Kaire 12

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Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia www.chiesaischia.it

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IN PRIMO PIANO

Malati di gioco: raccolta firme contro le slot

L’editoriale del Direttore Lorenzo Russo

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LA VOCE DI PIETRO

Prima stazione quaresimale nel decanato di Casamicciola Lacco Ameno

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SEGUIAMO FRANCESCO

Messa a Santa Marta: avere cura del prossimo

Kaire ANNO 1 | NUMERO 12

€ 1,00

22 marzo 2014

LA GIOIA DI DIVENTARE PAPA’

Che emozione! Una grande emozione. Un brivido freddo che viaggia nel proprio corpo. Nell’anima. Eppure era già stata sperimentata un’esperienza del genere, solo 21 mesi fa, con l’arrivo di Beatrice. Ma chi si ricordava fosse così bella, intensa, stupenda, intima! Diventare papà per la seconda volta è stata una “grande bellezza”. E’ innanzitutto giusto che vi si chieda scusa perché chi vi scrive non ama essere autoreferenziale ed è perciò un po’ difficile scrivere queste righe...ma la convinzione è arrivata dopo vari vostri sms, WhatsApp, email, messaggi su Facebook che chiedevate di scrivervi quello che si prova con l’arrivo di un figlio. E un pensiero è arrivato nella mente: ma è giusto tenere questa gioia solo per sé? O forse è più bello condividerla con gli altri, con voi, con tutti? Per un uomo, diventare papà è forse la gioia più grande che si possa vivere. Una cosa simile la si sperimenta poche volte nella vita, in particolari momenti. C’è chi l’ha sperimentata quando è diventato sacerdote. O chi l’ha vissuta nel giorno del matrimonio. Si vive una grazia che non ti appartiene, perché di Dio. Una gioia alimentata dal vero Amore, quello con la A maiuscola. E così è stato per Gabriele, arrivato pochi giorni fa dopo nove mesi di calore materno. Gabriele che vuol dire “potenza di Dio”. Ed è proprio così, un Suo dono, una Sua grazia. Ma è un Suo dono che vuole essere anche vostro. E soprattutto per tutti coloro che invece vorrebbero essere genitori ma non possono. Perché non hanno trovato la persona giusta al proprio fianco. O per altri problemi. E in questi casi il dolore è immenso. Condividiamo allora insieme le gioie e i dolori. Le emozioni e le lacrime. Le rose ma anche le spine. Perché non c’è spina senza rosa. E solo con la condivisione reciproca si può salvare questo Paese. Questo Belpaese. Grazie di cuore a tutti per gli auguri per l’arrivo di Gabriele. Che sia anche figlio vostro, perché potenza di Dio.

19 MARZO: E’ STATA UN’OCCASIONE PER RISCOPRIRE IL RUOLO E I COMPITI DEI PADRI DI OGGI ? CONSULTA LAICI

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Tanti carismi, un solo corpo nella diocesi di Ischia

ANNIVERSARI

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In ricordo di Annalisa Durante che amava la nostra isola

VOCAZIONI

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Se tu conoscessi il dono della chiamata...

APPUNTAMENTI

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Terzo cammino diocesano delle confraternite


MALATI DI GIOCO

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|a cura di Filomena Sogliuzzo

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i ripropongo due fatti di cronaca, a mio parere emblematici della gravità del fenomeno sociale generato dal gioco d’azzardo. La direttrice della filiale Unicredit Banca, di Segni, provincia di Roma, ha organizzato una truffa da 700 mila euro ai danni dello stesso istituto di cui era dipendente. Denunciata dalla Guardia di Finanza, al termine di complesse e lunghe indagini disposte da Unicredit, ha dichiarato che i debiti contratti per il vizio del gioco l’avevano messa con le spalle al muro, così ha pensato di “autoconcedersi” prestiti personali per un ammontare di 700 mila euro intestandoli a persone inesistenti, attraverso l’alterazione dei documenti di familiari e clienti della filiale. Questo il primo, l’altro, più lontano nel tempo ma vicino a tutti noi isolani, è il suicidio del giovane lanciatosi nel vuoto a Forio, dopo aver sperperato nel gioco le poche centinaia di euro di risparmio della sua famiglia. Storie tra le tante, di dolore, solitudine, disperazione che riscuotono pochi minuti di attenzione e poi solo indifferenza, o peggio, assuefazione. Dopo questo tragico evento l’isola d’Ischia si è impegnata su diversi fronti e a diversi livelli istituzionali a contrastare questa problematica. Il nostro settimanale ha spesso ospitato articoli sul tema fino ad apparire, per certi versi, monotono, monotonia che ci è piaciuto e ci piace rischiare perché consapevoli del grave pericolo che corriamo noi cittadini. Qualche tempo fa infatti “l’isola che si impegna” ha organizzato la giornata slotmob ad Ischia Ponte. Lo slogan della giornata è stato “Un bar senza slot ha più spazio per le persone”. Si è invitato i partecipanti a consumare la cola-

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IN PRIMO PIANO

zione tutti insieme in quegli esercizi commerciali “virtuosi” che si sono rifiutati d’installare nei loro locali macchine mangia soldi, premiandone quindi, la scelta etica. Questo gesto contiene l’invito implicito a diventare consum-attori cioè persone capaci di azioni e proposte che orientino l’economia verso uno sviluppo sostenibile ed etico, scegliendo di spendere il proprio “voto economico” in aziende ed esercizi responsabili. Il fine è il ritorno allo spirito sano dei vecchi bar quali luoghi di ritrovo per costruire relazioni, rapporti amicali e di intrattenimento, dove l’attenzione è centrata sulla persona piuttosto che sugli affari “tout court” ed è in questa scelta dell’”uomo” e non del “consumatore” l’evidente e stretta relazione tra l’iniziativa slotmob e lo spirito della proposta di legge a tutela dei cittadini che vi andrò a presentare. C’è quindi chi non si arrende e continua ad impegnarsi proponendo stili di vita e di consumo centrati sul bene e il bello della relazione tra pari, lontani dall’alienazione causata dallo stare da soli davanti ad una macchina. Cittadini che si sono associati in vari organismi promotori di buone pratiche, che consapevoli dei tempi lunghi della politica, hanno raccolto e promosso l’istanza sociale di individuare nuove regole che vadano a tutelare maggiormente il cittadino-consumatore nel settore del gioco d’azzardo. Da alcuni di questi (Scuola delle buone pratiche Legautonomie Terre di mezzo ) è partita la proposta di legge di iniziativa popolare, fondata sull’art. 32 della costituzione, “La Repubblica tutela la salute come diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Essa si propone di regolamentare, in un testo unico, tutte le norme sul gioco d’azzardo modifi-

candole ed ampliando le tutele in favore dei cittadini. Le finalità della legge vanno in più direzioni: prevenire le conseguenze individuali e sociali del gioco d’azzardo patologico (GAP), assicurare una gestione sicura e trasparente del gioco, contrastare ed impedire sia il gioco clandestino che l’accesso ad esso della criminalità ed il riciclaggio di denaro. Nelle misure preventive, grande attenzione è stata data alla tutela dei soggetti vulnerabili, facendo divieto ai minori di 18 anni di accedere alle sale e introducendo l’obbligo di controllo dell’età anagrafica attraverso l’introduzione nelle slot di sistemi di lettura automatica, gli stessi utilizzati dalla pubblica amministrazione ad es. codice fiscale, tessera sanitaria, oltre al rispetto delle distanze dai luoghi sensibili (scuole, centri sportivi, ecc.). Nelle sale e fuori di esse, la legge propone di dare il massimo rilievo pubblicitario ai danni derivanti dal gioco d’azzardo e di segnalare la presenza sul territorio dei servizi di assistenza pubblici dedicati alla cura ed al reinserimento dei soggetti affetti da GAP. Le istanze abbracciate riguardano però, anche quei cittadini che ricavano parte del loro guadagno dagli incassi delle slot, per questi esercenti, qualora rinunciassero a tali guadagni, vengono proposti degli sgravi fiscali. Infine, ma non di minore importanza, è prevista la tracciabilità dei flussi finanziari e l’obbligo di dichiarare l’identità della persona fisica, titolare effettivo della sale, esteso anche ai trust, società fiduciarie e fondi d’investimento. Sul territorio isolano, la proposta di legge è stata recepita e proposta dal Forum del Terzo Settore, già promotore della nascita del gruppo di Ischia “NoSlot”, con i gazebo per la raccolta delle firme contro il gioco d’azzardo di domenica 16 marzo nelle piazze di Forio e Casamicciola, iniziativa che sarà ripetuta domenica 23 marzo nei comuni di Ischia, in Piazzetta San Girolamo e nei pressi del Palazzo dell’Orologio ad Ischia Ponte e a Barano nella piazzetta a fianco alla nuova Chiesa di Fiaiano.

IL SANTO DELLA SETTIMANA

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24 Marzo - Santa Caterina di Svezia, religiosa

| a cura di Francesco Schiano per l’Ufficio Diocesano Comunicazioni Sociali

atarina Ulfsdotter, meglio conosciuta col nome di Caterina di Svezia, era la secondogenita degli otto figli di S. Brigida, la grande mistica svedese. Nata nel 1331, in giovanissima età si era maritata con Edgarvon Kyren, nobile di discendenza e soprattutto di sentimenti, poiché acconsentì al desiderio della giovane e graziosa consorte di osservare il voto di castità, anzi, si legò egli stesso a questo voto. Caterina, all’età di diciannove anni raggiunse la madre a Roma, in occasione della celebrazione dell’Anno Santo. Qui la giovane apprese la notizia della morte del marito. Da questo momento la vita delle due straordinarie sante scorre sullo stesso

binario: la figlia partecipa con totale dedizione all’intensa attività religiosa di S. Brigida. Questa aveva creato in Svezia una comunità di tipo cenobitico, nella cittadina di Vadstena, per accogliervi in separati conventi di clausura uomini e donne sotto una regola di vita religiosa ispirata al modello del mistico S. Bernardo di Chiaravalle. Durante il periodo romano che si protrasse fino alla morte di S. Brigida, il 23 luglio 1373, Caterina fu costantemente accanto alla madre, nei lunghi pellegrinaggi intrapresi, spesso tra gravi pericoli, dai quali le due sante non sarebbero uscite indenni senza un intervento soprannaturale. S.Caterina viene spesso rappresentata accanto a un cervo, che, secondo la leg-

genda, più volte sarebbe comparso misteriosamente per trarla in salvo. Riportata in patria la salma della madre, nel 1375 Caterina entrò nel monastero di Vadstena, di cui venne eletta badessa, nel 1380. A Roma, narra una tradizione leggendaria, Caterina avrebbe prodigiosamente salvato la città dalla piena del Tevere, che aveva già abbattuto gli argini. L’episodio è raffigurato in un dipinto conservato nella cappella a lei dedicata nell’abitazione di piazza Farnese. Papa Innocenzo VIII ne permise la solenne traslazione delle reliquie; ma sarà l’unanime e universale devozione popolare a decretarle il titolo di santa e a festeggiarla nel giorno anniversario della morte, avvenuta il 24 marzo 1381.


