improvvisa. Il servizio viene offerto da una società statunitense che ha pensato di introdurre nel collare un segnalatore Gps collegato a una centrale operativa. A cura dei proprietari umani del cane resta il segnalare una zona, chiamata “SafeSpot”, in cui l’animale ha libertà di movimento. Appena il segnale, analogo a quello di un telefonino cellulare, viene segnalato fuori dalla zona consentita si viene avvisati tramite email o sms con operatori che guidano il proprietario fino al ritrovamento. In caso di smarrimento notturno sul collare viene accesa una luce led, visibile da 100 metri di distanza, che illumina il collare. Sempre tramite Gps una società di Milano offre invece un servizio all’insegna dei timori per la sicurezza personale: tramite il Blackberry che vi viene affidato, la sua telecamera e il rilevatore Gps, una postazione di controllo vi monitorerà ventiquattr’ore su ventiquattro. In caso di aggressioni, promette la società, se non altro resterà traccia dell’esatto luogo in cui sono avvenute.

future

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PROVE TECNICHE DI COHOUSING A MILANO

DALLA BBC NEL 2010 DOCU DIGITALI INTERATTIVI

Almeno sulla carta, si segnala un grande fermento ideativo a Milano per sperimentare il cohousing. Dagli uffici dell’Assessorato al Territorio, impegnato sui temi del nuovo Piano Generale Territoriale della città che si è aggiudicata l’Expo 2015, sono uscite proposte e delibere per introdurre e regolamentare i progetti di abitazione condivisa a Milano. Nella città al 49° posto per qualità della vita e in cui i luoghi comuni di marciapiedi sovraffollati di automobili, smog e scarsa attenzione alle esigenze dell’essere umano trovano facile riscontro nella quotidianità, si guarda alle migliori esperienze estere per varare il cohousing. Come il Quayside Village di Lower Lonsdale (foto), non lontano da Vancouver (Canada), una palazzina multiculturale e multigenerazionale con orto comune, area per il compostaggio, uffici, stanze per gli ospiti e sale da pranzo condivise. Oppure la comunità di Cotati (California), nei pressi di San Francisco, sorta per sperimentare sostenibilità ambientale e qualità della vita. Gli ospiti condividono lavanderia, spazi per gli incontri e gestiscono quattro negozi su strada.

Il nome provvisorio è «Digital Revolution» e la programmazione è prevista nel 2010 su Bbc2, canale della londinese Bbc. Digital Revolution vuole essere «un documentario aperto e collaborativo sul modo con cui il web sta cambiando le nostre vite: aprire il più possibile il processo di produzione e condividere al massimo il nostro pensiero» annuncia, ovviamente via Rete, il canale televisivo che da alcuni anni sta compiendo sperimentazioni rilevanti nel settore dell’Open Source. Digital Revolution è stato progettato con la Open University e si avvale della consulenza di Aleks Krotoski, esperta di web e “esperienze videoludiche” che ha anticipato sul blog di Bbc alcune tematiche che saranno affrontate dal documentario. Ente televisivo di Stato, Bbc ha presentato inoltre la versione finale di Glow, libreria Javascript che l’azienda pubblica sviluppa ed utilizza da anni all’interno dei propri siti web e che è ora stata rilasciata completamente open source. Sul sito di Bbc alcune demo spiegano le funzionalità di Glow agli utenti.

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ANNO 9 N.72

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SETTEMBRE 2009

| valori | 71 |


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indiceverde

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VALORI SOLAR ENERGY INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

PAESE

Conergy Centrotherm Photovoltaics Evergreen Solar First Solar GT Solar Manz Automation Meyer Burger Phoenix Solar PV Crystalox Solar Q-Cells Renewable Energy Corporation Roth & Rau SMA Solar Technologies Solar Millennium Solaria Solarworld Solon Sunpower Suntech Power Sunways

