Illustrazione Ticinese n. 9 - 2012

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illustrazione www.illustrazione.ch

N.9

- 1 OTTOBRE 2012

RIVISTA FAMILIARE DELLA SVIZZERA ITALIANA

TICINESE

REPORTAGE

Sul valico del Gottardo

MOTORI

Muoversi in un lampo


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I

nconfondibile la busta - quasi sempre riciclata - l’indirizzo - non proprio leggibile. Questa busta finiva, con una puntualità da orologio svizzero, sulla scrivania in redazione. Inconfondibile anche il contenuto: il manoscritto. Correzioni rigorosamente effettuate con il bianchetto, aggiunte, aggettivi supplementari scritti a mano. Per il redattore neofita un enigma. Sto parlando evidentemente di altri tempi. Tempi, in cui il lusso redazionale era una telescrivente. Eravamo negli Anni 70 e 80 dello scorso secolo. E Plinio Grossi, per noi PIGI, era uno dei principali collaboratori di Illustrazione Ticinese. Scriveva l’editoriale con il titolo Rossoeblù: spesso pungente, a volte critico, ma sempre documentato. Inconfondibile anche il suo stile: colorato, ogni tanto condito con una piccola dose di satira. Su Illustrazione Ticinese PIGI ha pubblicato diverse rubriche. Ricordo quella tanto amata, Ticino nero. Una raccolta delle più grande tragedie e crimini che ha conosciuto il nostro cantone. All’inizio della mia carriera accompagnavo PIGI come fotografo. Penso di averlo conosciuto meglio proprio in queste occasioni. Lui amava la gente, prestava la massima attenzione all’inter all’intervistato. Alle cantine di Mendrisio incontrammo il famoso fotografo Gino Pedroli. Avevamo calcolato un’oretta per l’intervista e le foto. Ci salu-

tammo dopo cinque ore. Gino Pedroli ci confessò anche (“ma l’è mia da scriv“) che in una delle sue più famose foto, che ritrae un gruppo di emigranti ticinesi che con valigie e pacchi attraver attraversano la campagna mendrisiense in una giornata tristissima di novembre, questi emigranti erano delle... controfigure. Plinio Grossi, autore di oltre 50 libri, creatore e curatore della Rivista di Bellinzona, collaboratore della Radio, della Televisione, cronista per i quotidiani aveva scoperto una nicchia di mercato. Passava ore e ore, giornate intere all’archivio storico cantonale, preziosa fonte del suo lavoro. In archivio si documentava per rievocare con precisione fatti e cronache di altri tempi. Plinio Grossi ci ha lasciati, a metà settembre a Bellinzona. Aveva 88 anni. Quando recentemente provai a intervistarlo per gli 80 anni dell’Illustrazione Ticinese disse, quasi offeso: “No Matthias, lo sai benissimo che io non voglio apparire in foto e testo su nessun giornale o nessuna rivista. Io sono l’intervistatore, non l’intervistato”. Perciò rispetto la sua volontà. La foto con te, caro PIGI, insieme a Gino Pedroli, rimane, per sempre, nel nostro archivio. Matthias Werder, editore di ILLUSTRAZIONE TICINESE

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som m a rio

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4 Editoriale

La tua foto, caro Pigi, rimane in archivio

6 Sai che

Domande curiose e risposte sfiziose

8 Appunti

Spunti, idee e consigli in vetrina

10 In dialètt

A Olten i stüdia da tacass là al Tesín!

12 Ritratto > ILLUSTRAZIONE TICINESE 09-12

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La scuola di Diego Erba

20 Web

App per orientarsi

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22 A tavola

Il gusto della tradizione

28 Sport

Uno sport perfetto per me

32 In classe

Le candeline tengono calda la torta

35 Lavoretti Il mostro estraibile

36 Reportage L’indefinibile bianco ILLUSTRAZIONE TICINESE 09-12

50 La Lampo 3, un laboratorio di auto elettrica sbalorditivo; tutto da scoprire!

come la Brusa che, in particolare con l’introduzione alcuni anni fa delle batterie al litio, ha in parte risolto positivamente il grosso problema dell’autonomia e del tempo di ricarica. Batterie che sono dotate di tutti i dispositivi di sicurezza: controllo singola cella alla carica e scarica, protezione bipolare, in due fasi di controllo e di monitoraggio dell’isolamento. Grazie ad un procedimento brevettato di totale resistenza interna è ridotta al minimo, in modo che ad alte prestazioni può essere eseguito senza surriscaldamento della batteria. Un ulteriore importante contributo nella competente assistenza allo sviluppo del progetto lo ha offerto fin dall’inizio anche Alpiq, partecipando alla realizzazione di stazioni di ricarica per il settore privato e quello pubblico con software e hardware adattabili ad un modello specifico di automobile, alla presa e alla rete elettrica di una determinata nazione. Ma per apportare un significativo passo in avanti al progetto sarà soprattutto indispensabile una

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40 Sondaggio

Specchio delle mie… trame

42 In viaggio

Che confusione sul bus (parte seconda) chiara posizione di scelta dei tipi di energia, che dovranno essere applicati per la mobilità di domani, da parte dei politici.Per chi è al volante è un’emozione curiosa, che lascia sbalorditi. Siamo pronti ad accomodarci nell’abitacolo della Lampo 3, vettura che recentemente ha avuto anche l’occasione di partecipare a dei test per veicoli alternativi che si sono svolti nell’ambito della recente 24 Ore di Le Mans con al volante il pilota luganese Gabriele Gardel. Due chiacchiere con l’ingegnere Alessandro De Guglielmo che ci spiega tecnicamente la vettura. La Lampo 3 dispone di trazione integrale, di tre motori elettrici, uno all’anteriore e due collegati alle ruote posteriori. Insieme sono tutto un programma: una potenza complessiva di 570 CV, 900 Nm di coppia e un nuovo pacco di batterie da 42 kWh. Numeri che permettono alla vettura ad emissioni 0 di scattare da 0 a 100 km/h in 4,5 secondi e di raggiungere i 220 km/h. A dominare l’abitacolo è il silenzio e il vento che

46 Salute

fondata nel 1931 12 edizioni annuali Tiratura 131.335 copie (REMP 2011) Redazione CP 418, 6908 Lugano Via Massagno 10 Tel. 091 972 26 20 Fax 091 972 45 65 www.illustrazione.ch info@illustrazione.ch Editore Editrice Tredicom SA 6908 Lugano Distribuzione AWZ - Lugano Amministrazione e produzione Marco Werder Editore Matthias Werder Grafica Tredicom SA Gabriele Campeggio Inserzioni Ticino e Italia: Tredicom SA Tel. 091 973 20 10 Fax 091 972 45 65 info@illustrazione.ch Edimen S.a.g.l. Tel. 091 970 24 36 edimen@edimen.ch Svizzera tedesca e romanda: Grütter-Werbung 4914 Roggwil - CP 176 Tel. 062 929 27 82 Fax 062 929 27 82 Natel 079 415 87 88 gruetter-werbung@besonet.ch Inserzioni moto: TuttoSprint Tel. 079 697 49 65 info@tuttosprint.ch Il materiale redazionale e fotografico non richiesto non viene restituito. In copertina: Diego Erba Foto: Rémy Steinegger

Fibromi, quando intervenire

50 Motori

Un laboratorio dalle prestazioni lampo

55 Oroscopo

Certificato Certificato PEFC PEFC Questo prodotto Questa rivista è realizzato stampata con su materia prima da foreste gestite in maniera sostenibile e da fonti controllate

Uno sguardo tra stelle e pianeti per la prima metà di ottobre > ILLUSTRAZIONE TICINESE 09-12

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sa i c he

leggiamo

SAI

perché

RABBRIVIDIAMO?

1.

Cinquanta sfumature di nero, rosso, grigio, di E. L. James

2. Con te fino alla fine del mondo, di Nicolas Barreau

3. Follia profonda, di Wulf Dorn

ascoltiamo

1.

Il tremore è sempre dovuto a contrazioni involontarie e velocissime dei muscoli. Le cause però possono essere molto diverse. Quando abbiamo freddo, le rapide contrazioni dei muscoli servono a produrre calore. Quando invece il tremore è causato dalla paura, i meccanismi coinvolti sono molteplici. L’organismo, come risposta all’impulso della paura, aumenta la pressione del sangue e i battiti cardiaci per far affluire velocemente una maggior quantità di sangue nei muscoli degli arti, che tremano, per permettere una fuga o un attacco più rapidi.

ma e att e r t Chi potrebb SAI

perché si dice

AVERE L’ARGENTO VIVO ADDOSSO? Havoc and brights lights, di Alanis Morissette

2. Sapessi dire no, di Biagio Antonacci 3. L’amore è una cosa semplice, di Tiziano Ferro

guardiamo

Argento vivo è la definizione popolare del mercurio, il metallo utilizzato nei vecchi termometri. È un metallo di colore argenteo, molto lucido, liquido. Se non contenuto, il mercurio scappa da tutte le parti, dividendosi in piccole sferette, impossibili da afferrare. Ecco perché, chi “ha l’ar l’argento vivo addosso”, non sta mai fermo, è sempre in movimento, incontenibile.

SAI

da cosa deriva

VIGLIACCO?

1.

Tutti giù, di Niccolò Castelli

2. Prometheus, di Ridley Scott 3. Vite rubate, di Markus Imboden

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.

re.. a c c a

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Questo aggettivo, che definisce chi fugfug ge davanti al pericolo o accetta le ingiuingiu stizie senza ribellarsi, deriva dallo spaspa gnolo bellaco, che definisce il contadino di condizione media, tra il servo e il papa drone, con connotazione dispregiativa di furbo e pigro. Si cominciò ad usare questo termine nelle commedie italiane di fine Cinquecento, in contesti spagnoleggianti e utilizzato come ingiuria nei diverbi.


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LE MEMORIE DI UNA SCRITTRICE Un filo d’olio, Simonetta Agnello Hornby, Sellerio È avvocato minorile, giudice e scrittrice. Nata a Palermo, ha completato gli studi universitari in Inghilterra, dove vive tutt’oggi. Il suo romanzo d’esordio, La mennulara (2003, Feltrinelli) è stato un bestseller. Ne sono seguiti diversi altri, ma questo è nato dall’esigenza di dar voce alle sue memorie, e a quelle di sua sorella Chiara, per far rivivere la sua infanzia attraverso le ricette della famiglia. Un meraviglioso racconto di vita dove ognuno di noi può ritrovare un pezzetto della propria infanzia. E un bellissimo dono ai lettori, che potranno sedersi a tavola gustando le ricette che hanno profumato le estati siciliane della famiglia Agnello.

