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Anno V – Nr 12

GENNAIO 2011 SPECIALE OCEANOGRAFIA

OCEANI La circolazione oceanica

Alessandro Sabatini a pag 3

A tutti noi è capitato almeno una volta di confrontare due fotografe prese a distanza di anni: che cosa abbiamo notato? Differenze, o in senso positivo o in senso negativo. Ecco, se facciamo la stessa cosa con le immagini dei ghiacciai, noteremo che si sono modifcati anch’essi; purtroppo, in senso negativo. Provate a prendere una foto del Kilimanjaro di una cinquantina d’anni fa e confrontatela con una odierna: vedreste che il “cappello bianco” formato dalle nevi perenni si è drasticamente ridotto. Badate bene: si tratta di un arco temporale a dir poco ridicolo; eppure la differenza è notevole, quindi preoccupante. Se pensiamo che la maggior parte dei ghiacci terrestri si accumula nelle banchise polari e che il loro spessore non è rilevabile a occhio nudo, possiamo iniziare ad avere un’idea di quanto sia allarmante una differenza così visibile.

CLIMA Indici teleconnettivi: AMO e PDO

Giancarlo Modugno a pag 4 e 7

INMETEO

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InMeteo Magazine Gennaio 2011 – Nr 12

EDITORIALE

IN BALIA DELLE ONDE di Giancarlo Modugno Uno dei sottosistemi climatici più importanti è l'idrosfera, ovvero tutto ciò che abbia a che vedere con l'acqua allo stato liquido sulla Terra. Un pianeta come il nostro composto all'esterno principalmente da acqua deve avere un clima che ne viene fortemente infuenzato. Quali sono i meccanismi con cui gli oceani infuenzano il clima mondiale? Non è facile dare una risposta a questa domanda: infatti, sappiamo che l'intero complesso degli oceani del globo è caratterizzato da equazioni non lineari e le interazioni sono così complicate che divengono quasi imprevedibili. Tuttavia gli studi di oceanografa dividono gli oceani in vari “settori” in maniera tale da ottenere una minima schematizzazione; ogni settore è rappresentato da trattazioni fsico matematiche abbastanza complicate e condizioni al contorno che semplifcano il tutto. Grazie a queste semplifcazioni, è stato possibile creare dei modelli matematici che cercano di spiegare le caratteristiche principali delle correnti oceaniche, i meccanismi di trasporto e scambio di calore

e quantità di moto. Accanto alla trattazione deterministica va sempre portata avanti una trattazione statistica, e ciò non deve destare troppo stupore se pensiamo alla grande turbolenza del sistema. Gli indici climatici e oceanici sono un utilissimo mezzo per studiare e, perché no, cercare un minimo di previsione probabilistica. In questo numero abbiamo pubblicato due articoli con intervista (AMO e PDO) che mostrano una possibile via per comprendere al meglio il cambiamento climatico globale e continentale.

sono contenitori di un'altra importantissima variabile: la CO2. Essa viene immagazzinata negli oceani quando la temperatura è abbastanza bassa e l'aumento globale delle temperature sta inibendo il processo di assorbimento di questo gas, creando un feedback favorevole al La risposta al perché dell'enorme riscaldamento globale. Tutto ciò provoca importanza attribuita agli oceani è da anche un aumento dell'acidità oceanica, ricercare nella loro enorme inerzia termica: fora e fauna se ne stanno già accorgendo. essi possono essere considerati degli enormi Noi, invece? contenitori di energia, la quale viene poi rilasciata all'atmosfera attraverso processi complicati e nel tempo. Allo stesso tempo

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OCEANOGRAFIA LA CIRCOLAZIONE TERMOALINA OCEANICA di Alessandro Sabatini Fu durante la seconda guerra mondiale che si svilupparono prevalentemente gli studi sulla circolazione termoalina, la parte di circolazione oceanica dovuta alle differenze di densità tra le varie parti dell’oceano, una circolazione spezzettata ma fondamentale per le infuenze climatiche. Lo studio di questa circolazione fu fatta da Henry Stommel, con alcuni articoli a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta. Le variazioni di densità nell’oceano sono dovute a differenze di temperatura e di salinità all’interno di esso stesso. Questo fattore fa si che la circolazione oceanica termoalina sia molto più estesa (interessa tutti e tre gli oceani terrestri) e lenta (il periodo è di circa 1000 anni) della circolazione dovuta allo stress del vento. Prima di parlare in dettaglio della termoalina bisogna rifettere su cosa causi le differenti densità tra regioni all’interno degli oceani. La differenze di densità è infuenzata a sua volta da due fattori: la differenza di temperatura e la differenza di salinità. La differenza di temperatura è dovuta al differente irraggiamento delle varie parti dell’oceano a causa delle latitudini. La differenza di salinità è dovuta al mix tra prepitazioni ed evaporazione: in particolare ci sarà una più alta salinità dell’oceano alle medie latitudini, laddove la cella di Hadley lascia il posto a quella di Ferrel in atmosfera. In questa parte del mondo l’evaporazione sovrabbonda la precipitazione. Altro bacino fondamentale di salinità nell’Oceano Atlantico è il Mediterraneo, con il quale scambia acqua attraverso lo stretto di Gibilterra. Il Mediterraneo è un mare con una fortissima salinità dovuta al fatto di essere un bacino quasi isolato e soggetto ad una forte evaporazione superfciale. Ultima cosa da rimarcare prima di seguire il percorso della circolazione termoalina è quella che essa è legata anche alla circolazione guidata dal vento, in particolare alla corrente del Golfo e a quella di Kuroshio.

