Heos.it n. 616 venerdì 10 Luglio 2015

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Anno

XIV

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COCHALPEC, NUOVI PANNELLI FV CONVERTONO L’ENERGIA SOLARE IN IDROGENO

AL LAVORO PER SCOVARE NANO-PARTICELLE NEGLI ALIMENTI

ENEA

LE ONDE,

IL PENDOLO E IL CONVERTER


Sommario PRIMO PIANO

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COMPUTER, IL FOSFORO NERO SARÀ IL "SILICIO" DEL FUTURO ATTUALITÀ

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IDROGENO, DA BIOMASSA PRODUZIONE SOSTENIBILE IN CALO TRA I GIOVANI IL CONSUMO DI ALCOL AMBIENTE

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LE ONDE, IL PENDOLO E IL CONVERTER ECCO GLI “HOT SPOT” DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO TECNOLOGIA

8 9 10

CYBERSECURITY: UNITRENTO E IIT-CNR ALLEATI VS MALWARE NANOLYSE, AL LAVORO PER SCOVARE NANO-PARTICELLE NEGLI ALIMENTI COCHALPEC, NUOVI PANNELLI FV CONVERTONO L’ENERGIA SOLARE IN IDROGENO SCIENZE

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PAPETS: FISICA QUANTISTICA FOTOSINTESI E OLFATTO UN COLLIRIO CONTRO LE MALATTIE NEURODEGENERATIVE SALUTE

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HELIX TRACCIA L’ESPOSIZIONE AI RISCHI AMBIENTALI D’ INIZIO VITA LA DISLESSIA SI MANIFESTA ANCHE SUL MOVIMENTO SPAZIO

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I LAMPI DI RAGGI GAMMA DROGATI DA PICCOLE STELLE “MAGNETAR” LE VENE E LE CICATRICI ROSSO SANGUE DI EUROPA FOCUS

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GLI ARCHEOLOGI DI ALMA MATER TORNANO A SCAVARE NELL'ANTICA CITTÀ DI BUTRINTO CULTURA

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“NUOVA OGGETTIVITÀ”

In copertina, lo schema dell'operazione di deposito di materiale 2-D

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Newsletter settimanale di scienze politica cultura Direttore responsabile Umberto Pivatello Aut. Tr. Verona n°1258 -7 Marzo 1997 Roc n. 16281 Redazione Heos.it Via Muselle,n. 940 - 37050 Isola Rizza - Vr (It) Tel +fax +39- 345 9295137 E-mail heos@heos.it www.heos.it

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PRIMO PIANO

Regaliamoci un libro

LA BANDA D'ITALIA

COMPUTER, IL FOSFORO NERO SARÀ IL “SILICIO”

“La prima vera inchiesta su Bankitalia, la super casta di intoccabili che governa i nostri soldi” di Elio Lannutti Chiarelettere giugno 2015 pp 180 € 13,00

DEL FUTURO

E

lio Lannutti torna in libreria per Chiarelettere con un libro-inchiesta (La Banda d’Italia) che, documenti alla mano, sottolinea come proprio dove i controlli dovrebbero essere garantiti, ci sia il massimo dell’opacità: un cono d’ombra che coprirebbe i troppi privilegi, le spese esorbitanti (ben 7.000 dipendenti che costano più di un miliardo all’anno) e i sistematici conflitti d’interesse a danno dei correntisti ignari, in un gioco in cui controllori e controllati sarebbero dalla stessa parte. Un pamphlet che racconta come si è infranto il mito della ex tecnostruttura indipendente del paese, ora che non batte più moneta e non ha più la vigilanza (passata alla Bce con l’Unione bancaria europea). Bankitalia una supercasta che gode di privilegi indecenti e si è macchiata di malversazioni, favoritismi e conflitti di interesse di cui la stampa non scrive mai. Secondo l’autore, sprechi (carte di credito per spese personali), privilegi (affitti regalati), favoritismi parentali (cariche tramandate da padre in figlio) farebbero dei dipendenti della Banca d’Italia una vera “supercasta” intoccabile. Nessuno oserebbe attaccarli. Eppure gli scandali non visti da via Nazionale sono tanti: da Parmalat a Mps, a Carige, fino alle banche più piccole. Nessun governatore si accorge di nulla: né Ciampi, né Draghi, né Visco. Poche le sanzioni, lievi e tardive. Intanto il denaro arriva a chi ce l’ha già o ha potere da far valere mentre i clienti normali pagano conti correnti e mutui più di tutti gli altri cittadini europei. Nessuno ha il coraggio e la forza di intervenire. Fino a quando? Prima o poi tutto questo dovrà finire, estinguersi come tutte le cose umane. L'autore. Da anni Elio Lannutti, ex bancario, giornalista e scrittore (nel 2008 eletto al Senato come indipendente nelle liste Idv), denuncia gli “abusi” all’interno della Banca d’Italia, organismo che dovrebbe vigilare, sopra tutti, in un rapporto di indipendenza anche dal governo, sulla correttezza del mondo bancario per salvaguardare l’economia italiana e i soldi dei risparmiatori.

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econdo uno studio condotto in Canada da un gruppo di ricercatori delle università McGill e di Montréal, il fosforo nero o fosforene diventerà in un futuro prossimo il cuore pulsante dei nuovi transistor e sostituirà così il silicio. Il fosforo nero fa parte della nuova generazione di materiali sottilissimi a due dimensioni a disposizione degli scienziati dopo la scoperta del grafene. Con quest'ultimo definito il materiale delle meraviglie condivide lo spessore di un atomo e la struttura a nido d'ape. Caratteristiche che conferiscono al fosforo nero straordinarie proprietà, dalla conduzione elettrica, alla trasparenza, alla resistenza al calore. Proprietà che sono destinate a rivoluzionare molti settori, a partire proprio dall'elettronica. Gli esperimenti condotti nelle due università canadesi dimostrano che quando gli elettroni si muovono in un foglio di fosforo nero, lo fanno solo in due dimensioni senza disperdere energia. Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications. (Red) Vedi http://www.nouvelles.umontreal.ca/ In alto nella foto granelli di fosforo nero o fosforene (Foto nouvelles.umontreal.ca)

SANTORINI, LA SPIAGGIA DI PERISSA

La famosa e frequentatissima spiaggia greca di Perissa si trova a 15 chilometri da Fira, lungo la costa sudorientale dell’isola di Santorini la più meridionale isola dell'arcipelago delle Cicladi nel mar Egeo. La spiaggia di Perissa è una lunga distesa di sabbia nera frastagliata da ciottoli, si estende per circa 7 chilometri, attrezzata con ombrelloni di paglia e molto amata dai giovani vista la numerosa offerta di sport acquatici.

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CRONACHE

IDROGENO, DA BIOMASSA PRODUZIONE SOSTENIBILE

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a produzione di idrogeno da fonti rinnovabili segnerà un passo importante verso la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Ora il progetto SUSFUELCAT finanziato dall’UE cerca di migliorare il processo di estrazione dell’idrogeno dalla biomassa umida. Attualmente, le risorse della biomassa possono essere trattate solo usando grandi quantità di energia. Nel progetto SUSFUELCAT, gli scienziati stanno usando un’alternativa all’impegnativo processo di asciugatura: il reforming di fase acquosa (APR). Visto che questo processo non consuma molta energia, l’APR è una delle strade più promettenti e competitive per produrre combustibili liquidi e gassosi dalla biomassa. L’elemento chiave per un processo efficiente è il catalizzatore che consente la conversione della biomassa di scarso valore in idrogeno. SUSFUELCAT si concentra sull’ottimizzazione dei

catalizzatori per l’APR, garantendo allo stesso tempo la stabilità idrotermale. I ricercatori pertanto lavorano allo sviluppo di catalizzatori basati su nanoparticelle metalliche usando materiali basati sul carbonio come supporto catalitico. Per dedurre le relazioni fondamentali tra struttura e proprietà che influenzano l’attività catalitica, i membri del progetto stanno effettuando una selezione iniziale dei catalizzatori commerciali. Le proprietà dei catalizzatori modello variano per quanto riguarda il loro metallo attivo, le dimensioni di cluster e pori, e la grafitizzazione del carbonio. Inoltre, i catalizzatori modello sono applicati in studi in silico ( ossia simulazione matematica al computer) per ricerche teoriche. L’attività e la selettività del catalizzatore verranno studiate sperimentalmente con materie prime reali e modello. I membri del progetto hanno sintetizzato colloidi di nano-