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LA VOCE DI PIETRO

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MESSA DOMENICALE IN CATTEDRALE

| a cura di Francesco Schiano per l’ufficio Comunicazioni sociali econda domenica di Quaresima in Cattedrale aver conosciuto già qualche battuta d’arresto, qualche per il nostro Vescovo Pietro che ha celebrato difficoltà, qualche esperienza di stanchezza. Abbiamo l’Eucarestia delle ore 10.00. Durante la sua ome- iniziato forse con grande entusiasmo, e con lo stesso lia mons. Lagnese si è soffermato in modo particolare entusiasmo siamo andati a ricevere le ceneri dal Sacersulla pagina di Vangelo della Trasfigurazione: “Mi ver- dote, che ci ha detto “convertiti e credi al Vangelo!” e rebbe la voglia questa mattina di fare una domanda a noi abbiamo detto: si voglio convertirmi! Questa quac i a s c u n o resima voglio viverla davvero bene, non voglio sciudi voi e a parla! me per Poi però vengono le difficoltà e lasciamo cadere quei p r i m o : propositi che ci eravamo fatti inizialmente. Guardando come va? all’esperienza degli apostoli però siamo invitati a non Perché il scoraggiarci perché loro hanno vissuto le stesse cose Ve s c o v o che viviamo noi: anche la loro fede era fatta di mostamattina menti ricchi di fede e di momenti in cui non ce la fasi interessa cevano a muovere un passo, perché erano uomini della no- come noi! E questo significa he anche tu, con la Grastra vita? zia di Dio, puoi farcela! Gli Apostoli erano un po’ scoP e r c h é raggiati perché guardando alla pagina di Vangelo di a b b i a m o oggi ci troviamo 6 giorni dopo l’annuncio della Pasiniziato da sione, e Gesù aveva detto loro: “io devo soffrire p o c h i molto, devo essere rinnegato da tutti, preso e messo giorni il in croce e morire” Gli apostoli immaginavano Gesù Cammino come un condottiere valoroso che avrebbe sconfitto i Q u a r e s i - romani, il potere politico del tempo, e vanno in crisi male, ed è non solo per questo ma anche perché Gesù ha un cam- aggiunto che se volevano seguirlo anche loro domino che vevano abbracciare la Croce…e la Croce era il foto di Andrea Di Massa potrebbe supplizio riservato ai peccati più infami… Di

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fronte a questa notizia gli Apostoli sono andati in crisi, abitati da tanti dubbi si domandavano forse: “ma chi stiamo seguendo?”, pensarono forse di ritornare alla loro vita di ogni giorno. Proprio per questo Gesù prende con sé Pietro Giacomo e Giovanni e se li porta su un Monte, in disparte e lì si trasfigura, il suo volto diventa luminoso come il sole, le sue vesti diventano candide. Matteo cerca di spiegarci un esperienza che hanno fatto questi tre apostoli che non si può raccontare, è un’esperienza di Cielo, di Paradiso. Quante volte anche noi durante un momento di preghiera o adorazione particolare magari abbiamo detto che bello! Non tornerei più a casa, me ne starei qua! Mentre Pietro stava ancora parlando però ascolta una voce che dice: “Ecco il figlio mio, l’Amato, ascoltatelo!” E’ lui che dovete seguire, coraggio! Fanno esperienza di bellezza, e loro hanno quasi paura, Gesù li tocca e li incoraggia. Coraggio Gesù dice anche a noi oggi in questa seconda tappa del cammino quaresimale: lasciamoci nutrire dalla Parola del Signore, anzi sarebbe bello che ognuno di noi potesse trovare 5 minuti nell’arco della giornata da dedicare alla Parola di Dio per ascoltarLo e per lasciarLo parlare alla nostra vita”. foto di Giampaolo Monte

PRIMA STAZIONE QUARESIMALE

| a cura di Francesco Schiano per l’ufficio Comunicazioni sociali abato pomeriggio 15 marzo si è tenuta a Lacco voce e ripete all’incirca le stesse parole dette il Ameno la prima delle stazioni quaresimali che il giorno del Battesimo di Gesù al Giordano: Vescovo Pietro celebrerà nei quattro decanati “Questi è il Figlio mio, l’Amato, ascoltatelo!”, della Diocesi. Alle ore 18.00 ha avuto inizio la proces- questa volta però le parole sono rivolte ai discesione penitenziale dalla Chiesa Parrocchiale di S.Maria poli e non più a Gesù stesso, e dice: ascoltatelo! delle Grazie alla Basilica di Santa Restituta, dove il Ve- Che non vi salti per la mente di aver sbagliato scovo ha presieduto la Solenne Celebrazione Eucari- tutto! E’ proprio Lui, seguiteLo! Dovete andare stica insieme ai parroci del decanato di Lacco Ameno avanti! Siamo nella Basilica di Santa Restituta, pa– Casamicciola: don Gioacchino Castaldi, don Gae- trona della Diocesi che con la sua vita e la sua morte tano Pugliese e don Gino Ballirano. Nella sua omelia ci insegna come sia importante per un cristiano vivere ha spiegato il senso di questa stazione quaresimale alla l’incontro domenicale con il Signore. Noi abbiamo biluce della parola di Dio della II domenica di Quare- sogno della domenica perché nell’Eucarestia Gesù ci sima: “Avete notato che durante la processione peni- parla e si dona a noi perché noi possiamo ripartire con tenziale, davanti alla croce c’era l’incenso, ad indicare più entusiasmo per andare dietro a Lui e seguirlo nella che noi non stavamo andando dietro a un morto, a consapevolezza che questo significa passare per la uno sconfitto, a un personaggio del passato, ma sta- croce ma giungere anche all’esperienza della Gloria! vamo seguendo il Figlio di Dio stesso, Gesù risorto, Noi spessi siamo coloro che hanno voltato le spalle al che ci chiama ad andare dietro a Lui sulla strada della Signore, hanno ascoltato altre voci e hanno pensato Croce, perché solo seguendolo su questa strada po- di poter fare a meno di Dio, oggi il Vangelo mostrantremmo arrivare anche noi all’esperienza del Cielo doci l’immagine della Trasfigurazione ci mostra cosa come gli apostoli nel vangelo di oggi. Quel giorno gli Gesù vuol fare della nostra vita: vuole renderla bella, Apostoli fecero esperienza anche di una Parola, è la luminosa, vuole trasfigurarla e farla nuova. La QuareParola stessa di Dio, che dalla nube fa sentire la sua sima è proprio il passaggio da un’esperienza di fragilità

e di miseria ad un’esperienza di Cielo che il Signore vuole donarci e per questo ci invita ad andare dietro di Lui e il Padre ci dice: Ascoltatelo! Il Signore questa sera in questa seconda tappa del nostro cammino quaresimale, quando forse la stanchezza potrebbe averci frenato, ci dice: riparti, riparti da oggi, ricomincia adesso, la Quaresima ricomincia oggi, vivi bene questo tempo perché il Signore vuole fare anche con te quello che ha fatto con Pietro, Giacomo e Giovanni e con suo Figlio: vuole trasfigurare la tua vita, vuole renderla bella perché tu possa essere suo buon testimone capace anche di soffrire per il Vangelo. Ci accompagni in questo viaggio oltre il quale c’è una benedizione, la Vergine Maria e i Santi, S.Restituta in modo particolare e ci aiutino ad andare dietro a Gesù nella consapevolezza che chi lo segue non rimarrà deluso”.


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LA VOCE DI PIETRO

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FESTA DI SAN GIUSEPPE AL FANGO CON IL VESCOVO

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| a cura di Francesco Schiano per l’ufficio comunicazioni sociali

e la festa di San Giuseppe è per tutti momento e motivo di grande gioia, lo è in modo tutto particolare sulla nostra isola per la Comunità di Lacco Ameno e della Contrada del Fango che ospita la Chiesa di San Giuseppe, centro e fulcro di un’intensa devozione al Santo Patrono della Chiesa Universale. E’ proprio al Fango che mons. Vescovo ha presieduto l’Eucaristia al mattino del 19 Marzo nella Solennità di San Giuseppe. Nella sua omelia mons. Lagnese ha sottolineato tutta la grandezza di Giuseppe, una grandezza che ritroviamo soprattutto in una sua caratteristica fondamentale: il silenzio e l’ascolto della Voce del Signore: “Di Giuseppe non ci è riferita una parola nel Vangelo, quasi come se i Vangeli volessero dirci che lui l’uomo del silenzio adorante di Dio. Certo in questo anche Maria sarà stata un esempio per lui; Maria e Giuseppe si sono sostenuti e incoraggiati a vicenda nel cammino della vita ma anche nel cammino spirituale. E certamente Giuseppe avrà tanto imparato da Maria, avrà imparato da colei che era la sua promessa sposa, la quale aveva già detto un Sì forte e deciso, totale, al Signore, e come Maria anche lui dichiara la sua disponibilità al Signore benchè non tutto gli sia chiaro, anzi, Giuseppe fa fatica ad entrare in questo progetto così grande e misterioso eppure come Abramo si fida, dice Sì ai piani di Dio: “fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé Maria sua sposa”. Aveva tanti progetti forse quest’uomo, come tutte le persone che si apprestano al Matrimonio, e il Signore interviene nella sua storia e lui fa un passo indietro. Me lo immagino così Giuseppe, come l’uomo che sa fare un passo indietro, che sa dire al Signore: va bene così, e in questo sta questo appellativo riferito nel Vangelo a proposito di Giuseppe: uomo giusto, non perché fosse solo un uomo amante della legge, della legalità, ma Giuseppe è giusto perché vuole fare ciò che è giusto agli occhi di Dio, perché vuole fare la Sua volontà anche quando non la comprende. Allora ecco che quest’oggi noi vogliamo chiedere al Signore soprattutto in questo tempo di Quaresima, di essere come Giuseppe, persone che sanno mettersi in ascolto della Sua Parola che sempre ci parla; dalle poche notizie che ci arrivano dai Vangeli a riguardo di Giuseppe scopriamo come Egli venga guidato passo dopo passo dal Signore, che sempre lo accompagna e gli dice al momento giusto quello che deve fare, non glielo dice prima così che tutto sia già prestabilito ma c’è questa precarietà, questa provvisorietà, ma lo dice poco per volta, perché lui possa essere sempre allenato a questa

capacità di fidarsi di Dio e dei suoi piani. Allora chiediamo al Signore che tutti sappiamo fare questo, e facendo questo possiamo scoprire la nostra vocazione, quello che il Signore ci chiama ad essere ed oggi in modo particolare vogliamo pregare per tutti i papà perché come Giuseppe possano essere i custodi della loro famiglia, e possano in tal modo testimoniare questa custodia e questa cura di Dio verso la loro vita, chiedere al Signore che a tutti possa essere garantito il preghiamo per tutti i papà che vivono momenti di dif- diritto ad un lavoro e ad una retribuzione dignitosa. ficoltà, di trepidazione, a causa della crisi economica, Affidiamo infine questa contrada, questa realtà della per quelli che con le loro mogli condividono una pre- Parrocchia di Lacco che vive quasi un’esperienza di occupazione a riguardo dei propri figli, forse perché “periferia” ma che con impegno e con zelo si sente in casa c’è una sofferenza e una difficoltà, perché dav- parte di questa Comunità più grande; la mia preghiera vero il Signore li accompagni e non li faccia sentire dunque per gli abitanti di questa zona del Fango e a soli e dia loro la certezza che Lui è fedele alle sue pro- chi cura lo zelo di questa casa di Dio perché a partire messe. Pregando per i papà vogliamo ricordare tutti i da questo luogo possa irradiarsi su tutti il dono della papà che già hanno concluso il loro cammino terreno, Presenza di Dio; con l’aiuto di Maria, Amen”. che già sono passati da questa vita al Padre, perché il Signore ricompensi tutte le loro fatiche e preoccupaFoto di Giovan Giuseppe Lubrano zioni che hanno accompagnato la loro esistenza. Guardando a San Giuseppe non possiamo non affidare alla sua protezione colui che è AGENDA DEL VESCOVO il “padre di tutti i padri”, pastore della Chiesa universale, il Vicario di Cristo in dal 23 al 30 marzo 2014 terra, Papa Francesco, perché è il Papa che Domenica 23 marzo Mercoledì 26 marzo il Signore ci ha donato e possa continuare Ore 10,00: S. Messa in Ore 09,00 - 12,00: Udienze l’opera meravigliosa che ha intrapreso di Cattedrale. Ore 19,30: Consegna della Bibbia rinnovamento della Chiesa e lo faccia sem- Ore 16,30: Parrocchia San Pietro nella Parrocchia di S. Maria Madpre con quello stesso entusiasmo, ardore e Convegno su San Camillo de Lellis dalena in Casamicciola passione che hanno caratterizzato questo a 100 anni dalla morte Venerdì 28 marzo Ore 09,00 - 12,00: Udienze suo primo anno di pontificato; insieme a A seguire la S. Messa. Sabato 29 marzo lui affidiamo al Signore tutta la Chiesa, la Lunedì 24 marzo Ore 09,00 12,00: Udienze Ore 11,00: Consiglio Affari nostra Chiesa di Ischia con il Suo Vescovo, Ore 20,00: Festa del Sì Economici Diocesano i sacerdoti e tutte le famiglie. Affidiamo alle Incontro del vescovo con i Ore 17,30: Stazione Quaresimale mani di San Giuseppe tutti coloro che soffidanzati della diocesi nel Decanato di Forio frono per la mancanza di lavoro, per quanti Martedì 25 marzo Domenica 30 marzo lo hanno perso e per quelli che non rie- Ore 11,00: S. Messa nella ParrocOre 10,00: S. Messa in Cattedrale scono a trovarlo, per i giovani che vorreb- chia SS. Annunziata in Campabero mettere su famiglia e fanno invece gnano. tanta fatica a realizzare questo sogno a Ore 18,00: 3° Cammino Diocecausa della mancanza di lavoro, vogliamo sano delle Confraternite - Panza


