Il Sicomoro - Ottobre 2010

Page 1

Periodico del Gruppo Esperienza Parrocchia di S. Teresa di Gesù Bambino Via Nicolardi 225 ‐ Napoli Anno 14 ‐ O obre 2010 Gesù, entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse in avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo. Gesù alzò lo sguardo e gli disse: <<Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua>>. In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. (Lc 19, 1-6) Il sicomoro è l’albero su cui sale Zaccheo; è ciò che gli permette di vedere oltre il proprio punto di vista ed i propri limiti e di lasciarsi “guardare” e scegliere da Gesù.

di Paolo Flagiello

È

già Settembre, la gioia più adatto e congeniale a se stessi:

degli inizi rinfranca il cuore e ci dà il coraggio di riprendere in mano le redini della propria vita personale e comunitaria. Come i nostri figli sentiamo l’odore di libri e quaderni nuovi, riordiniamo le cose per ripartire al meglio, prepariamo la cartella per affrontare il viaggio. I compagni sono quelli di un tempo, ce ne saranno poi sempre di nuovi, lo stupore e le attese per le novità ci danno stimoli e forze rinnovate. Si camminerà tra certezze, stabilità e nuovi orizzonti. Stabilità: la forza delle radici, della storia, del “dove” e del “quando” da cui proveniamo. Ci guardiamo indietro e lodiamo il Signore per quanto ha preparato per noi. Nulla ci era dovuto, ma Lui lo sognava per noi. Nuovi orizzonti: le strade che ci indicherà, che per obbedienza di figli rincorreremo e accoglieremo. Strade che non saranno mai generiche, vaghe, ma avranno volti e appelli chiari, che ci provocheranno chiedendoci la vita.... Pericoli: frazionare e scegliere ciò che sembra

della storia e delle novità prendo solo ciò che mi serve o fa piacere. Non sarebbe vera fedeltà a Dio, né alla consapevolezza che ciò che pensa e prepara per me è l’unica possibilità di felicità e pienezza. Ricordiamo, dunque, che la storia non si può adattare “a posteriori”: è quella e basta! La amo, la rispetto, rendo grazie per essa.. in caso contrario mi starebbe stretta, mi soffocherebbe e ad essa mi ribellerei andando via o violentandola. Ricordiamo, poi, che gli orizzonti, in quanto tali, non sono in nostro possesso, né a nostra discrezione, sono staccati dal nostro naso proprio per essere preservati da ogni tipo di indebita cattura. Chi ce li rivela è il Signore, nella mediazione di chi nella Chiesa guida e serve, prendendo a cuore le intuizioni che ciascuno ha. Volendo tracciare con un movimento figurato la linea che lega passato, presente e futuro, storia ed orizzonti, radici e ali, allora, possiamo pensare ad un colpo d’occhio che parte “dietro”, alle spalle; prosegue “dentro”; si alza “in alto” e ten-

de “in avanti”. Mi dico, così, da dove sono stato generato, sentendo che una certa storia permea ogni parte di me e con lo sguardo in alto, al Dio che ama la mia vita, tendo con Lui e i Fratelli alle mete che prepara e nelle quali ci attende... forse anche questa notte stessa. Carichiamo allora le nostre lampade, come le vergini sagge, con l’olio della vigilanza: nella Preghiera, preparandoci a vivere meglio la nostra Eucaristia domenicale e rinvigorendo gli spazi quotidiani di colloquio col Signore; nell’ascolto della Parola, con l’ inderogabile fedeltà al Sabato e ai percorsi che con la nostra guida abbiamo individuato; nella Vita Comune, donandoci senza remore ai Fratelli, nella verità e nell’amore coniugati sempre assieme. Contrariamente non ci ri-conoscerà come quelli che un tempo hanno avuto la forza e il coraggio di vivere in Lui e come vergini stolte, avremo perso la speranza delle nozze. Santa Teresa, nostra compagna e testimone ci sostenga e interceda per noi. Uniti sempre, Paolo.


N

el luglio del 2005 fui chiamata dai fratelli della Segre‐ teria ad occuparmi del Sicomoro. Avevo fa o l’Espe‐ rienza da due anni e con grande preoccupazione, more e senso di inadeguatezza iniziai a svolgere que‐ sto servizio che inspiegabilmente lo Spirito Santo mi aveva voluto affidare. Il Signore ci chiama sempre laddove noi non ci sarem‐ mo mai potu immaginare, le Sue vie sono im‐ perscrutabili ed è impossibile pre‐ vedere cosa Lui vorrà da noi. Ed allora, pur non capendo perché proprio io mi affidai ed iniziai quella avventura. Con il Suo aiuto sono pas‐ sa 5 anni nei quali il giornalino è sta‐ to per me un impegno costante e pun‐ tuale, un’esperienza davvero forte ed intensa che il Signore mi ha voluto far vivere. Certo io ci ho messo la mia

