Ticino7

Page 1

№ 5 del 31 gennaio 2014 · con Teleradio dal 2 all,8 febb.

Tecnocrazia

che cittadini forma il sistema scolastico elvetico?

C  T · RT · T Z ·  .–


Siamo i primi al mondo a offrire tonno MSC catturato con un metodo rispettoso dell’ambiente come la canna da pesca.

<wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2MTGwMAUAbdG-fA8AAAA=</wm>

<wm>10CFXMKQ7DQBBE0RP1qKqXWdIwMrMCIvMhlrHvjzIJCyj26u97RsFvz-11bO8k6C7mjh4ZI4q2iprdalEFLEG6LvRgU6cO2t9HlmoA5tcIKPTJKmpCzFWBhpf7vD5h6F4QegAAAA==</wm>

La nostra promessa fino al 2020: soltanto pesce e frutti di mare da fonti sostenibili. La Migros offre già oggi tonno rosa in scatola catturato da pescatori locali con la canna. Questo metodo evita le catture accessorie ed è solo una delle tante soluzioni cui ricorriamo ai fini di una pesca sostenibile, per attuare la nostra promessa entro il 2020. Grazie a questa e a molte altre misure ci impegniamo oggi per la generazione di domani. Di più su generazione-m.ch


Ticinosette n. 5 del 31 gennaio 2014

Impressum Tiratura controllata 66’475 copie

Chiusura redazionale Venerdì 24 gennaio

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

4 Arti Vassily Kandinsky. Musica per gli occhi di aLessandro TabaCChi ............................ 8 Eroi Rachel Carson di FranCesCa rigoTTi ..................................................................... 9 Società Nerds. Secchioni all’attacco! di niCoLa de MarChi ...................................... 10 Vitae Davide Comoli di roberTo roveda ................................................................. 12 Reportage Across the universe di Keri gonzaTo; FoTograFie di FLavia Leuenberger....... 37 Kronos Buona fede e trasparenza di CarLo baggi ................................................... 42 Media Web. Spammoreggiare di MarCo JeiTziner .................................................... 43 Graphic Novel L’uomo che sussurrava agli artropodi di J.g. CoLe & KiK ............... 44 Svaghi .................................................................................................................... 46 Agorà Istruzione. Una scuola da discutere?

di

Laura di CorCia .................................

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

Pubblicità

Publicitas Publimag AG Daniel Siegenthaler Muertschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich tel. 044 250 36 65 tel. 079 635 72 22 fax 044 250 31 32 daniel.siegenthaler@publicitas.com dati per la stampa a: service@publimag.ch www.publimag.ch

Annunci locali

Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch

In copertina

Figura geometrica Illustrazione ©Bruno Machado

Le scelte di una vita L’articolo di apertura di questo numero è dedicato alla formazione scolastica in Svizzera. Il contributo di Laura Di Corcia prende spunto da un volume da poco pubblicato in Italia, nel quale il modello elvetico – o meglio, quello del canton Basilea e delle regioni limitrofe – è accusato di praticare un’eccessiva selezione e di dare scarso peso alle materie umanistiche. Naturalmente vi invitiamo a leggerlo ed esprimere la vostra opinione. Magari raccontando esperienze personali o di familiari, come ha fatto l’autore della nostra copertina, il grafico Bruno Machado: avendo letto l’articolo in anteprima per la produzione dell’immagine di copertina, Bruno ha trovato le accuse mosse alla nostra scuola del tutto pertinenti: “La mia esperienza personale è proprio una di quella citate – scrive Bruno –, ossia uno straniero che non accedendo al liceo ha fatto un percorso alternativo per raggiungere l’università. E non è semplice, perché a un certo punto, diciamo dopo le medie, sembra che il tuo destino sia segnato. A 14 anni è troppo presto per capire cosa si vuol fare nella vita!”. L’orientamento dei ragazzi verso scelte di studio o lavorative non è certo materia semplice, con importanti ricadute sociali sui giovani, come pure sulle famiglie e sull’intera comunità. In più, non c’è nulla di peggio che fare qualcosa che non sentiamo affine alla nostra personalità, e magari nemmeno riusciamo a capire sino in fondo. È questo un problema che ci poniamo oggi, in paesi nei quali sono garantiti pace, cure mediche, paracaduti sociali, formazione scolastica ecc. In altri decenni – e ancora oggi in tanti paesi del mondo (anche assai sviluppati) – questo non avviene. Per molti di voi, che magari giovani non sono più, la scelta della profes-

sione/percorso scolastico è stata prerogativa dei genitori: nemmeno molto tempo fa avere un/a fratello/sorella agli studi poteva significare preclusa la strada agli studi a “tempo pieno” (malgrado le personali capacità scolastiche), per la semplice ragione che economicamente l’onere di un secondo figlio “da mantenere” sino a 20/24 anni era insostenibile. L’apprendistato (nel migliore dei casi) era dunque l’unica via percorribile, e la scelta del “ramo” spesso legata alla tradizione di famiglia, alle conoscenze di parenti e amici oppure a banalissime contingenze geografiche: si faceva ciò che in paese veniva offerto. Non c’era molto di cui lamentarsi, e se non si era d’accordo con la scelte dei propri genitori si cercava un nuovo impiego e ci si costruiva una propria vita: una forma di apprendistato che ancora oggi garantisce insegnamenti illimitati... In questa uscita (pag. 12), il sommelier Davide Comoli si racconta: a 14 anni lavorava nel bar dello zio, l’inizio di una gavetta che lo ha portato in gito per il mondo. Il suo percorso è una sorta di “mestiere” fatto di tanti mestieri e nozioni che si sono stratificati nel tempo. Per molti altri ragazzi degli anni sessanta questa era “l’università”: si apprendeva lavorando, il che non significa solo acquisire nozioni tecno-manuali, ma confrontarsi con il mondo degli adulti, l’autorità, le regole sociali. Oggi si accusano spesso i ragazzi di scarso impegno, maleducazione e “bamboccismo”. Forse dovremmo ridare loro la possibilità di potersi confrontarsi anche con realtà meno virtuali, più umanizzate; come ricorda Matthew Crawford nel suo Il lavoro manuale come medicina dell’anima (Mondadori, 2010). Buona lettura, Giancarlo Fornasier


Una scuola da discutere? Istruzione. La recente pubblicazione di un libro estremamente critico sul sistema scolastico svizzero da parte di Daniela Tazzioli, insegnante che opera nel nostro paese per conto del Ministero degli Esteri italiano, ci offre l’occasione per riflettere sull’istruzione in Svizzera. Una realtà certamente disomogenea da cantone a cantone, e per questo molto articolata e difficilmente valutabile senza una conoscenza approfondita della Confederazione e delle sue caratteristiche sociali e culturali di Laura Di Corcia; illustrazione ©Bruno Machado

Agorà 4

“M

ia figlia a scuola in Svizzera? No. Ho preferito mandarla in Francia”. Quello di Daniela Tazzioli è un libro che denuncia non solo un sistema scolastico ma la società in generale: La scuola diversa (Infinito edizioni, 2013) è il resoconto sincero e piuttosto duro della sua esperienza di insegnante per conto del Ministero degli Esteri italiano, nell’ambito dei corsi di lingua e cultura italiana che il governo della Penisola offre ai figli degli immigrati in tutta Europa: anche a Basilea, dove la docente, laureata in Storia, lavora da quattro anni in quattro scuole di livello medio-superiore. Cultura scientifica e cultura umanistica Secondo Tazzioli la scuola svizzera presenta una serie di punti deboli riassumibili in un’eccessiva focalizzazione sulla tecnica (a danno della speculazione critica e della sensibilità umanistica), in metodi darwiniani di selezione delle menti su elementi la cui validità universale è tutta da dimostrare, in un approccio un po’ freddo del sistema all’alunno e alle sue problematiche di apprendimento. Al contempo – e in netta controtendenza rispetto, per esempio, a quanto di recente dichiarato in un testo congiunto da Alberto Asor Rosa, Roberto Esposito e Ernesto Galli della Loggia sulla situazione formativa e culturale italiana (sanniolife.it/sanniolife/?p=10114) –, Tazzioli contrappone al modello svizzero quello italiano in cui, a suo parere, la cultura umanistica rappresenta ancora il fulcro attorno al quale si snoda e organizza il percorso formativo degli studenti italiani. Un tema complesso, quindi, che abbiamo affrontato tenendo conto di diversi punti di vista avviando così un dibattito a distanza che ha coinvolto anche Giorgio Comi, pedagogista e docente all’Istituto universitario federale per la formazione professionale, e Maria Scanziani, ex docente di italiano, nonché scrittrice e giornalista. Ma iniziamo dall’autrice del libro...