particelle nobili con varie aree di superficie, con il palladio e il platino che hanno dimostrato una stabilità eccellente. I metalli di base hanno mostrato una tendenza alla riossidazione. Le simulazioni al computer aiutano a ottimizzare le proprietà del catalizzatore. Un altro compito è stato quello di preparare alcoli dello zucchero come xilitolo, sorbitolo e galactitolo da usare nella materia prima. I membri del progetto hanno dedotto le prime relazioni tra struttura e proprietà per platino e xilitolo del carbonio. I supporti in carbonio hanno dimostrato di essere adatti per mettere a punto la selettività di idrogeno e alcani. Si è testata la stabilità idrotermale dei materiali in carbonio puro, con la stabilità che aumentava per livelli più elevati di grafitizzazione. Una delle principali conclusioni del progetto è che a parte il prezzo del metallo nobile, anche il costo del riciclaggio e l’efficienza sono importanti per la valutazione economica dei catalizzatori. SUSFUELCAT dovrebbe promuovere la competitività dell’Europa nel settore dei catalizzatori per la produzione di idrogeno. La tecnologia APR consentirà una produzione efficiente e sostenibile di combustibile dalla biomassa, riducendo la dipendenza dell’Europa dai combustibili fossili. (Red) http://susfuelcat.eu/

RASSEGNA STAMPA. LA VIGNETTE DELLA SETTIMANA Corriere.it 9 Luglio

Corriere.it 8 Luglio

Italiaoggi.it 10 Luglio

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Italiaoggi.it 9 Luglio


LO STUDIO PROMOSSO DALL’OSSERVATORIO PERMANENTE GIOVANI E ALCOOL (OPGA) È STATO REALIZZATO DALL’ISTITUTO DI FISIOLOGIA CLINICA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE (IFC-CNR)

IN CALO TRA I GIOVANI IL CONSUMO DI ALCOL Quanti sono i giovani bevitori? Com’è il consumo recente? E quello corrente? Che cosa si beve? Dove? Quando? Chi è più a rischio? Tutte le risposte in dieci anni di revisione sistematica

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o studio promosso dall’Osservatorio Permanente Giovani e Alcool (OPGA) e realizzato dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IFC-CNR) è una sintesi delle principali evidenze emerse dall'analisi, allargata a dieci anni, delle principali sorveglianze epidemiologiche a carattere nazionale sul consumo di alcool tra i giovani. Le analisi hanno permesso di indagare: la diffusione dei consumi di bevande alcoliche nella popolazione giovanile; l’impatto dei consumi a rischio; le caratteristiche del consumo e dell’abuso giovanile. Obiettivo del lavoro è stato quello di analizzare gli andamenti e i cambiamenti dei principali indicatori del consumo di bevande alcoliche, sia in termini di contesti che di eccessi, definire le diverse tipologie di consumatori e descrivere le caratteristiche demografiche e di contesto sociale. Le cinque rilevazioni consentono di trarre alcune indicazioni di fondo pur tenendo conto delle diversità delle fonti e della variabilità dei diversi campioni utilizzati. Complessivamente, si è registrata una riduzione dei consumi di bevande alcoliche sia recenti (riferiti all’ultimo anno) sia correnti (ultimi 3 mesi/ultimo mese/ultima settimana). Il consumo di alcool tra gli studenti 15-19enni, pur molto diffuso, mostra un trend decrescente tra i minorenni.

Dal 2002, la riduzione annua è dello 0,7% per i maschi e dal 2004 è dell’1,3% per le femmine. Non si evidenziano variazioni significative per i maggiorenni. Da 2005 si è registrata tra gli under 18 una diminuzione del 4% annuo per le femmine e del 3% annuo per i maschi. Nelle altre classi di età si osserva una lieve diminuzione solo nel genere maschile (-0,8% 18 -24enni; -0,6% 25-34enni) Modifiche rispetto al consumo corrente: anche in questo caso si osserva una complessiva diminuzione. Dal 2005 al 2010 c’è stata una riduzione significativa tra i 25 ed i 34 anni dell’uso di alcool negli ultimi 3 mesi. Dal 2006 si registra la diminuzione di maschi e femmine 15enni che hanno riferito di aver bevuto nell’ultima settimana. Chi beve: i consumatori maschi sono più delle femmine; tra i 1517enni ci sono meno consumatori rispetto alle classi di età maggiori; tra i maschi la maggioranza dei consumatori è tra i 25-34enni; tra le femmine la maggioranza è tra i 18 e i 24 anni. Cosa si beve: uno dei dati più rilevanti delle diverse indagini converge sulla diminuzione del consumo di birra e vino tra i minorenni. Tra i più grandi, la diminuzione del consumo di vino, birra e amari si accompagna ad un leggero aumento degli aperitivi alcolici e dei superalcolici. Dove si beve: tra i 15-19enni aumenta la tendenza a bere in più posti nello stesso giorno e, nello specifico, in case private ed esercizi pubblici. Diminuiscono gli adolescenti che bevono solo in spazi aperti. Quando si beve: tra il 2005 e il 2010 diminuisce il consumo di bevan-

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de alcoliche durante i pasti (casa, mensa, ristorante, pizzeria…), in particolare il consumo di birra ai pasti diminuisce tra i 15-34enni, quello del vino per i 25 -34enni. Un aspetto di particolare interesse negli studi sull’uso di alcool tra i giovani è il bere eccessivo (con e senza ubriacatura), l’intossicazione alcolica ed il binge drinking. Ubriachezza ed ebrezza aumentano tra i 25-34 anni, ma la fascia più coinvolta rimane quella tra i 18 ed i 24 anni, aspetto quest’ultimo che richiede particolare attenzione. Lieve diminuzione tra il 2006 e il 2010 dei 15enni che hanno avuto esperienza di ubriachezza almeno due volte nella vita, sia tra i maschi sia tra le femmine. Diminuisce anche la prevalenza di giovani che dichiarano episodi di binge drinking. Secondo i dati i giovani che hanno riferito almeno un episodio nell’anno hanno registrato, nel periodo 2005-2012, una significativa riduzione percentuale annua del 9,8% tra le 15-17enni e dell’1,9% tra i maschi 18-24enni. Infine, per le minorenni ad un aumento fino al 2007 del 3,3% medio annuo è seguita una diminuzione annua del 2,6% fino al 2013. In lieve diminuzione dal 2002 anche la prevalenza di questi episodi tra i maschi maggiorenni, dello 0,8% medio annuo. In termini di atteggiamenti e di opinioni, risulta stabile l’atteggiamento tollerante verso il singolo episodio di ubriachezza purché non abituale mentre, fra i maggiorenni, si osserva un incremento di coloro che dichiarano di trovarsi in difficoltà nel non bere bevande alcoliche quando tutti ne bevono; aumenta invece la consapevolezza del rischio da parte di coloro che ritengono pericoloso guidare dopo aver assunto bevande alcoliche, sia pure un solo bicchiere di vino o birra. Non solo. Gli incidenti alla guida di scooter/auto a causa dell’alcool consumato è diminuito del 4,2% medio annuo per i ragazzi sotto i 18 anni e del 6,1% tra quelli più grandi, mentre tra le femmine del 9,9% per le minorenni e del 7,9% tra le maggiorenni. (Red)

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AMBIENTE

ENERGIA: ENEA PRESENTA TECNOLOGIA LOW COST PER PRODURRE ELETTRICITÀ DAL MARE

LE ONDE, IL PENDOLO E IL CONVERTER Nella foto il prototipo PEWEC in scala 1:12 dell’Enea per produrre elettricità sfruttando l’oscillazione dello scafo provocata dalle onde

