Il Sommelier n.5/2011

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Organo ufficiale della FISAR - Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) v46, art. 1 comma 1, DCB Po”

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5,30 Anno XXIX - Numero 5 - Settembre-Ottobre 2011

®

speciale

Lazio speciale Abruzzo



Lettera del Presidente 150 anni di miracoli fra ricchezza e povertà Fisar in Rosa - di Maria Teresa Lanza News dal Mondo In Famiglia La segreteria comunica Il CTN comunica

Pag.

ENOGASTRONOMIA • TURISMO • CURIOSITÀ

Il Padre dell’Unità d’Italia a tavola - Rino Pensato

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La terra di Normandia e i suoi formaggi: quando natura e cultura si incontrano - Silvana Delfuoco

Un mondo abitato da Ch’tis - Giorgio Rinaldi

Villa Sant’Isidoro: quando il vino sposa il territorio… Karen Casagrande

Piemonte: un modo di vivere - a cura della redazione di Quality ADV Vini Torinesi: un tesoro da scoprire - a cura della redazione di Quality ADV Cantina Còlpetrone. Una scelta "Magnifica" - a cura della redazione di Quality ADV Montello e Asolo. Una storia di eccellenze - a cura della redazione di Quality ADV

40

Un Cheese con la Francia protagonista - Luca Bernardini

SCIENZA • TECNICA • APPROFONDIMENTI

I vini vulcanici dell’Etna Luca Iacopini e Massimo Bracci

28

27 32 34 36

Le notizie di enogastronomia e turismo a cura della redazione di Quality ADV

20° Merano Wine Festival - a cura della redazione di Quality ADV

20

24

Valle d’Aosta, una terra che guarda lontano - Silvana Delfuoco

a cura della redazione di Quality ADV

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Curiosità: un Whisky che parla bolognese - Giancarlo Roversi

• Lazio

2 4 6 92 100 119 120

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Lapponia da bere - Enza Bettelli

speciale: Abruzzo

sommario

COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

44

48-64

23-37-39-63-81 55

86


Il Presidente Nicola Masiello

“ I

Siena: Congresso Fisar 2011

L’ultimo appuntamento Fisariano in terra di Siena, risale al 1993, uno storico congresso in quel di Chianciano Terme che rivoluzionò il modo di fare i congressi Fisar.

nfatti è dal quel congresso che si instaurò il

con il mondo del vino Italiano consapevoli del ruolo

concorso del "Sommelier dell’anno” Fisar e ri-

che rivestiamo all’interno dell’intera filiera. Parleremo

cordo come se fosse ora la faccia stupita e me-

di vino a 360° analizzando l’argomento in tutti i suoi

ravigliata di una certa Claudia Marinelli nel momento

vari aspetti: dalla parte normativa della OCM vino

della consegna di quel primo dell’ambito trofeo. Poi

alla qualità, dal consumo pro-capite in caduta libera

la parte formativa e di aggiornamento del congres-

al problema del’uso e abuso di alcol, dalla qualità del

so, riguardante i Sommelier: era appena entrata in

vino di eccellenza al vino quotidiano.

vigore la legge 164/92 che ha regolamentato fino al 2010 tutta la normativa della produzione vitivinicola Italiana. Intervennero i maggiori esperti del settore e giornalisti e fu il Sen. Riccardo Margheriti estensore della legge ad illustrarci i contenuti della stessa. Abbiamo detto il congresso della svolta per il modo di proporre l‘immagine della Fisar e del modo di relazionarci con il mondo che circonda la figura del Sommelier. Quest’anno siamo di nuovo a Siena e, oltre alla parte prettamente goliardica, dalle visite ai territori delle DOCG Senesi: Montalcino, Montepulciano, San Gimignano, il Chianti Classico ed il Chianti, alle cene

2

E sarà anche un momento di verifica interna alla Federazione sui programmi attuati e sulla progettualità futura che verrà discussa dal Consiglio Nazionale e dal nuovo Centro Tecnico Nazionale insieme a tutti i Delegati d’Italia per disegnare il futuro della Fisar e mirare, attraverso un continuo aggiornamento nella formazione, a rendere determinante e costruttiva la presenza dei sommelier nelle maggiori Fiere, manifestazioni e mostre di settore sia in Italia sia all’estero. Il mio augurio è quello di essere in tanti all’appuntamento senese in modo da poter condividere tut-

e degustazioni di prodotti tipici e vini del territorio,

ti i momenti del Congresso, avere la possibilità di

torneremo a parlare ancora di vino e soprattutto del-

confrontarci e poter vivere esperienze piacevoli alla

lo STATO DI SALUTE DEL VINO ITALIANO con una

scoperta di tutto ciò che il territorio della città ci offre

tavola rotonda che vedrà la partecipazione di perso-

ma soprattutto vivere momenti di vera amicizia tra i

naggi di primissimo piano dell’enologia, di giornali-

soci e cementare ancora di più quei rapporti umani

sti, di produttori, delle Istituzioni e soprattutto di noi

che ci caratterizzano e che in qualche modo ci ren-

Sommelier che vogliamo confrontarci sempre di più

dono unici rispetto agli altri.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5


Rivista di Enologia, Gastronomia e Turismo

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di Roberto Rabachino per comunicare con il Direttore: direttore@ilsommelier.com (fonte dati Andrea Chirichelli - PMI)

Sconfitte la fame e la miseria, l’ignoranza e la malattia, abbiamo raggiunto un benessere pari a quello di pochi altri paesi al mondo.

I

n 150 anni di storia unitaria l’Italia ha realizzato incredibili conquiste, ha moltiplicato il pil pro capite per più di 8 volte, riducendo la distanza con i paesi più avanzati e diventando una delle dieci potenze economiche mondiali (anche se oggi rischia di uscire dalla top ten, soccombente contro Paesi più grandi e veloci nell’interpretare il cambiamento). L’ascesa del benessere è stata continua nelle dimensioni non economiche, dalla salute al comfort delle abitazioni, dall’istruzione all’impiego del tempo libero. Basti pensare che, dall’Unità a oggi, la vita si è allungata da trenta a ottant’anni e il paniere della spesa, che 150 anni fa era per i due terzi destinato all’alimentazione, oggi lo è per meno di un quinto, con molto spazio dedicato al tempo libero e al divertimento. Nello stesso periodo, il reddito medio degli italiani è salito di otto volte e mezzo ma seguendo tre fasi distinte: dall’Unità al 1950, ossia dall’economia agricola al boom economico; dal 1950 al 2000, quando il PIL per abitante è aumentato di 5,5 volte; dal 2000 in poi quando invece è sceso, e

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non solo a causa della crisi. Il periodo di massima espansione dell’economia italiana e al contempo di vera e propria trasformazione del suo tessuto produttivo si è concentrato in un periodo molto breve, ossia nel quinquennio 1958/63, gli anni del cosiddetto “boom” economico, oggi lontanissimo. Tempi lontani. L’Italia attualmente è ferma da 10 anni: siamo a andarti “a granchio” nel confronto internazionale e secondo le previsioni del Fmi il pil continuerà a calare. Negli anni ’90-’91 l’Italia cresceva del 6% in più rispetto alla media dell’area euro, nel 2009 invece si trovava al 5% sotto la media, perdendo 11 punti percentuali. Entro il 2014 si stima che perderà altri 5 punti, arrivando al 10% sotto la media degli altri paesi. Da 10 anni l’Italia non cresce e arretra rispetto agli altri paesi europei. Dal 2000 al 2009 si è perso il 4,1% del pil pro-capite. Il problema odierno è che le campagne oramai non fungono più da bacino di raccolta e manodopera e gli americani hanno altro a cui pensare. Resta solo da sperare che tra 150 anni i nostri pro-pro-pro nipoti si guarderanno indietro e rideranno dei problemi che ci affliggono oggi...

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150 anni di miracoli fra ricchezza e povertà


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Elena Martuscello, FISAR Presidente delle in rosa Donne del Vino

di Maria Teresa Lanza Consigliere Nazionale FISAR

Oggi la presenza femminile nel settore vitivinicolo è una realtà affermata e qualificata. Un significativo esempio di un fenomeno emergente ed in continua crescita, ci viene offerto dall’Associazione delle Donne del Vino, a capo della quale è una donna del Sud, Elena Martusciello, che in questa intervista si racconta nel duplice ruolo di donna-imprenditrice e di Presidente di un’Associazione tutta “rosa”.

Quando inizia il suo percorso nel mondo del vino? La mia vita è segnata fin dalla giovinezza da una forte presenza femminile. A causa della prematura scomparsa del papà, sin da bambina assumo come unico punto di riferimento la mia giovane, ma forte madre. Questa esperienza tempra e forgia il mio carattere. La mia è stata quasi un’irruzione in un ambiente storicamente monopolizzato dagli uomini. Sin da subito sono riuscita ad inserirmi nella famiglia Martusciello, grazie alla consapevolezza della forza dell’”essere donna”, riuscendo così a lavorare insieme con i maschi dell’azienda, che con grande esperienza seguivano da sempre l’attività, e diventandone in poco tempo un punto di riferimento. Contribuisco alla nascita dell’azienda ”Grotta del Sole”, una delle note realtà economiche e produttive del Mezzogiorno, situata nei campi Flegrei. Il mio lavoro è stato, dunque, quello di alimentare, grazie

alla forte affezione per il territorio natìo, l’interesse del mondo vitivinicolo su queste preziose aree famose in passato, ma con il tempo un po’ dimenticate. Fortemente innamorata della mia terra ho promosso una serie di iniziative tese a valorizzare il patrimonio storico, culturale ed enogastronomico dei Campi Flegrei in Italia e all’estero. Nel ruolo di imprenditrice e donna del Sud, ha incontrato particolari difficoltà, che in qualche modo, hanno limitato le sue scelte? Il mio ruolo in azienda, seppur molto impegnativo, non ha limitato le mie scelte e le mie esperienze di vita. Ho sempre amato e raccolto le sfide più varie, ritenendole fondamentali per soddisfare la necessità di misurarsi e confrontarsi. Ricordo con piacere, in uno dei primi viaggi in Finlandia nel 1993, a Helsinki, l’interesse e la curiosità che riuscii a suscitare in quanto donna imprenditrice e del Sud. Ne parlarono i principali giornali della città, dedicandomi pagine intere.

FISAR 6

in

rosa Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5


Elena Martusciello

Ci parli dell’Associazione delle Donne del Vino e

nella valorizzazione e nella promozione del ter-

dei suoi obiettivi.

ritorio e dei suoi prodotti tipici?

L’Associazione, nata nel 1988, è costituita da pro-

Spinta da un grande senso di responsabilità civica,

duttrici, ristoratrici, enotecarie, enologhe, somme-

nel marzo 2008, ho concorso alla carica di sindaco

lier, giornaliste, che in tutta Italia, con la loro attività,

di Pozzuoli ed ho assunto successivamente l’impe-

promuovono la cultura del vino nel senso più ampio.

gno di consigliere comunale della città. Nel 2010 ho

In un settore come quello vitivinicolo, storicamente

affrontato una nuova sfida della mia vita concorren-

monopolizzato dagli uomini, il nostro sodalizio “rosa”

do alla carica di consigliere regionale. Grazie a que-

costituisce un unicum nel suo genere, distinguendosi soprattutto per la vivacità e per l’approccio moderno e anticipatore al mondo del vino. Sono una Donna del Vino da sedici anni: nel 2004 ho assunto la carica di delegata regionale e nel 2010 sono stata eletta, all’unanimità, Presidente Nazionale. In venti anni di vita dell’Associazione, per la prima volta, la guida è assunta da un’imprenditrice meridionale. È una carica che da un lato mi onora e dall’altro mi impegna moltissimo. Sin da subito il mio approccio verso l’Associazione “Le Donne del Vino” è stato ricco di entusiasmo e propositivo, ritenendo l’associazionismo fattore indispensabile per la crescita e lo sviluppo del potenziale femminile. La gioia che scaturisce da quest’amicizia tra donne, la pluralità delle esperienze

sta esperienza mi sono resa conto di quanto la politica sia ancora distante dai problemi del cittadino. Sarebbe importante che i politici si attivassero per migliorare il contesto nel quale si ritrovano a dover operare le imprese, specialmente quelle del Sud, per avviare finalmente quell’auspicato decollo a 360°. Ritengo che le risorse paesaggistiche, culturali ed enogastronomiche del nostro paese siano un grande patrimonio da valorizzare per produrre sviluppo. Le donne rappresentano sicuramente una grande ricchezza per il paese grazie proprio alla loro diversità di genere. Sono più sensibili, più concrete e da sempre abituate a gestire sia le risorse umane sia le risorse finanziarie: per questi motivi mi augurerei che

a disposizione di noi tutte e il nostro punto di vista,

la politica desse loro più spazio, migliorando quei ser-

femminile, abituato alle difficoltà e alla possibilità di

vizi a sostegno delle donne lavoratrici, indispensabili

affermazione, uniti alla consapevolezza di avere un

affinché possano dedicarsi al lavoro senza penalizza-

unico obiettivo comune, ci hanno consentito e ci

re la famiglia. Sono mamma di due figli, Francesco e

consentiranno di raggiungere grandi risultati.

Salvatore, e conosco bene i sacrifici che ho dovuto affrontare, insieme a mio marito, che purtroppo non

Quanto incide l’azione politica per lo sviluppo

c’è più, per crescerli con quei valori che solo una

nel Sud dell’imprenditoria femminile, impegnata

mamma supportata riesce a dare.

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di Rino Pensato Consulente di “Casa Artusi”, Forlimpopoli, Docente di Bibliografia gastronomica, Università di Bologna

Il Padre dell’Unità d’Italia a tavola

Artusi 100 anni dopo. Tanti sono gli omaggi, in Italia e nel mondo, dedicati nel 2011 al grande gastronomo. Quelli più importanti sono venuti dalle due città della sua vita, Forlimpopoli, paese natale, e Firenze, città d’adozione dal 1851 alla morte.

l 2011 è un anno denso di anniversari. Certamente per gli italiani l’anniversario principe è il 150° dell’Unità della nazione. Caso vuole, ma non si tratta proprio di caso, sarebbe più giusto dire che la Storia ha voluto che con esso se ne possano accordare altri, minori, ma perfettamente in linea con l’espressione chiave “Unità d’Italia”. Ci riferiamo, tra gli altri e forse sopra tutti gli altri, il Centenario della morte di Pellegrino Artusi. Da gran tempo il grande romagnolo è considerato l’unificatore dell’Italia a tavola. Il suo trattato, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene è, esattamente da 120 anni (altro anniversario nell’anniversario), cioè dal 1891, il trattato di cucina più “amato” da generazioni di italiani e il più tradotto all’estero. Non sappiamo se, a parte la Bibbia e quasi certamente la Divina Commedia, vi sia un altro libro che vanti una presenza così lunga e ininterrotta nei cataloghi editoriali italiani. Da Landi, suo primo tipografo-

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Pellegrino Artusi

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spirito moderno

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editore (ma il buon Pellegrino pagò di tasca sua

pubblicate a Firenze da Barbera e dedicate a

la prima edizione) a Salani a Giunti (da decenni il

Ugo Foscolo (1878) e Giuseppe Giusti (1881).

suo editore “ufficiale”) a Vallardi a Einaudi, l’Artusi

A Forlimpopoli dal 1° al 30 aprile la mostra

(“Artusi: per antonomasia libro di cucina”, come

“Pellegrino Artusi, la cucina domestica e i ricet-

scrisse Alfredo Panzini nel 1905)

tari di casa”, a cura di Rino Pensato e Antonio

non è mai, come suol dirsi, uscito di catalogo. Il

Tolo, ha presentato in Casa Artusi una selezione

celebre fisiologo Paolo Mantegazza, amico e corrispondente di Artusi, già nel 1893 gli scriveva: “Col darci questo libro voi avete fatto un’opera buona e perciò vi auguro cento edizioni”. Il solo Giunti ha da tempo superato il tetto di riedizioni e ristampe augurato da Mantegazza e dichiara, nell’anno del centenario, in occasione di una delle ristampe delle prime edizioni del libro, di avere ormai superato il milione di copie vendute. E già all’inizio del secolo scorso, l’Artusi risultava esse-

italiane, che illustrano l’influenza de La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene sulla gastronomia italiana moderna. Tra le iniziative forlimpopolesi, si segnala “Menu Italia”, la rassegna che ha proposto incontri con autori e libri che interpretano i 150 anni della storia d’Italia in una chiave gastronomica. Tra questi, alla fine di maggio, la serata dedicata

re era uno dei libri più letti dagli italiani, insieme a

a Lo scaffale del gusto. Guida alla formazione di

“I promessi sposi” e “Pinocchio“.

una raccolta di gastronomia italiana (1891-2011)

Tanti sono gli omaggi, in Italia e nel mondo, de-

per le biblioteche (IBC-Compositori, 2011), au-

dicati nel 2011 al grande gastronomo. Quelli più

tori Rino Pensato e Antonio Tolo, presentato

importanti sono venuti dalle due città della sua

da Giancarlo Roversi. Il libro è frutto della col-

vita, Forlimpopoli, paese natale, e Firenze, cit-

laborazione tra l’Istituto per i beni culturali della

tà d’adozione dal 1851 alla morte. «Artusi100

Regione Emilia-Romagna, il Consorzio BAICR

- Il secolo artusiano» è il titolo del convegno di

(Biblioteche, archivi e istituti culturali di Roma) e

studi che, dopo le due prime sessioni nel ca-

Casa Artusi, il centro di cultura gastronomica de-

poluogo toscano (il 30 e il 31 marzo a Palazzo

dicato alla cucina di casa realizzato dal Comune di

Vecchio), si è spostato a Forlimpopoli, città natale di Artusi (il 1° e il 2 aprile a Casa Artusi). Due mostre hanno accompagnato il convegno nelle due sedi. A Firenze, per iniziativa e cura dell’Accademia della Crusca, che ha proclamato il 2011 Anno Artusiano, la Mostra Pellegrino Artusi. Il tempo e le opere (Firenze, 31 marzo-30 aprile 2011 Biblioteca Nazionale Centrale, curata da Giovanna Frosini) ha ripercorso, come suggerisce il titolo, la vicenda umana e culturale di Pellegrino

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di volumi e ricettari manoscritti di alcune famiglie

Forlimpopoli, diventato, in poco tempo, un punto di riferimento a livello nazionale. Lo Scaffale del gusto è una guida bibliografica che si propone come strumento di orientamento e di lavoro per tutti coloro che vogliano, per motivi diversi, avviare o sviluppare una raccolta documentaria dedicata alla gastronomia italiana, a partire dall’anno di pubblicazione de La Scienza in cucina (1891) fino al 2011 (a 100 anni dalla morte di Artusi e

Artusi, con un focus rappresentato dagli aspetti

120 dalla prima edizione della “Bibbia” gastrono-

più propriamente letterari e linguistici di tale vi-

mica italiana).

cenda. Così, accanto alla prima edizione del suo

“Chissà come giudicherebbe – si legge in quarta di

capolavoro gastronomico e ad altri documenti, a

copertina - questo repertorio bibliografico, lui che,

stampa e manoscritti, si sono potute ammirare

da severo critico dei libri di cucina, definiti come

le due incursioni letterarie del Nostro, entrambe

‘fallaci e incomprensibili’, invitava a diffidarne”.

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Lapponia da bere di Enza Bettelli

Sul Circolo Polare Artico, nel paese di Babbo Natale, le foreste si estendono a perdita d’occhio e sono il regno incontrastato delle renne, più numerose della popolazione umana alla quale contendono frutti e funghi selvatici.

I

l paesaggio della Lapponia finlandese è sicuramente rilassante, con il verde intenso delle foreste che si alterna all’azzurro di laghi e fiumi e al verde più variegato della tundra, il tutto distribuito su grandi spazi dove il silenzio è sovrano. E’ un Paese che cambia faccia a seconda delle stagioni e che all’esplosione di colori dell’estate, quando il sole non tramonta mai, alterna il fascino della notte invernale che il sole, invece, non lo vede quasi per altrettanti mesi. E c’è poi il bianco della coltre di neve che ricopre i villaggi, le foreste e le aree dove ancora oggi i cercatori d’oro setacciano la sabbia per recuperare le preziose pepite. In questa caratteristi-

ca regione finlandese vivono i discendenti delle antiche popolazioni Lapponi che per combattere il freddo dell’inverno si affidano a una gastronomia fatta di piatti sostanziosi e di bevande calde o alcoliche. Il vino è solo d’importazione e piuttosto caro ed è quindi più diffuso quello locale, ricavato dalla fermentazione di frutta e bacche, di buona gradazione e un gradevole gusto, prodotto in varie tipologie per accompagnare l’intero menu. Ancora più diffusa è la vodka Finlandese, di ottima qualità e fa concorrenza a quella della confinante Russia. Si ottiene dai mosti fermentati di grano, orzo e segale e scalda e rallegra i lunghi mesi dell’inverno.

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Altri liquori tipici sono quelli ricavati dalle bacche della foresta lappone, inesauribile fornitore di materia prima per la gastronomia locale. Tra tutti, è molto apprezzata l’acquavite ricavata dalla mora artica (lakka in lingua lappone e Rubus Chamaemorus il nome scientifico), che a maturazione prende un bel colore ambrato e ha polpa gradevolmente acidula. E’ un frutto selvatico molto resistente e sopporta temperature fino a -40°C, ma è ovviamente piuttosto scarso e costoso. Questa mora è preziosa per i Lapponi poiché possiede varie proprietà, da quelle nutritive (è tra l’altro ricca di vitamina C) a quelle medicinali e cosmetiche, tanto da venire utilizzata anche in erboristeria e come base per prodotti cosmetici. Oltre che in acquavite, la mora artica è trasformata in confettura e succo. La mora artica è così importante per i Lapponi e i Finlandesi da venire riprodotta sulle monete da 2 euro della Finlandia e l’acquvite si beve di solito nelle tipiche tazzine di legno.

C’è poi la birra, bionda e leggera, di gusto pulito e con retrogusto amarognolo, ideale per accompagnare zuppe e pietanze che sono spesso a base di carne, soprattutto renna, e pesci pescati a volte proprio dietro casa. La birra è prodotta in diverse gradazioni e anche analcolica. Tuttavia in Lapponia non si beve solo alcol. I Lapponi, come del resto gli altri Finlandesi, amano molto il latte, che è di ottima qualità e si consuma durante tutta la giornata, anche ai pasti. Il consumo di latte va di pari passo con quello di caffè, di gusto diverso da quello al quale siamo abituati noi perché è tostato in modo diverso e la bevanda viene preparata più diluita della nostra. E, infine, c’è l’acqua che è sempre gasata, e a chi la chiede senza bollicine viene portata quella del rubinetto, che ha peraltro un ottimo gusto. Senza dimenticare quella dei laghi che, grazie all’assoluta mancanza di inquinamento della regione, è così pura che sostituisce normalmente l’acqua del rubinetto.

Il paese delle renne Tra i molti animali selvatici che vivono nella Lapponia finlandese, di tanto in tanto si possono incrociare lupi, orsi e alci, ma sono le renne che popolano l’intero territorio e anche quelle così dette di allevamento in realtà vivono libere a branchi nelle foreste dove trovano il loro nutrimento. A volte possono diventare un pericolo per gli automobilisti attraversando le strade all’improvviso e riescono perfino a finire sotto qualche treno. La carne della renna è molto pregiata e apprezzata ma difficilmente si riesce a trovarla fresca. Gli animali vengono infatti macellati in estate e la carne viene poi congelata e distribuita in tutto il paese. I piatti più tipici di questa regione sono quindi a base di renna, che ha un gusto che ricorda quello del manzo, ma un poco più intenso. La più famosa è la zuppa, ma la rennaviene preparata anche sotto forma di arrosto, umidi, hamburger e pâté.

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La terra di Normandia e i suoi formaggi: quando natura e cultura si incontrano

di Slivana Delfuoco

Camembert, Livarot, Pont l’Éveque: alla ricerca della qualità per tre dei più famosi formaggi di Francia.

T

utto comincia dal c’era una volta…

Dietro al successo del Camembert, forse il più famoso formaggio di Francia c’è, come spesso capita, una bella favola che parla dell’ingegno di una donna, accompagnato da un pizzico di fortuna. Si racconta infatti che negli anni della Rivoluzione francese, anche se le sue origini sono certamente ben più remote, una contadina della fattoria di Beaumoncel nei pressi di Camembert, Marie Harel, diede rifugio all’Abbé Jean-Charles Bonvoust, un prete in fuga dalle persecuzioni del Terrore. Sarebbe dunque stato lui a trasmetterle, in segno di riconoscenza, i segreti della fabbricazione del formaggio, che la buona Marie affidò a

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sua volta alla figlia e al genero, veri artefici dell’affermazione commerciale del prodotto. Furono loro a farlo conoscere a quell’abile uomo d’affari che era in realtà Napoleone III. Come già aveva fatto per i vini, con l’”invenzione” delle classificazioni all’Esposizione Universale del 1855, l’imperatore si rese conto dell’importanza che avrebbe avuto per il paese la valorizzazione dei suoi formaggi: il Camembert fece così il suo ingresso ufficiale alla tavola imperiale, e da lì iniziò il suo cammino tuttora in salita. La zona di produzione Ancora oggi davanti all’ingresso delle Halles di Vimoutiers, a pochi chilometri da Camembert, (che nonostante la celebrità del nome è rimasto un paesino minuscolo, pressoché inesistente)

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5


sorge la statua di Marie Harel, copia dell’originale

Camembert da Livarot, proprio al centro del

andata distrutta nel 1944 sotto i bombardamenti.

Pays d’Auge, terra non solo di formaggi ma an-

In realtà, come spesso capita in casi come que-

che di cidro, mele e calvados. Anche in questo

sto, dove un prodotto “di nicchia” conquista una

caso, il nome del paese e quello del formaggio

fama mondiale, il commento più ovvio è che si

coincidono; ne raccontano la storia, mentre

fa presto a dire Camembert, ma trovare quello

si assiste in diretta alla sua fabbricazione, alla

autentico è tutta un’altra storia…

Fromagerie Graindgorge, presente a Livarot

Non sono più di una decina, infatti, i caseifici di

dal 1910. Qui si viene a scoprire che il primato

Normandia nella zona del verde Pays d’Auge, sui

di più antico formaggio di Normandia, e forse di

dipartimenti del Calvados, dell’Orne e dell’Eure,

Francia (le leggende si sprecano…), spetta però

che hanno ottenuto l’A.O.P. per la produzione

al Pont l’Éveque, l’altra specialità della zona,

del formaggio a latte crudo, con circa 12000

che risale indietro nel tempo fino al XII secolo.

tonnellate di forme all’anno. Fra questi però, uno

Inventato, manco a dirlo, dai monaci, si chiamava

soltanto, la piccola Fromagerie Durand, alla

una volta “Angelot” e differisce dal Livarot per il

Ferme de la Héronnière di Camembert, è rima-

colore meno carico della crosta e per un gusto

sta a perpetuare la tradizione del formaggio a

più morbido e meno intenso.

latte crudo “moulé à la louche”, cioè preparato

Se però di questi due formaggi si vuole fare

a mano, riempiendo le forme a una a una con il

un’esperienza

mestolo!

Fromagerie La Houssaye di St-Pierre-sur-

unica,

bisogna

fermarsi

alla

Dives, vicino a Boissey: una piccola azienda Tra Camembert e Livarot

artigianale, che lavora esclusivamente col latte

Come succede per i vini, anche per i formaggi

crudo prelevato ogni giorno dalle diciassette fat-

basta un palmo di terra e scatta la differenza.

torie che la circondano, nel pieno rispetto della

Circa

tradizione e della qualità autentica.

una

decina

di

chilometri

separano

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5

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di Giorgio Rinaldi

Un mondo abitato da Ch’tis

I francesi, specialmente quelli delle regioni del sud del Paese, quando pensano ai territori del Nord-Pas de Calais restano assorti, pongono lo sguardo verso l’orizzonte, l’infinito, quasi a volere sottolineare una lontananza siderale dal resto della Francia, solo pretesa e non reale però, visto che il capoluogo, Lille, dista appena un’ora di treno (TGV) da Parigi.

S

arà, forse, per via della stretta parentela con i vicini belgi (qualche secolo fa il territorio oggi diviso tra più Stati era il Regno delle Fiandre); oppure, sarà per le abitudini ed il

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particolare linguaggio, che –per esempio- sono stati il leit motiv del grande successo cinematografico francese “Giù al Nord”, girato interamente nella regione, dal quale è stato fatto il remake italiano “Benvenuti al Sud”; ovvero, e più semplicemente, sarà perché è uno dei pochi luoghi in Francia dove il consumo di birra è nettamente superiore a quello del vino. L’Ambrosia del Nord, la bionda bevanda già conosciuta dai Galli con il nome di cervoise, ebbe nel XV° secolo con Giovanni Senza Paura, Duca di Borgogna e Conte delle Fiandre, la massima diffusione con la fondazione dell’Ordine del Luppolo d’Oro che, data la forte presenza nella regione d’acqua e orzo per il malto, promosse una grande coltivazione di luppolo. Nella regione non esistono grandi birrifici (brasseries) e la produzione della birra è assicurata da una trentina di piccoli produttori artigianali che preparano un numero incredibile di birre speciali: Angelus, Cuvée des Jonquilles, Choulette, Ch’tis “la birra dei due capi”, e altri meno famosi ma non meno importanti.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5


Si va da birre ad alta fermentazione, tra i 15 e i 25 C° a quelle a bassa fermentazione tra i 6 e i 12 C°.

Noto e tipico è lo stile di birra “Bière de Garde”, appartenente alla famiglia delle ale, ad alta fermentazione, fruttata e ben strutturata, dal colore ambrato, gradazione alcolica tra 6 e 7, è conservata in botti e tini di legno e poi in bottiglia di vetro, con tappo rigorosamente di sughero per consentire la rifermentazione. La birra è generalmente consumata in locali particolari, gli estaminets, posti particolari arredati con vecchi e curiosi oggetti, dove si può mangiare, cimentarsi in giochi antichi (il biliardo di Nicolas e la grenouille), chiacchierare e sorseggiare birre artigianali, magari di produzione dello stesso gestore. Il Nord-Pas de Calais è la più piccola regione della Francia e il più grande produttore mondiale di “invidia” o “insalata bega”, nonché seconda per produzione di birre. In settembre, nel minuscolo villaggio di Sainte Marie Cappel, in occasione del Festival Internazionale delle Birre Artigianali, si riuniscono i migliori produttori di birra del mondo.


Ch’tis, ovvero gli abitanti locali così chiamati dal resto dei francesi per il verso che fanno ad una loro espressione tipica, hanno associato alla loro bevanda principe tutti i loro piatti tipici: hochepot d’Artois, carbonnade fiamminga, ficelle piccarda, potjche’vlesch, waterzoi, coniglio e galletto alla birra, flamiche all’indivia, ai porri, ai funghi… Ma, il piatto più interessante che si può trovare è quello più semplice: moules-frites (cozze e patatine). La scoperta delle birre e dei cibi che le accompagnano passa attraverso la conoscenza di questa piccola regione, con i suoi splendidi palazzi, le bellissime piazze, i beffrois (antiche torri comunali simboleggianti la potenza dei governanti locali), addirittura storici locali déco adibiti ai commerci più vari, come la pescheria (Huitrière) di Lille. Non ultima la costa atlantica, con le sue lunghissime spiagge e le deliziose cittadine che vi si affacciano, come Le Touquet, con tantissime case in stile art dèco. Se si vuole, percorrendo soli 38 Km è possibile

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passare dalla Costa d’Opale francese alle bianche scogliere inglesi di Dover, magari ricordando Dunkerque. La regione NordPas de Calais è facilmente raggiungibile con Air France (www.airfrance.it) che vola su Lille e Le Touquet, oppure via treno o autostrade (Milano, per esempio dista appena 1000 Km). Qualsiasi informazione è possibile ottenerla dal Comite Regional du Tourisme Nord-Pas de Calais (www.tourisme-nordpasdecalais.fr) e dall’Ente Nazionale Francese per il Turismo (www.franceguide.com).

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5



Curiosità: un Whisky che parla bolognese di Giancarlo Roversi

Dalla natia Bologna Giacomo Justerini, un giovane dinamico e intraprendente di neppure trent’anni, ormai stanco della solita routine quotidiana sotto le due torri, nel 1749 decise di prendere armi e bagagli e di trasferirsi a Londra e diede il suo fondamentale contributo.