Signora Tazzioli, quali critiche sente di rivolgere ai metodi didattici svizzeri? Devo premettere che la mia esperienza è legata alla Svizzera tedesca, quindi le mie considerazioni non riguardano ciò che accade in altre regioni linguistiche. Ma per quanto ho visto ed esperito io, quello che manca alla scuola svizzera è sostanzialmente un approccio umanistico; è molto ricca da un punto di vista materiale, quindi c’è abbondanza di sussidi, gessi, quaderni, computer ecc., quando in Italia queste cose basilari spesso mancano, ed è scandaloso. Ma l’approfondimento culturale è scarso. Anche l’insegnamento delle lingue presenta a mio parere delle pecche. Le lingue? Dicono che in Svizzera si imparino benissimo. Ma vengono insegnate attraverso l’abilità: saper parlare, saper capire, saper scrivere. E quindi? Quale sarebbe il problema? Quando uno va all’estero deve farsi capire, no? Il problema è che ci si focalizza sulle regole grammaticali e ortografiche. Non contano le idee. Non si legge Shakespeare, non si legge Dante. Non si legge Molière. Non c’è una visione organica della storia. Non si insegna filosofia. Nei licei però queste cose si studiano. Ma sono comunque pochi i privilegiati che hanno accesso a questa scuola! Sì, c’è la famosa selezione… I criteri con cui viene messa in pratica sono discutibili. I miei allievi non sono in grado di elaborare un testo descrittivo, per esempio parlare del loro migliore amico. Il risultato finale? Cittadini privi di spirito critico.


idraulico, è nel paese giusto, perché la formazione professionale funziona a livelli davvero eccellenti. Ma se una persona decide di cambiare strada, a trent’anni, e diventare artista, è fuori dai giochi. La selezione incide anche a livello psicologico, sugli studenti? Purtroppo è quello che ho constatato in questi anni. Nell’anno della selezione i ragazzini italiani che vengono a lezione da me sono stressatissimi e quando, verso la fine dell’anno scolastico, i giochi sono fatti e io chiedo loro com’è andata, registro le seguenti reazioni: la fierezza di coloro che sono stati selezionati per il liceo, la soddisfazione di quelli che sono stati selezionati per la scuola secondaria e la premura di comunicarlo subito ad alta voce e sottolineare che non sono “caduti” (sì, usano proprio quest’espressione) nel livello basso, e la vergogna, l’umiliazione, nel migliore dei casi la rassegnazione negli occhi di coloro i quali sono appunto “caduti in basso”. Ho visto genitori piangere perché il loro figlio era stato selezionato per la scuola “bassa” e ragazzini rossi in viso dirmi: “Sono stupido, è per questo che non sono riuscito a salire”. Purtroppo interiorizzano questa idea e non sarà facile, per loro, spegnere quella vocina, convincersi del contrario.

Ma è necessario che tutti diventino filosofi e letterati? Ma no, assolutamente no. Però in Italia la cultura umanistica è sottesa alle scienze ed è intesa come la capacità di ragionare su determinati argomenti. La scuola in Svizzera riflette le esigenze della società: il bisogno di formare dei tecnici, cittadini che sappiano lavorare senza ragionare troppo. Come trova l’approccio degli insegnanti agli allievi? C’è una mancanza di umanità nei confronti dei ragazzi, a mio avviso. Soprattutto viene dato troppo potere ai maestri nella fase della selezione. Non è una scuola che offre reali opportunità agli immigrati o a chi ha un vissuto difficile: c’è uno scarto tra le dichiarazioni di principio e la realtà, piuttosto chiusa e autarchica (dei ragazzi che accedono ai licei il 90% è di nazionalità svizzera). Anche tanti ragazzi svizzeri vorrebbero accedere al liceo e si trovano la strada sbarrata. Ma certo, è vero. Quello che non funziona, in questa selezione, è anche l’età: viene fatta troppo presto. A Basilea a 14 anni, ma è un cantone progressista. In Argovia addirittura a 11 anni. In questo modo non si tiene conto della maturazione personale, che è individuale e varia da ragazzino a ragazzino. Stiamo parlando dei destini di un’esistenza. Se uno vuole diventare pasticcere o

E lei come reagisce di fronte a questa frustrazione? Io considero mio dovere etico, civico e professionale dire loro che uno non può essere considerato stupido se va male in due lingue e matematica, che è la scuola svizzera che non va, che se fossero andati a scuola in Italia avrebbero potuto iscriversi a qualunque tipo di istituto. Ma anche in Italia la scuola dà qualche frustrazione, via. Pur senza il sistema dei livelli: se un ragazzo prende un’insufficienza in storia, non fa i salti di gioia. In Italia, la scuola media non è vista solo come una preparazione alle superiori sulla base dei risultati, ma c’è l’aspetto formativo-educativo. È una scuola che prepara in generale alla vita. Quando si lavora con i ragazzini, si deve tener conto che ciascuno di loro ha un vissuto personale. Noi non diamo la valutazione solo ed esclusivamente sulla base di risultati oggettivi, e un ragazzino che va bene in storia dell’arte o in musica può avere altre soddisfazioni, nelle nostre scuole. Quello di cui parliamo, è un periodo molto delicato. Non sarà la perfetta padronanza del congiuntivo a fare la differenza nella vita degli studenti, ma il sentimento di stupidità che non avranno interiorizzato. L’altra campana Professor Comi, che cosa pensa riguardo alle posizioni (...) espresse dalla professoressa Tazzioli nel suo libro?

Agorà 5


Agorà 6

Devo ammettere che ci sono molti argomenti nelle posizioni della collega che mi lasciano perplesso. L’idea di poter analizzare un sistema complesso qual è la realtà culturale svizzera riconducendo il tutto a un’esperienza personale d’insegnante, pur se svolta in quattro dei tanti istituti scolastici svizzerotedeschi, o meglio, di uno dei ventisei cantoni svizzeri, mi crea qualche imbarazzo, anche se, al contempo, suscita in me un certo interesse e un po’ di curiosità. La signora accusa la scuola svizzera di non aprire le porte dei licei e di privilegiare la cultura tecnica rispetto a quella umanistica. Mi preme dire che la contrapposizione ottocentesca tra cultura umanistica e cultura tecnica dovrebbe essere superata da un pezzo, ma queste riflessioni documentano che forse lo è solo in parte; probabilmente ci vorranno ancora parecchi anni prima di giungere a una concezione culturale che sappia considerare in modo equilibrato l’insieme delle attività umane. Viviamo in un paese che ha uno dei sistemi di formazione professionale più efficaci, con più del 70% della popolazione attiva che ha seguito e segue ancora questo percorso formativo, dalla scuola secondaria fino alle scuole universitarie professionali e, attraverso specifiche “passerelle” arriva anche a conseguire lauree universitarie. Anche il contesto europeo sta crescendo in consapevolezza e sta lentamente abbandonando l’idea di una presunta “voie royale” liceale per integrare intelligentemente tutto ciò che caratterizza l’umanità, evitando la contrapposizione tra caste disciplinari. Non mi sembra nemmeno corretto dare la possibilità a tutti di accedere a qualunque tipo di scuola superiore: mi pare che i paesi che adottano questa via, in buona sostanza, facciano un disservizio. Si disinteressano dei risultati di questa scelta e non costruiscono un piano serio di orientamento limitandosi a rispondere in modo poco responsabile ai desideri di soddisfazione dei familiari, invece di fornire un supporto concreto per permettere ai giovani di costruirsi un futuro civico e professionale commisurato ai potenziali individuali. E poi ci sono le diverse componenti culturali che compongono la realtà complessa del nostro paese… Certamente. La cultura di provenienza gioca infatti un ruolo sulle aspettative dei ragazzi e sulle loro reazioni rispetto ai risultati scolastici ottenuti: il Ticino ne è ancora un esempio, influenzato com’è dalla visione mediterranea del diploma universitario quale cartina di tornasole del successo personale. Siamo infatti il cantone con la maggior percentuale di liceali. Riguardo all’insegnamento delle lingue straniere, la nostra scuola segue i piani d’insegnamento europei, che pongono al centro le competenze attive e passive della comunicazione, ovvero parlare e scrivere, ascoltare e leggere. L’obiettivo dell’insegnamento del tedesco, del francese, dell’inglese ecc., così come è formulato, è quello di fornire l’alfabetizzazione necessaria per assicurare a tutti pari opportunità in un contesto socio-economico caratterizzato da forte mobilità. È però sbagliato leggere in questa modalità didattica un rifiuto dell’approccio estetico e storico alle lingue: ci sono delle priorità da rispettare, occorre prima di tutto assicurare risorse adeguate alla maggior parte dei giovani. Per concludere, dico che una migliore conoscenza del sistema della formazione professionale svizzera, molto diverso peraltro da cantone a cantone, avrebbe favorito considerazioni più pacate e ragionate, staccate dalle singole esperienze, le quali, pur avendo un loro valore umano, non sono sufficienti per determinare il giudizio sull’insieme di un sistema formativo.