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Messa a Santa Marta

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AVERE CURA DEL PROSSIMO: QUESTA È LA PIETRA DI PARAGONE

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apa Francesco nell’omelia della Messa celebrata il 18 marzo a Casa Santa Marta, prendendo spunto dalla Prima Lettura (Is 1, 10.16-20) ha affermato che “tutti noi abbiamo bisogno di cambiare la nostra vita” per aggiustarla e avvicinarci al Signore, che “ci vuole vicini - ha detto il Santo Padre – e ci aspetta per perdonarci”; ma l’avvicinamento deve essere sincero e libero da ogni forma di ipocrisia. Il segno che noi siamo con Gesù, ha sottolineato il Papa, è contenuto in un brano del Vangelo che ama citare spesso: Matteo (25, 31-46), è tutto lì come molte volte ha ripetuto, è il prendersi cura dei nostri fratelli perché tutto quello che avremo fatto a uno solo di questi fratelli più piccoli, l’avremo fatto al Signore (Mt 25, 40). “Cosa fanno gli ipocriti? Si truccano, si truccano da

buoni: fanno faccia di immaginetta, pregano guardando al cielo, facendosi vedere, si sentono più giusti degli altri, disprezzano gli altri. ‘Mah – dicono – io sono molto cattolico, perché mio zio è stato un grande benefattore, la mia famiglia è questa e io sono… ho imparato… conosciuto il vescovo tale, il cardinale tale, il padre tale… Io sono…’. Si sentono migliori degli altri. Questa è l’ipocrisia. Il Signore dice: ‘No, quello no’. Nessuno è giusto da se stesso. Tutti abbiamo bisogno di essere giustificati. E l’unico che ci giustifica è Gesù Cristo”. “Soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova’. Avere cura del prossimo: del malato, del povero, di quello che ha bisogno, dell’ignorante. Questa è la pietra di paragone. Gli ipocriti non sanno fare questo, non possono, perché sono tanto pieni di se stessi che sono cie-

chi per guardare gli altri. Quando uno cammina un po’ e si avvicina al Signore, la luce del Signore gli fa vedere queste cose e va ad aiutare i fratelli. Questo è il segno, questo è il segno della conversione”. “La Quaresima è per aggiustare la vita, sistemare la vita, cambiare la vita, per avvicinarsi al Signore. Il segno che noi siamo lontani dal Signore è l’ipocrisia. L’ipocrita non ha bisogno del Signore, si salva da se stesso, così pensa, e si traveste da santo. Il segno che noi ci siamo avvicinati al Signore con la penitenza, chiedendo perdono, è che noi abbiamo cura dei fratelli bisognosi. Il Signore ci dia a tutti luce e coraggio: luce per conoscere cosa succede dentro di noi e coraggio per convertirci, per avvicinarci al Signore. E’ bello essere vicino al Signore”.

LA CHIESA, IL VANGELO, I POVERI

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INTERVISTA AL PAPA DI RADIO BAJO FLORES, EMITTENTE DI UNA BARACCOPOLI DI BUENOS AIRES

a Chiesa, il Vangelo, i poveri, la povertà al centro dell’intervista rilasciata nei giorni scorsi da Papa Francesco all’emittente argentina “radio FM 88.1 Bajo Flores” di una “villa miseria”, una baraccopoli di Buenos Aires. La registrazione è stata trasmessa giovedì 13 marzo, in occasione dell’anniversario dell’elezione al soglio pontificio. Un salto indietro nel tempo a quando Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, si recava nella parrocchia

Madre del Popolo nel “barrio porteño” di Bajo Flores per celebrare l’Eucaristia in mezzo ai poveri, intrattenendosi nelle loro case a prendere il mate o a salutare malati e anziani ai quali portava la comunione. Questo ha rappresentato, per i tanti presenti alla celebrazione del 13 marzo nella chiesa della “villa miseria” di Buenos Aires, la trasmissione sui maxi schermi dell’intervista concessa in video dal “Papa de los villeros”, questo il titolo della conversazione, a

“radio FM 88.1 Bajo Flores”. Dodici le domande sulla presenza concreta della Chiesa in mezzo agli emarginati. Papa Francesco riflette sul lavoro pastorale dei “curas villeros”, quei sacerdoti che lavorano nelle periferie tra i più poveri e la cui pastorale egli stesso ha sostenuto e promosso in qualità di arcivescovo di Buenos Aires; il Pontefice rimarca l’importanza dell’educazione dei giovani e del loro accompagnamento durante la crescita. Quanto fanno i sacerdoti nella

“villa miseria” – spiega – “non è una cosa ideologica , ma una missione apostolica”. Il riferimento è a quanto in passato è stato detto su questi preti, che, chiarisce il Santo Padre, “non erano comunisti”, ma “grandi sacerdoti che ascoltavano il popolo di Dio e lottavano per la giustizia”. Nell’intervista, il Papa esprime la necessità “di avere un atteggiamento di povertà e servizio, di aiuto agli altri”, ma nel contempo – prosegue - bisogna “lasciarsi aiutare dagli altri”, “ab-

biamo bisogno gli uni degli altri”. Alla domanda su cosa gli piaccia di meno della sua missione di Successore di Pietro, Francesco risponde: “il lavoro con le carte, quello d’ufficio, nel quale” – confida – “ho sempre fatto fatica”. Quindi il Pontefice saluta affettuosamente i carcerati e i loro familiari, a tutti ancora una volta chiede preghiere: “ho bisogno del sostegno del popolo di Dio”.


6 Kaire | LA CONSULTA DEI LAICI CDAL: CONSULTA DIOCESANA DELLE AGGREGAZIONI LAICALI

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Tanti carismi, un solo corpo nella diocesi di Ischia | a cura di Gianni e Luisa Trani

In questi ultimi tempi il fenomeno dell’aggregarsi dei laici tra loro è venuto ad assumere caratteri di particolare varietà e vivacità. Se sempre nella storia della Chiesa l’aggregarsi dei fedeli ha rappresentato in qualche modo una linea costante, come testimoniano sino ad oggi le varie confraternite, i terzi ordini e i diversi sodalizi, esso ha però ricevuto uno speciale impulso nei tempi moderni, che hanno visto il nascere e il diffondersi di molteplici forme aggregative: associazioni, gruppi, comunità, movimenti”. ( Christifideles laici n.29) E’ vivo il ricordo in tanti dell’indimenticabile e storico incontro dei movimenti in piazza s. Pietro per la pentecoste 98 convocati da papa Giovanni Paolo II. C’erano i fondatori dei movimenti dei nuovi carismi, tra loro strinsero un patto di amore reciproco. Fu un evento molto importate per noi di Ischia, il Papa ci disse: “La chiesa si aspetta da voi frutti maturi di comunione e di impegno”. Da allora alcuni dei fondatori sono andati in paradiso. Loro continuano a guidarci dal cielo e noi, fedeli al loro mandato, sentiamo di voler realizzare quanto chiesto dal Papa. Questo evento ci diede l’occasione per incominciare

a lavorare insieme, gomito a gomito, partimmo da Ischia in 10 pullman. Successivamente, per volere di mons. Filippo Strofaldi, è nata la consulta diocesana delle aggregazioni laicali che in tutti questi anni ha avuto come primo obiettivo quello di crescere nella conoscenza e nell’amore vicendevole. Il rispettare le diversità di ognuno, è servito ad aumentare la stima reciproca e tante sono state le occasioni per crescere nella comunione: veglie di Pentecoste, incontri ecumenici, Insieme per l’Europa, Marcia per la

pace, tutti momenti di gioia ed occasione per la chiesa di Ischia di realizzare la nuova evangelizzazione, che testimonia l’amore di Dio per l’umanità. In questi anni sono stati di sprone i moniti di Benedetto XVI in particolare al secondo appuntamento dei movimenti per la pentecoste 2006. Allora parlò dei nuovi carismi come di una “struttura viva della chiesa”. Un corpo umano non può fare a meno di nessuna delle sue membra e ciascuna ha la sua funzione. Il nostro vescovo Pietro era da poco arrivato tra noi, quando la Consulta, per suo desiderio, si è ritrovata in episcopio a casa sua, accolta festosamente e cordialmente dalle suore, era tra noi l’amato don Luigi Trofa, è stato l’ultimo incontro che ha fatto con noi. Lui che da anni è stato il nostro punto di riferimento e guida, ci ha sempre incoraggiati e sostenuti ad andare avanti. Tante volte abbiamo parlato con Lui di organizzare “la festa dei movimenti al palazzetto”, ma per tanti motivi non siamo riusciti a concretizzarla. Il 13 dicembre scorso il sua desiderio si è realizzato: eravamo circa 900 membri dei cammini, associazioni e movimenti laicali dell’Isola d’Ischia, tutti insieme intorno al vescovo, con tanti sacerdoti presenti. Abbiamo immaginato don Luigi a guardarci e a gioire con noi dal Paradiso, e chi sa quale barzelletta stava raccontato a chi gli era accanto. Quella sera abbiamo vissuto un momento di vera comunione; ci siamo sentiti come fiori di un unico giardino: la chiesa. Nella sua lettera a tutti i membri delle Aggregazioni Laicali della Chiesa di Ischia, il nostro vescovo Pietro ci ha scritto “ La vostra presenza suscita in me, davvero, tanta gioia ed è per me motivo di grande speranza! Si, io riconosco in voi un dono prezioso per la Nostra Chiesa! Con papa Francesco anch’io vi dico: “ Voi siete regali dello Spirito!” (E.G. 130) Papa Francesco invita continuamente tutta la chiesa ad uscire fuori, a non chiudersi ad andare verso gli ultimi, verso le periferie esistenziali. Pertanto

il nostro impegno è quello di essere una realtà di amore al servizio della chiesa di Ischia in unità con il vescovo e siamo consapevoli che solo con una comunione portata all’esterno, una comunione che si veda e dia testimonianza, coloro che non hanno mai sperimentato o hanno dimenticato la possibilità dell’incontro con Dio possano ritrovare quella porta aperta che permetta loro di incontrarLo. CONSULTA DELLE AGGREGAZIONI LAICALI

Azione Cattolica Italiana Associazione Figli della Chiesa Associazione Laici Bettlemiti A.I.M.C. Associazione Italiana Maestri Cattolici Cammino Neo Catecumenale Comunione e Liberazione Confraternite C.S.I. Centro Sportivo Italiano C.T.G. Centro Turistico Giovanile M.E.I.C. - Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale Movimento dei Focolari - Opera di Maria Nuovi Orizzonti Opera dello Spirito Santo O.F.S - Ordine Francescano Secolare -Ischia / Forio / Fontana Rinnovamento nello Spirito UNITALSI Volontariato Vincenziano


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I P AD RI, V I STI D A U N P RETE: DON A NTONI O M AZZI