A

partire dalla metà del secolo scorso il whisky scozzese è entrato trionfalmente nelle abitudini degli italiani, lasciando solo spazio alla nostra intramontabile grappa e soppiantando il vecchio e familiare cognac, anche quello prodotto al di qua delle Alpi, che nel frattempo - per non urtare la suscettibilità dei

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francesi – venne ribattezzato, forse un po’ troppo genericamente, brandy. All’inizio a fare la parte del leone erano i blended, ossia una combinazione di whisky di segale, avena e mais (grain) e di malto (malt), sapientemente amalgamati dal blender, il maestro miscelatore che salvaguarda la costanza di gusto e aroma del prodotto di una stessa marca mescolando diversi distillati. Poi sono venuti i whisky di malto, più leggeri, e, per i palati più raffinati, quelli di single malt e pure malt mentre in aiuto degli amanti del gusto più deciso è venuta una ricca gamma di torbati. Ne è scaturito un panorama eccezionalmente variegato. Le marche in commercio si sono moltiplicate anche se i distillatori veri e propri sono rimasti solo un’ottantina rispetto agli oltre 120 di alcuni decenni fa. Oggi, contraddistinte da nomi classici e nomi di fantasia, esistono più di seimila etichette come sottolinea Sandro Montanari, uno dei massimi conoscitori di whisky a livello internazionale, che, accanto al famoso ristorante che porta il suo nome

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5


integrasolutions.it

sulle sponde del Canale Navile alle porte di Bologna, ha allestito una raccolta di 3500 bottiglie e marche pregiate fra le più importanti nel mondo con pezzi rarissimi, anche dell’800, che spuntano quotazioni da capogiro sul mercato del collezionismo. In mezzo a questo mare magnum fanno una certa tenerezza le marche che, tra gli anni ’50 e ’70, erano le protagoniste di memorabili incontri conviviali e solenni sbronze come il whisky White Horse (quello col cavallino bianco nell’etichetta), il Johnny Walker, il Wat 69, il Ballantine, il nobile Chivas Regal e altri ancora. Come il delizioso J & B di cui nessuno avrebbe mai sospettato, e quasi nessuno lo immagina neppure oggi, una radice bolognese. E pensare che a darne notizia sono quasi tutte le enciclopedie sui distillati e le monografie inglesi e italiane sul whisky, specie il libro di Piero Accolti pubblicato nel 1972 dall’editore Newton Compton. Ecco come sono andate le cose, sempre che si presti fede agli storici dell’impareggiabile distillato. Dalla natia Bologna Giacomo Justerini, un giovane dinamico e intraprendente di neppure trent’anni, ormai stanco della solita routine quotidiana sotto le Due Torri, nel 1749 decise di prendere armi e bagagli e di trasferirsi a Londra. Certamente per andare in cerca di fortuna e dare alla sua vita nuovi stimoli e vibrazioni, ma soprattutto per seguire la donna di cui si era innamorato, la cantante Margherita Bellino, che allora mandava in visibilio il pubblico non solo in Italia. A dare una svolta cruciale al destino di Justerini fu la scrittura ottenuta dall’amante in un teatro londinese. Le poche risorse che aveva portato con sè si esaurirono in un battere d’occhio e fu li lì per fare marcia indietro. La passione per la sua bella e la paura di perderla definitivamente ebbero però il sopravvento e lo spinsero a escogitare vari ripieghi per tirare avanti, ma con scarsi risultati pratici. Tanto che era ormai

VINI DELLE TERRE DI ROMAGNA

Dalla conoscenza della terra e del territorio e grazie alla posizione dei vigneti nei Calanchi di Modigliana, nascono le eccellenze enologiche di Romagna: Il Sangiovese, il Trebbiano D.O.C e l’Albana D.O.C.G.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5 Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali

Organismo responsabile dell’informazione: Agrintesa Soc. Coop. Agricola Autorità di Gestione: Direzione Generale Agricoltura - Regione Emilia-Romagna


completamente sfiduciato e sul punto di darsi per vinto. Per fortuna aveva portato con sè da Bologna un brogliaccio con i segreti per preparare i liquori che gli aveva infilato in tasca uno zio droghiere quando aveva lasciato la città. Lo rilesse più volte e capì che aveva tra le mani un piccolo tesoro. Anche perchè la tradizione liquoristica inglese a quei tempi era molto modesta mentre i sudditi di Sua Maestà andavano pazzi per i rosoli e gli elisir, per i liquori dolci insomma. Bologna invece in questo particolare settore eccelleva in Italia come confermano i giudizi entusiastici sui “rossolis” (dal latino ros solis: rugiada del sole), lasciati nei loro diari dai tanti viaggiatori stranieri transitati sotto le Due Torri. La fama dei liquori felsinei si mantenne su livelli elevati anche per tutto l’800 e a testimoniarlo ci restano molti ricettari, listini di specialità dai nomi esotici e fantasiosi e diversi avvisi pubblicitari. Perchè non ripetere sul Tamigi l’esperienza di Bologna? Si chiese Justerini. Forse valeva la pena di provarci. Ma come fare senza mezzi ? A venirgli in aiuto con un piccolo capitale fu George Johnson, nipote del vecchio attore Samuel, conosciuto nell’ambiente

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dello spettacolo in cui il giovane bolognese si era inserito come spasimante dell’avvenente Margherita. Assieme aprirono uno spaccio di vini liquorosi, allora in auge, e di rosoli. Johnson si occupava della contabilità mentre Justerini se ne stava nel retrobottega a preparare ratafià, elisir, sciroppi, essenze, cherrv brandy, apricot, cognac all’arancio e altri liquori secondo le indicazioni del provvidenziale ricettario dello zio droghiere. L’impresa andò a gonfie vele e consentì ai due soci di racimolare un cospicuo peculio. A trarne beneficio fu anche la sua innamorata che rimase accanto a lui durante tutta la sua permanenza a Londra. Ossia fino a quando l’intraprendente partner non si stufò del solito tran tran e fu preso da una forte nostalgia per Bologna. Così, piantati in asso il socio e l’amante, tornò a valicare le Alpi per fare ritorno in patria. Era il 1760, l’anno stesso in cui re Giorgio III, con la prima delle sue otto ordinanze reali, colmò di lusinghieri apprezzamenti e patenti sovrane la casa liquoristica scaturita dall’estro di Justerini. Al timone dell’azienda restò George Johnson, affiancato dal figlio Augusto. Nel 1831 il pronipote Augusto II cedette l’azienda

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5


ad Alfred Brooks, un gentiluomo molto facoltoso. Si vociferava che i suoi giardini - i famosi St Johns Wood Gardens - fossero abbastanza grandi da contenere uno “snipe shoot”. Proprio a lui si deve la decisione di inserire, addirittura al primo posto, il nome dell’estroso liquorista bolognese nella nuova ragione sociale della ditta: la “Justerini & Brooks”. Un gesto significativo che rendeva omaggio a chi l’aveva fondata poco meno di un secolo prima, tramandandone ai posteri la memoria. Peccato che il suo creatore, scomparso da chissà quanti anni, non potesse godersi questa soddisfazione. Infatti dopo il rientro a Bologna se ne perdono definitivamente le tracce, sempre ammettendo che ritornasse davvero fra le mura della sua città. Forse a indurre mister Brooks a sottrarlo all’oblio era stata la storia, ancora viva nel ricordo dei londinesi del primo ‘800, dell’innamorato italiano che per stare accanto alla sua donna si era messo a fabbricare liquori. Liquori di una raffinatezza tale

da ammaliare l’aristocrazia inglese e perfino il Re. Certamente questa scelta gli portò fortuna. Alla fine dell’800 l’azienda effettuò una riconversione produttiva, abbandonando il settore dei liquori per dedicarsi alla fabbricazione del whisky: un distillato forte e suadente, di origine scozzese e irlandese, che cominciava a muovere i primi passi di quella che sarebbe stata una vera marcia trionfale destinata a portarlo a dominare il mondo degli alcolici. Un mondo dove il whisky J & B, ha sempre ricoperto un ruolo di protagonista, specialmente nel settore dei blended, con una forte penetrazione negli Stati Uniti, in particolare a Boston. Durante gli anni del proibizionismo, la ditta commercializzò infatti una marca dedicata esclusivamente al mercato americano: “J&B Rare”. Oggi, grazie all’unione con “WA Gilbey Ltd”, la produttrice del celebre London Gin, il whisky J & B ha conquistato il secondo posto nel mondo nel mercato dei blended.

a cura della redazione di Quality ADV

Azienda Agricola Caven il “Nebbiolo di Montagna” al Merano Winefestival 2011 Anche quest’anno il Merano Wine Festival vedrà la presenza, nella sez. “Extremis”, dei nostri “Nebbioli di Montagna”. La rigida selezione alla quale sono sottoposti i campioni inviati annualmente a Merano, ci premia per l’alta qualità dei prodotti, testimoniata anche dai “freschi” riconoscimenti appena ricevuti dal 19° Concorso Internazionale Vini di Montagna indetto dal CERVIM. Due i vini premiati: il Valtellina Superiore Docg Sassella “La Priora” 2005 con MEDAGLIA D’ORO e il Valtellina Superiore Docg Inferno “Al Carmine” 2006 con MEDAGLIA D’ARGENTO. Quest’ultimo, insieme al Valtellina Superiore Docg “Giupa” 2006, è stato selezionato dalla Commissione d’Assaggio per il MWF, garantendoci così una presenza veramente importante. L’enologo Stefano Nera: “L’Azienda Agricola Caven, di cui siamo titolari io e mio fratello Simone, nasce nel 1982 con l’acquisizione dal papà Pietro di vigneti nelle classiche sottozone di produzione del Valtellina Superiore Docg, cioè Sassella, Inferno, Grumello e Valgella. Crediamo nel territorio e nei nostri viticoltori e siamo la prima azienda agricola vitivinicola della Valtellina per superficie vitata a disposizione con circa 31 ettari, di cui quasi 6 ettari si trovano nella sottozona Inferno, la più piccola della Valtellina con un totale di 23 ettari di Inferno tra proprietà, conduzione e conferenti, corrispondenti, in bottiglie, al 46% della produzione valtellinese proveniente da questa particolare sottozona“. AZIENDA AGRICOLA CAVEN - 23036 TEGLIO (SO) Sede commerciale: CHIURO (SO), Via Stelvio 40/a Tel. +39 0342 482631- www.cavencamuna.it - info@cavencamuna.it

Simone e Stefano Nera

23 Porzione di vigneti di proprietà in loc. Valgella


Villa Sant’Isidoro: quando il vino sposa il territorio…

di Karen Casagrande Miglior Sommelier FISAR 2010

Nel nome di questo Santo patrono dell’Agricoltura, che si fa portavoce del lavoro e del sacrificio che costa la produzione dell’uva e del vino, nasce un bianco di estrema complessità e gioventù, che riassume a livello organolettico tutta l’espressione del territorio di origine.

B

asta addentrarsi alcune decine di chilometri all’interno del litorale marchigiano per immergersi in una realtà suggestiva, di rara bellezza, uno di quegli scorci in cui natura, campagna e architettura si fondono in unicum che è tradizione e storia della nostra Penisola. Ed è qui, nel cuore dei Colli Maceratesi, che sorge Villa Sant’Isidoro, un’antica dimora signorile costruita sull’omonimo colle tra il XVII e il XVIII secolo, sulle rovine di un antico monastero francescano. Un luogo dominato dalla pace e dalla tranquillità della campagna fin dalle origini, e arricchito da un ulteriore complesso edilizio all’inizio degli anni 30’ del secolo scorso. Arte e cultura si ripercorrono all’interno della Villa, dal suo ingresso, attraverso uno dei più lunghi viali di cipressi della provincia, fino alla piccola Chiesa settecentesca ristrutturata di recente dalla famiglia Foresi. Un paesaggio incantevole nel comune di Colbuccaro di Corridonia, che da una parte consente di apprezzare il quadro dei monti Sibillini all’orizzonte, e dall’altra è separato dall’Adriatico solo da trenta chilometri. E’ alla fine degli anni 90’ che nel corso dei lavori di ristrutturazione della Villa, nasce un progetto, un’idea: dare voce ad un territorio di così ampia

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sfaccettatura attraverso le viti e il vino. Tredici ettari di vigneti corrono lungo i pendii che dipartono dall’edificio principale, che godono di un’insolazione importante grazie all’esposizione a Sud-Est e alle forme di allevamento a spalliera. Il suolo, che per la prima volta ospita la vite, è caratterizzato da una forte componente argilloso-calcarea, una matrice difficile da lavorare, ma che offre grandi potenzialità per l’ottenimento di vini ricchi di mineralità e struttura. Le limitate precipitazioni nel corso dell’attività vegetativa spingono le piante all’approfondimento radicale, per arricchirsi così dell’apporto idrico delle falde acquifere sottostanti e dell’insieme delle componenti minerali che tanto caratterizzano Colle Sant’Isidoro. Nel nome di questo Santo patrono dell’Agricoltura, che si fa portavoce del lavoro e del sacrificio che costa la produzione dell’uva e del vino, nasce un bianco di estrema complessità e gioventù, che riassume a livello organolettico tutta l’espressione del territorio di origine. Prodotto con uve Pecorino in purezza, Isidoro incanta al bicchiere ancora prima che in bocca; brillante, di riflessi verdognoli, offre all’olfatto un’esplosione di erbe aromatiche, della stessa mentuccia che nasce spontanea nei prati intorno alla Villa, di liquirizia,

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5


di salvia, di alloro. Profumi racchiusi in una cornice agrumata che arricchisce questo bouquet tutto mediterraneo. Le sensazioni già provate al naso esplodono in bocca, dove la freschezza e la sapidità smorzano in un gioco di equilibri l’importante tenore alcolico, e insieme fanno di questo vino un accompagnamento ideale a pesci grigliati e primi conditi con ragù di carni bianche, soprattutto se insaporiti con erbe aromatiche. Un vino che sposa il suo territorio e lo ricorda ad ogni sorso, lo esalta, e infine lo diventa. Ma più importante ancora è ciò che si ottiene coniugando tradizione e innovazione, sperimentando ciò che la natura può offrirci attraverso piccoli accorgimenti in campo e in cantina. Nelle annate più favorevoli, i grappoli di Pecorino vengono lasciati in pianta e viene effettuata una vendemmia tardiva che ha lo scopo di arrotondare l’acidità e irrobustire il corpo del vino, completare il suo affinamento in barrique di Acacia: Isidoro Oro. Dai sei mesi trascorsi a contatto con questo legno delicato e di particolare complessità, gli aromi si arricchiscono, emergono con prepotenza, segnano il palato con piccanti note sulfuree e sensazioni balsamiche. La liquirizia passa dalla foglia alla radice, un finale leggermente amaro pulisce

la bocca e la rinnova. Un vino che in queste due versioni non può passare inosservato, ma che sorprende e invita a far parlare di sé. Insieme al Pecorino i vigneti di Villa Sant’Isidoro ospitano un altro vitigno autoctono, il Maceratino, un’uva che si tramanda nella storia della tradizione viticola del luogo, e dà vita ad un vino semplice, estremamente piacevole e fruttato, che può aprire un banchetto o offrire ristoro nelle calde giornate estive. In etichetta si presenta come Pausula, antico nome di Corridonia, un classico esempio di indicazione non solo geografica ma soprattutto storico-culturale di un vino del territorio. A questo concetto s’ispira anche il Montolmo, un altro nome emerso dalla storia del Comune, un equilibrio di vivacità e struttura che si coglie piacevole in bocca. Gli usuali sentori di violetta e di frutta rossa si accompagnano a note balsamiche, mentolate, e speziate; un’interpretazione nuova che nasce da una delle varietà più diffuse in Italia, che tuttavia riesce a esprimere la particolarità di questo Colle. Più classico invece il Pinto, in cui Sangiovese e Montepulciano si uniscono a dare il Rosso Piceno della Cantina Sant’Isidoro.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5

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E proprio perché il vino racchiude in sé la forza della tradizione, della cultura locale, ma anche della quotidianità dei momenti conviviali, il 7 Luglio 2011 Villa Sant’Isidoro è stata la cornice ideale per inaugurare Popsophia, il 1° Festival Del Contemporaneo dedicato all’approfondimento della filosofia nelle sue espressioni più popolari, un’indagine delle abitudini, delle mode, degli hobbies, di esperienze apparentemente banali che attraversano la vita di ogni giorno e la segnano in profondità. Un evento unico nel suo genere, tenutosi dal 15 Luglio al 7 Agosto a Civitanova Marche, articolato in 4 weekend di incontri e di approfondimento di tematiche inerenti la popular culture: filosofia, fashion, fiction e futuro. Il gala di apertura ha visto la presenza del direttore artistico Evio Hermas Ercoli come moderatore della serata, insieme al sindaco Mobili, Alfredo di Lupidio Direttore Azienda speciale Teatri di Civitanova, e infine ICA Group e Paciotti, a rappresentare gli sponsor che hanno contribuito alla realizzazione del Festival. I vini della Cantina Sant’Isidoro sono stati invece serviti e raccontati dalla Sommelier dell’Anno 2010, Karen Casagrande. La scelta di una location così suggestiva e legata alla viticoltura ha sottolineato quanto il vino appartenga a quest’insieme di componenti fondamentali che plasmano il quotidiano. Al pari della musica che nel corso del tempo ha assunto forme diverse interpretando i gusti e lo stile di ogni epoca, anche il vino si fa sempre più portavoce del nostro pensiero, incarna fin dall’antichità il bisogno di esprimere ciò che la natura ci offre secondo i propri costumi e sensibilità. Un’interpretazione che rivela l’anima inconfondibile del territorio e riesce a darne un’immagine vivida. Ecco come un semplice bicchiere di vino diventa dunque strumento di esperienza e di conoscenza. Di cosa? Nel frattempo vi offro un sorso di Colle Sant’Isidoro, augurandovi un buon viaggio nei Colli Maceratesi.

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Piemonte…

un modo di vivere

S

a cura della redazione di Quality ADV

inonimo di turismo di qualità, accessibile a tutti in ogni stagione, il Piemonte è un modo di vivere: città dallo charme antico, montagne, laghi e i morbidi paesaggi collinari offrono un’esperienza irripetibile di arte, cultura, benessere, sport. Meta d’eccellenza per i buongustai, con la tipica enogastronomia d’autore il Piemonte vive in autunno la sua stagione d’oro, da scoprire in appuntamenti imperdibili come Cheese 2011, la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco di Alba 2011 e le numerosissime manifestazioni, sagre e fiere dedicate ai protagonisti di una tradizione d’eccellenza: tartufi, vini, formaggi, riso, pasta, cioccolato. Un patrimonio da gustare in luoghi come il recentissimo “WiMu”, il Museo del Vino di Barolo, un percorso emozionale ed interattivo tra la produzione, la cultura e la tradizione del vino.

Tomini con i fiori

CHEESE - bra • 16-19 settembre 2011 Eventi nell’area regione Piemonte - Piazza XX Settembre Venerdì 16 settembre 2011 Ore 14,30 - DI STALLE E DI STELLE - Incontro con i formaggi Dop piemontesi in abbinamento con i grandi vini Doc e Docg: il Bra Ore 18 - IL “NOSTRALE D’ALPE”: valorizzazione di un formaggio tradizionale degli alpeggi cuneesi. Ore 19 - ALLA SCOPERTA DEL MONDO DEI MARGARI: presentazione del libro “El Birucin” Ore 20 - GUSTOSANDO: SPAZIO ALL’ECCELLENZA ARTIGIANA Ore 21 - GUSTOSANDO: SPAZIO ALL’ECCELLENZA ARTIGIANA

Sabato 17 settembre 2011 Ore 11 - IL COMPARTO LATTIERO CASEARIO IN PIEMONTE l’accordo sul prezzo indicizzato del latte come evoluzione dei rapporti interprofessionali Ore 12,30 - L’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO PRESENTA IL MASTER BIENNALE SU “QUALITÀ, SICUREZZA ALIMENTARE E SOSTENIBILITÀ DELLA FILIERA LATTE”. Ore 14 - DI STALLE E DI STELLE - Incontro con i formaggi Dop piemontesi in abbinamento con i grandi vini Doc e Docg: il Gorgonzola Ore 15 - IL COMPARTO AGROALIMENTARE E LA SPECIALIZZAZIONE SCOLASTICA FORMATIVA Ore 16 - DI STALLE E DI STELLE - Incontro con i formaggi Dop piemontesi in abbinamento con i grandi vini Doc e Docg: il Grana Padano Ore 17 - IL FORMAGGIO BETTELMATT prova dimostrativa della marchiatura pubblica Ore 18 - DI STALLE E DI STELLE - Incontro con i formaggi Dop piemontesi in abbinamento con i grandi vini Doc e Docg: la Toma Piemontese Ore 19,30 - GUSTOSANDO: SPAZIO ALL’ECCELLENZA ARTIGIANA Ore 20,30 - GUSTOSANDO: SPAZIO ALL’ECCELLENZA ARTIGIANA

Tesori enogastronomici

Area espositiva regione Piemonte - Piazza XX Settembre - bra Sala convegni e di presentazione-degustazione dei formaggi DOP del Piemonte. Area esposizione capi delle più importanti razze lattifere. Bovine: Frisona Italiana, Bruna, Barà Pustertaler, Pezzata Rossa Italiana, Piemontese. Caprine: Camosciata, Roccaverano. Ovine: Pecora delle Langhe, Frabosana. Area espositiva delle produzioni lattiero-casearie dell’Associazione Casare e Casari di Aziende Agricole. Vino Bar: degustazioni dei vini DOC e DOCG del Piemonte, abbinati ai formaggi piemontesi DOP e PAT, a cura delle Enoteche Regionali. Spazio attività educative dimostrative lattiero casearie con le Fattorie Didattiche. Area espositiva e degustazione aziende dell’Eccellenza Artigiana del Piemonte

ASSESSOrATO AGrICOLTurA www.regione.piemonte.it/agri

Domenica 18 settembre 2011 Ore 11 - DI STALLE E DI STELLE - Incontro con i formaggi Dop piemontesi in abbinamento con i grandi vini Doc e Docg: la Robiola di Roccaverano Ore 12 - IL FORMAGGIO PLAISENTIF prova dimostrativa della marchiatura pubblica Ore 14 - DI STALLE E DI STELLE - Incontro con i formaggi Dop piemontesi in abbinamento con i grandi vini Doc e Docg: il Murazzano Ore 15 - DI STALLE E DI STELLE - Incontro con i formaggi Dop piemontesi in abbinamento con i grandi vini Doc e Docg: il Castelmagno Ore 16 - IL LATTE E LA FRUTTA DEL PIEMONTE SI INCONTRANO E NASCE YOGUSTALO Ore 17 - DI STALLE E DI STELLE - Incontro con i formaggi Dop piemontesi in abbinamento con i grandi vini Doc e Docg: il Raschera Ore 19 - GUSTOSANDO: SPAZIO ALL’ECCELLENZA ARTIGIANA Ore 20 - GUSTOSANDO: SPAZIO ALL’ECCELLENZA ARTIGIANA

Lunedì 19 Settembre Ore 13 - GUSTOSANDO: SPAZIO ALL’ECCELLENZA ARTIGIANA

Il Castello di Barolo

ASSESSOrATO TurISMO www.piemonteitalia.eu


di Silvana Delfuoco

Valle d’Aosta, una terra che guarda lontano

Il futuro della viticultura valdostana sembra affidato soprattutto ai giovani, che nell’Associazione Viticulteurs Encaveurs Vallée d’Aoste hanno scelto di collaborare insieme per superare uniti le difficoltà di una viticultura “eroica” per definizione.

“E

rano gli anni ’70 quando, dopo i primi impianti di Pinot noir e di Gamay, abbiamo deciso di rivalutare il Petit Rouge e qualche anno dopo di provare con il bianco, questo bianco. – Vincent Grosjean controlla nel bicchiere la Petite Arvine Vigne Rovettaz 2009 appena versata- Siamo stati noi la prima azienda qui in Valle, dopo le prove e le dimostrazioni della Scuola di Agricoltura, ad aver creduto in questo vitigno di grande qualità, che non è detto non sia anche un po’ nostro, visto che arriva dal vicino Vallese…” Siamo a Quart, frazione Ollignan, nella cantina della Maison Vigneronne Frerès Grosjean, dove Vincent, il maggiore dei cinque fratelli, nonché attuale Presidente dell’ l’Associazione dei Viticulteurs Encaveurs Vallée d’Aoste, ci sta raccontando la storia dell’azienda di famiglia, che è anche un po’ la storia della rinascita della viticultura in Valle d’Aosta. “Anche qui da noi, come dappertutto nell’Italia

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di quegli anni, c’era la ricerca del nuovo, senza forse badare troppo alla tutela degli autoctoni, che è venuta più tardi. Ma per fortuna la nostra non è terra da Cabernet e da Sauvignon, che così fin quassù non sono arrivati!- Vincent sorride un po’ sornione, mentre armeggia col cavatappi intorno a un altro dei suoi gioielli, uno splendido Torrette superieur Vigne Rovettaz 2008.- Invece è arrivato, certo, lo Chardonnay, e soprattutto è arrivato il Pinot noir, che però storicamente ci appartiene, visto il nostro passato all’interno del Regno di Borgogna. Dunque non abbiamo Freise e Grignolini, ma in Bassa Valle si trova il Picotendro, selezione locale del Nebbiolo…” Cerco di intervenire, tra il fluire di parole …e di calici: “Ma la Valle d’Aosta, freddo paese di montagna, non sarebbe soprattutto un terroir da vini bianchi? E invece…” Vincent ha la risposta pronta: “La realtà è che, troppo spesso, su di noi mancano informazioni corrette. Cominciamo dai vini. I nostri bianchi, ahimè, sono pochissimi e

uno solo autoctono, il Priè Blanc, presente un po’ in tutto il fondovalle ma in coltura specializzata soltanto nella zona di Morgex e La Salle, mentre sono sei le qualità a bacca rossa più diffuse: Petit Rouge, Vien de Nus, Fumin, Cornalin, Mayolet e Ner d’Ala”. “Ma con questo freddo…” “E dagli col clima da freddo paese montano… Venga a vedere che cosa stanno facendo adesso i contadini: irrigano i prati, ora, ai primi di agosto e lo hanno fatto a intervalli di 15 giorni a partire da aprile! L’anno passato abbiamo irrigato i vigneti a vendemmia conclusa! Le nostre medie di piovosità annua sono inferiori a quelle di Catania! – Vincent si sta infervorando - La Valle d’Aosta non è soltanto Monte Rosa, Monte Bianco e Cervino… Perché abbiamo vigne a 1200 metri? Perché a 1700 metri qui crescono le patate? Perché c’è un microclima molto particolare creato da queste montagne che fermano le perturbazioni atlantiche e tutelano il fondovalle!” Mentre parliamo usciamo all’aperto e mi guardo intorno. E’ quasi mezzogiorno; le montagne che

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ci circondano sono tutte incappucciate e si sente

il vigneto ricevuto in eredità. E qui interviene

il rumore del tuono, ma poi non cadrà una sola

l’aiuto dell’Associazione Viticulteurs Encaveurs

goccia di pioggia per l’intero pomeriggio.

Vallée d’Aoste. Al momento siamo 35 soci, con

“Ma allora…”

una produzione totale annua di circa un milione

“Allora – Vincent ancora una volta mi previene-

di bottiglie, che rappresenta circa il 40% di tutta

allora la realtà è che questa è una terra difficile e particolare, dove è necessario collaborare per superare le difficoltà. Ecco perché già negli anni ’70 sono nate le prime Associazioni, a cui hanno fatto seguito le Caves Coopératives che per un lungo periodo hanno rappresentato la salvezza per tanti piccoli vignaioli; diversamente molti di

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la produzione locale. Sono queste Aziende, ora, la parte più vitale del mondo vinicolo valdostano, destinate a crescere sempre di più nei prossimi anni. Il nostro obiettivo è riuscire a creare insieme un “sistema Valle d’Aosta” di turismo enogastronomico che sappia raccontare storie,

loro avrebbero forse abbandonato i pochi ettari di

paesaggi, cultura, del nostro vino ma non solo

vigna, impegnati come erano in altre attività per

…”. Vincent si interrompe e sorride.

sopravvivere. Oggi la situazione si sta evolvendo,

Mi guardo intorno. Le nuvole hanno abbandonato

grazie ai giovani. Sempre di più sono quelli che

anche la cima delle montagne e il sole sta di

decidono di mettersi in proprio, magari allargando

nuovo illuminando serenamente il fondovalle.

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PODERE LA REGOLA

“I GRANDI VINI DELLA COSTA TOSCANA” Territorio, tradizione, natura: ecco le nostre regole...

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a cura della redazione di Quality ADV

Vini torinesi: un tesoro da scoprire

Grazie alla nuova guida “Torino DOC” della Camera di commercio

E

rbaluce di Caluso, la storica DOC torinese oggi riconosciuta DOCG. E poi, le DOC Carema, Canavese, Freisa di Chieri, Collina torinese, Pinerolese e Valsusa: il meglio dei vini torinesi torna nella nuova edizione della guida “Torino DOC”, edita dalla Camera di commercio e di prossima pubblicazione. Accanto alla selezione enologica realizzata dall’ente camerale, la guida racconta a degustatori esperti e agli appassionati, i vitigni, i vini e le aziende del territorio. Non è la prima volta che Torino presenta la sua produzione enologica: la guida è infatti alla sua quarta edizione, con interessanti novità rispetto alle precedenti. La prima, l’inserimento delle fasce di prezzo a fianco della consueta valutazione fatta dalla Commissione di degustazione dell’ente camerale (numero di cavatappi in base al punteggio ottenuto). E poi, i codici QR associati ai vini delle aziende selezionate: uno strumento dinamico e multimediale per conoscere meglio vini e produttori. La guida è redatta in collaborazione con la Federazione tra i consorzi di tutela dei vini DOC “Alto Piemonte”, i Consorzi di tutela dei vini DOC e l’Enoteca regionale dei vini della provincia di Torino, con il supporto del Laboratorio Chimico e di Torino Wireless. Nel

presentare la produzione enologica, il volume non solo ne descrive le peculiarità “tecniche”, ma presenta anche la storia del territorio che li produce: dei vini, infatti, si scoprono qualità e varietà che testimoniano la forte identità territoriale e storicoculturale. La selezione ricostruisce così un territorio di cui si intuiscono gli ambienti, a volte particolarmente difficili, nei quali operano le aziende vitivinicole. “Torino DOC” dà spazio solo alle migliori produzioni, da gustare e da scoprire. Bottiglie di qualità straordinaria, provenienti da un territorio che sempre più palati apprezzano per l’eccellente produzione vinicola. Un segnale ottimo per la Camera di commercio di Torino, che da sempre rivolge una speciale attenzione al settore, esercitando, tra gli altri, l’importante compito di certificazione dei vini a denominazione di origine della provincia. Un successo che non si può nascondere al pubblico straniero: per questo il volume è trilingue, e affianca al testo in italiano anche le traduzioni in inglese e francese. La guida “Torino DOC” sarà in distribuzione gratuita presso la Camera di commercio di Torino. Sarà anche possibile scaricarla dal sito: www.to.camcom.it/guidavini

Camera di commercio di Torino Via San Francesco da Paola 24 - 10123 Torino - tel. 011 571 6407 - fax 011 571 6404

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I

l Laboratorio Chimico Camera di Commercio di Torino, nato circa mezzo secolo fa, opera senza fini di lucro come organismo tecnico per la Camera di commercio di Torino e collabora con le altre Camere di commercio Piemontesi nello svolgimento dei compiti di promozione economica, offrendo alle imprese, ai consumatori, alle pubbliche amministrazioni, alle associazioni di categoria, agli enti locali, un servizio di analisi, consulenza e formazione assolutamente indipendente ed imparziale. In particolare il ruolo di supporto tecnico del Laboratorio alle attività a favore del mondo enologico locale si articola quindi nei diversi aspetti di promozione e di tutela, in un percorso che aiuta ad evidenziare ed esaltare la professionalità del settore. Da citare, tra gli altri, il progetto Maestri del Gusto realizzato mediante la conduzione di audit presso le aziende vinicole che hanno aderito all’iniziativa, i progetti di monitoraggio della produzione vinicola torinese, l’affiancamento operativo alle Camere individuate dal Ministero delle Politiche Agricole come Organismo di Controllo di alcune Denominazioni di Origine nelle attività di ispezione prevista nei Piani di Controllo della filiera vitivinicola, la redazione di pubblicazioni sia di divulgazione per i consumatori sia di consultazione per le imprese.

In campo analitico, oltre ad analisi merceologiche su prodotti alimentari, il Laboratorio possiede le competenze per svolgere determinazioni su alimenti zootecnici, terreni e fertilizzanti, ma anche prove specifiche per la verifica della conformità di contenitori e imballaggi destinati al contatto con gli alimenti, della presenza di sostanze indesiderate quali micotossine, allergeni e sostanze responsabili di intolleranze alimentari, oppure di sostanze organiche volatili, di OGM, e per accertare, tramite analisi del DNA, la tracciabilità ad esempio di carni bovine. Tuttavia il Laboratorio non si limita a fornire soli dati analitici, ma è in grado di assistere i vari operatori della filiera per la corretta interpretazione dei dati al fine di migliorare i singoli processi produttivi in termini sia di efficacia sia di efficienza del proprio sistema di gestione per la sicurezza alimentare, attraverso servizi di consulenza e specifica formazione. Sul fronte istituzionale, il Laboratorio, in campo enologico, è autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole ad effettuare analisi ufficiali sul vino, come ad esempio i controlli chimicofisici prescritti per accertare la rispondenza al disciplinare per i vini DOC e DOCG e i controlli per l’esportazione.

Laboratorio Chimico Camera di Commercio di Torino via Ventimiglia 165 - 10127 Torino tel. 011 670 0 111 - fax 011 6700 100 labchim@lab-to.camcom.it - www.lab-to.camcom.it Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5

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Cantina Còlpetrone Una scelta “Magnifica”

La cantina Còlpetrone è il gioiello enologico in terra umbra delle tenute Saiagricola e il portabandiera in Italia e all’estero del Montefalco Sagrantino, vitigno autoctono di questa area e uno dei più antichi d’Italia, oltre ad essere il più ricco di tannini e polifenoli.