E in Ticino? Professoressa Scanziani, rispetto a quanto scrive e dichiara la collega Daniela Tazzioli nel suo libro, qual è la situazione della scuola ticinese riguardo la presunta mancanza di una vera formazione umanistica? Prima di tutto occorre precisare che non esiste una scuola svizzera, ma diverse scuole cantonali, l’una diversa dall’altra, con eccezione dei due politecnici federali di Losanna e Zurigo. La mia esperienza didattica si riferisce solo al canton Ticino nel quale ho insegnato per 33 anni. È indubbio che la caratteristica fondamentale della scuola in Svizzera sia un’impostazione scientificolinguistica, facilmente comprensibile data la convivenza nello stesso paese di almeno quattro ceppi linguistici diversi. Nella scuola elementare e media, e mi sembra giusto, si privilegia un insegnamento basato sull’acquisizione delle abilità fondamentali, mentre nelle scuole superiori si accede all’insegnamento della letteratura con lo studio di molti testi in lingua originale. Certamente la scuola italiana ha un’impostazione generale più umanistica, ma ciò non significa che la stessa sia trascurata in Svizzera, ne fa fede la presenza di ben due licei “umanistici” su cinque: quello classico con il latino e il greco, e quello letterario con il solo latino. L’attenzione dedicata alla letteratura è, nell’ambito liceale, vivace soprattutto nei confronti della lingua madre e occupano un posto di grande importanza le discipline cosiddette umane: storia, geografia, introduzione all’economia e al diritto e filosofia, che è studiata negli ultimi anni del liceo. Dalle parole della professoressa Tazzioli emerge l’idea di un sistema tecnocratico, piuttosto rigido e poco attento alla componente psicologica dei ragazzi. È così anche da noi, fatta salva naturalmente la sensibilità personale del singolo insegnante? Fin dalla scuola elementare e per tutta la scuola media, ogni ragazzo che abbia la necessità può avvalersi di un insegnante di sostegno, cosa indispensabile per favorire l’inserimento anche degli allievi stranieri, sempre più numerosi alle nostre latitudini. La figura del docente di classe, assente in molti paesi, sia nella scuola media sia al liceo, coordina il rapporto tra allievi, famiglie e docenti, cercando di favorire un inserimento armonioso degli studenti nell’ambito della classe e un percorso di studi quanto più possibile privo di ostacoli. Un efficace servizio di orientamento guida i giovani nella scelta degli studi e nell’eventuale inserimento nella vita professionale. Gli studenti che praticano un’attività sportiva hanno, soprattutto al liceo dove gli studi sono più impegnativi, addirittura un tutor che cura le relazioni tra loro e i vari insegnanti per favorire una vita scolastica in armonia con i loro impegni sportivi. Al liceo si può godere in forma anonima persino di una consulenza psicologica, nel caso di allievi particolarmente problematici. In conclusione, non mi sembra affatto ne risulti una scuola disattenta alla componente psicologica dei ragazzi. La selezione è precoce, è vero, ma solo di un anno rispetto all’Italia e non è definitiva perché consente, a uno studente che riconosca errata la propria scelta, di tornare sui suoi passi e accedere con esami integrativi a indirizzi di studio a cui aveva rinunciato. D’altra parte tutta la Svizzera offre una scelta ampia e qualificata di percorsi professionali, che non solo permettono un inserimento veloce nel mondo del lavoro, ma addirittura un proseguimento degli studi a carattere universitario nell’ambito della propria professione per le persone che ne fossero interessate.


Grandmas chinaprofessionisti. Il segreto deifine cuochi re-used a special occasion. Ora nellafor vostra cucina. Professional know-how used for afterwards.

Con il Profi Steam di Electrolux, ora per la prima volta anche con funzione SousVide, approfittate delle conoscenze degli chef stellati. La cottura a bassa temperatura conserva perfettamente intensità, consistenza e sapore degli ingredienti. Proprio come nel vostro ristorante preferito. Per saperne di più consultate il sito www.electrolux.ch

Il Profi Steam di Electrolux. Scoprite le possibilità.

CHIT Swiss Profi Steam 2014 Ticino SP 210x295 Elux.indd 1

16/01/2014 15:56


Musica per gli occhi Sino al 27 aprile Palazzo Reale a Milano propone una mostra dedicata a Vassily Kandinsky. Un’ottima occasione per riflettere sull’importanza del grande artista russo, scomparso nel 1944 di Alessandro Tabacchi

Arti 8

Per capire la portata della rivoluzione operata dalle pri- notissimo saggio). Un punto verso il quale convergano due me opere astratte di Vassily Kandinsky create intorno al linee non ha più valenza figurativa, ma diviene il segno 1910-1913 basti pensare che ancora oggi, a distanza di di una nuova rappresentazione della forza e dell’energia oltre un secolo, per molte persone appare incomprensibile, dell’universo. E se la forma singola si fa suono, più forme quasi blasfema, l’idea stessa che esista una pittura che non divengono accordi, mentre linee e punti operano come rappresenti il reale. Ma associare Kandinsky alla nascita le legature e le indicazioni dinamiche nella partitura mudella pittura astratta, anzi considerarlo il padre tout court sicale, dettando il respiro musicale della frase. Nessuno, dell’astrazione, è una di quelle nell’intera cultura occidentale, formule che, seppur veritiere (coe non solo, prima di Kandinsky me negare che sia stato il primo era arrivato a immaginare questa pittore astratto della storia?), riunione così stretta fra musica e schiano di ingabbiare la memoria pittura; forse il solo simbolista e la comprensione dell’opera di lituano Čiurlionis in quegli anun artista in un semplice cliché. ni era sulla stessa strada, ma la Se Kandinsky si fosse limitato a sua morte prematura nel 1911 esasperare le ricerche sulla rapnon permise di vedere i frutti presentabilità del reale condotte concreti delle sue sorprendenti a partire dagli ultimi decenni intuizioni, rimaste confinate per dell’ottocento dagli artisti d’avandecenni in ambito locale e poi guardia (riducendo la pittura a soffocate dall’ascesa dell’estetica un confuso ammasso di colori realista in Unione Sovietica). In profuso con libertà e prodigalità questo sforzo ideale di unione fra sulla tela), la sua rivoluzione si musica e pittura le dieci grandi sarebbe risolta in un’emanciComposizioni di Kandinsky – setDessau, 1926. Inaugurazione della nuova Bauhaus. pazione dello scarabocchio, e te dipinte fra il 1909 e il 1915, Da sin. a des.: V. Kandinsky, N. Kandinsky, G. Muche, sarebbe durata al massimo un l’ottava nel 1923, la nona nel P. Klee e W. Gropius (©Kunstbibliothek, Berlino) lustro. Poi nessuno se ne sarebbe 1936, la decima nel 1939 –, opere ricordato. Quel che fece realmente Kandinsky, e che oggi monumentali precedute da numerosissimi schizzi, prove lo fa considerare uno dei più grandi artisti della cultura e versioni più piccole, assieme alle sue numerose e splenoccidentale, va ben oltre l’aver abbattuto i paletti della dide Improvvisazioni, trovano un corrispettivo nelle dieci rappresentazione mimetica della realtà (era già da almeno sinfonie di Mahler, (completamento e superamento della un secolo che questi venivano continuamente attaccati, grande lezione beethoveniana) e nelle opere atonali della anche se nessuno aveva avuto il coraggio di fare il passo scuola viennese di Schoenberg, Berg e Webern. definitivo). La sua grandezza risiede nell’aver trattato Nella sua ricerca pittorico-spirituale Kandinsky ebbe infiniti la pittura in termini musicali, e in un certo qual modo epigoni e cultori, ma nessun vero erede. Aprì una strada, ma nell’aver confuso i confini di musica e pittura: Kandinsky nessuno lo seguì veramente: a lui vicino, nell’altezza degli articolò un’arte sublime in cui le forme venivano trattate esiti e anche in termini di amicizia e di insegnamento al come “suoni”, e la tela come una partitura su cui disporre Bauhaus, fu solamente Paul Klee, l’altro gigante che seppe liberamente forme totalmente astratte, ma anche evocative dare nuova linfa alla pittura figurativa agendo con suprema di dati reali, unite da un fluire ritmico che si avvicinasse il libertà nei vasti territori ai confini fra simbolismo, astraziopiù possibile a quello della musica. ne magica e surrealismo, senza realmente aderire a nessun movimento specifico. Accumunati anche dall’infamante Punti, linee, superfici e note colorate accusa di essere “artisti degenerati” lanciata loro contro dal La sua visione del mondo era profondamente spirituale. nazismo – che ne fece due esuli e, che alla fine, distrusse le Non è un caso che il suo contributo teorico più importante loro esistenze – Kandinsky e Klee si completano a vicenda. allo sviluppo della nuova arte non figurativa s’intitoli Lo Fortunatamente la follia di Hitler nulla poté contro la loro spirituale nell’arte. Kandinsky capì per primo, e svelò al sublime poetica: e oggi celebrati in tutto il mondo, svettamondo, la forza quasi mistica delle forme primarie a base no sopra le macerie del novecento come due torri isolate, della pittura: punto, linea, superficie (titolo di un altro suo meravigliose e in fin dei conti inarrivabili.