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in dia lètt

a olten i stüdia da tacass

là al tesín oo z

Olten, canton Soletta, indúa passan i treni par Berna, Lücerna, Zürigh e Basilea. testo Pier Baron - pier@illustrazione.ch

C

hi che ha lavoràt o stüdiàt “in denta” i sann benissim che la stazion da Olten l’è un “punto nevralgico”. Al sa saveva già in di temp indré, quand che par naa “in denta” a sa metéva giò ul cüü, setàt in segunda class. Süi treni gh’eva i giugaduu di noss squadri, quii da fotball, hockey e palacanestro. E i sa trövavan, la sira dala dumeniga, al “Bahnhofbuffet” da Olten. Lì tegnéva banc ul Cenz Brenna dal FC Lügan, da spéss insema al Seo Dell’Acqua dala Federal. Che inviàvan via na quai cantada o fasévan un quai scherzett, mai catív, sa capiss. A Olten-Zofingen a gh’è anca na bèla sezion dala Pro Ticino. Inscì a scrívum da quaicoss che séntum visin, almen nüm che semm vécc “da mazzà cunt la scua” (come la diis la Ghita al Paolin, in una bèla comedia dal Sergio Maspul). E alúra, brava gént, setévas giò süla cadrega. E scultii ben. A Olten i’è adré a stüdià da tacass al Tesín, fasendo sü una specie da “extraclave”, ala manéra da Campion d’Italia rispett al Belpaés, quel sota Ciass. Ul vespee l’ann inviàt via a Basilea, cunt ul prugett (l’è mia na novità) da tacà insema Basilea Città cunt ul mezz canton dala Campagna. E alúra sa podarà mett in discüssion (effetto domino) tücc i confin di altri canton, quii lì visin. Al “Stammtisch” d’una bétola da Olten gh’è già vegnüt föra la discüssion. E la prima roba che gh’è stai dii? “Ma gnanca mòrt, nüm vörum mia nà cunt ul canton Argovia!”. Ma la fà savé un scritòr da Olten, che sa ciama Alex Capus. E che al manca mia da fan-

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tasia. Adiritüra che, se gha sarà da decíd, Olten al farà da tütt par tacass là al Tesín. E parché? La risposta a pòdum trövàla in dal librett dal Capus “Der König von Olten”, indúa sa capiss che lì l’è na specie da Belinzona, faia sü anca (ma mia dumà) da quii che lavúran in ferovia. E che i binari i’è una cultüra local. E mia di tocch da fèr par fà passà i treni. La da lì a gh’è ul Aar, che pö al sa büta in dal Reno, che al finiss in dal mar. Inscì come ul noss fiümm Tesín, anca lü in dal mar, dopo che al s’è stravacaa denta in dal Pò. Gha sarà dunca i “ticinés” da Olten, cunt i sò omm politich che i vegnerà giò par i lavúr dal noss Gran Consili. I parlarann tudesch (anzi “Oltenerdütsch”) e i tirarà i marsinn, par végh un quai süsídi e mett a pòst la “città vecchia”. O par medegà un quai pont che baltíga sül fiümm. A gha n’è sett (sette) e ul Capus al ma fa savé che al s’è bütàt giò in dall’Aar da tücc quisti pont. Prima da bütass giò anca nüm dal pont che al va vers Carass (Carasso) spetemm un atimin. Ma guardii che ala Svizera, adèss cunt 8 milion da inquilin e ul federalismo che scanchígna, duvarem pöö guardàg adré da fin. Anca in dal fotball sa giüga più cunt ul “metodo” o cunt ul 4-2-4. La bandéra ticinesa sura a l’Aar? Mah! Però: al podaress anca véss un’idea, mia da bütà via, senza gnanca guardàg adré...v

«I binari i’è una cultüra local»


OLTRE OLTRE LE LE CONVENZIONI CONVENZIONI

} o LA QUATTRO RUOTE o } } z PERFETTA PERFETTA o o o o z --z PER LE FAMIGLIE. } } } o o ooo } o} o oo --zz } o} oo zzo

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r itra tto

la discuola diego erba Fra tre mesi andrà in pensione, dopo aver occupato per 36 anni diverse funzioni direttive scolastiche, ultime delle quali le cariche per 16 anni di coordinatore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport e di responsabile della Divisione della scuola. Incontro con Diego Erba per una chiacchierata sulla sua vita professionale e privata con incursioni tra i ricordi e uno sguardo al futuro. testo Lorenza Storni - lorenza@illustrazione.ch foto Rémy Steinegger

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rego, entrate! La signora Fernanda, moglie di Diego Erba, ci accoglie nella loro bella casa di Solduno con squisita gentilezza. È il 5 di settembre. Il nuovo anno scolastico ha da poco preso il via e per Diego Erba è sempre un momento “caldo”, perché i media lo sollecitano senza tregua e gli impegni sono molteplici. Eppure, con grande disponibilità e l’atteggiamento signorile che lo contraddistingue, ci concede un po’ del suo tempo prezioso. Ci avverte, e si scusa, che nel corso della mattinata riceverà una telefonata dalla Rete 1 e quindi dovrà rispondere in diretta a qualche domanda di Salvatore Maria Fares. Per noi nessun problema! Abbiamo sufficiente tempo per chiacchierare ed anche per scattare una serie di immagini nei luoghi a lui particolarmente cari. E non solo! Ci viene pure concesso un “click” per una foto di famiglia con la moglie e i nipotini Annalisa e Guglielmo. Chissà se uno dei due piccoli deciderà un giorno di seguire le orme

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del nonno e di dedicare la vita alla scuola? Una vita, sì, perché Diego Erba ha iniziato il suo per percorso all’asilo di Orselina nel 1952 e lo terminerà a dicembre 2012: 60 anni, di cui 36 in diverse funzioni direttive scolastiche. Una carriera lunga e fruttuosa che merita certamente un’intervista. Il 3 settembre per 55’660 allievi è iniziato un nuovo anno scolastico. Lei, invece, a dicembre dirà addio alla scuola. Con che sentimenti affronta questi pochi mesi che la separano dal pensionamento? “Li affronto con serenità e con lo stesso impegno di sempre. La differenza è che quest’anno non guiderò il “treno” fino alla fine. Altri ci penseranno”. Che scuola lascia in eredità al suo successore, Emanuele Berger? “Lascio una buona scuola - di questo ne sono pienamente convinto - ma che deve comunque


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r itra tto I nonni Erba con i nipotini Guglielmo e Annalisa, figli della secondogenita Laura.

ancora maturare e migliorare qua e là. Ma soprattutto lascio dei docenti impegnati che meritano fiducia, non solo da parte delle autorità scolastiche, ma da tutte le persone coinvolte nel mondo della scuola. E lascio anche dei giovani ai quali dobbiamo dare il massimo, perché la vita è sempre più difficile, complicata, complessa. Per questo è nostro dovere puntare sulla formazione che è poi la nostra materia prima”. Ricorda il suo primo giorno di scuola? “Lo ricordo benissimo perché a Orselina ho vissuto una situazione particolare. Sono passato dall’asilo alla prima elementare restando nella stessa aula, con la stessa maestra, Elena Zaccheo e gli stessi compagni, sia quelli dell’asilo che quelli che come me iniziavano la prima. Inoltre ricordo due fatti: il passaggio obbligato dal par parrucchiere prima dell’inizio della scuola e il senso di responsabilità accresciuto perché capivo che da lì in poi le cose si sarebbero fatte serie”. Quand’era bambino, cosa diceva di voler fare da grande? “Volevo fare il giornalista sportivo, avevo una forte passione per il calcio ed ero affascinato dai

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grandi commentatori sportivi come Giuseppe Albertini. Ma concluso il ginnasio, dovevo scegliere tra il liceo a Lugano - all’epoca era l’unico del Cantone - o la Magistrale a Locarno. Mi decisi per la seconda che era sulla porta di casa e che mi avrebbe comunque permesso di intraprendere la professione di insegnante o di proseguire gli studi. Inoltre, la scelta fu dettata dall’interesse, che in me stava maturando, di essere a contatto con la gioventù”. Da allievo dell’asilo a coordinatore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport e responsabile della Divisione della scuola. Insomma, nella scuola da 60 anni: una missione o una vocazione? “Credo che siano stati soprattutto anni appassionanti. In questo lungo percorso ho sempre avuto il piacere di lavorare. Sono contento di ciò che ho fatto e ringrazio le collaboratrici e i collaboratori e chi mi ha dato la possibilità di vivere quest’esperienza direttiva scolastica: penso soprattutto a Sergio Caratti, allora direttore della Sezione pedagogica e a Ugo Sadis, consigliere di Stato, che mi chiamò in Dipartimento nel 1976”.

La carriera scolastica di Diego Erba ha preso avvio nell’edificio che ora ospita il Municipio di Orselina, un tempo sede di asilo e scuola elementare.


Nei pressi del rustico di Cortaccio sopra Orselina: luogo di riposo e svago della famiglia Erba.

Ma prima di questo incarico direttivo, lei è stato insegnante, vero? “Sì, per quattro anni fui docente alle scuole elementari e maggiori di Locarno. Ricordo che una delle mie prime buste paga - che ancora si andavano a ritirare in direzione - dall’emozione la dimenticai sul tavolo del direttore. Anni dopo, al rientro da Ginevra, insegnai per alcuni mesi ancora nelle scuole maggiori della città, prima di trasferirmi a Bellinzona”.

Come è cambiata la scuola in cinquant’anni? “La scuola è cambiata molto: dalle infrastrutture agli insegnanti, a cui sono richiesti percorsi di formazione più estesi; dagli allievi, che hanno tutta un’altra dinamica nella società, alle famiglie con situazioni molto diverse fra loro. Inoltre è cambiata la composizione sociale degli stessi allievi: un tempo c’erano gli svizzeri e gli italiani, oggi ci sono studenti di tante origini diverse”. E quali saranno le sfide future? “Sono essenzialmente legate all’esigenza di mantenere elevata la qualità del sistema scolastico per far fronte alla concorrenzialità”. Nei suoi 36 anni in seno all’amministrazione cantonale quali sono stati i momenti difficili? “Ce ne sono stati diversi ed hanno lasciato il segno. Ricordo lo smarrimento personale per la morte del consigliere di Stato Giuseppe Buffi e la perdita di miei preziosi collaboratori come Enrico Simona, Franco Lepori e Vittorio Fè. E poi non posso dimenticare gli incidenti mortali che hanno coinvolto diversi allievi. Più volte sono andato ad esprimere solidarietà alle famiglie colpite da queste tragedie”.

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E quelli di soddisfazione? “In particolare la mia prima innovazione scolastica con l’introduzione del sabato libero nel 1977. Un dossier che portai in porto in sei mesi. E poi la Legge della scuola del 1990, che fu una vera Via Crucis, e tante altre riforme. Insomma, ho vissuto e accompagnato molti cambiamenti che hanno contraddistinto l’evoluzione della scuola e della nostra società. Inoltre, tra gli aspetti positivi della mia funzione vi è stato sempre quello relazionale: frequenti contatti con allievi, docenti, famiglie, direttori, politici ed esponenti degli altri cantoni. Un grande arricchimento sul piano personale”. Se dovesse fare un bilancio della sua attività professionale sotto forma di autovalutazione - come si chiede oggi agli allievi - quale voto si darebbe e perché? “Una domanda difficile. Penso di meritarmi un 4½ perché, al di là di possibili errori commessi,

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non credo di essere mai venuto meno ai miei impegni nei confronti della scuola e al rispetto per l’istituzione”. È possibile conoscerla meglio e sapere qualcosa della sua vita privata attraverso le 11 materie scolastiche che compongono il programma delle scuola elementare? “Proviamo!”.