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NEA ha presentato a Roma una tecnologia smart e low cost per produrre energia dalle onde del mare: si tratta del dispositivo PEWEC (Pendulum Wave Energy Converter), pensato per le coste italiane, dove le onde sono di piccola altezza e alta frequenza. I tecnici dell’Enea hanno concepito un sistema che consiste in un galleggiante molto simile a una zattera da posizionare in mare aperto, in grado di produrre energia elettrica sfruttando l’oscillazione dello scafo per effetto delle onde. Il prototipo è in scala 1:12, pesa 3 tonnellate, misura 3m x 2m x 2m di altezza ed è frutto della collaborazione con il Politecnico di Torino, nell’ambito dell’Accordo di programma tra ministero dello Sviluppo Economico ed ENEA sulla Ricerca di Sistema Elettrico. L’ENEA e il Politecnico di Torino sono già al lavoro per la progettazione del dispositivo in scala 1:1, con una potenza nominale di 400 kW. «Questo sistema low cost di produzione di energia dal mare è particolarmente interessante per le tante isole italiane, dove la fornitura di energia è garantita da costose e inquinanti centrali a gasolio», ha affermato Gianmaria Sannino, responsabile del laboratorio ENEA di modellistica climatica e impatti, durante il convegno “Energia elettrica dal mare”, il sesto appuntamento del ciclo di conferenze sulla Ricerca di Sistema Elettrico durante il quale è stato presentato il prototipo. «Una decina di questi dispositivi – ha

aggiunto - possono produrre energia elettrica per un paese di 3.000 abitanti, contribuendo in modo significativo anche a contrastare i fenomeni di erosione attraverso la riduzione dell’energia delle onde che si infrangono sulla costa, senza impattare in maniera significativa su flora e fauna marine». Lo sfruttamento dell’energia dalle onde presenta diversi vantaggi anche rispetto all’eolico e al fotovoltaico: un basso impatto ambientale e visivo; una minore variabilità oraria e giornaliera e una variazione stagionale favorevole, visto che il potenziale dell’energia dalle onde è più alto in inverno quando i consumi energetici sono massimi. «In Italia - ha sottolineato Sannino sta crescendo l’interesse per la produzione di energia pulita e rinnovabile da onde e maree e secondo il Piano d’azione nazionale per le energie rinnovabili dovremmo installare una potenza di 3 MW di questo tipo di impianti entro 2020. L’energia marina rappresenta una reale opportunità di favorire la crescita economica e l’occupazione, migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e, soprattutto, aumentare la competitività attraverso l’innovazione tecnologica».” Ma sfruttare l’energia del mare significa conoscere in modo dettagliato la velocità delle correnti, l’altezza delle onde e l’intensità delle maree: per questo l’ENEA ha realizzato «L’Atlante del clima ondoso del Mediterraneo», la prima mappa capace di individuare in modo accurato le zone più interessanti per lo sfrutta-

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mento energetico delle onde. «Con i suoi 8.000 km di coste – ha concluso Sannino – l’Italia possiede un importante potenziale di energia associata al moto ondoso, paragonabile a quello presente sulle coste orientali del Mare del Nord. La costa occidentale della Sardegna, ad esempio, ha un valore medio annuo del flusso di energia di circa 13 kW/metro, mentre quello del nord-ovest della Sicilia si aggira intorno ai 10 kW/metro». La mappa permette di conoscere i valori di altezza e direzione utili a stimare l’energia ricavabile in un’area specifica e a definire la tecnologia più adatta da utilizzare, prendendo in considerazione anche le condizioni estreme a cui il generatore può essere sottoposto. Si tratta di una grande novità per un settore che finora ha stimato il potenziale energetico solo attraverso i dati di 15 boe distribuite lungo le coste italiane. Oltre a questa mappatura l’ENEA ha realizzato un nuovo sistema operativo per la previsione del moto ondoso fino a cinque giorni, in grado di stimare l’energia da immettere nella rete elettrica con un dettaglio spaziale di poche centinaia di metri. A livello europeo l’ENEA partecipa al programma congiunto di ricerca sull’energia dal mare JP Marine Renewable Energy, proposto dalla European Energy Research Alliance (EERA). Lo sfruttamento dell’energia dal mare è tra le priorità della Commissione europea per lo sviluppo della Blue Economy: per il 2014-2020 è stato presentato un piano di azione con l’obiettivo di raggiungere una potenza installata di 3,6 GW entro il 2020 e di 188 GW al 2050. (Red) Vedi www.enea.it

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A lato, indicazione degli hot spot climatici (in rosso) basata su sette indicatori climatici legati alla temperatura, alla precipitazione e alla loro variabilità inter-annuale. Il circoletto nero in ogni pixel di lato indica che il cambiamento è significativo. Il cambiamento è via via meno forte per le aree indicate in arancione, giallo e verde rispettivamente

ECCO GLI “HOT SPOT”

neo, in particolare, la temperatura media estiva è cresciuta di circa un grado negli ultimi cinquant'anni, parallelamente all'aumento del rischio di onde di calore estive».

DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO Amazzonia, Sahel, Africa occidentale, Indonesia e Asia centro-orientale sono le aree del mondo più interessate dal cambiamento climatico. Ma anche il Mediterraneo è coinvolto. È quanto emerge dallo studio dei ricercatori dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima e dell'Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr.

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l cambiamento climatico non è uguale in tutte le aree della Terra. Esistono “punti caldi” (hot spot), aree che si stanno riscaldando più rapidamente di altre, facendo osservare variazioni importanti nei valori medi e nella variabilità interannuale di temperatura e precipitazione. Il recente studio di un gruppo di ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche, composto da Marco Turco, Elisa Palazzi e Jost von Hardenberg dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Isac-Cnr) di Torino e Antonello Provenzale, direttore dell'Istituto di geoscienze e georisorse (Igg-Cnr) di Pisa, ha fornito conferme sperimentali

e osservative dell'identificazione delle aree più sensibili. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Geophysical Research Letters della American Geophysical Union. «Il nostro lavoro, basato sull'analisi di archivi pubblici di dati di temperatura e precipitazioni degli ultimi sessant'anni (1951-2010), ha dimostrato che le regioni più sensibili ai cambiamenti risultano essere in Amazzonia, nel Sahel, nelle aree tropicali dell'Africa occidentale, in Indonesia e nella parte orientale dell'Asia centrale», afferma Provenzale. E subito aggiunge: «In tutte queste aree identificate come hot spot sono stati riscontrati cambiamenti congiunti in molti dei parametri climatici considerati (temperatura, precipitazione e loro variabilità), confermando che queste specifiche regioni sono soggette a modifiche delle condizioni climatiche complessive. In generale, tuttavia, quasi tutte le regioni del mondo mostrano cambiamenti importanti in almeno alcuni parametri climatici. Nel bacino del Mediterra-

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I parametri presi in considerazione sono: temperatura media; precipitazione; variabilità inter-annuale di temperatura media e precipitazione; frequenza di stagioni con temperatura e precipitazione media più alta delle massime nel trentennio precedente; frequenza di stagioni con precipitazione media minore della minima media stagionale nel trentennio precedente. I cambiamenti registrati in tali parametri possono avere effetti importanti sugli ecosistemi, sulle produzioni agricole, sulla disponibilità di risorse idriche, sul rischio geoidrologico. «Gli hot spot identificati sono in accordo con quelli evidenziati dalle proiezioni fornite dai modelli del clima globale, dei quali quindi si conferma la validità - conclude Provenzale. Ciò indica che il cambiamento globale non è una mera ipotesi futura, ma un processo già in corso. L'identificazione delle regioni più sensibili dovrebbe stimolare lo sviluppo di strategie internazionali di mitigazione dei rischi e di adattamento specificamente pensate». (Red)

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TECNOLOGIA

CYBERSECURITY: UNITRENTO E IIT-CNR

no di alta formazione internazionale e multidisciplinare. Questo permetterà di consolidare e ampliare le competenze del laboratorio congiunto con il Cnr, nonché diventare un polo per attrarre sia giovani talenti sia aziende», ha dichiarato Bruno Crispo, responsabile del laboratorio congiunto per l'Università di Trento.

ALLEATI VS MALWARE Raccogliere, custodire e catalogare i software patogeni, o malware più diffusi e pericolosi, per studiarne le caratteristiche e perfezionare gli standard di sicurezza informatica necessari a neutralizzarli: ecco l’obiettivo del laboratorio Malware, creato all’interno del Dipartimento di Ingegneria e Scienze dell’Informazione (DISI) dell’Università di Trento.