2

Il mio saluto... fa ca, le mie ansie, a volte il sonno, ma sapete tu o questo come veniva compensato e dimen cato? Succede‐ va quando mi arrivavano le vostre tes monianze, le vostre riflessioni; mentre le leggevo per poterle inserire nel giornale tante volte mi sono emo‐ zionata e ho pianto per le profondità a cui può giungere il nostro animo se ci lasciamo condurre per mano dallo Spirito Santo. O ancora succedeva quando distribuivamo il Sicomoro e incontravo lo sguardo di Lella o di Pep‐ pe o di Sabrina o di tan altri fratelli che a endevano con gioia di poterlo leggere. Si, perché anche il Sicomoro è un mezzo per fare unità, per stare in comunione, condividendo con i fratelli le nostre emozioni, i turbamen e le ferite infer dalla Parola di Dio, le spe‐ ranze, i desideri più al ai quali, fre‐ quentando il Signore, stando con Lui, lontano dalla mediocrità, il nostro

cuore può anelare. Ora si chiude questo capitolo e dato che, a mio avviso, cer cambiamen posso‐ no essere solo posi vi, passo con gioia il tes mone alla nostra so‐ rella Paola, augurando anche a lei di vivere l’esperienza del Sicomoro in modo speciale, come è stato per me. All’inizio di questo nuovo anno in cui risuonano ancora for in me le emo‐ zioni vissute al Quinquennale dell’E‐ sperienza di Roma e la forza delle pa‐ role di Angelo durante la condivisione del 18 se embre, auguro buon cam‐ mino a tu . Ripar amo ancora e sem‐ pre da Cristo, contempliamo il Suo Volto e ritroviamo quel Volto nei no‐ stri fratelli di Comunità. <<Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete sta chiama , quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo ba esimo. Un solo Dio Padre di tu , che è al di sopra di tu , agisce per mezzo di tu ed è presente in tu >> (Ef 4,4‐6) Vostra sorella, Imma Romagnuolo

Il Sicomoro si racconta... Chi sono, cosa pensano e cosa fanno quelli (pochi!) del Sicomoro.

Io

di Paola Negro responsabile del Sicomoro?! Macchè! Ci deve essere ges re le ansie derivan da fisiologici ritardi, fare telefona‐ stato un errore di comunicazione! Avranno sbagliato te, lavorare al PC e conciliare tu o questo con la polvere di

persona…un caso di omonimia….io non posso essere casa mia che cresce senza ritegno alcuno. L’unica cosa che

“responsabile”! Ora vi racconto chi sono, così che ciascuno mi riconosco ‐ ma chiedete a Mr. Sergio Negro se è d’accor‐ di voi possa sapere con che razza di Responsabile ha a che do ‐ è la mia capacità di lavorare in mulƟtasking! fare, e decidere se con nuare a leggere o meno questo MulƟtasking?! Certo...come il PC! giornalino, mensile di informazione, condivisione e di Faccio più cose insieme: leggo un libro, giro il sugo, scrivo “inciucio” parrocchiale, e fare così le proprie valutazioni!!! sul mio blog, inoltro e‐mail, lavo il bagno, dò il biberon a Mi piace scrivere, ma per me. Sono una insanabile ansiosa e Gabriele, scrivo SMS, inciucio su Facebook e faccio andare le scadenze mi rendono par colarmente vulnerabile, e que‐ lavatrice e lavastoviglie. Il tu o, disordinatamente! sto ‐ capite bene ‐ mal si sposa con una responsabilità di tal genere: coordinare le a vità di altri, a endere i loro tempi, CONTINUA A PAG. 7