Rachel Carson

Scienziata, divulgatrice, ecologista ante litteram la biologa americana dedicò l’intera vita alla difesa della natura. Impegno che le causò pesanti accuse da parte delle grandi industrie chimiche di Francesca Rigotti

“Chi conosce l’oceano?”. Con questa domanda la biologa statunitense Rachel Carson (1907–1964) iniziava la sua prima pubblicazione letteraria, Undersea (1937). La risposta di Carson conteneva già molti dei temi sviluppati nei suoi scritti successivi, compreso il rivoluzionario Silent Spring del 1962 (Primavera silenziosa; Feltrinelli, 1963). Undersea, una guida per il profano alla conoscenza scientifica degli oceani, descriveva il mondo ampio, misterioso ed eterno del mare, i cui elementi circolano, appaiono, riappaiono in una sorta di “immortalità materiale”. In tutti i suoi libri sul mare una sola ombra entrava talvolta a disturbarne la pace e l’armonia, la bellezza e l’unità: l’uomo. Non l’uomo pescatore che con la sua figura anonima e nascosta compiva il proprio utile e onesto lavoro; l’uomo invece che sfidava le leggi del mare sfruttandolo, impoverendolo e inquinandolo, per distruggerlo infine con le sue armi sempre più potenti, le armi atomiche e nucleari.

mente in una campagna denigratoria contro il libro e la sua autrice, mettendone in dubbio competenze e qualificazioni scientifiche e sollevando perplessità nei confronti del suo sesso e della sua mancanza di marito e figli. Rachel era nata nel 1907 in Pennsylvania, discendente di antenati scozzesi e irlandesi. I genitori la incoraggiarono allo studio delle scienze naturali verso le quali si sentiva portata sin da bambina: si laureò nel 1929, specializzandosi nel campo della biologia marina. Con Undersea, Rachel avviò una carriera di scrittrice di libri sul mare, che esercitava su di lei una misteriosa attrazione. Dato il successo delle sue opere, abbandonò nel 1952 il suo posto di biologa marina presso l’U.S. Fish and Wildlife Service per dedicarsi completamente alla scrittura. Morì di cancro nel 1964.

La religiosità del mare e della terra Silent Spring, la sua opera più famosa – una sorta di Capanna dello zio Tom Chi conosce Rachel Carson? rivolto alla causa ecologista come quel È una domanda adeguata questa, perlibro lo fu per la causa antischiavista – ché proprio il mare può servire da descriveva l’evidenza degli effetti dei La studiosa americana in un’immagine dei primi anni ’60 (biophiliccities.org) metafora per la stessa vita della Carson, pesticidi sugli esseri umani e sugli aniriservata, privata, vissuta con la madre, la nipote, il nipote mali, soprattutto gli uccelli, al tacere del cui canto si riferisce e (forse) l’amore per una donna: una vita centrata sulla il titolo. Alla ricerca di una soluzione radicale al problema passione per la natura e la scrittura scientifica. Personal- degli insetti, gli agricoltori acquistavano in massa i pesticidi mente sentii parlare di Rachel Carson per la prima volta a messi a punto dalle compagnie chimiche disseminandoli a Lugano nell’autunno del 1999, nelle aule di una università pioggia sui campi, con le conseguenze che oggi sappiamo. ancora molto affine al vecchio ospedale, nel corso di una Per Rachel Carson la responsabilità reale della devastazione appassionata conferenza dell’associazione “Dialogare” dell’ambiente era da imputare alla vita moderna basata tenuta un sabato mattina dalla giornalista Sylvie Coyaud sulla arrogante conquista della natura, invece che sulla (autrice anche della splendida voce su Rachel Carson per ricerca di un modo di vivere in armonia con essa. l’Enciclopedia delle donne; enciclopediadelledonne.it). Un messaggio che mi è parso molto correlato con quello Appresi in quella occasione che questa donna coraggiosa e appena espresso da Duccio Demetrio nel suo ultimo La determinata aveva innescato col suo Silent Spring una tem- religiosità della terra. Una fede civile per la cura del mondo (Rafpesta scientifica, sociale, politica e intellettuale come forse faello Cortina Editore, 2013). Anche qui troviamo infatti nessuno, a parte Charles Darwin con L’origine delle specie un forte richiamo agli uccelli, figure simboliche del legame (1859). Silent Spring ha informato e allarmato generazioni tra cielo e terra, forme di bellezza che la natura ci offre soldi lettori nei confronti dei pericoli rappresentati dall’uso tanto per amarli, ammirarli, conoscerli, ascoltarli. E anche di pesticidi e erbicidi, il DDT soprattutto, e lo ha fatto con qui risuona un inno d’amore per la terra come elemento prosa aggraziata e stile poetico, con argomenti solidi e della natura, la terra con gli animali e le piante e il lavoro autorevoli, nonché con una buona dose di indignazione onesto e utile dei contadini, la terra cui accostarsi “per il morale, presentando vividamente agli occhi di tutti i dati puro piacere di sentirsi esistere, grazie al contatto con cose ed altrimenti aridi del linguaggio scientifico specializzato. esseri viventi... alieno da ogni altro scopo che non sia il bisogno Le società chimiche e industriali si scagliarono immediata- di tornare a chiamare con il suo nome la terra” (pag. 19).

Eroi 9


Secchioni all’attacco! Chi non ha avuto un compagno di classe dannatamente bravo negli studi, ma dall’aspetto poco trendy? Emarginati, asociali ma assolutamente geniali: una volta denigrati, oggi i “nerds” sono modelli da imitare. E da contrapporre agli invadenti e stupidi “bulli”

di Nicola De Marchi

Società 10

Lo stereotipo un tantino bullista e discriminante diffuso da piccoli e grandi schermi lo vuole così: fisico goffo, occhiali tipo fondi-di-bottiglia-rabberciati, dentoni, acconciatura impresentabile, importante acne, indumenti fuori corso, scarsa vita sociale e, beninteso, un pallino per una materia scientifica o per hobbies potenzialmente “pallosi”. Sono i nerds o geeks, moderne ed eterodosse versioni dell’italico “secchione”. Eterodosse, già, perché mentre il nostro secchione – derivato, pare, dallo stesso dialetto ticinese “segiòn”–, eccelle in certe materie con ostinata diligenza e spesso per compiacere un’autorità, l’albionico geek (pronuncia “ghic”), dalla tenuta vestimentaria fino alle insolite disposizioni intellettuali, non sembra collegare la propria stravaganza a precise finalità sociali. Etimologia sociale di un fenomeno Una spiegazione a questa forma di “mansueto anticonformismo” ci viene in parte dalla storia della parola. Se gli annali registrano infatti la prima occorrenza di geek con l’attuale e positiva accezione di “matematico, scientifico o tecno-entusiasta”, in un racconto del 1952 di Robert Heinlein (The Year of the Jackpot), l’origine del vocabolo risalirebbe in verità nientemeno che all’antico tedesco (Geck), con il significato di “pazzo”. Un’accezione che dal settecento si trasformerà poi temporaneamente nel fenomeno o mostro da baraccone (futuro freak), diffuso da certi teatri e cabaret di massa come il leggendario circo Barnum. Oggi, lo dimostrano Mark Zuckerberg (il ricchissimo anche se un po’ ordinario fondatore di Facebook) e prima di lui l’occhialuto Bill Gates, essere geek non solo non è più una tara né una mostruosità, ma soprattutto un’apprezzata attitudine professionale forgiata proprio sul primitivo e asociale ghiribizzo (qui: l’informatica). “I geeks possono vivere ore difficili a scuola, essere sfottuti o essere ignorati alle feste – si pronunciava in merito lo stesso The Economist – però oggi nessuna seria organizzazione può prosperare senza di loro”. A cui fa eco (a testimonianza del fatto che geek e nerd siano parzialmente intercambiabili), la citazione del giornalista Charles J. Sykes: “Sii gentile con i nerds: ci sono molte probabilità che finirai a lavorare per uno di loro”. Segno di una vera meritocrazia che non si ferma più all’apparenza, e fors’anche emblema di quest’epoca di

specializzazioni, divisione del sapere e incomunicabilità tra linguaggi scientifici (il “pensiero debole” o “la fine delle ideologie” per dirla come il filosofo Gianni Vattimo), ci si scopre tutti improvvisamente geek in qualcosa. Che sia per l’etimologia, i videogiochi, i trenini Märklin o l’antimateria dei bosoni di Higgs. Icone del nuovo millennio Ironia della sorte, dalla metà degli anni 2000 geek è diventato anche una tendenza vestimentaria, nota come “geek chic”, che sembra sedurre proprio coloro che geek non lo sono verosimilmente mai stati. Ecco allora cestisti NBA, calciatori e altri sportivi sfoggiare look retrò, improbabili bretelle e occhiali non raramente privi di lenti. Come a dire, per dissotterrare un’altra italica categoria che non sembra avere equivalenti stranieri, che “i fighi” giocano a fare i “secchioni”. Evitando di passare per nerds. Di fatto nerd – questo cugino cadetto non meno autoironico ma un filo più dispregiativo e più simile al nostro infantile “sfigato” – sarebbe stato coniato ex novo dallo scrittore Theodor Seuss Geisel nel 1950 (If I Ran the Zoo). Ma il termine (da pronunciarsi con la “e” profonda tipo “o” con umlaut), avrebbe forse anche un origine più vernacolare emersa dai campus universitari d’antan, dove coloro che studiavano fino a ore piccole erano tacciati, dagli inveterati festaioli da college, di knurd (diventato poi nerd), vale a dire, alla lettera, l’esatto inverso dell’ubriaco (drunk). Suggestiva infine anche la versione secondo la quale il termine verrebbe da un acronimo (Northern Electric Research and Development) che gli zelanti impiegati della suddetta azienda portavano scritto sull’astuccio da taschino (il gadget nerd per eccellenza) allora in voga. Il ruolo dei mezzi di comunicazione Beninteso la notorietà di questi tipi è il frutto di cinema e TV dove, manco a dirlo, sono dapprima rappresentati come personaggi, se non negativi, perlomeno secondari. Così se lo squalificante nerd era già diffuso negli anni settanta dalla serie televisiva Happy Days come sinonimo di frana (in tutto e per tutto opposto al bullo rappresentato da Fonzie), e il binomio figo-sfigato era già palesato dalla doppia personalità di svariati supereroi (Clark Kent/