U

n vitigno molto particolare, che rappresenta una vera e propria sfida per una cantina e che pretende attenzione e cura per fare in modo che la sua esuberanza e la sua possente tannicità siano incanalate in un complesso che ne esalti la potenza e l’unicità ma ne garantisca al tempo stesso il giusto equilibrio ed eleganza. Una sfida che Còlpetrone fin dall’inizio della sua storia ha raccolto, consapevole delle potenzialità del territorio nel quale aveva investito e delle capacità di uno staff giovane e motivato, guidato dall’amministratore delegato Domenico Terzano, dall’enologo Riccardo Cotarella e del direttore commerciale marketing e comunicazione Giuseppina Viglierchio. E sembra che oggi, a distanza di appena 15 anni dalla sua fondazione quella sfida sia stata vinta, con una tenuta che conta oltre 140 ettari dei quali 64 a vigneto e che vede i propri vini pre-

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senti in oltre 60 paesi del mondo (gli ultimi mercati aperti, in ordine di tempo sono la Cina e il Paraguay), nelle carte dei vini dei ristoranti più prestigiosi del mondo e protagonisti della manifestazioni enologiche di maggior importanza del panorama nazionale ed internazionale Vini che hanno nell’aderenza all’identità territoriale la loro ragione d’essere e che proprio per questo godono di una crescente popolarità, sia fra gli addetti ai lavori che verso il grande pubblico di appassionati e wine lovers. A conferma di questa tendenza e

del prestigio dei suoi vini, l’ultimo riconoscimento raggiunto in ordine di tempo è stata la selezione come cantina fornitrice ufficiale di Alitalia in tutti i voli della classe Magnifica con il Montefalco Sagrantino. “Un motivo di grande orgoglio” – ha spiegato l’amministratore delegato Domenico Terzano – “nell’essere sempre di più rappresentanti della denominazione e ambasciatori enologici del Belpaese anche nei confronti della clientela più esigente e appassionata. Il Sagrantino Còlpetrone ha iniziato a giugno il suo giro intorno al mondo - ha aggiunto Terzano - che ha sottolineato come l’accordo sia anche un’occasione importante per promuovere il Sagrantino, “che nella sua unicità non può essere considerato una moda, né tantomeno un vino in fase discendente”. Quale occasione migliore, anzi “Magnifica” come questa per continuare a godere di questa bellissima storia enologica?


Vini prodotti GÒLD MONTEFALCO SAGrANTINO DOCG

Un grande vino è sempre frutto dell’esperienza, acquisita negli anni migliorando la conoscenza delle interazioni tra una varietà d’uva e un determinato territorio. Lo dimostra il Montefalco Sagrantino Gòld, destinato a essere prodotto solo nelle annate migliori, e contraddistinto da originali caratteristiche organolettiche. I grappoli di Sagrantino utilizzati per produrre questo vino provengono da due storici vigneti, che godono di un’esposizione e di un microclima favorevoli, coltivati con rese particolarmente basse, pari a circa 60 quintali per ettaro. In cantina, sotto la supervisione dell’enologo Riccardo Cotarella, si cerca soprattutto di rispettare la qualità delle uve raccolte, dalle quali si ottiene un vino estremamente ricco e strutturato, con profumi di frutta rossa e spezie, di corpo ed elegante. L’importante lavoro in cantina permette di ottenere un vino elegante e persistente pur mantenendo le caratteristiche tipiche dei grandi Sagrantino, vale a dire struttura e potenza. Il Montefalco Sagrantino Gòld si presenta dunque come una chiara espressione del territorio di provenienza, ma allo stesso tempo è un importante traguardo d’eccellenza per l’intero comprensorio della Docg. uve utilizzate: Sagrantino 100%. Affinamento: 12 mesi in barrique di rovere francese, seguiti da 24 mesi di bottiglia dopo un breve passaggio in acciaio inox. Possibilità di invecchiamento: 15 anni. Disponibile anche in bottiglie da l 1,5. MONTEFALCO SAGrANTINO D.O.C.G. Un grande rosso da uve autoctone, potente, concentrato e longevo. Ha colore rubino quasi impenetrabile e profumi intensi, ampi, con note di frutta rossa accanto a sentori speziati e vanigliati particolarmente fini. Il sapore è deciso, potente, con una concentrazione tannica evidente soprattutto nei primi anni di vita. Va servito a 18°C in ampi calici. È tipico l’abbinamento a grandi arrosti, cacciagione e formaggi stagionati a pasta semicotta. uve utilizzate: Sagrantino 100%. Affinamento: 12 mesi in barrique in rovere francese, seguiti da 18 mesi di bottiglia dopo un breve passaggio in acciaio inox. Possibilità di invecchiamento: 10/15 anni. MONTEFALCO SAGrANTINO PASSITO D.O.C.G. Poche bottiglie di un vero nettare. Ha colore rubino molto intenso con riflessi violacei. I profumi sono avvolgenti, concentrati, con note di mora e di ciliegia sotto spirito e un sottofondo finemente speziato. Al sapore risulta pieno, dolce, con una leggera componente tannica iniziale e una persi-

Cantina Còlpetrone

stenza lunghissima. Va servito fresco di cantina, tra i 14 e i 16°C, in piccoli calici a tulipano, e abbinato a crostate di frutta, strudel e frutta secca. uve utilizzate: Sagrantino 100%. Affinamento: 12 mesi in barrique di rovere francese e tonneaux, seguiti da 18 mesi di bottiglia dopo un breve passaggio in acciaio inox. Possibilità di invecchiamento: 15 anni. MONTEFALCO rOSSO D.O.C. Potente ma molto bevibile e morbido. Si presenta con un colore rubino intenso con lievi riflessi porpora. I profumi sono decisamente fruttati, con sentori di lampone accanto a note più speziate e vanigliate. Il sapore è pieno, la sua rotonda avvolgenza è a tratti interrotta da sensazioni appena tanniche, che gli conferiscono carattere. Va servito a 18°C in calici di media ampiezza in abbinamento con arrosti di carni bianche e rosse e grigliate miste di carne. uve utilizzate: Sangiovese 70%, Sagrantino 15%, Merlot 15%. Affinamento: 40% del totale: 12 mesi in tonneaux e barrique di rovere francese; 60% della massa: rimane in acciaio inox; 4 mesi in bottiglia completano l’affinamento. Possibilità di invecchiamento: 5/6 anni. GrAPPA di MONTEFALCO SAGrANTINO Gradazione alcolica: 42% vol. Aspetto visivo: cristallina in trasparenza e tonalità di colore. Sensazioni olfattive: profumo intenso e vinoso con un delicato ricordo di more di rovo. Sensazioni gustative: di notevole equilibrio. Sensazioni retrolfattive: armonica, ricca di nerbo e stoffa, chiude con lieve retrogusto amarognolo. Temperatura di servizio: tra i 9 e gli 11°C. bicchiere consigliato: tulipano piccolo di cristallo.

Cantina Còlpetrone via Ponte la Mandria 8/1 06035 Marcellano di Gualdo Cattaneo (PG) Tel. 0742 99827 Fax 0742 960262 www.colpetrone.it colpetrone@saiagricola.it

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Montello e Asolo una storia di eccellenze

a cura della redazione di Quality ADV

L’Asolo Prosecco DOCG Superiore e il Montello Rosso DOCG Superiore sono solo alcune delle affascinanti esperienze che abbiamo scoperto in questo angolo di Veneto ricco di storia e tradizione.

S

iamo ai piedi del Monte Grappa, sulle colline pedemontane a occidente del Piave dove il clima e l’ambiente naturale hanno favorito il nascere di una civiltà straordinaria attorno a monasteri, città e ville dove la ricerca del bello e dell’eccellenza affonda le sue radici. Furono i monaci a introdurre dal VI secolo la profonda cultura della vite e del vino che si sviluppò sul Montello attorno a quell’abbazia di S. Eustachio dove nel ‘500 fu scritto il Galateo. Quando nel ‘300 arrivarono i Veneziani, subito percepirono il valore di questo ambiente e di questa conoscenza, costruirono ville e cantine e fu il fiorire di queste terre. I vini godevano di stima e reputazione, venivano consumati sulle mense dei nobili ed esportati, e come tali erano caramente riconosciuti nel sistema veneziano dei dazi. Le ville erano centri agricoli che i nobili arricchivano con il meglio del tempo. Costituivano

36 Villa di Maser

la macchina produttiva che forniva merci per i commercianti veneziani e, grazie a Palladio e Veronese, rimasero nella storia come capolavori d’arte e architettura, oggi dichiarate dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Sullo sfondo le colline, famose per il loro clima mite dove il paesaggio è rimasto ricco di diverse culture, dove accanto al vigneto prosperano gli ulivi, i ciliegi, i pascoli che parlano di biodiversità


e di ricerca del buono. Protette dal Grappa, cullate dai venti freschi che d’estate scendono dalle Dolomiti lungo la valle del Piave, godono di una posizione privilegiata dove gli eccessi sono rari, le differenze di temperatura tra il giorno e la notte ottimali, e le viti sui versanti meridionali possono usufruire pienamente della luce del sole. I terreni sono coperti dalle marne, conglomerati argillosi dal tipico colore rosso, che, modellate da millenni di erosione naturale, hanno formato bellissime doline, dolci o profonde, e forniscono il substrato in cui le radici affondano e trovano minerali e sostanze con cui nutrire i loro grappoli. Dalla cima del suo colle, Asolo gode di tutto questo con i suoi “cento orizzonti” che attirarono scrittori e artisti in tutte le epoche facendone un polo culturale fin dai tempi della Serenissima

Il Piave ed i Colli Asolani

in cui la Regina Cornaro accoglieva i letterati nella sua splendida corte, e continua ad ispirare le nuove generazioni tanto da essere stata scelta dai suoi produttori per dare il nome al loro Prosecco superiore. Questo ambiente culturale aperto, sempre alla ricerca del meglio e del nuovo, lo abbiamo ritrovato nella produzione del Montello e Colli Asolani a cominciare dall’Asolo Prosecco che, nato su questi declivi, è stato premiato con la qualifica di DOCG Superiore grazie alle scelte coraggiose e controcorrente dei produttori che hanno privilegiato l’eleganza e la finezza all’abbondanza del

La Colombera

Consorzio Tutela Vini Montello e Colli Asolani Società Agricola Colli Asolani di Bedin Enrico & C. s.s.

Azienda Agricola Dal Bello Antonio

Dal 1948 la famiglia Bedin coltiva le sue uve nel cuore della zona DOCG Montello e Colli asolani, terra ricca di cultura e tradizioni, da sempre adatta alla viticoltura di qualità grazie al microclima privilegiato e alla particolare conformazione dei terreni collinari. Qui la raccolta delle uve viene fatta ancora rigorosamente a mano, per selezionare i grappoli migliori e salvaguardare la loro integrità, in una prospettiva di qualità ed eccellenza che accompagna l’intero processo produttivo fino ad arrivare al prodotto finito. Il Prosecco Asolo DOCG superiore millesimato nasce dalla selezione delle migliori uve, con una resa per ettaro di soli 120 quintali. La vinificazione scrupolosa e la lenta fermentazione con metodo Charmat esaltano le caratteristiche del prodotto e i profumi varietali, rendendolo unico e inconfondibile. Ideale come aperitivo, si adatta ad essere servito a tutto pasto e ad accompagnare qualsiasi incontro conviviale.

“Amore per il vino e per la propria terra”, questa la filosofia della famiglia Dal Bello, da anni impegnata con la propria cantina nei Colli Asolani, dove la terra generosa ,il clima mite e l’altitudine ottimale offrono alla vite il giusto habitat per grandi vini. La Gran Menzione al 19° Concorso Enologico del Vinitaly, ricevuta dall’Asolo Prosecco DOCG Superiore Millesimato, posiziona Dal Bello in uno standard qualitativo ad alti livelli e certifica l’intera zona Asolo DOCG come area di prestigio nel panorama internazionale. Dal Bello propone 5 referenze Asolo Prosecco DOCG : Asolo Millesimato, Feudo della Regina Extra Dry, Oro della Regina Brut, Rocca d’Asolo Frizzante e Feudo della Regina Fermo. Vini unici, visto che terra, sole, acqua, vento del Grappa e dei Colli Asolani sono irripetibili.

SOC. AGRICOLA COLLI ASOLANI DI BEDIN ENRICO & C S.S. via Monte Pasubio, 22 - 31041 Cornuda - TV T.: 0423 83317 - F.: 0423 639411 www.colliasolani.it - info@colliasolani.it

AZIENDA AGRICOLA DAL BELLO ANTONIO VIa Belli, 2 - 31010 Fonte (TV) Tel. +39 0423 949015 - Fax +39 0423 949928 www.dalbellovini.it - dalbello@dalbellovini.it

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Asolo e la sua Rocca

prodotto e si sono dati le regole più restrittive tra i disciplinari di Prosecco a denominazione di origine. Basse rese per ettaro, estratto secco minimo più alto e maggiore densità di piante nel vigneto fanno sì che l’Asolo Prosecco esprima quei caratteri tipici delle marne come i sentori agrumati e di miele, o quelli di mela e frutta matura tipici dei suoli più sottili e caldi del conglomerato, uniti a piacevole struttura di fondo. Il Montello rosso, che sarà DOCG dalla vendemmia 2011, è l’erede dell’antica tradizione di vini rossi pregiati del territorio. Veniva prodotto vendemmiando e vinificando assieme le uve merlot leggermente sovramature e le cabernet con buon livello di acidità. Adesso si ottiene raccogliendo le diverse varietà separatamente al momento di maturazione ottimale per poi unirle in cantina in proporzioni che possono variare di anno in anno alla ricerca del giusto equilibrio. Il risultato sono vini eleganti, aristocratici, invecchiati con pazienza e attenzione che anno dopo anno si ritrovano

in cima alle classifiche delle guide e dei premi internazionali. Accanto a questi, la Bianchetta, il Manzoni bianco, il Carmenere e la Recantina, quattro varietà che affiancano Chardonnay, Pinot grigio, Pinot bianco, Merlot, Cabernet, e sono l’espressione della personalità aperta, dell’ampia cultura enologica dei produttori e della loro passione per la ricerca di prodotti sempre migliori. La Bianchetta e la Recantina rossa sono due vitigni antichi, coltivati solo su queste colline che danno vini strutturati, dai profumi intensi. Il Manzoni bianco si esprime meravigliosamente su queste rive in un vino che sorprende per la sua complessità aromatica e la sua piacevole e fresca lunghezza. Abbiamo sentito e visto viva nelle cantine, all’ombra delle barchesse, sulle rive, nei caldi sorrisi di benvenuto e nei calici di bianco e di rosso, l’affascinante eredità della civiltà della Repubblica di Venezia che continua a rinnovarsi e ci invita a condividere tanta bellezza.

Villa Loredan Gasparini

Vestigia dell’Abbazia di S. Eustachio

Consorzio Tutela Vini DOC Montello e Colli Asolani via Cornuda, 1 - 31010 Maser (Treviso), Italia - tel.+ 39 331 5730216 - fax +39 0423 923002 www.consorziomontellocolliasolani.it

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Consorzio Tutela Vini Montello e Colli Asolani

Conte Loredan Gasparini Questa storica azienda agricola di Venegazzù, nel cuore dell’Alta Marca Trevigiana, venne fondata nei primi anni del secolo scorso dal lungimirante Conte Piero Loredan. I suoi vini rossi vennero subito conosciuti nel mondo come una delle prime espressioni italiane di altissima qualità. L’azienda, da ormai 30 anni, è dedita anche al Prosecco, coltivato nelle bellissime colline di Giavera del Montello (TV), ad un altitudine tra i 150 ed i 300 metri. Un Asolo Prosecco Superiore DOCG in versione BRUT, piacevolmente asciutto (con soli 9 grammi di zuccheri), molto affascinante e ricco in bocca, con un finale decisamente sapido, tipico dei terreni ferrosi della collina del Montello.

CONTE LOREDAN GASPARINI Via Martignago Alto 23 - 31040 VENEGAZZU’ (TV) Tel. 0423 870024 - Fax 0423 620898 www.loredangasparini.it - info@loredangasparini.it

Villa di Maser “Dall'una e dall'altra parte vi sono loggie,... e sotto quelle vi sono luoghi da fare i vini...” Così Andrea Palladio nel 1570 descriveva la villa da lui costruita, che ha mantenuto nei secoli la sua vocazione agricola ed è oggi Patrimonio dell'Umanità UNESCO. I proprietari stessi seguono la lavorazione delle uve dei propri vigneti, condotti a lotta integrata ecocompatibile, e i vini vantano medaglie nei più prestigiosi concorsi internazionali. Ricordiamo Il Maserino rosso, raffinato blend di merlot e cabernet, Il Maserino bianco, equilibrato e intenso chardonnay affinato in legno, il Manzoni bianco con la splendida complessità aromatica del vitigno, e l'Asolo Prosecco DOCG superiore, fresco e fruttato che accompagna tutti i momenti di allegria. VILLA DI MASER Via Cornuda, 1 - 31010 Maser - TV Tel. +39 0423 923003 - Fax +39 0423 923002 www.villadimaser.it - wine@villadimaser.it

a cura della redazione di Quality ADV

Montelvini S.p.A. La cantina Montelvini nasce nel 1968 dalla passione di Armando Serena nel solco della tradizione di una famiglia che è presente nel mondo del vino ininterrottamente dal 1881. Il luogo prescelto è Venegazzù, nel cuore della docg Montello e Colli Asolani, uno dei poSerena (responsabile amministrativo), chissimi territori Italiani che Sarah Alberto Serena (vice presidente), Armando riesce ad esprimere l’eccel- Serena (presidente). lenza sia nelle bollicine che nei vini rossi. L’esperienza nella coltivazione della vite in Montelvini è passata di padre in figlio attraverso cinque generazioni mantenendo l’obiettivo della qualità, della lealtà e della correttezza. Oggi il fiore all’occhiello della coltivazione e produzione è rappresentato proprio dal Prosecco Asolo Superiore Docg e dal Rosso Montello e Colli Asolani Docg. Montelvini, presieduta da Armando Serena, è diretta dal figlio Alberto che,si occupa dello sviluppo commerciale, e dalla figlia Sarah, responsabile amministrativo.

MONTELVINI S.P.A.

Via Cal Trevigiana, 51- 31040 Venegazzù - Treviso Tel. 0423 8777 - www.montelvini.it - montelvini@montelvini.it

Cantina Montelliana e dei Colli Asolani SCA La Cantina Montelliana è stata fondata nel 1957. Situata alla base della zona collinare del comprensorio del Montello e dei Colli Asolani, nel cuore della Marca Trevigiana, gode di condizioni pedo-climatiche ideali per la coltivazione della vite. Le uve utilizzate dalla cantina per produrre i vini provengono da vigneti situati sulle colline del Montello e sui Colli Asolani ad una altezza di 120-250 metri sul livello del mare con esposizione a sud; il terreno presenta caratteristiche variabili, mantenendo una costante nel sottosuolo ghiaioso che permette un drenaggio ottimale dell’acqua piovana. Oltre ai vitigni nella zona di Asolo e Montebelluna, altre zone di produzione si trovano nella zona pianeggiante a cavallo del fiume Piave. Cantina Montelliana e dei Colli Asolani SCA Via Caonada 2/a - 31044 Montebelluna (TV) Tel. 0423 22661 - Fax 0423 22650 www.montelliana.it - info@montelliana.it


le notizie di enogastronomia e turismo

ACCORDO RAGGIUNTO PER IL MOSCATO D’ASTI In 52 paesi tra le province di Alessandria, Asti e Cuneo, sono i giorni della vendemmia del moscato bianco, l’uva dolce e profumatissima che si usa per vinificare due vini mito: l’Asti spumante docg e il Moscato d’Asti docg. I tecnici prevedono che quella di quest’anno sarà una vendemmia di ottima qualità, con un elevato quadro aromatico e di profumi. A pochi giorni dalla raccolta i rappresentanti dei vignaioli, sindacati agricoli, cantine sociali, vinificatori, case storiche spumantiere, con la mediazione di Regione Piemonte e la collaborazione del Consorzio di Tutela, hanno sottoscritto l’accordo su prezzi e rese delle uve 2011. La resa è stata stabilita a 115 quintali/ettaro per le docg Asti e Moscato d’Asti; le uve eccedenti non docg saranno al massimo 5 quintali/ettaro. Il compenso 2011 per le uve docg è di 1.000 euro/ tonnellata più Iva. Rispetto alla vendemmia 2010, con l’aumento del prezzo delle uve e della resa per ettaro (da 105 a 115 quintali), il viticoltore potrà beneficiare di un maggior ricavo superiore al 10%. Le bollicine dell’Asti hanno registrato nel 2010 un trend positivo e anche per quest’anno si augurano di contare su numeri in crescita poiché alla vigilia degli 80 anni del Consorzio si supererà il traguardo di 100 milioni di bottiglie vendute nel mondo. CONSORZIO PER LA TUTELA DELL’ASTI - www.astidocg.it

“BON IN DA BON” “BUONO DAVVERO” Prodotto nelle zone più vocate dell’entroterra di Albenga, questo Pigato in purezza di assoluto interesse, ultima proposta in ordine di tempo dell’Azienda Bio Vio, risultato di una accurata selezione di uve biologiche provenienti dai vigneti a 100 metri slm della Regione Marixe, a Bastia d’Albenga, è la naturale evoluzione di questo produttore che ha fatto del biologico il proprio credo. Non per moda o per scelta economica ma per tradizione e cultura; e che la strada fosse quella giusta lo testimoniano i successi ottenuti in breve tempo dai vini di Chiara e Giobatta (Aimòne per gli amici) Vio persino nella stessa, diffidente, terra di Liguria: vini fragranti, intensi, che comunicano piacevolezza di beva e, soprattutto, territorio. I vigneti autoctoni di Vermentino, Rossese, il raro Granaccia e il Pigato sono curati senza utilizzare pesticidi, diserbanti e concimi chimici e con l’attenzione che i genitori usano per i

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figli e questo amore è sublimato nel “Bon in da Bon” - Pigato di Albenga DOC “riserva” - ottenuto con le uve di un cru particolare, raccolte tardivamente a fine ottobre e vinificate con metodologie d’antàn, una maturazione di 6 mesi ed un affinamento di due mesi in bottiglia. Dal colore giallo paglierino carico, al naso è ricco di sentori fruttati e lieve mandorla. Al palato è secco, di elegante sapidità, dai richiami aromatici e dal finale di ottima persistenza. Va da sé che l’abbinamento ideale è con piatti della cucina ligure ricchi in sapore, con frutti di mare e saporite zuppe di pesce. AZ. AGR. BIOLOGICA VIO GIOBATTA - www.biovio.it

LE CENE REGALI DIVENTANO APPUNTAMENTO FISSO Dopo i sold-out di aprile, maggio, giugno e luglio registrati dagli appuntamenti con l’alta cucina d’Italia organizzati all’interno della Reggia di Venaria in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, il Direttore del Consorzio che gestisce la dimora sabauda, Alberto Vanelli, ha annunciato che le Cene Regali diventeranno un appuntamento fisso anche nel 2012. Decisione presa all’unanimità con Fabrizio Del Noce, Presidente del Consorzio, in seguito al successo delle cena del 10 giugno quando ai fornelli si è presentato Massimo Bottura, recentemente eletto miglior chef al mondo. Suo è stato il compito di aprire le danze di una cena alla quale, da 200 prenotate inizialmente, si sono alla fine presentate 600 persone, tutte richiamate dal tema della serata, “la cucina dell’Emilia Romagna” che ha fatto seguito a quella della Sardegna e della Toscana. “Non mi aspettavo di dovere preparare i miei tortellini per così tante persone” – aveva detto Bottura poche ore prima di mettersi al lavoro – “spero comunque di farcela, sarà bellissimo cucinare all’interno di un luogo così affascinante come la Reggia”. E il risultato è stato eccellente, Bottura, nonostante il numero così alto di commensali, non ha deluso


le notizie di enogastronomia e turismo le aspettative. “Massimo Bottura è il fiore all’occhiello di un programma vasto” – ha fatto eco Vanelli – “che vedrà protagonisti dal prossimo settembre le Marche, la Puglia e infine il Piemonte. La nostra regione, che avrebbe dovuto chiudere il ciclo di incontri, sarà invece l’appuntamento collante verso una rassegna che diventerà permanente”. L’evento è promosso con Camera di commercio di Torino e FIPE - Federazione Italiana Pubblici Esercizi, in collaborazione con Ascom Torino. Le iniziative di Italia 150 godono dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Tutte le cene hanno l’inizio previsto alle ore 20.30 e sono precedute, a partire dalle ore 19 dalla visita alla Reggia, facoltativa e libera anche con audioguide. Ufficio Marketing della Venaria Reale: Tel. +39 011 4992305 - 011 4322674

TRIDENTUM RISERVA EXTRA BRUT DI CESARINI SFORZA La Rinaldi di Bologna presenta al mercato la nuova cuvée Cesarini Sforza: il Tridentum Riserva Extra Brut. Chardonnay in purezza, con uve di provenienza dalla Valle di Cembra (Trentino), fermenta per l’80% in acciaio inox e per l’altro 20% in legno di varie età. Matura sui lieviti dai 48 ai 60 mesi. Raccogliendo l’antica eredità produttiva della famiglia d’origine, un gruppo di qualificati imprenditori del settore vitivinicolo trentino fondò nel 1974 l’Azienda Spumantistica Cesarini Sforza, con l’obiettivo di produrre spumanti di alta qualità che sapessero affermarsi non solo tra i consumatori trentini, ma anche sulla scena nazionale. In pochi anni Cesarini Sforza ha saputo trovare una sua collocazione precisa nel mercato italiano e internazionale degli spumanti, con prodotti di assoluto prestigio. Gli spumanti Cesarini Sforza sono strettamente legati al territorio trentino. Un territorio dal grande retaggio storico, dall’incomparabile bellezza naturale e dalla vocazionalità unica per l’ottenimento di grandi uve, da destinare alla produzione di spumanti di assoluta eccellenza. FRATELLI RINALDI IMPORTATORI - www.rinaldi.biz

SONDRETE - IL PASSITO SECONDO LA REGOLA È uno dei pochi passiti IGT della Costa Toscana a base di uve di Trebbiano, Malvasia e S. Colombano, lavorate con il metodo degli appassitoi come i grandi Vin Santi del Chianti, che ha ricevuto apprezzamenti unanimi dalle guide di settore, non ultime le tre stelle della guida Veronelli. L’annata 2004 da qualche mese in commercio (la produzione è iniziata con l’annata 1999), seppur necessita un ulteriore affinamento in bottiglia, presenta una buona struttura (da 300-350 gr/l di zuccheri) ed è sorretta da una buona spalla acida che la rende giustamente equilibrata. Al naso emergono, dopo 4 anni di affinamento in caratelli da 100 ml, sentori di frutta secca, agrumi canditi e poi persistenti note di fichi, miele, con un finale di carruba e cannella. La gradazione alcolica di 14% gradi sostiene le note morbide e vellutate. Produzione limitata di circa 1500 bottiglie annuali. PODERE LA REGOLA - www.laregola.com

OLTREPO’ - UN TERRITORIO DA GUSTARE

Il progetto «Perle d’Oltrepò terroir to taste», promosso da Gal e Regione Lombardia, ha riacceso l’attenzione su una terra a mezz’ora da Milano che è culla della viticoltura e della salumeria lombarda. Il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, capofila del piano di valorizzazione e comunicazione, in collaborazione con il Consorzio di Tutela del Salame di Varzi, punta a ridare profilo a un’economia di primo piano. Il programma prevede campagne informative, workshop, educational e conferenze in zona di produzione (Centro studi della vite e del vino di Riccagioia, Torrazza Coste). Dopo la presentazione in maggio al Caffé Trussardi di Piazza Della Scala a Milano, e i focus di giugno e luglio tra giornalisti e produttori, sono in arrivo workshop tecnici per i produttori, in agenda a fine settembre. Gran finale con gli Stati Generali del Pinot nero dal 18 al 20 novembre. Il Cruasé e il Salame di Varzi, 38 tonnellate di produzione annua, con un fatturato di quasi 5 milioni euro, diventano bijoux di una terra tutta da vivere e da gustare. CONSORZIO TUTELA VINI OLTREPÒ PAVESE www.vinoltrepo.it

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GERARDO CESARI AL CONCOURS MONDIAL DE BRUXELLES Un grande vino non può che ricevere una Gran Medaglia d’Oro. E Jèma Corvina Veronese Igt 2005 della Gerardo Cesari ha ricevuto questo riconoscimento al Concours Mondial De Bruxelles tra le oltre 7 mila etichette in concorso provenienti da tutto il mondo. Jèma, il cui nome sta per gemma preziosa, ma anche per gemma della vite, ha ottenuto il consenso di una giuria internazionale composta da oltre 260 degustatori tra sommelier, giornalisti, importatori e scrittori del settore. Questo vino, frutto di un’accurata ricerca dell’azienda di Cavaion Veronese, valorizza un vitigno fondamentale per il carattere della Valpolicella, la Corvina. Quest’ultima è la base dei grandi rossi della Valpolicella, ma è solo in purezza che si comprende appieno il suo carattere nel colore, nei profumi e nel corpo. L’attenzione alla qualità di questo vino, che ha conquistato anche il Trophee Citadelles, al concorso Les Citadelles Du Vin di Bordeaux, è presente in tutte le fasi della produzione. La vendemmia si svolge a fine ottobre e le uve sono sottoposte ad appassimento per 20 giorni. L’affinamento avviene in legni francesi per 18 mesi, infine l’assemblaggio in botte e il successivo affinamento per ulteriori 6 mesi. Un anno di bottiglia completa le caratteristiche organolettiche. Presenta colore rosso porpora, bouquet di frutti rossi e ciliegia macerata con note lievemente tostate. Al gusto è morbido, pieno ed armonico, di ottima lunghezza e persistenza. Ad ottobre debutterà la nuova annata, pronta a concorrere con le eccellenze di tutto il mondo. GERARDO CESARI S.P.A. - www.cesariverona.it

“100 VINI NORD ITALIA” ALL’AUTODROMO DI MONZA La VII edizione di “100 VINI NORD ITALIA” l’evento principe del Gruppo Meregalli, il prestigioso distributore italiano “wine & spirits” con gli uffici che poggiano sulle vecchie fondamenta del Convento della Monaca di Monza, si svolgerà il prossimo 26 settembre presso l’AUTODROMO NAZIONALE MONZA. L’immenso spazio allestito nelle sale

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dell’Autodromo sarà di 2.300mq. con 1.200mq. per la grande sala degustazione situata al primo piano del NEWBUILDING 1 sopra i paddock di F1 e 700mq. riservati alla sala Sponsor e Club Meregalli. 8 ore di degustazione dalle 11.00 alle 19.00 con il servizio dei vini curato dai sommelier F.I.S.A.R., oltre 300 prodotti tra vini e distillati e la partecipazione di più di 80 aziende con la presenza in prima persona dei rispettivi produttori italiani, francesi e del resto del mondo per un grandioso evento concentrato solo e unicamente su tutti i vini proposti dal listino Meregalli e dedicato ai professionisti del settore, che ha fatto registrare la partecipazione di ben 4.000 visitatori nell’edizione 2010. MEREGALLI GIUSEPPE S.R.L. - www.meregalli.it

UNA DONNA ALLA GUIDA DEL CONSORZIO TUTELA MOSCATO DI SCANZO È Angelica Cuni, titolare dell’azienda Il Cipresso. È stata eletta Presidente del Consorzio del vino da meditazione Docg prodotto nel territorio di Scanzorosciate in provincia di Bergamo. L’imprenditrice Angelica Cuni è la prima donna del vino bergamasco con un incarico di responsabilità. “Andremo avanti con la politica già avviata” – afferma – “basata sulla promozione del Moscato di Scanzo all’interno e al di fuori dei confini orobici. In settembre avremo eventi promozionali a Milano, confermiamo la partecipazione alla fiera Autochtona di Bolzano, rivolta al mercato nordico, al Salone di gastronomia di Monte Carlo e ad altre manifestazione di settore”. Angelica Cuni punterà anche a sensibilizzare i ristoratori bergamaschi, spingendoli a promuovere il vino da meditazione di Scanzo, e anche ad un rapporto di collaborazione con il Consorzio Valcalepio. CONSORZIO DI TUTELA MOSCATO DI SCANZO www.consorziomoscatodiscanzo.it

NUOVA, PRESTIGIOSA SEDE PER LO CHAMPAGNE JACQUART Le stagioni si succedono, e lo spirito della Maison Jacquart si rinnova. E si rinnova visibilmente, con l’ingresso della Casa nella sua nuova, splendida sede aziendale. Stabilendosi nel Palazzo di Brimont, un magnifico “hôtel particulier” situato nel pieno centro di Reims, Jacquart entra di diritto nella cerchia delle grandi Case di Champagne. Ubicata al numero 34


le notizie di enogastronomia e turismo di Boulevard Lundy, nel quartiere che ospita il meglio dell’aristocrazia champenois, la nuova sede Jacquart si presenta in tutta la sua classica eleganza dietro una maestosa cancellata in ferro battuto. All’interno, la storica dimora seduce il visitatore per i suoi particolari architettonici e decorativi perfettamente restaurati, nel rispetto più assoluto delle forme e dei colori originali. Fiore all’occhiello del grande gruppo Alliance Champagne, la Maison Jacquart rappresenta la produzione di 2400 ettari di vigneti, ripartiti come un mosaico sulla Montagne de Reims, nella Vallée de la Marne e lungo la Côte des Blancs, a formare uno dei più vasti territori di approvvigionamento di tutta la Champagne. Da questo variegato terroir produttivo i maestri di cantina Jacquart selezionano gli Chardonnay, i Pinot Noir e i Pinot Meunier che compongono tutte le raffinate cuvée della Maison, da destinare agli estimatori e agli appassionati di tutto il mondo. Lo stile Jacquart, caratterizzato dalla grande vivacità e raffinatezza di tutti i suoi prodotti, privilegia la vinificazione e l’invecchiamento sulla feccia, con una durata che va ben oltre le esigenze della Appellation d’Origine Contrôlée. Ogni “pezzo” della collezione Jacquart (Brut Mosaïque, Rosé Mosaïque, Extra Brut, Blanc de Blancs Millésimé, Brut de Nominée) fa nascere sensazioni ed emozioni uniche, per soddisfare i desideri di tutti gli intenditori internazionali. FRATELLI RINALDI IMPORTATORI - www.rinaldi.biz

CANTINE RIONDO CREA EXCELSA

Una ricerca continua quella di Cantine Riondo, che per il 2011 vede protagonista un nuovo progetto, Excelsa, nato per ridare lustro ad un prodotto d’eccellenza italiana come il Soave. Con questo vino, l’azienda ha voluto ricercare le potenzialità inespresse di un importante vitigno, la Garganega che, con la sua uva delicatamente fruttata, floreale, morbida e la mineralità che deriva dal territorio, offre al consumatore uno stile “nuovo”, moderno, senza dimenticare la grande storia e tradizione che caratterizzano questo glorioso vino. Excelsa Soave, fine ed elegante nei profumi e nei sapori, vuole interpretare il modo di bere contemporaneo, offrendo una

degustazione leggera, salutare e allo stesso tempo intensa e ricca di emozioni. Un prodotto realizzato secondo indici precisi di benchmarking per garantire un ottimale equilibrio tra fruttato, acidità, alcol e note minerali. “Da sempre Cantine Riondo guarda al futuro offrendo prodotti innovativi e al passo con le tendenze del momento” - spiega Abele Casagrande, Direttore Generale di Cantine Riondo – “Ora, a fronte dello sviluppo registrato in questi anni, siamo certi di proporre al consumatore una nuova filosofia del bere: uno stile diverso di vino, rinnovato ed esclusivo, un Soave nato per stare tra i vini bianchi d’avanguardia”. CANTINE RIONDO S.p.A. - www.cantineriondo.com

LA SOSTENIBILITÀ TRA I VIGNETI ITALIANI

Magis in latino significa “di più” e oggi è il nome di un primo progetto nazionale dedicato alla sostenibilità della vite e del vino italiani che sposa logiche ambientali ed economiche. Magis ha l’obiettivo di fare sempre “di più”, “sempre meglio” e, per molte realtà vitivinicole, può costituire un elemento distintivo nel panorama nazionale ed estero. Offre inoltre alle aziende la possibilità di lavorare in modo strutturato ed organizzato grazie a tutte le varie tecniche adottate ed all’innovativa tecnologia messa a disposizione. Oggi il progetto coinvolge oltre 130 aziende viticole che si distinguono per qualità e dimensioni, realtà quindi con peso significativo sul mercato. Magis nasce per rispondere, con basi scientifiche, alla richiesta da parte dei consumatori, di qualità di tipo salutistico, organolettico ed etico e sta diventando una moderna corrente di pensiero attenta all’ambiente ed alla competitività della filiera. Le aziende, infatti, aderiscono ad un protocollo di sostenibilità produttiva ed ambientale periodicamente aggiornato e monitorato dalla comunità scientifica, per produrre con sempre maggiore attenzione all’ambiente e all’impiego dell’innovazione nella difesa. I risultati oggettivi raggiunti fino ad ora e dichiarati pubblicamente da tecnici, ricercatori e rappresentanti delle aziende partner hanno confermato le previsioni di una produzione vitivinicola più efficiente con conseguente riduzione del 9% dei trattamenti e del 15,4% dei costi della difesa, dimostrando che le innovazioni verso un’agricoltura ecocompatibile non solo non costano di più ma, mantenendo pari se non superiore la qualità, permettono di ottimizzare i costi, di produrre meglio ed ottenere di più. BAYER CROPSCIENCE S.R.L. - www.magis.me

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Luca Bernardini Ufficio Stampa Slow Food

Un Cheese con la Francia protagonista

Gli appassionati di formaggio non possono perdersi la fiera di prodotti caseari più importante d’Europa. Dal 16 al 19 settembre a Bra (Cn) si svolge l’ottava edizione di Cheese, le forme del latte.

