Rivista lasalliana 2-2010

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Roberto Alessandrini

Ritrovarsi in una comunità, recitare preghiere, cantare inni, muoversi in processione, distribuire cibo consacrato, scambiarsi doni, immergersi in fiumi sacri sono gesti che appartengono a molte religioni. Il rito, intimamente legato al corpo e “gestuale da cima a fondo”11, è infatti un ordinatore dell’esperienza di senso, uno specchio che riflette storia e vissuti umani e che consente al corpo di divenire strumento dell’anima. Parole e simboli esprimono gli elementi costitutivi della fede cristiana, di cui la liturgia è una forma drammaturgica che li rende visibili e udibili all’intera comunità attraverso gesti adeguati e comportamenti diversi da quelli comuni della vita quotidiana12. Ma la devozione prevede anche di camminare all’interno delle chiese – a questo scopo l’architettura gotica si dota del deambulatorio (detto anche ambulacro), un corridoio intorno al coro e all’abside – di sostare davanti alle stazioni quaresimali, di avanzare in processione, di intraprendere pellegrinaggi con intenzioni penitenziali o di supplica a Gerusalemme, Roma, Pompei, Lourdes, Santiago de Compostela13. Se il sacramento, come sostiene il teologo H.U.von Balthasar, è il gesto ecclesiale di Gesù Cristo verso l’uomo, la Chiesa non fa altro che prolungare e attualizzare i gesti di Gesù, fungendo da scrigno e da vetrina attraverso celebrazioni segnate da una significativa sovrabbondanza sensoriale. Il culto cristiano è pieno di simboli e di gesti corporei14 e il Canone romano è prodigo di dettagli gestuali: prendere il pane, alzare gli occhi al cielo, rendere grazie con la preghiera di benedizione, spezzare il pane, darlo ai discepoli e poi fare altrettanto con il vino. Una prosa liturgica che sintetizza la gestualità di Gesù, il quale non ha compiuto gesta spettacolari, ma gesti quotidiani poco appariscenti15. Poco appariscenti, ma significative sono anche le posizioni che il fedele assume nel corso della celebrazione della messa: in piedi, in ginocchio e seduto. La posizione in piedi è la classica disposizione della preghiera per gli ebrei e per i cristiani dei primi secoli e indica attenzione, prontezza, disponibilità. La posizione seduta esprime pace e distensione, disposizione alla concentrazione e alla meditazione, ascolto e ricettività. La posizione in ginocchio esprime invece umiltà, adorazione, penitenza, preghiera personale, supplica.

J.L. Rivière, “Gesto”, in Enciclopedia, Einaudi, Torino 1979, VI, p. 788. L’espressione è di monsignor Malcolm Ranjith, segretario della Congregazione per il culto. Cfr. Marco Politi, “Liturgia. ‘Perché Ratzinger recupera il sacro’”, in Repubblica, 31 luglio 2008. 13 Cfr. Josè Aldazàbal, Simboli e gesti. Significato antropologico, biblico e liturgico, Elle Di Ci, Leumann 1987, pp. 236-245. 14 Keith F. Pecklers, Liturgia. La dimensione storica e teologica del culto cristiano e le sfide del domani, Queriniana, Brescia 2007, p. 12. 15 Giancarlo Biguzzi, “Gesù e la gestualità”, in Piero Stefani (ed.), La gestualità e la Bibbia, Morcelliana, Brescia 1999, pp. 33 e 35. 11

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