Rivista lasalliana 2-2010

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Roberto Alessandrini

to, il riso può svilupparsi retoricamente non solo nella direzione della hurbanitas cortigiana, ma, soprattutto, nella predicazione popolare, divenendo strumento di apostolato destinato a conservarsi nel teatrino edificante della pedagogia barocca come nel divertimento “sano e onesto” che caratterizza la moderna esperienza dell’oratorio. Il riso, che individua nelle feste i momenti istituzionalizzati per eccellenza, viene considerato un’arma efficace per chi ha il compito di predicare28, come accade, dall’inizio del XIII secolo, ai nuovi Ordini mendicanti, spesso messi a confronto con i giullari e invitati ad essere un esempio di virtù sulla base dell’armonia tra voce, espressione del viso e gesto, le tre “lingue” dell’oratore. La stessa tradizione antica e medievale aveva opposto la negativa gesticulatio dell’istrione al positivo gestus del buon oratore e del buon cristiano29 e anche il riso, l’oscenità verbale e gestuale e le tecniche espressive proprie del buffone, del ciarlatano e del commediante non erano del tutto estranee ai predicatori30. Imitare teatralmente il verso degli animali e di personaggi grotteschi, raccontare barzellette, far fingere a un laico di essere sacerdote, compiere gesti irriverenti, dire parole senza senso o sconce, esibire i genitali, imitare l’atto sessuale e inscenare comportamenti onanisti o forse omosessuali sono gli elementi fondamentali del risus paschalis. Si tratta di un’usanza radicata nel costume ecclesiastico e ritenuta lecita anche da alcuni vescovi, secondo la quale il sacerdote, in chiesa, la mattina di Pasqua, facendo ricorso a buffonate e sconcezze, deve rallegrare il popolo dopo la tristezza della lunga quaresima per celebrare gioiosamente la resurrezione di Gesù31. Solo alla fine del XVIII secolo papa Benedetto XIV esorterà “ad estinguere fino alle radici quella cattiva consuetudine”. Accanto ad essa si era sviluppata in gran parte dell’Europa una festa burlesca che cadeva nel periodo natalizio, tra il 6 e il 28 dicembre, detta episcopus puerorum o episcopellus: un bambino vestito da vescovo entrava in chiesa, benediceva i fedeli e rivolgeva loro una predica scurrile32. Esistevano inoltre feste dei folli, proibite dalla Chiesa già nell’VIII secolo, ma ancora vive

Cfr. Carla Casagrande e Silvana Vecchio, I peccati della lingua. Disciplina ed etica della parola nella cultura medievale, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1987; Jacques Le Goff, “Rire au MoyenÂge”, in Cahiers du Centre de recherches historiques, 3, 1989; Roberto Alessandrini e Michelina Borsari, a cura di, Il sorriso dello spirito. Riso e comicità nella cultura religiosa dell’Occidente, Fondazione San Carlo e Banca Popolare dell’Emilia-Romagna, Modena 2000. Sul riso si veda anche Simone Clapier-Valladon, “L’homme et le rire”, in Histoire des Moeurs, vol. II, Gallimard, Paris 1991, pp. 247-297. 29 Jean-Claude Schmitt, Il gesto nel medioevo, op.cit., p. 253 e 257. 30 Piero Camporesi, Rustici e buffoni, Einaudi, Torino 1999, p. 111. 31 Maria Caterina Jacobelli, Il Risus paschalis e il fondamento teologico del piacere sessuale, Queriniana, Brescia 1990. 32 Giuseppe Maria Viscardi, “Undicesimo: non giocare. Feste, giochi e divertimenti nell’Europa moderna tra cristianizzazione e secolarizzazione”, in Giuseppe Imbucci (ed.), Il gioco pubblico in Italia. Storia, cultura e mercato, Marsilio, Venezia 1999, p. 115. 28


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