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al 2013 docenti, ricercatori e dottorandi del DISI sono riusciti a catturare circa 70 malware, mettendone in funzione 32. Questi software patogeni (chiamati exploit kit) hanno la precisa funzione di infettare gli utenti e possono a loro volta essere “armati” e usati come vettori per distribuire altro malware, analogamente a come gli insetti vettori trasmettono le malattie. Secondo un rapporto di Google, due terzi degli attacchi agli utenti finali è causato proprio da questo tipo di software. Centro all’avanguardia sulla sicurezza informatica, il DISI è stato coinvolto

in un progetto che lo vede impegnato, insieme al Consiglio Nazionale delle Ricerche, nella realizzazione di un laboratorio congiunto nell’ambito di NeCS (European Network for Cyber -Security), iniziativa promossa dall’Istituto di informatica e telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Iit -Cnr) e volta a creare una rete internazionale di ricerca e formazione sui temi della cybersecurity. Circa 1,3 milioni di euro è la cifra che la Commissione Europea, tramite il programma Horizon 2020, ha deciso di destinare alla realizzazione di questo doppio laboratorio: alla sede di Trento verranno assegnati approssimativamente 500mila euro, mentre i restanti 800mila andranno a alla sede di Pisa, ospitata dalle strutture del Cnr. Il proposito è quello di finanziare giovani ricercatori e organizzare scuole internazionali e corsi di alta formazione.

Quella tra il DISI e lo Iit-Cnr nel campo della sicurezza informatica, però, è una collaborazione che dura da anni. Già nel 2006, infatti, il progetto europeo S3MS, incentrato sulla sicurezza dei dispositivi mobili e coordinato da Fabio Massacci dell’Università di Trento, annoverava lo Iit-Cnr tra i partner principali. Dal 2010 al 2014, invece, DISI e Iit-Cnr hanno lavorato insieme per NESSOS, altra iniziativa europea che coinvolgeva atenei e aziende multinazionali nella ricerca di nuove strategie di cybersecurity. Iniziativa di cui NeCS si configura come la naturale prosecuzione. «E il fatto che la Comunità Europea continui a finanziare le nostre attività congiunte – sottolinea Fabio Martinelli, coordinatore dei progetti Europei NeCS/NESSOS e co-responsabile del laboratorio congiunto per lo Iit-Cnr – è una testimonianza del buon lavoro che abbiamo svolto finora e che continueremo a svolgere». (Red)

«NeCS ci darà la possibilità creare e affiancare alle attività di ricerca su cybersecurity già esistenti un pia-

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NANOLYSE, AL LAVORO PER SCOVARE NANO-PARTICELLE NEGLI ALIMENTI

I risultati del progetto NANOLYSE, finanziato dall’UE e concluso nel 2013, stanno fornendo la base agli scienziati per sviluppare metodi di valutazione del rischio per rilevare nanoparticelle nel cibo.

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a produzione e caratterizzazione dei materiali di riferimento per rilevare nano-particelle d’argento nella carne è fattibile usando i metodi sviluppati durante il progetto NANOLYSE (Nanoparticles in Food: Analytical methods for detection and characterisation). Tecnicamente: due concentrazioni di nanoparticelle d’argento sono state aggiunte alla carne di pollo, al fine di produrre una serie di materiali di riferimento a sostegno della rilevazione di nanoparticelle nel cibo. Per la produzione dei materiali di riferimento, una sospensione di nanoparticelle nell’acqua è stata mescolata a una purea di carne di pollo e congelata in azoto liquido a 150 °C. Il risultato è stato un materiale omogeneo con un agglomerato limitato di nanoparticelle di argento. Nel corso dell’esperimento è stato riscontrato che le nanoparticelle di argento (AgNP) acquose erano sufficientemente omogenee per essere usate come materiale di riferimento. Ciononostante, certe difficoltà – spe-

cialmente la stima della stabilità – rimangono. I nanomateriali – che contengono nanoparticelle più piccole di 100 nanometri - stanno penetrando nella sanità, l’elettronica, la cosmetica, l’imballaggio e altri settori. Il valore del mercato mondiale dei nano-prodotti (prodotti che contengono nanomateriali) è stato stimato tra i 150 e i 200 miliardi di euro l’anno. Poiché le proprietà fisiche e chimiche dei nanomateriali spesso sono diverse da quelle dei materiali grandi, questi richiedono una speciale valutazione del rischio per assicurarsi che siano sicuri sia per gli esseri umani sia per l’ambiente. Anche se attualmente questo è fatto caso per caso, i metodi di valutazione del rischio devono essere tenuti aggiornati man mano che si espande l’uso di nano-materiali. Non solo. Bisogna anche soddisfare le esigenze legali: il regolamento dell’UE 1169/2011 dispone che i produttori di prodotti alimentari informino i consumatori della presenza di nano-particelle nei loro prodotti. La presenza di nano-particelle nel cibo è particolarmente preoccupante a causa dell’ovvio rischio di ingestione. Le nano-particelle possono contaminare i prodotti alimentari per mezzo delle infiltrazioni nella confezione dei cibi e con la contaminazione ambientale. È di questo che si è occupato in particolare il progetto NANOLYSE che ha lavorato da gennaio 2010 a settembre 2013. Nel corso del progetto si è

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cercato di sviluppare metodi convalidati e materiali di riferimento per analizzare le nanoparticelle in una serie di cibi e bevande. I risultati di NANOLYSE contribuiranno a garantire la sicurezza delle applicazioni di materiali che contengono nano-particelle a contatto con il cibo, cioè materiali usati nelle confezioni degli alimenti come ossido di metallo/silicato. Prima sono state selezionate nanoparticelle prioritarie come particelle modello per dimostrare l’applicabilità degli approcci sviluppati. Il lavoro si è quindi concentrato sui metodi che potevano essere applicati in laboratori di analisi degli alimenti già esistenti. I ricercatori hanno anche costruito un software che effettua un’analisi semiautomatica di immagini di microscopi elettronici, in grado di rilevare in modo affidabile le nano-particelle in vari prodotti alimentari. All’inizio del progetto NANOLYSE, i metodi per la rilevazione e la caratterizzazione delle nano-particelle nel cibo erano estremamente limitati. Il progetto ha prodotto una selezione di potenziali metodi standard per un’identificazione rapida e affidabile di nano-particelle sintetiche negli alimenti che, due anni dopo, stanno ancora ispirando la ricerca in corso. (Red)

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COCHALPEC, NUOVI PANNELLI FV CONVERTONO L’ENERGIA SOLARE IN IDROGENO

Sopra, lo schema dell'operazione di deposito di materiale 2-D

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iventano realtà i pannelli solari efficienti e a basso costo in grado di produrre direttamente idrogeno solare: il segreto è nei fiocchi di diseleniuro di tungsteno, un parente del grafene. Anche se l’energia solare è rinnovabile e sufficientemente abbondante da soddisfare la crescente domanda energetica dell’Europa, le giornate soleggiate non sono sempre assicurate. Un modo semplice ed efficiente in termini di costi per stoccare l’energia solare sotto forma di idrogeno potrebbe aiutare gli Stati membri dell’UE a soddisfare i loro obbiettivi riguardanti l’energia da fonti rinnovabili. Trovare i mezzi efficienti in termini di costi per stoccare l’energia solare per un “giorno di pioggia” aiuterà a risolvere questo problema. Questa era la sfida affrontata dal progetto COCHALPEC (Development of electrodes based on copper chalcogenide nanocrystals for photo-electrochemical energy conversion) in parte finanziato

attraverso una borsa intra-europea (IEF) Marie-Curie dell’UE, che si è ufficialmente concluso nel maggio del 2015. Il successo del progetto potrebbe aiutare gli Stati membri che devono rispettare la direttiva sull’energia da fonti rinnovabili, che impegna l’UE a soddisfare almeno il 20 % del suo bisogno energetico totale con le rinnovabili entro il 2020. La Direttiva specifica degli obbiettivi nazionali relativi all’energia da fonti rinnovabili per ciascun paese, che variano da un minimo del 10 % a Malta a un massimo del 49 % in Svezia. Il punto di partenza del progetto COCHALPEC è stato quello di sviluppare, in un modo efficiente e redditizio, dei pannelli solari capaci di produrre una corrente elettrica per scindere le molecole d’acqua in ossigeno e idrogeno (è stato dimostrato che l’idrogeno è una forma sostenibile di combustibile solare). Anche se il concetto è semplice, finora il costo delle tecnologie per la scissione dell’acqua