3

di Irene Bertolini

F

inalmente il 18 settembre è giunto! Finalmente la comunità si è ritrovata con due occasioni importanti: la Condivisione e il September Fest. La condivisione aveva come argomento i conflitti nella Chiesa e vi è stata una meditazione di P. Angelo che è partita dagli Atti degli Apostoli 2,42-44 passo cui deve rivolgere lo sguardo quella che anela a diventare una comunità “perfetta”. Quanto detto da P. Angelo mi è risuonato come sprono per il futuro perché i problemi, le difficoltà e la nostra umanità possono essere superate per mezzo della fede in Cristo, così come i contrasti tra la chiesa “giudaica” e quella “ellenistica” e tra le sue guide fecero trionfare nel concilio di Gerusalemme il principio della salvezza solo per mezzo della fede in Lui. Gli Atti, oltre ad avere un importante valore informativo su come nacquero e si svilupparono le prime comunità cristiane e sulle prime tensioni interne, ha anche un importante valore teologico ed ecclesiologico presentando un quadro non solo ispirato ma anche ispirante della vita delle comunità cristiane con cui i credenti di ogni tempo devono confrontarsi e misurarsi. I quattro elementi tratteggiati in At2,42 (l’insegnamento apostolico, l’unione fraterna, lo spezzare il pane e le preghiere) sono vere e proprie notae ecclesiae ovvero elementi costitutivi della Chiesa di Dio di ogni tempo e luogo. Avendo come modello la primitiva comunità cristiana dovremmo essere come i discepoli, ossia un gruppo di persone che sono tirate via dal mondo e messe insieme con una solidarietà nuova, che si chiama Amore. Noi siamo insieme perché ci tiene uniti lo Spirito Santo e siamo uniti da un’unione fraterna cioè la Carità, anch’essa frutto dello Spirito Santo e dall’eucarestia e dalla preghiera. Se riguardiamo le prime comunità cristiane vediamo che in esse vi è letizia e gioia, e proprio quest’ultima costituisce il motivo di maggiore attra-

zione per chi li guarda dall’esterno. Così dovrebbe essere e dobbiamo impegnarci affinché lo sia anche per noi Comunità di Via Nicolardi. Chi ci guarda dovrebbe vedere la nostra letizia e la nostra gioia e dovrebbe comprendere che la vita con il Signore è più bella e che vivere nella sequela di Cristo ti dà e non ti toglie nulla. Le prime comunità erano però costituite anche da un movimento che dal cenacolo dove stavano insieme li portava fuori verso le strade; infatti appena ricevuta la Pentecoste gli Apostoli escono in strada a proclamare con forza che Gesù crocifisso è risorto. I membri della comunità sono divisi, separati dal mondo non per essere isolati o per essere un’élite ma per essere mandati nel mondo con una precisa missione. Gli Apostoli non vanno per il mondo per sentire lusinghe ma per essere fustigati e giudicati, portando in mezzo a queste difficoltà la fiamma che si è accesa a Pentecoste, che cioè Gesù Cristo è il Signore, e con questa fiaccola hanno incendiato il mondo. Questo è anche il motivo della Fiera della Solidarietà, e del “September Fest”: nata per raccogliere fondi per il “Villaggio della Gioia”, questa festa che apre l’anno pastorale 2010-11 serve anche e soprattutto per fare in modo che condividiamo la gioia e la fatica di lavorare insieme per aiutare chi ne ha bisogno, mentre chi ci guarda dall’esterno deve poter dire: “Guarda come si amano e come si donano” e, conseguentemente, essere messo in crisi. Oggi, come sempre, la fede ha bisogno vitale di queste comunità che testimonino come il cristianesimo non può essere vissuto da soli, è fatto per essere un corpo!! Gesù è venuto sulla terra per costruirsi un corpo, un popolo, una sposa, non tanti individui, non ha fatto delle alleanze separate ma ha costituito una comunità che sia riflesso della Sorgente di ogni comunità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che stanno sempre insieme, si amano e sono nella gioia.


4

Il Sicomoro racconta…l’esperienza della mater ità

Viaggio in Nepal di Maria Geremia «Quando ebbe finito di parlare disse a Simone “Prendi il largo e calate le reƟ per la pesca. Simone rispose “Maestro, abbiamo faƟcato tuƩa la noƩe e non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola geƩerò le reƟ“ e, avendolo faƩo, presero una quanƟtà enorme di pesci e le reƟ si rompevano». (Gv 5, 4‐6 )

10 marzo 2010. Questa Parola ci hanno accompagnato fin da quando, la ma na del 10 marzo (alla vigilia della parten‐ za del ri ro su Pietro) ci giunse la telefonata che ci ha scon‐ volto la vita. Eravamo diventa genitori per la seconda vol‐ ta, di un bimbo di 4/6 anni. Quel figlio tanto sognato, a eso, desiderato, non era solo il fru o della nostra immaginazio‐ ne, ora esisteva davvero e, fra poco, sarebbe stato con noi, l’avremmo potuto abbracciare, stringere forte e sussurrargli quante speranze e disillusioni si erano alternate in quegli anni di lontananza. Nei mesi successivi si sono sussegui sen men diversi ma sopra u o un grande senso di affida‐ mento. Quel “calate ancora le reƟ“ era per noi, e risuonava forte nel nostro cuore. 10 maggio 2010: altra telefonata! I documen erano pron , dovevamo par re al più presto, non c’era tempo da perde‐ re! Nel giro di 3‐4 giorni al massimo dovevamo raggiungere Kathmandu. Panico! Mille cose da organizzare, e nella testa e nel cuore un terremoto di pensieri e sen men . Paura, tanta paura: lasciare la tranquillità della nostra vita, le no‐ stre certezze, sconvolgere ancora una volta quell’equilibrio che, con tanta difficoltà Ciro ed io cercavamo di conservare. “Perché?” ...“Perché ci eravamo spinƟ fino a tanto?”. E per‐ ché dopo anni di a esa, dovevamo par re in un momento così difficile per me, in cui le condizioni di salute di mia ma‐ dre mi tenevano così so o tensione? No, non ero pronta, non potevo par re proprio ora, non potevo lasciare tu o. E poi Vi oria, la sua I comunione, l’avevamo a esa con tanta ansia...dovevamo rinunciarci? “Perché Signore? Perché proprio ora? Non sono pronta“. Se mi fosse stata data la possi‐ bilità di scegliere, avrei rinunciato. Per fortuna non ci fu data altra possibilità, quel “Calate le reƟ “ era ancora per noi, per la nostra famiglia. E così…