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uest’anno sarà protagonista la Francia, Paese del formaggio per antonomasia e sempre in prima linea nella tutela delle produzioni a latte crudo e delle diversità territoriali. Le sue eccellenze si trovano in Gran Sala, dove tra gli oltre 150 formaggi provenienti da tutto il

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mondo, ben 100 arrivano dalla Francia, mentre 10 dei 34 Laboratori del Gusto, le degustazioni guidate da esperti Slow Food, sono interamente dedicati ai prodotti d’Oltralpe, con la testimonianza dei Meilleur Ouvrier de France, il più importante premio per un artigiano francese.

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Sempre nella Gran Sala, dopo aver composto il proprio plateau, lo si può accompagnare con un vino scelto tra le 700 etichette proposte nell’Enoteca, anche grazie ai consigli del qualificato personale Fisar (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori). I vini italiani, in parte segnalati dalla guida Slow Wine di Slow Food Editore, sono forniti dalle cantine che aderiscono al Progetto Vino e che hanno avviato con Slow Food una nuova strada per la valorizzazione della produzione enologica nazionale. Accanto alle etichette italiane, un’ampia selezione di vini francesi. Cuore della manifestazione è da sempre il Mercato dei Formaggi, uno spazio di 3000 metri quadri di esposizione dove centinaia di pastori e casari, che scelgono principalmente il latte crudo, si riuniscono per proporre nuovi e antichi sapori, ricercate produzioni che fanno di Cheese il punto di riferimento per appassionati e operatori del settore. Per spuntini veloci preparati nel segno della tradizione gastronomica italiana ecco le Cucine di Strada e la Piazza della Birra per un tour tra le varie regioni della nostra penisola: la focaccia di Recco (Ge), le piadine romagnole di Fresco Piada, le bombette preparate dalla Condotta Slow Food di Alberobello (Ba) e i cheeseburger della Granda si abbinano perfettamente alle etichette di ventiquattro birrifici selezionati dalla guida alle Birre d’Italia di Slow Food Editore. Per un pasto un po’ più slow, i Chioschi Degustazione sono luoghi di ristoro in cui, stando comodamente seduti, si possono conoscere attraverso la cucina

LA BUONA TERRA NON MENTE Il paese già alle prime case odorava di mosto come fosse un ambiente chiuso, e trainati dai buoi avanzano da ogni strada i carri coi tini pieni d'uva. (G. Comisso) Parlando di Valdobbiadene, in “Veneto felice”.

tradizionale realtà regionali e provinciali. Ad

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www.lecolture.it

Santo Stefano di Valdobbiadene (Treviso) - Italy


animare ogni Chiosco, laboratori, incontri con i produttori e dimostrazioni pratiche, per soddisfare le curiosità del pubblico sui prodotti e le ricette proposte. Reduce dal grande successo della passata edizione, ritorna la Piazza della Pizza dove si può gustare quella tradizionale napoletana, preparata a regola d’arte in forno a legna con pomodoro San Marzano e mozzarella di bufala campana, oppure è possibile scegliere una pizza arricchita con i Presìdi Slow Food. La Via degli Affinatori, coloro che prendono in carica un prodotto e lo accompagnano nella sua crescita e maturazione, propongono il meglio dei formaggi internazionali. Si tratta di una rete spontanea nata a proprio a Cheese nelle varie edizioni e che ogni due anni si dà appuntamento in centro a Bra, permettendo ai visitatori di scoprire centinaia di tipologie e stagionature e riempiendo vie e piazze di quel profumo persistente e antico che solo i formaggi ben affinati sprigionano. Questo ed altro ancora vi aspetta a Cheese. Per il programma completo e info utili consultare il sito slowfood.it/cheese.

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¸ilÉ Lugana provenzacantine.it Azienda Agricola Provenza Desenzano del Garda (BS) Te l . 0 3 0 9 9 1 0 0 0 6 info@provenza.net


Abruzzo speciale

I Castelli dell’Abruzzo a cura della Regione Abruzzo (regione.abruzzo.it)

Le tipologie architettoniche sono più variegate, in relazione anche alle più complesse vicende storiche ed insediative di questa parte della regione.

I

l territorio abruzzese appare segnato in maniera diffusa e profonda dalla presenza di castelli e strutture fortificate disseminate nel suo paesaggio. Dalla fascia costiera a quella collinare e

pedemontana fino alle aree interne, la regione è costellata di esemplari architettonici di grande varietà, sia tipologica sia cronologica, che possono, per certi versi, raggrupparsi proprio in relazione

a questi ambienti geografici. Esaminando la zona litoranea, si nota immediatamente che essa conserva un numero minore di opere militari rispetto all’interno. Una carenza dovuta essenzialmente a due

Castello aragonese di Ortona

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speciale

Abruzzo

fattori: da un lato la minore difendibilità di queste aree, più aperte ed esposte al pericolo dell’attacco dal mare; dall’altro il fortissimo sviluppo urbano di queste zone in epoca recente, che ha naturalmente alterato in modo drastico le presenze antiche. Le poche tracce rimanenti sono in grado comunque di descrivere un paesaggio segnato, soprattutto dal cinquecento in poi, da un sistema di torri costiere anticorsare, tutte molto simili tra loro, che costituiscono la testimonianza sicuramente più cospicua del patrimonio litoraneo. Rientrano a pieno titolo in questa tipologia le torri di Martinsicuro, della Vibrata, del Salinello, la torre di Cerrano e quella di Punta Penna. Sono anche attestati in questa area geografica nuclei urbani difesi da mura, di cui restano sporadici elementi superstiti, come a Giulianova, Tortoreto e Francavilla. Uniche presenze imponenti, legate alla difesa dagli assedi e dunque alla tipologia morfologica del castello rinforzato da bastioni possono considerasi, nella fascia costiera, il forte di Vasto e il castello aragonese di Ortona. Le aree collinari e montane sono decisamente più ricche di edifici militari e fortificati. Le tipologie architettoniche sono più variegate, in relazione anche alle più complesse vicende storiche ed insediative di questa parte della

Torre di Martinsicuro

regione. Le costruzioni in essa disseminate si possono ricondurre infatti a molteplici radici; in primo luogo all’esigenza di difesa dalle incursioni ungare e saracene che danno l’avvio, dal IX all’XI secolo, a quel processo di incastellamento, già ampiamente analizzato dal Toubert per l’area Sabina, che dovette essere incisivo anche in Abruzzo. Le popolazioni vanno alla ricerca di abitati difesi “naturalmente” dalle alture, fortifican-

do a volte antichi insediamenti risalenti all’epoca italica, creandone a volte di nuovi intorno a pievi o “villae” sparse. A partire dall’età longobarda fino al XII secolo, inoltre, sorgono ovunque torri di avvistamento, destinate in alcuni casi a rimanere isolate, come quelle di Aielli e Collelongo, in altri, a divenire fulcri intorno ai quali si addenseranno in età normanna, sveva e aragonese, corpi fortificati più articolati che in alcuni casi andranno

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Abruzzo speciale Castello di Avezzano

ad assumere anche funzione abitativa (Roccascalegna, Pettorano sul Gizio, Popoli, Roccacasale, Palmoli, Crecchio...). Altre strutture nascono più esplicitamente con connotazioni residenziali, assumendo un aspetto ibrido tra il palazzo fortificato ed il castello vero e proprio. Esse rimangono come testimonianze della storia e della potenza delle più importanti famiglie feudali presenti sul territorio regionale come gli Orsini, il cui nome è legato ai castelli di Avezzano e Scurcola Marsicana, i

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Piccolomini, “committenti” dei castelli di Capestrano, di Balsorano e di Ortucchio, e i Santucci, antichi proprietari del palazzo di Navelli. In altri casi, gli insediamenti fortificati furono il frutto dell’espansione territoriale operata, nei confronti dell’Abruzzo, dai grandi monasteri benedettini di Montecassino, S.Vincenzo al Volturno e Farfa fin dall’Alto Medioevo; spesso infatti, intorno ad abbazie e “grange” si crearono veri e propri agglomerati fortificati come fu il caso, ad esempio, di S.

Benedetto in Perillis. Il quadro sin qui tracciato non mira naturalmente ad essere esaustivo sulla varietà degli insediamenti fortificati e delle opere castrensi diffuse in area abruzzese, essendo molte questioni relative all’incastellamento ancora dibattute, ma vuole solo gettare un breve sguardo sulla ricchezza della storia e dell’architettura della nostra regione, privilegiando quelle costruzioni ancora accessibili e fruibili dal pubblico. Col trascorrere dei secoli molte di queste straordinarie testimonianze

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rurali. Tutte comunque, rap-

dute e altre sono state irrime-

ticolare, molto spesso, castelli

presentano un tratto fonda-

diabilmente danneggiate dal

e torri sono diventati musei,

mentale del nostro paesaggio,

tempo, dall’abbandono, dalle

ambienti espositivi, alberghi,

tanto connaturate ad esso da

calamità naturali e sono oggi

ristoranti, ostelli, spazi per

rimaste allo stato di rudere,

convegni e in un caso (la torre

sembrare presenze insepara-

conservando comunque un

di Aielli) perfino Planetarium.

fascino potente reso in molti

Molte

casi spettacolare dal conte-

sono ancora in attesa tanto di

sto paesaggistico circostante;

restauri quanto di appropria-

in altri casi le strutture però

ti riutilizzi, altre sono rimaste

duta di colline abruzzesi inca-

hanno avuto un riutilizzo, sono

proprietà privata di famiglie

stellate dà una rappresenta-

cioè giunte, attraverso opere

aristocratiche e pertanto fru-

zione fiabesca e sognante del

di restauro considerevoli, a

ibili solo dall’esterno, nel loro

territorio che in fondo ancora

riacquistare un ruolo culturale

valore di presenze urbane e

gli appartiene.

strutture

purtroppo

bili dalle sue montagne, colline e borghi, come negli affreschi quattrocenteschi di Delitio per il Duomo di Atri, in cui una ve-

Abruzzo

importante per le città; in par-

speciale

del passato sono andate per-


Abruzzo speciale

Masciarelli: la visione di Marina di Paola Cambria e Patrizia Vasta

In Italia il mondo del vino, insieme con la moda e il design, è tra i più dinamici e i più promettenti anche dal punto di vista economico.

M

arina Cevtic Masciarelli, una donna del vino, con una visione da economista e con una forte vocazione im-

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prenditoriale. Ci svela uno dei comandamenti del Codice Masciarelli: stimolare l’educazione e la conoscenza su tutti i prodotti abruzzesi. Il vino, dice

Marina, deve sempre più fare squadra insieme ad altri prodotti del territorio e con il territorio stesso. “Si potrebbe – rileva – fare un grande lavoro di

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speciale

Abruzzo

promozione sull’enoturismo, la natura, il paesaggio; l’Abruzzo ha potenziale e tanta storia, ma è una regione timida che non fa sistema e non si sa proporre. Purtroppo – afferma determinata - oggi la politica si è scollata dalla realtà, le imprese si sentono sole ed abbandonate e per aprirsi ai mercati devono ricorrere solo alle proprie forze’’. E dall’Abruzzo la visione di Marina spazia a tutta l’Italia: “In Italia il mondo del vino, insieme con la moda e il design, è tra i più dinamici e i più promettenti anche dal punto di vista economico. Tutte queste attività che sono la forza del Paese andrebbero messe in rete per relazionarsi

con il mercato globale e creare un sistema moltiplicatore della promozione, coinvolgendo anche gli italiani all’estero. Potrebbero essere la bandiera, i primi ambasciatori dei nostri prodotti che esprimono

qualità a prezzi onesti’’. “Bisognerebbe promuovere un sistema di vendita indiretta - spiega ancora - fare attività di comunicazione e cultura sul vino italiano. Fare un progetto, un business plan. Stimolare

UNA PERSONALITÀ CHE TRASPARE IN OGNI OCCASIONE faravetrerie.it


Abruzzo speciale

energia e grinta’’. Secondo

dell’Abruzzo. Masciarelli, pun-

ma sulla grande produzione,

Marina invece, il nostro vino,

to di riferimento di questa re-

sui vini che fanno massa, sul

che ha il miglior rapporto qua-

gione, ha saputo trasformare

milione di bottiglie che devono

lità/prezzo, è una risorsa com-

la tradizione in esaltazione

uscire tutte con uno standard

pletamente trascurata dalle

del

coniugandola

qualitativo alto e che sono il

Istituzioni e dalla politica.

all’innovazione tecnologica e

Una ricetta ci sarebbe, a casa

a sistemi di gestione all’avan-

tuo business”. E di grande

Masciarelli, e potrebbe essere

guardia. Un uomo che, dice

quella del matriarcato o pote-

Marina,

re al femminile perché, spiega

avanti” trainando in questa

Marina, “le donne sanno fare

corsa verso il futuro altri talenti

squadra, da sempre sanno

della regione e perfezionando

che devono crearsi una rete a

così una sua idea impren-

partire dalle zie, le nonne ecc’’.

ditoriale del “Made in Italy”.

E Marina una rete se l’è ricrea-

Quest’aria imprenditoriale si

ta a vent’anni in Italia, seguen-

respira anche in cantina con

do il marito Gianni conosciu-

oggetti tradizionali affiancati a

to nella sua terra, la Croazia,

modernissime tecnologie che

quando lei, amante del vino

fanno della Masciarelli un van-

del nonno, faceva i primi passi

to per l’enologia italiana. “Una

anni l’attività turistico ricettiva

nel mondo vitivinicolo.

grande cantina - spiega Marina

con l’imponente ristrutturazio-

La donna e il ruolo impegnativo

- deve misurare la sua qualità

ne del Castello di Semivicoli,

che oggi tocca a Marina, dopo

non sul prodotto particolare a

con lo splendido show-room

la perdita del marito Gianni,

cui dedica attenzioni e risorse

dell’azienda e 10 stanze, gio-

un grande uomo del vino e

perchè cerca il suo gioiello,

ielli di domotica e di eleganza.

territorio,

“guardava

sempre

azienda parliamo, infatti: 60 dipendenti e una produzione di 2,1 milioni di bottiglie segmentata su 14 etichette raggruppate nelle quattro linee Masciarelli, Marina Cevtic, Villa Gemma e l’ultima, Castello di Semivicoli. Alla cantina si affianca l’attività di distribuzione, con qualche prodotto italiano, di 2 aziende della Borgogna e 3 della Mosella. Infine da 2

Panorama Castello di Semivicoli

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a cura della redazione di Quality ADV

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th

Merano 4-7 novembre 2011

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l Merano WineFestival è l‘evento enogastronomico più esclusivo, elitario ed elegante d’Europa. Il 4 novembre, la poesia del gusto inizia con “bio&dynamica”: 50 selezionati produttori presenteranno vini biologici, biodinamici e naturali, prodotti in armonia con la terra, il cosmo e il cielo stellato. Dal 5 al 7 novembre 450 viticoltori rinomati provenienti dalle più famose aree vitivinicole del mondo (Italia, Francia,

Germania, Austria, Svizzera, Grecia, Serbia, Ungheria, Slovenia, Spagna, Portogallo, Cile, California, Argentina, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda) offriranno in degustazione i loro vini premiati dalla Commissione d’Assaggio

del MWF. 100 Maestri Artigiani faranno assaggiare le loro prelibatezze gastronomiche (dai formaggi pregiati alle salumerie, dall’olio d’oliva all’aceto balsamico, dai dolci al caffé ecc.).

Highlights: • l’emozionante show-cooking all’interno della GourmetArena; • rinomati Châteaux dell’union des Grands Crus de bordeaux; • Viticoltura eroica internazionale; • Degustazione di vini di annate vecchie ed introvabili;

Una vera e propria Delizia! Il vino è la poesia della terra (Mario Soldati) (Ulteriori informazioni sul sito www.meranowinefestival.com) Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5

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Abruzzo speciale

Villa Maiella, coppia del gusto a Guardiagrele di Paola Cambria e Patrizia Vasta

Nei nostri taccuini pochi appunti e la limpida certezza che la cucina è il centro di gravità permanente di questa coppia di abruzzesi uniti nella vita e tra i fornelli di Villa Maiella, il loro ristorante che li ha portati agli onori delle cronache della letteratura culinaria.

A

ppena rientrati da una vacanza itinerante in Francia, Angela e Peppino Tinari ci travolgono di racconti e fotografie delle sublimi esperienze enogastronomiche del loro viaggio. Immagini e parole che ci sommergono di un entusiasmo e una passione trascinante, tanto che il nostro incontro nulla ha a che fare con un’intervista su ricette e ingredienti. Peppino ci rassicura però, dicendo che un piatto va soprattutto assaggiato, che alla fine è sempre una questione di gusto. Puoi provare a descriverlo con tutta la precisione del mondo, ma è il palato che giudica se la fusione degli elementi è veramente riuscita, ogni volta. E Angela è in per-

fetta sintonia con questa filosofia, quando ci racconta che per ogni piatto che prepara non si può esimere dall’assaggiarlo e plasmarlo di volta in volta, per essere certa che tutto funzioni. Dietro di lei, infatti, c’è sempre il suo aiutante che prende appunti su ciò che aggiunge o modifica. Lui creativo, estroso, istrionico, in sala ad accogliere i clienti e lei meticolosa e laboriosa in cucina a preparare gli ordini. Tanta carne, agnello soprattutto, anche se qualche sfiziosa ricetta di baccalà non manca mai nel menù. Nei nostri taccuini pochi appunti e la limpida certezza che la cucina è il centro di gravità permanente di questa coppia di abruzzesi, uniti nella vita e Angela e Peppino Tinari davanti a Villa Maiella

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tra i fornelli di Villa Maiella, il loro ristorante che li ha portati agli onori delle cronache della letteratura culinaria. Anche loro, come tanti grandi chef, sono cresciuti immersi nella cultura enogastronomica per innata passione e per tradizione familiare, e dopo aver girovagato un po’ in gioventù tra l’estero e l’Italia, si sono ritrovati a Guardiagrele, cittadina di 10.000 persone nell’entroterra chietino, e qui hanno deciso di costruire il loro regno e di onorare il legame con la loro terra. E a coronare il tutto arriva, nel 2010, la Stella Michelin, di cui i due coniugi parlano orgogliosi, con un misto di fierezza e di ansia. Ma in realtà, ci dicono, non è cambiato molto da quando Villa Maiella è stata insignita dell’ambito riconoscimento. Forse il livello della clientela è un po’ più elitario, ma il loro ristorante continua ad ospitare, oltre agli avventori muniti di guida, molti affezionati che frequentano i Tinari da anni, ogniqualvolta hanno voglia di un piatto un po’ ricercato, che sappia interpretare con fantasia i capisaldi della tradizione, oppure di un vino “speciale”, uno di quelli normalmente introvabili. Sì perché la cantina di Villa Maiella è un vero forziere di preziosi. 1.200 etichette in tutto, tra cui spiccano le 80 francesi tra bianchi e rossi e una trentina provenienti da Australia, Germania, Cile e via dicendo. Una menzione a parte meritano le bollicine, una cinquantina le francesi e una trentina le italiane. Peppino snocciola numeri da vero appassionato e commenti da vero intenditore. Il vino è tutta farina del suo sacco e lasciare invecchiare qualche ottima bottiglia, nascondendola ai potenziali acquirenti, è il suo vezzo. Non dimentica però di elogiare Nicola Boschetti, il sommelier di Villa Maiella, fondamentale per impreziosire la cantina e proporre i giusti abbinamenti, offerti ai clienti anche in “pacchetti degustazione”. L’Abruzzo ovviamente ha un posto speciale in cantina e in cucina. Sono circa 100 i vini abruzzesi autoctoni che si possono degustare a Villa Maiella per un 70% rossi ed il restante 30% bianchi. D’altra parte l’Abruzzo è la fonte

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Abruzzo speciale d’ispirazione di tutta la creatività dei Tinari. A partire dalle materie prime che Peppino sceglie con puntigliosità e un pizzico di superbia. “Mi basta intravedere un tartufo per sapere se è buono veramente”, chiosa, mentre ci racconta dei tanti agricoltori che rispedisce a casa frustrati e a mani vuote. L’approvvigionamento degli ingredienti è la sua cifra e la sua specialità! La regola aurea è rispettare la stagionalità dei prodotti, tutto il resto è esperienza. Sono un fiume in piena, Angela e Peppino, sempre a parlare di cucina e sapori, sempre a confrontarsi su possibili versioni e trasgressioni culinarie. Solo qual-

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che diversivo al discorso per parlare dei loro figli, Arcangelo e Pascal, sono nel campo, stanno studiando e facendo pratica all’estero. Devono fare ancora esperienza, ci dicono. Devono andare a vedere il

meglio e poi decideranno se vorranno anche loro tornare a Guardiagrele. Nel frattempo, Angela e Peppino sono pronti per rimettersi al lavoro. e non sembrano affatto stanchi.

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speciale

Abruzzo

Battuta di agnello croccante con fonduta di pecorino

Ingredienti per 4 persone - 360 gr. di polpa d’agnello - 2 rametti di timo - 1 uovo - pane raffermo grattugiato - olio extravergine d’oliva - sale - pepe bianco di mulinello per la fonduta di pecorino - 2 dl. di panna fresca - 1 dl di vino bianco “Pecorino” - 30 gr. di pecorino grattugiato Procedimento Privare del grasso e delle pellicine la polpa di agnello. Tagliare in piccolissimi pezzi e condire con sale, pepe e timo. Successivamente battere la carne a coltello e creare dei piccoli cubi da 30 gr. cadauno, passarli nell’uovo battuto, nel pane grattugiato e friggere nell’olio bollente per circa 10 secondi, creando una crosticina croccante. Nel frattempo preparare la fonduta di pecorino. In una padella ridurre la panna di 1/4, aggiungere il vino bianco e far ridurre. Infine versare il pecorino grattugiato e far cuocere portando alla giusta consistenza. Disporre la crema ottenuta a specchio nei piatti ed adagiarvi i cubetti di agnello.

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Abruzzo speciale

Il talento ragionato dell’Abruzzo di Paola Cambria e Patrizia Vasta

Quello che colpisce di questa regione è il processo di sviluppo e razionalizzazione cominciato un cinquantennio fa circa e che oggi ritorna in un panorama enografico delineato e specializzato.

T

erra geneticamente vocata alla vitivinicoltura, l’Abruzzo corre la sua gara sulla corsia della qualità, concentrando i suoi sforzi produttivi su due direttrici principali. Da una parte si lavora per continuare ad accrescere la qualità dei pilastri della tradizione, il Montepulciano d’Abruzzo e il Trebbiano, che da sempre garantiscono fama e gradimento anche a livello internazionale, dall’altra si punta sulla riscoperta di vitigni autoctoni come il Pecorino, la Passerina e la Cococciola, uve dal buon potenziale che solleticano sempre più la curiosità dei consumatori per le loro caratteristiche aromatiche e sensoriali fortemente legate alla specificità del territorio. Quello che colpisce di questa regione è il processo di sviluppo e razionalizzazione cominciato un cinquantennio fa circa e che oggi ritorna in un panorama enografico delineato e specializzato, che si configura sulla fascia collinare schiacciata

Montepulciano d'Abruzzo

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tra le montagne e l’Adriatico, eccezion fatta per un’area circoscritta ai confini con il Lazio. Si tratta quindi di un paesaggio naturalmente adatto alla coltivazione delle vite, esposta, su colline dolci di origine sedimentaria, al clima mite, ventilato e assolato della fascia costiera e protetta dal clima continentale dell’entroterra dai massicci del Gran Sasso d’Italia e della Maiella, che comunque garantiscono buoni livelli di piovosità e forti escursioni termiche tra giorno e notte. Nella provincia di Chieti ricade oltre il 75% del territorio coltivato a vite, seguono Pescara e Teramo con circa il 10% cadauna ed infine L’Aquila con meno del 4%, per un totale di circa 36.000 ettari di superficie vitata. Alla predisposizione geografica si somma, come si diceva, l’attenzione e la dedizione alla coltivazione dei prodotti del territorio che sta, negli anni, portando i suoi frutti anche in termini di conoscenza e riconoscibilità all’estero della tipicità regionale. In prima fila c’è sempre il Montepulciano d’Abruzzo, il vitigno più diffuso che copre oltre il 50% della superficie vitata e che, anche in termini di produzione certificata è in cima alla classifica nazionale, seguito poi dal Trebbiano, altro campione regionale, e dagli altri vitigni internazionali ed autoctoni. Complessivamente quindi l’Abruzzo rappresenta una grossa realtà produttiva dell’Italia centrale con una produzione che mediamente supera i 3,5 milioni di ettolitri di vino che, al di là del mercato nazionale, viene esportato prevalentemente in Germania, USA e Canada. Negli ultimi 10 anni, infatti, l’export del vino Made in Abruzzo è raddoppiato. L’Abruzzo in Docg e Doc La DOCG di cui si fregia l’Abruzzo risale al 2003 con il Montepulciano d’Abruzzo-Colline Teramane, sottozona della più ampia DOC Montepulciano d’Abruzzo, che prevede una

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Abruzzo speciale 62

ristretta delimitazione del territorio alle zone della provincia di Teramo e l’utilizzo quasi esclusivo di Montepulciano, minimo al 90%, a cui può concorrere il vitigno Sangiovese per un massimo del 10%. Il disciplinare stabilisce inoltre una gradazione alcolica non inferiore al 12,5% e un invecchiamento minimo di 2 anni, di cui 1 almeno in botte. Per avere la menzione “Riserva” sono necessari invece almeno 3 anni di invecchiamento. Il risultato è un vino dal colore profondo e dal bouquet complesso e ricco di profumi di amarena, liquirizia e spezie. Il gusto è strutturato e vellutato e di buona persistenza. Con il suo carattere ruvido e genuino, forte e generoso, il Montepulciano è la bandiera indiscussa di questa terra. La produzione DOC supera abbondantemente il milione di ettolitri e ancora una volta vede emergere su tutti il Montepulciano d’Abruzzo con l’80% della produzione regionale e un trend in continua crescita. La zona di produzione spazia sui comuni in provincia di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo. Un’altra denominazione è quella del Montepulciano d’Abruzzo “Cerasuolo” DOC, ottenuto con le stesse uve del Montepulciano, vinificate però in bianco o con una limitata macerazione sulle buc-

ce. Dal colore rosso ciliegia e dal sapore fresco e fragrante, questo vino può rappresentare un’alternativa ai bianchi strutturati e garantire un abbinamento valido sia per piatti di pesce sia per carni non troppo elaborate. Si propone, inoltre, come prodotto molto spendibile sul fronte degli aperitivi e quindi ha un potenziale attrattivo sulla clientela più giovane che potrebbe rivelarsi molto redditizio. Sul fronte dei bianchi il Trebbiano d’Abruzzo DOC ha una zona di produzione vastissima, praticamente tutta la regione, e viene ricavato da uve di Trebbiano d’Abruzzo, qui chiamato anche Bombino bianco, e Trebbiano toscano, Passerina e Cococciola. Anche il Trebbiano ha una lunga storia in Abruzzo, già citato da scrittori latini e greci, che lo ha reso ormai un vino solido, di grande qualità, capa-

ce di sostenere considerevoli invecchiamenti, spesso elencato fra i più rinomati bianchi italiani. Altra DOC significativa è Controguerra, limitata a una piccola zona in provincia di Teramo, con molte tipologie produttive fra cui spumante, moscato amabile e passito bianco. Controguerra DOC è protagonista, insieme a Tullum Doc, concentrata addirittura nel solo comune di Tollo (CH), della valorizzazione dei principali vitigni autoctoni a bacca bianca come la Passerina e il Pecorino, vitigni di buona resistenza che assicurano livelli di produzione discreti. Il loro attuale successo si basa sulla capacità di esprimere aromi che spaziano dal floreale al fruttato allo speziato, una spina acida di tutto rispetto che dà freschezza e struttura al vino con un riconoscibilissimo e persistente retrogusto amarognolo.

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Azienda Agricola “Casale Marchese”

San Nicola Soc. Coop. r.l.

Nel Clemens, prodotto nella zona della DOC Frascati, da Casale Marchese, un’azienda agricola dalla storia antica, prevalgono i sentori della Malvasia del Lazio che, accompagnata allo Chardonnay, esprime il meglio della sua forza e personalità in questo vino, dal bouquet intenso e dal gusto persistente. Profumi floreali e fruttati riempiono il naso con energia e convinzione senza confondersi fra loro, passando gradualmente da note di fiori di campo a quelle di agrumi e di frutti tropicali. In impeccabile armonia con le sensazioni olfattive, anche in bocca il Clemens rimane insistente e concentrato, rilasciando il calore e la sapidità del terreno di origine vulcanica in cui cresce, facendo leva su un grado alcolico di 14% e una struttura robusta. Insomma un vino che si sposa con una spigola al forno o alla mugnaia ma che certamente sostiene anche un gustoso pollo alla cacciatora o un appetitoso maialino porchettato con patate, un classico di questa zona.

La Cantina San Nicola, che produce vini dei suoi 500 soci da circa 50 anni, ha iniziato ad imbottigliare solo da due anni con circa 100.000 bottiglie/anno e notevole successo presso i consumatori. Montepulciano e Cerasuolo d’Abruzzo DOC, Pecorino IGT sono i suoi prodotti di punta; seguono, ma solo per minor quantità, spumanti dei suoi vini nonchè grappa e brandy invecchiato vent’anni. I vini sono proposti in purezza per creare quelle emozioni che solo un territorio particolare sa e può esprimere. Le colline di Pollutri, nota fin dall’epoca della Magna Grecia come “paese dai molti otri”, sono un panorama verdeggiante in cui i vigneti, frammisti alle argentee distese di uliveti, si estendono nella continuità di una millenaria tradizione agricola e godono dei benefici effetti del microclima particolare grazie alla fortunata posizione dell’Abruzzo tra l’Appennino (Maiella e Gran Sasso) ed il mare Adriatico.