Sistemi fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Celle e moduli fotovoltaici Moduli fotovoltaici (film sottile) Linee produttive per pannelli solari Linee produttive per pannelli solari Seghe speciali per lavorazione pannelli Costruzione di centrali solari Silicio policristrallino Celle fotovoltaiche Silicio, celle, moduli fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Inverter solari Solare termico Moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Moduli e sistemi fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e inverter solari

Germania Germania USA USA USA Germania Svizzera Germania Gran Bretagna Germania Norvegia Germania Germania Germania Spagna Germania Germania USA Cina Germania

CORSO DELL’AZIONE 19.08.2009

RENDIMENTO DAL 15.10.08 AL 19.08.09

0,64 € 29,59 € 1,92 $ 128,88 $ 5,28 $ 41,30 € 174,80 CHF 34,53 € 85,40 £ 11,40 € 42,76 kr 19,87 € 52,75 € 21,57 € 2,21 € 14,87 € 9,00 € 26,03 $ 15,84 $ 2,62 €

-84,91% 0,20% -47,70% -0,28% -1,21% -45,17% 8,16% 13,25% -37,41% -68,40% -49,09% 3,60% 17,90% 31,60% -27,30% -25,35% -63,27% -28,38% -27,37% -6,43%

-21,88% € = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.

Un’estate senza sole di Mauro Meggiolaro

L

A CRISI FA MALE AL SOLARE. Q-Cells, uno dei maggiori produttori tedeschi

Valori Solar Energy Index

–21,88%

UN’IMPRESA AL MESE

di pannelli fotovoltaici, ha chiuso il primo semestre dell’anno con vendite in calo del 37%. Solon, un altro big tedesco, ha riportato perEurostoxx 50 +1,71% dite molto superiori rispetto alle attese. Mentre i mercati sono in ripresa da marzo, il fotovoltaico continua a deludere. L’indice solare di Valori scende ancora e, Rendimento dal 15.10.08 al 19.08.09 dalla sua partenza (15 ottobre 2008) è sotto di 22 punti. Nello stesso periodo l’indice Eurostoxx 50, che misura l’andamento dei mercati europei, è in Meyer Burger www.meyerburger.ch Sede Thun – Svizzera positivo di quasi due punti. I motivi principali delBorsa SWX - Zurigo la crisi dei pannelli sono due: eccesso di offerta di Attività Meyer Burger è un gruppo svizzero, fondato nel 1953, che produce macchine di precisione silicio (la materia prima con cui sono costruiti i per l’industria fotovoltaica, usate in particolare per il taglio dei wafer che costituiscono i moduli moduli) ed eccessiva dipendenza dei produttori dei pannelli. È attiva anche nel mercato dei semiconduttori e nel settore dell’ottica di precisione. dai finanziamenti di banche e fondi di private Rendimento 15.10.08 - 19.08.09 +8,16% equity, che in questo periodo non sono disposti a Ricavi [Milioni di euro] Utile [Milioni di euro] Numero dipendenti 2007 rischiare. Il mercato del silicio è passato in meno 2008 di 18 mesi da una situazione di scarsità alla so295,45 630 vrabbondanza. I prezzi sono scesi vertiginosamente. Ma chi ha stipulato contratti di fornitura a 379 135,06 prezzi fissi ora soffre. Anche perché è costretto a 24,67 svalutare pesantemente le scorte. Prima della fine 12,34 dell’anno non si prevedono schiarite.