Società 11

Un giovanissimo Bill Gates fondatore della Microsoft e oggi tra gli uomini più ricchi del pianeta (fotomods.ru)

Superman su tutti), bisognerà aspettare gli anni ottanta e la serie TV Riptide per vedere sullo schermo un prototipo positivo di nerd o geek col personaggio di Murray “Boz” Bozinsky, geniale esperto informatico che curava tutti gli aspetti tecnici delle indagini dei due fichi di turno: Cody Allen e Nick Ryder. Il vero riscatto arriverà però nel 1984 con la Rivincita dei Nerds, titolo di un film genere college che è tutto un programma (ai cultori consigliamo anche lo spassosissimo Napoleon Dynamite del 2004). Si parla da allora, come per altre minorità, di “orgoglio nerd” addirittura celebrato dal 2006 in Spagna ogni 25 maggio. Anche il giapponese, via i numerosi monomaniaci di manga e videogiochi che proliferano fin dagli anni settanta, ha da allora un termine equivalente: l’otaku (qualcosa tipo “colui che è di casa”). Decontestualizzato, questo antico termine onorifico ha dapprima iniziato a circolare tra i fanatici di

manga con finalità (auto-)ironiche ed è finito per diventare col tempo sinonimo di geek o nerd, con una sfumatura di fissato, cultore, patito o invasato. In italiano, come visto, anche se spesso con accezione negativa, gli equivalenti non mancherebbero. Peraltro la praticità di certi suffissi (-filia, -mania), permette svariate soluzioni espressive e gustosi neologismi (“gattofilo”, “fumettomane”, “ortofilo”). Ma per il termine generico si potrebbe comunque tentare, sulla falsa riga di nerd, “oznorbs” (l’inverso di “sbronzo”), anche perché è difficile immaginare come uno “sfigato” possa mai accordarsi con termini quali “chic” o “rivincita”. Per dirla con le parole di Niccolò Ammaniti nel romanzo Ti prendo e ti porto via (1999): “In quella scuola esistevano delle caste chiuse (e ditemi se nella vostra scuola non esistevano), un po’ come in India. I poveracci (Cagasotto Fifoni Cazzoni Merdacce Finocchi Negri e così via). I normali. E i fighi”. Che sia allora una questione di cultura?


S

Vitae 12

ono nato in un villaggio della provincia di Novara, Briga Novarese, nel 1948. Dopo sei o sette giorni dalla mia nascita mio nonno, Giovanni, mi ha portato in cantina; a un certo punto lui ha perso l’equilibrio e io sono finito nella botte del vino. Per una settimana ho avuto la pelle violacea e la mia levatrice diceva che non sarei sopravvissuto. E invece eccomi qua. Forse quella caduta è stata un segno di ciò che avrei fatto nella vita. A quattordici anni un altro fatto significativo: durante la festa del mio paese, San Colombano, ho assaggiato una mezza bottiglia di vino. Era così dolce che ho aperto un’altra mezza bottiglia e un’altra ancora... e mi sono ubriacato. Quella notte sono stato malissimo e ho vomitato in camera mia, lasciando una macchia viola sulla parete. Mio padre non mi ha detto niente, si è limitato a scrivere sulla parete, vicino alla macchia, una parola: Memento, “ricordati”. Da allora non mi sono più ubriacato; mi piace bere, essere allegro, ma ubriacarmi neanche per sogno. Da ragazzo mi sarebbe piaciuto fare l’ufficiale di marina, per girare il mondo, oppure l’archeologo, perché amavo la storia. Non ho potuto fare né l’uno né l’altro, perché mio padre si è ammalato quando avevo undici anni e io dovevo lavorare. Quando frequentavo le scuole medie trascorrevo le estati impiegato come cameriere in un bar di Borgomanero. Poi a quattordici anni son partito per Milano, a lavorare nel bar di uno zio. La mia curiosità e la voglia di conoscere le persone mi hanno portato in giro per il mondo, sono stato in Francia e in Inghilterra, in Italia ho lavorato a Cortina d’Ampezzo e a Santa Margherita Ligure. Mi guadagnavo da vivere facendo il cameriere e risparmiavo per mandare a casa qualche soldo. Tornato in Italia, dopo il militare nell’aeronautica, sono partito per gli Stati Uniti lavorando sulle navi da crociera. Sono stato a New York, ai Caraibi, in Sudamerica. Ho dato sfogo alla mia curiosità. Poi a 27-28 anni sono tornato a casa, volevo sposarmi e così sono andato a lavorare in Svizzera, da un amico, in un ristorante di Bioggio. In tutti quegli anni ho sempre coltivato la passione per il vino. Per esempio, a quindici anni, con i primi stipendi ho iniziato ad acquistare vini

piemontesi e col tempo la mia cantina si è riempita di bottiglie pregiate, custodite come reperti archeologici. Un giorno mi sono deciso ad aprirne una del 1948, imbottigliata da mio nonno: quando l’ho versato, il vino aveva un profumo di rosa appassita incredibile. Ho assaporato il profumo del 1948. Il vino è il magico punto di incontro tra vitigno, terreno, clima e uomo, quindi non tutti gli anni le cose “vanno bene”. A me piace fare un po’ “l’archeologo del vino”, cercare le storie del produttore, il luogo in cui nasce, perché il vino, prima di essere bevuto e abbinato a un cibo, deve dare emozioni. Ma ritorniamo a Bioggio: in quel periodo ho conosciuto Giacomo Newlin che lavorava in radio e abbiamo cominciato a fare trasmissioni sul vino; in seguito sono entrato nell’Associazione Svizzera dei Sommelier Professionisti (ASSP), con la quale ho iniziato a collaborare mettendo in piedi dei corsi per sommelier. Allora ho lasciato il ristorante e sono andato a lavorare per un’azienda vinicola del cantone, e nello stesso tempo ho preso in mano l’Associazione e la Direzione dei corsi. Grazie al lavoro dell’Associazione, a breve la Svizzera sarà uno dei tre paesi al mondo in cui la figura del sommelier è riconosciuta a livello internazionale e avrà lo stesso riconoscimento che hanno, per esempio, lo chef di cucina o il responsabile della ristorazione. Mi sono battuto per raggiungere questo obiettivo e aiutare i giovani che vogliono intraprendere questa professione. Oggi la mia vita è naturalmente sempre legata al mondo del vino: mi diverto a partecipare in qualità di sommelier alla trasmissione televisiva “Piattoforte” (RSI), collaboro sempre con Giacomo Newlin, ho scritto libri e tenuto conferenze sul vino. In futuro spero di continuare a tramandare quello che ho appreso ai giovani che vogliono diventare sommelier: la mia commozione più grande è vedere allievi che sono diventati anche più bravi del sottoscritto, ma che dopo anni mi chiamano ancora per ringraziarmi.

DAvIDE COMOLI

Ha proprio il vino “nel sangue”: non è certo un caso se oggi è un apprezzato sommelier, autore di libri, collaboratore di radio e TV, organizzatore di corsi...

testimonianza raccolta da Roberto Roveda fotografia ©Flavia Leuenberger


Across the universe Sounds of laughter, shades of life Are ringing through my opened ears Inciting and inviting me. Limitless undying love, which Shines around me like a million suns, It calls me on and on across the universe (...) Nothing’s gonna change my world John Lennon (1968)

Suoni di risate, ombre di vita Squillano nelle mie orecchie aperte Incitandomi e invitandomi. Amore immortale e senza limite, che Splende attorno a me come un milione di soli, Continua a chiamarmi per l’universo (...) Niente cambierà il mio mondo

testimonianze raccolte da Keri Gonzato; fotografie ©Flavia Leuenberger


Il cuore, a differenza del cervello,

Famiglia Righettoni

non conosce confini di alcun genere. Quando ci si innamora, infatti, si viene caricati di un’energia che permette di superare qualsiasi ostacolo, differenza e barriera. Le cinque coppie che appaiono in queste pagine ne sono la prova. In nome dell’amore hanno superato molte sfide: le difficoltà che hanno incontrato sono quelle tipiche delle relazioni tra due persone provenienti da paesi lontani e da culture diverse tra loro. I periodi vissuti distanti, le lunghe attese e le complesse procedure burocratiche per potersi trasferire da un paese all’altro, i numerosi viaggi e la nostalgia della propria terra. Osservando meglio queste donne e questi uomini colpisce la loro serenità, si percepisce la ricchezza che nasce dal condividere origini diverse, la forza che scaturisce dalla scelta di trovare delle soluzioni comuni, la volontà di venirsi incontro, la capacità di adattarsi al cambiamento e la volontà di vivere la vita con ottimismo. Le loro testimonianze si contrappongono ai molti, facili pregiudizi che ancora troppo spesso vengono incollati alla pelle delle coppie “miste”. I loro ritratti, le loro case e le loro parole ci accompagnano alla scoperta della loro quotidianità. Il messaggio che scaturisce da questo viaggio intimo parla di uguaglianza: quando si vive la vita seguendo il cuore, infatti, le differenze scompaiono. Ognuna di queste storie parla del coraggio presente in tutti coloro si aprono all’amore, decidendo di condividere la loro vita con un’altra persona...