Partendo proprio dal Golfo del Messico, l’acqua risale verso nord seguendo la costa ovest degli Stati Uniti, portando acqua relativamente calda e salata verso le coste del Labrador. Man mano che risale la costa, l’acqua oceanica cede calore all’atmosfera e si stacca dalle coste orientali americane per andare verso quelle inglesi, norvegesi e groenlandesi. In questo percorso il vento e le temperature più rigide causano un forte raffreddamento super fciale: l’acqua diventa gravitazionalmente instabile, poiché più densa dell’acqua circostante. E’ qui che l’acqua sprofonda dalla superfcie verso il fondo, portando nutrienti e CO2 disciolta in essa verso le profondità abissali. L’acqua profonda così formatasi scende verso sud e si collega alla corrente Antartica, risalendo tramite la termoclina in regioni non ben identifcate nell’Oceano Indiano e nell’Oceano Pacifco. La termoalina, quindi passa dall’Oceano Indiano, risalendo nel Pacifco. Nell’Oceano Pacifco questa corrente si collega alla corrente di Kuroshio, quindi torna verso l’Oceano Indiano, senza in questo caso sprofondare, poiché nel Pacifco l’acqua non è così salata come nell’Atlantico. La via del ritorno nel Golfo passa per l’India e per le coste occidentali dell’Africa, per ricominciare ancora una volta il suo giro.

introdotta in circolo. Alcuni esperti ritengono che la fusione dell’intera calotta glaciale della Groenlandia possa portare all’interruzione della termoalina e alla sua inversione. L’ultima volta che ciò è accaduto fu alla fne dell’ultima era glaciale migliaia di anni fa: durante lo scioglimento dei ghiacci in America del Nord l’acqua dolce ha iniziato a defuire non più attraverso il Missisipi, ma ha creato una via di fuga creando i laghi Superiore, Michigan, Huron, Erie ed Ontario e sfociando alla fne attraverso il San Lorenzo e immettendo acqua dolce vicino al Labrador: questo fusso ha interrotto e invertito la termoalina, facendo ripiombare il mondo di nuovo in una piccola età del ghiaccio.

L’importanza della termoalina è quella dal punto di vista climatico di ridistribuire il calore nello stesso modo che fa l’atmosfera, infuenzando il clima dell’Europa. Le sue variazioni possono creare grosse variazioni di temperatura, come accaduto nel Medioevo: la sua intensifcazione ha prodotto un periodo caldo nel nostro continente tra il 1000 e il 1300 e il suo indebolimento invece ha causato la cosiddetta “Piccola età glaciale” tra il 1500 e il 1800. Certo è che la circolazione termoalina è estremamente sensibile all’acqua dolce per un fattore 1 a 15. Se per una qualche ragione venisse introdotta molta acqua dolce nelle zone di sprofondamento la termoalina si indebolirebbe di un fattore 15 volte rispetto al fusso di acqua dolce

Fonti: Henry Stommel, Thermoaline convection with two stable regimes of fow, 1961, Tellus XIII 224 S.Rahmstorf, On the freshwater forcing and transport of the Atlantic thermoaline circulation, 1996, Climate Dynamics 12 799.


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CLIMATOLOGIA INDICI TELECONNETTIVI: PACIFIC DECADAL OSCILLATION di Giancarlo Modugno La Pacifc Decadal Oscillation (PDO) è un indice teleconnettivo legato alla variabilità climatica dell'oceano Pacifco ed è legata a quanto accade con il fenomeno del Niño. Il segnale venne studiato e descritto per la prima volta da Steven Hare nel 1996 durante una ricerca che metteva in relazione la vita dei salmoni dell'Alaska e il clima dell'oceano Pacifco. La PDO si differenzia dall'ENSO in due particolarità. Innanzitutto il tempo di scala è molto maggiore: gli eventi della PDO del ventesimo secolo sono durati per molti decenni, mentre quelli dell'ENSO solo per qualche anno o anche meno. Spazialmente, inoltre, gli eventi della PDO sono legati a quanto avviene nel nord del Pacifco e all'America del nord, con una secondaria infuenza sui tropici; l'opposto avviene per El Niño/La Niña. Il ciclo della PDO è ventennale. Nelle serie meteorologiche i cicli di vent'anni appaiono molto frequentemente e a volte sono strettamente correlati con il doppio ciclo delle macchie solari (il cosiddetto “Hale cycle”). Una delle maggiori correlazioni si ha nella presenza di siccità negli Stati Uniti occidentali. Un'ipotesi alternativa è l'infuenza della luna sulle maree con un ciclo di 18.6 anni. Nel secolo scorso ci sono stati solamente due cicli completi di PDO: il regime “freddo” è prevalso dal 1890 al 1924, dal 1947 al 1976, mentre il regime “caldo” ha dominato dal 1925 al 1946 e dal 1977 fno a metà degli anni '90. I termini “freddo” e “caldo” si riferiscono all'infuenza delle temperature oceaniche superfciali tropicali (SST), mentre quelle del nord pacifco tendono a comportarsi in maniera opposta. I maggiori cambiamenti nell'ecosistema marino del nord-est pacifco sono correlati al cambiamento di fase della PDO: si ritiene che i periodi caldi siano correlati a un'alta produttività biologica oceanica sulla costa dell'Alaska e a una produzione inibita sulle coste occidentali degli Stati Uniti, mentre le fasi fredde ne invertono la produttività. Le cause che portano alla PDO non sono ancora conosciute, anche se il tempo di scala dell'oscillazione è molto simile a quello dell'onda di Rossby alle medie latitudini oceaniche. Nonostante ciò, quel che è risaputo è che la natura del meccanismo di

