Materia Prima - Inerzia e Trasformazione

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PSICOLOGIA Psicologia e religione. Modelli, problemi, prospettive Paolo Ciotti, Massimo Diana EDB, 2005 Che relazioni vi sono tra psicologia e religione? Cos’è la religione dal punto di vista psicologico? Cosa studio la psicologia della religione? Cosa può dare lo studio delle religioni alla psicologia, e viceversa? Il presente volume si propone di rispondere scientificamente a queste domande, presentando una valutazione aggiornata e completa della ricerca, delle posizioni teoretiche passate e presenti e delle questioni più dibattute nel campo della psicologia della religione. La prima parte è dedicata al passato, alla storia dei rapporti tra psicologia e religione (dal modello riduzionista a quello apologetico). La seconda parte si occupa del futuro, dioé delle prospettive e dei problemi aperti. Il primo grande tema affrontato è quello del paradigma della complessità, che rende prolematica sia la neutralità scientifica, che la separazione rigida tra le discipline, suggerendo nuove sintesi tra psicologia e religione e una nuova visione dell’uomo e della terapia. Commento. La felicità e la fiducia “Nessuno guarisce veramente se non riesce a raggiungere un atteggiamento religioso” (C.G. Jung, Il rapporto della psicoterapia con la cura d’anime). L’atteggiamento religioso, secondo la visione junghiana, sarebbe il fine ed insieme l’asse portante del processo di individuazione, un processo che si inaugura quando l’uomo inizia a porsi domande spirituali sul significato e lo scopo dell’esistenza. “L’individuazione si compie quando gli opposti trovano una conciliazione; allora la croce della tensione tra gli opposti diviene albero della vita, l’io individuale si coglie nella sua origine sovrapersonale. Il centro di gravità è spostato, per Jung, dall’Io al Sé, dall’uomo a Dio. Non bisogna fraintendere però il significato del religioso per la psicologia junghiana. La religione è per Jung qualcosa che “proviene

dalla vita naturale dell’anima inconscia” e non “da un’elucubrazione cosciente”. “La religione è un’osservanza accurata e scrupolosa del numisosum, cioè un’essenza o energia dinamica non originata da alcun atto arbitrario della volontà” (C.G. Jung, Psicologia e religione). “La religione dipende unicamente dalla relazione dell’individuo verso un’istanza non mondana, ove criterio fondamentale non è l’adesione formale ad una fede, ma il fatto psicologico che la vita dell’individuo non è realmente determinata soltanto dall’Io e dalle sue opinioni o da determinanti sociali, ma in misura non minore dall’autorità trascendente” (C.G. Jung, Presente e futuro). La dimensione religiosa è quindi lo sfondo archetipico da cui nasce la psiche e verso cui tende per ricomporre la sua unità. Jung capovolge l’asserto freudiano: non è Dio ad essere un sostituto del padre reale, ma è il padre fisico ad essere semmai la prima immagine reale che un bambino trova di questo archetipico. Questo archetipo potrebbe costellarsi anche in assenza del padre fisico. Le ricerche di Jung incontrano la dimensione religiosa dentro l’anima, come sua prospettiva, prima ancora che come suo oggetto. Sappiamo che l’oggetto “religione” è presente sin dalla nascita dell’Uomo, e si ipotizza che la comparsa nel cervello di aree deputate all’esperienza religiosa deve aver avuto un “valore adattivo”. L’opinione oggi prevalente è che il significato evolutivo dell’esperienza religiosa risieda nel “dare un senso narrativo alla vita degli individui, senza dover soccombere alla sensazione di assurdo e di non senso” (Ciotti, Diana). Ma al di là del perché è il come che mi sembra centrale. Sul piano ecobiopsicologico, il religioso come prospettiva dischiude una visione dell’uomo e della psiche aperta al tema della felicità e della fiducia. La felicità è il risultato della conoscenza di sé, che non coincide con il ritrovarsi ma con il ritrovare l’Altro che è in me, con la celebrazione delle “nozze mistiche” (C.G. Jung) di cui l’Io diventa il figlio amato. La fiducia è il sentimento che accompagna questo processo, che si riflette anche nella psicoterapia quando si desidera che l’altro ci


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