Aoi (Thailandia) Non avrei mai immaginato che un giorno avrei lasciato il mio paese. Ero un po’ spaventata e triste ma era l’unica soluzione per stare insieme. Ho subito imparato l’italiano e, dal 2008, lavoro a tempo pieno in un’azienda di orticoltura. In Ticino sono felice e, grazie all’accoglienza della famiglia di Michele, è diventata casa mia. Il nostro sogno però è quello di andare a vivere in Thailandia e siamo sicuri che un giorno si avvererà. Sento la mancanza della famiglia, dei templi buddisti, del cibo… L’amore è la riconoscenza che provo ogni giorno verso i miei genitori per avermi messa al mondo e per essersi presi cura di me quando ero con loro. È lo stesso amore che ho verso mio marito che, ogni giorno, si prende cura mi me.

Michele (Ticino) Nel maggio del 2006 decisi di fare un viaggio, con lo zaino in spalla, da solo in Thailandia. A Bangkok conobbi Aoi e decidemmo di continuare il viaggio assieme… Al mio rientro in Svizzera, ritrovandoci a 10mila km di distanza, pensai che forse sarebbe restato solo un bellissimo ricordo. Invece… a fine ottobre 2006, sono tornato a Bangkok per una settimana. Aoi mi portò a casa sua, un’emozione molto intensa per entrambi. Infatti, quando una figlia porta il proprio fidanzato a conoscere i genitori, per i thailandesi è un momento molto importante. La nostra storia a distanza è durata quasi un anno e poi, nel maggio del 2007, ci siamo sposati. Aoi e la nostra storia racchiudono tutto quello che c’è nell’amore.


Famiglia Gentilini

Famiglia Neimatoulina-Lüscher

Kira (Canada)

Djamila (Azerbaigian)

All’inizio è stato difficile integrarmi a Lugano, una piccola città dove i gruppi di amici sono chiusi. Per fortuna però, giocare a hockey su ghiaccio, oltre al fatto di avere appreso l’italiano mi ha molto aiutata a costruire vere amicizie e a sentirmi accettata. Amo la Svizzera, mi piace essere vicina alle montagne per le escursioni in estate e lo snowboard in inverno. Lo stile di vita è più rilassato, le vacanze abbondanti e la domenica permettono alla gente di trascorrere più tempo con le loro famiglie. Anche se, la famiglia, gli amici e la mentalità più aperta di Toronto naturalmente mi mancano… Amore è avere un migliore amico con cui condividere tutte le grandi avventure nella vita. È qualcuno che tira fuori il meglio di te e tu di lui. È quando due persone sentono di poter mostrare anche i lati più vulnerabili di loro stesse e si accettano come sono.

Nel lontano 1995, poco prima di Natale, tutta la delegazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) di Baku aspettava un nuovo amministratore. Lo vedemmo entrare con la sua valigia, magrolino, timido… Era arrivato Ciro, severo ma buono, c’era sempre per tutti. Ballammo assieme alle rare feste che organizzava ogni tanto il capo della delegazione, il primo bacio fu nel giugno del 1996… Nel 1997 ci siamo sposati a Ginevra con abiti dell’ottocento. Appena terminata la cerimonia siamo andati a Berna, indossando ancora i vestiti da sposi, per ritirare il nostro visto per l’Australia.

Nick (Ticino) Ho visto Kira per la prima volta nel lontano 2007 e ho subito pensato “che gnocca”. Il caso ha voluto che, qualche tempo dopo, ci conoscessimo al lido di Caslano e, dopo una lunga chiacchierata, quel semplice pensiero diventasse qualcosa di più. Kira aveva un lavoro in Ticino come professionista di hockey su ghiaccio, che le garantiva un permesso di soggiorno di sette mesi all’anno. Durante l’estate tornava sempre in Canada e, stare lontani per quattro-cinque mesi non era il massimo. Nonostante le difficoltà, ha però prevalso l’amore che ci ha portati al matrimonio! Che cos’è l’amore...? Una domanda a cui è difficile rispondere: per me è un mix tra passione, divertimento, paure, progetti, condivisione, incomprensioni, famiglia, litigi, libertà, energia e tanto cuore.

Ciro (Ticino) Nel 1995, lasciato il mio lavoro in una fiduciaria, mi candidai al CICR come amministratore. Appena saputa la mia destinazione, Baku, presi l’atlante: ero deluso, mi aspettavo una missione da qualche parte in Africa. Ma il destino aveva previsto ben altro… Lì ho conosciuto Djamila, che mi assisteva nelle pratiche e nelle visite ai prigionieri armeni detenuti nella prigione di stato. In quel contesto improbabile è nato il nostro amore… Dopo il matrimonio ci siamo trasferiti in Australia. Dovevamo stare dagli ozzies per tre anni, invece è arrivato il nostro Teodoro, e la voglia di stare insieme alla famiglia ci ha riportati in Svizzera.

(...)


Famiglia Rüegg NDombele

Antoine (Africa)

Cristina (Ticino)

Vivo molto bene in questo paese… L’unico rammarico è che, dato che il mio paese non è sicuro, non vi posso portare la mia famiglia in vacanza. Per fortuna tengo i contatti con i miei parenti che vivono in Europa e comunicando virtualmente con quelli che stanno in Africa. Grazie a una piccola associazione che ho creato, assieme a Cristina, riusciamo anche ad aiutare la famiglia e altre persone bisognose del mio paese. L’amore è un sentimento forte che unisce le persone e che si conosce fin dalla nascita. Senza amore non ci sarebbe vita.

Ci siamo conosciuti a Giubiasco nel 1986. Lui cercava casa e io un subentrante: ci siamo visti e mai più lasciati… Tre anni dopo ci siamo sposati e poi sono arrivati Joel e Aline, i nostri figli. L’amore mi aiuta ad andare avanti, mi protegge e spesso mi fa sentire più sicura. So di poter contare sul mio compagno se ne ho bisogno.


Famiglia Henzi

Rosario (Messico)

Shawn (Ticino, Stati Uniti)

Il contratto di Shawn in Messico stava scadendo ed è stato il destino a portarci in Svizzera, unito al desiderio di sentirci al sicuro con nostro figlio Peter… All’inizio, il passaggio da una vita lavorativa dinamica a Messico City a quella di madre a tempo pieno, in un paesino ticinese, è stato scioccante. Ma vivere nella natura e sperimentare la tranquillità e la sicurezza della vita è un privilegio e ora sono felice. La gente di Carona mi ha accolta bene e i nostri bambini crescono in un luogo da favola. L’amore per me è un dono meraviglioso. È la disponibilità a dare, a condividere il tuo tempo, la tua vita, è mutuo rispetto, gentilezza, è apprezzare, comunicare e contemplare. È perdono e anche lavoro, è quello che ti fa andare avanti ogni giorno.

Dopo quattro anni negli Stati Uniti, mi sono trasferito in Messico per lavoro. Dovevo rimanere soltanto un anno ma poi ho conosciuto Rosario… E sono rimasto quattro anni! Con Rosario la mia vita si è molto arricchita. Amo il suo modo di cucinare, la sua capacità di essere madre... Lei non gioca con i bambini ma diventa una bambina e si diverte con loro, e racconta le storie della buona notte come nessun’altra! L’amore è stare con delle persone, nel mio caso mia moglie e i miei figli, e sentire che non si può vivere senza loro.