14 maggio 2010: ore 12,00‐volo per Kathmandu! Un salto nel vuoto, impossibile anche solo da immaginare per una persona come me abituata a programmare tu o. Arriviamo alle 8 del giorno dopo ancora con tanta paura e con una domanda fissa nella testa e nel cuore “Perché?“. La risposta alla mia domanda non tardò ad arrivare: in albergo infa ci raggiunse il referente dell’Associazione il quale ci informò che, diversamente dalla procedura, ci stavano portando il bambino. E così dopo poco lo vedemmo arrivare: stringeva forte la mano del dire ore dell’is tuto mentre con l’altra manina si manteneva i pantaloni, troppo larghi per lui; la maglie a di 2 taglie più grandi, e ai piedi un paio di ciaba ‐ ne consumate. Era sporco e mal odorante, ed i suoi occhie tris e spaventa . Non dimen cherò mai quello sguardo nel quale leggevo tanto dolore. Il dire ore lo invitò a baciarci le mani e così lui, ubbidiente, si chinò su di noi per eseguire il comando. La reazione mia e di Ciro fu immediata e unani‐ me: ri rammo is n vamente la mano e, al contrario ini‐ ziammo ad accarezzare e a baciare la sua, tanto esile e fragi‐ le. Dal primo istante in cui i nostri sguardi hanno incontrato il suo, è stato come se fossimo insieme da sempre. In un colpo di spugna quegli anni di lontananza sono sta cancel‐ la , le nostre vite si erano finalmente ricongiunte. Quel fi‐ glio a eso aveva finalmente un volto ed un nome, e ci ap‐ parteneva, era proprio lui, lo sen vamo. Le prime ore tra‐ scorse insieme sono state tu ’altro che facili: il dire ore se ne era andato di nascosto senza neanche salutarlo, e Sushil si era ritrovato improvvisamente da solo con noi che, per lui, eravamo dei perfe sconosciu . Pian dispera , non ci guardava in faccia e con nuamente ci portava verso l’uscita dell’albergo indicando le macchine, come a cercare fra le tante che passavano quella del dire ore, così da poter tor‐ nare alla sua vita. Intanto la nostra Vi oria, chiusa nella stanza, piangeva e pregava Gesù affinché il suo fratellino potesse stare meglio. Quella sera in Comunità voi fratelli pregavate per noi grazie anche all’impegno di tu i bambini che avevano lavorato per preparare l’incontro di preghiera. (CONTINUA A PAGINA 5)


5

“Viaggio in Nepal” di Maria Geremia (CONTINUA DA PAGINA 4 ) E quelle parole sono salite al Padre, portando subito i fru spera : la ma na seguente Sushil era un altro bambino! Dopo una abbondan ssima colazione (teneramente si nascondeva il cibo nel suo zaine o per paura di non averne più per il giorno seguente) e un bel bagne o in piscina, Sushil iniziò a rilassarsi e a sorridere, e a chiamarci Mami e Papi. Così è iniziata la nostra straordinaria storia d’amore. Ma le emozioni non finivano..

21 maggio 2010: Quella ma na Lorella, una ragazza di Milano che soggiornava nel nostro albergo insieme al marito per il nostro stesso mo vo, mi invitò ad accompagnarla presso l’is tuto dove stava Supria, una bimba di 3 anni. Acce ai e mi recai lì con Vi oria. Lo spe acolo che ci apparve fu sconvolgente: una marea di bambini, sporchi, mal nutri , privi del minimo indispensabile per sopravvivere, che dormivano addossa l’uno all’altro, o che razzolavano nel cor le provvedendo da soli ai loro bisogni. Ronzavano intorno a noi, guardandoci incuriosi , in cerca di cibo e a enzione. Eppure gli occhi di quei bimbi erano sorriden , capaci di trasme ere qualcosa di talmente grande che davvero non ci sono parole per poterlo definire. Ora capivo il perché di quel viaggio: il Signore mi voleva lì, in quel paese lontano, dove la gente nemmeno Lo conosce (in Nepal sono per la maggior parte di religione buddista o induista) per mostrarmi ancora il Suo Volto nel volto degli ul mi, dei più poveri ed abbandona , dei fragili e degli indifesi. Quella sera nel le o abbracciai forte Vi oria, le feci gli auguri spiegandole che, in quel giorno, aveva fa o la sua I Comunione. Sì, proprio così, in quel giorno aveva incontrato per la prima volta il Signore. La invitai a conservare forte e vivo nel cuore i sen men e le emozioni provate in quella ma na e a non dimen care mai quei vol innocen e puri. Tanto e tanto ancora potrei raccontare dei giorni successivi: della miseria