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era stato troppo elevato per arrivare alla commercializzazione. In risposta a questa sfida, il team di COCHALPEC ha scoperto un modo per costruire dei pannelli solari efficienti e a basso costo che sono in grado di produrre direttamente idrogeno solare. Il fattore chiave per questa soluzione è stato l’adozione dei cosiddetti materiali 2-D, a volte chiamati materiali a singolo strato, che sono formati da un singolo strato di atomi. Forse il più conosciuto tra i materiali 2-D è il grafene, un singolo strato di grafite che, come altri potenziali materiali 2-D, offre straordinarie proprietà elettroniche. Produrre grafene per coprire un’area sufficientemente vasta per raccogliere quantità utilizzabili di energia solare non è economico. Il team ha perciò sviluppato un nuovo metodo di fabbricazione efficiente in termini di costi usando il diseleniuro di tungsteno. Una recente ricerca ha suggerito che questo materiale 2-D offre proprietà di conduzione simili al grafene, e potrebbe avere un potenziale come materiale efficiente per convertire l’energia solare direttamente in idrogeno combustibile. Il team del progetto si è poi concentrato sul trovare un modo economicamente vantaggioso di produrre questi pannelli solari a base di diseleniuro di tungsteno. Questo obbiettivo è stato raggiunto mescolando polvere di diseleniuro di tungsteno con un solvente liquido, che ha trasformato il materiale in sottili fiocchi 2-D. Questi fiocchi sono stati quindi spalmati uniformemente per produrre un film sottile di elevata qualità, che è stato poi trasferito su un pannello plastico di supporto appena progettato. Le verifiche finali sono riuscite a dimostrare che questo metodo efficace in termini di costi potrebbe ottenere elevati tassi di efficienza della conversione da solare a idrogeno. Ciò che fa ben sperare è che il team che sta dietro a questa innovazione è sicuro che il nuovo metodo possa essere portato a un livello commerciale. (Red)

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Vedi http://cordis.europa.eu/


SCIENZE

PAPETS: FISICA QUANTISTICA FOTOSINTESI E OLFATTO

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a fisica quantistica sta aiutando i ricercatori a capire meglio la fotosintesi e l’olfatto. Partiamo dalla domanda classica. È possibile che una cosa si trovi in due posti diversi allo stesso tempo? Secondo la fisica quantistica, è possibile. Più precisamente, in linea con il principio della “sovrapposizione”, per cui si può descrivere una particella come esistente in due stati diversi contemporaneamente. Anche se per gran parte di noi potrebbe sembrare una pratica da maghi Merlino, la sovrapposizione ha solide fondamenta scientifiche. I ricercatori del progetto PAPETS stanno studiando questo e altri fenomeni che si trovano al confine tra la biologia e la fisica quantistica. Il loro obiettivo è quello di determinare il ruolo delle dinamiche vibrazionali nella fotosintesi e nell’olfatto. Sovrapposizione quantistica e fotosintesi più efficiente Gli effetti quantici in un sistema biologico – per esempio in un complesso fotosintetico – sono stati osservati per la prima volta da Greg Engel e dai suoi collaboratori nel 2007, negli Stati Uniti. Questi effetti sono stati riprodotti in diversi laboratori a temperature di circa -193 gradi Celsius e in seguito a temperatura ambiente. «La cosa sorprendente e interessante è che questi effetti quantici sono stati osservati in complessi biologici, che sono sistemi grandi, umidi e rumorosi», spiega il coordinatore del progetto PAPETS, Yasser Omar, ricercatore all’Instituto de Telecomunicações e professore all’Universidade de Lisboa. La sovrapposizione è fragile e ci si aspetterebbe che venga distrutta dall’ambiente. La sovrapposizione contribuisce a un trasporto più efficiente dell’energia. Un eccitone – una quasi-particella quantica che trasporta energia – può viaggiare più velocemente lungo il complesso fotosin-

tetico grazie al fatto che può esistere in due stati contemporaneamente. Quando arriva a una biforcazione, non ha bisogno di scegliere destra o sinistra, può procedere su entrambi i percorsi contemporaneamente. «È come un labirinto - afferma Yasser Omar - Solo una porta conduce all’uscita, ma l’eccitone può provare sia quella di destra sia quella di sinistra contemporaneamente. È più efficiente». Yasser Omar e i suoi colleghi ritengono che una confluenza di fattori aiuti a effettuare e mantenere la sovrapposizione, ovvero le dinamiche dell’ambiente vibrante, il cui ruolo è appunto quello che il progetto PAPETS si propone di capire e sfruttare. Teoria e sperimentazione Le teorie studiate da PAPETS sono testate anche in esperimenti per verificarle e acquisire ulteriori informazioni. Per studiare il trasporto quantistico nella fotosintesi, per esempio, i ricercatori hanno sparato impulsi laser veloci in sistemi biologici, osservando poi l’interferenza lungo la rete di trasporto, un segno distintivo del fenomeno a onda. «È come gettare sassi in un lago - spiega Yasser Omar. Si può vedere se le onde generate diventano più grandi o si cancellano l’un l’altra quando s’incontrano». Applicazioni: celle solari e rilevazione degli odori Benché PAPETS sia essenzialmente un progetto di studio, sta producendo informazioni che potrebbero avere applicazioni pratiche in numerosi settori. I ricercatori di PAPETS stanno raggiungendo una comprensione più profonda di come funziona la fotosintesi e questo potrebbe avere come risultato celle solari molto più efficienti. L’olfatto – la capacità di riconoscere e distinguere odori diversi – è un altro settore promettente. Gli esperimenti si concentrano sul comportamento delle mosche Drosophilia. Finora i ricercatori sospettano che la creazione di un tunnel da parte degli elettroni associata alle vibrazioni interne di una molecola potrebbero essere un segnale dell’odore. Yasser Omar paragona questa creazione di un tunnel a una palla di ping pong messa in una ciotola che attraversa uno dei lati della ciotola per apparire al di fuori di essa. Questo lavoro potrebbe avere applicazioni nel settore alimentare, idrico, cosmetico e farmaceutico. Una migliore rilevazione artificiale dell’odore potrebbe essere usata per rilevare impurità o inquinamento. E diversamente dalla vista, l'udito o il tatto, il senso dell’olfatto è difficile da riprodurre artificialmente con un’alta efficacia. Il progetto PAPETS coinvolge 7 partner, è stato avviato a settembre 2014 e si concluderà ad agosto 2016, e ha ottenuto un finanziamento dall’UE di 1,8 milioni di euro. (Red) http://www.papets.eu/

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Una soluzione contente Ngf - il fattore responsabile della crescita delle cellule nervose scoperto da Rita Levi Montalcini - è in grado di stimolare la generazione di nuovi neuroni. Lo hanno dimostrato i ricercatori dell’Ibcn-Cnr somministrando. Lo studio potrebbe aprire nuove strade per il trattamento non invasivo delle patologie neurodegenerative.

UN COLLIRIO CONTRO LE MALATTIE NEURODEGENERATIVE tia diabetica, dall’infiammazione cronica e da agenti chimici». Lo studio dell’Ibcn-Cnr, oltre a consolidare le conoscenze sull’efficacia dell’assunzione del fattore di crescita nervoso tramite terapia oculare, fa chiarezza sui meccanismi biologici alla base di questa rinascita cellulare.

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na terapia applicabile per mezzo di semplici gocce per gli occhi potrebbe fornire un importante contributo alla lotta contro le malattie neurodegenerative e alla comprensione dei processi biologici alla base dello sviluppo delle connessioni e delle strutture cerebrali. Queste le conclusioni a cui è giunto uno studio recentemente pubblicato sull’ European Journal of Neuroscience a firma di un team di ricercatori dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Ibcn-Cnr), guidati da Paola Tirassa. Attraverso la somministrazione di un collirio contenente il “Nerve growth factor” (Nfg), il fattore di crescita nervoso, i ricercatori del Ibcn-Cnr hanno dimostrato nel modello animale che questo trattamento è in grado di contrastare gli effetti del danno neuronale, inducendo le cellule cerebrali progenitrici presenti nel cervello a produrre nuovi neuroni.