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| a cura di Lino Arcamone Fonte: Messaggero di sant’Antonio

on Mazzi ne ha visti di ragazzi, sulla strada. Perché lui è un prete di strada. Un prete da periferie urbane ed esistenziali. Un prete che va a cercarli fin negli angoli più bui e difficili. Quelli della tossicodipendenza, dell’assassinio, ma anche della disperazione e della solitudine di vite solo in apparenza normali. Nel 1994 fonda la comunità Exodus. Allora i ragazzi erano tredici. Oggi sono più di un centinaio, solo a Milano. Ne ha visti di ragazzi, don Antonio Mazzi. E ne ha visti anche di padri. Forte della sua esperienza, alla soglia degli 85 anni, non usa mezze parole. Per la verità, non le ha mai usate. Per lui un padre dovrebbe essere contento di affrontare problemi. «Perché, più casini ci sono, più un padre trova ragione di esserci». Bella provocazione, ma poi, nella realtà, mica è così facile. «II vero guaio dei nostri giovani siamo noi adulti che non siamo mai diventati tali. Ho conosciuto tanti padri. Molto bravi a sviluppare il personaggio del loro figlio, ma non a tirarne fuori e ad accompagnarne la vera identità. Certo, aiutare un figlio a costruirsi una propria identità piena di valori da vivere e da trasmettere è una fatica immane. Anche perché abbiamo dimenticato che si cresce, tutti, nella misura in cui ci si assume qualche responsabilità, si ama la fatica e si soffre. Oggi, invece, i padri hanno paura». Don Mazzi insiste sull’importanza della figura paterna nell’adolescenza. «Un’età temuta, poco conosciuta, sottovalutata. È in questo momento, invece, che i ragazzi vengono al mondo una seconda volta. Una seconda nascita data non più dalle madri, ma

dai padri». Come fare, allora? «Prima di tutto mai dire al proprio figlio “fai questo, fai quello, studia”. Impariamo, piuttosto, ad ascoltarlo. Troviamo un momento, con tutta la famiglia, per ascoltarci. La famiglia non è un’invenzione dei preti o dei cattolici. È un’esigenza vitale della società. Rimettiamo al centro i ragazzi. Abbiamo bisogno di una società in cui i giovani valgano più dello spread, del costo della benzina, delle pensioni ai dirigenti. Torniamo a fare i padri senza paura. Ascoltiamo i nostri figli. Impariamo ad amare le loro fragilità, che sono anche le nostre. I ragazzi hanno bisogno di adulti autentici, esigenti, dialoganti, di genitori capaci di interpellarsi con più pazienza e meno paura. Ma, soprattutto, hanno bisogno di padri che sappiano aiutarli a fare sintesi tra quotidianità e sogno, tra desideri e concretezza. I nostri adulti, i nostri padri, insistono solo sul presente, senza una prospettiva di futuro. E invece i giovani hanno la capacità, per loro natura, di scelte radicali, in controtendenza, capaci di trasformare la fatica e il lavoro in qualità di vita, amicizie, valori. È il padre che ha il compito, più di altri, di spalancare relazioni, di disegnare orizzonti positivi, di accordare i vari strumenti trasformando il raglio in melodia». Ma don Mazzi interviene anche sulla paternità della Chiesa. Un ruolo riscoperto grazie a papa Francesco. Sulla figura del padre, il Pontefice è tornato spesso. Un ritorno al padre nelle parole e, prima ancora, nei gesti, nella quotidianità. Abbiamo tutti davanti l’immagine di un Papa che non esita ad avvicinarsi alla gente, ad abbracciarla, a chinarsi per

raccogliere le fragilità di ciascuno e a caricare su di sé tutte le sofferenze del mondo. Un Papa che pare venirci a cercare là dove siamo, senza paura di guardarci in volto per ciò che siamo. E che invita i sacerdoti a fare altrettanto. «Mi pare – sottolinea don Mazzi – che spesso la Chiesa, soprattutto quella occidentale ed europea, più che la paternità abbia esercitato la dottrina. E talvolta abbia anteposto quest’ultima alla persona. Ho l’impressione che in alcuni casi per la Chiesa la dottrina valesse più degli uomini e della loro storia. Ma questo non è il Vangelo!». Forse, per cambiare le carte in tavola ci voleva un uomo venuto da lontano, da una Chiesa ai confini del mondo. «L’arrivo dirompente di questo Papa ha cominciato a rovesciare la logica. Spero che il ritorno al rispetto della persona – è lui che ha osato dire che nemmeno il Papa ha il diritto di giudicare un peccatore –, possa invertire la rotta. Papa Francesco è colui che è passato dal soglio papale alla strada del pastore. Colui che sta finalmente riportando la Chiesa al ruolo giusto. Che non è quello dello Stato né quello dell’istituzione, ma di un luogo di carità, di speranza e di fede».

I PADRI, VISTI DA UN EDUCATORE: EZIO ACETI

Qual è il buon papà? È uno che entra in rapporto con il figlio. Non ha importanza se è un timido o un permissivo. Meglio un padre «scassato» che entra in relazione con il figlio di uno che pensa di avere tutte le verità in tasca e trascuri la relazione. Meglio la regola o l’autorevolezza? La relazione è più importante della regola, ma la relazione comunque sfocerà in regola, perché la regola è utile per convivere assieme agli altri. C’è, però, un secondo aspetto: ciò che conta non è dare regole. Ci sono migliaia di bambini e ragazzi che ricevono un sacco di regole ma non ne rispettano nessuna. Le ragioni sono due. Primo: non hanno avuto nessun motivo per interiorizzarle, per renderle parte di sé. Secondo: nessuno gliele ha mai comunicate chiaramente. Le regole s’interiorizzano solo se io ho un rapporto con una persona significativa e sono quindi disposto a portare dentro di me ciò che lui mi dice. Quando le madri devono fare un passo indietro? Un bambino fino ai 5-6 anni non è capace di mettersi nella realtà, dai 7 in poi è perfettamente in grado di farlo e di costruire rapporti con gli altri. Ciò significa che da quell’età un bambino è

in grado di essere «grande», per cui se io lo tratterò da grande diventerà grande, se lo tratterò da piccolo rimarrà piccolo. Per cui a quell’età o le madri sono in grado di fare quest’operazione, cosa di cui dubito – conosco le mamme! – o è meglio che lascino la scena ai padri, fidandosi di loro. Invece oggi i padri sembrano i figli aggiunti, dei bebè cresciuti. È ora di finirla! Che fare allora? Dite alle coppie che stanno per avere un figlio due cose. Primo: di notte lasciate i bebè strillanti in mano ai padri, impareranno da subito a fare i padri. Secondo: almeno tre volte al mese la coppia mandi i bambini dai nonni o chiami una babysitter. Il padre dica ai figli, che faranno di tutto per venire: «E no, miei cari, io esco con mia moglie», senza usare la parola «mamma», mi raccomando. Testimoniate ai vostri figli una vita adulta piena, significativa. Un altro passo indietro, questa volta sia del padre che della madre, va fatto a scuola: non andate a prendere la scheda di valutazione senza i vostri figli. Trattateli da adulti da subito, come ci aveva detto Maria Montessori già nel 1953! Quale dev’essere l’eredità di un padre? Le rispondo con un’esperienza.

Tempo fa un padre mi disse di aver avuto una delle esperienze più dolorose della sua vita. Colto da un infarto, si trovava in un letto d’ospedale; i figli, pensando che fosse in coma, iniziarono a litigare per l’eredità. «Avrei voluto morire – mi confessò –. Lo dica a tutti i padri che incontra alle sue conferenze, riferisca loro che fin che sono in tempo insegnino ai figli le cose importanti». Ho raccolto il suo appello e credo che le eredità di un padre siano almeno cinque. Primo: dite ai vostri figli che sono nati per costruire relazioni con tutti. Secondo: dite loro che sono programmati per il bene; ogni volta che faranno il bene proveranno gioia, ogni volta che agiranno per il male proveranno tristezza. Terzo: che l’amore e l’amicizia sono sempre possibili, che non esistono di per sé ma il costruirli dipende da loro. Quarto: che non è importante quanti sbagli si fanno, l’importante è imparare a rialzarsi. Non è in gamba chi non sbaglia, ma chi non si arrende. Quinto: che i figli attingano sempre alla loro coscienza interiore. Dentro di noi c’è un «terzo occhio». Se

imparo ad ascoltare il mio mondo interiore, io arrivo a capire ciò che è bene e ciò che è male. Incontro di formazione LA VERITA’ VI FARA’ LIBERI Dipendenza, di pendenze e libertà Giuseppe Galano - Il 28 marzo 2014 alle 20:30 nell’auditorum della Chiesa Parrocchiale di Fiaiano ci sarà un incontro di formazione per i giovani sul tema delle dipendenze. Relatrice dell’incontro sarà la Dott.ssa Rosaria Colella, medico chirurgo specialista in Psicologia Clinica e membro dell’equipe di prevenzione del Dipartimento di Dipendenze Patologiche dell’ ASL Napoli 2 Nord. Sarà effettuata una panoramica sulle dipendenze con particolare riferimento agli aspetti medici e psicologici che ne derivano. Inoltre saranno forniti elementi su base etica ed antropologica. A questo importante appuntamento di formazione sono invitati tutti i giovani.


ALLA RISCOPERTA DEL RUOLO E DEI COMPITI DEI PADRI DI OGGI 8

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DAL PADRE PADRONE AL PADRE PELUCHE

Che cos’è successo ai padri? E, soprattutto, che fare adesso? È possibile coniugare passato e futuro, regole e affetto, rigore e tenerezza senza perdere autorevolezza, presenza, significanza?

| A cura di Lino Arcamone Fonte: Messaggero di sant’Antonio

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LA RIVOLUZIONE DEGLI AFFETTI Mercoledì scorso è stata la Festa del Papà. In passato era un’occasione per regalare un liquore o una cravatta. Oggi si è perso anche questo e il 19 marzo rischia di scivolare via come una delle tante ricorrenze senza quasi più alcun significato. Mai come nella società moderna sarebbe opportuno approfittare di questa festività per una riflessione seria e approfondita sulla figura e il ruolo del padre oggi. Infatti, negli ultimi decenni, il ruolo del padre è entrato in crisi. Il nuovo padre non ha più punti di riferimento: diviso tra tenerezza e regole, autorità e impotenza. Una grande sfida, che chiede ai padri d’essere accanto ai figli in modo nuovo, pieno e significativo

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ggi come oggi sul tema «pianeta padre» c’è una grandissima bibliografia. Negli scaffali delle librerie vi è un osservatorio privilegiato, un termometro degli interessi e degli umori. Fiumi di parole per descrivere l’uomo che dovremmo conoscere meglio al mondo, e che invece sembra sfuggire a ogni catalogazione. Si può leggere del padre che abdica, per scelta di vita e convinzione, al ruolo di regolatore dichiarando i suoi mille dubbi, ed anche di un genitore in balìa delle tempeste adolescenziali del ragazzo, attanagliato dal senso di colpa per aver divorziato dalla madre, bloccato dalla paura di aggravare le fragilità del figlio. Padri in crisi che hanno comunque il merito di continuare a cercare una strada per arrivare ai figli tra senso di inadeguatezza e struggente amore per la prole. Per altri padri c’è la consapevolezza dell’ «Abbiamo sbagliato tutto» secondo il quali i padri di oggi sono diventati i sindacalisti dei figli, coloro che hanno invertito l’esortazione di Steve Jobs, il mitico fondatore della Apple, «siate affamati, siate folli» con la più rassicurante (per loro) «restate sazi, restate conformisti», con esiti devastanti per i ragazzi e per il Paese. Inevitabile in chi legge la fitta di sconforto. E che dire dei figli? Dai libri emergono ragazzi, soprattutto maschi, disordinati e indolenti, viziati e menefreghisti, consumisti e conformisti, iperconnessi eppure incapaci di comunicare, restii a seguire le regole e ad appassionarsi a qualcosa, in qualche caso al limite del patologico. Secondo altri autori si è giunti alla fine dell’epoca del

TRA REGOLE E AUTOREVOLEZZA

el cercare vie d’uscita il mondo degli adulti, ma anche quello degli specialisti, si divide sostanzialmente in due partiti: quello del ritorno alle regole, a quel brandello d’antico che garantirebbe un minimo di riferimento pur nell’ambito di una nuova relazione tra padri e figli, e quello di chi dichiara che il padre regolativo è definitivamente morto e sepolto. Oggi più che mai c’è bisogno “di” padre. Un padre che abbia superato il padre padrone, sia uscito dalle secche del padre peluche e sia rinato come padre educativo, cioè capace di mettere delle regole quando i bambini sono piccoli, di negoziarle quando sono più grandi, non per avere un qualche potere ma per costruire le condizioni entro le quali i figli sviluppino la propria autonomia. Il padre educativo fa da

«figlio Edipo», cioè dell’epoca degli scontri tra padri e figli, e anche quella del «figlio Narciso», il figlio ripiegato su se stesso, incapace di dialogare con le altre generazioni: è il tempo di Telemaco, il figlio di Ulisse, che aspetta che il padre ritorni dal mare e ristabilisca l’ordine nella sua casa assediata dai Proci. Secondo questa tesi, i padri di oggi sono coloro che ritornano dalle tempeste della storia, dal tramonto dell’autorità, «dall’evaporazione del padre» e riscrivono con i figli una nuova relazione. Suggestiva l’ipotesi, anche se a molti padri riesce ancora difficile trovare nel proprio teenager, all’apparenza così lontano e apatico, i tratti di Telemaco.

