"Neuroscienze Anemos"

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L'uomo macchina

Apr-Giu 2013 | anno III - numero 9

Appunti liberi tra filosofia della mente e divagazioni antropologiche

Leggere il mondo Lettura rapida, lettura intensiva, tra formazione e informazione nell'epoca del social web di Davide Donadio

P

oco prima di chiudere questo numero di «Neuroscienze Anemos», mi sono imbattuto in un bell'articolo di Luca Ferrieri, in «Alfabeta2» (n. 27, marzo 2013): Elogio della bitestualità. Leggere nell'età della distrattenzione. L'oggetto dell'articolo riguarda le sorti della lettura, dell'oggetto libro e dei nuovi supporti digitali. Insomma, un argomento molto in voga in questi anni. Nell'articolo citato, tuttavia, c'è qualcosa di più interessante della riproposizione della querelle libro di carta e nuovi media. Anche se non è mia intenzione intraprendere qui una critica dell'articolo, mi appoggerò al testo citato per esprimere alcune considerazioni e per proporne altre che a mio avviso mancano. Come il titolo suggerisce, l'elogio della bitestualità è un invito ad abbandonare posizioni assolutiste a favore dei mistici del 2.0 o dei bibliofili conservatori. Al di là della questione tecnologica (sopravviverà il libro di carta o no?), entrambe le forme di lettura possibile, quella intensiva, immersiva nella pagina scritta, e quella della lettura 2.0, instabile e fatta di rimandi infiniti, di continue interruzioni e ripresa del discorso, sono da considerarsi utili. Tanto più che non è detto che la lettura dei non-luoghi della rete (blog, banner, commenti), caratterizzata dalla rapidità, comporti di per sé una perdita di profondità; così come la lettura immersiva vera e propria - la lettura del libro di carta - non avviene

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nel contesto di isolamento ideale che viene teorizzato. “Occorre essere radicalmente bitestuali per essere fedeli alla forza ibridante della lettura”, secondo quanto argomenta il più volte citato articolo. Ora, io vorrei solo porre l'accento su una questione. Riconoscendo non solo l'utilità, ma persino l'inevitabilità di una bitestualità (non è meglio bimodalità?), non sarà superfluo ricordare come sia solo la lettura intensiva e immersiva a comportare un certo tipo di conoscenza. Potrebbe sembrare un discorso conservatore e persino banale. Ed è proprio quando la realtà è di per sé conservatrice e banale, che il mio disagio nel difenderla si acuisce. L'argomentare, qui, più che sociologico o antropologico, si sposta verso l'ambito delle scienze cognitive. Malgrado le ormai decennali mode pedagogiche lassiste, centrate sui modi

e gli atteggiamenti di formazione più che sui contenuti, l'acquisizione di alcuni tipi di sapere comportano faticosi e noiosi percorsi mnemonici di immagazzinamento di nozioni. Le tanto odiate nozioni, presupposto di ogni discorso. È vero, oggi, come è avvenuto nel passaggio tra oralità e scrittura, sì è enormemente amplificato e velocizzato quel database infinito di conoscenza, un database prima costituito solo da volumi stipati in biblioteche, oggi parcellizzato in milioni di server collegati tra loro. È di conseguenza ulteriormente diminuita quella parte di tempo della formazione durante la quale si acquisiscono semplici informazioni, perché quel tipo di dati sono sempre a portata di mano con un clic. E questo, come già fu per l'introduzione della scrittura, ci ha consentito di rivolgerci all'argomentazione, più


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