Condotta: “Ho sempre ricevuto una nota vicino al 5. Sono sostanzialmente un po’ timido, anche se non appare. Mi piace stare con me stesso, con i miei pensieri che corrono. Non sono un espansivo, sono una persona abbastanza riservata”. Applicazione: “Sono sicuramente una persona applicata, esigente con me stesso e con gli altri; sono un po’

Diego Erba è presidente degli Amici del Teatro di Locarno. Una funzione che ricopre da alcuni anni.


meticoloso e vigilo anche su quello che fanno i collaboratori”.

Lingua italiana: “Ho sempre avuto un voto buono, sul 5, e la fortuna di avere ottimi insegnanti - come Vincenzo Snider e Giovanni Bonalumi - che mi hanno fatto amare la nostra lingua. Da 15 anni, poi, ho il privilegio, grazie alla mia carica, di portare studenti tra i 15 e i 22 anni della Svizzera italiana al Campiello Giovani: il più importante concorso letterario italiano. Quest’anno il premio è stato vinto da Noè Albergati, un giovane di Mugena con il racconto “Solitario”. Aggiungo però che mi piace molto anche il dialetto che parlo con mia moglie, ma non con i miei figli. Pure in ufficio mi esprimo a volte in dialetto con i miei collaboratori e, in alcune circostanze, con i consiglieri di Stato”. Matematica: “Mi piace e sono sempre stato forte in matematica. Per questo alle scuole maggiori ho insegnato questa materia e scienze”. Studio dell’ambiente: “Amo molto percorrere le montagne del Ticino.

Ho avuto anche l’occasione di salire fin sulla vetta del Monte Rosa, dove mio figlio e un suo compagno di studi stavano preparando i rispettivi lavori di dottorato. E poi mi dedico con piacere al giardinaggio. Di ambiente mi sono occupato anche come municipale della Città di Locarno”.

Lingua francese: “Quando io ho frequentato le elementari la lingua francese non veniva ancora insegnata. È stata introdotta verso la fine degli anni Sessanta. Qualcuno ricorderà il metodo Cuttat con cuffie e registratori. Un metodo che fu anche molto criticato per la sua impostazione e perché adottato a partire dalla prima elementare: troppo presto, si sosteneva. Comunque il francese è stata la mia prima lingua straniera e quella degli studi universitari a Ginevra. Poi ho imparato il tedesco, con una qualche difficoltà in più, ed anche un po’ di inglese”. Educazione fisica: “Ho sempre giocato al calcio facendo tutta la mia carriera nel Locarno, dai pulcini fino alla prima divisione, nel ruolo di difensore centrale. Sono stato anche allenatore degli allievi. Oggi mi limito

È stato giocatore dell’FC Locarno di cui ora è grande sostenitore.

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SCHEDA

Il vice-presidente degli Amici di Casa Rusca nel cortile della pinacoteca dove è in corso una mostra sullo scultore Remo Rossi.

biografica

Nome e cognome: Diego Erba Nato il: 23 gennaio 1949 Attinente di: Locarno Domicilio: Locarno Percorso scolastico: dal 1952 asilo e scuola elementare a Orselina; ginnasio e Scuola Magistrale a Locarno; corso triennale a Pavia e abilitazione all’insegnamento nella scuola maggiore; laurea in scienze dell’educazione all’Università di Ginevra nel 1976 Professione: dirigente scolastico Stato civile: coniugato con Fernanda Figli: Paolo (medico, 34); Laura (farmacista, 31); Raffaele (economista/giurista, 28) Nipoti: Annalisa (3 anni) e Gugliemo (1 anno), figli di Laura e Gabriele Gilardi Hobby: letture, passeggiate in montagna, bricolage, giardinaggio Motto: Essere sempre ottimisti

ad essere un grande tifoso e cerco di seguire tutte le partite del FC Locarno, compatibilmente con i miei impegni. Come detto, faccio passeggiate in montagna e, ogni tanto, vado in bicicletta”.

Educazione musicale: “Questo è un po’ un tasto dolente. Io sono stonato ed ho dovuto fare dei grossi sforzi perché per diventare docente delle elementari bisognava anche saper cantare e suonare uno strumento. Scelsi il piano. Voto 4+, l’essenziale per essere promosso e diventare docente. Poi, per la fortuna dei miei allievi di Locarno, c’è stato il docente di educazione musicale. Mi piace la musica classica. Ascolto volentieri cantautori italiani come De Gregori e Dalla, ma anche i canti popolari”. Educazione grafico-pittorica: “Non sono uno dalle grandi doti artistiche, ma amo l’arte. Per questo frequento mostre sia in Ticino, sia fuori Cantone e sono vice presidente dell’Associazione Amici di Casa Rusca, che ha lo scopo di dare visibilità e valorizzare gli artisti e la cultura locale: ne è un esempio la mostra antologica sullo scultore Remo Rossi, in corso nella pinacoteca di Locarno fino alla fine di dicembre”. Attività creative: “Ho sempre avuto una passione per il bricolage,

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in particolare lavori da elettricista. Nel mio rustico, seguito da un maestro elettricista, ho eseguito l’impianto elettrico. Inoltre mi diletto ad aggiustare i giocattoli rotti dei miei nipotini. Tra le attività creative, si potrebbe inserire anche il mio ruolo di presidente degli Amici del Teatro di Locarno, un’attività molto interessante dal punto di vista culturale perché la nostra associazione conduce la stagione teatrale locarnese. Questo significa che abbiamo il privilegio di vedere le migliori compagnie italiane. Inoltre il Teatro è diventato un importante luogo di socializzazione dove si possono incontrare e ritrovare amici e conoscenti”.

Educazione religiosa: “Cresciuto in una famiglia cattolica praticante, ho sempre frequentato le lezioni di religione e da bambino ho anche fatto il chierichetto. Dal profilo professionale mi sto impegnando su un altro fronte: seguire da vicino la sperimentazione di “Storia delle religioni” che abbiamo avviato nelle scuole medie dopo molti contrasti. Ritengo che oggi la nostra scuola non possa fare a meno di promuovere una formazione in questo ambito, pena “l’analfabetismo del fenomeno religioso”. Mi auguro che questa sperimentazione trovi in futuro un consolidamento. È una strada che molti Cantoni in Svizzera stanno percorrendo o hanno già percorso”.


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quello di poter scegliere ciò che desidero: viaggiare senza un’eccessiva organizzazione, godermi semplici momenti di libertà, andare per funghi, fare il nonno di Annalisa e Guglielmo. Mia moglie è un po’ preoccupata per “l’ingombro” che si troverà in casa da gennaio. In effetti è dal 1976 che mi vede partire alle sette del mattino senza sapere l’ora del rientro. Dovremo riorganizzare la nostra vita, ma non credo che ci saranno grossi problemi, perché la mia è una moglie splendida”.

pagella

Abbiamo visto pubblicate le pagelle di Norman Gobbi ed Emanuele Bertoli, scopriamo ora quella di Diego Erba.

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Per chiudere: quali… “compiti” la aspettano da pensionato? “Programmi per ora non ne ho fatti. Da quando sono state annunciate le mie dimissioni sono stato sollecitato da più parti. Il mio desiderio è

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Intende continuare a mantenere un legame con l’ambiente scolastico? “Continuerò senz’altro a seguire il dibattito sulla scuola da spettatore e avrò molto rispetto di chi mi succederà e a cui auguro le migliori soddisfazioni in questa bella attività”. v

lu str azio

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Online un video di Diego Erba girato da TeleTicino.

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app per orientarsi Orientarsi, trovare la giusta strada, arrivare nel luogo desiderato, tanto in viaggio quanto a casa, è spesso impresa assai ar ardua, ma in questo caso alcune utili App, per iPhone e Android, arrivano in nostro aiuto. testo Elio Del Biaggio - elio@illustrazione.ch

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aggiungere la meta desiderata, viaggiando per lavoro o muovendosi per piacere, in vacanza o anche solo a due passi da dove abitiamo, non è sempre così semplice come si potrebbe immaginare. Se un tempo si era costretti a far capo a ingombranti cartine, spesso di difficile lettura, oggi basta semplicemente avere uno Smartphone - iPhone o Android poco importa - e, grazie ad alcune applicazioni - che tutti quanti chiamiamo ormai solo App - orientarsi e raggiungere la nostra meta diventa davvero facile e veloce. Dalla semplice possibilità di visualizzare la mappa sul nostro schermo a quella più completa che addirittura ci indica il percorso, orientarsi diventa veramente alla portata di tutti, senza più paura alcuna di perdersi in città sconosciute o di non ritrovare la via nella nostra città. I sistemi più completi sono dei veri e propri navigatori. Inserendo solo la località - con l’indicazione della strada e magari qualche altra utile informazione - lo schermo del nostro telefonino ci indicherà la nostra posizione e il percorso da seguire, accom-

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pagnandoci passo dopo passo, magari persino guidandoci attraverso la voce. E poco importa se dovessimo essere a piedi, in bicicletta oppure in automobile. Troppo facile perché sia vero? Allora non rimane che verificare attraverso una delle applicazioni che oggi andremo a svelare. “Waze”: il navigatore GPS gratuito per iPhone, Android e non solo. Avete capito bene: esiste davvero un navigatore GPS gratuito per iPhone, Android, Windows Mobile e Symbian. Si tratta di “Waze” che, rispetto ai maggiori e più noti navigatori ancora predominio di nomi famosi come TomTom e Garmin, introduce alcune caratteristiche che lo contraddistinguono e che contribuiscono a rafforzare la concorrenza in questo settore. Un suo grande pregio è la compatibilità con i sistemi operativi utilizzati negli Smartphone - in pratica tutti - considerando, inoltre, il fatto che è completamente gratuito, aspetto certamente non trascurabile. Due fattori, questi, che assicurano a Waze un facile utilizzo e una rapidità nella sua espansione nel settore dei

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navigatori GPS. Se tutte le mappe stradali di tutti i migliori navigatori satellitari sono distribuite da due società - Navteq e TeleAtlas - Waze non le utilizza per niente e le strade sono generate direttamente dagli utenti che sfruttano il programma, facendo in modo che siano sempre aggiornate. Ma la novità più importante introdotta da Waze è l’interattività, funzione esplosa con i “social network” ma che sta inevitabilmente affacciandosi in tutte le applicazioni. Possiamo così segnalare in tempo reale a tutta la comunità ingorghi e rallentamenti, incidenti stradali, radar e appostamenti di polizia. La nuova e recente versione, inoltre, comprende funzionamento manilibere attraverso l’utilizzo dei comandi vocali, condivisione di posizione e destinazioni via SMS o per E-mail, liste di navigazione e naturalmente non può mancare il supporto Bluetooth. v

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della tradizione A Scareglia a cena a casa di Christian e Paola Frapolli. testo Lorenza Storni - lorenza@illustrazione.ch foto Rémy Steinegger