sponda, argina le spinte regressive che riportano all’infanzia, contiene per far sì che il figlio prenda il largo, sappia utilizzare le sue risorse in funzione del coraggio e della capacità di affrontare la vita». Tra regola e relazione c’è chi preme il pedale sulla relazione. Il mondo degli adulti è alle prese con il fatto che i ragazzi di oggi non riconoscono il valore del limite, non hanno paura degli adulti, non si sentono toccati da castighi o sensi di colpa. E così invoca le regole nel tentativo di ritornare al rispetto dell’adulto come detentore di un valore simbolico. E questo è ormai impossibile. Io sono tra quelli che reputano che sia una conquista che i bambini non abbiano più paura del papà o degli insegnanti. Sarà retorico, ma credo che il fondamento dell’educazione oggi sia l’esempio, la testimo-

nsomma, il padre è in crisi e il suo destino è in costruzione. Che cosa sta avvenendo? E soprattutto dove ci sta portando questo scacco al ruolo paterno? Per cercare di capire è utile riav¬volgere il nastro della storia e riandare all’anno zero della nascita dei nuovi padri. Non occorre far ricorso all’archeologia, di testimoni dei padri del passato è pieno il mondo. «Quando parlava mio padre non volava una mosca, il suo sguardo sferzava come una frustata», ricorda Raffaele, 75 anni, reduce del pater familias (custode delle memorie degli antenati, nonché del fuoco domestico), dispotico e indiscusso regolatore. Il padre del baby boomer (figli nati tra il 1945 ed il 964) ) ha la patina rosea degli anni ’60, all’inizio dell’era consumistica: «Era sempre via per lavoro, quando tornava bisognava rispettare il riposo del guerriero, l’unico a portare i soldi in famiglia. Cena e poi pantofole e televisione, mentre mamma ci preparava per andare a letto». Testimoniando i ruoli divisi tra padre e madre e la lontananza emotiva. E poi ci siamo noi, i padri degli ultimi venti anni, che d’improvviso siamo uno, nessuno e centomila, nel senso che non abbiamo un modello codificato a cui far riferimento, come fossero frammenti di un Big Bang della storia. C’è «il mammo», tutto biberon e pannolini, clone della mamma, di cui però, si sa, ce n’è una sola; poi c’è «l’amico», preoccupato di non dispiacere in nulla il figlio e di dimostrare vent’anni di meno; poi c’è quello che in un impeto d’orgoglio si volta a raccogliere i cocci del padre autoritario del passato, ma la rampogna gli esce stridula, fuori tempo massimo, e rischia di diventare la parodia di se stesso; ed ecco «l’incostante», che si sforza di mettere qualche regoluccia, ma vuoi per stanchezza vuoi per tenerezza, l’eccezione diventa la regola; è poi la volta del «divorziato», divorato dall’assenza, esautorato dal suo essere padre a metà; infine «il mediano», quello disposto a far fatica per far vincere la squadra, che riaggiusta la rotta, si mette in discussione, media, sapendo che ogni giorno è una sfida. Quale sia stato il Big Bang che ha frantumato il padre hanno provato a spiegarlo esperti di ogni tipo, riesumando la carrellata degli eventi degli ultimi quaranta-cinquant’anni, un tempo breve come una fucilata nel ritmo millenario della storia. Ed ecco i killer di volta in

nianza. Il padre trasmette ciò che è da come tratta la mamma, la casa, il denaro, il potere, il codice stradale. Il bambino lo segue non per obbedire a una regola ma per stima e per affetto. Entrambi i partiti, ognuno a suo modo, sottolineano l’importanza di una rinascita dell’autorità paterna, intesa come autorevolezza. E sull’importanza dell’autorità, genitoriale ma non solo, c’è anche chi sostiene, come Luisa Muraro, filosofa e femminista, che: «Abbiamo bisogno di chiamarla “autorevolezza” perché nella nostra storia non siamo riusciti a dividere l’autorità dal potere, tanto che abbiamo distrutto l’autorità identificandola con l’autoritarismo e lasciato il vuoto; l’autorità non è potere, è riconoscimento nella

volta individuati: il ’68, la contestazione contro ogni autorità; l’entrata della donna nel mondo del lavoro; il cambio degli equilibri nella coppia per arrivare, giù giù, fino alla globalizzazione, alla società liquida, alle relazioni fragili, alla precarizzazione, all’individualismo esasperato… e chi più ne ha più ne metta. Il risultato comunque non cambia: rivoluzione è stata, rivoluzione è. Maurizio Quilici, fondatore dell’Istituto di studi sulla paternità afferma che «La figura di padre affettuoso, empatico, accudente, fisicamente vicino non è mai esistita nella storia dell’umanità; per millenni, praticamente dai tempi dei greci e dei romani e fino agli anni ’70, i connotati fondamentali del padre sono stati l’autorità e il potere. Siamo di fronte a una svolta epocale di vastissime proporzioni». Non è solo una rivoluzione subita, è anche un’emancipazione, la scoperta di un mondo di affetti e di emozioni, prima riservato alle madri. Allo stereotipo del macho si è sostituito il padre che finalmente può esprimere sentimenti, sensibilità, tenerezza. Una scoperta, che rende la paternità un arricchimento, una maturità del maschile. Una strada da cui non si torna indietro. E tuttavia quella del padre rimane una svolta difficile perché, caduto un modello vecchio di secoli, tutto è da reinventare. Daniele Novara, pedagogista, fondatore del Centro psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti ci rileva il punto nodale di questa difficoltà: «Le ultime generazioni di padri, secondo me storicamente le migliori, pagano un prezzo carissimo alla violenza, intesa come vessazione complessiva, perpetrata per millenni sulle donne e

relazione: io ti ascolto perché hai una storia, un valore. L’autorità è libertà, è creatività, è generatività, è fiducia, è ciò che di buono ci hanno tramandato le generazioni: per questo è il fondamento delle società ed è la base dell’educazione. Un bambino non imparerebbe neppure a parlare, se non si affidasse ai suoi genitori». La scelta dell’autorità rispetto al potere sembra essere oggi anche quella della figura paterna per antonomasia, papa Francesco, almeno secondo Massimo Recalcati: «Il gesto di Ratzinger ci ha mostrato che il balcone di San Pietro è vuoto. Che cosa resta del padre? Resta la testimonianza più

sui bambini dal padre padrone. Il padre di oggi deve compensare quella voragine storica e ha trovato la strada più facile per farlo, che è quella di sottrarsi al ruolo paterno. Anzi, peggio, in molti casi si è messo sullo stesso piano dei figli, è diventato un compagno di giochi, un papà peluche e si è ritirato in panchina, spesso con la collusione delle mamme». Insomma, l’incertezza impera perché il pendolo delle svolte epocali è sempre così: va da un estremo all’altro. Il problema è che cosa fare adesso, a metà del guado. Come coniugare passato e futuro, regole e affetto, rigore e tenerezza senza perdere autorevolezza, presenza, significanza?

che la regola, il Vangelo più che la teologia. Papa Francesco è il nuovo padre, ripensato dai piedi». Il padre che si presenta all’orizzonte non ha più una fisionomia certa, è vero, ma ha tante possibilità di vita e di relazione accanto ai figli. È un padre senza potere, ma con l’autorità della sua storia, del suo affetto, della sua vicinanza. È un padre che viene dall’assenza, ma che inventa ogni giorno la sua presenza. È un padre che guida per portare alla libertà. Un padre empatico, tenero, che vive commosso lo spettacolo della crescita dei propri figli, uno dei pochi motivi per cui valga la pena vivere.


10 Kaire | ARTE E LITURGIA CHI BEVE DELL’ACQUA CHE IO GLI DARÒ, NON AVRÀ PIÙ SETE

22 marzo 2014 www.chiesaischia.it

Sottolineato dai fedeli il ruolo fondamentale della Donna nella Chiesa | a cura di Ernesta Mazzella

Nella chiesa parrocchiale di Gesù Buon Pastore d’Ischia è custodita l’interessante tela raffigurante Gesù e la samaritana, l’opera è stata realizzata nel 2004 dal pittore Bruno Bellotti. L’artista ritrae Gesù seduto sull’orlo del pozzo accanto a destra vi è la samaritana che stringe tra le mani il recipiente con l’acqua, due alberi incorniciano l’intera scena. Di particolare bellezza è il colore dorato, che anima lo sfondo dell’intera tela. La peculiarità del dipinto ischitano è la presenza dell’elemento principale, ovvero l’acqua è ritratta, in molte altre opere invece questo elemento è sottinteso. Il Bellotti non dà spazio al paesaggio ne ad altri personaggi, ma cattura e concentra lo sguardo dello spettatore solo ed esclusivamente sul dialogo dei due interlocutori. La domanda di Gesù (“dammi da bere”) è espressa nel dipinto dall’enfatico gesto delle sue mani protese verso la donna. Il luogo e il tempo in cui si realizza l’incontro tra Cristo e la samaritana sono emblematici: Sicar, il pozzo di Giacobbe e l’ora del mezzogiorno. Sicar era l’antica Sichem. Gesù siede sull’orlo del pozzo a mezzogiorno, stanco del viaggio. Il pozzo, nella storia dei patriarchi era il luogo dell’innamoramento, dell’incontro dello sposo con la sposa. Giacobbe stesso incontrò Rachele ad un pozzo, così Isacco incontrò Rebecca, così Mosé Zipporah. È strano qui però vedere una donna attingere acqua nell’ora più calda cioè a mezzogiorno, quando il sole è allo zenit e l’acqua dovrebbe essere già in tavola. Dietro l’annotazione temporale si può già intuire un disagio da parte della donna, un qualcosa di cui vergognarsi che la fa agire di nascosto, la sua situazione irregolare la rende probabilmente oggetto di chiacchiere e di critiche da parte degli abitanti del villaggio. Allora, come sapientemente sembra suggerire dalla luce dorata del Bellotti, lo zenit del sole terrestre corrisponde un nadir dell’anima della donna, avvolta nell’oscurità di una vita disordinata, di un’affettività confusa, di una fede incerta. L’artista la ritrae assorta

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nel ascoltare le parole di Gesù che le chiede da bere. La stanchezza di Gesù e la sua sete rimandano a un altro mezzogiorno, quello della croce in cui Gesù sul patibolo, luogo della rivelazione del suo amore per il popolo, manifesta la sua sete. Le grosse travi di legno presenti nel dipinto sono l’implicito simbolismo della croce, esse sono infatti troppo massicce per essere solo il sostegno della carrucola. La donna coglie nella domanda del Giudeo un desiderio che va oltre la sete materiale, ma non vuole assecondare questa intuizione. Pertanto di fronte alla richiesta di Gesù la donna si ferma: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei, infatti, non mantengono buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e

ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?». Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore», gli disse la donna, «dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua» (Gv 4, 9-15). La samaritana cerca di mantenere le distanze, distanza resa esplicita dall’artista con la presenza del recipiente pieno d’acqua posto tra Lui e la donna, ella riporta la situazione entro i canoni del pensare comune: lei è una samaritana, Gesù un Giudeo. Ma Cristo non si arrende: se tu conoscessi il dono di Dio! A questa donna, forse desiderosa di verità, ma chiusa nei suoi schemi Cristo rivela se stesso, rivela il dono del suo Spirito. Bellotti intuisce il profondo messaggio evangelico dipingendo la bella samaritana rapita dalle parole di Cristo. Egli è l’acqua per la sua sete.

GESÙ HA SETE DELLA NOSTRA FEDE SEDUTO AL POZZO DELLA NOSTRA VITA | a cura di don Ignazio Schinella

uesta III Domenica di Quaresima si caratterizza per la celebre scena dell’incontro e dialogo di Gesù con la donna Samaritana, raccontato dall’evangelista Giovanni. La figura di Gesù completa nella sua identità umana e divina, si fa incontro a una donna, per giunta samaritana, classica figura dei nemici dei giudei, e nella vita ordinaria della sua esistenza: nel feriale andare al pozzo, risalente al patriarca Giacobbe, per attingere l’acqua e provvedere ai bisogni della propria casa. Proprio così: Dio ci viene incontro, anzi ci precede e dialoga con noi nelle situazioni concrete della nostra vita e affronta il dialogo con la storia e la biografia di ciascuno di noi, perfino nelle pieghe intime dell’esistenza. Dentro queste coordinate vitali, Gesù si mostra quanto mai rispettoso e cordiale, senza alcuna volontà di seduzione o di volontà di dominio. Il suo sguardo sulla donna e il suo dire si impronta a rispetto e al riconoscimento della dignità femminile. La sua richiesta è quanto mai umana: chiede da bere, come qualsiasi altro viandante della storia, seduto, “affaticato per il viaggio” (Gv 4,6). Sant’Agostino commenta: “Non per nulla Gesù si

stanca … La forza di Cristo ti ha creato, la debolezza di Cristo ti ha ricreato … Con la sua forza ci ha creati, con la sua debolezza è venuto a cercarci” (In Ioh. Ev., 15, 2). Quasi un preludio della passione, con la quale Egli ha portato a compimento l’opera della nostra redenzione. In particolare, nell’incontro con la Samaritana al pozzo, emerge il tema della “sete” di Cristo, che culmina nel grido sulla croce: “Ho sete” (Gv19,28). Certamente questa sete, come la stanchezza, ha una base fisica. Ma Gesù, come dice ancora Agostino, “aveva sete della fede di quella donna” (In Ioh. Ev. 15, 11). Mentre offre il suo amore, chiede a tutti noi una relazione di fede, ovvero di amore, quasi lo scambio di quell’anello nuziale, che chiamiamo fede. Come della fede di tutti noi. Egli ci offre la sua acqua, quella che venerdì santo uscirà dal suo costato aperto per l’eternità sorgente di vita per tutti e per ciascuno. Ma il simbolo dell’acqua allude chiaramente al sacramento del Battesimo. Questo brano evangelico, infatti, ci interessa, perché fa parte dell’antico itinerario di preparazione dei catecumeni all’iniziazione cristiana, che avveniva nella grande Veglia della notte di Pasqua.