AZIENDA AGRICOLA CASALE MARCHESE Via di Vermicino, 68 - 00044 Frascati (Roma) Tel./fax +39 06 9408932 - info@casalemarchese.it

1811-2011: Santa Sofia festeggia 200 anni dalla fondazione “Santa Sofia è un’azienda storica della Valpolicella classica con tradizioni enologiche con profonde radici nel passato – racconta Luciano Begnoni, terza generazione nel mondo del vino - fondata nel 1811 dall’avv. Cressotti, grande appassionato di vini, che acquista la tenuta dagli eredi dei Sarego, cui si deve la costruzione nel XVI sec. della villa palladiana, sede della nostra azienda. Già a metà dell’800 Santa Sofia era nota per la qualità dei vini. Agli inizi del ’900 la tenuta passa al sen. Campostrini, poi ai Rizzardi-Boccoli. Nel 1967 mio padre, Giancarlo, la rileva per farne il progetto della sua vita. Da allora i Begnoni stanno scrivendo pagine importanti della storia enologica di Santa Sofia. Festeggiamo i 200 anni con tutti i nostri vini, dal prestigioso re Amarone all’alfiere Valpolicella: un sigillo in oro, come la ceralacca su antiche lettere, suggella questo anniversario”. Vi attendiamo al Merano Wine Festival 2011.

SANTA SOFIA Via Ca’ Dedè 61 - Loc. Pedemonte di Valpolicella 37029 San Pietro in Cariano (Verona) Tel. +39 045 7701074 - Fax +30 045 7703222 www.santasofia.com info@santasofia.com

SOC. COOP. AGR. SAN NICOLA Contrada Crivella, 1 - 66020 POLLUTRI (CH) Tel. 0873 921174 - fax 0873 902626 coopsannicola@libero.it

Azienda Vitivinicola Ferruccio Deiana & C. s.a.s. Il Vermentino di Sardegna D.O.C. "Arvali" nasce nella vigna detta "dei Rifugi", tra le colline del Parteolla, nel sud Sardegna. Le uve - esclusivamente vermentino sono raccolte a fine settembre e lavorate con la cura che contraddistingue tutti i prodotti della Cantina Ferruccio Deiana. Dopo la diraspatura e una pigiatura soffice il mosto viene lasciato in macerazione a temperatura controllata per 36 ore per regalarci, dopo un affinamento di alcuni mesi, un grande vermentino vendemmia tardiva. Nel suo giallo paglierino, nei suoi aromatici floreali e nel suo gusto secco, morbido e fruttato si ritrovano i colori e i profumi della macchia mediterranea. Un Vermentino signorile e di gran classe, ottimo come aperitivo e ideale per accompagnare al meglio il pesce alla griglia e le carni bianche. AZIENDA VITIVINICOLA FERRUCCIO DEIANA & C. s.a.s Loc. Su Leunaxi - 09040 Settimo S. Pietro (CA) Tel. e Fax 070 749117 www.ferrucciodeiana.it - deiana.ferruccio@tiscali.it


speciale

Lazio

Turismo nel Lazio a cura di turislazio.it

Il Turismo nel Lazio ci porta a scoprire una terra antica e ricca di tradizioni, vera e propria culla delle radici d’Italia. Se Roma, data la sua importanza e fama nel mondo è il principale catalizzatore del turista, non bisogna dimenticare tutti i luoghi della regione che sono perle di bellezza e forte suggestione.

R

oma ed i suoi tesori d’arte Roma Caput Mundi: niente di più vero; lo conferma la storia millenaria, i monumenti, centro della cristianità; una capitale cosmopolita, che non è solo la capitale della Repubblica Italiana, ma una tra le città più affascinanti del mondo.

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Nata in origine sui sette colli: Capitolino, Aventino, Palatino, Vicinale, Esquilino, Celio, Quirinale; si sviluppa intorno al fiume Tevere. La sua storia, dalla mitica fondazione ad opera di Romolo, da città repubblicana a capitale di uno dei più estesi imperi di tutti i tempi, divenne poi il centro della cristianità occi-

dentale e sede del successore di San Pietro: il Papa che per secoli è rimasto il signore della città. Una città ricca di quattromila anni di storia, che offre al visitatore uno scenario unico al mondo, le testimonianze tangibili della civiltà in cui l’intera cultura occidentale fonda le sue radici.

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Lazio

Alla scoperta di Viterbo Il capoluogo storico dell’ Alto Lazio, l’antica Tuscia dei Romani, sorge alle falde dei monti Cimini, lungo la via Cassia, importante centro etrusco e poi romano, presenta ancora un aspetto prevalentemente medievale; Nel XIII secolo divenne sede papale e fece parte dello Stato della Chiesa; durante la II Guerra Mondiale subì pesanti bombardamenti che devastarono ilsuo tessuto urbano antico. Il San Pellegrino è quartiere più antico con torri e case con scale esterne e decorazio-

speciale

Antiche rovine, l’opulenza delle dimore rinascimentali, il trionfo degli edifici barocchi, la maestosa grandiosità di San Pietro non può lasciare indifferenti: la città è un sovrapporsi naturale casuale di tanti stili ed epoche, che costituisce una sorta di insieme armonioso; lo si trova anche in altre città italiane ed europee, ma a Roma è diverso. Lo si capisce camminando: Roma è una città da “vivere” a piedi, percorrendo le strade e i vicoli che si aprono sulle piazze, salendo gradinate e salite e ammirando la luce che qui è particolare, che si riflette sul bianco dei marmi e dei travertini, sul rosso dei mattoni sull’oro delle croci e il verde dei giardini e la trasparenza delle fontane. Roma è una città solare, un sole che la illumina da migliaia di anni.

Il palazzo Papale a Viterbo

ni angolari, ben conservato, come due delle sette parte della città comunale: piazza San Lorenzo, antico fulcro politico e religioso della città raccoglie le due testimonianze più significative dell’architettura e della storia di Viterbo: la cattedrale di San Lorenzo e il palazzo dei Papi. La cattedrale risale al XII secolo, rimaneggiata nei secolo, presenta la facciata del XVI secolo, che sostituì quella romanica e il campanile trecentesco con chiari influssi toscani adornato nei quattro piani doppie bifore gotiche sormontate da doppie fasce di peperino e travertino e concluso da una cuspide ottagona; all’interno conserva pareti affrescate della primitiva costruzione. Accanto al duomo si trova il palazzo dei Papi, simbolo della città, ha ospitato alcuni conclavi, esempio di architet-

tura gotica, la facciata è aperta al primo piano da bifore e coronata da merli, sulla destra si apre la loggia caratterizzata da sette archetti ogivali, sorretti da sedici esili colonnine e ornati nella parte superiore da un elegante traforo; gli archetti sostengono una fascia decorata con bassorilievi di scudi e leoni. Il palazzo è sede del Museo d’Arte Sacra. Piazza del Plebiscito era il centro della città del XIII secolo come ricordano il palazzo del Podestà, che risulta ampiamente rimaneggiato e il palazzo dei Priori, del XV secolo,oggi sede del Comune, presenta il prospetto a portico. La città ricca di fontane: la più famosa è la Fontana Grande del 1279, la vasca a croce greca è sormontata da due tazze e da un pinnacolo, in origine era alimentata da un acquedotto romano.

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Lazio speciale

Frosinone ed i suoi luoghi Nella valle del Sacco, con i monti Ernici e Lepini sullo sfondo, Frosinone, la capitale della Ciociaria, è una città con due nuclei distinti: la parte antica raccolta su un colle, l’abitato più moderno disteso più in basso, allungato fino al fiume Cossa. Una larga veduta, che giunge sino alle città di Alatri e Veroli, si può gustare da Piazzale Vittorio Veneto, nella parte alta. Nel

sede di diverse comunità religiose. Non distante, nei dintorni di Ceccano, è la chiesa di S. Nicola, con un’architettura di tipo cistercense. I più significativi materiali archeologici sono oggi riuniti nella Chiesa di San Giovanni Battista, sempre a Ceccano, dove sono ospitati anche reperti medievali e rinascimentali. rieti città d’arte Centro storico sulla riva destra del Velino, con il monte Terminillo sullo sfondo, abbraccia quasi per intero il territorio anticamente abitato dal popolo dei Sabini. Forte “oppidum” dei Sabini, fu un importante “municipium” romano. Il cuore della città che diede i natali a Marco Terenzio Varrone, definito il “padre della romana erudizione”, è ancora quello tracciato dai Romani, là dove la via Salaria piegava

Il Campanile di Frosinone

verso oriente. I monumenti mostrano le forti influenze medievali, quando la storia del comune s’intrecciò con quella dei papi: qui Gregorio IX decretò la santità di S. Domenico e Nicolò IV incoronò Carlo II d’Angiò. Il centro della città è Piazza Vittorio Emanuele II, sull’area del Foro romano. Su essa si affaccia il settecentesco Palazzo comunale di origini duecentesche. Assai suggestivo il Duomo, la cui prima fondazione risale ai secoli XII e XIII. L’edificio fu rinnovato all’interno, in stile barocco, nei secoli successivi. D’impianto barocco è anche l’interno della chiesa di S. Agostino, che all’esterno conserva invece il carattere duecentesco, con un portale gotico del Trecento e un affresco di Liberato di Benevento. Origini duecentesche ha il Palazzo vescovile, aperto al pianterreno dalle cosiddette Volte del Vescovado, grandioso porticato a due

centro storico si innalza anche la Cattedrale, di origine romanica ma rifatta nel Settecento e dopo la seconda guerra mondiale, a causa dei gravi danneggiamenti subiti. Nelle vicinanze del fiume Cossa si trovano i resti della città romana, sorta nella area dell’antica “Frusino”, città dei Volsci. Tra i ruderi più imponenti quelli dell’anfiteatro romano, sotto un edificio al primo tornante di Via Roma. L’intera zona era Rieti

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CELLARIUS È FIGLIO DEL TEMPO. Tempo che plasma la terra, addomestica la vigna, lambisce le bottiglie e trasforma gli aromi, scolpisce l’anno della vendemmia in etichetta per restituire il Franciacorta prediletto da chi comprende e coltiva il valore del tempo e nella frenesia del quotidiano sa creare attimi di puro, sano edonismo. Cinquant’anni dopo il Pinot di Franciacorta, prima “bollicina” in terra bresciana, festeggiamo insieme mezzo secolo di brindisi con i nuovi Franciacorta Cellarius. www.berlucchi.it


speciale

Lazio

vita dei monaci, vi morì e fu sepolto accanto alla sorella, Santa Scolastica; vi soggiornarono pontefici, re ed artisti. L’abbazia nel 1944 venne distrutta durante un pesante bombardamento delle forze alleate; fu ricostruita cercando di recuperare il materiale originario e facendo copie di ciò che era andato per sempre perduto come nel caso del chiostro dei Benefattori, progettato da Antonio da Sangallo il Giovane.

Latina - Il Monumento alla Bonifica

navate. L’arco del vescovo fu costruito ai tempi di Bonifacio VIII. Nel Battistero della Basilica si trova il Museo del Tesoro del Duomo, ricco di affreschi medievali, stupende oreficerie sacre e sontuosi paramenti. L’arteria principale della città è Via Roma, l’antica via di Ponte, che divide i quartieri medievali di S. Lucia, della Verdura, di S. Francesco e di S. Ruffo. Latina città nuova del Lazio La città è stata fondata ufficialmente nel 1932 quando, in questa zona nel cuore dell’Agro Pontino, arrivò la bonifica ordinata dal regime Fascista. La zona sino a quel momento era stata una vera e propria palude. Anche l’architettura è quindi di ispirazione fascista, come attesta Piazza del Popolo, centro della fascista Littoria, con il massiccio edificio dell’Intendenza di Finanza. Chiesa principale della cittadina è S. Marco, opera

Abbazia di Cassino

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del Frezzotti, che ideò una facciata aperta da un portico a tre arcate in tufo e travertino. Da notare anche il caratteristico “palazzo M”, dalla forma che rievoca l’iniziale del duce. Nel tempo, a partire dal dopoguerra la città ha saputo via via farsi strada nel commercio e l’insediamento nell’interland ha dato vita a piccole ma attive industrie per lo più a conduzione familiare. Latina è al momento la seconda città del Lazio.

Fiuggi e le sue acque La fama della cittadina è da sempre legata alle sue acque; già Bonifacio VIII mandava

Le Terme di Fiuggi

Cassino e l’Abbazia Località legata alla famosa abbazia di Montecassino, casa madre dei Benedettini e una delle più famose abbazie della cristianità;qui San Benedetto dettò la Regola, norme di

messi a prendere l’acqua con cui curava i calcoli renali; situata tra colli e boschi, gode di un clima mite ed è costituita da un borgo medievale e da un nuovo centro alberghiero.


Tarquinia Grande città etrusca, conserva le tracce delle varie città che si sovrapposero, dalla romana Gravisca alla medievale Corneto, di cui la città attuale ha conservato la struttura e una quarantina di torri. All’interno di Palazzo Vitelleschi, edficio goticorinascimentale è ospitato il Museo Nazionale Tarquinese che conserva i reperti provenienti dalle necropoli, con lastre funerarie e sarcofagi di epoca etrusca e romana. Da visitare la necropoli di Monterozzi, scavata nella terra vulcanica dove sono state censite almeno 6000 tombe riccamente dipinte; famose sono le tombe dei Tori e quella

Lazio

Museo Nazionale Tarquinese

speciale

e costruirono la chiesa che rimane uno dei migliori esempi di architettura cistercense in Italia; consacrata nel1208, ha il portale di lavorazione cosmatesca e un grande rosone, con grande torre nolare ottagona,; l’interno, diviso in tre navate da pilastri, in blocchi di calcare chiaro, conduce al chiostro, della fine del XIII secolo, è romanico su tre lati e gotico sul quarto, intorno al degli Scudi. Cerveteri Importante città etrusca del VIII secolo, famosa per la necropoli sul colle della Banditaccia; è una vaasta zona archeologica che comprende tombe del VII secolo e altre più antiche di grande interesse e varie tipologia, a fossa e a tumulo, disposte lungo la via Sepolcrale. Abbazia di Fossanova In provincia di Latina, nel comune di Priverno, posta alle pendici dei monti Lepini, si trova l’antica abbazia fondata dai benedettini nel XII secolo sui resti di antiche costruzione romane. I monaci Cistercensi risanarono la zona paludosa

Abbazia di Fossanova

quale si aprono gli ambienti conventuali: la sala capitolare, a due navate, il refettorio e la foresteria,dove, nel1274, morì San Tommaso d’Aquino. Le rovine archeologiche di Ostia Frazione di Roma, secondo la tradizione venne fondata da Anco Marzio e ne fu il porto. La zona archeologica offre un esempio molto interessante di città romana completa dei suoi edifici pubblici, con terme e magazzini dove venivano stivate le merci destinate a Roma,, il Foro col tempio di Vulcano , il Teatro di Agrippa e

Castello di Cerveteri

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Lazio speciale

il Piazzale delle Corporazioni, circondato da un quadriporico a colonne su cui si poarivano le rappresentanze mercantli del mondo romano, al centro del piazzale si trovano i resti del tempio di Cerere. Il santuario Mitreo, posto accanto al teatro, è quello meglio conservato tra i 18 santuari di Ostia. Oltre agli edifici pubblici, gli scavi hanno riportato alla luce numerose abitazioni private, dai caseggiati alti anche 4 piani, alle case più ricche con pavimenti a mosaico e pareti affrescate. I Castelli romani Borghi medievali, ridenti cittadine, paesi antichi, ville signorili, castelli medievali, resti archeologici punteggiano e animano il Parco regionale dei Castelli romani, disteso sui colli Albani, in passato luogo di villeggiatura prediletto dalle famiglie gentilizie della capitale e dai papi. Circa 9500 ettari di territorio protetto, dove si snoda una fitta rete di sentieri e vivono parecchie specie di animali, molte delle quali vi sono ritornate proprio dopo l’istituzione del parco:è il caso

Il Santuario Mitreo - Ostia

di tassi, martore, falchi pellegrini, l’istrici , ma il ritorno più straordinario – e apprezzato dai naturalisti- è stato quello del lupo, che ha un ruolo importante nell’ecosistema. Uno dei percorsi che si possono effettuare tra i sedici comuni che rientrano nell’area del parco è quello che parte da Lanuvio, borgo medievale nei pressi di Velletri, in provincia di Roma, cinto da una cerchia di mura superata la quale sembra di fare un salto nel passato per il perfetto stato di conservazione di case, palazzi e chiese. Mentre si passeggia

per le strade e i vicoli, ci si imbatte nella rocca trecentesca, con due torri cilindriche, oggi sede dell’enoteca comunale, dove si possono assaporare i pregiati vini Doc dei colli Lanugini ed è in mostra un’interessante esposizione di strumenti agricoli e per la vinificazione; il palazzo baronale del quindicesimo secolo e la vicina fontana degli Scogli, opera di Carlo Fontana del 1675; nella collegiata di Santa Maria Maggiore di fondazione medievale ma ristrutturata nel diciassettesimo secolo. Una strada panoramica con-

Scorcio dei Castelli Romani

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Lazio

Lago di Bolsena

duce a Genzano di Roma, deliziosa cittadina situata lungo la via Appia e adagiata su un pendio esterno del cratere del lago di Nemi. Il centro storico, disposto a raggiera sui fianchi del colle, è punteggiato di testimonianze storiche e artistiche, come il settecentesco palazzo Sforza Cesarini circondato da un grande e verdeggiante parco secolare. Da piazza Fiasconi salgono tre vie note come il “tridente barocco”: via Garibaldi, che porta alla strada del lago di Nemi, via Buozzi e via Berardi, che conduce alla chiesa di Santa Maria della Cima, dove è conservata una grande pala di Francesco Cozza. Interessanti anche la chiesa dei Cappuccini del diciassettesimo secolo e la chiesa della Santissima Trinità. Tappa successiva, sempre sulla via Appia, è Ariccia dove si può visitare palazzo Chigi, uno dei più pregevoli complessi architettonico-urbanistici del barocco europeo, dove sono ancora conservati gli arredi originari: i suoi saloni, con ricchi decori e stucchi,

conservano ritratti di donne della famiglia Chigi e preziosi mobili d’epoca, oltre a rari parati in cuoio stampato, detto di Cordova, che ricoprono le pareti di alcune sale. Nel centro storico si trova anche la chiesa di san Nicola, costruita da Gian Lorenzo Bernini insieme al fratello Luigi sui resti dell’antica collegiata. È la volta, poi, di Albano Laziale con il bellissimo duomo in stile barocco, la porta Pretoria, a tre fornici e fiancheggiata da torri, e la chiesa romanica di Santa Maria della Rotonda (dalla particolare forma circolare). Il borgo, che sorge sui vulcanici colli Albani e si apre sul lago Albano, conserva anche il Cisternone, un deposito sotterraneo fatto costruire da Settimio Severo tuttora utilizzato per il rifornimento idrico della città, l’anfiteatro romano, sull’alto dell’abitato, eretto nella metà del terzo secolo, il sepolcro degli Orazi e Curiazi, maestosa costruzione a parallelepipedo in tufo, ritenuto la tomba dei leggendari eroi. Suggestive anche le catacom-

be di San Senatore, del terzo secolo, tra i più grandi cimiteri suburbani noti e il Museo civico con reperti della vita preistorica e protostorica. Infine, ultima sosta a Castelgandolfo, affacciato sul lago di Nemi e meta di villeggiatura di papi, cardinali e prelati della curia romana che soggiornavano nell’antica residenza dei Savelli, trasformata nel 1623 da Urbano VII in palazzo Pontificio. In questo tranquillo paese di antichissime origini sorgono numerosi monumenti di pregio, come il palazzo Pontificio, al cui interno si trova la Specola Vaticana, importante osservatorio astronomico; la chiesa di San Tommaso da Villanova, realizzata da Gian Lorenzo Bernini; la cinquecentesca porta Romana; la maestosa villa Clodio, eretta in epoca repubblicana e i Bagni di Diana, fatti costruire da Domiziano. Lago di bolsena Il lago Bolsena è il quinto lago d’Italia, e il più grande fra quelli di origine vulcanica. Occupa uno spazio formatasi

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Lazio speciale

attraverso fenomeni tettonici. Il Marta, che l’alimenta, sfocia in prossimità del paese omonimo. Il giro del lago in barca si può fare salpando da Capodimonte o da Bolsena. Le rive del lago sono coltivate a vigna e ulivi, inframmezzate da foreste di querce e castagni. La macchia mediterranea domina le due isole Bisentina e Martana, resti di conetti vulcanici. Attorno al lago si trovano Bolsena e Montefiascone. Bolsena è un borgo medievale sullo sfondo dei monti Volsini. Da visitare la bella chiesa romanica di S. Cristina, con facciata rinascimentale e campanile trecentesco. La affianca la cappella del Miracolo. Nell’interno, sono

conservati affreschi dei secoli XIV e XVI, e un polittico di Sano di Pietro e Benvenuto di Giovanni. La cappella del miracolo deve il suo nome alla leggenda di un prete boemo che, nel 1263, mentre celebrava la messa vide sgorgare sangue dall’ostia consacrata, avendo dubitato della transustanziazione. Il castello degli Orvietani, eretto nei secoli XIII e XIV, domina l’abitato. Oggi vi è allestito il Museo territoriale del Lago di Bolsena. Montefiascone sorge su un colle rivolto verso il lago, ed è con tutta probabilità il luogo del “Fanum Voltumanae” dell’antichità. La domina la singolare costruzione romanica di S. Flaviano, del secolo

XII, composta di due chiese sovrapposte. In una cappella si trova la pietra tombale di Giovanni Fugger con la nota iscrizione “Est Est Est”, legata alla leggenda che ha dato il nome al vino bianco locale. Maestoso il Duomo, dalla bella cupola seicentesca di Carlo Fontana. Nel tesoro dell’edificio si trova una statua di S. Margherita, attribuita alla scuola di Arnolfo di Cambio. Sulla sommità del colle si erge la Rocca papale, che conserva molti resti medievali. Lago di bracciano In una tipica zona vulcanica si estende il Lago di Bracciano, il secondo del Lazio dopo quello di Bolsena. È formato da

Lago di Bracciano

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un gruppo di recinti craterici contigui, fusi insieme per la distruzione delle pareti divisorie,

Lazio

costituite da tufi friabili. La natura idrogeologica del terreno risulta caratterizzata da un’intricata, fittissima rete di cunicoli sotterranei tra diversi laghi. Di qui la fertilità del terreno, grazie alla quale lungo le sue rive si distesero, sin dall’antichità,

ricche

coltivazioni.

Dal lago di Bracciano giunge tuttora a Roma l’acquedotto Sabatino. In posizione strate-

Castello Orsini-Odescalchi

gica a picco sul lago, si erge il Castello Orsini-Odescalchi di Bracciano, bellissima di-

di famiglia. Sotto il pavimento

quella del Pisanello, si accede

mora feudale. Realizzato a

dell’ingresso si trova una ci-

alla sala dei Cesari: distribuiti

partire dal Quattrocento da

sterna per la raccolta dell’ac-

lungo il perimetro della sala, i

Napoleone Orsini, che ampliò

qua piovana, che attraverso

busti dei dodici Cesari. Lungo

la vecchia rocca appartenuta

appositi cunicoli che qui veni-

tutta la parete, l’affresco di

ai prefetti di Vico, il castello

va convogliata. Attraverso un

Antoniazzo

doveva rappresentare un sim-

arco ogivale si entra nella par-

parte destra è rappresentata

bolico monumento della for-

te superstite della rocca dei

la visita che il giovane Piero

tuna degli Orsini, investiti del

Prefetti di Vico. Qui si apre la

dei Medici fece al castello nel

feudo di Bracciano da Martino

camera papalina, dove Sisto

novembre del 1487; a sinistra,

V Colonna nel 1419. Due forti

IV risiedette per qualche tem-

invece, è raffigurata la trionfale

cinta di mura lo circondano: la

po, sfuggendo la pesta roma-

cavalcata che Gentil Virginio

prima racchiude tutto il borgo

na del 1481. Il soffitto a grot-

Orsini fece a Bracciano al co-

medievale e presenta un pon-

tesche appartiene alla scuola

mando delle sue milizie il 28

te in muratura che sostituisce

degli Zuccari: fu dunque rifatto

febbraio 1489, dopo aver ri-

l’antico ponte levatoio; il se-

dopo che il castello passò agli

cevuto la nomina di Capitano

condo fu costruito per ade-

Orsini. Attraversato il cortile si

delle truppe Aragonesi. Altra

guare la difesa all’introduzione

sale al piano nobile della par-

sala di notevole importanza

dell’artiglieria nella pratica bel-

te del castello costruita dagli

è quella degli Orsini. Dopo la

lica. “Napoleone della gente

Orsini, che presenta una fuga

sala di Isabella, si sale al se-

orsina mi fondò. Respingo i

di sedici sale, notevoli decora-

condo piano dove si trovano

colpevoli, difendo i buoni”:

zioni pittoriche e per i soffitti a

la sala d’Ercole, e la sala d’Ar-

così recita un’epigrafe, inci-

cassettoni dorati e policromi.

mi, con la sua ricca collezione

sa sull’ingresso principale. La

La terza sala prende il nome

di armi medievali. Dalla loggia

porta è decorata con le tipi-

da un illustre ospite che vi sog-

inizia il panoramico giro della

che rose stilizzate degli Orsini,

giornò nel 1900: il Re Umberto

ronda, che unisce le sei torri

e sormontate dallo stemma

I. Dopo la sala del Trittico e

del castello.

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Romano:

nella

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Una famiglia siciliana in terra pontina per fare Moscato di Paola Cambria e Patrizia Vasta

La famiglia Pandolfo della Cantina Sant’Andrea ha dovuto rimettere le mani nella terra. Una vita di lavoro. Uomini di sostanza.

Q

uella della famiglia Pandolfo è una storia a metà tra l’avventura e la saga. La storia di tanti profughi in fuga dalle terre del Nord Africa, cacciati dopo epoche di colonizzazioni. Ed è dalla Sicilia, in particolare Pantelleria, che i Pandolfo

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sono partiti tanti anni fa, quasi alla fine del 1800, per approdare nel Nord della Tunisia a produrre vino per la Francia, per i migliori ristoranti. Qui il racconto di Andrea, 36 anni, quarta generazione, si fa più appassionato e, in un momento di pausa dal lavoro estivo,

si siede e ci dice: “Una famiglia che ha dovuto rimettere le mani nella terra. Una vita di lavoro. Uomini di sostanza. E così - prosegue Andrea - oggi facciamo ancora tutto in casa, senza enologi, io curo la parte commerciale, la vinificazione e attendo alle vendemmie e mio padre, Gabriele, segue la vigna in tutti i suoi aspetti.” Oggi l’azienda marcia spedita, ma non ci si crogiola sui successi, che pure arrivano numerosi per un prodotto di qualità e allo stesso tempo di nicchia come il Moscato di Terracina. Lo sanno bene qui alla Sant’Andrea cosa vuol dire cadere dalle stelle alle stalle, come è successo nel 1964 quando l’allora presidente della Tunisia espropriò tutti i beni

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Lazio

degli stranieri. Da un giorno all’altro la Famiglia Pandolfo fece ritorno in Europa, dividendosi tra Francia e Italia. Approdarono così a Terracina per ricominciare, senza niente, a lavorare su piccoli terreni, adiacenti al mare come a voler tornare un po’ indietro, ai vitigni della loro Pantelleria. Sorseggiando il loro ultimo nato, il Moscato di Terracina Spumante Oppidum arriva nel racconto anche il padre di Andrea, Gabriele, che quella sventura l’ha vissuta sulla sua pelle adolescente e ancora ne porta le tracce. Gabriele si ricorda di aver cominciato a scrivere un diario, pagine e pagine di appunti, che ancora oggi redige quotidianamente, per lasciare traccia a suo figlio di quanto si fa. Un discorso, quello del diario, che svolge un po’ anche la storia enologica, fatta più di praticità ed esperienza tramandata, che di libri e nozioni. Andrea sente il peso e nello stesso tempo il piacere di questa storia familiare e, pur avendo fatto studi di economia (strizzando l’occhio al vino con una tesi che lo ha visto presente nelle più famose maison vinicole italiane) si è impegnato sin da giovanissimo, dopo la laurea, a tornare subito in azienda a lavorare, delineandone il futuro. I vigneti dell’azienda sono localizzati in quello che oggi è considerato il distretto agroa-

Gabriele e Andrea Pandolfo Titolari della Cantina Sant'Andrea di Terracina

limentare del Lazio e suddivisi principalmente in due zone: 15 ettari a Terracina e 40 ettari nella DOC Circeo, in terreni sabbiosi che vanno dalla strada statale Appia fino al mare. In totale Sant’Andrea produce, su circa 100 ettari di vigna tra proprietà e affitti, 500.000 bottiglie di cui 40.000 di Moscato di Terracina. Un vitigno difficile, ci dicono alla Sant’Andrea, un prodotto che ogni anno dà pensiero e che è frutto di una sana miscelazione, una Cuvée

delle uve dei vari vigneti che sono tutti concentrati sulle colline di Terracina, dove il terreno è ricco e argilloso. “Ancora oggi – ci spiega Andrea – non possiamo fare un Cru in quanto non siamo in grado di garantire un standard qualitativo omogeneo fra i vigneti, morfologicamente diversi fra loro. Il moscato è tutta natura, si incide poco con la vinificazione e ogni controllo è relativo”. Ma nel Moscato questa cantina ci crede molto, inco-

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Lazio speciale 76

raggiata anche dai riconosci-

racchiusi in una versione da

sfuso che elettrizza le estati

menti, che arrivano dal Vinitaly

pasto grazie all’equilibrio con-

dei villeggianti tra Sabaudia

come dalla Francia. Lo stesso

ferito da un gusto asciutto e

e il Circeo. In totale la canti-

Andrea Pandolfo ha messo

una sorprendente spina acida.

in piedi la cooperativa dei 60

Grande esuberanza aroma-

na lavora una produzione di

soci che lo producono su 45

tica quindi, con una notevole

ettari registrati e continua ad

lunghezza olfattiva che ben

investire per impiantare nuovi

si accosta ai fritti di pesce e

vigneti. “Siamo l’unica realtà

a piatti elaborati. Un’alchimia

che ha una buona produzio-

particolare, apprezzabile solo

nea top, Acquarelli, 30% nelle

ne di questa tipologia, circa

dai consumatori evoluti, che

linee medie e il resto sfuso. E

il 95% del totale, e di fatto ne

cercano qualcosa di insoli-

mentre la storia scorre sui no-

stiamo scrivendo la storia,”

to. “Il Moscato non va tanto

stri taccuini il palato sorseggia

ci dice Andrea riconoscendo

all’estero, solo in Germania

Oppidum Spumante, un equi-

il vantaggio competitivo, ma

e Danimarca, dove c’è una

anche la difficoltà di non poter

buona cultura del vino, gli al-

librio insolito tra una olfattiva

aver un confronto con gli altri

tri Paesi non lo capiscono”. Il

produttori. In effetti Oppidum,

mercato è prevalentemente

il Moscato nella versione sec-

regionale con bandierine mes-

ca, vino di punta dell’azienda,

se a Firenze e Milano.

è un vino dal profilo organo-

Oppidum fa parte della linea

re lanciata sul mercato con

lettico molto particolare, con

Acquarelli, la più pregiata,

convinzione. Noi diciamo: un

i profumi intensi e fruttati tipi-

affiancata dalla linea Botte e

eccellente aperitivo per una

ci del vitigno di provenienza,

poi dalla tanta vendita di vino

piacevole chiacchierata.

50% IGT prodotto e imbottigliato solo per l’estero e 50% DOC con una suddivisione quest’ultima di 20% nella li-

tipica del Moscato e un gusto di bollicine secche. Una sperimentazione che, dopo qualche anno, è pronta per esse-

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speciale

Lazio

Lo chef che racconta l’evoluzione della specie di Paola Cambria e Patrizia Vasta

Quello che si è perso, dice Colonna, è la tradizione dell’oste romano, quella che negli anni ’50 ha reso famosi i ristoranti di Roma.

I

ncontrare lo chef Colonna è sempre un’esperienza a metà tra creatività e ingegno, sapienza e studio, quotidianità e ricerca. L’Antonello Colonna di oggi però è ben diverso da quello che si incontrava anni fa nella sua Labico, a 38mila passi da Roma, come lui ama dire. Forse quell’andare a New York, a fare delle sfide, a “prendere gli schiaffi”, come dice lui, per poi ritornare e ricominciare da zero, non serve più. La sensazione è di avere davanti un saggio della

Open Colonna di Roma

ristorazione, un uomo che ha compiuto il suo percorso e che oggi ha molto da dare, soprattutto a chi sta cominciando adesso. Il suo colloquiare con gli interlocutori si è affinato ed è diventato pensiero filosofico. Un pensiero a volte pungente, ma non più sprezzante come un tempo, didattico sì, ma poco tollerante su quanto accade oggi nella ristorazione romana. Quello che si è perso, dice Colonna, è la tradizione dell’oste romano, quella che negli anni ’50 ha reso famosi i

ristoranti di Roma. L’oste, continua Colonna, sapeva come farsi dare la mancia, si coccolava il cliente con attenzione, simpatia magari un po’ rude ma lusinghiera. “L’accoglienza è una scienza”, ci dice. Ma alla fine degli anni ‘80 le famiglie dei grandi ristoratori hanno passato la mano e il loro posto è stato preso da finanzieri, avvocati e benestanti che il mestiere non lo sapevano fare e lo hanno quindi spersonalizzato. Contestualmente hanno fatto capolino nella ristorazione la nuova generazione di chef, quella sospinta dal vento della Nouvelle Cuisine. Colonna si dice cresciuto a metà tra i due fenomeni, a metà tra tradizione gastronomica e nuova cucina. E quando gli chiediamo quale sia il segreto del suo successo ci risponde che lo deve al vino e alla sua fortunata “prima carta dei vini”, ben 120 etichette nel 1985, che suscitò il tam tam tra i più rinomati produttori, oggi tutti suoi grandi estimatori. E poi c’era l’oggettistica di insolita qualità tra posate, piatti e

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Lazio speciale

bicchieri che, ricorda Colonna, fu probabilmente uno dei motivi per i quali il Gambero Rosso, allora inserto settimanale del quotidiano il Manifesto, pur riconoscendogli tante qualità, lo etichettò come ‘’troppo caro’’. Ma Labico è ormai entrata nella storia. Antonello Colonna è un personaggio eccentrico e di talento e nel giro di 25 anni mette su un impero enogastronomico che oggi prende il nome di Open Colonna a Roma, nel Palazzo dell’Esposizioni. Una formula “Alta Moda e Outlet insieme” afferma Colonna, nella quale convive una tradizionale ristorazione di alta classe accanto a un’offerta di qualità, ma accessibile a tutti. “L’outlet vuole aprire a tutti - spiega ancora - in termini economici si chiama verticalizzazione.