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na volta era una stalla, poi un grotto, ora è la casa di Christian e Paola Frapolli. Della stalla resta ben poco, ma le tracce del grotto sono ben visibili: i due tavoloni sulla terrazza, la cucina con griglia esterna, il capiente frigorifero, il forno professionale, il bar interno e tanti altri dettagli che rendono la casa di Scareglia, in Valcolla, particolare e dall’atmosfera unica. Il merito va anche alla coppia che sa accogliere gli ospiti con naturalezza, simpatia e grande ospitalità. Christian Frapolli non è un volto nuovo: prima oste e cuoco del “Grott dal Galett” (così si chiamava il locale di Scareglia), poi volto televisivo della RSI accanto a Simone Bianchi, chef di Piattoforte, per una serie di puntate dedicate alle grigliate. Ultimamente l’indirizzo professionale di Christian ha preso un’altra strada, ma la cucina resta una delle sue grandi passioni. Passione che condivide con la moglie Paola e che li vede quasi sempre insieme ai fornelli a cucinare per sé, ma spesso per i numerosi amici che volentieri salgono fino a Scareglia per trascorrere una… gustosa serata in compagnia. DA STALLA A GROTTO Christian ripercorre volentieri e con orgoglio la

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storia della sua casa. Ereditata la stalla dal nonno, nel 2000 il suo papà si mise in testa di trasformarla in un grotto. Nonostante lo scetticismo di amici e conoscenti, padre e figlio si misero al lavoro e nell’ottobre del 2002 il Grott dal Galett aprì i battenti ai primi avventori. Grazie alla buona cucina, alla simpatia della famiglia Frapolli, al bel locale e alla sua posizione amena, il successo non si fece attendere. Una signora, ricorda Christian, gli disse che il suo galletto ripieno era una poesia. Per non parlare delle costine brasate, del maialino o degli stinchi… Nel frattempo, però, altre sfide professionali si aprirono per Christian, i genitori andarono in pensione e a quel punto si decise di convertire il grotto in casa di abitazione. Le nozze con Paola suggellarono la decisione e dal 2010 i due vivono - dopo alcune modifiche - nei locali dell’ex “Galett”. PASSIONE INNATA Da restauratore di quadri a cuoco per passione, Christian ha sempre avuto il pallino per la cucina: “Credo di averlo ereditato dalla mamma e dalle nonne: una abituata a cucinare per una famiglia numerosa; l’altra appassionata di grotti. Entrambe ottime cuoche. Inoltre, il mio bisnonno, che non ho conosciuto, era famoso per le riciclette.


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Le sue conoscenze mi sono state trasmesse da mia madre e dalla nonna materna!”. Paola interviene: “Christian, ha proprio un dono naturale per la cucina. Ha fantasia, inventiva e competenze, nonostante non abbia nessuna formazione specifica”. “L’esperienza maturata nella conduzione del grotto - ci spiega Christian - “mi ha permesso di crescere ‘gastronomicamente’, ma soprattutto mi ha reso consapevole di come la cucina e i sapori di un tempo risveglino, nella gente comune, piacevoli ricordi e sensazioni della propria infanzia. Proprio su questo si basa la mia filosofia: riportare

alla luce piatti della nostra tradizione attraverso un tipo di cucina semplice e curata. A mio avviso la semplicità, l’amore e la pazienza sono la base di tutto”. Anche a Paola, l’amore per la cucina è stato trasmesso dalla famiglia: “Mia mamma è sempre stata brava ai fornelli e la nostra casa era spesso piena di ospiti”. Il senso dell’ospitalità, infatti, accomuna marito e moglie. Racconta Christian: “Mia nonna invitava a pranzo giovani artisti dell’epoca in cerca di fama - come Jean Corty o lo scultore Mario Bernasconi - che, riconoscenti, ricambiavano con le loro opere”.

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a t avol a COMPLEMENTARI IN CUCINA Paola e Christian si definiscono complementari in cucina. Quando la sera si ritrovano, soprattutto in occasione di serate con gli amici, i compiti sono ben divisi: lei si occupa di aperitivi, antipasti, dessert e pani fatti in casa; lui dei primi e dei secondi. Ogni tanto, ammettono, non resistono ad invadere l’uno il campo dell’altra e ad inscenare piccoli battibecchi. Ma l’amore e la passione che li unisce riescono sempre a calmare gli animi. Entrambi amano curare i dettagli, anche nell’apparecchiare la tavola, nella scelta dei bicchieri, e così via. “A tavola siamo due esteti. Visto che ci impegniamo molto in cucina, per noi è importante gustare il cibo nei bei piatti, bere del

vino in bicchieri adeguati, avere le posate giuste, ecc.”, precisa Paola. L’intesa gastronomica tra i due, entrambi del segno della bilancia, si riassume anche nel loro piatto preferito: coniglio alla cacciatora con puré di patate. La coppia ama definirsi “foodies”, un nome coniato per i gourmet del nuovo millennio: curiosi, selezionatori, aperti alle novità e alle sperimentazioni. Christian ha la capacità di saper cucinare un piatto solo osservandolo. “Quando ho tra le mani una ricetta, non mi soffermo quasi mai sui vari passaggi: mi basta guardare la foto e leggere il titolo. Forse il risultato non sarà identico, ma in genere è buono e gustoso”. La cucina di Christian e Paola è dotata di numerosi libri di ricette, Intesa gastronomica perfetta.

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LA CENA DI QUESTA SERA E questa sera cosa mangeremo? “Prima una tartare molto semplice condita con una punta d’aglio, che per l’occasione ho deciso di servire con una salsina alle noci e parmigiano, inventata sui due piedi. In seguito guancette di vitello con una salsa ai ribes e porto accompagnate da un risotto al roquefort”, risponde Christian. “Io invece ho pensato ad un semifreddo con cantucci e vin santo e composta di lamponi”, aggiunge Paola. Il tutto “annaffiato” da un’ottima Barbera, un vino che i due amano molto. Che dire per concludere? Che abbiamo gustato una cena squisita consumata su una terrazza panoramica a quasi 1000 metri di altitudine in buona compagnia. E che essere ospiti e sentirsi a casa e tra amici in una calda e stellata serata di fine agosto è stato davvero un grande privilegio. Davvero un posto perfetto per un… grotto! v

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alcuni dei quali catturano la nostra attenzione. Sono quelli della nonna, scritti a mano, con grafie d’altri tempi e custoditi gelosamente perché considerati preziose eredità.


sp ort

uno sport perfetto per me Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, scrive Ludovico Ariosto nel 1516 nell’Orlando Furioso. A distanza di quasi 500 anni, ci troviamo presso la sede del Circolo Scherma SAL Lugano per… incrociare una conversazione sull’amore per l’arma del fioretto da parte di Carlotta Cimiotti. testo Marco Ortelli - marco.o@illustrazione.ch foto Ti-Press/Gabriele Putzu

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l duello verbale con la campionessa svizzera di fioretto U20 - titolo assegnatole lo scorso mese di febbraio a Losanna, e attuale numero 1 U17 + U20 - che non prevede difese e contromosse da parte degli interlocutori, ha inizio con il racconto, da parte di Carlotta, del suo incontro con la disciplina della scherma. “All’età di nove anni su consiglio medico e mater materno, non praticando alcuno sport mi sono messa alla ricerca di una disciplina sportiva. Sulla scia di mia sorella Camilla, che praticava già la scher scherma, e la proposta di mia mamma, un giorno sono venuta qui in palestra per provare. Ripensando a quel giorno, ricordo di non essermi appassionata subito alla scherma, la passione è giunta in seguito, quando col tempo e con la pratica ho scoperto che è uno sport che crea forti legami con le per persone che ti circondano. Mi sono poi resa conto che non riuscirei a praticare uno sport di squadra, ho bisogno di pormi obiettivi individuali e cercare in tutti i modi di raggiungerli. Penso che la scherma sia lo sport perfetto per me”.

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Dopo questa… schermaglia iniziale, alcune mosse nella comprensione della disciplina… “È una disciplina che comprende tre armi, fioretto, spada e sciabola. Nel fioretto puoi toccare solo il busto, nella spada tutto il corpo, mentre nella sciabola si colpisce a partire dalla vita in su, testa e braccia comprese. Lo scopo è cercare di toccare con l’arma l’avversario, di trovare la mossa contraria alla sua. Io faccio fioretto e a differenza della spada, dove il punto viene assegnato anche a entrambi se si toccano simultaneamente, qui ci sono attacchi, parate, risposte, diverse precedenze e il punto lo prende chi è all’attacco. Queste diverse mosse si apprendono in palestra, durante gli allenamenti, dove ci si prepara ad af affrontare un assalto, ad attaccare, a fare la contromossa e a cercare di toccare”. Allenamento, gara. Come vivi la competizione? “Sono tendenzialmente molto nervosa, e se è vero che un po’ d’ansia ci vuole sempre, quest’anno sono arrivata a certe competizioni con lo sto-


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SCHEDA

biografica

Nome: Carlotta Cognome: Cimiotti Data di nascita: 16 settembre 1998 Nazionalità: svizzera / italiana Domicilio: Viganello Club di appartenenza: Circolo Scherma SAL Lugano Categoria: Cadetti Scuola: IV Media a Viganello Risultati: Campionessa svizzera fioretto Juniors (U20) nel febbraio 2012, Campionessa Lombarda (U13) nel 2011.

maco sottosopra per la troppa tensione. Mi pongo degli obiettivi e ho paura di non raggiungerli, per cui il giorno prima di una gara, soprattutto di quelle importanti, mi chiudo molto in me stessa. In gara poi, ad ogni punto urlo per liberare l’ansia e quando vinco l’urlo è ancora più forte perché mi sento realizzata, avevo un obiettivo e sono riuscita a raggiungerlo”. Carlotta Cimiotti vive in un tempo strutturato tra scuola, allenamenti settimanali in palestra e gare nazionali e internazionali. “Si arriva sempre a letto tardi la sera, però, diciamo che so organizzarmi, trovo sempre il tempo di studiare. Se sai organizzarti ce la fai, altrimenti è veramente difficile”. Stoccata finale relativa agli obiettivi scolastici e sportivi futuri. “L’anno prossimo voglio andare al Liceo scienti-

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fico con l’obiettivo futuro di studiare medicina. Per motivi di permessi federali (“la carta talento”, ndr) non so ancora se potrò entrare nella classe sportiva, che mi servirebbe molto, perché allenandomi anche a Como, dove il fioretto viene praticato con maggiore assiduità e dove vengo seguita dalla mia maestra Serena Pivotti, sarebbe difficile mantenere liceo e sport. Per gli obiettivi sportivi quest’anno so che sarà dura. Sono approdata nella categoria Cadetti, che comprende avversarie fino a tre anni più grandi di me, non mi aspetto quindi grandi risultati. Sull’arco di due tre anni spero di ottenere risultati nelle gare internazionali per essere selezionata a partecipare al “campionato europeo cadetti”. v

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in c las se

le candeline tengono

calda la torta Ora frequentano la prima media, ma quando li abbiamo incontrati per parlare di compleanno erano in quinta elementare a Savosa. testo Lorenza Storni - lorenza@illustrazione.ch foto Rémy Steinegger

Perché si festeggia il compleanno? Željko: perché si festeggia il giorno e il mese nel quale sei nato. Daria: per sapere quanti anni hai. Paul: perché è un momento speciale. Rebecca: perché tutti ti danno i regali.