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ANNO 9 N.72

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SETTEMBRE 2009

| valori | 73 |


| utopieconcrete |

Crimini ambientali

Anno 9 numero 72. Settembre 2009. € 4,00

valori

Facciamo giustizia in nome del Pianeta

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Fotoreportage > Traffic

di Massimiliano Pontillo

ROMA LA CAMPAGNA “JUSTICE FOR PLANET EARTH”, promossa dall’Accademia internazionale di scienze ambientali di Venezia, presieduta da Adolfo Pérez Esquivel, Nobel per la pace. La nascita di una Corte penale internazionale sui crimini ambientali è una necessità per far fronte a un numero crescente di reati che restano impuniti. Per ora rimane un progetto, ma l’obiettivo è di renderla uno strumento indispensabile. Nelle intenzioni dei promotori la creazione di un tribunale extraterritoriale sull’ambiente dovrebbe funzionare come un deterrente, in modo da incoraggiare pratiche virtuose anche in quei Paesi dove non esistono leggi adeguate. Una delle proposte prioritarie è quella di riconoscere gli eco-crimini come crimini contro l’umanità, permettendo un legame diretto con il diritto internazionale. Agirebbe come una sezione distaccata, ma, al contempo, direttamente collegata al Tribunale penale internazionale dell’Aja. Molti di noi ricordano il caso di Bhopal, la più grave catastrofe industriale della storia. Era il 1984, quando una fuga di 40 tonnellate di isocianato di metile fuoriuscì dagli impianti indiani dell’americana Union Carbide, provocando la morte di 25mila persone e l’intossicazione di altre centinaia di migliaia. Cosa è successo dopo un quarto di secolo? L’unico risultato ottenuto dai familiari delle vittime sono 300 dollari a testa. Altro esempio desolante: il disastro della Erika, la petroliera colata a picco nel Golfo di Guascogna nel 1999. La sentenza francese è solo dello scorso anno ma fortunatamente, almeno, è stato previsto un cospicuo risarcimento e riconosciuto le gravi responsabilità della Total. La campagna “Justice for Planet Uno degli aspetti critici risiede nelle leggi in vigore Earth” punta a costituire una nei singoli Stati. Nonostante la Ue sia riuscita ad approvare corte penale internazionale che importanti normative, nei Paesi in via di sviluppo giudichi gli eco-crimini, collegata c’è un’impressionante mancanza di tutele. In Argentina al tribunale dell’Aja. Ma servono è stato posto il veto su una legge che avrebbe dovuto le adesioni di almeno 71 Paesi tutelare i ghiacciai per non ostacolare le industrie minerarie! La campagna è solo agli inizi ma è già stata firmata da diverse personalità del mondo della scienza, della politica e dell’arte. Per poter procedere alla formale nascita dell’istituzione sono necessarie le firme di almeno 71 Paesi. Non mancano gli scettici, secondo i quali la giustizia internazionale non sarebbe una garanzia per i crimini contro l’ambiente. È abbastanza inconfutabile, in verità, che la Corte dell’Aja dipenda dalla volontà politica delle grandi potenze. Bisognerebbe rafforzare i sistemi giudiziari locali. Dobbiamo altresì constatare che anche laddove esistono leggi adeguate uno dei principali ostacoli rimane la dipendenza della magistratura dall’esecutivo. Tuttora però le soluzioni non mancano. È il caso della Costa d’Avorio, dove il presidente Gbagbo dietro un risarcimento di circa 150 milioni di euro ha bloccato i procedimenti contro la Trafigura, multinazionale che nel 2006 ad Abidjan causò la morte di decine di persone e l’intossicazione di altre 100mila. I familiari delle vittime, per ottenere giustizia, si sono rivolti a un tribunale di Londra e ad uno di Amsterdam, rispettivamente sedi finanziaria e legale della società. Così la verità sta emergendo: secondo i risultati recentemente pubblicati dall’istituto olandese di analisi legali, i fusti scaricati non contenevano semplici scarti derivati dalla pulitura delle cisterne ma anche 2 tonnellate di idrogeno solforato, sostanza assai velenosa che inibisce l’olfatto e provoca la morte per inalazione.

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ANNO 9 N.72

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SETTEMBRE 2009

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ALESSANDRO COSMELLI / CONTRASTO

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O SCORSO GIUGNO È STATA LANCIATA A

Dossier > L’Italia rifiuta la mobilità sostenibile. Troppi interessi economici in gioco

Futuro auto-immune Finanza > Il Manifesto di riforma della finanza: da Terra Futura a Pittsburgh Economia solidale > Quale identità per i Gas? È ora di avviare un dibattito Internazionale > La crisi colpisce anche i super-ricchi, ma si alzeranno presto Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

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