Involtino di peperone

Open Up - zona divani

Terrazza open up

Utilizzare un marchio e offrirlo a prezzi possibili per tutte le tasche”. Perché, avverte con un paradosso, “il futuro è gratis. Più riesci a non far pagare, più guadagni e diventi ricco”. In effetti, con 15 euro si può mangiare a buffet una selezione di piatti ricercati in uno spazio curato, raffinato e di tendenza. “Open Colonna - afferma lo Chef - è un parco coperto dove la gente può passare il tempo e bere un bicchiere speciale se vuole, accompagnato da due rigatoni o qualche altre squisitezza che è già sul fuoco in cucina”. Dietro i fornelli c’è ora una squadra di chef che con il maestro collaborano ed elaborano pensieri e nuove ricette. E proprio tornando al vino Colonna rileva che si è fatto molto negli ultimi anni, mettendo in piedi una grande opera-

zione mediatica che ha difeso la nostra enologia di fronte alla concorrenza. Oggi il vino è un fenomeno commerciale, si fa un gran parlare di degustazioni e corsi e, nonostante questo, è ancora pochissima la gente che conosce il vino e lo sceglie veramente. A Roma, ci dice, i grandi consumi di vini blasonati li fanno i turisti e gli stranieri, i russi sono i grandi consumatori di bottiglie d’annata, ma questo non vuol dire che i vini li capiscano veramente. Purtroppo, quindi, non c’è da parlarne in toni entusiastici. C’è ancora tanto da fare. Soprattutto per ciò che riguarda i vini del Lazio, sui quali, avverte “occorre capire quale vuole essere il punto di arrivo, senza sapere questo ogni cosa diventa inutile”.

Diplomatico crema e cioccolato e caramello al sale

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Le Tappe di Colonna

Ingredienti per 4 persone • 4 Lombi di coniglio • Pane in cassetta 3 fette solo mollica • Guanciale affettato finissimo - 150gr • Maggiorana - qb • Fagioli cannellini - 450gr • Aglio - 1 spicchio • Pomodori pelati - 200gr • Cipolla - qb • Sedani - 1 costa • Olio extravergine di oliva • Carota - 1 • Sale - qb • Latte - 1 bicchiere • Pepe - qb

Lazio

di Antonello Colonna

Nel 1985 Antonello Colonna prende le redini dell’attività di famiglia a Labico, a sud di Roma. Cambia il nome del ristorante dei suoi genitori, dandogli il suo “Antonello Colonna” e la linea gastronomica, che pur continuando sempre a far riferimento alla più antica tradizione gastronomica romano-laziale, contiene in sé caratteri fortemente rivoluzionari e di rara eleganza. Sviluppa velocemente un rapporto privilegiato con la Grande Mela dove già due anni dopo apre un ristorante e dove, per la ristorazione, cura lo start up di molti grandi alberghi. Mentre in Italia, impossibile citare tutte le altre attività. Fra le tante, si occupa delle ristorazione gourmet del primo treno veloce Roma-Milano nel 1999 e dopo poco firma anche i menù della classe Magnifica di Alitalia. Cerimoniere della sontuosa Cena di Gala dell’inaugurazione della nuova Stazione Termini di Roma, è stato anche Chef ufficiale di Palazzo Chigi. Ha ideato l’Enoteca Regionale del Lazio Palatium a via Frattina e nel 2008 ha inaugurato l’Open Colonna, molto amato dai grandi appassionati dell’alta gastronomia ma anche dai lavoratori della capitale che gravitano in centro storico.

speciale

Lombi di coniglio in crosta di guanciale e fagioli cannellini

Antonello Colonna all'Open Colonna di Roma

Preparazione Prendere i quattro lombi di coniglio; sminuzzare le parti di carne in eccesso e preparare una crema con della mollica di pane precedentemente ammorbidita nel latte, della maggiorana, aglio, sale e pepe. Passare al setaccio il composto di carni e aromi e spalmarlo su un foglio di pellicola trasparente, adagiandovi sopra i lombi di coniglio e arrotolandoli su se stessi. Nel frattempo procedere alla preparazione dei fagioli versandoli in una pentola capiente contenente abbondante acqua, olio extravergine d’oliva, i pomodori, la carota, il sedano, la cipolla tagliata grossolanamente e il sale. Cuocere i lombi a vapore per circa tre minuti; una volta raffreddati, eliminare la pellicola, avvolgerli con le fette di guanciale e ricavarne dei piccoli cilindri che si faranno rosolare in una padella con dell’olio extravergine d’oliva. Appena ultimata la cottura dei fagioli, procedere con la composizione della ricetta, disponendo su ogni piatto da portata i fagioli cannellini su cui andranno i lombi di coniglio.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5

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speciale

Lazio

Porchetta di Ariccia, la regina delle sagre Sagre di paese, feste in casa, bettolini e fraschette ed oggi già affettata nelle macellerie e nei supermercati: la porchetta di Ariccia, da poco divenuta IGP, è tutto questo, è l’ingrediente di sostanza e allegria delle tavole imbandite.

È

la sana merenda nelle tipiche fette di pane casereccio oppure nei panini superimbottiti di questa carne di maiale cotta al forno. Sarà perchè ha accompagnato l’infanzia di molti romani, che la mangiavano nella tradizionale ciriola accompagnandola con del buon vino fresco bianco dei Castelli oppure della piccola birra chiara a marchio tipicamente romano, ma la porchetta di Ariccia è il cibo simbolo della lazialità. In varie forme, diverse cotture e tipici condimenti la porchetta

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la si ritrova un po’ in tutta la regione, ma solo quella di Ariccia è oggi riconosciuta come il prodotto di punta della salumeria laziale. Ottenuta da un tronchetto di suino oscillante tra i 27 e i 45 chilogrammi di peso, sempre più comunemente la si ritrova oggi anche nel formato più contenuto tra 7 e 13 chilogrammi. Caratteristica del prodotto, oltre al particolare taglio tra la terza e l’ultima vertebra lombare, è la cottura della cotenna/crosta in una consistenza croccante, dal colore marrone scuro e molto

saporita, che può rimanere inalterata nella consistenza anche dopo giorni dalla cottura. Nel sottopancia la porchetta si presenta invece con la crosta più morbida. La sapidità del prodotto è il frutto del buon condimento e della marinatura che questa carne deve avere prima di essere messa nei grossi forni di cottura. Rosmarino, pepe, aglio sono così sapientemente miscelati da mani esperte secondo un copione scritto nel disciplinare che si tramanda ormai da tanti anni. Ancora oggi c’è mistero sulla

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5 La Porchetta di Ariccia


giusto. Oggi il termine porchettare ha preso piede nella preparazione delle carni e così il metodo di condimento e preparazione della porchetta e’ diventato ottimo anche per altre carni (agnello, coniglio) o pesci (carpa). Una nota infine di attualità riguarda il dopo IGP. Ottenuto il prestigioso marchio ci è stato raccontato dalle parti di Ariccia si sta cercando anche se a fatica di mettere insieme in un Consorzio, del quale oggi non c’e’ traccia, un po’ tutti i produttori dei Castelli Romani, da quelli artigianali, ancora molti nella zona, a quelli un po’ più industriali, in modo che oltre al disciplinare siano visibili per il consumatore origine e manifattura di questo cibo.

Lazio

Margherita d’Austria, contenevano numerose indicazioni sull’uso, la vendita e la cottura della porchetta. Analoghe rivendicazioni di primogenitura si riscontrano in località delle Marche. La porchetta è diffusa anche in Romagna e nel Ferrarese. Infine nel Novecento la porchetta ha avuto successo anche in Veneto. La Porchetta di Ariccia ha ricevuto il marchio IGP e malgrado si possa pensare il contrario, non è un alimento grasso, poiché, nella fase di cottura, proprio i grassi vengono sciolti dal calore e raccolti in speciali vaschette. Va servita fredda e, nonostante sia priva di additivi e conservanti, rimane saporita e fragrante almeno per due settimane se mantenuta nel modo

speciale

vera origine della porchetta, il luogo di elaborazione della ricetta della porchetta rimane, infatti, a tutt’oggi incerto. Gli abitanti di Ariccia rivendicano la paternità della ricetta originaria e dagli anni ‘50 hanno dato vita alle famose sagre della porchetta nella cittadina laziale a pochi chilometri da Roma. In Umbria sostengono che la porchetta sia nata lì, patria dei norcini, i più bravi macellai di suino, che sin da epoca romana ne ebbero riconoscimento. Nell’Alto Lazio l’origine della porchetta si fa risalire all’epoca degli Etruschi, mentre tracce antichissime della porchetta si ritrovano a Campli, in provincia di Teramo (Abruzzo), dove gli Statuti comunali del 1575, rinnovati per opera di

a cura della redazione di Quality ADV

Cantine Teanum

Vinosia

In un lembo privilegiato dell’Italia meridionale, baciato dal sole ed accarezzato dal vento, non lontano dalle coste del Gargano, opera la cantina TEANUM. Qui nei luoghi dove sorgeva l’antica TEANUM APULUM, l’esperienza e la saggezza contadina si perfezionano oggi con l’uso sapiente delle moderne scienze e tecnologie che garantiscono il raggiungimento di altissimi standard qualitativi. La cantina TEANUM produce diverse linee di vino che ricava da 120 ettari di vigneti tra i quali spiccano i vini tipici di questa terra, Bombino Bianco, Nero di Troia ed ancora Primitivo, Aglianico, Negroamaro, Montepulciano Syrah ecc. GRAN TIATI Gold Vintage è l’ultima bottiglia nata da una saggia ed accurata selezione delle migliori uve di Montepulciano. Un modulato e combinato uso di barrique di legno francese ed americano per oltre 18 mesi, completa ed esalta ogni aspetto di questo vino rendendolo il vero fiore all’occhiello di tutta la produzione.

Vinosia nasce con l’ambizioso obiettivo di ottenere da una terra non sempre docile quanto di più intimo riesca ad offrire per comunicarne ogni sentore: l’uva ed il vino. Un progetto desiderato, pensato e tracciato passo dopo passo, disegnando ogni giorno nuovi percorsi per migliorarsi sempre, spendendo energie e dedicando attenzioni anche alle tecnologie di cantina perché la qualità, considerata la più importante tra le carte vincenti, sia naturalmente legata al nome Vinosia. C’è la passione, la voglia di osare ed il coraggio di rischiare nei nostri vini, che mirano ad essere riconoscibili ed universalmente piacevoli, esaltando e mai corrompendo la natura di questi luoghi e del loro frutto, selezionato con cura perché ne sia la migliore espressione. Riconoscere la terra d’Irpinia e percepire la personalità di chi la rispetta e la interpreta con sensibilità propria. Questo è quello che ci piacerebbe farvi assaporare in ogni bicchiere.

TEANUM s.r.l. Via Salvemini, 1 - 71010 SAN PAOLO DI CIVITATE (FG) Tel. +39 0882 551056 - Fax +39 0882 554014 www.teanum.com - info@teanum.com

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Lazio speciale

Lazio: una viticoltura in chiaro scuro con una grande potenzialità di Paola Cambria e Patrizia Vasta

Oggi il Lazio è alla ricerca di una nuova identità, un’identità che sappia riassorbire in sé quella del passato insieme a quella più moderna e attuale del vino di qualità, quello che viene scelto fra tanti perché è individuabile, è un prodotto studiato e curato nei minimi particolari, con un forte legame territoriale.

U

na parabola discendente quella del Lazio vinicolo che, dopo aver vissuto epoche floride in cui il Frascati, bandiera enologica regionale, aveva notorietà e fans, sembra non riuscire a trovare la strada per uscire dal guado di una

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produzione disomogenea e poco organizzata. È chiaro che una generalizzazione di questo tipo non rende giustizia ad una realtà complessa e multi-sfaccettata come quella laziale, ma senz’altro questo è il sentiment che si respira oggi nei vigneti del Lazio, dove i

produttori più audaci e illuminati stanno cercando di mettere in atto le azioni correttive necessarie ad invertire questo trend di declino iniziato anni fa, quando il sistema delle cooperative e delle cantine sociali ha cominciato a mostrare i suoi limiti sul fronte della

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speciale

Lazio

Vigneti del Cesanese di Olevano

qualità. Oggi il Lazio è alla ricerca di una nuova identità, potremmo dire un’identità che sappia riassorbire in sé quella del passato, del vino delle tavole imbandite e delle osterie, del vino che anima serate festose e goliardiche, insieme a quella più moderna e attuale del vino di qualità, quello che viene scelto fra tanti perchè è individuabile, è un prodotto studiato e curato nei minimi particolari, con un forte legame territoriale. E, in effetti, proprio il 2011 porta buone nuove: il Lazio sale a quota tre Docg e incassa una nuova denominazione accattivante per il mercato. L’ok definitivo è stato espresso dal Comitato Nazionale dei Vini per concedere la Denominazione d’Ori-

gine Controllata e Garantita, certificazione più ambita sul versante qualità, al vino Frascati Superiore e alla qualità Cannellino e anche per il Roma Doc, la nuova denominazione che intende razionalizzare il sistema dei vini di qualità della provincia romana. Qualche risultato comincia a vedersi anche sul fronte delle vendite. Gli studi di Assoenologi sul 2010 confermano che dopo anni di stagnazione della domanda, le contrattazioni evidenziano leggeri sintomi di ripresa, in particolare per la DOC Castelli Romani. Perdono terreno i Frascati in versione ordinaria e grossolana, mentre conquistano posizioni, persino nei dibattiti degli esperti, quelli più ricercati, più definiti.

E poi ci sono prodotti che, con anni di dedizione e lavoro, si stanno delineando come leader, anche simbolici, per tornare a battere il percorso della qualità e dell’attenzione al territorio, anche a costo di ridurre drasticamente i numeri. Il Cesanese del Piglio, prima DOCG della regione, è sicuramente uno di questi. Un vino di grandi doti organolettiche, capace di esprimere bottiglie importanti, oggetto di curiosità e attenzione della vinicoltura mondiale, in grado di posizionarsi nella fascia dei grandi rossi italiani rappresenta sicuramente una leva su cui far lievitare lo sforzo necessario ad accrescere il livello qualitativo della produzione regionale.

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Lazio speciale 84

Non parliamo appunto di produzioni da capogiro, ma parliamo soprattutto di un’immagine di razza che può essere positivamente contagiosa, che può distribuire nuove speranze, e un po’ di ottimismo, ad una regione approdata al nuovo millennio scarica e sfiatata. Perché se i problemi sono tanti e trasversali, se le polemiche e le diatribe sono le più diverse, di natura economica, politica, imprenditoriale, il vero “cruccio” del Lazio è quello della qualità. Qualità dei produttori, dei vigneti, dei vini prodotti, della distribuzione e degli sforzi organizzativi messi in campo. E il problema ha il suo carattere di urgenza, come segnala Assoenologi quando stima che, a livello nazionale, nel 2015 il livello di consumo interno del vino, in decremento costante negli ultimi anni, scenderà sotto la soglia dei 40 litri pro-capite, con un calo netto del 70% rispetto agli anni ’70. Quindi, al di là delle considerazioni filosofiche, guardando al futuro prossimo non è evidentemente nella quantità, la prospettiva del vino. Ad oggi, l’accoppiata qualità a buon prezzo sembra la direttrice vincente e su cui

puntare. Poi ci sono, invece, le notizie incoraggianti provenienti dall’export, che ha segnato risultati soddisfacenti nel 2010 e che potrebbe continuare a crescere, grazie anche all’interesse al settore manifestato dalle nuove economie come Russia e Cina. Ma per essere nel mercato globale e cavalcare l’onda della crescita è necessario liberarsi delle zavorre di approssimazione e disorganizzazione che, paradossalmente, non consentono al Lazio, nonostante la lunga e indiscussa tradizione enologica, di correre insieme alle grandi della vitivinicoltura italiana. La domanda è: il Lazio raccoglierà la sfida? Le qualità del Lazio Se si dice Lazio, a torto o a ragione, si pensa Frascati. Il vino che è passato alla storia per essere stato uno dei primi vini italiani ad entrare nella carta dei vini dei reali di Inghilterra è la bandiera di una produzione regionale che per il 70% si concentra sui vini bianchi. Ma in realtà l’enografia laziale è tutt’altro che monolitica. Il paesaggio laziale è molto variegato e questo certamente ha contribuito a consolidare nel tempo una frammentazione abbastanza spinta di zone di produzione e di attività, poi sfociata anche in una proliferazione di DOC, che spesso non trova ragione di esistere nella natura dei prodotti, non

così dissimili tra loro. La nascita della DOC Roma dovrebbe proprio rispondere, per ciò che riguarda la provincia di Roma, a quest’esigenza di fare un po’ di ordine. Certamente una delle zone più famose per tradizione vitivinicola è quella dei Castelli Romani, che ha ottenuto la DOC una quindicina di anni fa, e che ricomprende al suo interno altre DOC più ristrette come la DOC Frascati, la più famosa, la DOC Marino, la DOC Velletri e via dicendo. Un’area galvanizzata dall’arrivo del riconoscimento DOCG per il Frascati Superiore e per il Frascati Cannellino, tipologia dolce ottenuta con vendemmia tardiva. Al di là delle singole denominazioni c’è da dire che questa zona di cintura, a sud est di Roma, che, oltre ai comuni già citati spazia su molti altri come ad esempio Genzano, Albano, Zagarolo, continua ad essere una realtà promettente e commercialmente molto valida, visto la vicinanza con la capitale. Qui i vitigni più diffusi sono il Trebbiano e la Malvasia, in diverse tipologie, insieme al Bombino bianco, il Bellone, il Cacchione. La Malvasia del

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(con una produzione ormai ridotta al lumicino) e Cesanese la DOCG nel 2008. Sempre a quest’area fa riferimento la DOC Atina, ai confini con la

Lazio

del Piglio, che si è fregiata del-

speciale

Romano, Cesanese di Affile

Campania, dove il Merlot e il Cabernet Sauvignon danno risultati di rilievo sin dal 1800. A nord di Roma, invece, le aree viticole che si adagiano intorno a Viterbo sono principalmente tre. La prima, la fascia costiera che si estende dal confine della Toscana passando per Tarquinia fino a Cerveteri, caratterizzata da un terroir ricco, Lazio, anche detta Puntinata,

Sabaudia, e la DOC Moscato

molto simile a quello marem-

è fra le 13 tipologie presenti in

di Terracina sono sempre più

mano, in cui prendono forma

Italia una di quelle che dà i mi-

spesso chiamate a rappresen-

Cabernet e Merlot di grande

gliori vini bianchi secchi. Viene

tare la qualità del Lazio, accu-

interesse ed appeal, oltre ai

infatti considerata l’uva autoc-

mulando premi e riconosci-

più classici Montepulciano e

tona a bacca bianca di qualità

menti. La DOC Aprilia, invece

Sangiovese. Poi c’è la zona

e diversi produttori hanno co-

è diventata famosa per le sue

che circonda il lago di Bolsena

minciato a lavorarla in purezza.

produzioni, quantitativamente

Dà vini leggermente aromatici,

significative, di vini prodotti dai

dove vengono prodotti vini

dai profumi delicati e piacevoli

vitigni internazionali. In provin-

e, tra l’altro, viene facilmente

cia di Latina c’è anche la DOC

attaccata dalla muffa nobile e

Cori dove i terreni, più collinari

quindi può dar vita anche ad

e argillosi, potrebbero nel tem-

ottimi vini da dessert. Altra

po consolidare buoni risultati

zona molto interessante per

sui vini rossi. Nell’entroterra

la qualità che esprime è quella

del Frosinate, invece, questi

dell’Agro Pontino, terra strap-

risultati sono già una realtà al-

pata alla palude con le bonifi-

meno per quel che concerne

che cominciate nel ventennio

i vini rossi di pregio. Parliamo

fascista e caratterizzata da

soprattutto dei frutti dei vitigni

terreni prevalentemente sab-

Cesanese di Affile e Cesanese

raccoglie invece aree di pro-

biosi. Qui si lavora alacremen-

del Piglio, vini di grande struttu-

duzione che non hanno una

te per raggiungere standard

ra e longevità e dalle eccellenti

grande identità, questa zona

alti di produzione e, infatti, la

caratteristiche organolettiche.

infatti è senza dubbio più vo-

DOC Circeo, che si esten-

Nella zona oggi sono presenti

cata alla produzione dell’olio

de da Anzio e Nettuno fino a

le DOC Cesanese di Olevano

extra-vergine di oliva.

storici

come

l’Aleatico

di

Gradoli, vino rosso liquoroso e aromatico, e l’Est!Est!Est! di Montefiascone. Infine c’è la porzione dell’orvietano che ricade in terra laziale, DOC interregionale

Orvieto,

che

vede nel Grechetto il vitigno principe con cui si producono ottimi vini in purezza. La DOC Colli della Sabina, nel reatino

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di Luca Iacopini e Massimo Bracci

I vini vulcanici dell’Etna

La Sicilia è la più grande isola del Mediterraneo, è una delle regioni italiane con il più elevato patrimonio vitivinicolo con circa il 15% del totale nazionale, come quantità di produzione si colloca subito dopo la Puglia e il Veneto.

È

stata la prima Doc regionale, oggi è il vino siciliano preferito da molti per la sua freschezza: l’Etna Doc Nel girar la nostra Bell’Italia molto spesso ci siamo imbattuti in vini i cui terreni erano di origine vulcanica. Prendiamo ad esempio il vino dei campi Flegrei, i vini di Ischia, i vini dei Castelli Romani, tante piccole realtà con mille sfumature. La composizione

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del terreno fa sicuramente la differenza perché i terreni vulcanici contengo un’alta percentuale di minerali come lo zolfo, il fosforo, il potassio che danno sicuramente una mineralità importante con profumi e sapori veramente unici. Questi minerali hanno un’importante funzione equilibratrice nel processo di maturazione dell’uva con effetti benefici sul tenore alcolico, sull’intensità cromatica e sulla qualità finale del vino.

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In questa categoria di vini possiamo sicuramente considerare tra i più rappresentativi anche quelli che si coltivano alle pendici dell’Etna in Sicilia. La Sicilia è la più grande isola del Mediterraneo, è una delle regioni italiane con il più elevato patrimonio vitivinicolo con circa il 15% del totale nazionale, come quantità di produzione si colloca subito dopo la Puglia e il Veneto. Il territorio ha un andamento prevalentemente collinare (62%) mentre in misura minore è composta da pianure (14%) e da montagne (24%) che culminano con l’Etna (3.323 m) il più grande vulcano attivo dell’Europa. Le condizioni naturali per la produzione vinicola sono ottime: lunghe ore di sole, un clima caldo, ventilato e scarse piogge. Il territorio attorno al vulcano nei secoli è stato trasformato dall’uomo in terreno coltivabile e la viticoltura ne è una parte importante. Dapprima si è resa coltivabile la parte più pianeggiante, poi si è continuato salendo verso i pendii più scoscesi fino ad arrivare a coltivazioni viticole intorno ai 1000 metri. Per sostenere i vigneti si sono creati dei terrazzamenti con i tipici muri a secco fatti di pietra lavica che tutt’ora possiamo trovare nelle parti più alte e che caratterizzano tutto il territorio etneo. È una viticoltura diversa dovuta a questa stretta interazione tra natura del terreno, altitudine e esposizione che ne danno una peculiarità molto interessante. È noto che negli ultimi anni l’isola vive un momento magico per quanto riguarda la produzione del vini di qualità. È l’era dei rossi e il vitigno simbolo dell’isola il Nero d’Avola rappresenta per molti produttori un outsider che li rappresenti con l’ampia struttura dei suoi vini, coinvolgenti e accattivanti per armonia gustativa e olfattiva. A questo, già da molto tempo, si affiancano diversi vitigni internazionali che trovano in questi territori un habitat particolarmente favorevole, in modo particolare coltivati sulla parte est dell’isola. I vini dell’Etna si distinguono dagli altri vini siciliani non solo per la particolarità

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territoriale ma anche perché essi conservano prevalentemente l’originaria piattaforma ampelografica costitutiva quasi esclusivamente da vitigni autoctoni coltivati già da molti secoli e sancita dal disciplinare della Doc avvenuta nel 1968, la prima doc dell’isola e tra le prime d’Italia. Il disciplinare è rimasto intatto dall’anno della sua redazione, mantenendo inalterata la scelta dei vitigni, per la produzione dell’Etna doc nelle sue tipologie Rosso, Rosato, Bianco e Bianco superiore. Per questa differenza rispetto agli altri vini potremmo definire questo territorio come “un isola nell’isola”. L’Etna Doc Bianco è un vino che si ottiene dalle varietà Carricante minimo 60% e Catarratto bianco comune o lucido massimo 40%; il disciplinare di produzione prevede la possibilità di utilizzare le varietà Trebbiano, Minella bianca ed altre a bacca bianca non aromatiche, nella misura massima del 15%. L’ Etna Doc Bianco Superiore è un vino che si ottiene dalle stesse varietà dell’Etna bianco ma solo con uve Carricante con un apporto percentuale dell’80% e provenienti solo dal territorio del comune di Milo. L’Etna rosso o rosato è un vino che si ottiene dalle varietà Nerello Mascalese minimo 80% e Nerello Cappuccio massimo il 20%;

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anche per questo vino, il disciplinare di produzione prevede l’utilizzo di altre varietà non aromatiche, nella misura massima del 10%. La forma di allevamento più diffusa nell’area della “Doc Etna” è quella ad alberello, seguita dalla spalliera e in piccolissima percentuale dal tendone. L’area geografica della doc ha una forma di mezza luna situata sul versante est dell’Etna. I comuni interessati nella Doc sono 20 tutti in provincia di Catania. Quattro sono i vitigni più significativi in questa area: il Nerello Mascalese vitigno a bacca nera storicamente prevalente sull’Etna, prende il nome dal territorio di Mascali dove venne selezionato un paio di secoli fa. Come gli altri vitigni etnei il Nerello Mascalese è a maturazione tardiva, dunque viene vendemmiato intorno alla seconda decade di ottobre. Produce vini dalle sfumature diverse a seconda del versante, della quota in cui è coltivato e del sistema di allevamento, generalmente accomunati da una grande struttura e da un’eleganza di profumi destinata ad evolversi ulteriormente con l’invecchiamento. Il Nerello Cappuccio, o Mantellato, è un altro vitigno a bacca rossa diffuso sul vulcano. Il suo nome deriva dal caratteristico portamento della pianta.

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Al vino regala una maggiore intensità cromatica sopperendo così alla scarsa capacità colorante del Nerello Mascalese. Carricante è un vitigno a bacca bianca che si trova esclusivamente sull’Etna e il suo nome si riferisce alla grande produttività della pianta, intendendosi infatti per carricante “pianta carica di frutti”. È particolarmente diffuso nel versante est del vulcano ed è la base dell’Etna bianco DOC. Minnella vitigno autoctono a bacca bianca coltivato soltanto sulle pendici del vulcano, lo si ritrova spesso associato in vigna al Nerello e al Carricante. Il nome deriva dal siciliano e vuol dire “piccolo seno” per la forma dei suoi acini. È diffuso nel versante est e in particolare nel territorio di Viagrande. Il clima sull’Etna varia notevolmente in relazione al versante e all’altitudine. Nella zona pedemontana il clima è più fresco e più ventilato rispetto al

resto della Sicilia, le temperature minime in inverno possono approssimarsi allo zero, e in estate le massime non sono mai troppo elevate. Notevole è invece l’escursione termica tra il giorno e la notte (anche di oltre dieci gradi) che si registra durante l’invaiatura. Ciò favorisce la maturazione delle uve che ne determina il colore ed il profilo gustativo. Il terreno della zona etnea si è formato dallo sgretolamento di uno o più tipi di lava di diversa età e da materiali eruttivi quali lapilli, ceneri e sabbie. Lo stato di sgretolamento e la composizione dei materiali eruttivi danno origine a suoli composti, oppure formati da pomice di piccole dimensioni, chiamata ripiddu. Il “ripiddu” ha una capacità drenante assai elevata ed è ricco di potassio, che può giungere a quantità doppie rispetto al normale.

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Abbiamo avuto il piacere di degustare vari produttori di quest’area sia vini di prima fascia sia alcune selezioni. In questa calda estate abbiamo selezionato un Etna doc bianco dell’azienda agricola Bennati: Bianco di Caselle 2009. Il vino si presenta brillante, con un colore giallo paglierino con sfumature verdognole. Al naso è intenso, molto schietto e molto fine, con una buona presenza di amplia gamma dei profumi. Al primo impatto sentiamo subito il minerale, percepiamo lo zolfo di questa terra, come se sentissimo le teste dei fiammiferi appena accesi, appena il vino si apre sentiamo la frutta matura, con una predominanza degli agrumi. In bocca ha un sapore secco con una piacevole acidità, se pensiamo che le uve sono state raccolte a metà ottobre! Ricordiamo che queste vigne sono a 950 ml slm. Percepiamo una ottima mineralità e una gradevole persistenza aromatica che confermano i sentori apprezzati nell’analisi olfattiva. È un vino veramente armonico. L’Etna doc è un vino versatile grazie alle sue caratteristiche, consigliamo di degustarlo alla temperatura di 10-12°C in un bicchiere a tulipano. Si abbina bene a tutta la cucina di pesce, dai frutti di mare crudi alle zuppe, e a quella vegetariana. Questi vini sono molto diversi dagli altri vini dell’isola qui predomina la mineralità, la sapidità a differenza della morbidezza alcolicità e pienezza dei vini siciliani. Durante questo tour di degustazioni siamo stati convinti anche noi dal successo di questa doc. I vini etnei sono rimasti per molto tempo fuori dai circuiti commerciali Italiani ed Esteri anche per l’entità della produzione abbastanza esigua. Solo la caparbietà di alcuni produttori e il gusto non più di potenza ma eleganza ha fatto entrare questa produzione localistica in mercati più ampi e importanti facendola conoscere e apprezzare anche da riviste di settore. A maggiore sostegno di questa doc per la prima volta il territorio etneo è stato sottoposto a un’indagine di zonazione viticola. L’obiettivo è di valorizzare un antico

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patrimonio di vitigni e un territorio che presenta caratteristiche straordinarie, fornendo ai viticoltori un supporto nelle scelte colturali e commerciali. Studiare e capire le relazioni che si instaurano tra le viti e l’ambiente è fondamentale non solo per sfruttare al meglio le potenzialità offerte dal territorio, ma anche per programmare la viticoltura futura. Un’ulteriore attenzione a questo territorio è stata fatta infine dall’equipe di Attilio Scienza dell’Università di Milano che con i loro studi sono riusciti a scoprire una particolarità di questo territorio che lo rende veramente unico. In pratica hanno scoperto che ogni versante del vulcano produce esiti diversi sullo stesso vitigno. In alcuni versanti, a parità di vitigno, abbiamo vini in cui vengono maggiormente evidenziate le caratteristiche fruttate, una più accentuata acidità e sensazione amarognola. In altri versanti lo stesso vitigno evidenzia invece i caratteri più floreali, erbacei e freschi. In altri ancora un alcolicità più accentuata. La combinazione di elementi del terreno, del microclima, dell’esposizione e altri fattori che più comunemente identifichiamo con il nome di terroir gioca sull’Etna un’influenza veramente marcata dimostrando come la natura, prima ancora dell’uomo, sia l’artefice primaria nel bene e nel male nella riuscita di un vino.

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News

Champagne è solo... Champagne.

dal MONDO

Viaggio didattico nella regione di Champagne per approfondire la conoscenza e le tecniche di produzione di questo mito enologico.