e della sofferenza di un popolo, ma al tempo stesso della dignità e dell’orgoglio di gente che ogni giorno lo a per la sopravvivenza; di persone che vivono ancora senza acqua, senza corrente ele rica in case che non sono case, senza servizi igienici e senza infissi, pron ad inventarsi un lavoro pur di guadagnare pochi spiccioli. 7 giugno 2010: ore 6,00-rientro a Roma. Si conclude il viaggio che forse ciascuno di noi dovrebbe compiere nella vita. Ritorniamo a casa con le nostre valigie cariche di tu i doni ricevu in 24 lunghi giorni: naturalmente primo fra tu il nostro unico, meraviglioso e splendido Sushil che, con il suo contagioso sorriso da monellaccio, ogni giorno mi insegna ad affrontare la vita con coraggio senza aver paura mai di “calare ancora le re “ perché, quando il Signore chiama è sempre per spalancare le porte su orizzon per noi inimmaginabili. Una parte del nostro cuore è e sarà sempre lì, in quel paese tanto lontano e tanto diverso dal nostro ma che ci ha donato un suo figlio; nei nostri occhi sarà sempre vivo il ricordo del volto di quei bambini, delle loro mani tese alla ricerca di una carezza, dei loro sguardi sorriden e colmi di stupore e di gra tudine che tanto hanno saputo insegnarci. Oggi allora rendiamo lode al Signore per questa esperienza unica che ci ha fa o vivere, per questa maternità e paternità diversa dalla “normalità“ ma che ha il gusto di un miracolo che, ancora una volta si è realizzato nelle nostre vite. Sono proprio loro, Vi oria e Sushil che, ogni giorno ci ricordano la presenza di Dio e la sua Benedizione. Allora Signore dacci sempre la forza di percorrere le tue Vie anche quando appaiono tanto oscure ed impervie, perché oggi possiamo affermare con certezza che “ la tua pesca” Signore è stata davvero miracolosa. Un grazie speciale a voi tu che ci avete accompagnato con la preghiera e con la vostra presenza (a raverso Skype, e-mail, Facebook): senza di voi ques giorni non avrebbero avuto lo stesso sapore. Con infinito affe o e gra tudine, Maria Geremia


6

di Gino Pagliara

N

elle scorse settimane ho seguito la vicenda del reverendo Terry Jones. Ricordo che questi ha minacciato, in occasione dell’11/9, di bruciare una copia del Corano per protesta contro la costruzione di una Moschea nell’area di Ground Zero. Ciò che mi ha colpito della faccenda non è stato il fatto in sé, ma l’effetto domino che l’annuncio ha scatenato. Ricordo che i network televisivi ci hanno bombardato per giorni con annunci, smentite, retromarce varie ed alla fine la nonnotizia con la dichiarazione che il reverendo non avrebbe bruciato mai nessun Corano. Nel frattempo sono dovuti intervenire il Papa, il Presidente degli USA e varie personalità politiche mondiali. In alcuni paesi musulmani (come l’Afghanistan) sono esplose rivolte, in Kashmir sono state attaccati edifici cristiani e a Sringar sono morte 18 persone per tumulti e per l’incendio di una scuola cristiana. Ora tutto è finito, soprattutto per le 18 persone a Sringar. In soldoni, o in definitiva, o ‘a finale, come meglio la volete leggere, è accaduto che, invece di un libro, sono state bruciate delle persone. Ma quest’ultima è sembrata una notizia minore visto l’eco ridotto che si è avuto sugli stessi canali mediatici. In seguito, quando sono andato a informarmi chi fosse questo reverendo, ho capito che la sua comunità conta circa 50 fedeli e appartiene ad una delle tante chiese statunitensi. Mi è sembrato subito strano che un uomo che parla a nome di pochi altri possa aver organizzato una conferenza stampa così affollata, per annunciare che avrebbe bruciato un libro sacro. Poi mi sono chiesto perché le TV, con editori certamente informati sui problemi di geopolitica e religione, hanno deciso di enfatizzare la notizia nonostante la limitata rappresentatività e consistenza del soggetto minacciante. L’unica risposta che mi sono dato è che questa gente è senza scrupoli, se ne infischia delle possibili conseguenze ma, proprio perché conosce bene le inevitabili reazioni, ha strumentalizzato una non-notizia per costruire un non-evento, che a sua volta ha creato altre notizie, ha suscitato doverose reazioni diplomatiche, ha stimolato e reso necessarie tante dichiarazioni tese ad alleggerire il pesante clima creato da loro stessi, ed infine, ha fornito un valido pretesto per le proteste violente dei musulmani che hanno provocato i morti in India. Insomma, proprio conoscendo bene gli attori in gioco, i signori dell’informazione in sostanza si sono costruiti un po' di lavoro per qualche giorno e poi,