rialzo dei valori di PDO permette di effettuare previsioni climatiche decennali. Volendo chiarire il concetto con un esempio, è stato dimostrato che gli aspetti della variabilità dell'ENSO sono predicibili in tempi dell'ordine di un anno. Questo periodo di tempo è correlato al periodo di tempo che le correnti e le temperature equatoriali oceaniche necessitano per rispondere ed equilibrarsi al cambiamento nei venti tropicali. Per analogia, se la PDO aumenta l'interazione tra aria e male richiede 10 anni per equilibrarsi e quindi i fenomeni relativi saranno (in teoria) predicibili per i successivi 10 anni.

un aumento delle precipitazioni più del normale. Negli inverni relativi le traiettorie delle depressioni alle medie latitudini tendono a dividersi in due percorsi: il primo porta perturbazioni al sud nella California e il secondo a nord in Alaska. Tuttavia, gli effetti maggiori vengono riscontrati quando El Niño e la PDO sono in fase, ovvero quando sono entrambi in periodo “caldo - caldo” o “freddo - freddo”, ma non nelle altre combinazioni. Nelle simulazioni numeriche si nota che le oscillazioni di PDO sono simili a quelle della NAO, il che si traduce in un'interazione tra le anomalie di SST nelle correnti occidentali e le variazioni di Durante la fase positiva della PDO, le coste intensità nelle westerlies e nel trasferimento dell'Alaska centrale tendono a essere di calore latente. interessate da un rafforzamento del fusso ciclonico con conseguente arrivo di aria calda e umida, la quale situazione porta a

Fonti: Mantua, N.J. 1999 : The Pacifc Decadal Oscillation. A brief overview for non-specialists, to appear in the Encyclopedia of Environmental Change. The Pacifc Decadal Oscillation and Climate Forecasting for North America By Nathan Mantua, Ph. D. Joint Institute for the Study of the Atmosphere and Oceans University of Washington, Seattle, Washington, USA.


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CLIMATOLOGIA CONSEGUENZE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO SUGLI OCEANI di Tommaso Intini A tutti noi è capitato almeno una volta di confrontare due fotografe prese a distanza di anni: che cosa abbiamo notato? Differenze, o in senso positivo o in senso negativo. Ecco, se facciamo la stessa cosa con le immagini dei ghiacciai, noteremo che si sono modifcati anch’essi; purtroppo, in senso negativo. Provate a prendere una foto del Kilimanjaro di una cinquantina d’anni fa e confrontatela con una odierna: vedreste che il “cappello bianco” formato dalle nevi perenni si è drasticamente ridotto. Badate bene: si tratta di un arco temporale a dir poco ridicolo; eppure la differenza è notevole, quindi preoccupante. Se pensiamo che la maggior parte dei ghiacci terrestri si accumula nelle banchise polari e che il loro spessore non è rilevabile a occhio nudo, possiamo iniziare ad avere un’idea di quanto sia allarmante una differenza così visibile. La massa glaciale raccoglie da sola circa il 75% di tutta l’acqua dolce esistente: se dovesse fondere, farebbe aumentare il livello degli oceani di 60 metri. Le conseguenze sarebbero catastrofche: scomparirebbero quasi tutte le metropoli costiere e buona parte dei continenti. Da queste due considerazioni nasce la preoccupazione della comunità scientifca mondiale, che ha generato una serie infnita di studi e ricerche, non sempre ben accette dai governi planetari. È ovvio che non bisogna darsi a facili allarmismi, ma è naturale correre ai ripari. Innanzitutto, si devono stabilire due punti: quanto ghiaccio si fonde e quanto tempo impiega la stessa quantità di ghiaccio a fondersi. La seconda stima è molto importante, perché dà un’idea dell’accelerazione del processo o del suo rallentamento. In generale si può affermare che questa velocità (e conseguentemente la quantità di ghiaccio sciolta) si è raddoppiata negli ultimi anni. È pur vero che la banchisa antartica orientale si sta incrementando, ma questo aumento non riesce a compensare le perdite della Groenlandia e della banchisa antartica occidentale: il saldo è, quindi, negativo. A ciò va aggiunta la quantità di ghiaccio persa dai ghiacciai terrestri: il quadro che ne deriva non è dei più felici. Quale l’impatto di tutto questo sulla vita del pianeta? Le conseguenze sono due: la prima e più grave è quella del