Ma sprigionando la sua divinità Gesù afferma: “Chi berrà dell’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14). “Quest’acqua rappresenta lo Spirito Santo, il “dono” per eccellenza che Gesù è venuto a portare da parte di Dio Padre. Chi rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo, cioè nel Battesimo, entra in una relazione reale con Dio, una relazione filiale, e può adorarLo “in spirito e verità” (Gv 4,23.24), come rivela ancora Gesù alla donna Samaritana. Grazie all’incontro con Gesù Cristo e al dono dello Spirito Santo, la fede dell’uomo giunge al suo compimento, come risposta alla pienezza della rivelazione di Dio”. Tutta la comunità e ognuno di noi è la donna Samaritana, immagine della umanità/sposa infedele e di ogni anima, che Gesù attende lungo i crocicchi delle strade o ovunque l’uomo dispiega il suo cammino. Così parla al nostro cuore: diamogli tempo per farci amare e per lasciargli lo spazio dell’amore. Nessuno manchi a questo appuntamento, specie oggi e qui, nel tempo della quaresima.


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IN RICORDO DI ANNALISA DURANTE 22 marzo 2014 kaire@chiesaischia.it

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L’ANNIVERSARIO

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Giovanni Durante, a dieci anni dall’assassinio della figlia si occupa del recupero di giovani a rischio del suo quartiere | a cura di Giuseppe Galano

ono passati dieci anni da quel tremendo 27 marzo, dieci anni dall’assassinio di Annalisa Durante, ragazzina di 14 anni, coinvolta per errore in uno scontro a fuoco nel popolare quartiere Forcella di Napoli. Era un sabato sera come tanti altri, Annalisa si tratteneva sotto casa sua con le amiche quando un proiettile vagante la centrò alla testa. Furono attimi concitati, scapparono tutti solo lei non ci riuscì. Una tragedia profonda, inaccettabile che ha scosso profondamente l’opinione pubblica. La piccola fu uccisa soltanto per essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Quando la povera Annalisa fu colpita a morte tutta l’Italia si è indignata. In poche ore tutti accorsero a Forcella e manifestarono contro la camorra. Quell’evento ha profondamente scosso le coscienze e improvvisamente è venuto meno quel senso di indifferenza istituzionale che da sempre caratterizza quella zona di Napoli. La gente del quartiere definiva Annalisa fin da piccola bellissima in virtù dei suoi lineamenti di angelo: capelli biondi, occhi azzurro-verdi, sempre sorridente, tutti descrivono la ragazza come dolce, sensibile e vanitosa. Annalisa, sempre affettuosa con tutti, era una ragazza piena di vita e con tanti sogni da realizzare. Desidera da grande fare la parrucchiera e spesso si diletta con le sue amiche a sperimentare nuove acconciature. Era letteralmente innamorata di Ischia, del suo mare e delle tante bellezze ed adorava trascorrere le vacanze estive a Lacco Ameno con la sua famiglia. Sempre pronta ad aiutare il prossimo soprattutto quando vedeva persone in difficoltà, aveva un grande senso della solidarietà. Vedeva sempre il bene negli altri “Se incontro il male in una persona penso che mi devo impegnare per la vita e per il bene. Ma intanto cerco di vedere sempre il bene negli altri. E’ il segno che il bene è anche dentro di me” scrive sul suo diario. Sempre giocherellona con tutti, Annalisa era soprattutto un ragazza riflessiva e sensibile e nell’ultimo periodo della sua vita, scossa dagli innumerevoli eventi di cronaca nera che si

susseguirono in quei giorni, sentiva il peso della morte. Pochi giorni prima di morire confidò alle sue amiche la paura che potesse capitarle qualcosa di brutto. Tre giorni dopo il suo brutale assassinio i genitori di Annalisa, assistiti dall’allora parroco di Forcella Don Luigi Merola, donarono tutti gli organi della loro bambina. Grazie a questa scelta Annalisa ha salvato altre vite umane. Il cuore, il fegato, i reni, il polmone e le cornee non sono morti con lei: il cuore batte ancora, le cornee consentono ad altri occhi di vedere e fegato, reni e polmoni funzionano perfettamente. Un gesto di profondo amore da parte dei genitori della ragazzina. Giovanni Durante, padre della piccola, oggi si occupa del recupero di giovani a rischio del suo quartiere. Dove un tempo vi era il cinema, a pochi passi dal luogo in cui Annalisa morì colpita dai sicari, Giovanni ha fondato una biblioteca. Egli afferma: “solo la cultura può cambiare veramente la mentalità dei ragazzi spingendoli verso il bene”. Don Luigi Merola, da sempre in prima linea al fianco dei più bisognosi è la persona che è stata più vicina alla famiglia Durante. Egli ha più volte sottolineato che la più grave carenza a Forcella è proprio la mancanza di cultura. Dopo la morte della figlia, Giovanni si chiude in casa insieme alla famiglia per sei lunghi anni in un doloroso silenzio, disperato ed ossessionato dal ricordo di quel tragico evento. Il quartiere si strine tutto intorno alla famiglia e lentamente Giovanni con immensa forza di volontà pensa di dover fare qualcosa affinché Forcella potesse cambiare e trasforma il suo dolore in impegno civile. Decide di intraprendere una vera e propria missione: dedicarsi all’educazione ed al recupero di ragazzi a rischio del suo quartiere, destinati altrimenti alla strada, date le forti carenze in cui versa quel popoloso quartiere napoletano. Annalisa scrive sul suo diario che aveva paura di Napoli, delle strade poco si-

cure e dell’illegalità che regna sovrana in quella parte della città, così come in tante altre. Scrive della criminalità che infesta il suo rione, della piaga dello sfruttamento del lavoro nero, sogna di andare via da Napoli. Per Giovanni la morte della figlia era la fine di tutto. Il diario è stato un punto di partenza della sua missione di trasformare quei luoghi dando nuova speranza ai giovani. Egli spera nella rinascita del quartiere auspicando che presto la gente possa passare per le strade del rione senza più avere paura. Regala e presta libri a chi non ha le possibilità economiche. Grazie alle donazioni spontanee provenienti da tutta Italia la sua collezione di libri sta man mano aumentando. “Ho aperto questa biblioteca perché sono fortemente convinto che vi sono tanti ragazzi che si possono recuperare, li possiamo ancora strappare alla strada ed alla delinquenza”. L’ex cinema rinato dopo oltre 20 anni di degrado ed abbandono totale è stato trasformato in “Piazza Forcella”; oltre ad ospitare la biblioteca, funge da doposcuola gratuito che accoglie tutti. Si tratta di un vero e proprio centro di orientamento e formazione. E’ presente anche una moderna sala computer. Inoltre nella struttura vi è un centro di accoglienza per donne vittime di violenze ed abusi. E’ presente all’ingresso una bella mostra fotografica permanente che rappresenta gli aspetti più belli della città di Napoli con oltre tremila foto. “I bambini ed i giovani de-

vono poter stare insieme, giocare e divertirsi. Se quella sera Annalisa

non si fosse trovata in strada ma in un luogo chiuso e protetto dove poter stare con le sue amiche oggi sarebbe ancora viva”.Giovanni vede nei libri un potente strumento di legalità. “Se questo quartiere muore mia figlia sarà morta per la seconda volta”. Giovanni conserva due sogni nel cassetto, ingrandire il centro con altri libri e fotografie e recuperare ragazzi e famiglie che hanno detto no alla camorra. Tuttavia il desiderio più grande resta quello di poter abbracciare le sette persone che oggi vivono grazie agli organi della piccola Annalisa.”Vorrei abbracciare chi porta il cuore della mia bambina. Questa è la speranza con la quale vivo ogni giorno”. Donare un libro alla Biblioteca Annalisa Durante non è beneficenza ma un semplice gesto di gratitudine e di incitamento nei confronti di chi, non trovando più un senso alla propria vita, da un senso alla vita degli altri. Chi vuole può spedire un libro all’ “Associazione Annalisa Durante”, in via Vicaria Vecchia 23, 80138 Napoli.


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22 marzo 2014 www.chiesaischia.it

| ECCLESIA

COME VI V ERE L ’ EUCA RI STI A

| a cura dell’Ordine Francescano Secolare di Forio

apa Francesco, nell’Udienza di mercoledì 12 gennaio, ha messo in evidenza la grande importanza dell’Eucaristia per tutti noi e come la vive il popolo cristiano. La Chiesa non solo nasce dall’Eucaristia ma è sempre nuovamente rigenerata dalla presenza del Cristo vivente: da Lui è nutrita, da Lui riceve luce; senza la sua dinamica presenza alla Chiesa mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà del cammino e non soccombere. Con l’Eucaristia Cristo si dona tutto a noi sacrificando la sua vita sulla croce ma noi ci rendiamo conto di questo suo immenso amore per noi? Di fronte all’amore così perfettamente gratuito di Dio, Francesco sente il bisogno della riconoscenza. La sua preghiera diventa rendimento di grazie ed invita continuamente al rendimento di grazie riportando al cuore l’eccelso amore del Signore per noi. Se guardiamo il nostro tempo, non è facile vivere da cristiani in questo ventunesimo secolo: il consumismo sfrenato, l’indifferenza religiosa, il secolarismo chiuso alla trascendenza, la competitività feroce su tutti i campi… il tutto può apparire un deserto “ grande, aspro e spaventoso “ per attraversare il quale, senza venir meno, abbiamo bisogno di un pane che viene dal Cielo, di una manna che viene da Dio. Da Gesù Eucaristia viene regalata a noi una diffusa cultura della solidarietà che ci rende capaci di stare con i poveri e gli esclusi, con gli ultimi e gli umiliati della vita, che ci fa ritenere fondamentale l’essere creatura umana comunque chiamata ad essere figlio di Dio, soggetto della dignità di persona umana. Di conseguenza cambierà in noi la scala di valori: abbatteremo gli idoli del denaro, del consumo, dello spreco, della giovinezza a tutti i costi; riscopriremo invece i valori del bene comune, della solidarietà, della corresponsa-

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bilità, della comunione anche nei beni. C a m bierà anche il nostro modo di vivere: ritrover e m o molto attuale la scelta di S. Francesco di vivere nella povertà che per noi ordinariamente si traduce in sobrietà , nel saper far entrare la voce aiuto fraterno nel nostro bilancio familiare, nella capacità di condividere il presente e di progettare il domani. Da Gesù Eucaristia non solo ci vengono queste chiare indicazioni ma anche la forza per superare i nostri egoismi, le nostre paure, le difficoltà che possiamo incontrare nell’ambiente dove viviamo. S. Francesco nel Testamento dichiarava con decisione: “ questi santissimi misteri sopra ogni cosa voglio che siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi “ ( FF 114 ). Rivolgendosi poi a tutta la fraternità con parole accorate raccomanda: “ vi scongiuro voi tutti, fratelli, ba-