Buona fede e trasparenza Il problema delle relazioni tra diritto e morale è sempre stato di difficile soluzione. Rudolf Jhering e Benedetto Croce lo definirono, rispettivamente, il “Capo Horn” e il “Capo dei naufragi” della scienza giuridica1 di Carlo Baggi

Kronos 42

La difficoltà è data essenzialmente dal fatto che i due che percorrono le società toccate da gravi crisi strutturali. concetti, diritto ed etica, sono strettamente collegati, per In quest’opera sono però confrontati con un’impossibilità, cui è normale che il primo si nutra del secondo e che sempre più marcata, di tener separata la morale dal diritto. quest’ultimo assuma aspetti giuridici. Il citato problema Si scopre che quel principio generale di affidamento, pur sorge quando è alterato il rapporto fisiologico tra questi due aleggiando ancora apparentemente intatto sugli impianti campi, perché è in quel momento che si gioca la libertà di giuridici, non è più sufficiente e l’afflusso di ossigeno che un sistema sociale. esso immetteva nel vivere civile tende Se si osservano, in quest’ambito, due a esaurirsi. La buona fede, senza il geantichi e differenti sistemi normativi conerale riconoscimento del dogma della me la Torah2 (ancora vigente) e il Diritto responsabilità, corre il rischio di apparire romano (che ha lasciato tracce poderose come un corpo senza anima. Ecco allora nelle legislazioni non confluite nella comche il diritto, necessitato dall’urgenza, mon law), potremmo rilevare che dal loro si sta aprendo una strada obbligata, ma nucleo emergono due regole simili. La non certo scevra di pericoli, che porta a prima, con il comandamento “Tu amerai sostituire quell’antico principio con uno per il tuo prossimo come per te stesso”3, apre nuovo: la trasparenza. l’esegesi verso molteplici ambiti che non Poiché la società fatica a mantenere riguardano esclusivamente temi religiosi, il senso di responsabilità, si ritiene di ma spaziano verso applicazioni pratiche aggirare l’ostacolo mediante un camcome, per esempio, il diritto di risarcibiamento di visione. La valutazione dei mento dei danni o i modi di educazione comportamenti, che godeva di una sorta e di comportamento4. La seconda, con il di generale presunzione favorevole per triplice precetto “Honeste vivere - Alterum via del principio di buona fede, non è più non laedere - Suum cuique tribuere” (vivere rinviata al momento in cui quelli entrano Frontespizio di un’antica edizione onestamente - non nuocere agli altri - dain conflitto con questo, ma è gradatadel Corpus Iuris Civilis re a ciascuno il suo)5, sviluppa un insieme mente sostituita dal principio della “casa di Giustiniano (finzipnews.it) di norme di diritto civile e processuale di vetro”. I comportamenti devono, così, altamente evoluto. essere immediatamente valutabili alla luce del sole. Questa La necessità di un comportamento leale e onesto, nonché evoluzione potrebbe infrangere quel delicato confine tra l’obbligo di non ledere i diritti altrui per soverchio egoismo etica e diritto, di cui si diceva, e determinare una società o malanimo, confluirono poi in un altro principio cardine in cui la morale non è più intima espressione, ma è trasfordenominato della buona fede. Questo impone, nell’ambito mata in moralità normativa7. La commistione apparirebbe dei rapporti giuridici, un agire che va ben oltre il fair play non solo spuria ma blasfema poiché la legge morale, anche tanto da rientrare nell’ambito della solidarietà umana e se espressa sotto la forma di un comandamento, è sempre sociale6. Con tale connotazione, la buona fede ha esonda- “libera risposta” a un’istanza trascendente. to dal puro tecnicismo legale e dai campi d’applicazione previsti dalla legge per assumere, nel comune sentire, note un’aspettativa che trova il suo fondamento nel senso di 1 F. Battaglia, Corso di filosofia del diritto, vol. II, pag. 371, Soc. Ed. del “Foro Italiano”, Roma. responsabilità. 2 La casa di vetro Oggi questo edificio pare destinato a far posto a più moderne costruzioni; infatti, l’evoluzione dei tempi ha marcato il suo cammino con comportamenti che hanno sempre più assunto gravi dimensioni d’irresponsabilità. Spinti da questa contingenza, i legislatori si trovano nella necessità di tradurre in norme le rilevanti attese ed esigenze

3

4

5 6 7

La parola significa “Insegnamento”, anche se il termine racchiude una vasta gamma di significati. Levitico 19: 18. Il testo ebraico (Veaavtà le reakhà chamokhà) è stato impropriamente tradotto con “Amerai il prossimo tuo come te stesso”: M.-A. Ouaknin, Le Dieci Parole, pag. 231, Paoline, 2001. Talmud: Séder Neziqìm (Ordine dei danni); Dérek éretz (Trattato sul buon comportamento). Ulpianus, Libro primo regularum, 108. A. Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, pag.518, CEDAM. F. Battaglia, op. cit., pag. 402.


Spammoreggiare

Può nascere un amore da un messaggio ripescato dalla posta indesiderata del vostro PC? Lei sostiene di essere nubile, senza figli e che desidera farsi una famiglia; però scrive in modo un po’ strano per essere una timida toscana… di Marco Jeitziner; illustrazione ©Alessia Passoni

Anche nella casella della posta elettronica indesiderata la speranza è l’ultima a morire. Forza, cuori solitari, che forse nella spam possono nascere amori e storie importanti. Forse, chissà, non si può mai dire! Il fatto è che qualcuno vi cerca sempre, ogni giorno, ardentemente, impunemente, anche contro la vostra volontà, quasi da sentirsi importunati, perseguitati. Ma anche, nevvero, al centro del mondo e del desiderio femminile (o maschile) che fa tanto bene all’ego. Ora, io non so quale fase stiate attraversando, ma quanto segue è la pura verità e ad alcuni sarà forse già capitato. Sarà che il grigiore invernale non è il massimo della vita, così un pomeriggio mi trovo ad aprire la cartella “antispam” della mia posta elettronica e, paf!, ecco del tutto inaspettato un messaggio intitolato “Mi sei piaciuto”. Oibò! Roba da rimontare il morale, eh? “Ti replico subito!” Penso alle ultime ore, alle ultime uscite, a chi ho “conosciuto” nelle reti sociali ma niente, il vuoto cosmico. Può anche accadere di fare colpo senza volerlo, non sarebbe nemmeno la prima volta che la poverina, qui in questa freddina provincia, non si faccia avanti per timidezza o timore del giudizio altrui. Sicchè, spinto dalla curiosità, vado a leggere chi sarà mai questa spregiudicata donzella, virtualmente dichiaratasi. Dice di chiamarsi Francesca Greco, bel nome, già, ma non ho la benché minima certezza che sia vero. Come non posso sapere se sia davvero una donna (sono i rischi di internet). Sempre più intrigato controllo l’indirizzo: termina con “toscana.it”. Maremma boia! C’è di che stuzzicare l’appetito per uno che, in siffatta bella regione, proprio non c’è ancora stato. Era forse giunto il momento? Cliccando il collegamento del testo può esserci qualche virus in agguato ma, temerario, lo faccio lo stesso. “Hola!!” dice il messaggio: sarà una fanciulla cosmopolita? “Mi chiamo YULIYA!”, scritto in maiuscoletto, embè? Il mistero si infittisce. Nell’era digitale dei nomignoli (nicknames) ormai questo non ha nessuna importanza. E poi che c’è di strano

nel chiamarsi in un modo e presentarsi in un altro (anche se per i miei gusti c’è una ipsilon a sbalzo)? Cioè, Lorenzo de Medici era il signore di Firenze e si faceva chiamare “il Magnifico”, ma nessuno ha mai osato pensare che fosse un cialtrone, no? A questo punto cerco di ricordare se ho conosciuto ultimamente delle signorine con quei nomi. Niente, il vuoto cosmico di prima. M’invento grafologo e mi dico che scrivere il proprio nome in maiuscoletto potrebbe denotare un certo tipo di personalità. La timidona poi mi domanda: “Hai ricevuto le mie pic?” (per i non avvezzi “pic” è l’abbreviazione di picture in inglese, ossia fotografia). Be’, io di foto di questa qui non ne avevo mica ricevute, ma forse la sbadata, invaghitasi a tal punto del sottoscritto, s’era dimenticata l’allegato? Proseguo e cito testualmente: “Ho trovato il tuo lettera e ti replico subito”! Perbacco! “Tuo lettera”, “ti replico”, ma come scrive? Con questi errori lessicali non può essere toscana, semmai straniera. Vuole replicarmi, cioè? Ripetermi, duplicarmi, clonarmi? Mah! E a quale epistolario si riferiva? “Con insofferenza” La pulzella misteriosa si fa insistente e comincio a pensare che possa essere completamente suonata: “Spero che mi ricordi??? Aspetto una risposta con insofferenza”. Ordunque? Non me la ricordo e mi spiace per la sua impazienza, ma che posso fare, se non apprezzare il suo sforzo di esprimersi in italiano? “Ho mandato a te alcune nuove pic. Esse ti sono piaciute? Saro contenta se mi manderai le tue nuove pic”. Uffa, ancora? “Sono una femmina sola e nubile. Non ho bambini. Vivo con i genitori. Vorrei trovare l’altra meta per creare una famiglia...”. Poi la femmina termina il suo scritto così: “Ho cancellato il mio profile dal sito di amicizia. Se mi risponderai, ti mandero piu mie pic. Attendo una risposta con insofferenza. Se mi replicherai, ti inviero piu mie foto. Buona serata!!”. Be’, buona serata a te e tanti saluti! Era ovviamente un tranello. Decisi di non replicare, nemmeno per suggerirle, che so, di cambiare il traduttore online...

Media 43


L’UOMO CHE SUSSURRAVA... AGLI ARTROPODI Di John Grady ColE & KIK

David Rothenberg insegna Filosofia e Musica al New Jaersey institute of Technology. Quando fnisce di occuparsi di cose normali, esce di casa con un clarinetto e suona ambient music al contrario.

Presente “Music for Airports” di Brian Eno? Il concetto di una musica che non sostituisce il sottofondo di rumore ambientale ma lo arricchisce, migliorandolo e ricontestualizzandolo? Ecco, Rothenberg fa esattamente l’opposto.

