L'Opinione di Viterbo e Lazio nord - 17 agosto 2011

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politica viterbese interni

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Viterbo & & Viterbo Mercoledì1 17 Agosto2010 2011 Ottobre AltoLazio AltoLazio Venerdì

Il primo cittadino chiamato a risolvere l’imbarazzante situazione attuale

Viterbo nel degrado, i cittadini scrivono a Marini

L’incuria oltraggia tutto, anche i simboli - Foto Zadro Press

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a città dei Papi fa acqua da tante parti. Il degrado è problema che riguarda in primis la periferia ma anche il centro storico. Quanto il tema sia caro ai cittadini è possibile vederlo “buttando” gli occhi sul pro�lo facebook di Giulio Marini. Un “tartassare” continuo dei cittadini verso il sindaco. Il più ef�cace tra tutti è sicuramente Bruno Pagnanelli. Ecco il suo ultimo discorso, sul fronte degrado, a mezzo di comunicato stampa: “Ho avuto modo di ragionare a lungo su questo piccolo pezzo di mondo che abitiamo con alterne fortune. Provo quindi a razionalizzare e a organizzare le idee che passano in testa a un cittadino comune. A un viterbese. Già perché di Viterbo parliamo. Dunque… Viterbo è fondamentalmente una città e �n qui ci siamo. Concetto semplice, elementare lapalissiano.

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E’ anche un circolo di mura di tufo, un’aggregazione di case e di giardini, una rete di strade e di vicoli, di piazze e di chiese. E’ anche un punto in una applicazione per iphone, è una carta di google map, è una recensione su trip advisor, nella sua forma più tecnologica. Ma è soprattutto la rappresentazione di una storia, fatta di martiri, di santi, di avi, di nonni e di genitori. E’ il collegamento, l’interazione di persone con la stessa cantilena che esce dalla bocca, quel dialetto musicale, fatto di identità, di senso di appartenenza, una forma di campanilismo per il quale da piccolo ero pronto a battermi, è un brivido lungo la schiena quando la immagini da migliaia di chilometri di distanza. E’, nella sua forma più pura, la lacrima che cade mentre si vede quella torre che cammina il 3 set-

Se ne va un pezzo della storia politica del viterbese Il ricordo di Rodolfo Gigli

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C’è pure chi dorme in strada terra pensando che poi qualcuno ci penserà. Glielo dica signor sindaco. Non c’è più nessuno che ci pensa. Provi a passeggiare fuori le mura, su viale Raniero Capocci sotto porta della verità verso il distributore dismesso prima del gommista. nelle aiuole ormai abbandonate ci sono batterie esauste e ogni genere di sporcizia. E’ questa la città che vuole far vedere? La seguo nelle sue lotte contro i vandali della notte, quelli che hanno preso il peggio delle altre culture, quelli che per divertirsi devono per forza eccedere. Signor sindaco, senza controllo purtroppo non ci sono leggi o ordinanze che tengano. Mi spiego: se lei va sulla Teverina e vede i cassonetti si renderà conto che parte di

quello scempio è di alcuni locali nei paraggi (o anche case di cura). Ci vuole molto a fare la posta a questi commercianti? E’ cosi’dif�cile? Sarò estremamente impopolare e magari sarò uno di quelli a cui i vigili faranno volentieri la multa ma invece di far cassa lungo via Cavour a far multe ai divieti di sosta non si potrebbe controllare meglio la periferia? O mettere dei cartelloni con le offerte dei supermercati senza insozzare tutti i condomini con queste masse di carta che poi �niscono in strada? pensi quanti alberi si salverebbero. Già sogni… La capisco. Adesso è impegnato per l’organizzazione della festa. La capisco. Come sempre a Viterbo ne riparleremo dopo Santa Rosa”.

La politica piange per la scomparsa di Giovanni Botondi

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ALESSANDRO GIULIETTI VIRGULTI

Immondizia in bella mostra in centro

A partire dagli anni Settanta è sempre stato un pilastro per la Democrazia Cristiana

Direttore Editoriale NICOLÒ ACCAME

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tembre sera. Già, Santa Rosa. E’ l’inizio del calendario viterbese. o la sua �ne. il suo Natale o il suo Capodanno. una festa che prepara un anno intero o che lo chiude, per il quale si organizza, ci si prepara, ci si interroga sul come sarà, per come verrà. Ho pensato allora che proprio in funzione di Santa Rosa volevo scrivere al signor Giulio Marini. Volevo chiedergli se questa era la città che voleva consegnare alle 40/60 mila persone che verranno a vedere questo evento. E’ questa signor sindaco la città che vuole consegnare ai “forestieri”? Perché se fosse questa, lei non farebbe, in qualità di primo cittadino una bella �gura. Non mi riferisco al centro, a quello dentro le mura. Queste persone arriveranno con le auto, cercheranno di parcheggiare lungo le vie della città,