MARIA SPOSA DELLO SPIRITO SANTO

| a cura di Antonio Magaldi Discepoli e Apostoli dello Spirito Santo

’incarnazione del Verbo si realizza nel grembo di Maria per opera dello Spirito Santo. Gesù si è lasciato guidare dallo Spirito Santo in tutta la vita terrena sino alla morte. E’ stato lo Spirito a resuscitare Cristo. Il Figlio glorificato alla destra del Padre, come aveva promesso, poi ha donato lo Spirito Santo alla Chiesa, ed è lo Spirito Santo effuso nei cuori di noi battezzati, che ci abilita a chiamare Padre Dio ed a proclamare Gesù Signore. E’ nello Spirito Paraclito che siamo stati creati, redenti e santificati. Ci è stata donata la grazia che ci fa partecipare alla vita di Dio in noi, abbiamo ricevuto tutto dal Padre per mezzo del Figlio nella Potenza dello Spirito Santo. Molti Padri della Chiesa e scrittori ecclesiastici attribuiscono all’opera dello Spirito Santo la Santità originale di Maria da Lui: “… dallo Spirito quasi plasmata e resa nuova creatura”, come insegna la costituzione dogmatica (Lumen Gentium al n. 50) riflettendo sul Vangelo di Luca (1.35), apprendiamo “Lo Spirito Santo scenderà su di Te, su Te stenderà la Sua Ombra la potenza dell’Altissimo, colui che nascerà sarà dunque Santo e chiamato Figlio di Dio”. Maria si trovò incinta per opera dello Spirito Santo…perché quello che è generato in Lei viene dallo Spirito Santo .(Mt. 1,18-20). Nell’intervento dello Spirito Santo si profuse un’azione che consacrò e rese feconda la verginità di Maria e la trasformò in Tempio, Tabernacolo del Signore, Arca dell’Alleanza, Arca della Santificazione. I Padri della Chiesa approfondendo questo mistero, videro nell’arcano rapporto tra Spirito Santo e Maria un aspetto sponsale così descritto da Prudenzio:-“… la vergine non sposata si sposa allo Spirito Santo….”, e la chiamano Santuario dello Spirito Santo, espressione che evidenzia il carattere sacro della Vergine Maria, di-

ventata stabile dimora dello Spirito di Dio. “ Ti saluto, o piena di Grazia, il Signore è con Te”(Lc 1,28). Allo Spirito Santo i Padri attribuirono la fede, la speranza e la carità che animarono il cuore di Maria, la forza che la reggeva nella sua compassione ai piedi di Gesù Crocifisso, evidenziato nel cantico profetico di Maria (Lc 1,46-55) —Magnificat - ,considerando infine la presenza di Maria nel Cenacolo dove lo Spirito Santo scese sulla Chiesa. Come notiamo, occorre ricorrere all’intercessione della Vergine, per ottenere dallo Spirito Santo la capacità di generare Gesù nella propria anima. San Giovanni della Croce così consiglia: - “Supplichiamo Maria, che è tanto amica dello Spirito Santo, affinché ci comunichi la Sua Grazia per parlare di così Grande Ospite “. Papa Francesco conferma: << … sempre con il Signore anche nelle nostre debolezze, anche nei nostri peccati. La fedeltà è fedeltà definitiva come quella di Maria.>>

ciandovi i piedi e con tutto l’amore di cui sono capace, che prestiate, per quanto potrete, tutto il rispetto e tutta l’adorazione al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, nel quale tutte le cose che sono in cielo ed in terra sono state pacificate e riconciliate a Dio onnipotente “ ( FF 217 ). Francesco, l’innamorato di Cristo, è colui che è andato girando per ogni valle proclamando al mondo addirittura col pianto: “ l’Amore non è amato “. E tutta la sua vita è uno spendersi perché tutti possano riconoscere l’amore che ci ha creati “ a sua immagine e similitudine “ e che ci ha redenti , facendosi povero,piccolo, sofferente, in croce, per darci la possibilità della riconciliazione piena col disegno di amore del Padre. Ordine Francescano Secolare di Forio


22 marzo 2014 kaire@chiesaischia.it

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LA STORIA SIAMO NOI

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IL VATICANO II E LA PACE NEL MONDO

| a cura del prof. Domenico Mennella

ra il 25 ottobre 1962 e la Radio Vaticana diffondeva un messaggio del Papa Giovanni XXIII, in lingua francese, rivolto “a tutti gli uomini di buona volontà”. Ecco il testo di quello storico appello: “Alla Chiesa sta a cuore più d’ogni altra cosa la pace e la fraternità tra gli uomini; ed essa opera senza stancarsi mai, a consolidare questi beni. A questo proposito, abbiamo ricordato i gravi doveri di coloro che portano la responsabilità del potere. Oggi noi rinnoviamo questo appello accorato e supplichiamo i Capi di Stato di non restare insensibili a questo grido dell’umanità. Facciano tutto ciò che è in loro potere per salvare la pace: così eviteranno al mondo gli orrori di una guerra, di cui nessuno può prevedere le spaventevoli conseguenze. Continuino a trattare. Sì, questa disposizione leale e aperta ha grande valore di testimonianza per la coscienza di ciascuno e in faccia alla storia. Promuovere, favorire, accettare trattative, ad ogni livello e in ogni tempo, è norma di saggezza e prudenza, che attira le benedizioni del Cielo e della terra”. Erano i giorni drammatici della cosiddetta “crisi della Baia dei porci”: i sovietici avevano impiantato nell’isola di Cuba dei missili a testata nucleare e un aereo americano, in volo di ricognizione, li aveva scoperti; il governo degli Stati Uniti minacciava l’invasione dell’isola. Si era sull’orlo della terza guerra mondiale e il messaggio del Papa contribuì in maniera determinante alla soluzione pacifica della crisi. Il Concilio Vaticano II era appena iniziato e lo spettro di una guerra totale faceva sentire la sua influenza anche sulla grande assise ecumenica. La pace

nel mondo non poteva non costituire uno degli obiettivi primari da discutere e da valutare in seno all’assemblea mondiale ecclesiastica, e i giorni infuocati della “Baia dei porci” erano valsi a rendere ancora più urgente il dibattito sull’argomento. Ma per giungere con cognizione di causa alla trattazione del tema da parte della “Gaudium et Spes”, la Costituzione pastorale che stiamo esaminando, è necessario passare attraverso quella che è considerata una pietra miliare della dottrina della Chiesa: l’enciclica “Pacem in terris”, uscita dalla penna di Papa Roncalli l’11 aprile 1963, meno di due mesi prima della sua scomparsa: quasi un testamento spirituale. Rileggendola oggi, a distanza di cinquant’anni, si ha l’impressione di una sconcertante, profetica attualità. Il “papa buono” parte dal presupposto che la pace non è un contenitore vuoto né tanto meno uno slogan che fa appello al sentimento, ma postula una serie di condizioni ineludibili: la giustizia sociale, il rispetto dei diritti umani, la libertà di scelta del proprio stato, la giusta considerazione dei valori umani

e morali prima ancora di quelli religiosi. Tutto ciò in quanto Dio non impone dall’alto la sua legge (che è quella dell’amore) ma la iscrive e la imprime nel cuore dell’uomo nel pieno rispetto dell’autonomia dei singoli individui. Il sano equilibrio fra i diritti e i doveri, fra le aspirazioni e le esigenze del singolo e il bene comune, è alla base dell’umana convivenza. Papa Giovanni delinea con sorprendente lucidità la situazione drammatica dei profughi e delle minoranze etniche, e mette in guardia contro la corsa agli armamenti e la psicosi bellica, che determinavano in quegli anni la “guerra fredda” tra i due blocchi ideologici e politici contrapposti, quello orientale e quello occidentale. E qui si innesta l’intervento autorevole del Concilio Vaticano II, attraverso il capitolo quinto della “Gaudium et Spes”: “La pace – afferma la Costituzione pastorale – non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una dispotica dominazione, ma viene con tutta esattezza definita OPERA DELLA GIUSTIZIA.” E ancora: “Tale pace non si può ottenere sulla terra se non è tutelato il bene delle persone e se gli uomini non possono scambiarsi con fiducia e liberamente le ricchezze del loro animo e del loro ingegno. La ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri popoli è davvero per la costruzione della pace. In tal modo la pace è frutto anche dell’amore, il quale va oltre quanto può apportare la semplice giustizia.” Alla luce di queste considerazioni, non credo che sia azzardato affermare che tutte le guerre hanno origine dal nostro cuore e dall’atteggiamento che ciascuno di noi coltiva e manifesta nei confronti delle altre persone: l’egoismo, l’orgoglio, la

chiusura al dialogo, le “chiacchiere”, contro le quali a giusta ragione tuona oggi Papa Francesco, sono le armi più pericolose e più devastanti, soprattutto se manca o è offuscata la luce della fede. La “Gaudium et Spes”, guardando in faccia alla realtà, ammette la legittima difesa a livello collettivo, quale ultima risorsa in caso di deliberata aggressione. Ma precisa: “Una cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti diritti dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. La potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso militare o politico (….) Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione.” A proposito delle armi, non si può fare a meno di ricordare che Papa Francesco, in occasione del suo autorevole ed efficace intervento durante il conflitto in Siria (che ricorda per certi versi quello di Papa Giovanni durante la crisi di Cuba, citato all’inizio di questo articolo), affermava nel settembre scorso: “Sempre rimane il dubbio se questa guerra di qua o di là è davvero una guerra o è una GUERRA COMMERCIALE per vendere queste armi, o è per incrementarne il commercio illegale…” La Chiesa, come si vede, va al fondo del problema e non teme di alzare la cortina su uno scenario fatto di ipocrisia, di squallidi interessi e di cinico sfruttamento delle miserie umane. Dovunque prolifera il male, è lecito ed opportuno chiedersi: “A chi giova?”


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| PASTORALE VOCAZIONALE

22 marzo 2014 www.chiesaischia.it

… Se tu conoscessi il dono della chiamata …

ISCHIA VOC PAGE

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|| a cura di Don Beato Scotti

n questi primi giorni di primavera, il sole ci fa uscire in strada con maggior fiducia, meno timorosi di beccarci qualche malanno e soprattutto più leggeri perché senza giacca sciarpa e cappello. E così riempiamo le strade dei nostri paesi, percorriamo i lungomari della nostra isola, ci gustiamo la bellezza delle nostre pinete e degli scorci vari e il sole ci riscalda e ci ridona la gioia di vivere e stare tra la gente. Certo c’è sempre la paura che l’inverno può dare il suo “colpo di coda” alla primavera e soprattutto l’angoscia del fatto che presto arriverà il caldo e l’arsura dell’estate che ci faranno rimpiangere le fresche temperature di queste mattinate di fine marzo. In moltissimi, oserei dire troppi, paesi della terra il nostro clima rimane un sogno soprattutto dove, per tutto l’anno, domina solo la siccità e insieme al clima rimane un sogno l’acqua: e poter ricevere da qualcuno un bicchiere d’acqua quando gli si dice “Dammi da bere” può risultare molto faticoso, quasi un miracolo. A noi risulta impossibile immaginare la sofferenza di chi desidera bere e farlo normalmente, in quanto l’acqua è l’elemento sostanziale ed essenziale dell’alimentazione dell’essere umano e non solo, la sofferenza di chi purtroppo vive in zone dove l’acqua vale più dell’oro e quel poco che c’è certamente non è quell’acqua contemplata da San Francesco che la dichiarava bella, casta e pura perché limpida, fresca e soprattutto potabile. Ci risulta impossibile soprattutto cercare di capire la sofferenza spirituale di chi sente la sete di un’ acqua particolare, l’acqua che desidera chi ha sete di giustizia, di pace, di amore … insomma l’acqua che riempie il cuore di chi ha sete di Dio. Chiamati a bere dall’unica vera fonte Molti anni fa si avvicinò ai bordi di un pozzo in mezzo al deserto un uomo giudeo, stanco per il viaggio, nell’ora più calda del giorno. Sopraggiunse ad attingere acqua in quello stesso istante una donna… che orario strano! Le donne di Samaria uscivano di buon mattino ad attingere l’acqua, perché di giorno, al pozzo, solo gli uomini potevano radunarsi per le loro discussioni, decisamente vietate alle donne.

l’uomo giudeo non è un uomo qualsiasi, ha qualcosa di particolare, ha la faccia da profeta, parla in maniera affascinante, affascina chiunque lo guardi. E lei di fascino maschile ne sa qualcosa... cinque mariti più uno attuale di scorta... E pensare che lei non voleva dargli da bere! “Perché essere caritatevoli con loro quando pretendono di dominare noi samaritani, di imporci le loro leggi, le loro tradizioni, il loro governo e il loro stesso culto? A noi samaritani, così indipendenti e sovrani da secoli? Ma che vada a procurarsi un secchio anche lui come tutti gli altri!”