N

on esiste uno Champagne migliore di un altro ma tutti possiamo trovare lo Champagne adatto al nostro gusto e con questo spirito di scoperta anche noi sommelier della Fisar di Treviso abbiamo organizzato un viaggio didattico nella regione di Champagne per approfondire la conoscenza e le tecniche di produzione di questo mito enologico. È capitato a tutti nei momenti più belli e significativi della nostra vita festeggiare con un calice di Champagne ma di rado ci capita la possibilità di stappare una bottiglia di Champagne direttamente nel suo territorio e proprio da qui parte il racconto del mio viaggio nella regione francese della Champagne-Ardenne, Epernay e Reims. Il pullman si profila all’orizzonte verso il lungo tragitto di notte, con a bordo colleghi sommelier e amici; c’è chi dorme, chi ripassa il francese, chi si prepara per le degustazioni e chi rilegge il programma di viaggio ma tutti con la stessa euforia ed entusiasmo: arrivare. È stato un piacere conoscere di persona i diversi proprietari ed assaggiare i loro vini direttamente dalle loro cantine, abbiamo visitato: Pierre Moncuit, Simon Selosse, Vollereaux, Gaston Chiquet, Eric Rodez, Barnut, Pascal Doquet, Tarlant e per concludere in bellezza non poteva mancare una delle più storiche aziende Champagne

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G.H. Mumm. Maison d’eccellenza con giovani produttori, generazioni di vignerons alle spalle, anima contadina ma in un mondo moderno e tecnologico, che oramai impugnano le redini delle loro maison con professionalità e passione, con grande attenzione per l’ambiente e che non cercano l’omologazione ma anzi esaltano le proprie diversità. Il tour francese inizia subito nel primo pomeriggio di giovedì, giusto il tempo di una doccia e un piatto veloce, da Pierre Moncuit; veniamo accolti personalmente da Nicole Moncuit che dal 1977 ha assunto la direzione tecnica della Maison. È una donna all’apparenza molto pacata e estremamente appassionata di vinificazione quanto della coltivazione della vigna. La proprietà si estende su circa diciotto ettari

ed è nel cuore di Le Mesnil-sur-Orger a mio avviso nella zona dai vini più longevi di tutta la Côte des Blancs. Ci spostiamo di poco e al nostro secondo appuntamento ci riceve Philippe della Maison Simon Selosse che ci accompagna direttamente in sala degustazione. Con il bicchiere in mano ci racconta della sua esperienza lavorativa, ci spiega che è molto fedele ai metodi tradizionali e cerca costantemente una qualità legata al terroir al fine di rispettare gli aromi e i sapori naturali. Parla dei suoi vini con grande incanto e passando da una cuvée all’altra ci spiega senza tanti segreti che in vigna tratta solo con rame e zolfo, in cantina lascia che fermentazione alcolica e malolattica si svolgano senza intervenire, effettua il degorgement a mano

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News dal MONDO

e predilige gli Champagne poco dosati o i pas dosè perché afferma che esaltano maggiormente la vinosità e la mineralità al posto del frutto e della dolcezza, proprio come piacciono a lui. Ci accingiamo verso l’albergo attraversando i meravigliosi al quanto incantevoli vigneti, distese infinite di foglie verdi, tutti caratterizzati da una pulizia e da una cura per il territorio che fanno davvero piacere agli occhi, così si presenta la lunga Strada dello Champagne. Il giorno seguente il tour inizia di buon ora con Vollereaux, una bella azienda a conduzione familiare situata nelle colline di Epernay. Dopo un breve giro tra le centinaia e centinaia di bottiglie accatastate ed un’interessante ripasso sulle tecniche della spumantizzazione ci siamo fermati al centro del caveau per la degustazione nell’insieme molto simpatica e particolare. Sono rimasto affascinato dalla Cuvée Tradition Brut Millésime 2005: si presenta con un colore giallo dorato brillante e le bollicine sono molto fini, al naso è ampio e in bocca mostra una bella intensità e persistenza, la nota minerale è ben marcata mentre nel finale rimane un ricordo fruttato molto piacevole. Seconda tappa della giornata Gaston Chiquet, singolare personaggio molto serio nella sua professionalità e dalle porte della cantina ci descrive brevemente la storia della piccola azienda discendente però da una famiglia con antiche tradizioni viticole. Le loro vigne sono a Cramant un’area classificata

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News dal MONDO

Grands Crus dove le uve Chardonnay trovano tutta la loro dimensione. I vini che ci vengono proposti in degustazione ci hanno sedotto fin dal primo sorso, sono vini singolari, sinceri e di grande finezza. Straordinario a dir poco il “Brut Millésime 2002” ha classe, gioca su intriganti complessità, ha equilibrio tra maturità e freschezza. La struttura rimarca un corpo sostenuto e slanciato, ha un carattere saporito, il finale è speziato e si evidenziano sfumature di agrumi e di miele. Incantati da questo straordinario vino siamo riusciti dopo mille suppliche ad acquistare una bottiglia a testa da portare a casa per ricordo. Calorosa l’accoglienza da Eric Rodez, la cui visita è stata resa ancora più attraente grazie al talento del produttore. Eric è un personaggio eccentrico appassionato della natura oltre che di vini. Sotto un sole estivo ci accompagna a visitare i vigneti che si caratte-

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rizzano per una pendenza molto evidente, e da qui inizia il racconto con grande poesia non solo di materia vinicola freddamente tecnica ma bensì di natura filosofica e ambientalista conclude spiegandoci che la sua scelta alla biodinamica è stata quasi naturale senza derive estreme ma come esigenza della sua coscienza. Abbiamo potuto constatare dal vivo con quanta delicatezza e cura vengono trattate le piante e i grappoli appena germogliati. Dopo le numerose foto-ricordo siamo andati in cantina a degustare l’eccellenza dei suoi vini permettendoci, anche, di apparecchiare un tavolo per tagliare e mangiare tutti insieme un pezzo di pane e salame naturalmente trevigiano dop! La visita si è conclusa con un lungo applauso sia per l’incredibile semplicità nella spiegazione sia per l’indiscutibile competenza di Eric ma soprattutto per la sua grande bontà d’animo.

Al tramonto con una passeggiata suggestiva tra le vigne si è conclusa la nostra lunga giornata accompagnati questa volta da un’interessante “viaggio” dei sensi da Pascal e Laure Doquet. Abbiamo seguito passo dopo passo la spiegazione delle varie fasi di lavorazione della vigna e successivamente della produzione. Pascal è un piccolo produttore che lavora in finezza e con zero ambizioni di grossezza. Abbiamo chiuso in bellezza con una cena a tema organizzata esclusivamente per noi da Laure Pascal degustando e brindando dall’inizio alla fine con i loro grandissimi Champagne. Mineralità impressionante, soavità angelica, il Brut Blanc de Blancs è la classica bottiglia da tenere nella propria cantina di casa.

Notizia inviata da Roberto Donadini

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News

Tappa obbligatoria per un sommelier: Bordeaux e Vinexpo

dal MONDO

1500 km, un paio d’ore di aereo o 10 ore di macchina, se preferite, dalla costa Toscana a quella Atlantica; noi l’abbiamo fatta così sublimando ogni attimo di quello che avremmo visto e degustato.

U

n mandato preciso: creare le premesse per un rapporto istituzionale con l’Assessore con delega all’Agricoltura della Regione Toscana, Gianni Salvadori, tracciare così le basi per una FISAR ambiziosa di dimostrare professionalità e competenze. L’imperativo è non chiudersi nella propria realtà associativa ma dimostrare di avere un disegno prospettico che parli di Ristorazione, di Cultura del Vino e dell’accoglienza. Davide ha un importante trascorso in politica, parla con un linguaggio che sembra codificato ma che sortisce gli effetti sperati, l’attenzione dell’Assessore è presto catturata e ci lasciamo

con l’impegno di un nuovo incontro a Firenze per approfondire le possibili interazioni. Molte altre le occasioni di incontro e presto comprendiamo l’importanza di esserci con i nostri rappresentanti in un consesso così importante. I nostri sommelier, pronti da mesi per andare a presiedere alcuni stand Italiani, hanno portato a termine il loro lavoro con impegno e professionalità e vedere la nostra rivista ritagliarsi uno spazio nel gotha della stampa specializzata, non solo ci ha riempito di orgoglio, ma di fatto ci ha confermato la necessità di dare sempre maggior rilievo nelle nostre attività alla cronaca, così che ogni esperienza possa diven-

tare testimonianza della nostra attività associativa. Il Vinexpo dunque come strumento per rendersi visibili e intellegibili agli occhi di appassionati e professionisti del mondo del vino. La possibilità di visitare un MITO Esaurite dunque le pubbliche relazioni ci regaliamo un sogno, il più dolce… siamo attesi a Chateau d’Yquem per una degustazione del celebre Sauternes, ed è di questo che qui vi parleremo. Immaginate una giornata uggiosa, ma non piovosa così come te l’aspetteresti a Sauternes ridente e piccolo paesino circondato dalle vigne e dal mito. Qui la Botrytis Cinerea, questo fungo microscopico, che permette la concentrazione naturale degli zuccheri dell’uva, regala forse il vino più complesso e suadente del panorama vinicolo mondiale.

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Come tutti i miti la sua storia è abbastanza confusa e si perde nel tempo, di certo piacque all’allora Presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson, che nel 1787 ne parla come uno dei Bianchi migliori di Francia. Altri ne fanno risalire alla vendemmia tardiva del 1859 l’origine della produzione del vino per come lo conosciamo ed apprezziamo oggi, di certo in quegli anni trovò ampio consenso alla Corte degli Zar che ne sancirono di fatto il successo. Yquem si estende per una superficie vitata di 113 ettari coltivati per il 20% a Sauvignon Blanc e per l’80% a Semillion, l’età media delle vigne tocca i 50 anni. Il terreno composto prevalentemente da argille, calcare e ciotoli che, oltre ad assicurare un adeguato drenaggio del terreno, sono capaci di accumulare calore necessario alla pianta per il suo sviluppo, elementi che unitamente alle particolari condizioni climatiche della zona, assicurano un risultato eccellente. I presupposti di queste condizioni climatiche sono certo l’umidità del mattino sotto forma di nebbia, che si forma anche grazie alla vicinanza del torrente Ciron, utile a sviluppare le muffe che qui diventano l’espressione più atipica di “nobiltà”. Il soleggiamento pomeridiano fa il resto, ovvero favorisce la disidratazione dell’acino tramite evaporazione. Quando le uve raggiungono i 20-21 gradi alcol potenziali la raccolta può avere inizio. Questa richiede un massiccio uso di manodopera qualificata, nell’ultima vendemmia ne sono occorsi 240 divisi in gruppi di 40, ognuno con un esperto supervisore a impartire le direttive. Spesso occorrono più passaggi in vigna, anche due mesi per una vendemmia completa, e qui ci mostrano fieramente le immagini della vendemmia chicco per chicco così da sottolineare la cura per la qualità e l’esclusività del prodotto. Sotto l’intelligente Direzione di Pierre Lurton, già Direttore Generale di Cheval Blanc, ci vuole massimo un’ ora perché l’uva passi dalla vigna alla cantina, e i metodi di trasporto naturalmente tengono conto dell’estrema fragilità delle uve. Le singole piante producono circa 200/300 grammi di uva , ciò si traduce in una resa per ettaro di 6/7 hl (giusto per avere un dato comparativo il nostro passito mediamente si fa con una resa di 25/30 hl). Il “pressurage” avviene in quattro momenti distinti e, diversamente per come avviene per altri vini bianchi, il grado zuccherino aumenta col tempo e la pressione. Dalla prima pigiatura si ricava il 75% dei succhi con 19 gradi zucchero potenziali, nella seconda, che pesa per il 15% in termini di estrazione, si arriva a 21 gradi zucchero fino ad arrivare ai 25 gradi zucchero nell’ultima pigiatura. In azienda sono utilizzate delle presse verticali che arrivano ad estrarre al massimo il contenuto di 3 barrique

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News dal MONDO

al giorno, tutte naturalmente nuove e di Rovere Francese delle migliori foreste del centro-est della Francia. È qui che avviene la fermentazione ed ogni barrique fa parte di lotti distinti e contrassegnati che vengono analizzati giornalmente, per un tempo che può variare dalle due alle sei settimane, e solo quando il “crepitio dei lieviti” si ferma, che la decisione di arrestare la fermentazione è presa. Il grado alcolico si attesta tra i 12,5 e i 14,5 gradi a seconda delle annate con uno zucchero residuo pari a 125 grammi litro. Ogni lotto distinto per zona e uvaggio fa una prima fase di affinamento per 6/8 mesi in barrique e solo nella primavera successiva alla vendemmia si effettuerà un pre - assemblaggio così da armonizzare la tipologia e la ricchezza delle uve. Dopo tre anni di affinamento finalmente l’imbottigliamento e la tappatura con un sughero da 54 mm e la successiva commercializzazione solo delle annate migliori. Infatti il disciplinare può prevedere un declassamento della denominazione, così come è avvenuto per scelta aziendale in 9 casi nel corso del 20° secolo nel 1910, 1915, 1930, 1951, 1952, 1964, 1972, 1974, 1992. Note di degustazione: Chateau D’Yquem 2008 Dopo la peculiare visita della cantina guidata dalla brava Anna Perez, siamo arrivati nella sala degustazione, dove è stata aperta una bottiglia di Yquem 2008, vino che sarà in commercio a partire dal prossimo settembre. Una sorta di timore reverenziale regnava fra i presenti, ci siamo protratti a lungo a fare foto sublimando quanto ci si aspettava di trovare nel bicchiere, quasi ripercorrendo idealmente letture e racconti intorno a questo vino che hanno reso la valutazione oggettiva ancor più delicata e difficile. Colore giallo paglierino molto carico con riflessi dorati che evocano i campi di grano, che hanno appena raggiunto la loro maturazione, una giornata soleggiata di primavera

quando il cielo è talmente terso che la luce arriva sulla terra e fa risplendere tutto quello che incontra, il vino era così brillante che dava queste sensazioni, oltre che a riscaldarti durante tutto l’esame visivo. Nella fase olfattiva avevamo ancora più aspettative, in un primo momento note di albicocca matura e mango che era talmente netto, che ti figuravi un vassoio sul tavolo di degustazione, note agrumate di arancia siciliana, vaniglia presente ma non sfacciata, note dolci che andavano dal miele alla caramella mou, poi è arrivato un sentore di pera, quella bella polpa bianca, e la pesca giovane, poi ancora frutta secca. Dalle note fruttate siamo passati a quelle floreali individuate nella mimosa e altri fiori gialli tipo ginestra, insomma un’apoteosi, un trionfo di complessità aromatica, profumi che non predominano ma interagiscono fra di loro in modo da dare spazio a tutti per esprimere al massimo le potenzialità di questo vino. Un vino di grande potenza olfattiva. Finalmente dopo l’estasi collettiva dei degustatori presenti, siamo passati alla fase gustativa. L’entrata in bocca è delicata, non ci sono percezioni di dolcezza marcata come ci si potrebbe aspettare da questo vino ma appena il vino passa sopra la lingua e arriva nel finale abbiamo un’esplosione di sensazioni. C’è un’ armonia e un perfetto equilibrio fra acidità e corpo, le sensazioni tattili sono di estrema freschezza, sapidità incredibilmente presente, complessità e persistenza gustativa lunghissima. Nella retrolfattiva il mango che ci aveva affascinato all’inizio ritorna, insieme ad una più lieve albicocca, come per riaffermare la sua posizione di descrittore aromatico principale. Lascia basita l’idea che per salvaguardare l’integrità di un vino così delicato e instabile si sia resa necessaria l’aggiunta di solforosa fino a 400mg/litro tanta è la pulizia al naso sin dall’apertura. Passano i minuti e il bicchiere inesorabilmente finisce tra l’euforia di un esperienza da ricordare e un rammarico di poterne bere in così modesta quantità, fortuna che le sensazioni ci accompagneranno a lungo. Uscendo più volte ci giriamo con rispetto verso le vigne quasi a voler rendere omaggio al Re dei vini dolci, e distintamente lo salutiamo con un arrivederci, così come si saluta l’amata, costretti come siamo ad un ritorno a casa. L’impegno è presto detto: torneremo, e quando lo faremo ti avremo amato in ogni posto.

Notizia inviata da Claudia Marinelli, Consigliere Nazionale Fisar e Davide Cecio, Sommelier Delegazione Fisar di Livorno

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News

I 100 anni di Machu Picchu

dal MONDO

Il 24 luglio 2011 si sono festeggiati i 100 anni esatti dalla scoperta della città Inca di Machu Picchu in Perù, luogo magico nonché una delle nuove sette meraviglie del mondo. Machu Picchu è un sito archeologico che fu riscoperto dallo storico, esploratore e poi politico americano, Hiram Bingham, una figura poliedrica che per alcuni è stata persino la fonte di ispirazione a George Lucas, nella creazione del personaggio di Indiana Jones, poi magistralmente interpretato da Harrison Ford nei film diretti da Steven Spielberg. Hiram Bingham con la sua tenacia ebbe il merito di far conoscere al mondo la spettacolarità del sito di Machu Picchu, la città perduta degli Inca, un luogo dalla scenografia impressionante grazie al profilo incombente di Huayna Picchu, una montagna dalla forma triangolare che domina le rovine della città, caratterizzata da mura colossali. Un secolo dopo questa riscoperta, Machu Picchu è diventato uno dei luoghi turistici più importanti del pianeta, un sito che milioni di turisti vengono a visitare almeno una volta nella loro vita, chi in treno chi a piedi con il trekking, tutti comunque incantati dalla sua magica vista. Questo centenario sarà molto speciale per il Perù: l’anniversario dei 100 anni di Machu Picchu potrà rafforzare l’orgoglio nazionale del popolo peruviano, quello di avere antenati nobili, gli Inca, un popolo sorprendente che

riusciva a governare un territorio vasto e selvaggio con la forza delle proprie mani, e della sua ricchezza culturale. Sarà anche una grande opportunità per dare una ulteriore spinta economica al paese, che sta crescendo a forte velocità, anche attraverso il turismo. Quello che si sa al momento è che gli organizzatori, per celebrare l’anniversario dei 100 anni di Machu Picchu, stanno progettando di costruire qualcosa di veramente immenso, maestoso e indimenticabile. Sono previsti grandi eventi, soprattutto nella vicina metropoli inca di Cuzco, ap-

puntamenti che esprimeranno la gioia e l’orgoglio di un popolo dalla grande storia. In qualità di membro esclusivo del club delle Sette Nuove Meraviglie del Mondo (New 7 Wonders), Machu Picchu riceverà anche la visita di rappresentanti dei paesi che ospitano le altre meraviglie mondiali. Gli eventi verranno accompagnati anche da importanti spettacoli musicali: voci non confermate hanno già anticipato i probabili concerti di Paul McCartney e Sting, ma si celano altre sorprese! Le celebrazioni avrebbero comunque un altro fine, non meno importante: le

autorità peruviane sperano in questo modo di riuscire a fare maggiori pressioni all’Università americana di Yale, in modo che si ottenga la restituzione dei pezzi archeologici di Machu Picchu, ancora in loro possesso dai tempi di Hiram Bingham. Il governo peruviano sta puntando su di una grande campagna di informazione volta a sensibilizzare gli stessi studenti di Yale, per ottenere il loro sostegno a questa causa legittima. Ora che anche il Metropolitan Museum di New York ha raggiunto un accordo con l’Egitto per restituire 19 pezzi legati al faraone Tutankhamon sarebbe illogico che Yale rimanesse ostinata sulle sue posizioni! Ma nonostante questa situazione di stallo, siamo veramente sicuri che il 100° anniversario della riscoperta Machu Picchu sarà uno dei più grandi eventi culturali del mondo moderno, che porterà il Perù e la sua eredità megalitica alla ribalta della scena mondiale, facendo forse venire a molti il desiderio di andare a vedere uno delle più belle e meravigliose località dell’intero pianeta. Notizia inviata da Gladys Torres Urday - Fonte: Travelstales.it

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amiglia La Delegazione di Siena Valdelsa consegna gli attestati

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ella splendida ed invidiabile cornice della campagna Toscana, lo scorso martedì 28 giugno, si è svolta la rituale cena conclusiva di fine corso con la consegna dei tanto attesi attestati. Il tutto si è svolto al “Ristorante la Ducareccia”, all’interno dell’Hotel il Piccolo Castello, in uno degli ambienti più eleganti e raffinati della zona, a pochi passi dalla storica cinta muraria di Monteriggioni (SI) e del suo affascinante borgo. Alla cena naturalmente hanno partecipato i corsisti che hanno superato brillantemente l’esame, e che si sono trovati a far parte di una piccola-grande famiglia che è la F.I.S.A.R. La cena è stata inaugurata con un aperitivo a bordo piscina e dall’ apertura di un ottimo “Superiore Bellussi di Valdobbiadene Docg” accompagnato naturalmente da invitanti stuzzichini; Il Delegato Sig. Franco Aiazzi, ha inaugurato l’aperitivo, complimentandosi con i corsisti per gli ottimi risultati ottenuti. La serata è proseguita in allegria, sempre al bordo della meravigliosa piscina, arricchita da fontane e circondata da lavanda e rosmarino con ottimo cibo, all’insegna dei sapori tradizionali toscani e perfettamente in linea con gli abbinamenti enologici proposti dalla Delegazione che ha nel proprio dna l’arte del buon bere.

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A fine serata, dopo l’immancabile brindisi, il Delegato, soddisfatto della divertente ed amichevole cena, ha consegnato i diplomi ai futuri aspiranti sommelier, con la speranza che ognuno di loro dia il meglio di se, nel proseguimento di questo importante percorso formativo. A questa meravigliosa serata, oltre al Responsabile della Delegazione Siena Valdelsa, erano naturalmente presente Giuseppe Troilo, Sommelier F.I.S.A.R. e Direttore di corso, Marco Bartalini, segretario di delegazione e Filippo Franchini, il quale ha gentilmente prestato servizio durante le serata. Nell’attesa della presentazione del nuovo corso di II livello, vogliamo dire

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un immenso grazie ai nostri insegnanti ed ai loro collaboratori, i quali hanno saputo mantenere viva per tutto questo periodo (sicuramente anche per il futuro) la nostra curiosità degli occhi e del naso davanti ad un buon calice. Tra i sorrisi di soddisfazione dei corsisti ripensando, oltre che al successo, alla piacevole serata, resta immancabile la voglia di portare avanti il desiderio di conoscenza di questo mondo sempre in divenire, di colori, profumi ed emozioni: il VINO.

Notizia inviata da Elena Burroni e Elisa Porciatti della Delegazione Fisar di Siena Valdelsa


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La Delegazione di Treviso con le Frecce Tricolori

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i è svolto sabato 11 e domenica 12 giugno l’eccezionale appuntamento con “Air Extreme” sul litorale di Jesolo. I grandi nomi della acrobazia italiana e internazionale per un grandissimo spettacolo; il pubblico, circa un milione di persone tra turisti e appassionati, hanno avuto modo di vedere all’opera i veri protagonisti: la Pattuglia Acrobatica italiana delle Frecce Tricolori e il dispiegamento della Sperimentale Italia con gli Eurofighter e i Tornado, nonché i Thunderbirds pattuglia ufficiale aeronautica militare degli Stati Uniti d’America. Direttamente dalla Francia il Breitling Jet Team in assetto da 7 velivoli Aero L-39 Albatros, mentre dall’Inghilterra sono arrivati a Jesolo ben due Wing Walker che han-

no danzato per il pubblico presente in simultanea sulle ali di due velivoli d’epoca: il biplano Stearman. Uno show unico e indimenticabile da lasciare con il naso all’insù e il fiato in sospeso tutti i presenti a partire dal Ministro della Difesa Ignazio La Russa e le più alte cariche dell’Esercito

dall’Aereonautica alla Marina. Una giornata magica dall’atmosfera avvolgente conclusasi con la cena di Galà nella prestigiosa cornice del Golf Club di Jesolo. Presenti all’opera, in questo caso, i sommelier della Fisar di Treviso per il delicato compito di organizzare per gli illustri ospiti l’abbinamento dei vini al ricco menù di pesce. Roberto Donadini, Davide Piai, Elio D’Agostini, Claudio Boscariol, Germano Munaro e Sandra Piva hanno saputo curare con scrupolosa professionalità l’intero servizio rendendo unica e incantevole la serata. Come di rigore a fine serata non poteva mancare la foto ricordo dei Sommelier Fisar con i Piloti delle Frecce Tricolori. Notizia inviata da Roberto Donadini della Delegazione Fisar di Treviso

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Nuovi Sommelier nel golfo Dianese

ella turistica a cornice di Diano Marina (IM) si è svolta, a conclusione del percorso di formazione, la cena di premiazione dei nuovi diplomati. Sono stati meritatamente annessi per le Delegazioni di Imperia e Savona ben ventinove nuovi sommelier. La sera del 7 luglio 2011 presso il nuovo Ristorante “Golosamente” sono stati fregiati i nuovi “colleghi” ovvero: Agnese Corrado, Ardissone Giovanni, Azzarello Alfredo, Basso Francesca, Bertolino Daniele, Bertolino Monica, Bertora Luca, Brunengo Filippo, Campioli Nicola, Caria Pier Paolo, Cavaglià Giada, Cavalli Mauro, De Bernardi M. Angela, De Moro Franco, Ferrarese Nicola, Mantello Valentina, Mazza Marcello, Mazza Renata Maria, Merano Davide, Mingolla Elisa, Novaro Carmen, Pollini Selene, Ragazzini Giovanni, Robutti Alessandra, Rudasso Franca, Sapello Rodolfo, Taccone Enrico, Turtoro Gisella e Tuveri Charlotte. Si ringrazia della gentile parteci-

pazione alla manifestazione l’Assessore all’Agricoltura della Regione Liguria Sig. Giovanni Barbagallo e del Sig. Giuliano Ferrari Presidente della Confraternita dell’Ormeasco. Notizia inviata da Donatello Ribaldi della Delegazione Fisar di Imperia e Savona

A Catania la festa per i nuovi sommelier Fisar

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assoluto prestigio della Carta dei vini; un menù raffinato quanto il clima della serata; il fascino tutto orientale delle danze arabe. Sono solo alcuni degli ingredienti della “Cena di Gala dei Sommelier 2011”, il doppio evento

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organizzato dalla Delegazione Fisar di Catania per concludere degnamente un anno intenso di appuntamenti, lezioni, degustazioni e per festeggiare, contemporaneamente, la consegna degli attestati e delle qualifiche di “professionisti del vino” a chi ha completa-

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to il percorso didattico e superato gli esami finali. Lo scenario magico è stato, ancora una volta, quello del “Club del Venerdì”, allestito negli eleganti locali del Katane Palace Hotel. E che sarebbe stata una serata originale lo si è capito subito quando, annunciati da una luna frizzante, hanno fatto il loro ingresso, accogliendo gli ospiti, i vini piemontesi: un Rugre’ Brut La Scolca e un Rosachiara La Scolca, che hanno accompagnato tocchetti di formaggio e mortadella. In uniforme di gala, a coordinare la serata, sono stati il presidente Vittorio Cardaci Ama, il delegato provinciale, Gaetano Prosperini, e il segretario provinciale, Carlo Guzzardi, con il tesoriere Antonella Carbone e il consigliere Susy La Rosa. Dopo gli aperitivi, consumati nel giardino dell’Hotel, sempre accompagnati dai raggi della luna, gli ospiti


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hanno preso posto tra i tavoli del ristorante “Il Cuciniere”, dove hanno gustato un menù di gran classe, realizzato dallo chef Giulio Dedei con Carpaccio di pesce affumicato come antipasto, seguito da Vellutata di piselli e gamberi e Risotto con seppia, pomodori, capperi e basilico, cui seguiva uno squisito Filetto di tonno con peperonata di fragole. Il tutto “annaffiato” da Muscadet Sèvre et Maine-Sur-Lie 2008 Comte Leloup du Chateau de Chasseloir, da un Gavi dei Gavi Etichetta Nera Docg La Scolca e da Five Roses 67° Anniversario 2010 Salento Igt Leone de Castris. Tra una portata e l’altra, intanto, si esibiva la maestra tunisina Samia Zbidi, direttrice della “Scuola di arti orientali Iaset”, con danze che hanno fatto rivivere il fascino dei deserti e

l’opulenza, la bellezza, i profili ammalianti dei paesi arabi. Una vera festa, che ha unito alla compostezza di smoking e cravatte l’abbraccio rilassato del Nord Africa, mentre i riflettori accesi in sala annunciavano la tanto attesa consegna degli attestati Fisar. È stato così il presidente Vittorio Cardaci Ama a chiamare, “in rigoroso ordine alfabetico”, i “diplomati” fisariani, mentre la squadra dei sommelier svolgeva impeccabilmente il proprio compito con Angelo Sapienza, Samuele Luca e Valeria Di Bella, in divisa ufficiale di Gala. A concludere la cena è stato, infine, un Tortino di cioccolato piccante alla menta su cui sono arrivati i brindisi con Pineau des Charentes Logis de la Mothe. Ed eccoli, allora, gli appassionati del vino, gli scolari ormai

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promossi e coloro che, con altrettanta passione, hanno semplicemente deciso di concludere il percorso didattico. Tutti con la consapevolezza che avere preso parte a un corso di formazione per Sommelier Fisar è una cosa unica, davvero affascinante, forse anche indescrivibile sia a parole che per immagini. Bisogna viverla, per scoprire la bellezza di quegli appuntamenti, di quello stare insieme in piacevolissima compagnia, tra una degustazione e l’altra, tra una cena e una gita alle cantine. A loro va il sincero e meraviglioso “Prosit” e le congratulazioni di tutta la Delegazione Fisar etnea!!! Notizia inviata da Antonio Iacona della Delegazione Fisar di Catania

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prezzi validi fino al 30 Settembre 2011


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La Delegazione di Treviso incontra i “Sapori di Spagna”

el mese di maggio 2011 la Delegazione Fisar di Treviso ha organizzato 2 magnifiche serate dedicate alla Spagna ed alla sua EnoGastronomia. La sede della Dama Castellana di Conegliano ha ospitato circa 120 persone affascinate dalla poliedricità dei prodotti in degustazione e dalle serate guidate da: Francesco Dal Bello, ns esperto amante della Spagna e dei suoi prodotti, Davide Zanette Consigliere di Delegazione e Karen Casagrande la ns Sommelier dell’ Anno. I partecipanti hanno potuto degustare uno dopo l’altro gli eccellenti prodotti enoici Spagnoli partendo da un Cava Trepat rosè Agusì Torrellò Reserva con 16 mesi di maturazione sui lieviti

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di colore rosato invitante con sentori di fragolina, frutta rossa, crosta di pane, e note balsamiche; Valdeorras Vina Godeval 2009 Bodega Godeval da una delle cantine pioniere del Godello un vino molto minerale (talmente salino da essere stato definito “salmastro”); Sherry Fino Jarana Bodega Lustau, classico esempio di Fino, 100% Palomino fino, colore piuttosto pallido con note pungenti al naso dovute al lievito flor; Bierzo Cuatro Pasos 2009 Bodega Martìn Còdax, 100% Mencia, colore rosso violaceo/rubino intenso, note di vaniglia (barrique) e prugna, ed il profumo caratteristico dovuto al terreno scistoso; Vina Ardanza Resarva Especial 2001 Bodega La Rioja Alta: 80% Tempranillo, 20% Garnacha, 36

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mesi di barrique di legno americano. Profumi molto complessi da vaniglia, liquirizia, spezie (noce moscata, cannella, pepe), prugna e violetta. Grande vino figlio di una grandissima annata (infatti porta la menzione Especial come la 1964 e 1973); Les Eres 2006 Celler Joan Simò 55% Carinena, 30% Garnacha, 15% Cabernet Sauvignon di colore rubino/viola caratteristico dei vini del Priorato, impenetrabile. Profumo minerale di grafite, polvere di roccia, frutta rossa molto matura, legno (18 mesi di barrique di rovere francese). Da notare la resa infima, stimabile tra i 10 e i 12 ettolitri/ettaro; Moscatel MR 2008 Telmo Rodriguez (il vinificatore itinerante nativo della Rioja Telmo Rodriguez cerca di rilanciare la zona di Malaga con un Moscato “naturalmente dulce” sulla scia di quanto fatto da Jorge Ordonez in società con Alois Kracher) 100% Moscato di Alessandria di colore giallo paglierino, profumo minerale, aromatico, frutta esotica, pesca, senza alcuna nota di appassimento nè di surmaturazione. Questi magnifici esempi di produzione vinicola spagnola, di impegno e passione dei produttori sono stati brillantemente ed esaurientemente descritti da Francesco Dal Bello con interventi arguti da parte di Davide Zanette e Karen Casagrande che hanno abilmente coinvolto i presenti.. infine il


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tutto è stato ulteriormente accompagnato da alcune prelibatezze gastronomiche tipiche abilmente divise tra gli insaccati, formaggi, paella e crema catalana come dolce finale. Per gli insaccati: Prosciutto DOP Jamon de Huelva/Jabugo, il re dei prosciutti; Morcòn insaporito con pimentòn (paprika dolce); Salchichòn (salame); Chistorra, salsiccia tipica dei Paesi Baschi (si mangia fritta) ma che si usa ormai in tutta la Spagna… la caratteristica principale di questi insaccati è il lontano retrogusto di ghiande che si percepiva dovuto al fatto che il maiale iberico bellota viene alimentato esclusivamente con questo nobile frutto delle querce ad alto valore nutritivo. Per i formaggi: Arzua Ulloa DOP di latte vaccino semimolle della Galizia;

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simpatici e preparati, i vini e i cibi erano buonissimi e nuovi al nostro palato… infatti alcuni di noi sono rimasti quasi interdetti nel degustare questi prodotti… ma il nostro mondo enoico è grande e vario ed il bello è proprio conoscere e aprire la mente alle realtà nuove, ai sapori e gusti differenti a quanto abitualmente provato… e la Roncal DOP pecorino stagionato a pasta dura della Navarra; Valdeon IGP un erborinato della zona dei Picos de Europa, nella comunità autonoma della Castilla y Leon, 80% latte di vacca e 20% pecora; Murcia al vino DOP della comunità autonoma di Murcia a pasta dura di latte di capra; Tetilla DOP dalla forma a mammella, come dice il nome stesso. La serata è stata bellissima, i relatori

serata è stata certamente una lezione ben fatta ed esauriente su quanto una nazione ad elevata produzione vinicola e così vicina a noi, possa fare in fatto di qualità e varietà… Bella la Spagna, belli i suoi sapori, un applauso a chi ha fortemente voluto che si potesse organizzare una serata del genere… e a presto per nuove entusiasmanti degustazioni…!!! Notizia inviata da Michela Taffarel della Delegazione Fisar di Treviso