Fonte: Climate Institute, www.climate.org

prosciugamento delle falde e dei corsi d’acqua. Essi alimentano sia la fornitura idrica per scopi agricoli e/o personali, sia le centrali idroelettriche; risultano evidenti i problemi che ne deriverebbero! La seconda è ancora più grave, se vista nel lungo periodo ed è a sua volta duplice. Minore ghiaccio signifca anche minore superfcie in grado di rifettere le radiazione solare, quindi aumento termico, quindi incremento nello scioglimento della superfcie ghiacciata e così via, in un circolo vizioso; dal canto suo l’acqua dolce che deriva dallo scioglimento di banchise e nevi perenni infuenza in modo signifcativo la vita dell’ecosistema oceanico e anche la nostra. Dobbiamo tenere bene a mente che la maggior parte delle città sono state costruite durante gli scorsi due millenni, cioè quando il clima si è mantenuto pressoché costante. Esse sono sorte quasi sempre o in riva al mare o vicino a fumi e laghi; se escludiamo problemi episodici, l’acqua in generale è sempre stata fonte di benessere per i loro cittadini. Ora, se diamo per vero ciò che gli scienziati predicano da tempo, le cose inizieranno a cambiare molto presto. Durante tutto il XX secolo il livello degli oceani è cresciuto ad un ritmo di circa 1,5-2 mm l’anno; nella sola prima metà di questo secolo il valore è salito a 3,1 mm l’anno. Dato il circolo vizioso di cui sopra, si stima che il valore sia destinato a salire ancora. Piccola precisazione: non è lo scioglimento delle banchise glaciali che porta all’aumento del livello degli oceani. In quel caso si tratta di acqua che già “pesa” nel totale, solo che appare in forma diversa. Se si getta un cubetto di ghiaccio in un bicchiere d’acqua, il livello di quest’ultima sale subito e non dopo che il cubetto s’è sciolto. Ciò che fa aumentare il livello delle acque è, da un lato, lo scioglimento dei ghiacci continentali (per intenderci: il ghiaccio che si trova sulla terraferma) e, dall’altro, la maggiore radiazione solare che incide sugli oceani. Se nel primo caso le dinamiche sono chiare, è forse necessario un chiarimento per la seconda accezione. Si sa che una massa riscaldata aumenta di volume; con lo sciogliersi delle banchise aumenta la superfcie marina e questa assorbe e

accumula molto più calore; in pratica, si riscalda; pertanto, aumenta di volume, pur rimanendo identica la quantità d’acqua presente. Si potrebbe obiettare che una maggiore superfcie marina causerebbe una maggiore evaporazione e, quindi, maggiori precipitazioni che tornerebbero ghiaccio una volta cadute in prossimità delle calotte polari. Sappiamo che ciò non è vero, in quanto la circolazione atmosferica globale porterebbe le nubi verso le zone temperate, dando origine a pioggia e non a neve. Una volta stabilito che il livello delle acque è destinato ad aumentare, è necessario comprendere lo scenario che ci si prospetta, in modo da riuscire a contrastarlo. Universalmente si ritiene che incrementi eccessivi ed immediati siano da escludere: quindi, per fortuna!, nessuna apocalisse a cui siamo stati abituati da flm recenti è in programma. Resta il fatto che questo aumento può portare con sé gravissimi problemi diluiti nel tempo. È ovvio che questa situazione è la diretta conseguenza dell’opera dell’uomo. Se si escludono le glaciazioni e le variazioni climatiche dovute ad eventi eccezionali (come la caduta del meteorite che portò all’estinzione dei dinosauri o eruzioni vulcaniche catastrofche), la storia climatica della Terra è stata abbastanza regolare ed è dipesa più che altro dai movimenti geotettonici che hanno portato interi continenti più vicino o più lontano dall’equatore. Si tratta, quindi, di tempi lunghissimi. È anche vero che non esistono prove a conferma di quanto esposto, perché il clima non lascia tracce fossili; ma, proprio basandosi sui fossili di animali e piante, si è potuto ricostruire una sorta di storia climatica del pianeta, giungendo alla conclusione che è senza dubbio l’intervento umano a causare i cambiamenti vistosi degli ultimi due secoli. La conseguenza più deleteria che la “civiltà” umana ha portato con sé è stato l’enorme incremento di emissione di anidride carbonica. Essa non solo innesca l’effetto serra, ma infuenza anche gli oceani, perché questi ultimi ne assorbono circa un terzo di quella presente nell’atmosfera. La sua reazione con le molecole dell’acqua genera acido carbonico, responsabile dell’aumento dell’acidità marina. Come tutti gli acidi,