«Il fattore endogeno responsabile della crescita e della riparazione delle cellule nervose è stato individuato per la prima dal premio Nobel Rita Levi Montalcini ed è largamente conosciuto per la sue proprietà neuroprotettive e rigenerative», spiega Tirassa. Aggiunge: «Il lavoro svolto negli ultimi anni nel campo della ricerca oftalmologica ha mostrato come l’utilizzo di un collirio Nfg negli animali, superando la barriera retinica e raggiungendo direttamente e indirettamente le aree cerebrali, sia capace di contrastare gli effetti degenerativi causati, ad esempio, dall’encefalopa-

Al riguardo, Tirassa così conclude: «Abbiamo osservato che il collirio Nfg agisce direttamente su una particolare area del cervello, la zona subventricolare dei ventricoli laterali, considerata la più ricca sorgente di precursori neuronali (cellule non differenziate) nei mammiferi. Quest’interazione, quindi, favorisce la generazione dei nuovi neuroni che andranno a rimpiazzare quelli lesionati. La scoperta potrebbe aprire prospettive future per lo sviluppo di terapie non invasive, indolori e prive di evidenti effetti collaterali per la cura delle patologie neurodegenerative umane». (Red) Vedi www.cnr.it

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SALUTE

Brevi

HELIX TRACCIA L’ESPOSIZIONE AI RISCHI AMBIENTALI D’ INIZIO VITA

USA, TEST DNA SU NEONATI PER PREDIRE LE MALATTIE

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ta diventando sempre più complessa l’esposizione ai contaminanti ambientali a causa del continuo cambiamento di ambiente e consuetudini. Nonostante ciò, l’impatto sanitario dei rischi ambientali rimane poco caratterizzato. Studi prospettivi incentrati su periodi di alta suscettibilità, come l’inizio vita, dovrebbero invece contribuire a prevedere i rischi di malattia individuali associati all’ambiente. Grandi rischi ambientali potrebbero causare gravi patologie croniche, con pesanti costi sociali ed economici, soprattutto se l’esposizione avviene durante la gravidanza o a inizio vita. Le sostanze inquinanti negli alimenti, nell’acqua e nell’aria potrebbero essere collegate a una serie di malattie come disturbi neurologici, respiratori e cardiovascolari. Per affrontare questa suscettibilità attraverso misure e legislazioni preventive appropriate sono necessari dati completi sull’esposizione. Si deve inoltre valutare l’impatto combinato sulla salute dell’esposizione a rischi molteplici. Il termine esposoma è utilizzato per descrivere l’esposizione complessiva ai rischi ambientali dal concepimento in avanti. L’iniziativa HELIX, finanziata dall’UE, utilizzerà studi prospettivi sulle nascite in diversi centri dislocati in tutta Europa per ottenere i dati umani longitudinali completi per sviluppare questo concetto. Attraverso strumenti e metodi specificamente sviluppati, il consorzio HELIX otterrà valutazioni sull’impatto sanitario delle esposizioni chimiche e fisiche negli alimenti, nei beni di consumo, nell’acqua, nell’aria e nell’ambiente esterno (esposoma esterno). Collegherà queste esposizioni ambientali alle alterazioni nei livelli di metaboliti, proteine, trascritti di RNA e metilazione del DNA (esposoma interno). Utilizzando approcci statistici innovativi, i ricercatori proveranno inoltre ad associare le esposizioni ambientali multiple e combinate alla salute infantile, concentrandosi su crescita generale, obesità, neurosviluppo e malattie respiratorie e allergiche. Cosa importante, HELIX affronterà i determinanti (dieta, fattori sociali e spostamenti quotidiani) della variabilità individuale nelle esposizioni a inizio vita, al fine di prevedere meglio il rischio di malattia individuale e la prevenzione diretta. In generale HELIX dovrà fornire una migliore comprensione dell’effetto delle esposizioni ambientali multiple a inizio vita sullo sviluppo. Poiché finora la maggior parte degli studi si è concentrata sui singoli fattori inquinanti, il concetto di esposizione integrata rappresenta un approccio più realistico per valutare l’impatto congiunto dell’ambiente sulla salute. Ciò porterà in futuro a migliori valutazioni dei rischi e strategie preventive. (Red) Vedi http://www.projecthelix.eu/

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equenziare tutto il Dna dei bambini appena nati può servire a evitare malattie? Oppure è una pratica eticamente pericolosa? A rispondere a queste domande sarà un test clinico in corso nei due principali ospedali di Boston (Usa), il Brigham and Women Hospital e il Children's Hospital. Il progetto, chiamato BabySeq e finanziato dal National Institute of Health statunitense con 25 milioni di dollari, sarà condotto su 240 bambini. A metà dei bimbi verrà analizzato il genoma per scovare oltre 1.700 varianti genetiche associate alla predisposizione a malattie che iniziano dall'infanzia, mentre l'altra metà non avrà l'esame. I fondi sono sufficienti per seguire i bimbi fino ai tre anni di età, ma i ricercatori sperano di trovarne abbastanza per proseguire poi fino ai 18.

DIETA, MOVIMENTO E SOLE CONTRO L'OSTEOPOROSI

I

l Ministero della Salute nell'opuscolo “Aiuta le tue ossa! A tavola, con attività fisica e Sole”, ricorda che contro l'osteoporosi si può fare molto adottando sane abitudini alimentari. Tra l'altro si sottolinea che una dieta povera di calcio e vitamina D, ricca di proteine, cibi integrali, sodio e alcol, spiana la strada all'osteoporosi, che in Italia colpisce circa 5 milioni di persone, per l'80% donne in menopausa. La dieta contro l'osteoporosi parte da un maggiore apporto di calcio, presente non solo in latte, formaggi e yogurt, ma anche in tofu, pesce azzurro, calamari e gamberi, frutta secca, legumi, spremuta d'arancia. Importante è l'attività fisica e la vitamina D sintetizzata dalla luce solare: è sufficiente stare all'aperto un'ora al giorno con mani, braccia o viso scoperti.

LA FATTURA DEI CHILI DI TROPPO: 9 MLD ALL'ANNO

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ra i dati forniti dall' Italian Barometer Diabetes Forum che ha ospitato oltre 200 protagonisti del mondo accademico, clinico e sanitario, è emerso che mettere a dieta gli obesi e le persone in sovrappeso farebbe risparmiare fino a 9 miliardi di euro all'anno al nostro sistema sanitario. Tanto gravano, tra costi diretti e indiretti, i chili di troppo, mentre ben un terzo della spesa è imputabile al diabete, malattia strettamente connessa alle taglie forti.

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UNO STUDIO CONDOTTO ALL’UNIVERSITÀ DI MILANO BICOCCA

LA DISLESSIA SI MANIFESTA ANCHE SUL MOVIMENTO

I disturbi tipici della dislessia riguardano anche la motricità, cioè l’esecuzione di movimenti ritmici e coordinati quindi non solo la lettura. È il risultato al quale sono arrivati i ricercatori del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca che sono partiti da un esperimento di misurazione del ritmo di scrittura su 77 bambini.

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li autori della ricerca denominata “Dyslexic children fail to comply with the rhythmic constraints of handwriting” hanno mostrato che nei bambini affetti da dislessia evolutiva la durata relativa di scrittura di ciascuna singola lettera che compone una parola non è costante ma varia in funzione della dimensione e velocità della parola scritta. Secondo i ricercatori, il fatto che i bambini con dislessia non seguano il principio dell’omotetia, cioè la

capacità di mantenere costanti i tempi di scrittura di ogni lettera, dimostra che il disturbo riguarda anche la motricità, alla quale è riferibile la mancanza di ritmo nella scrittura. La ricerca ha coinvolto 77 bambini con un’età fra i 7 anni e mezzo e i 12 anni: 17 bambini con una diagnosi di dislessia evolutiva, 21 bambini con una diagnosi sia di dislessia sia di disgrafia e 39 bambini a sviluppo tipico (ovvero senza diagnosi di dislessia o disgrafia). Ai partecipanti è stato chiesto di scrivere a mano con un’apposita penna digitale la parola b-u-r-le in diverse condizioni sperimentali (in modo spontaneo, usando lettere maiuscole, accelerando la velocità di scrittura o cambiando le dimensioni) su un foglio appoggiato su una tavoletta grafica. Per registrare le proprietà cinematiche del gesto grafico, l’ateneo milanese ha creato e realizzato un software, Digital Draw, che potrà