magari al Pilastro, ai Cappuccini, al Murialdo, e poi a piedi arriveranno al centro passando dalle vie che noi viterbesi ormai non guardiamo più, alle quali non facciamo più caso. Vie che sono devastate dal degrado, dall’incuria di quei personaggi, come dice Lei, sporcaccioni e birbaccioni. Ha perfettamente ragione quando dice che la colpa non è del Comune ma di chi sporca ma questo non la rende meno responsabile. Già perché se facesse un giro per la città si renderebbe conto che la sua città, la nostra città è quanto di peggio ci si possa augurare. Passi signor sindaco per via Monte Nevoso dove c’era la vecchia Cifam: è una porcilaia a cielo aperto, un contenitore di raccolta pile esaurite divelto, pali scoperti, zona dei cassonetti da vergogna oppure faccia un giro a via del Murialdo (c’è un monitor da 1 mese in mezzo ai cassonetti), in via della Pila dove delle transenne e un rotolo rosso impediscono l’uso del marciapiede verso il costone sotto le nuove case e non è dato a sapere da cosa ci vuol proteggere signor sindaco. E mentre spendiamo dei soldi per far passare la macchina che pulisce le strade (una macchina che scopa sull’asfalto di norma pulito) le faccio notare che è dove vive la gente che è sporco. Dove giocano i bambini, dove passeggiano i nonni, dove camminano le massaie che non hanno le macchine. E’ li che è sporco. Ma è uno sporco antico. Dica ai suoi cittadini che non facciano af�damento sul demotivato Cev. Lo dica loro: sono soli! Il Cev non c’è, non è presente, non riesce. Glielo dica. Magari c’è qualcuno (parecchi a mio avviso) che sotto i cazziatoni delle mogli o delle madri, dentro le loro case si mettono le pattine e poi, quando escono, buttano tutto a

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’ morto nella sera di Ferragosto Giovanni Botondi. 87 anni da compiere a novembre e una storia intrecciata nel viterbese con quella della Democrazia Cristiana. Era nato in Umbria, nella Valnerina di Ferentillo, nel lontano 1924. A Viterbo il partito individuò lui, un uomo solido, come dirigente locale. Per Botondi la Dc era un partito e una famiglia. Con questo spirito accoglieva tutti nella sede viterbese. Dopo la �ne della Democrazia Cristiana aveva dato sostegno all’esperienza dei Popolari, negli ultimi anni aveva scelto di farsi da parte. I funerali si terranno questa mattina alle 10, nella chiesa di San Pietro a Viterbo.

’ morto un vero democristiano. Un uomo di grande umanità che ha sempre servito il partito. I ricordi sono molti anche se in un momento come questo mi tornano alla mente in maniera un po’ confusa. La morte di

La Democrazia Cristiana sapeva essere partito grazie a uomini come lui Il ricordo di Renzo Trappolini

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a Democrazia Cristiana sapeva essere partito nazionale anche perché c’erano suoi uomini, di alta formazione politica e amministrativa, che da Roma venivano inviati nelle province, per ascoltare, capire, comunicare e fare da anello di congiunzione tra le esigenze di un progetto generale e i bisogni, le proposte e le prospettive locali. A Viterbo, per molti anni, questo ruolo è stato svolto da Giovanni Botondi che viterbese non era ma

Botondi mi ha scosso e credo abbia scosso tutto il nostro mondo politico, almeno a livello provinciale. Botondi dopo l’esperienza nella Dc approdò nei Popolari. Era un politico profondamente legato alla Democrazia Cristiana e a suo modo ha tentato di porsi come elemento di continuità. Io negli anni l’ho perso di vista, ma so che anche dopo che la Dc si era praticamente disgregata lui ha voluto darsi sempre da fare all’interno di un partito che ha cercato di perseguire gli

stessi obiettivi della Dc. Chi ha fatto, come me, una vita politica attiva si è trovato a volte all’interno di scontri dialettici e di contrasti. Lui invece era un funzionario, un vero elemento di mediazione che con la sua dialettica ha saputo mettere d’accordo molte persone, tentando sempre di fare il bene del partito e combattendo per la sua unità. La notizia della sua morte mi ha lasciato una tristezza profonda. Botondi rappresentava davvero un pezzo di storia. Un

pezzo di storia della Dc, della politica in generale, ma anche della mia storia personale se vogliamo, perché anche io con lui ho condiviso un bel pezzo del mio percorso.

lo era diventato con tutta la sua famiglia, arrivando a morire a ferragosto qui da noi. Per molti anni diresse gli uf�ci della segreteria provinciale Dc, in tempi peraltro non facili di contrasti tra uomini e correnti, aggravati dalla dif�coltà di “tenere” sul piano elettorale. Fu allora insostituibile, intelligente quanto riservato, ma rigorosamente deciso, uomo di collegamento, di moderazione, di richiamo alla concretezza, quando a Viterbo si creavano le premesse per l’istituzione dell’Università, si decideva la localizzazione del nucleare a Montalto, si impostava la trasversale e de�nivano gli obiettivi di sviluppo, quelli ancor oggi non raggiunti. Botondi – lo posso testimoniare

per essergli stato accanto da segretario provinciale Dc – seppe rappresentare un punto di riferimento per tutti, di fedeltà senza retorica ai valori, di comprensione, di sostegno e incoraggiamento. Sempre con l’attenzione alla crescita del viterbese per la quale scommetteva sui giovani e tanti di quelli che oggi occupano posizione di responsabilità in politica e altrove devono a lui molto della loro formazione al senso delle istituzioni e dell’impegno civile. Le cronache non riportavano il suo nome, ma la sua opera è stata determinante nell’assistenza nelle decisioni politiche che riguardavano il territorio e nella preparazione delle attuali classi dirigenti di matrice cattolicodemocratica.

Giovanni uomo era un buono ma rigoroso e severo nei comportamenti. Per lui la bontà d’animo si accompagnava a un rigido senso dell’etica che rifuggiva da ogni furbizia. Un esempio in un mondo, quello politico, che si avviava a teorizzare la prevalenza degli interessi particolari su quello generale. Lui non fece mai parte di questa “corrente” di pensiero.


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