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CLIMATOLOGIA anche questo scioglie il calcio, eliminando la materia prima con cui sono costituite le conchiglie e le barriere coralline. Le conseguenze che deriverebbero da una loro sparizione sarebbero disastrose per l’ecosistema marino e anche per noi che traiamo dal mare tanti benefci. Altro grave impatto del ritiro dei ghiacciai con conseguente immissione nelle acque oceaniche di grandi quantità di acqua dolce è la probabile modifcazione della circolazione termoalina, cioè una stasi delle correnti oceaniche o una variazione della situazione attuale. In entrambi i casi i cambiamenti sarebbero notevoli e senza dubbio a noi sfavorevoli. Ecco come. È provato che l’acqua salata e l’acqua fredda sono più dense (quindi, più pesanti) dell’acqua più dolce e calda. Possiamo generalizzare dicendo che negli oceani lo strato superfciale è formato da acque calde e poco salate, mentre quello profondo è freddo e ricco di sali. Ora, sappiamo che il vento sposta lo strato superfciale verso latitudini più elevate e questo produce due conseguenze: 1) si consente allo strato inferiore di emergere; 2) si convogliano acque calde verso i poli. Nel primo caso, quindi, l’acqua sale, portando con sé ossigeno e microorganismi alla base della dieta di molte specie viventi; nel secondo, le acque calde intiepidiscono il clima delle zone cui vanno incontro (si pensi agli inverni delle coste inglesi e a quelli delle corrispondenti coste canadesi), per poi diventare di nuovo fredde, quando la massa d’aria sovrastante ha temperatura molto inferiore alla loro. L’acqua ora fredda e pesante scende verso il fondo dell’oceano e il ciclo ricomincia. Un incremento nell’apporto di acqua dolce negli oceani altererebbe per prima cosa la salinità e l’acqua più dolce avrebbe molta diffcoltà ad inabissarsi, perché troppo leggera. Il ciclo sopradescritto verrebbe, quindi, a rallentarsi o ad interrompersi. Questo porterebbe a notevoli cambiamenti climatici e anche alla estinzione di molte specie marine, perché senza il ricambio necessario le acque profonde non potrebbero salire in superfcie. Come si può vedere il futuro degli oceani è strettamente legato alla nostra stessa esistenza in vita: se vogliamo salvaguardare i nostri interessi (non economici, ma come specie vivente) è necessario agire adesso, lasciando da parte tutte le invidie monetarie e di progresso. Purtroppo, da questo orecchio molte

Fonte: Climate Institute, www.climate.org

persone “importanti” sono sorde.

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CLIMATOLOGIA INDICI TELECONNETTIVI: ATLANTIC MULTIDECADAL OSCILLATION di Giancarlo Modugno L'Atlantic Multidecadal Oscillation (AMO) è un indice teleconnettivo legato alla variabiliàt climatica dell'Oceano Altantico settentrionale ed è principalmente legato alle temperature superfciali marine (SST). Nonostante il suo utilizzo nei modelli sia molto supportato dalle osservazioni storiche, vi sono ancora numerose controversie e in particolare circa l'attribution delle SST verso lo sviluppo degli uragani. Questo indice venne identifcato da Schlesinger e Ramankutty nel 1994. Il suo segnale viene defnito a partire dalla variabilità delle SST nel nord Atlantico una volta che viene eliminato ogni trend lineare, il che è utile per non inglobare nella sua analisi l'infuenza del riscaldamento globale indotto dai gas serra. Con questo metodo è possibile, di conseguenza, capire se l'effetto periodico di riscaldamento / raffreddamento dell'oceano è una delle cause che porta, insieme alle altre, alla descrizione del comportamento del riscaldamento globale complessivo.

diminuire la salinità rendendo più dolce l'acqua oceanica e più lenta la Corrente del Golfo; a questo punto gli scambi termici tra nord e sud sono più limitati e questo porterà a un nuovo aumento delle temperature oceaniche tropicali (per accumulo), facendo ripartire il ciclo.

Tuttavia le osservazioni storiche non sono suffcienti per studialo a fondo: vi sono solo L'indice AMO è correlato con la 130-150 anni di dati strumentali ma con temperatura dell'aria e le precipitazioni su l'aiuto di ricostruzioni mediante i proxy si è gran parte dell'emisfero boreale, in potuto ricostruire un periodo di 424 anni. particolar modo su America ed Europa, Nonostante questo risultato, non è vi sulle precipitazioni del Brasile nord ancora un modo deterministico per predire orientale e dell'Africa del Sahel, sulle l'andamento dell'AMO e quindi bisogna stagioni estive dell'Europa e del nord affdarsi alle proiezioni probabilistiche. America. È altrettanto associata ai Assumendo che il ciclo dell'AMO è quasi di cambiamenti di frequenza dei periodi di 70 anni, il picco dell'attuale fase “calda” si siccità del nord America e degli uragani, dovrebbe avere verso il 2020, oppure proprio come l'indice PDO nel Pacifco. basandosi sul suo quasi ciclo di 50-90 anni Il meccanismo che porta all'identifcazione tra il 2000 e il 2040 (gli altri picchi si sono della variabilità di questo indice è legato ai avuti nel 1880 e nel 1950). piccoli cambiamenti della circolazione Uno degli effetti più vistosi dell'AMO è la termoalina nel nord Atlantico. Possiamo capacità di incrementare o diminuire gli dividere il suo ciclo in fasi “fredde” (positive) effetti del forcing antropogenico: infatti, tra e fasi “calde” (negative): nella fase “calda” vi il 1951 e il 1975 le temperature medie è un forte riscaldamento dell'Oceano globali hanno subito una diminuzione e Atlantico nella zona tropicale e per pare che questa sia stata enfatizzata dalla convezione ciò porta a un aumento delle presenza dell'AMO in fase “fredda” piogge nella zona; il fusso della Corrente (negativa), ma successivamente (negli anni del Golfo si rinvigorisce e quindi aumenta il '80 e negli anni '90) l'indice è passato nella trasferimento di calore verso nord. Il fase “calda” ed è facile notare che passaggio a fase “fredda” è però l'incremento delle temperature è stato conseguenziale: l'aumento delle molto sensibile. precipitazioni (dove si assume che la quantità di sali marini sia costante) fa