Pablo: mia mamma, oltre alla torta con le candele, mi fa pensare ad un desiderio. Laura: le candeline si mettono sulla torta perché ogni candela rappresenta un anno… Giulia: ... e si spengono per far vedere che gli anni sono passati.

Perché si ricevono i regali? Gianluca: perché è un giorno speciale che non succede tutti i giorni. Shannon: per dimostrarti che è un momento speciale. Paul: per fare gli auguri. Jacques: per ricordare il momento della nascita. Pablo: si ricevono i regali perché la nascita è un giorno speciale.

Qual è stato, secondo voi, il compleanno più bello che avete festeggiato? Flora: è stato quello dell’anno scorso: abbiamo fatto la caccia ai coniglietti perché da poco era passata la Pasqua. Laura: è stato quello dell’anno scorso perché era di venerdì e io al venerdì vado a cavallo. Paul: il mio terzo perché coincideva con la data 3.3.2003 e siamo andati a sciare. Axel: nessun compleanno è stato più bello dell’altro. Rebecca: quello dell’anno scorso perché ho ricevuto un cagnolino e con le mie amiche abbiamo fatto una grigliata. Pablo: ogni anno il compleanno è sempre più bello perché vivo di nuovo. Jacques: nessuno perché ogni anno invecchio. Daria: i miei compleanni sono stati tutti belli. Denis: è stato quello dell’anno scorso perché siamo andati al cinema e poi i miei amici mi hanno fatto una festa a sorpresa. Shannon: io credo che sia stato il mio primo perché sono nata.

Come mai si fa la torta con le candeline? Angelo: mia mamma mette le candeline per sapere quanti anni compio. Sara C.: perché è un momento speciale e la torta non si mangia tutti i giorni. Gianluca: ai compleanni c’è la torta perché è qualcosa che piace a tutti e le candeline fanno più bella la festa. Shannon: per passare un bel momento insieme e divertirsi a spegnerle. Jacques: mia mamma per tradizione mette le candeline per tenere calda la torta e per vedere quanti anni si ha.

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Danilo Axel

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Željko

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Conoscete persone che non festeggiano il compleanno? Laura: ad esempio in Senegal ci sono persone che non festeggiano perché non sanno quando sono nate. Denis: certi adulti non lo festeggiano perché pensano che è un po’ da bambini. Axel: secondo me quasi tutti gli adulti non festeggiano il compleanno perché forse hanno per perso vivacità. Rebecca: mio cugino e mia cugina non festeggiano perché vivono in un piccolo paese dove ci sono solo vecchi. Gianluca: mio papà compie gli anni lo stesso giorno di mio fratello, quindi non ci fa caso. Sara P.: mio zio Riccardo non festeggia perché dice che diventa vecchio. Gianluca: io credo che siano gli anziani a non festeggiare più, forse perché si vergognano dell’età che hanno ed anche perché a loro non piace più il caos.

Sara P.

Danilo: a me sono piaciuti tutti: ho festeggiato a casa, al bowling e in piscina. Sara C.: secondo me il compleanno più bello è passarlo con gli amici o i parenti. L’anno scorso ho ricevuto una gattina che era tanto tempo che desideravo. Gianluca: è stato l’anno scorso perché mi hanno fatto una festa a sorpresa e abbiamo girato un film di fantascienza. Sara P.: l’anno scorso perché ho festeggiato da mio papà con i miei parenti e i miei cugini. Giulia: a me sono piaciuti particolarmente i 5 e i 10 anni perché li ho festeggiati sia qui, sia in Sicilia dove vado in vacanza. Angelo: io credo che fosse il compleanno dei 7 anni perché c’erano tutti i miei amici nascosti e mi hanno fatto una sorpresa. Željko: è stato l’anno scorso perché io e il mio amico abbiamo invertito le date dei nostri compleanni e li abbiamo festeggiati così.

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bianco Percorrere con gli sci la strada della Tremola d’inverno è un’avventura che porta lontano: in altri tempi, in altri luoghi della mente - in paesaggi reali ed immaginari. testo e foto Giosanna Crivelli - giosanna@illustrazione.ch

LA MEMORIA Ricordo quei libri di grandi dimensioni, dalla copertina di cuoio vissuto, preziosamente conservati in un armadio del Museo Nazionale del San Gottardo: la testimonianza dei viaggiatori che sono transitati sul Passo del San Gottardo, in tempi in cui d’inverno il passaggio era una sfida contro le intemperie ed ignoti pericoli. Per decine di migliaia di persone ogni anno, l’Ospizio era la meta intermedia di viaggi d’emigrazione, di commercio, di pellegrinaggio, dal sud ad un differentemente esotico nord, o viceversa. Ricordo la carta giallognola, le scritte calligrafiche, l’elenco di luoghi di partenza e di luoghi d’arrivo. L’accenno di storie, con un inizio certo e un finale ancora tutto da scrivere e da vivere. Ricordo le vecchie stampe, rappresentazioni di montagne dall’aspetto minaccioso e contorto, viaggiatori e animali da soma immersi nella neve, in bilico sull’orlo del precipizio. Ricordo il percorso estivo della Tremola, quell’immagine inconfon-

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dibile di una strada perfettamente adattata alla configurazione del terreno, le ritmiche serpentine, il disegno dei grigi dadi in granito del pavé, la cura del dettaglio: un gioiello incastonato nel paesaggio. IL VIAGGIO L’odierna salita non è più dettata da necessità e non è più caratterizzata da insormontabili ostacoli. Nulla sul percorso è ignoto, eppure l’ascesa invernale ha le sue incognite, ha un suo particolare richiamo e risponde ad un’attrazione da esplorare. La rappresentazione topografica del percorso è dapprima un intreccio, in seguito un susseguirsi di linee curve, di strade costruite in differenti periodi come risposta a differenti necessità. Seguire la strada passo per passo porta in una dimensione non solo spaziale, ma anche storica. La Tremola inizia a Motto Bartola, tra edifici militari. È la strada minore, meno appariscente, contrapposta ai segni dominanti della


strada nuova, che ripetutamente divide la visuale. Qualche cento metri più in alto la distanza relativizza l’occupazione spaziale degli elementi costruiti. Alle proprie spalle la vastità panoramica della Leventina, davanti, appena dietro all’angolo, il restringimento della Val Tremola, delimitata da ripidi versanti. A segnare l’entrata nella valle è un edificio in cemento armato, il pozzo di ventilazione del Motto di Dentro, opera dell’ar dell’architetto Rino Tami. La sua forma è inserita nel paesaggio con consapevolezza, e riflette il concetto estetico-funzionale unitario che magistral-

mente caratterizza la costruzione autostradale in Ticino. È l’accento iniziale di un dialogo tra natura e cultura. Dopo aver attraversato il Ponte di Mezzo il percorso prosegue sul lato orografico sinistro e, appena oltre, inizia la serie di 24 ser serpentine per superare un dislivello di 300 metri, ed arrivare al valico. IL PAESAGGIO La neve mette in evidenza o nasconde. A tratti sottrae alla vista gli elementi antropici, a tratti ne rivela le forme essenziali. I paracarri in pietra

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rep or t age

modulano il percorso, da vicino con forza materica, da lontano con leggerezza concettuale. Per il racconto di questo paesaggio è la giornata giusta: il cielo è color neve, nessun riflesso, nessuna ombra, nessuna tonalità di colore deviante, solo il colore proprio degli oggetti. Vi è purezza e nessun cliché paesaggistico. “Il bianco ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto... È la giovinezza del nulla, o meglio un nulla prima dell’origine, prima della nascita”, così scrive Kandinsky in relazione al colore bianco. Ogni luogo ha una sua inconfondibile indivi-

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dualità, definita da limiti dati dalla configurazione del territorio, ma anche da quell’insieme di elementi culturali e percettivi, che creano l’equilibrio tra oggettività e soggettività. Nella percezione è inconsciamente presente lo stato primordiale del paesaggio, quello precedente ad ogni intervento umano. Ed è questa sensazione che il paesaggio può trasmettere, quella di un ritorno all’origine. Ed è questa l’attrazione da esplorare. L’annullamento dei confini data dalla neve, associata alla veduta ristretta della valle, senza un orizzonte, porta ad ampliare i la visione. Concetti indefinibili, poiché assoluti, quali l’infinito, l’eterno, la solitudine, il silenzio, la caducità diventano sensazioni reali, per brevi attimi.


IL VALICO La salita verso un valico è diversa dalla salita verso una vetta. Il valico non è un ostacolo, ma un passaggio, non è la meta finale da cui ridiscendere, ma la promessa di un oltre, di un cambiamento, l’espressione di una potenzialità. È un punto neutro, di arrivo e di partenza allo stesso tempo. È uno spazio tra le montagne, che invita alla sosta. È un luogo del ringraziamento, fin lì si è arrivati. È l’incontro di uno spazio ver verticale con uno orizzontale. Proprio per questo contrasto, è uno spazio che dà valore all’idea di

spazio, e che risponde al bisogno di vastità. È l’incontro tra immanenza e trascendenza, tra la ricerca della sicurezza e quella dell’ignoto. E basta una nebbia improvvisa e insondabile per annullare ogni pensiero e far sentire al centro di un fragile universo, senza orientamento, parte del tutto, cielo, terra, acqua, aria, rocce. v Corsi di fotografia con Giosanna Crivelli Informazioni e programma: tel. 091 994 85 17 info@fotolife.ch - www.fotolife.ch

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delle mie... trame Sarà che un giorno si presenta uno specchio, mostrandoci quello che non sapevamo di essere, quello che potremo diventare, quello che siamo. E voi? Quali pregi e difetti riflette il vostro specchio di casa? testo Marco Ortelli e Ti-Press - marco.o@illustrazione.ch foto Ti-Press

gio e r p n u liata è g a o b t s t e a Il dif sulla strad

Doris Rigoni, 56 anni, casalinga, Galbisio: “Spesso e volentieri faccio le cose all’ultimo momento, ma un mio pregio è la pazienza”.

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Virginia Capella, 77 anni, contadina, Piano di Magadino: “Un mio difetto è che sono tanto golosa di dolci! Ma ho il grande pregio di essere paziente e di saper sopportare tutto”.

Erminia Iacano, 53 anni, contadina, Gordola: “Mio marito dice che brontolo sempre! Un mio pregio? Sicuramente sono una grande lavoratrice”.

Eden Alemayehu, 34 anni, esercente, Bellinzona: “Non sopporto la maleducazione e il mio pregio è la semplicità e il rispetto dell’essere umano”.


Paola Cancino, 44 anni, impiegata, Arbedo: “Non sopporto l’ipocrisia e il mio pregio è la positività”.

Aldo Mariotti Nesurini, 51 anni, fiorista, Gnosca: “Il mio difetto è che non vado mai a letto: sono un nottambulo! E posso dire che il mio pregio è la precisione”.

Andrea Zinzi, 20 anni, aspirante musicista, Rancate: “Fatico ad ammettere alcuni sbagli. Il mio pregio: sono determinato se si tratta di raggiungere obiettivi importanti!”.