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essere impiegato in futuro anche per altri studi riguardanti la scrittura e, più in generale, il gesto grafico. «I risultati di questa ricerca – spiegano Maria Teresa Guasti e Natale Stucchi - suggeriscono per la prima volta che la dislessia non è solo un problema di lettura, ma anche un problema riguardante gli aspetti ritmici della scrittura. Questo problema deriva da una difficoltà nell’eseguire una sequenza fluida di movimenti. Per aiutare chi è affetto da dislessia a mantenere un comportamento ritmico potrebbe essere utile un’educazione specifica al ritmo attraverso la pratica musicale». A tale riguardo, Bruna Molteni, neuropsichiatra, e Daniela Sarti, psicologa dell’Istituto Neurologico Carlo Besta sottolineano: «Sempre più si conferma la necessità che le valutazioni dei bambini con dislessia prevedano la stesura di un profilo funzionale dettagliato che indaghi anche le funzioni motorie. Come emerge dai più recenti orientamenti scientifici i disordini dello sviluppo infantile sembrano determinati non da disfunzioni di singole aree specializzate ma di complesse reti neurali». Lo studio è stato condotto dal gruppo di ricerca coordinato da Maria Teresa Guasti, ordinario di Glottologia e Linguistica, e Natale Stucchi, ordinario di Psicologia Generale, entrambi dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con il Servizio per i disturbi del linguaggio e dell’apprendimento dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano. Gli autori della ricerca sono Elena Pagliarini, Maria Teresa Guasti, Carlo Toneatto, Natale Stucchi del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca e Elisa Granocchio, Federica Riva, Daniela Sarti, Bruna Molteni dell’Istituto Neurologico Carlo Besta. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Human Movement Science. (Red) Vedi http://www.unimib.it/ “Dyslexic children fail to comply with the rhythmic constraints of handwriting”; doi:10.1016/j.humov.2015.04.012

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SPAZIO

Sopra, rappresentazione artistica di un lampo di luce gamma e di una supernova alimentati da una piccola stella magnetar

I LAMPI DI RAGGI GAMMA DROGATI DA PICCOLE STELLE “MAGNETAR”

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imostrato per la prima volta un legame tra un lampo di luce gamma di durata molto lunga e un'esplosione di supernova eccezionalmente brillante. Le osservazioni sono state ottenute dagli astronomi degli osservatori dell'ESO a La Silla e in Paranal in Cile I risultati mostrano che la supernova non è stata causata da decadimento radioattivo, come previsto, ma dal decadimento di un campo magnetico estremo intorno a un oggetto esotico noto come magnetar. I risultati saranno pubblicati dalla rivista Nature il 9 luglio 2015. I lampi di luce gamma (o Gamma-ray burst: GRB) sono una delle conseguenze delle più grandi esplosioni che abbiano luogo nell'Universo dopo il Big Bang. Vengono individuati da telescopi orbitali sensibili a queste radiazioni di altissima energia, che non possono penetrare l'atmosfera terrestre, e successivamente osservati a lunghezze d'onda maggiori da altri telescopi sia dallo spazio sia da terra. I GRB durano di solito pochi secondi, ma in alcuni rari casi l'emissione di raggi gamma continua per ore. Uno di questi lampi di durata molto lunga è stato osservato dal satellite Swift il 9 dicembre del 2011 e denominato GRB 111209A. È stato uno dei più lunghi e più brillanti lampi di luce gamma mai osservato. Prima che l'emissione residua di questo lampo si spegnesse, è stata studiata sia dallo strumento GROND montato sul telescopio da 2,2 metri dell'M-

PG/ESO a La Silla che dallo strumento X-shooter installato sul VLT (Very Large Telescope) al Paranal. Il marchio di una supernova, più tardi chiamata SN 2011kl, era evidente. Questa è la prima volta in cui viene trovata una supernova associata con un GRB molto lungo considerato che Il legame tra le supernove e i lampi di luce gamma di lunga durata normali è stato stabilito nel 1998. L'autore principale del nuovo articolo, Jochen Greiner del Max-Planck-Institut für extraterrestrische Physik, Garching, Germania, spiega all’Eso: «Poiché un lampo di luce gamma di durata molto lunga viene prodotto solo una volta ogni 10.000 -100.000 supernove, questa stella esplosa dev'essere stata in qualche modo speciale. Gli astronomi hanno ipotizzato che questi GRB provengano da stelle molto massicce circa 50 volte la massa del Sole - e che indichino la formazione di un buco nero. Ma ora l'osservazione della supernova SN 2011kl, trovata dopo il GRB 111209A, sta cambiando il paradigma per i GRB di durata molto lunga». Nello scenario di un collasso stellare massiccio (a volte chiamato collapsar) l'emissione della supernova in ottico/ infrarosso, di circa una settimana, dovrebbe essere dovuta al decadimento del nickel-56 radioattivo che si forma nell'esplosione (si pensa che il lampo di luce gamma sia alimentato dai getti relativistici prodotti dalla materia che compone

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la stella mentre collassa sull'oggetto compatto centrale, tramite un disco di accrescimento caldo e denso). Ma nel caso di GRB 111209A le osservazioni combinate di GROND e VLT hanno mostrato per la prima volta senza ambiguità che questa non poteva essere la spiegazione giusta in quanto La quantità di nickel-56 misurata nella supernova con lo strumento GROND è troppo grande per essere consistente con l'emissione ultravioletta vista dallo strumento X-shooter. Anche altre ipotesi sono state scartate. L'unica spiegazione in accordo con le osservazioni della supernova che ha seguito il lampo gamma GRB 111209A era che fosse stata alimentata da una magnetar - una piccolissima stella di neutroni che ruota a centinaia di volte al secondo e possiede un campo magnetico molto più forte delle

normali stelle di neutroni, quelle note come pulsar radio: si pensa che le magnetar abbiano sviluppato campi magnetici tra le 100 e 1000 volte più intensi di quelli osservati nelle pulsar. Si pensa che le magnetar siano gli oggetti con il più forte campo magnetico nell'Universo. Questa è la prima volta in cui una connessione senza ambiguità e stata possibile tra una supernova e una magnetar. Secondo gli scienziati i nuovi risultati forniscono buona evidenza di una relazione inaspettata tra i GRB, le supernove molto brillanti e le magnetar. Questa scoperta porta gli astronomi più vicini a una nuova e più chiara idea di come funzioni un GRB. (Red) Vedi www.eso.org

LE VENE E LE CICATRICI ROSSO SANGUE DI EUROPA

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a luna Europa di Giove è un posto decisamente strano. C'è qualcosa di innegabilmente biologico su questa foto, rispedita sulla Terra dalla sonda Galileo della NASA. La luna è segnata da solchi di colore rosso intenso, simile alle vene che scorrono attraverso un occhio umano. Galileo ha esplorato in dettaglio Europa nel corso dei suoi anni trascorsi in orbita attorno a Giove, dal 19952003. I dati di Galileo concorrono a sostenere la teoria che Europa ospiti un profondo oceano liquido sotterraneo, mentre nella crosta ghiacciata della luna sono stati rilevati minerali simili all’argilla. La sonda ha anche trovato prove che esiste una “esosfera” intorno Europa, così come intorno ad altre due lune di Giove: Ganimede e Callisto. Questo esosfera è una sottile atmosfera che circonda le lune in cui le molecole rimangono intrappolate dalla gravità. Europa, Ganimede e Callisto saranno esplorate ulteriormente dalla sonda Juice (Jupiter Icy lune Explorer) la missione dell'ESA che raggiungerà il sistema gioviano nel 2030. Non solo, La luna Europa è anche destinato a ricevere una particolare attenzione da parte della NASA, che lancerà una sua missione verso il 2020. Nonostante il loro aspetto inquietante, il cicatrici rosse che si intersecano sulla superficie di Europa non sono, naturalmente, di origine biologica. In realtà si tratta di crepe e creste che segnano come deboli linee l'interno

della crosta di ghiaccio della luna. Crepe e croste che vengono enfatizzato e gonfiate da gigantesche maree causate della tremenda forza gravitazionale di Giove. Alcune di queste creste sono lunghe migliaia di chilometri. Il colore sorprendente rosso è dovuto a contaminanti minerali che passano da sotto la crosta ghiacciata, probabilmente sono i sali di un misterioso mare sotterraneo. La foto in alto, è stata fortemente migliorata nei colori dai tecnici del Photojournal della NASA, che hanno combina varie immagini scattate utilizzando viola, filtri verde e vicino infrarosso. Questi dati sono stati raccolti nel 1995 e nel 1998. (Red) Vedi www.esa.int

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FOCUS

NEL SUD DELL’ALBANIA, L’ANTICO EPIRO, A POCHI KM DALLA GRECIA

GLI ARCHEOLOGI DI ALMA MATER TORNANO A SCAVARE NELL'ANTICA CITTÀ DI BUTRINTO A lato, panoramica dell’area archeologica dell’antica cttà di Butrinto nel sud dell’Albania

Il Consiglio Nazionale di Archeologia del Ministero della Cultura della Repubblica di Albania ha approvato un progetto dell’Università di Bologna per lo studio e scavo di un importante edificio sacro della città ellenistica e romana di Butrinto, situata nel sud dell’Albania (antico Epiro), a pochi chilometri dal confine con la Grecia.