Fonti: http://en.wikipedia.org/

In alto: fg.1, andamento indice AMO; al centro fg.2, andamento anomalie termiche globali; in basso, fg.3, l'area interessata nei calcoli dell'indice AMO.


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CLIMATOLOGIA Una peculiarità fondamentale da tenere presente quando si considerano gli effetti dell'AMO a livello globale è l'essere in fase con gli altri indici oceanici, in particolar modo PDO ed ENSO: infatti, è proprio nei relativi periodi di sincronizzazione di fase che gli effetti di riscaldamento e raffreddamento sono più visibili e amplifcati; inoltre, se nei periodi di AMO positiva si riscontra anche un aumento del forcing radiativo solare allora è possibile ottenere un'ulteriore amplifcazione del “segnale”, ovvero dell'aumento delle temperature oceaniche superfciali.

gioco nel sistema climatico possano rimanere costanti: infatti, bisogna considerare anche l'andamento dei solfati (non facilmente misurabili) e del biossido di carbonio, nonché altri gas serra, i quali hanno un ruolo fondamentale nell'andamento del clima globale. In sostanza il sistema è complesso e una possibile fase di temperature decrescenti non dovrebbe essere preso come un segnale del fallimento delle teorie sul Global Warming.

Volendo mettere a confronto l'andamento degli indici AMO, PDO ed ENSO con le anomalie delle medie termiche globali è possibile riscontrare proprio il comportamento di amplifcazione su citato. Nel grafco in fgura 4 possiamo notare varie situazioni. Dal 1920 al 1945 circa vi è una fase positiva sia per AMO sia per PDO (dell'ENSO non si hanno dati) e contemporaneamente le temperature salgono (bisogna ricordare che per visualizzare meglio i comportamenti nello stesso grafco tutti i valori sono stati normalizzati). Dal 1945 fno ai primi anni '70 l'indice AMO è ancora nella fase “calda” ma è nella sua parte decrescente, mentre la PDO è nettamente in fase “fredda”; essendo in controfase, come già descritto nell'articolo sulla PDO di questo stesso numero di InMeteo Magazine, non vi è un particolare effetto sulle temperature globali se non quello di farle diminuire gradualmente (siamo anche nel periodo in cui la grande presenza di solfati abbassa le temperature globali) e l'ENSO non gioca un ruolo signifcativo nei giochi di amplifcazione, anzi nell'ultima parte di questo periodo è decisamente in controfase con gli altri due indici e quindi si potrebbe pensare che abbia portato a un piccolo controbilanciamento. Infne, notiamo che dal 1980 fno a oggi AMO e PDO sono nuovamente in fase (si noti in particolare il periodo a fne degli anni '90 in cui anche l'ENSO è in fase positiva e si ritrova l'anomalia termica maggiore di tutto il periodo considerato). Come già detto, non è ancora possibile effettuare previsioni deterministiche e volendo dare uno sguardo al futuro potremmo pensare che si potrebbe entrare in una fase di temperature pressocchè decrescenti se non stabili; tutto ciò se si ammettesse il fatto che le altre variabili in

Abbiamo intervistato due esperti nel settore, ovvero la professoressa Marina Serio, docente di Dinamica dei Fluidi Geofsici presso l'Università degli Studi di Torino, e il dottor Antonello Pasini, ricercatore del CNR di Roma, per far luce sulle dinamiche sopra descritte.

Fonti: http://en.wikipedia.org/

Professoressa Serio, la sincronizzazione di fase degli indici oceanici permette di infuenzare notevolmente le temperature medie globali nel giro di alcuni anni. Quali sono i meccanismi con cui il trasferimento di calore da oceano ad atmosfera porta alla modifca della circolazione atmosferica, la quale modifca permette di registrare le anomalie termiche?

accumulo del calore? No possono avere qualche riscontro anche su periodicità di uno/due anni (vedi il ciclo di El Nino): solo che in questo caos l'estrema variabilità delle situazioni rende diffcile caratterizzare trend o almeno parametri statistici di una certa signifcatività ad uso statistico. Dottor Pasini, nei suoi studi attraverso le reti neurali è scaturito che il forcing relativo ai gas serra è responsabile del trend generale relativo alle temperature medie globali e, invece, i vari indici teleconnettivi, seppur non legati direttamente a dei "forcing", riuscivano a spiegare bene la variabilità interannuale. Tra i vari indici teleconnettivi vi era l'indice AMO e l'indice ENSO, i quali hanno portato a una buona ricostruzione dell'andamento complessivo delle temperature. Quali motivi fsici ammettono il loro inserimento nel problema di attribution?