se alla fine ci è scappato qualche morto, pazienza, per giustificare le violenze si è ricorso ai conflitti storici mai risolti sulla sovranità del territorio del Kashmir. Ma chi ha la responsabilità di aver alimentato questo fuoco che altrimenti non sarebbe mai stato acceso? Chi ha smosso i carboni ardenti gettandogli benzina sopra? Se ci pensiamo bene il Corano non è stato incendiato, meglio così, ma tanto era importante che la miccia dell’informazione partisse e che il domino legato alla polveriera del mondo fosse innescato in modo incontrollato. È bastato un po’ di vento alzato con mestiere da questi piromani del male ed il morto è stato puntualmente servito. Cosa può fermarli? Codice di autoregolamentazione? Macché…Protocolli di autocensura? Ma cosa! In tanti hanno detto che ora il reverendo è diventato famoso utilizzando i media: ma secondo voi è il reverendo che ha utilizzato i media come strumento oppure i media hanno artatamente costruito l’evento approfittando del primo provocatore? Certo c’è il dovere di cronaca, il diritto di informazione, ma fino ad un certo punto. Attenzione, non scherziamo con il fuoco minacciato da “uno quasi qualsiasi”, perché, sapendo perfettamente della dinamica innescata, ci troviamo con persone incendiate da altri! In seguito, visitando qualche blog sull’argomento mi hanno colpito i commenti sulla prima notizia (minaccia di incendio si intende, non i morti) ed in particolare la spaccatura fra posizioni che pongono accenti diversi sottolineando un elemento anziché altri. Si passava così dai laici anti-musulmani a quelli anti-crisitani, e sfilando fra i falchi anticlericali che attaccavano il Papa (anche in questa occasione), si trovavano posizioni intolleranti, si auspicava l’eliminazione di tutte le religioni, oppure si sottolineava la suscettibilità dei musulmani o l’indifferenza dei cristiani e ci si chiedeva cosa sarebbe accaduto in caso di minaccia di incendiare la Bibbia. Un caleidoscopio di opinioni e di internauti che hanno consumato la notizia, si sono fatti una chiacchierata non impegnativa condita di retorica, demagogia e luoghi comuni e poi basta, i morti sono lontani e nessuno ci ha fatto caso, tutti sono tornati alla loro vita a consumare altro. Fra qualche mese magari tutti si incontreranno in occasione della prossima provocazione, nuovo blog, stesse opinioni, vecchia retorica e trionfo della disimpegnata opinione mediatica di coloro che non mettono in gioco le loro vite ma giocano con le vite degli altri. Certo quando ho letto i blog sono stato tentato di dire la mia contro qualcuno e a favore di altri. Mi sono fatto ingolosire dai ragionamenti razionali che portavano a nette posizioni anti-musulmane, ho pensato di rispondere con decisione agli atei o agli anticristiani ma poi alla fine ho rinunciato per chiederlo a voi. I cristiani cosa devono rispondere o come devono comportarsi in questi casi? Io non lo so ma, per aiutarmi, mi sono riproposto ed ho contestualizzato le stesse domande che il Vangelo mi ha posto in passato e che restano sempre nella mia personale top list: Chi è Gesù per il reverendo Jones? E per i signori dell’informazione? E per gli uomini intangibili del blog? Ma soprattutto, chi è Gesù per me?


7

“RESPONSABILE IO?!?” di Paola Negro Con nua da Pag. 2

Ora che il Sicomoro è entrato nella mia vita dovrò chiedere perciò a Mr. Negro un surplus di lavoro in casa e tanta com‐ prensione in più, anche se già ora la sua tolleranza è ai mas‐ simi livelli: il Negro infa convive bene con gli acari e non dà (ancora) segni di allergia; affronta con coraggio il disordine ed il caos che riesco a creare in poco spazio, anzi lo com‐ ba e quo dianamente; cucina egregiamente; con insolito eroismo cambia i pannolini, e non protesta più di tanto se gli comunico che il raccolto di FarmVille sta per seccarsi ed ho necessità di trascorrere “qualche” minuto su Facebook (per chi fosse a digiuno, FarmVil‐ le è un giochino, una sorta di “buco nero” in cui inevi‐ tabilmente si cade non ap‐ pena ci si iscrive su Facebook! Siete avvisa ).