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utrinto è un'antica città ellenistica e romana che sorge a pochi chilometri dal confine con la Grecia, tra un lago interno e il mar Ionio, di fronte all’isola di Corfù. La missione dell'Università di Bologna si affiancherà a quella già attiva da tempo a Phoinike (Fenice), sempre in Albania A Butrinto aveva condotto ricerche importanti e molto fruttuose, tra gli

anni Venti e Trenta del secolo scorso, Luigi Ugolini, laureato in Archeologia proprio a Bologna nel 1921. Poi la seconda guerra mondiale pose fine a quei lavori, ripresi successivamente da archeologi albanesi, inglesi e americani. Gli archeologi della Sezione di Archeologia del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell'Alma Mater, in continuità ideale con quelle passate ricerche, tornano oggi in questo sito importante e bellissimo, visitato da decine di migliaia di turisti ogni anno, soprattutto meta delle visite dei passeggeri delle molte crociere in navigazione nel mar Ionio che approdano all’isola di Corfù. La missione dell’Alma Mater è diretta da Sandro De Maria, ordinario di Archeologia Classica al Dipartimen-

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to di Storia Culture Civiltà, che da quindici anni lavora con i suoi collaboratori in un altro importante sito archeologico albanese: Phoinike (Fenice), città sorta nel IV secolo a.C. e abbandonata al tempo della conquista turca dell’Albania, nella prima metà del XVI secolo. I risultati ottenuti con le ricerche di Phoinike sono stati numerosi e importanti: scavi all’agorà della città ellenistica, al teatro antico, in quartieri di case ellenistiche e romane, nella basilica paleocristiana, nelle necropoli, nei siti minori del territorio. Grazie a questi lunghi anni di intenso lavoro il progetto dell'Alma Mater, che ha come partner l’Istituto Archeologico Albanese di Tirana, si estende ora alla vicina Butrinto, centro santuariale importantissimo in età ellenistica (destinato al culto di Asklepios/Esculapio) e colonia romana dell’età di Augusto. La nuova zona archeologica a Butrinto sarà oggetto di un progetto di studio e recupero di un’area sacra che sorge al di sopra del teatro, fino ad oggi mai indagata a fondo. Le attività si estenderanno poi a progetti di ricerca, scavo e valorizzazione di più ampio respiro. Gli scavi a Butrinto partiranno il prossimo settembre, in contemporanea con quelli di Phoinike, dove nel corso degli anni sono già passati diverse centinaia di studenti dell'Alma Mater, assieme a loro colleghi albanesi e di altre nazionalità europee, in un progetto di ricerca e formazione specialistica che fin dall’inizio ha goduto del sostegno del Ministero degli Affari Esteri Italiano, nell’ambito delle Missioni Archeologiche Italiane all’estero. Proprio il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, con la Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese, assicura il sostegno finanziario alla campagna di scavo, a cui si aggiunge il contributo dell’Università di Bologna e del suo Campus di Ravenna, che agevola la partecipazione degli studenti iscritti ai corsi legati alla conservazione dei beni culturali. (Red)

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CULTURA

VENEZIA. MUSEO CORRER FINO AL 30 AGOSTO

“NUOVA OGGETTIVITÀ”

ARTE IN GERMANIA AL TEMPO DELLA REPUBBLICA DI WEIMAR 1919-1933

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on “Nuova Oggettività” Venezia si apre all’arte tedesca del primo dopoguerra portando al Museo Correr gli artisti ed i temi più rappresentativi della corrente artistica che fu in grado di cogliere le difficoltà e i contrasti di uno dei periodi più difficili della Germania nel periodo della Repubblica di Weimar (1919-1933). Circa 140 opere in esposizione fino al 30 agosto spiegano ai visitatori le tematiche più rappresentative del movimento artistico Nuova Oggettività: dipinti, incisioni, disegni e fotografie di oltre quaranta artisti, molti dei quali ancora poco conosciuti in Italia. Durante il periodo della Repubblica di Weimar, gli artisti si trovano davanti ad una realtà in forte mutamento: da un lato il rapido processo di urbanizzazione e modernizzazione, possibile grazie allo sviluppo di industria e tecnologia, cambia profondamente il volto del Paese; dall’altro, l’alto tasso di disoccupazione e la situazione disperata che affligge vari strati della popolazione. Definito in vari modi, postespressionismo, neonaturalismo, verismo o realismo magico, il gruppo della Nuova Oggettività non segue un manifesto programmatico o una tendenza politica, né appartiene ad un’unica area geografica. L’arte della nuova oggettività ha alla base una sorta di comune scetticismo verso la società tedesca. La nascita del movimento artistico fu sancita con una mostra, che si tenne a Mannheimnel nel 1925, intitolata Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività). Diversamente dai loro predecessori dell’espressionismo, gli esponenti della Nuova Oggettività guardano alla nuova Germania, che sta pagando un prezzo altissimo per la sconfitta, senza illusio-

ni e privi dell’emotività che aveva invece caratterizzato gli espressionisti. Gli artisti della nuova oggettività ritrovano le tecniche della grande tradizione pittorica e prediligono il genere del ritratto. I diversi approcci al realismo (critico, freddo, satirico, ammaliante, oggettivo) e i temi trattati - disagi sociali, paesaggi urbani trasformati dall’industrializzazione, prostituzione - fanno emergere tutte le difficoltà di un’epoca tumultuosa e difficile. Il percorso espositivo della mostra è suddiviso in cinque sezioni tematiche. Le figure più famose della nuova oggettività, Dix, Grosz, Schad, Sander e Beckmann, sono affiancate da alcuni artisti meno noti, come Georg Schrimpf, Aenne Biermann, Heinrich Maria Davringhausen, Hans Finsler e Carl Grossberg per permettere ai visitatori di capire meglio la modernità e le novità dell’arte tedesca del periodo di Weimar. Nella prima sezione della mostra viene evidenziato il crescente divario creatosi tra una borghesia in costante

La scheda Dove. Venezia, Museo Correr Cosa. Nuova Oggettività. Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar, 1919-1933 Quando. Fino al 30 Agosto Orario. 10 – 19 (tutti i giorni) chiusura biglietteria e ultimo accesso 1 ora prima Costo. Biglietto Intero € 12,00 Ridotto € 10,00

Info. www.nuovaoggettivitacorrer.it

18 - n. 616 | Venerdì 10 Luglio 2015

ascesa e le categorie sociali più colpite dalle privazioni del primo dopoguerra: disoccupati prostitute reduci di guerra, vittime della corruzione politica e della violenza vengono spesso ritratte in atmosfere sinistre, come bordelli o angoli di strada. Opera emblematica della mostra è Il sognatore di Davringhausen (1919), che rappresenta la scena di un omicidio. La seconda sezione è dedicata alle differenze tra uno scenario urbano rivolto al futuro, che risente fortemente degli effetti dell’industrializzazione, e un mondo rurale dove viene proiettata la nostalgia di un passato che sopravvive solo nei ricordi. La terza sezione fa emergere una nuova tipologia di ritrattistica che mette in secondo piano l’individualità del soggetto per evidenziarne l’appartenenza a una categoria sociale. Artisti, scrittori, attori, emarginati, reduci di guerra e la “nuova donna” sono i soggetti più frequenti. La quarta sezione è dedicata all’uomo e alla macchina. Alcuni artisti esprimono le loro perplessità su un mondo ormai dominato dalle macchine; altri riconoscono i benefici della tecnologia e cercano di interpretare il nuovo rapporto tra uomo e industria. In questa sezione la fotografia gioca un ruolo dominante. Infine, natura morta e beni di consumo sono i protagonisti dell’ultima sezione della mostra. Qui si raccontano i cosiddetti “ritratti di oggetti”, un nuovo tipo di natura morta. Oggetti di uso quotidiano, strumentalizzati a simbolo della produzione di massa e della modernità, raffigurati in composizioni allestite nei minimi dettagli. (Red)

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