Ma questo giudeo pare essere più determinato di lei: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti chiede da bere...” Chiamati a dissetare

La chiave di lettura è tutta nelle parole dell’uomo: “Se tu conoscessi il dono di Dio...”. Se tu conoscessi il dono di Dio, non negheresti un bicchiere d’acqua a nessuno, nemmeno al peggior straniero. Se tu conoscessi il dono di Dio, non faresti inutili distinzioni di razza, di religione, di sesso o di condizione sociale. Se tu conoscessi il dono di Dio, non staresti a guardare se la sua Parola ti viene annunciata da uno grande come il tuo padre Giacobbe o da uno sconosciuto, di Galilea o di Giudea che sia. Se tu conoscessi il dono di Dio, non gli lanceresti la sfida di estrarre acqua dal deserto. Se tu conoscessi il dono di Dio, non perderesti il tempo di tutta una vita a rincorrere un amore dopo l’altro senza mai trovare la tua identità e soprattutto la tua felicità. Se tu co-

Ma quella donna è diversa, è tosta, nega un bicchiere d’acqua all’uomo giudeo solo per il fatto di essere giudeo. E se non ne scoppia una lite è solo perché per lei la battaglia è persa sin dal’inizio:

noscessi il dono di Dio, non ti chiederesti qual è la chiesa più adatta per partecipare alla messa o per pregare meglio. Se tu, donna di Samaria, uomo di Palestina, uomo e donna di ogni angolo della terra e di ogni frammento della storia, sapessi quale dono ti fa Dio incontrandoti e perdendo del tempo a parlare con te, non ti chiederesti più “dov’è Dio”, ma lasceresti la brocca delle tue sicurezze, quella che ti assicura l’acqua di ogni giorno, e correresti ad annunciarlo ai tuoi fratelli. Magari con l’incertezza di chi ha ancora qualche dubbio se Egli sia davvero il Messia, ma di certo con la gioia nel cuore di chi ha scoperto un’acqua viva che toglie la sete. Allora capirai che Lui aveva sete e ti chiedeva da bere, ma alla fine sarai tu a dissetarti alla sua fonte. Il fulcro della vocazione di ogni battezzato, di chi si scopre discepolo del Signore è tutto qui: nel rispondere con prontezza alla chiamata di Dio e alla esigenza di quell’umanità che ha “sete” lasciando “la brocca delle proprie sicurezze” per riempire, magari, quei cuori bisognosi di amore. L’evento evangelico dell’incontro tra Gesù e la samaritana dice ancora tanto ad ognuno di noi, dice tanto a chi vuole e desidera abbattere il muro di divisione tra le razze, e le differenze di cultura e di religione, dice ancora tanto a chi vuole intraprendere un cammino particolare, quello tracciato da Gesù, un cammino nel quale Egli dona l’acqua viva pronta a dissetarci nel momento in cui si ha sete di Perdono, un cammino dove Cristo ci chiede di dissetare quanti incontriamo con lo stesso dono di grazia con il quale egli ci ha dissetato e continua a dissetarci ancora.

APPUNTAMENTI PARROCCHIA SAN LEONARDO ABATE CONFRATERNITA SS.ANNUNZIATA SOLENNI FESTEGGIAMENTI IN ONORE DI MARIA SS.ANNUNZIATA NEL 25° ANNIVERSARIO DELL’INCORONAZIONE DELLA SACRA IMMAGINE PANZA, 22 - 25 MARZO 2014 PROGRAMMA DOMENICA 23 MARZO Ore 9.00 Celebrazione dell’Ufficio Ore 9.30 S.Messa Ore 10.15 Giro per le strade del paese della Banda Musicale “Aurora” Città di Panza Ore 11.00 S.Messa (in Parrocchia) Ore 17.00 S.Messa e PROCESSIONE per Via Provinciale Panza, loc. Calitto, Via Casa Mattera, Via Marisdeo, via Parroco D’Abundo e Piazza S.Leonardo. Al rientro in Confraternita: S.Messa solenne

LUNEDI’ 24 MARZO Ore 9.00 S.Messa con le lodi Ore 17.45 S.Rosario Ore 18.15 Celebrazione dei Vespri Ore 18.30 S.Messa e Benedizione Eucaristica Ore 20.00 Veglia Mariana

MARTEDI’ 25 MARZO - Solennità dell’Annunciazione del Signore Ore 7.30 S.Messa Ore 9.00 Celebrazione dell’Ufficio Ore 9.30 S.Messa solenne Ore 11.00 S.Messa Ore 16.00 Raduno delle Confraternite della nostra Diocesi nella Chiesa della Madonna delle Grazie per il 3° CAMMINO DIOCESANO DELLE CONFRATERNITE Ore 18.00 Corteo delle Confraternite verso la Chiesa della Ss.Annunziata per via Forche, Via Provinciale Panza, Piazza S.Leonardo e S.Messa solenne presieduta dal nostro Vescovo S.Ecc.za Rev.ma

Mons. Pietro Lagnese. Al termine: intrattenimento musicale in Piazza S.Leonardo della Banda Musicale “Aurora”


15 Kaire CSI Campionato Provinciale 2013/2014 Girone Isolano 22 marzo 2014 kaire@chiesaischia.it

SPORT E APPUNTAMENTI

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4° giornata di ritorno Tabellino

FUTSAL ISCHIA S.ANTUONO - FIAIANO Nel primo incontro di giornata, la Futsal Ischia S. Antuono compie uno sforzo immane per avere la meglio di un Fiaiano che si presenta alla sfida con gli uomini contati e che per un infortunio sono costretti a giocare ž di match con soli quattro uomini. Fiaianesi che dopo pochi minuti si portano in vantaggio con una gran conclusione di Vitale C. Futsal S. Antuono che perviene al pari nella metĂ della prima frazione con Gentile, bravo a inserirsi sul secondo palo. Gli ischitani aumentano il forcing, sprecano un calcio di rigore calciando fuori, ma pervengono al vantaggio sul finire di tempo con Di Iorio G. che sfrutta un’ incertezza del portiere avversario. Nella ripresa il Fiaiano si sfilaccia e concede agli avversari altre due marcature con Napoleone D. e La Monaca. Da elogiare la prova del Fiaiano che resta addirittura con tre uomini, dopo l’espulsione del portiere, che colpisce il pallone con le mani fuori area, ma che con esperienza riesce a procurarsi due tiri liberi segnandoli entrambi fissando il risultato finale sul 4 a 3. FUTSAL ISCHIA S.ANTUONO: Espugnatore, Curci, Lamonaca (1 gol), Perozo, Barbieri, Castaldo, Napoleone (1 gol), Mazzella, Sasso M., Gentile (1 gol), Di Iorio G.( 1 gol ) . All. Agnese FIAIANO: Cuomo V., Cuomo A., Di Iorio, Vitale (3 gol ), Cenatiempo C. All. Buono F. Arbitro: Attilio Valerio

GROUPAMA - MATER ECCLESIAE Colpo gobbo del Groupama che riesce a fermare la corsa della ex capolista Mater Ecclesiae, che

ha da recriminare viste le numerose palle gol sprecate. Match tra i piĂš belli visti finora nel torneo CSI per agonismo e tatticismo. Primo tempo tutto appannaggio del Mater Ecclesiae che chiude il Groupama nella propria metĂ campo e crea numerose occasione, trovando in Taglialatela un muro invalicabile, autore di almeno tre miracolosi interventi. Groupama che si limita a difendere e ripartire ma che non crea pericoli alla difesa fiaianese. Nel secondo tempo la svolta. Groupama che nella prima opportunitĂ importante, passa in vantaggio con Onorato bravo a superare il suo diretto avversario e scaricare una fucilata in rete. Mater Ecclesiae che a questo punto si sbilancia cercando di raggiungere il pari, offrendo al Groupama ripartenze pericolose che i bianconeri non sfruttano. “Ecclesiasticiâ€? che ci provano in tutti i modi ma Taglialatela si erge a saracinesca. Nei minuti di recupero il Groupama in ripartenza chiude l’incontro, ancora con Onorato che lanciato in contropiede sigla il due a zero. Groupama che si rilancia prepotentemente in classifica e tenterĂ di sfruttare lo scontro della prossima giornata tra Epomeo e Mater Ecclesiae, per rosicchiare ancora punti. In casa Mater Ecclesiae c’è senz’altro rammarico per la buona prova offerta. Sabato prossimo scontro diretto con l’Epomeo C5 per rilanciarsi. GROUPAMA: Taglialatela, Buono N., Buono A., Granito, Onorato ( 2 gol ), Di Iorio A., Madonna. All. Vanacore MATER ECCLESIAE: Capuano, Mazzella P., D’Andrea, Schiano, Buono, Barano, Patalano, Mazzella G., Marena, Di Paola. All. Buono V. Arbitro: Attilio Valerio

MEO C5 L’Epomeo calcio a 5 sfrutta al meglio il turno favorevole e riconquista la vetta della classifica. La partita non si presenta facile come previsto per i fontanesi che solo nel finale hanno ragione di una Mater Ecclesiae Bianca per nulla arrendevole ma che pecca di ingenuità e non riesce a gestire il risultato. Incontro sempre in bilico sino al 4 a 4 poi l’Epomeo fa prevalere la propria esperienza e chiude il match nell’ultimo quarto di partita, firmando l’allungo decisivo. Nel Mater Ecclesiae Bianca in evidenza il solito Mattera E., autore di tre reti. Tra i fontanesi, buona collaborazione in zona gol con Mattera M. sugli scudi

per l’ ottima prestazione. Epomeo calcio a 5 che affronterà la prossima gara contro il Mater Ecclesiae con un punto in piÚ in classifica, il che le consentirebbe di giocare per due risultati su tre. MATER ECCLESIAE BIANCA: Di Iorio S., Picardi, Di Iorio A. ( 1 gol ), Messina, Mattera ( 3 gol ), Di Iorio J., Buono M., Buono L., Casciello, Buono R. ( 1 gol ), Arcamone. All. Mattera F. EPOMEO C5: D’Ambra, Mattera ( 2 gol ), Iacono M. (2 gol ), Scotti L. (1 gol ), Scotti A. (2 gol ), Iacono S., D’Abundo D., Iacono F. (1 gol ). All. Finzi G. Arbitro: Attilio Valerio

MATER ECCLESIAE BIANCA - EPO-

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Gioacchino Polito e Silvestro Fiorentino

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CONCORSO PER LE PARROCCHIE

edizione

“ifeelCUD”

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Il Servizio C.E.I. per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica lancia un interessante concorso rivolto ai parroci e ai giovani. Per le parrocchie un’occasione da non perdere. Tutte le info su www.ifeelcud.it. COS’È È un concorso rivolto ai giovani, dai 18 ai 35 anni, e ai parroci di tutte le parrocchie d’Italia.

COSA SI VINCE Un contributo economico da un minimo di 1.000 € fino a un massimo di 29.500 € per realizzare un progetto di utilità sociale per migliorare la vita della propria comunità.

GLI SCOPI

sensibilizzare i giovani al tema del sostegno economico alla Chiesa coinvolgerli attivamente nella raccolta agevolare la conoscenza del mondo del lavoro tramite un’esperienza concreta di progettualità favorire nelle parrocchie vincitrici specifiche finalità sociali emerse dai progetti presentati.

Per concorrere i ragazzi sono chiamati a: organizzare una raccolta in busta chiusa delle schede 8xmille allegate ai CUD nella loro parrocchia, e consegnarle a un CAF presentare una pianificazione dettagliata del progetto che intendono realizzare realizzare un video che mostri le idee proposte nel Progetto. Il video non è obbligatorio ma può far vincere un bonus del 10% sulla somma vinta e permette di concorrere anche alla vincita del Premio del Pubblico: 1.000 € per il video più votato online. Più è alto il numero di CUD raccolti più è alto il budget che si può vincere. Esistono 5 categorie per le quali si può concorrere: per ogni categoria vince il progetto considerato più meritevole dalla giuria, secondo i criteri di valutazione presenti nel sito.

QUANDO COME FUNZIONA I giovani ideano un progetto con specifiche caratteristiche di utilità sociale e sostenibilità economica e concorrono alla vincita di un budget per realizzarlo.

Durata concorso: dal 1 Marzo 2014 al 30 Maggio 2014. Proclamazione dei vincitori sul sito: 26 Giugno 2014. Il progetto va realizzato entro il 31 Gennaio 2015.

Servizio C.E.I. per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica

Kaire

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