Sono una fan appassionata di Santa Teresa d’Ávila e Santa Gertrude, donne eccezionali e grandi organizzatrici. Amo Dio. E amo il silenzio riempito da Lui. Amo la preghiera, l’ascolto di Dio e il lasciarsi guardare da Lui. Lo guardo e Lui mi guarda. Ne gusto la Presenza. Mi sento amata da Dio, mi sento perdonata, e so che la mia vita non potrebbe essere disgiunta da Lui. Sopra u o, ren‐ do Lode a Dio per il Suo miracolo Grande...la vita! Amo mio marito, i miei figli, e mi piace la vita che conduco. Imparo vivendo, e vivo imparando sempre nuove cose. Mi sento parte di questa Comunità. Che amo. L’ho amata nei lunghi anni trascorsi a Roma e la amo oggi. Molto. Amo i miei amici. E mi mancano (tan SSimo) Arrigo e Rober‐ ta, amici, fratelli e compagni della prima ora. Quindi odio Milano! Ho 42 anni e sono laureata in Chimica. Chimica–chimica, non altro! Lavoro con il GIS‐Geographic InformaƟon System, e mi

Concludendo, sono una donna che si arravoglia nei suoi occupo di energia fotovoltaica, energie alterna ve e Valuta‐ pensieri e nelle cose da fare in casa, una disorganizzata orga‐ zioni Ambientali. Mi interessano le scienze e la tecnologia. nizzata, una ansiosa fintamente paziente.

Ragiono “a quadreƫ” piu osto che “a righe”, nel senso che

E poi….e poi non sono una epida! Proprio no!

mi trovo più a mio agio con i numeri che con un sone o di

Non sono brava con i giochini, con le macchinazioni, con i Dante. De o tu o questo, non vi sembra bizzarro che sia secondi fini; non ho pazienza; sono sprovvista della necessa‐ proprio io la nuova responsabile del Sicomoro? E poi...dopo ria diplomazia, del proverbiale pelo sullo stomaco, dell’indi‐ Imma Romagnuolo? Ma Dio scrive diri o sulle righe storte… spensabile “doppia faccia”. Non so fingere. Non so giocare a Lui! scacchi con i rappor umani, e non ho né l’astuzia né la co‐ stanza di prendere le cose (qualsiasi cosa!) alla leggera. Sono dire a, senza fronzoli, senza ar fici. Non ammicco, non ter‐ giverso, non divago, e non mi piace chi fa il contrario: mi annoia e mi so rae tempo prezioso. Sono sempre stata con‐ vinta che questo mio modo di essere fosse quello giusto; quello che ‐ alla fine ‐ nonostante qualche delusione, qual‐ che incomprensione e qualche rara parentesi di sconforto, mi avrebbe comunque ripagato con il privilegio di essere compresa e predile a proprio per quella che sono. Spesso accade. Talvolta avviene il contrario. Amo ridere. Non mi piace la solitudine. Mi colpiscono le piccole cose, i piccoli ges , le piccole a en‐ zioni. Non sopporto i ritardi e le imprecisioni, sono (un po’) permalosa, mi piace ascoltare. Gusto il sapore del tempo che trascorre lento… Amo leggere i libri sulla vita dei San . Mi piace Erri de Luca, e le poesie di Alda Merini. Venero la maionese, in ngolo che me o ovunque ci sia una superficie orizzontale commes bile! Quando posso faccio colazioni super‐abbondan , picamente la e&caffè con wurstel e pata ne, ma anche altro purché salato.

(A proposito...un GRAZIE speciale a Imma, per i suoi insegnamenƟ e le sue preziose driƩe).

Da poco ho scoperto la forza della parola, scri a e lasciata andare nel mare del Web; frequento più o meno assidua‐ mente il Grugionline e talvolta ci scrivo pure. Partecipo ai forum delle mamme; ho un mio blog personale nel quale riporto ciò che mi passa per la mente. Cerco (e trovo con successo!) tu i miei vecchi amici su Facebook (n.d.r. La mia vita è stata un po’ un andirivieni tra Bracciano, Roma, PorƟci e Napoli). Gioco a FarmVille, anche qui con successo e grandi soddisfazioni: sto al 41° livello! Ecco. Io ‐ Paola ‐ sono questa che vi ho de o. Sono forse qualcosa in più...ma è quello che non vedo. Prendete ciò che vi racconterò in queste pagine con la semplicità di chi fa tu ’altra professione, e ha tu ’altra inclinazione. E se qual‐ cosa vi piacerebbe leggere, o se sen ste il bisogno di raccon‐ tarvi, questa è la mia mail: onmayon@gmail.com oppure ilsi‐ comoro.ebasta@hotmail.it Grazie! Paola Negro


8

di Claudio Campagnuolo sulta essere la bussola per non perdere di vista il Cammino.