Prisca Brown, 24 anni, designer, Montagnola: “Un difetto? In generale ho le mani bucate. Sorrido spesso, quindi come pregio direi che sono una persona solare”.

Deborah Robbiani, 41 anni, insegnante, Mendrisio: “Un mio difetto è la permalosità. Un mio pregio, essere molto tollerante e paziente soprattutto con i bambini”.

Dario Milauro, 29 anni, postino, Vacallo: “Sono un po’ permaloso; un pregio è quello di essere buono: ho molta pazienza e spesso in certe situazioni lascio correre”.

Nathalie Etter, 30 anni, maestra di lavoro manuale, Sala Capriasca: “A volte mi ritrovo a strafare. Ma sono una per persona entusiasta e aperta nei confronti della vita!”.

Edith Lazzaretti, 70 anni, pensionata, Massagno: “A volte sono troppo impaziente: mi piace che le cose succedano in fretta. Sono però molto buona con gli altri”.

Fabio Deluigi, 67 anni, pensionato, Gravesano: “Spesso reagisco in maniera impulsiva, questo è il mio difetto. Devo dire che il mio pregio è il mio carattere: anche perché sono del Sagittario”.

Ilaria Antonietti, 29 anni, cameriera, Sala Capriasca: “Un mio difetto? A volte ho la testa un po’ per aria. Ma il mio pregio è riuscire a giocare con i miei difetti!”.

Fabio Ponzi, 45 anni, giardiniere, Canobbio: “La pigrizia è il mio difetto. Il mio pregio è la correttezza: e come lo sono io, apprezzo che le altre persone lo siano con me”.

Muriel Hendrichs, 28 anni, biologa, Vaglio: “Purtroppo non ho ancora imparato che la giornata non è fatta di 48 ore! Il mio pregio è che sono allegra, solare”.

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i n vi aggi o

che confusione

sul bus Giungo a Ondangwa, nel remoto nord della Namibia. Chiedo aiuto alla signora africana che siede accanto mostrando il foglietto col nome della pensione che cerco. In brevissimo tempo il foglio passa di mano in mano e la discussione sul bus si fa animata. testo e foto Roberto Schneider - roberto.s@illustrazione.ch

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DIECI ORE DOPO SOWETO MARKET Certo che ora ognuno della cinquantina di africani che ha trascorso con me le dieci lunghe ore di viaggio su questo tutto sommato dignitoso, seppur vetusto e caldo bus namibiano, sa dove passerò la prossima notte. O meglio, dove vorrei trascorrerla, perché pur essendo il mio problema oramai divenuto di dominio pubblico e aver suscitato animate discussioni e un incredibile intreccio di domande, pare proprio che nessuno per finire sia in grado di dire all’autista dove scaricarmi. Mentre un poco spaesato, quasi imbarazzato per tanta simpatia, vengo sopraffatto dall’autentico “caos” causato dalla mia persona, noto per puro caso poco lontano un cartello indicatore col nome della pensione che cerco. Non senza fatica riesco a farlo notare all’autista. Non solo lui pare prenderne atto con felicità e un certo sollievo, bensì anche tutti i passeggeri. La signora accanto addirittura si scusa per lo scarso aiuto datomi, dicendo che la maggior parte di loro non è di quel luogo. Abbandono dunque il veicolo accompagnato da calorosi saluti, strette di mano e cenni amichevoli. Fino a quel momento non mi ero assolutamente accorto di quanta simpatia la mia presenza su quel bus aveva suscitato. Pur essendo stato l’unico bianco della “compagnia”, avevo avuto l’impressione al contrario di non suscitare alcuna particolare curiosità. Tutto era iniziato di primo mattino quando mi ero recato alla stazione dei bus a lunga distanza di Soweto Market di Windhoek, seguendo le indicazioni di Sam, un impiegato della pensione dove avevo alloggiato che proveniva dal nord della Namibia. Era stato l’unico in grado di darmi informazioni su come proseguire il viaggio, incuriosito, ma nel contempo pure inorgoglito dal fatto che volessi viaggiare come viaggia il novanta per cento dei namibiani, cioè quelli di pelle nera, che non posseggono auto, né tanto meno possono aggregarsi a tour operator turistici locali. MA VIAGGIANO SOLO LE DONNE? Nella confusione della piccola stazione di Soweto Market avevo seguito diligentemente i vari flussi di persone, affidandomi alle cortesi informazioni del personale di servizio. Mi ero dapprima mes-

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i n vi aggi o so in fila per pesare - e quindi pagare - il bagaglio, poi avevo pazientemente atteso in colonna davanti al vano mercanzia del bus il mio turno per deporre lo zaino nel giusto scompartimento - a dipendenza della destinazione. Per finire mi ero messo in fila per salire sul bus, qui invero era stato tutto molto più caotico. Inizialmente mi ero comportato da vero gentiluomo, lasciando prima salire le signore e collezionando una lunga serie di sorrisi, fino a quando non mi ero reso conto che praticamente tutti i passeggeri erano donne e che se avessi proseguito nella mia attitudine avrei rischiato di non trovare più posto. Per finire i rappresentanti di sesso maschile sul veicolo sono infatti risultati solo tre, me compreso. Ad una fer fermata successiva ne avevo chiesto la ragione ad uno di essi che ridendo mi aveva risposto che “le donne in Namibia viaggiano molto, sono sempre in giro a far visita ad amici e parenti… lui invece sta andando ad un funerale”. Quello che è certo è che le donne africane sul bus sono decisamente chiacchierone e molto allegre. Scherzano spesso tra di loro e mi paiono molto serene. Non le turba di certo il caldo, né il lungo viaggio. Mangiano, dormono e allattano i bimbi che si attaccano a fatica ma pazientemente ai capezzoli materni anche quando la strada è sconnessa e il bus sobbalzante. Oltre i confini di Windhoek le strade sono

tutte dritte, si percorrono decine di chilometri senza una sola curva e il traffico è molto scarso. Immense tenute e pascoli si susseguono in un paesaggio monotono, scarno, con la savana che si alterna a rare e basse colline. Tutto cambia oltre la cosiddetta “linea rossa”, una sorta di curioso confine - con posto di controllo - all’interno del paese che ufficialmente vuole essere una protezione contro epidemie, in pratica divide però l’Africa delle grandi tenute dei bianchi da quella di piccoli villaggi di casupole di terracotta dei neri, i tipici “craal” del nord del paese. Qui vi sono pure palmeti e più verde. LA PENSIONE È CHIUSA? Mi fermo dunque a Ondangwa, 700 km più a nord di Windhoek. Sceso dal bus mi ritrovo solo lungo uno stradone immenso costeggiato su entrambi i lati da una striscia di sabbia fine e bianchissima. Dove finisce la sabbia vi sono casupole basse, piccoli commerci, alcune bancarelle e rare automobili. La località mi appare decisamente amena, tutto sembra distante, ampio e mi ricorda vagamente i paesini dell’entroterra americano. Qui però non vedo alcun fast food né sale giochi. Non mi rimane che seguire il cartello che indica la direzione nella quale c’è, o meglio dovrebbe esserci la pensione. Dopo poDesolati commerci lungo la via principale.

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Giochi all’entrata della “Towmship”.

chi passi mi ritrovo in una via laterale tranquilla, non c’è nessuno attorno, solo alcuni ragazzi che giocano con dei modellini di veicoli costruiti con fili di ferro. Mi dicono che la pensione è lì davanti a me, dove c’è un grande cancello… che però è chiuso. Provo a chiamare, ma poi i

ragazzi mi consigliano di telefonare, il numero è scritto sulle inferiate. Nessuno risponde nemmeno al telefono. Presto il sole calerà e non ho molto tempo per cercare un giaciglio alternativo, ma proprio quando sto per desistere vedo una persona nel giardino della pensione. È François, il figlio del proprietario che appare decisamente sorpreso di vedermi, non devono essere dunque molti gli ospiti di questo luogo. Mi accoglie con molta cortesia anche se appare un poco assonnato dicendomi che presto arriveranno anche i genitori e si occuperanno di me. Con altrettanto calore mi accolgono i due cani di casa. Il primo è una bestia immensa, due gambe potenti, la testa gigantesca e la leccata di saluto fin troppo generosa. Il secondo è un bastardino di pochi chili, vivacissimo e molto simpatico. Molti altri esseri viventi non ne vedrò in quel luogo, ma l’accoglienza che avrò nei giorni successivi da parte di Clemens e di sua moglie, i genitori di François, sarà paragonabile solo a quella di un amico di lunga data. Continua. v

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fibromi quando intervenire Sono tumori benigni, silenziosi, di solito scoperti per caso. Diventa opportuno un trattamento, solo nei casi in cui recano disturbi o possono compromettere una futura gravidanza. testo StĂŠphanie Castiglioni Scatizza - stephanie@illustrazione.ch

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fibromi uterini sono i più comuni tumori benigni ginecologici: colpiscono più di 2 donne su 10 in età fertile. Di solito non sono pericolosi e non ci si rende neanche conto della loro presenza, ma in alcuni casi possono provocare disturbi e complicazioni, tali da rendere necessario un trattamento. “Le cause dei fibromi uterini non sono del tutto chiarite - spiega il dr. Andrea Scatizza, specialista F.M.H. in ginecologia ed ostetricia a Lugano -. Sappiamo che esiste una predisposizione familiare e che il loro sviluppo risente dell’influsso degli ormoni estrogeni. Ciò spiega perché siano frequenti in età fertile, mentre dopo la menopausa si assiste spesso a una loro progressiva regressione spontanea”. Cosa sono i fibromi? “Innanzitutto bisogna dire che si può parlare indifferentemente, ai fini pratici, di leiomiomi, fibromi o miomi uterini e rappresentano i tumori

solidi più comuni dell’apparato genitale femminile, in pratica si tratta di un ispessimento, un ingrossamento delle fibrocellule muscolari lisce dell’utero. La sfumatura tra le terminologie esiste unicamente da un punto di vista istologico. È certamente importante ricordare che sono tumori benigni, la cui trasformazione maligna è fortunatamente molto rara”. Qual è l’incidenza? “Nelle donne in età fertile varia tra il 20 e il 50%, una percentuale che con l’inizio della menopausa diminuisce notevolmente. L’utilizzo in menopausa di una terapia ormonale sostitutiva, può farne riprendere la crescita. L’utilizzo di una terapia estro-progestinica (anticoncezionale), può invece in molti casi ridurre la crescita fibromatosa durante l’età fertile. I fibromi sono clinicamente rilevabili con sempre maggiore frequenza nelle donne che hanno superato i 20 anni e raggiungono

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la maggiore incidenza verso i 35-45 anni”. Dove si sviluppano? “Le loro dimensioni possono variare da pochi millimetri a diversi centimetri; possono essere singoli o multipli e variamente localizzati. Par Parliamo di fibromi “sottosierosi” quando hanno uno sviluppo superficiale rispetto alla parete uterina, “interstiziali o intramurali” quando si localizzano tra superficie e cavità intra uterina e “sottomucosi o intracavitari” nel caso in cui si sviluppano verso l’interno della cavità uterina stessa deformandola. I fibromi possono essere spesso motivo d’infertilità, per difficoltà di annidamento dell’ovulo fecondato nel caso di fibromi sotto mucosi/intracavitari oppure di aborti o parti prematuri per quelli intramurali. Essendo ormono dipendenti i fibromi, duran-

te la gravidanza, tendono infatti ad aumentare di volume. Un eventuale fibroma intramurale di dimensioni importanti o uno intracavitario, anche se più piccolo, possono essere un’indicazione per l’asportazione chirurgica in caso di desiderio di gravidanza”. Quali disturbi possono apportare? “La maggior parte delle pazienti affette da fibromi uterini è asintomatica. La diversa sintomatologia che comunque li caratterizza è correlata alla localizzazione, alle dimensioni e anche all’età della paziente. L’eccessivo sanguinamento uterino (ipermenorrea), è spesso l’unico sintomo. La donna racconta di una mestruazione più lunga e abbondante, che si protrae anche per giorni e che può portare ad una progressiva anemizzazione. È possibile

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La domanda durante la menopausa: inoltre avvertire un senso di peso “al basso ventre”, un senso di “compressione” sulla vescica o sul retto, sintomi urinari, tenesmo, costipazione o dolori. Due eventi effettivamente importanti ma rari da considerare, sono la necrosi e la trasformazione maligna che avviene, come detto, in casi rarissimi”.