Nell’ambient è il suono che avvolge il rumore, lo ammorbidisce e rende parte di un unicum organico; il clarinetto del professore americano va piuttosto a cercare quegli spazi vuoti nella musica della natura, vi si inserisce e ci dialoga.


Dialoga con cicale, grilli, cavallette e loop elettronici in “Bug Music” (ed è difficile distinguere gli uni dagli altri); improvvisa in jam session con usignoli e uccelli lira in “Why Birds Sing”; armonizza il canto di balene e beluga in “Whale Music”.

È possibile che il nostro fascino per il ritmo derivi dall’ascolto di migliaia di anni di canto delle cicale? Sarà un caso che uomini, uccelli canori, cetacei e pochissime altre specie siano capaci di imparare a riprodurre suoni nuovi ed estranei? Se vi state chiedendo “Perché?” o più probabilmente “Ma cosa cavolo?”, beh, siete persone vuote e tristi e il vostro cane piange quando vi vede. Inoltre, vi state perdendo una teoria fra le più affascinanti sulla nascita della comunicazione per musica.

C’è tanta musica nella natura, a saperla ascoltare. E di certo non sarò io a discutere con un uomo che aspetta diciassette anni per poter suonare il clarinetto con milioni di grossi insetti che si chiamano come Pokèmon.


La domanda della settimana

Vista la crisi che ha colpito le casse della città di Lugano, è giunta l’ora che anche in Piazza Riforma si paghi la tassa sul sacco dei rifiuti?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 6 febbraio. I risultati appariranno sul numero 7 di Ticinosette.

Al quesito “Ritenete che le pigioni in Ticino rispecchino i reali valori e la qualità degli immobili?” avete risposto:

SI

8%

NO

92%

Svaghi 46

Astri ariete Rapida revisione dei vostri progetti. Possibili errori di valutazione. Impegnative le giornate tra il 3 e il 4 segnate dal transito lunare. Imprevisti.

toro Il transito di Venere in Toro vi rende particolarmente seducenti. Novità per i nati nella terza decade. Scelte dettate da razionalità e pragmatismo.

gemelli È arrivato il momento delle tentazioni. Attenti a non farvi confondere troppo le idee. Bene tra il 3 e il 4 febbraio. Piacevoli sorprese in famiglia.

cancro Cogliete la giusta ispirazione. Fatevi guidare dall’istinto. Autoindulgenza per i nati nella seconda decade. Scarso impegno nel lavoro. Prudenza.

leone Calo energetico. Trasferte professionali segnate da un incremento della vita sociale. Incontri sentimentali all’interno dell’ambiente lavorativo.

vergine Aumento degli appetiti sessuali e del proprio fascino. Attenzione tra il 2 e la mattinata del 3 febbraio. Attenti a quello che dite. Riservatezza!

bilancia Esperienze emotive di una certa rilevanza. Circostanze rivoluzionarie e nuovi amori portati dal transito di Marte. Prudenza tra il 3 e il 4 febbraio.

scorpione Venere prima, Mercurio ora, entrambi favorevoli. È il momento per dare un impulso alla vita sociale. Nuovi interessi all’interno della coppia.

sagittario Attenti a quello che dite. Possibili fraintendimenti. Non tutto è quel che appare. Ricche di eventi inaspettati le giornate tra il 3 e il 4 febbraio.

capricorno Venere è con voi. Colpi di fulmine o paradossalmente rotture improvvise. Vivaci i nati della seconda decade. Imprevisti tra il 3 e il 5 febbraio.

acquario Seguite l’intuito. Situazioni inaspettate per i nati tra la prima e la seconda decade. Grande energia per i nati nella terza decade.

pesci Grandi intuizioni in ordine alle contingenti valenze nettuniane. Fatevi guidare dalla vostra ispirazione. Incontri karmici. Amore alla grande.


Gioca e vinci con Ticinosette

1

2

3

4

5

6

10

7

8

9

11 5

12

13

14

15 4

16

17 19

18

20

21

7

22

23

24

25

27

26 1

28

29

30

31

32

33

6

34 37

35

38

36

La soluzione verrà pubblicata sul numero 7

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 6 febbraio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 4 feb. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna! Orizzontali 1. Lagnarsi, dolersi • 10. Li colleziona Casanova • 11. Città vallesana • 12. La risposta dell’oracolo • 14. Rabbie, furori • 15. Lo è la neve • 16. Sei romani • 17. Più che carine • 18. Giallo pallido • 20. Avverbio di luogo • 21. Dubitativa • 22. L’aspirazione del goliardo • 25. Zolfo e Rame • 26. Il dio dei venti • 28. Interpreta ruoli • 30. Ebbe la moglie tramutata in statua di sale • 31. Piccolo cervide • 33. Il Dario del teatro • 34. Mezza cena • 35. Serpeggia quel panico • 37. Il nome della Massari • 39. Noto stilista • 40. Un Mustelide • 42. Negazione bifronte • 43. Donati, distribuiti • 45. Dittongo in reità • 46. Il capitello con le volute • 48. Un gas nobile • 49. Il mitico aviatore. Verticali 1. Noto film del 2009 di Mark Waters • 2. Il Nuovo Mondo • 3. Guidò gli Ebrei verso la terra promessa • 4. Il piano Marshall • 5. La sposa di Anfione • 6. Aggredire, assaltare • 7. Quartiere cittadino • 8. I confini di Sonvico • 9. Congenite, connaturali • 13. La nota Pizzi • 17. Chiatta, zatterone • 19. La cavalleria di Mascagni • 21. Strumento musicale • 23. Circolano in Europa • 24. La nota più lunga • 27. Cura l’otite • 29. Mezza tara • 32. Una carta del cellulare • 35. Rimorchi • 36. Il generoso l’ha larga • 38. Le Lipari • 39. Il cane di Ulisse • 41. Complessino canoro • 44. Vezzo nervoso • 47. In mezzo al coro

39 3

40

Soluzioni n. 3

42

41 8

1

43

L

2

10

44

O

L

12

R

13

A

45

16

47

46

D

48

E

28

L

29

P

3

4

5

6

7

8

T

47

O

51

L

55

E

N

S

I

A

A

R E

I

A

I

O

O

S

A

N

A

R

E

N

M

37

44

A

I O

53

T

I

R

S

S S

27

T

I B

O

E

R

I

O

T

E

L

R

I

A

L

O

O

B

T 42

E

V

M

23

31

I

M P

15

E

R

9

S

41

49

D O

19

A

38

E

T

D

T

A

D

8

N 14

33 35

48

C

O 18

E

O

E T

E

30

7

11

26

N

O

I

E

25

P

E

C 22

S

52

P

I

21

L

6

N

M

S

A R

O

36

5

A

I

40

43

2

C

M

I S

4

17

E

34

1

B O

24

E

39

I

G

O

32

La parola chiave è:

C

O

L

49

3

I

20

2

E

I

45

A

N

I

O

O 46

P

50

L

54

I

O

A

O

N

N

E

La soluzione del Concorso apparso il 17 gennaio è: RIEMPIRE Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Giovanna Soldati viale Villa Foresta 14 6850 Mendrisio Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: 2 carte regalo per le Agenzie viaggi FFS

Tuffarsi nel relax. Vacanze balneari: all’Agenzia viaggi FFS in stazione. ffs.ch/agenziaviaggi

Le Ferrovie Federali Svizzere offrono 2 buoni viaggio per un valore totale di 100.– CHF a 2 fortunati vincitori. Ulteriori informazioni visitando il portale ffs.ch/ agenziaviaggi

Agenzia FFS – un mondo di vacanze alla stazione Entusiasmanti viaggi in città, vacanze balneari in pieno relax, avventurosi viaggi circolari, affascinanti crociere e fantastiche offerte last minute: prenotate delle splendide vacanze in 160 stazioni FFS in tutta la Svizzera. Desiderate una consulenza professionale per vacanze davvero riuscite? Venite all’Agenzia viaggi FFS delle stazioni di Bellinzona, Locarno o Lugano; i nostri consulenti faranno di tutto per esaudire i vostri desideri! E a proposito: non dimenticate di partecipare subito al concorso sul sito ffs.ch/agenziaviaggi e tentate la fortuna. In palio un buono viaggio da 5.000 franchi!

Svaghi 47


<wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2tjAyNgMA2u4x_Q8AAAA=</wm>

<wm>10CFXKoQ6DQBAE0C_ay8zs7XGwssERBMGfaar7_6qAq3jubVtGweO17ud6JMFazb3LW8YcRVNjdm9FSpCuKyxsdGoW_75JmACM-xho9MEw0iJG9xoVKt_35wd7CdO3dgAAAA==</wm>

PAGARE RAPIDAMENTE SENZA CONTATTO. Ora alla Migros: pagamento con carta di credito senza contatto. Fino a fr. 40.– non occorrono né il PIN né la firma. Ancora meglio con la Cumulus-MasterCard gratuita.

3B_0011_MC_ContLess_Ad_TicinoSette_210x295_IT_CH.indd 1

13.01.14 10:58


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.