U

n tema che, ho notato, viene riproposto con una certa frequenza in vari dialoghi comunitari, talvolta con sincera curiosità o altre volte con palese vena polemica, riguarda l’associazione “L’Esperienza”, perché aderire e che differenze esistono tra gli associati e non. Di certo ci sono persone, i Monaci, padre Angelo, la nostra Sabrina e così via, in grado di rispondere in maniera più chiara ed esaustiva a queste domande. Io vorrei semplicemente provare a raccontare il percorso che mi ha portato a questa scelta sperando di poter essere in qualche modo di aiuto e di fornire qualche utile spunto. L’idea di scrivere queste poche righe nasce dall’osservare con tenerezza e cura i volti che mi circondano il sabato, ai gruppi, come la domenica durante la celebrazione eucaristica. Ed è come se da quei volti, da quegli sguardi, trasparisse un imperativo muto: come raccontare, come spiegare, come tentare di diradare la loro nebbia riguardo l’Associazione? Per me la risposta è stata tanto istantanea quanto cristallina, non spiegazioni, non teorie ma solo condividere un frammento della mia vita. Paradossalmente questo mio “sì”, preso in parallelo con mia moglie Loredana ed in accordo con la mia guida spirituale, per quanto sia stato naturale e istintivo, mi è costato non poco lavoro interiore ed un percorso di discernimento che ha trovato un punto cruciale nello scrivere la Regola. Vorrei mettere subito a fuoco un punto nell’eventualità non fosse ancora chiaro: la Regola non è una gabbia, ma il frutto di una sincera auto-analisi in cui, mettendo se stessi a confronto con le proprie fragilità e miserie, si delinea una mappa interiore di cui la Regola stessa ri-

Provo a scriverlo in altre parole per essere più chiaro. La Regola non è un elenco di obblighi cui sottostare, piuttosto essa nasce dal cammino spirituale fatto con la propria guida in cui, presa coscienza della propria essenza, o almeno tentando di farlo, si definiscono quegli strumenti per vivere in modo pienamente cristiano, per cioè realizzare una vita bella, buona e felice. Concretamente, nel mio quotidiano, la Regola è il mezzo di elezione che mi aiuta ad evitare quelle trappole che nascono dalle mie debolezze umane ed in cui sono solito cadere; mi inoltre aiuta ad aggrapparmi a quelli che sono i miei punti di forza da cui posso trarre energie e respiro. Molti non vedono differenze tra gli associati e tutti gli altri, e so che per molti questo è un punto importante, cruciale. Se io dovessi dire in una sola parola in cosa oggi mi sento diverso rispetto a prima dell’adesione, non potrei farlo. Però qualcosa è cambiato. Di certo l’associazione sta muovendo i suoi primi passi ed è difficile dare definizioni. Però tutti, associati e non, dovremmo avere un atteggiamento più propositivo piuttosto che lasciare trovare a qualcun’altro la via giusta. Sappiamo bene come il Signore possa volersi servire di chiunque per far arrivare a destinazione il Suo messaggio, e quindi tutti, sorvolando su dissapori personali, possiamo provare a dire una parola. Nel mio dire “sì” all’Associazione non c’è assolutamente il credermi parte di un’élite parrocchiana, quanto invece il tentativo di non dare per scontato che la mia vita sia innestata in quella della Chiesa. In questo “sì” non c’è né la pretesa di essere arrivato né la presunzione di aver già raggiunto la santità. Piuttosto questo “si” nasce dal riconoscere l’Esperienza quale strumento di Dio per annunciare la Salvezza che viene solo da Lui, nel riconoscerla come un evento di svolta della mia vita e da cui ne è derivato qualcosa di talmente importante che non mi è possibile non volerlo portare nelle vite di chiunque. Oggi io mi sento quindi custode e memoria di un dono del Signore, e questo non è motivo di distinzione egocentrica quanto stimolo alla ricerca di un ulteriore che può nascere proprio da questo piccolo, piccolo sì. Lungi dal credere di aver scritto tutto il possibile riguardo l’Associazione, spero comunque di essere stato di aiuto per qualcuno, di aver perlomeno fornito un punto di vista diverso che possa consentire una maggiore serenità se non di scelta quanto meno nel porre senza timore gli interrogativi del cuore.


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.