Classicamente, con l'attribution si vuole studiare e quantifcare l'importanza di determinate forzanti esterne al sistema clima sull'andamento di alcune variabili, come la temperatura e le precipitazioni. Facendo ciò, si può capire se la mancanza Sicuramente l'evaporazione che trasferisce di determinate forzanti mina decisamente la possibilità di ricostruire, ad esempio, la serie calore e materia all'atmosfera, e la temporale di temperature globali. E, una trasmissione termica di calore volta considerate tutte le forzanti esterne (conduzione/convezione: in presenza di che si ritengono infuenti, si ottiene una vento/correnti e' piu' effcace il secondo ricostruzione (in generale piuttosto buona) canale). della serie stessa. I due meccanismi sono a doppio verso, Il problema è che, se si vanno a calcolare i quindi occorre considerare il bilancio entrata/uscita e poi tenere conto che non e' residui tra ricostruzione e serie osservata, si riscontrano alcune discrepanze (specie nei un bilancio defnitivo ma temporaneo e quindi il fattore tempo/periodicita' entra in periodi di stasi o leggera oscillazione negativa di T). gioco pesantemente ed e' sicuramente Ora, dal punto di vista dei modelli dinamici diverso tra oceano e atmosfera. non possiamo fare un granché: la dinamica Inoltre piccole variazioni possono dei modelli (talvolta unita al problema di comunque rimanere nell'ambito della condizioni iniziali che non forniscono la stabilità per l'oceano e degenerare in corretta fase delle oscillazioni) non è ancora instabilità in atmosfera tale da essere in grado di ricostruire perfettamente le oscillazioni Gli effetti nei periodi di stesse. Dal punto di vista di un modello sincronizzazione si possono constatare anche in brevi periodi di regressivo non lineare come le reti neurali, invece, si possono studiare questi residui e si tempo (es 1-2 anni) o la grande inerzia termica oceanica li permette vede che essi sono ricostruiti in maniera fedele ed affdabile con un modello neurale solo dopo un certo periodo di


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CLIMATOLOGIA a partire da alcuni indici come AMO, PDO e ENSO. Componendo linearmente le due ricostruzioni si vede come la serie storica di T sia ricostruita quasi perfettamente. Infne, per utilizzare appieno le capacità non lineari di una rete neurale, si possono mettere questi indici sullo stesso piano delle forzanti esterne (facciamo fnta che...), considerandole contemporaneamente come input di un modello più complesso. In questo caso la ricostruzione appare veramente indistinguibile dalla serie osservata. E' noto che quando gli indici AMO, PDO ed ENSO entrano in fase allora la capacità di infuenzare le temperature a livello globale è netto e maggiore (quindi maggiore riscaldamento o maggiore raffreddamento). Alcuni hanno in questo modo utilizzato questa caratteristica per smentire l'effetto HAI UNA STAZIONE E UN SITO METEO? EFFETTUI del riscaldamento globale a opera MISURAZIONI DA MOLTO TEMPO? Allora invia una scheda con i dei gas serra, indicando che, dati alla seguenti campi e il tuo sito verrà pubblicizzato su InMeteo Magazine! mano, vi è in un periodo particolare di "risonanza", tutti gli indici sono 1. Nome e Cognome, età, lavoro; abbastanza in fase e che presto la 2. Città, descrizione geografca e climatica; "tendenza" si invertirà. Cosa 3. fotografa della stazione meteo; risponde in merito? A quanto ne so il fantomatico periodo di "risonanza" non può durare così tanto e dovrebbe costituire un picco più stretto rispetto al periodo di riscaldamento globale che stiamo vivendo da tanto tempo a questa parte. Viceversa, in tutti i modelli, dinamici e neurali, si vede molto bene il trend dovuto in gran parte alle attività umane. Se continuiamo così, dunque, la tendenza globale non si invertirà: si potranno avere solo brevi oscillazioni dovute alla variabilità naturale.

Fonti: http://en.wikipedia.org/

tipologia stazione meteo; strumenti utilizzati; sito web; medie di ogni valore (temperatura, pressione, umidità, ecc) per mese e anno (con eventuali grafci); 8. record di ogni valore (max e min). 4. 5. 6. 7.

Cosa aspetti? Invia la tua scheda in formato word a magazine@inmeteo.net con oggetto “stazione meteo”. Schede non complete e stazioni non a norma non verranno prese in considerazione, quindi fate particolare attenzione nell'inviare foto chiare e nitide e tutte le informazioni richieste.


