Rivista lasalliana 2-2010

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Nicolò Pisanu

ra in cui queste due sequenze sono sincrone, contribuiscono all’omeostasi; se una delle due è carente o assente insorgono patologie o l’educazione si riduce ad allevamento. La storia di Victor, il ragazzo selvaggio dell’Aveyron7, è esemplare a tale proposito, laddove il lavoro educativo del Dr. Itard raggiunge risultati insperati, smentendo la rozza diagnosi di Pinel. Se, infatti, le alchimie relazionali provocano dei cambiamenti, se non altro a livello di stati emotivi, a prescindere dalla consapevolezza del soggetto, la relazione per eccellenza è quella educativa, con il suo dischiudersi finalistico e intenzionale. In questa ottica, l’educazione diventa, quindi, relazione capace di nutrire, cioè di prima necessità e utilità per la persona, la cui mente è predisposta a recepirla, in quanto apporta significato alla risposta meccanica dell’apparato psicobiologico, distinguendo così l’uomo dalle altre specie animali. Relazione storicamente e culturalmente mutevole, poiché legata alla persona e al suo modo di rappresentarsi nel tempo, e avente per scopo un cambiamento modale. Educazione come rappresentazione delle modificazioni modali che coinvolgono singoli individui; legittimabile, in quanto rappresentazione storicamente, linguisticamente e geograficamente relativa a quanto nelle culture umane sta ad indicare un processo di mutamento. Mutamento che è una sostanza materialmente visibile, emotivamente percepibile e quantitativamente misurabile. Educazione deputata a seguire pari passo e ad imprimere significato allo sviluppo della mente. Il cambiamento, assunto dunque ad esempio, modello, paradigma fondamentale dell’evento educativo diventa l’unità fenomenica percepibile, narrabile, osservabile nell’immediato, verificabile in ordine a competenze e capacità, condotte, idee prima non possedute o differenti da quelle attese8, ricerca di senso e significato. Qui si consuma la grande alchimia che accompagna l’uomo per tutto l’arco della sua esistenza: cambiamento come necessità; relazione come strumento; omeostasi esistenziale come fine. Parafrasando Watzlawick9, possiamo affermare che come è impossibile non comunicare perché ogni forma di comportamento è comunicazione, così è impossibile non educare perché ogni forma di relazione è educazione in quanto provoca un seppur minimo cambiamento, in proporzione alla pregnanza ed agli attori dell’incontro. Va da sé che ogni relazione assume caratteristiche e valori differenti, quindi, diventa regista di altrettante diverse alchimie. Qui troviamo la discriminante degli stili educativi e i conseguenti esiti comportamentali; non a caso Pinocchio incontrando Luci-

7 Itard J., Memoria sui primi progressi di Victor dell’ Aveyron , 1801; Rapporto sui nuovi progressi di Victor dell’ Aveyron, 1807. 8 Demetrio D., Educatori di professione, La Nuova Italia, Firenze 1993. 9 P.Watzlawick-J.H.Beavin-D.D.Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1971.


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