Sudorazione eccessiva?

«La maggior parte

Come viene diagnosticato un fibroma? “La diagnosi viene effettuata mediante un’attenta visita ginecologica, che può evidenziare un utero deformato, duro e aumentato di volume. In seguito si passa al controllo ecografico, strumento indispensabile in grado di definire il numero, le dimensioni e la localizzazione dei fibromi stessi”.

delle pazienti affette da fibromi uterini è asintomatica»

Come si interviene quando i fibromi diventano “sintomatici”? “Purtroppo non esiste una cura farmacologica efficace. Esistono prodotti (agonisti GNRH), che possono essere utilizzati per ottenere una riduzione momentanea ai fini di una chirurgia endoscopica successiva più semplice. Sotto i 3-4 centimetri l’intervento di miomectomia si esegue solitamente in laparoscopia. Per dimensioni maggiori, soprattutto se c’è un futuro desiderio di gravidanza e il fibroma arriva in prossimità della cavità uterina, è preferibile la laparotomia. Per i fibromi invece intracvitari/ sottosierosi di volume relativamente piccolo, l’isteroscopia è ormai il mezzo più efficace, mediante il quale è possibile diagnosticarli ed eventualmente eliminarli direttamente. La chirurgia addominale (laparoscopia) invece, è la prassi per il trattamento di fibromi sintomatici, che causano disturbi quali ipermenorreemenorragie anemizzanti o che provocano dolori o disturbi dovuti alla compressione su organi vicini o che danno segni di degenerazione, di necrosi o che, ovviamente, in casi rari sono diventati maligni”. v

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undalle laboratorio prestazioni lampo Abbiamo provato il prototipo, tutto ticinese, realizzato a Riva San Vitale e nato dall’evoluzione di un programma a emissioni zero. Si chiama Lampo 3 e grazie ai suoi tre motori, sviluppa 570 cavalli che permettono di raggiungere i 220 km/h e accelerare da 0 a 100 km/h in 4,5 secondi! testo Stefano Pescia - stefano@illustrazione.ch foto Gabriele Campeggio

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ella zona industriale di Riva San Vitale, un piccolo costruttore, la Protoscar SA, realizza i suoi progetti che sono stati concepiti nella sede principale di Rovio. Idee e realtà che si evolvono con la stessa discrezione di chi ha acquisito una solida esperienza internazionale con i diversi protagonisti del mercato mondiale dell’automobile. Un’azienda dinamica come il suo fondatore Marco Piffaretti, tanto che nel settore della mobilità elettrica rappresenta un fiore all’occhiello per il nostro Cantone e una finestra di raffinata tecnologia che si apre verso il mondo dei grandi colossi dell’industria automobilistica. Dopo il prototipo Lampo 2, una spider presentata al Salone di Ginevra del 2010, due anni dopo arriva la Lampo 3. È uno studio di una coupé 2+2 con tetto rimovibile realizzata con tanta originalità come la sua tecnologia. “La Lampo 3”, afferma Marco Piffaretti, “è la prima sportiva elettrica a essere stata sviluppata partendo da un foglio bianco e non da una piattaforma di un modello già in produzione. Una soluzione che ha permespermes so di evidenziare due aspetti in particolare: da una parte quello di evitare di sacrificare lo spa-

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zio per i passeggeri e i bagagli e dall’altro quello di trovare una posizione ideale per collocare le batterie agli ioni di litio nel tunnel centrale. Quest’ultimo è un aspetto fondamentale che influenza positivamente la sicurezza offrendo alla vettura una maggiore stabilità e nel contempo un ottimizzazione della distribuzione dei pesi”. Lampo: l’evoluzione della tecnologia di domani? “La vettura da voi provata è il terzo esemplare di un progetto iniziato alcuni anni fa proprio con la Lampo 1 e 2”, osserva Piffaretti, “per imparare e trasmettere il meglio sulla Lampo 3, che ha già percorso oltre 50’000 km su ogni tipo di percorso e nelle quattro stagioni”. Una vettura laboratorio che, per evidenti ragioni di costo, non vedremo certamente mai realizzata in serie. Quello che però è sicuro è che i test alle sue componenti permetteranno di trasportare le soluzioni all’avanguardia sulle vetture che animeranno il mercato nei prossimi anni. Un progetto legato al successo delle energie rinnovabili al quale lavora un gruppo composto da aziende italiane, francesi, tedesche, austriache e svizzere

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La Lampo 3, un laboratorio di auto elettrica sbalorditivo; tutto da scoprire!

come la Brusa che, in particolare con l’introduzione alcuni anni fa delle batterie al litio, ha in parte risolto positivamente il grosso problema dell’autonomia e del tempo di ricarica. Batterie che sono dotate di tutti i dispositivi di sicurezza: controllo singola cella alla carica e scarica, protezione bipolare, in due fasi di controllo e di monitoraggio dell’isolamento. Grazie ad un procedimento brevettato di totale resistenza interna la tensione è ridotta al minimo, in modo che ad alte prestazioni può essere eseguito senza surriscaldamento della batteria. Un ulteriore impor importante contributo nella competente assistenza allo sviluppo del progetto lo ha offerto fin dall’inizio anche Alpiq, partecipando alla realizzazione di stazioni di ricarica per il settore privato e quello pubblico con software e hardware adattabili ad un modello specifico di automobile, alla presa e alla rete elettrica di una determinata nazione. Ma per apportare un significativo passo in avanti al progetto, sarà soprattutto indispensabile una

chiara posizione di scelta dei tipi di energia, che dovranno essere applicati per la mobilità di domani, da parte dei politici. Per chi è al volante è un’emozione curiosa, che lascia sbalorditi. Siamo pronti ad accomodarci nell’abitacolo della Lampo 3, vettura che recentemente ha avuto anche l’occasione di partecipare a dei test per veicoli alternativi che si sono svolti nell’ambito della recente 24 Ore di Le Mans con al volante il pilota luganese Gabriele Gardel. Due chiacchiere con l’ingegnere Alessandro De Guglielmo che ci spiega tecnicamente la vettura. La Lampo 3 dispone di trazione integrale, di tre motori elettrici, uno all’anteriore e due collegati alle ruote posteriori. Insieme sono tutto un programma: una potenza complessiva di 570 CV, 900 Nm di coppia e un nuovo pacco di batterie da 42 kWh. Numeri che permettono alla vettura ad emissioni zero di scattare da 0 a 100 km/h in 4,5 secondi e di raggiungere i 220 km/h. A dominare l’abitacolo è il silenzio e il vento che

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A sinistra: una mappetta formato A4, spessa pochi millimetri. È una delle 200 batterie del nuovo pacchetto della Lampo 3. In alto: un efficiente carica batterie. Per saperne di più: www.elettricitaperdomani.ch

vi accarezza i capelli. Nella Lampo 3 il termine efficienza si concretizza anche nella facilità di gestire la guida. La leva del cambio si posiziona nel senso di marcia in avanti (D) oppure nella retromarcia (R). L’asso nella manica di questo bolide di 4.28 metri di lunghezza, dal peso a vuoto di soli 1’700 kg, è la magia di un piccolo pulsante all’interno del cruscotto che, come uno stimolatore cardiaco, moltiplica le possibilità di accelerazione della vettura. Soprattutto premendo a fondo il pedale dell’acceleratore lungo un rettilineo, la vettura ha una ripresa da lasciar lasciarvi senza parole. Una sensazione di accelerazione da supersportiva, che mozza il fiato. È ancora più impressionante considerando che il modello è elettrico, scoperto e quindi il suono del vento morde il silenzio dell’abitacolo. Pochi secondi e il contachilometri batte tutti i limiti di velocità. L’autonomia dichiarata con un pieno di energia è pari a circa 200 km mentre la ricarica può avvenire con diverse modalità. Per esempio, con il sistema Brusa NLG6 si possono utilizzare prese a corrente alternata, prese domestiche monofase ed industriali trifase, mentre il caricabatterie AAB di bordo è in grado di gestire le ricariche a corrente continua (secondo lo standard CHAdeMO), che consente di recuperare un’autonomia di 100 km in soli 10 minuti! v

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o ro scopo PREVISIONI PER LA PRIMA METÀ DI OTTOBRE 2012

g ARIETE 21/3 - 20/4

h TORO 21/4 - 20/5

i GEMELLI 21/5 - 21/6

j CANCRO 22/6 - 22/7

Considerato che Urano è sempre stazionario nel vostro segno, sostenuto dal buon Giove ma in forte tensione a Plutone, aspetto che spinge a produrre drastici cambiamenti, anche indipendenti dalla vostra volontà, a favore avrete, dal giorno 7.10, un focoso Marte, per cui siate disposti anche a lasciare ambienti, colleghi o amici per intraprendere nuovi per percorsi, scoprire altri potenziali, che saranno più appaganti. Non mettete il denaro al primo posto! Può darsi che un viaggio insolito possa risvegliare in voi altri interessi. E l’amore? Single siate pronti a incontri importanti. Salute: ideali sport e ginnastica ritmica.

Se da una parte Venere passa in posizione a voi favorevole, sostenuta dal potente Plutone, che vi regala un fascino insolito, dall’altra il passaggio di Mercurio e Saturno in Scorpione, vostro segno opposto, potrà procurarvi qualche preoccupazione fastidiosa, sia nella vita lavorativa che privata. A dispetto del vovo stro segno che vi vuole materialisti, Nettuno dai Pesci risveglia in voi anche l’aspetto spirispiri tuale e l’interesse per il mondo esoterico, che può offrire risposte più complete rispetto ai dogmi e alla scienza classica. Salute: bene lo sport, la danza ritmica, la musicoterapia e i massaggi bioenergetici per un benessere globale.