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INMETEO “METEO SOCIAL NETWORK”: UN NUOVO MEZZO PER CONDIVIDERE LA PASSIONE PER LA METEOROLOGIA di Francesco Ladisa Nel mese di Novembre è nato un nuovo meteorologica, in streaming 24 ore su 24, con flmati, previsioni, e video progetto, ovvero un sistema (network) di storici. comunicazione fra utenti, destinato agli appassionati di meteorologia, ma anche di Galleria di foto natura, ambiente, scienza, o coloro i quali piace semplicemente immortalare paesaggi con foto. Si tratta del primo vero e proprio social network a stampo climatico-meteorologico. Un luogo virtuale dove poter anche registrare dati e segnalazioni meteo. L'idea nasce da uno dei responsabili del sito meteo www.pugliameteo.it (facente parte dell'associazione InMeteo), quindi come progetto a livello regionale, ma la community è aperta a tutti, abitanti del nord, del centro, e del sud, che vogliano partecipare e contribuire. E' possibile anche caricare diversi formati di

Ma vediamo, in breve, le funzioni e le applicazioni che si possono utilizzare. Innanzitutto è consigliata la registrazione, rapida e gratuita, che vi permetterà di visualizzare tutto il materiale e le sezioni "nascoste" agli ospiti (utenti non registrati).

fle, rendendoli visibili direttamente sul nostro portale (ad esempio una presentazione powerpoint) Sono garantite naturalmente anche le principali funzioni tipiche dei social network, che ormai stiamo un po' tutti imparando a conoscere; quindi messaggistica, pubblica e privata, con chat, richiesta di amicizia agli utenti, “tag” di amici, creazione e gestione di gruppi, possibilità di pubblicare commenti sui contenuti del sito. Per il resto, vi invitiamo a registravi e a navigare direttamente sul sito, raggiungibile all'indirizzo web: www.pugliameteo.it/meteosocial

Una volta registrati, •

sarà possibile utilizzare il proprio proflo e le proprie pagine per Anteprima della bacheca del sito inserire link a un sito locale, ad esempio alla propria stazione meteorologica.

condividere segnalazioni meteo, ed eventualmente situazioni di allerta meteo-climatica.

pubblicare album, foto, video. Strumenti fondamentali ad oggi, per comunicare online.

curare un proprio blog pubblicando notizie e articoli. Dunque approfondire anche la conoscenza della meteorologia, e di altre scienze con il materiale condiviso dagli stessi utenti della community.

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Fonti: www.pugliameteo.it

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INMETEO DAL BLOG Redazione InMeteo C L I C C A S U L T I TO L O P E R L E G G E R E L ' I N T E RO A RT I C O L O D E L B LO G ! Cerchiamo redattori per la rivista INMETEO MAGAZINE La redazione di InMeteo Magazine, di proprietà dell’associazione InMeteo, è alla ricerca di nuovi redattori per articoli di natura scientif ca e nuove rubriche. Si ricercano sia giornalisti pubblicisti sia non giornalisti; coloro che intendono eseguire il praticantato per la licenza di pubblicista saranno sottoposti a una selezione; coloro che sono alle prime ar mi e/o non hanno esperienza seguiranno un corso on line (e-lear ning) con i nostri redattori. Si richiede massima serietà. Inviate i vostri curriculum vitae in for mato europeo o domande a info@inmeteo.net

Analisi di Fourier dell’indice NAO

Quel metodo scientif co che nacque nel medio evo…

Come funziona una rete neurale controllata [Parte 2]

Forse non tutti sanno che il metodo scientif co proposto e messo in pratica da Galilei nacque molti secoli prima della nascita del fsico toscano. Molti flosof già nell’era antica hanno mostrato molto spirito d’osservazione rispetto ai fenomeni naturali, vedasi Aristostele (uno dei precursori della meteorologia) e Tolomeo: i problemi principali di cui si parlava riguardavano l’aria atmosferica e i suoi fenomeni, la pesantezza, il terrore per il vuoto, la sua presenza e la continuità agli antipodi (ciò faceva già presupporre che la terra fosse sferica e non piatta), i climi e temperature in funzione della latitudine. L’agricoltura era fondamentale per le popolazioni dell’epoca, tanto che molte piante e alberi venivano divinizzati e venivano dedicate loro parecchie feste. Tutto ciò successivamente andò in contrasto con le ideologie cristiane e alcuni ipotizzano oggi che la stessa Chiesa creò un’avversione nei riguardi dell’ecologia per questi motivi.

In un precedente post abbiamo visto il principio di funzionamento generale di una rete neurale controllata, introducendo in particolare la struttura matematica. Paragonando la rete neurale a una autovettura potremmo pensare che la struttura descritta precedentemente possa essere paragonata a motore e telaio, quindi la parte “fondamentale”. Questa volta vedremo, invece, quali sono gli “optional”.

Una previsione con l’estrapolazione sulla NAO

In un post precedente abbiamo introdotto un metodo di indagine Avevo promesso in un post statistica fnalizzata alla previsione, precedente di analizzare meglio il parlando in particolare di comportamento dell’indice NAO, non interpolazione ed estrapolazione. tanto per puro “divertimento” ma Vediamo oggi come gestire le tanto per poter capire se ci fosse informazioni e i risultati di queste qualche possibilità di prevederne tecniche basandoci su alcuni dati l’andamento. dell’indice NAO, mostrando Ricorriamo in questa discussione particolare attenzione al fatto che il all’analisi tramite la trasfor mata di metodo possa rivelarsi utile o meno Fourier . In breve, questo metodo può essere utilizzato per scoprire da quali frequenze è caratterizzato un segnale, dato che teoricamente è possibile sempre ricostruirlo tramite la somma di seni e coseni che nell’argomento presentano una pulsazione e una fase. Quali sono le frequenze che caratterizzano l’indice NAO?

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