Sarà grazie alla buona posizione di Sole e Giove che riuscirete ad affrontare abbastanza bene questa prima metà del mese visti gli altri aspetti astrali critici, in particolare penso a Marte, che dal giorno 7.10 passerà in opposizione, invitandovi alla massima prudenza negli spostamenti, nei viaggi e nello sport. Attenzione alla velocità. Nella coppia provoca invece qualche turbolenza a voi della 1. decade. In effetti anche Venere e Nettuno dissonanti suggeriscono di evitare avventure e flirt che lasciano strascichi negativi. Possibili preoccupazioni per la salute di un familiare non escluse. Prudenza nelle spese. Salute: liberatevi da vizi nocivi. Ecco per voi un inizio interessante nonostante gli aspetti critici fra Sole-Plutone e Urano. A vostro favore avrete Mercurio e Saturno che entrano in Scorpione, in ottimo aspetto a Nettuno, formando un bel trigono d’acqua, che risveglia i vostri potenziali sensitivi, le vostre doti psicologiche e la fantasia. PrestaPresta te attenzione ai sogni. Risveglio di memorie passate. Inoltre regala maggiore profondità ai sentimenti. Un incontro importante può cambiare la vostra vita. Lasciatevi alle spalle il passato e guardate oltre. Buone prospettive nel campo lavorativo grazie a collaborazioni vantaggiose. Salute: Rinascita. Bene yoga e meditazione.

k LEONE 23/7 - 23/8

l VERGINE 24/8 - 22/9

a BILANCIA 23/9 - 22/10

b SCORPIONE 23/10 - 22/11

testo Cloris Sciaroni cloris@illustrazione.ch

Venere lascia il vostro segno il giorno 3.10 ma in cambio avrete a favore un ottimo Marte dal giorno 7 che, grazie al supporto di Urano e Giove, vi regalerà grande energia e intraprendenza in tutto quel che fate, fino all’esagerazione. Attenzione a non scontrarvi con uno Scorpione visto che Mercurio e Saturno vi saranno ostili a partire dal giorno 5.10 segnalando turbolenze importanti. I conflitti di potere possono essere distruttivi sia nel privato sia negli affari. La diplomazia sarà la migliore arma. Salute: concedetevi il giusto riposo. Ne guadagnerà il cuore. Per i più intraprendenti ideali il kung fu e il chi gong.

Aspetti astrali contrastanti segnalano che dovrete essere molto attenti nel gestire il vostro tempo, le vostre energie, i vostri soldi in questa prima parte del mese. Molto favoriti saranno i settori della medicina, della ricerca, della psichiatria e dell’ambiente, purché aperti alle innovazioni, all’aspetto olistico-alternativo, visto che siamo sempre più esposti ai danni fisici e psichici. Molta attenzione richiede l’alimentazione e la spesa. Si spreca troppo in tutti i sensi. Vale anche per la tecnologia. E se amate gli animali proteggeteli e diventate vegetariani. E l’amore? Gli astri spingono verso storie più profonde e durature. Salute: analizzate i vostri sogni.

Il mese inizia con l’opposizione Sole-Urano che porta qualche turbolenza nella vita affettiva, ma che potrebbe anche provocare qualche rottura di contratto. A favore avrete però un buon Giove e, dal 7.10 anche un bel Marte focoso, che regala dinamismo, intraprendenza e voglia di conoscere altre culture, altri popoli, altre filosofie. Documentatevi tramite Internet, conferenze, libri e scoprirete mondi nuovi. E per quanto riguarda gli affetti, Venere dalla Vergine rende un po’ troppo selettivi e mentali, lasciate parlare il cuore. Salute: danza sportiva, massaggi orientali e tai-chi quan per mantenersi in forma oltre a un’alimentazione sana. Inizio assai interessante per voi, con Mercurio e Saturno che entrano nel vostro segno, for formando buoni aspetti con Venere che passa in Vergine e Plutone sempre in Capricorno! Si tratta di energie potenti che dovrete sfruttare con intelligenza, perché saranno molto vantaggiose. Innanzitutto donano un fiuto eccezionale negli affari ma anche nella psicologia, nell’analisi, nell’investigazione. Inoltre risvegliano anche interessi occulti. Se saprete uniuni re scienza a spiritualità sarete vincenti. Così anche in amore se i vostri sentimenti sono profondi. Salute: sport, kung fu, chi-gong e tete rapie in acqua per rigenerare corpo e mente.

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il futuro secondo i ching

Affidarsi alla lettura dei Ching per conoscere il proprio futuro ormai è diventata una realtà per molte persone. L'antica arte della divinazione attraverso il Libro dei Mutamenti o Ching non è solamente un modo per conoscere le risposte circa il nostro futuro, consultare i Ching permette a ciascuno di noi di vedere ogni problema sotto diverse prospettive che normalmente non prenderemmo in considerazione. Questa antichissima filosofia inoltre insegna la pazienza, la tolleranza e la capacità di attendere la maturazione dei tempi. Interpretare i Ching però non è certamente semplice, in antichità infatti la divinazione veniva fatta utilizzando steli d'achillea che venivano messi sul tavolo e in seguito interpretati apportando i famosi mutamenti in base a come cadevano; stesso discorso valeva con le tre monete. Al giorno d'oggi sono state anche create delle carte che pur seguendo sempre fedelmente il medesimo criterio di lettura, rendono leggermente più accessibile la comprensione e la lettura stessa. Resta assodato che affrontare la lettura dei Ching da soli non è certamente semplice, è difatti sempre meglio affidarsi a persone esperte e preparate in questo settore che sapranno con certezza dare la giusta interpretazione a quanto carte o monete esporranno. Chiunque vorrà però provare un'esperienza indimenticabile, trovando una guida sicura che ci possa accompagnare nel cammino difficile delle scelte più o meno importanti, si renderà presto conto che seguire i suggerimenti dati dai Ching non solo renderà più semplice affrontare le scelte, ma permetterà anche di capire meglio e più a fondo il proprio animo rendendo le prospettive di vita più positive e serene. Provate anche voi a consultare un esperto nella lettura dei Ching e vi accorgerete che non esiste solo il bianco o il nero, ma un'infinita gamma di grigi che permettono di risolvere ogni problema in modo sostanzialmente diverso a secondo della sfumatura scelta; compito dei Ching è solo quello di farci vedere tutte queste sfumature lasciando a noi la scelta finale.

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PREVISIONI PER LA PRIMA METÀ DI OTTOBRE 2012

c SAGITTARIO 23/11 - 21/12

d CAPRICORNO 22/12 - 20/1

Inizio di mese abbastanza dinamico ma con qualche momento di frustrazione dovuto a Venere e Nettuno ostili. Marte entra nel vostro segno il giorno 7 e sarebbe anche positivo se non fosse ostacolato dai pianeti citati. Per ora sarete voi della prima decade ad essere coinvolti: Mercurio e Saturno dallo Scorpione vi invitano ad ascoltare di più con tutti i sensi prima di parlare e reagire. La mente ordinaria non può spiegare tutto. Giove opposto tocca voi della 2. decade e può inclinare all’esagerazione o a pretese eccessive vostre o del partner. Vale anche sul lavoro. Salute: rigenerigene rate mente e corpo con lo sport moderato e un’alimentazione sana. A parte l’ostacolo fra Sole e Urano che rende un po’ troppo nervosi, a favore avrete Venere dal giorno 3.10 e Mercurio e Saturno dal giorno 5, in ottimo aspetto a Nettuno, che indicano nuovi inizi o cambiamenti importanti per voi della 1. decade. Ascoltate quel fiuto eccezionale che vi aiuta a fare il passo giusto nel momento giusto. Eventuali sostegni arriveranno da donne, importante un’amicizia femminile! Novità anche da parte di figli! Un grande valore avranno gli affetti e i sentimenti purché evitiate di essere dominanti o manipomanipo latori verso i vostri cari. Concedete a tutti la libertà che pretendete per voi. Salute: ascoltate i segnali del corpo.

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e AQUARIO 21/1 - 19/2

f PESCI 20/2 - 20/3

Sole-Giove e Urano a favore stimolano la creatività, la libertà, la voglia di cambiamento, ma anche la ricerca di quell’equilibrio che il vostro temperamento trasgressivo e individualista fatica a trovare. Sebbene il passaggio di Mar Marte in Sagittario dal giorno 7.10 esalti il bisogno di evasione e di avventura, Venere e Nettuno vi sono ostili, per cui attenzione ai nuovi incontri e non buttate i soldi all’aria in cose superficiali. Più critici ancora saranno Mercurio e Saturno che, dal giorno 5.10, passano in Scorpione, segno con il quale non avete affinità. Voi libertini e l’altro geloso e possessivo. Salute: rispettate il vostro bioritmo.

Il vostro Nettuno riceverà i favori di Mercurio e Saturno dallo Scorpione il giorno 5.10 che è di buon auspicio per gli studi di psicologia, di biologia (anche marina), di scienza dell’alimentazione (Venere in Vergine) o nel campo socio-educativo. Con la vostra sensisensi bilità e intuizione sarete di supporto a chi è nel bisogno. Usate però anche queste doti per voi stessi, per comprendere quali terapie scegliere, senza farvi condizionare dalla paura o dallo scetticismo e per essere più selettivi nelle amicizie, valutando quelle che aiutano a progredire. E in amore non fatevi sfruttare. Attenti alle spese, non buttate i soldi al vento!

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caccia al numero Quanti giorni impiegò Steven Spielberg per girare “Duel” il suo primo film? Risolvete il cruciverba e con le lettere nelle caselle contrassegnate dai numeri in rosso otterrete la soluzione. testo Daniela Sandrini - daniela@illustrazione.ch

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VERTICALI: 1. Tante sono le stazioni della Via Crucis 2. Congiungere 3. Idonea 4. Cattiva 5. La terra dei Boeri 6. Un numero che a molti non piace 7. Pari in tenda 8. Tanti sono gli amici di Biancaneve 9. Innalzare, erigere 10. Sdolcinato, affettato 11. I confini di Osogna 20. Burle 21. Austria e Germania 22. Una lava l’altra 23. Raggiante, felice 26. Giovani bovini 28. Indefinite unità di tempo geologiche 29. Tante sono le città che ospitano un museo Guggenheim 30. È ricercato per la pelliccia 34. Vi sguazza il ricco 37. Circolano in Europa 40. L’imbocco della strada 41. Grande nel cuore 43. In mezzo al mare 44. Mira al centro!

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ORIZZONTALI: 1. Quadragesimo, altrimenti detto 12. Oleosi 13. Se ne fanno lavagne 14. Robusto, prestante 15. Tra Mao e Tung 16. Preposizione semplice 17. Anno Domini 18. Si affiancano spesso ai quali 19. La bevanda che si filtra 20. È piccolo e nero! 23. Rosso a Londra 24. Mezza casa 25. Il punto in cui albeggia 27. Squadra madrilena 29. Il Tortorella dello Zecchino d’Oro 31. Doppio zero 32. Tanti sono gli angoli di un cubo 33. È bella ma stupida 35. Delfini di fiume 36. Nord-Est 38. Malate in poesia 39. Questa cosa 40. Sono il terrore dei mari 42. Un pianeta 44. Articolo maschile 45. Complice 46. Possono essere mancini.

La soluzione del numero precedente era: Pacinotti.


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