La Delegazione di Novara consegna i suoi primi attestati

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er una neo delegazione come quella di Novara il primo traguardo raggiunto rappresenta un grande stimolo per continuare. Con grande convivialità, che peraltro ha regnato durante tutto il corso tra docenti e allievi, è avvenuta la consegna degli attestati ai corsisti di 1° livello. La manifestazione si è svolta sabato 23 luglio scorso, presso la sala degli stucchi nel Castello di Galliate, messa a disposizione dall’ amministrazione comunale che ringraziamo per l’insostituibile sostegno. Da segnalate le illustre presenze dell’Assessore al Commercio e alla Cultura, Dott. Francesco Pasquali e del Consigliere di Giunta FISAR Luigi Terzago. Notizia inviata da Donatello Rinaldi della Delegazione Fisar di Novara

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amiglia Ad Acqui Terme diplomati 7 nuovi Sommelier FISAR

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a FISAR (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori), delegazione di Alessandria, ha consegnato nel mese di luglio gli Attestati di Qualifica ed il meritato Tastevin a 7 neo sommelier di Acqui Terme, i loro nomi: Fiore Gianfranco, Cutica Gabriella, Lombardi Monica, Grassi Giulia, Viggiano Valeria, Laura Porro, Gabriela Bagnasco. La consegna dei diplomi è avvenuta alla presenza del delegato di Alessandria, Lorenzo Diotti, e dal Direttore dei corsi Brunello De Belath, della delegazione di Varazze. I corsisti hanno frequentato, nel corso di due anni, tre livelli di apprendimento con esame finale, nel primo sono state illustrate le basi della degustazione, nel secondo l’enografia nazionale ed internazionale e nel terzo l’abbinamento cibo vino: 10 serate presso l’osteria Bo’Russ di Acqui Terme dove l’amico sommelier Fisar Eugenio Nani, ha preparato piatti della cucina regionale, come “Stoccafisso all’acquese”, “Branzino ai funghi porcini”, o “Insalata di langa” (petto d’anatra con robiola, aceto balsamico, nocciole ed insalatina) accompagnati da vini provenienti da tutta Italia. Appuntamento veramente interessante, quello dedicato ai formaggi, ben introdotto da Vittorio Duberti noto affinatore e selezionatore di formaggi regionali ed internazionali. Dopo questi

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piacevoli incontri di degustazione che hanno certamente stuzzicato oltre che il palato anche l’interesse dei corsisti, l’esame finale si è svolto con una prova di servizio, o meglio presentazione ed apertura della bottiglia, riconoscimento alla cieca di un vino bianco ed uno rosso, ed una prova scritta ed orale sulle tematiche affrontate nei tre livelli di preparazione: dall’enologia, all’enografia, all’abbinamento cibo-vino. Alcuni dei neo sommelier hanno espresso l’intenzione di voler impiegare la loro qualifica nel mondo della ristorazione o degli avvenimenti enogastronomici, dando un seguito professionale e lavorativo a quest’attestato. Nel corso della serata, che si è svolta presso la vineria Derthona a Tortona, sono stati consegnati gli attestati di

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secondo livello ai corsisti provenienti da Novi Ligure che intraprenderanno l’ultimo livello nel mese di ottobre i loro nomi sono i seguenti: Bacchiocchi Mauro, Bagnasco Roberta, Barattino Ilaria, Bianchi Paolo, Brusco Sabrina, Canobbio Andrea, Carrea Stefano, Cartasegna Ilaria, Fava Maddalena, Fossati Franca, Gennaro Donatella, Ivaldi Ilaria, Mazzocca Giovanni, Merlano Paolo, Mignolli Francesca, Oddone Giovanna, Orsi Teresio, Pallini Paolo, Pernecco Gabriele, Piccione Simona, Repetto Simona, Rettani Paolo, Roseo Chiara, Sericano Alessandra, Spampinato Mario, Verrengia Giovanni, Zigliara Raffaella. Notizia inviata da Castellucci Raffaella della Delegazione Fisar di Alessandria


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La Delegazione di Livorno festeggia i suoi nuovi 27 sommelier

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a «Festa del Sommelier Fisar» della “Delegazione Storica” di Livorno si è svolta al ristorante «Precisamente a Calafuria» (bellissimo il locale, un… tramonto da favola e ottima cena): un locale particolarmente caro ai sommelier non solo livornesi perché è appartenuto all’ex Presidente Nazionale Leonardo Nardi e alla sua famiglia. È stato un incontro tra tutti i sommelier ma che tra i meno giovani ha ricordato l’impegno e la volontà di Leonardo che negli 11 anni di responsabile nazionale è riuscito a fare della Fisar una federazione pronta alle sfide del terzo millennio. Questa festa è dedicata all’incontro con i sommelier in servizio ma anche, tradizionalmente, per festeggiare i nuovi sommelier che hanno superato gli esami del terzo corso «guadagnandosi» l’ambito titolo. Infatti ben 27 hanno ottenuto il «taste-wine» in un tifo da stadio, tra… colleghi ed accompagnatori. I «nuovi sommelier» sono: Simona

Amianto, Giuseppe Battaglia, Serena Brogi, Daniela Camici, Evelina Canini, Marina Cariello, Alice Carpentiere, Elisa Cerboneschi, Alda Cozzuti, Paolo Dendi, Laura Gallina, Francesco Galluzzo, Valter Lemmi, Gianpaolo Luzzi, Luigi Mastrogiacomo, Gioela Nannipieri, Marco Orlandi, Francesco Pastorello, Luca Pataleo, Maria Peria, Serena Petini, Piero Picchi, Giampiero Pilloni, Gabriella Pizzi, Valeria Salemo, Paolo Serughetti e Jacopo Telloli. Tra questi si sono particolarmente distinti: Cariello, Cerboneschi, Mastrogiacomo, Petini e, soprattutto, Evelina Canini. Il prossimo corso di primo livello per sommelier avrà inizio martedì 20 settembre 2011. Info: 338.5033684, 349.3998960 oppure www.fisar-livorno.it Il delegato Mario Albano (con Silvia Puccini, responsabile servizi, David Amadei e Fabio Baroncini) ha presentato l’attività della Fisar livornese, una delle più numerose d’Italia sia

come soci che sommelier in servizio (ben 62 di cui 10 diplomati nel 2010). I servizi effettuati lo scorso anno sono stati 431 (259 nel 2009). La presenza dei sommelier Fisar è sempre più richiesta in tutte le più importanti manifestazioni che vengono organizzate in città e… non solo. Tra i servizi più prestigiosi sono stati citati la Guida dei Vini dell’Espresso, la Cena di Gala del Comitato Grandi Cru d’Italia durante il Vinitaly e la collaborazione con il “Teatro Goldoni” per le serate Jazz. La delegazione Fisar organizza «MareDiVino»: quest’anno la seconda edizione della grande rassegna dei vini della costa e delle isole livornesi si è svolta dal 14-16 maggio 2011 nella Medicea “Fortezza Vecchia” con più di 40 aziende vinicole aderenti, 20 produttori ed operatori gastronomici locali, circa 500 visitatori che hanno partecipato alla degustazione al banco, alle degustazioni guidate ed ai cooking show. Nell’ambito di “MareDiVino” è stato organizzato anche il concorso «Rosso Buono Per Tutti», selezione enologica a giuria popolare del miglior rosso a meno di 18 Euro in Enoteca (con 100 partecipanti). Un lungo applauso ha salutato l’annuncio che Nicola Masiello è il nuovo Presidente Nazionale e che il “nostro” Filippo Terrasini è stato eletto nella Giunta Nazionale. Notizia inviata da Gianfranco Grossi della Delegazione Fisar di Livorno

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Le Delegazioni di Treviso, Venezia e San Donà con la Costa Favolosa

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omenica 3 luglio 2011 in una giornata luminosa e solare 30 sommelier delle delegazioni Nord Est Venezia, Treviso e San Donà si sono ritrovati per effettuare il servizio al 14° Gala in onore de “Les Etoiles de la Gastronomie Italienne” i Migliori Chef Italiani premiati dalle Stelle Michelin presso il Ristorante Duca di Borgogna a bordo dell’ultima nave varata dalla Costa Crociere: COSTA FAVOLOSA. Salpata da Venezia per il breve itinerario inaugurale, Costa Favolosa si è subito trasformata in un divertificio globale per i 2.000 invitati internazionali. Nei saloni, nel Teatro Hortensia, sui ponti-piscina, si brindava a champagne e si ballava al suono di band nazionali e cubane, mentre i ristoranti servivano delizie mediterranee e sofisticati piatti internazionali. Al benvenuto presso la sala imbarco ci hanno accolti Luigi Mastrocicco Responsabile Servizi Nazionale Fisar e Graziella Cescon neo eletta Vice Presidente Fisar. L’imbarco effettuato alle 16 si è svolto in maniera ordinata e veloce e, nonostante fossimo tutti armati di cavatappi (riconosciuto come arma presso i controlli negli aeroporti!) siamo tutti passati senza problemi alla dogana… Per fortuna…! L’ingresso nella nave è stato emozionante anche per chi di noi è più avezzo

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a viaggi o frequentazioni a 5 stelle… La nave, “FAVOLOSA” in tutti i sensi, ci ha accolto con classe ed eleganza… subito ci siamo recati presso il ns ristorante per prendere visione degli spazi di servizio nella grande sala da pranzo e i corridoi attigui con tavoli annessi, dell’office dove i ns “cantinieri” avrebbero trovato i vini da presentare durante la serata, e per fare le dovute prove di uscita con le 6 meravigliose modelle che facevano da elegante cornice presentando una collezione di costumi da bagno. Dopo esserci cambiati velocemente nelle cabine a noi assegnate al ponte 8 ci siamo ritrovati per un ultimo briefing con i ns Capi Servizio Roberto

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Donadini ( Delegazione Treviso), Franco Jurassich (Delegazione Venezia) e Otella Costantin (Delegazione San Donà) che ci hanno dato le disposizioni dei ranghi e istruzioni su come effettuare al meglio un servizio di così alta importanza… ha avuto così inizio la ns emozionante serata. Gli ospiti si sono ritrovati presso il bar Camelot per l’aperitivo iniziale offerto con Magnum Champagne Steinbruck Cuveé Brut s.a, hanno proseguito poi verso il ponte piscina dove gli chef stellati hanno fatto le foto di rito ed infine si sono recati presso il ristorante per prendere posto e dar via alla cena… Seppur impegnati e concentrati sul


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servizio di circa 800 commensali importanti e sempre ben coscienti della riservatezza e discrezione che sempre ci distingue, siamo riusciti ad individuare tra le Autorità anche alcuni VIP: Cristina Chiabotto ex Miss Italia con il suo fidanzato il bellissimo attore Fabio Fulco, i cuochi sempre presenti nella trasmissione Rai la Prova del Cuoco, la famiglia Alajmo del Ristorante le Calandre di Padova e Renzo De Pra del Dolada nell’Alpago. Il personale di sala composto da addetti provenienti dalle Philippine, India, Colombia, Perù ed altri paesi, ha collaborato con professionale cortesia e disponibilità pur essendo loro in rapporto 1 a 4 (1 tavolo per cameriere 4 tavoli per sommelier…) e trasportando i pesanti vassoi carichi dei prelibati piatti preparati dal Corporate Executive Chef di Costa Crociere Stefano Fontanesi; la mole di lavoro è

stata notevole per tutti noi con brevissimi intervalli tra la presentazione di un vino ed il successivo. Fiumi di champagne hanno deliziato i commensali per tutto il pasto partendo con Champagne Steinbruck Cuveé Brut Blanc de Blancs, Champagne Vielle France Cuveé Millesimé 2004, Champagne Bricout Cuveé les Etoiles de la Gastronomie, Champagne Paul Louis Martin Cuveé Grand Cru Brut Blanc de Noirs s.a., e concludendo la cena con un meraviglioso Moscato di Siracusa Orseoli; dall’immensa sala da pranzo gli invitati si sono trasferiti nell’ immenso bar del ponte 3 per finire in bellezza con Porto Croft Distinction Vintage Character, Grappa Segnana Solera Selezione e Grappa Segnana Chardonnay Alla fine anche noi stanchi ma soddisfatti abbiamo ricevuto i ringraziamenti per l’eccellente servizio svolto con

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la naturale professionalità che sempre ci contradistingue, la precisione e la cortesia; una veloce cena nella mensa degli equipaggi e poi a malincuore siamo scesi dalla bellissima, fantastica ed emozionante nave e sotto le sue scintillanti luci e nell’eco delle musiche che provenivano dalle feste in corso sui ponti scoperti ci siamo allontanati nella notte con la mente al ricordo di una giornata lunga ma assolutamente F A V O L O S A …! Ringraziamo i colleghi che si sono resi disponibili per la giornata: Delegazione di Treviso: Cinzia Sandre, Annalisa Busolin, Matteo Brugnera, Massimo Da Rodda, Claudio Boscariol, Walter Marchetti, Davide Piai, Elio D’Agostini, Primo Minello, Fernando Rivaben, Mauro Pedron, Michela Taffarel, Roberto Donadini Delegazione di Venezia: Giorgio Mantovan, Lorenzo De Rossi, Giovanni Marazzi, Marco De Marchi, Daniela Serena, Emiliana Roasada, Lucio Chiaranda, Franco Jurassich Delegazione di San Donà: Basso Agustin, De Zuani Italo, Mazzon Antonio, Moretto Flavio, Palatron Cristina, Pin Gianluca, Vallese Federico, Visantin Annalisa, Costantin Otella

Notizia inviata da Michela Taffarel Delegazione Fisar di Treviso

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A Trisobbio presentazione del primo corso FISAR

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i è svolta a Trisobbio, Martedì 19 luglio, presso la Vineria del Cavaliere, la presentazione del corso di primo livello Fisar per aspiranti sommelier, alla presenza del delegato di Alessandria Lorenzo Diotti, del Direttore dei corsi Brunello De Belath

e alla presenza di rappresentanti del Comune di Trisobbio. Il corso, sponsorizzato dal Comune e dalla Provincia, inizierà nel mese di settembre 2011, e si articolerà in 12 appuntamenti serali (uno a settimana) dalle ore 20.30 alle ore 23.00 a

Trisobbio. Verranno affrontate le basi della degustazione, le funzioni del sommelier, l’apertura della bottiglia e del servizio del vino, per passare poi all’enologia ed alla viticultura. Al termine i corsisti affronteranno un esame scritto rispondendo a 40 domande, ed una degustazione alla cieca, per riconoscere il vino. Ai corsisti, verrà poi rilasciato un attestato di frequenza e chi vorrà potrà continuare nel secondo livello, quando si affronterà l’enografia nazionale ed internazionale ed a seguire il terzo livello con l’abbinamento cibovino, al termine dei tre livelli,(che si conseguiranno con vari intervalli nell’arco di 18 mesi) un esame finale consentirà la qualifica di sommelier FISAR con la consegna del diploma. Notizia inviata da Raffaella Castellucci della Delegazione Fisar di Alessandria

La Delegazione di Salerno in visita didattica

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pochi passi da Salerno, immersa nel verde dei Colli Picentini,sorge un’antica casa padronale dal colore rosa, dove vive la signora Silvia Imparato, proprietaria dell’azienda vinicola “Montevetrano”. La titolare dell’azienda è una donna affabile, energica, ottimista, ma soprattutto innamorata del vino che produce con grande passione e serietà da circa vent’anni, affiancata dall’enologo Riccardo Cotarella e dal

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vignaiolo e cantiniere Domenico La Rocca. Essere ospite, anche per un solo giorno, a Montevetrano è per la FISAR di Salerno davvero un grande onore. Poter passeggiare tra i vigneti sparsi in diverse zone della enorme proprietà di Montevetrano, visitare la nuova cantina,pranzare e degustare al fresco del grande portico della casa di famiglia, ascoltare la proprietaria quando parla della storia che si cela dietro ogni bottiglia e della “filosofia”

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di pensiero che è alla base di questo vino, sono tutti momenti bellissimi ed irripetibili. La signora racconta che il “Montevetrano” è nato all’inizio come un vino per gli amici e per un fortuito caso della vita è diventato il vino più conosciuto e apprezzato nel mondo. Un blend di Cabernet-Sauvignon, Merlot e Aglianico del Taurasi,che conquista e avvolge tutti i sensi ogni volta che lo si assaggia. È un vino “bordolese” con cuore campano.


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Seppure ogni annata è diversa dalle precedenti, questo vino riesce a mantenere inalterato il suo stile:colore rosso rubino, profumo intenso di frutta a bacca rossa, con note speziate di sotto fondo, tannini morbidi, ma a volte spigolosi e severi se l’annata è stata particolarmente siccitosa (si confronti a tal proposito l’annata 2006 con quella del 2008). L’azienda produce ogni anno circa 30.000 bottiglie e vende in tutto il mondo,dall’America al Giappone. I grandi produttori di vino vorrebbero acquistarne l’intera proprietà, ma la signora Imparato resiste alle lusinghe del mercato e a i suoi condizionamenti. L’idea che è alla base di questa cantina, in fondo, è semplice: produrre un vino di qualità nel rispetto del territorio, dell’equilibrio della natura e del lavoro umano. Un esempio di produzione davvero di grande valore che ha

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fatto e continua a fare scuola in Campania e nel mondo. Notizia inviata da Alberto Giannattasio della Delegazione Fisar di Salerno

La Delegazione di Pisa qualifica 26 nuovi Sommelier

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na cerimonia importante la consegna dei diplomi di Sommelier che la delegazione pisana ha organizzato con una serata all’insegna della frescura sui Monti Pisani. Ben 26 i Sommelier diplomati alla fine di un iter di 3 corsi specifici. Un percorso impegnativo che si articola con il 1° corso di 14 lezioni per conoscere le tecniche di vinificazione, le varie cultivar ed una conoscenza generalizzata sul mondo enoico. Il secondo corso comprende 17 lezioni per l’apprendimento approfondito dell’enologia nazionale ed internazionale. Il terzo ed ultimo corso impartisce, nell’espletamento delle 14 lezioni, l’apprendimento e conoscenza dei sapori e degli aromi dei cibi e di conseguenza le tecniche per gli abbinamenti, al

fine di raggiungere un livello armonico il più alto possibile nella degustazione del piatto e del vino. Quest’ultimo corso è costellato di prove pratiche di laboratorio in ristorante al fine di raggiungere l’apice di percezione attraverso la vista, l’olfatto e le papille gustative delle qualità organolettiche dei cibi e vini. Un totale, quindi, di oltre 112 ore serrate ed impegnative dedicate al pianeta vino e che hanno prodotto soddisfazione e gioia per il raggiungimento finale dell’attestato. I diplomi sono stati consegnati dal delegato Maria Cristina Messina, dal Tesoriere Umberto Chericoni e dai consiglieri Luca Barsanti e Tiziana Duè e dal Sommelier Roberto Menichetti in un clima fastoso e goliardico. Il delegato è intervenuto per ringraziare il corpo insegnante ed augurare ai già consacrati Sommelier un futuro ricco di soddisfazioni enoiche. Ecco i nomi dei diplomati: Monica Amianto,Sergio Baschirotto, Chiara Bagnato, Alda Battini, Sandro Buchignani, Sara Cassola, Monica Cucinotta, Marco Cuocci, Nicola Davini, Angelo Forensi, Lucia Fregoli, Stefania Ghelardi, Liliana Grassi, Massimiliano Guerrini, Claudio Loconsole, Fabrizio Macchia, Enrichetta Mazzei, Mariangela Mazzillo, Giuseppe Merla, Francesca Montanaro, Stefano Pagani, Matteo Poli, Antonella Sannicandro, Valeria Siciliano, Amanuel Sikera e Notizia inviata da Tiziano Taccola Cinzia Trassinelli. della Delegazione Fisar di Pisa e Litorale

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Successo de “I Pisani più Schietti”

ella la manifestazione “ I Pisani più Schietti” organizzata dalla Fisar di Pisa e Litorale, insieme ad “Argini e Margini”, con il patrocinio del comune di Pisa, per la vigilia del Gioco del Ponte. Iniziativa fortemente voluta dall’assessore alle manifestazioni storiche Federico Eligi per riprendere l’antica tradizione che vedeva, nei vari quartieri, grandi tavolate dei combattenti riuniti in conviviali per la preparazione della “battaglia” del giorno successivo. In origine il Gioco del ponte era strutturato diversamente e si svolgeva in un recinto nella piazza degli Anziani, attualmente Piazza dei Cavalieri, con scudi e mazze, ma venne proibito per la particolare violenza dai fiorentini nel 1407. Nel corso dei secoli il Gioco subì modifiche e nuovi divieti e sospensioni fino alla versione del Ponte di Mezzo, dove le due fazioni della città, Mezzogiorno e Tramontana, si affrontavano con i caratteristici Targoni, scudi alti e stretti recanti i colori dei

vari rioni cittadini, spingendosi a vicenda sul ponte di Mezzo per conquistare la riva opposta. Anche questa versione fu definitivamente sospesa dalla regina Maria Luisa reggente d’Etruria il 6 febbraio 1807 con la famosa frase “per un gioco è troppo per una guerra è poco”. Dopo 120 anni, nel 1927 le matricole universitarie rispolverarono il Gioco riportandone la memoria con un corteo storico e nel 1935 venne realizzata la versione moderna. Oggi si svolge in notturna e vede le squadre dei combattenti posizionarsi intorno ad un carrello che scorre su binari dove trovano posto 20 atleti per parte per spingere in contrapposizione tra loro e la vittoria va alla “parte” che si impone nel maggior numero di scontri su sei manches. Alla fine la parte di città soccombente, quella a nord oppure quella a sud dell’Arno, resta al buio per tutta la notte, mentre l’altra festeggia i combattenti vincitori con conviviali e canti che durano fino al

mattino. E dopo i doverosi cenni storici a cui si richiama l’evento, un giudizio di merito più che positivo va alla delegazione pisana che ha messo in vetrina le migliori produzioni enologiche della zona. Elevato il numero delle aziende vitivinicole partecipanti, oltre la ventina, che hanno portato le eccellenze dei loro prodotti in degustazione ed elevato il numero dei visitatori agli stands. Un successo quindi dovuto anche ad una più accurata organizzazione della parte gastronomica, quest’anno a carico della Fisar pisana : zuppa, farro, salumi e formaggi delle nostre terre con schiacciatine, pizzette, pane al sesamo ed altri gusti speciali grazie alla sponsorizzazione delle aziende Macelleria Giusti di S. Giuliano T., Panificio Valgraziosa di Calci, Panificio Borelli e Panetteria da Paolo di Pisa quest’ultima presente anche con i tipici cantuccini. Sulla spiaggia “dei renaioli” ha trovato collocazione anche la gara delle antiche balestre che ha reso ancor più interessante la kermesse. Nella foto il Sindaco Filippeschi che ha esplicitato la soddisfazione ed i complimenti per una serata veramente ben riuscita alla delegata Fisar Maria Cristina Messina ed alla responsabile dei Sommelier Liana Benini da estendere a tutti gli organizzatori. In ultimo un piccolo sondaggio dei visitatori all’uscita ha evidenziato la soddisfazione degli stessi elogiando esplicitamente l’iniziativa con l’augurio che possa ripetersi ad ogni edizione del Gioco.

Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione Fisar di Pisa e Litorale

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La Delegazione di Massa consegna gli attestati

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i è svolta nella splendida cornice del Bagno Milano a Marina di Massa, la consegna degli attestati di secondo livello agli aspiranti sommelier. Per l’occasione il patron e corsista Riccardo Baldacci, quest’anno ha messo a disposizione la propria veranda/ ristorante, con un buffet degno della prestigiosa location. Il sommelier e direttore di corso Alessandro Fontana ha poi sapientemente gestito il servizio dei vini proponendo l’eneguagliabile prosecco Giustino Ruggeri, l’ottimo chardonnay Castel Turmhof di Tiefenbrunner ed in chiusura l’intrigante pinot noir della Valle d’Aosta dell’azienda Ottin. I quindici aspiranti sommelier sono: Maria Adele Barbieri, Valentina Benassi, Sabrina Boghetti, Milena Ghirardini, Riccardo Baldacci, Massimo Balloni, Matteo Barotti, Paolo Bassignani, Giorgio Boccia, Tommaso Carpina, Sergio Cociancich, Alessandro Goracci, Simone Matellini,

Giuseppe Pieretti e Lorenzo Tonarelli. L’inzio del terzo ed ultimo livello è stato stabilito la prima settimana di Ottobre. Notizia inviata dalla Delegazione Fisar di Massa

La Delegazione di Siena Valdelsa consegna gli attestati

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ella bellissima cornice dell’osteria “Cacio e Pepe”, incastonata fra i vigneti e i boschi della zona di Vagliagli, si è tenuta la cena della consegna degli attestati di secondo livello agli allievi senesi della Delegazione Fisar Siena Valdelsa. All’appuntamento si sono presentati i corsisti e alcuni Sommelier che hanno coadiuvato l’organizzazione del corso durante le lezioni. Era presente anche Gianpaolo Zuliani, storico e validissimo docente in “prestito” alla Delegazione Valdelsana. Accolti da Ilaria, la proprietaria del ristorante, con un buon bicchiere di Prosecco, i commensali hanno goduto dello

spazio all’aperto, sotto gli alberi, gradevolmente fresco e suggestivo. La cena è iniziata con un antipasto di pecorini di varia stagionatura accompagnati da pere e insalatina di lombo. Si è passati al primo piatto fatto di tagliolini freschi con sugo d’anatra per proseguire con un filettino di maiale grigliato con gotino toscano al pepe e cipolla di Tropea al forno. Le pietanze sono state accompagnate con un Pinot grigio Brunner 2010 e un Monteregio di Massa Marittima Brecce Rosse 2008. Dopo aver deliziato i presenti con tali specialità Ilaria ha fatto servire una crostatina di mele e pinoli alla quale è stata abbinata un’Albana di Romagna Passito dell’azienda Zerbina. La serata è proseguita poi all’interno del locale, dove sono stati consegnati i diplomi agli allievi dal direttore del corso Giuseppe Troilo e del responsabile della Delegazione Sig. Franco Aiazzi che hanno anche ringraziato Ilaria e lo staff di cucina per l’ottima accoglienza e per l’eccellente cibo servito. L’appuntamento per gli studenti di Siena adesso è per l’autunno, quando dovranno cimentarsi con il corso di terzo livello che li porterà, si spera, all’inizio della carriera di Sommelier. Notizia inviata da Filippo Franchi della Delagazione Fisar di Siena - Valdelsa

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Grande successo alla 2a Edizione MareDiVino a Livorno

a Fisar di Livorno partecipa al successo per la 2° edizione di MareDiVino a Livorno Dal 14 al 16 maggio 2011 si è svolta la Seconda Edizione di MareDiVino, la grande rassegna di tutti i vini della costa e delle isole livornesi ideata ed organizzata dalla Delegazione FISAR di Livorno. Teatro dell’evento sono stati i Bottini dell’Olio nel quartiere storico de La Venezia a Livorno. La grande degustazione al banco, con gli stand di più di 40 produttori della Provincia di Livorno e qualche incursione pisana, ha visto la partecipazione di centinaia di appassionati, attenti e consapevoli, e di numerosi operatori (ristoratori ed enotecari in particolare), che hanno affollato gli splendidi locali del primo piano dei Bottini dell’Olio. Si è avuta la possibilità di assaggiare i vini di Bolgheri, della Val di Cornia, del Nord della Provincia, nell’area del

Terratico di Bibbona, dell’Elba e della Capraia, spaziando per i bianchi da Vermentino, i rosati, i rossi semplici, i grandi rossi da vitigni internazionali, gli intriganti vini dolci da Aleatico. Molte sono state le novità della Seconda Edizione. Grazie alla perfetta regia di Fabio Baroncini, consigliere di Delegazione, si sono svolti cinque cooking show: Loretta Fanella, regina italiana della pasticceria; il riso nero della Trattoria da 11 con Emiliano Freschi; Paolo Ciolli ed il “pesce a colori” nel piatto; il Maestro Luciano Zazzeri con il suo raviolo ripieno di cacciucco; Silvia Volpe e la trippa dell’Enoteca Bacco e La Volpe. Veri e propri spettacoli, anche ripresi e trasmessi su maxischermo, in cui i cuochi hanno potuto esprimere la propria arte e passione, descrivendo passo dopo passo la realizzazione della preparazione ad un pubblico numeroso ed attentissimo.

Tutto ciò accanto a vari stand gastronomici, con tanti prodotti tipici della Provincia di Livorno e varie occasioni di approfondimento della cultura del cibo e del gusto (salumi, formaggi, pane e pasticceria, miele, birra; Slow Food e libri a tema). Tutto esaurito, poi, per le cene con i vini della manifestazione nei ristoranti di Viale Caprera. Tutti i servizi sono stati svolti con grande professionalità dai sommelier della Delegazione di Livorno, sotto l’attento coordinamento della Responsabile dei Sommelier Silvia Puccini. L’elevato numero degli appassionati e degli operatori, che hanno potuto incontrare i produttori presenti ed assaggiare, anche grazie ai sommelier FISAR, vari e diversi vini della costa degli Etruschi, dimostra che la FISAR, realizzando MareDiVino, ha svolto un servizio al territorio in cui opera per farne emergere la qualità, la cultura enogastronomica e le persone che con passione vi operano. Le aziende partecipanti Agrilandia, Caccia al Piano 1868, Caiarossa, Campo alla Sughera, Castello del Terriccio, Colli Etruschi, Dolci Ricordi, Donna Olimpia 1898, Eucaliptus Di Vaira, Fattoria di Paltratico, Fattoria Kappa, Ferrari Iris e Figli, Grattamacco Collemassari, Guado al Melo, I Luoghi di Stefano Granata, Il Falcone, Incontri, Jacopo Banti, La Batistina, La Fralluca, La Piana, Le Ceppite, Mazzarri, Meletti Cavallari Giorgio, Petricci e Del

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Pianta, Podere Greppi Cupi, Podere La Regola, Podere San Luigi, Poggio al Tesoro, Rigoli, Rubbia al Colle –Muratori, Sada, Sant’Agnese F.lli Gigli, Santini Enrico, Satta Michele, Tenuta dell’Ornellaia, Terradonnà, Tua Rita, Tuttisanti, Usiglian del Vescovo, Valdamone, Villa Caprareccia Concorso Enologico: “Rosso buoni per tutti”. Nell’ambito della manifestazione MareDiVino si è svolta anche la Seconda Edizione del concorso enologico a giuria popolare “Rosso buono per tutti”, curato dal Sommelier Luca Canapicchi. L’idea alla base del Concorso è quella di sottoporre al giudizio non di tecnici, ma di consumatori, i vini rossi prodotti dalle aziende della Provincia di Livorno reperibili nelle enoteche ad un prezzo non superiore ai 18 Euro: il vino di maggior consumo, quello destinato ad accontentare un pubblico ampio, attento ma non necessariamente specializzato, il vino “base”, sebbene tutti i prodotti presentati fossero di qualità tale da non poter essere costretti in una definizione del genere. Oltre cento i partecipanti alla seconda edizione del Concorso, che hanno assaggiato e valutato i quaranta vini rossi forniti dai produttori. I vini sono stati suddivisi in quattro batterie di dieci, equamente suddivisi all’interno di ciascuna tra le varie zone viticole della provincia e sono stati degustati rigorosamente “alla cieca”. Ogni “giurato” ha indicato tre vini tra quelli degustati: i tre che più lo hanno colpito, i tre che ha ritenuto “i più buoni”. Vittoria di misura per Adèo 2009, Bolgheri doc di Campo alla Sughera,

blend di Cabernet Sauvignon e Merlot, che con 13 preferenze ha superato di un punto il Fillide 2009 dell’azienda La Fralluca di Suvereto, originale assemblaggio di Sangiovese, Syrah e Alicante. Medaglia di bronzo – 10 preferenze – per un vero outsider: Il Cina 2009 - IGT Toscana a base Syrah - di Usiglian del Vescovo di Palaia, alla sua prima vendemmia, con uscita sul mercato prevista per settembre. Premiati quindi tre vini dell’ultima annata in commercio, in un contesto assai variegato di prodotti di notevole spessore: rispetto alla prima edizione i distacchi tra i concorrenti sono stati più ridotti, segno dell’evidente miglioramento qualitativo di tutto il comparto vinicolo provinciale. Le degustazioni guidate Sabato 14 maggio si è svolta una degustazione alla cieca di 10 grandi rossi della Val di Cornia, con tavola rotonda su “Dove va la Val di Cornia?” durante la quale i produttori presenti, i giornalisti (Riccardo Margheri della Guida Vini Buoni d’Italia; Daniele Parri della Guida Slowine; Igor Vanni de La Nazione) e gli operatori (il Fiduciario Slow Food di Livorno Emilio Bellatalla; il responsabile dei corsi Fisar Livorno Davide Amadei; il Consigliere Nazionale Fisar Filippo Terrasini) hanno potuto confrontarsi sulle caratteristiche di un territorio che è consapevole della propria vocazione e delle grandi potenzialità, ma ha forse bisogno di definire strategie di sviluppo e promozione unitaria. Domenica 15 maggio si è tenuta la “classica” degustazione, sempre alla cieca, dei Bolgheri Superiore a confronto: la de-

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gustazione, sapientemente guidata da Riccardo Margheri, ha visto anche un prezioso intervento dell’Enologo Attilio Pagli, che ha onorato della sua partecipazione. Ma la seconda Edizione di MareDiVino ha visto la realizzazione di due grandi eventi di cultura del vino. Sabato 14 è stata la volta di una emozionante Verticale di Guado al Tasso, il Bolgheri Superiore degli Antinori, con l’Agronomo della tenuta, Dott. Andrea Bencini, e l’Enologo, Dott. Marco Ferrarese; cinque annate - 2007, 2006, 2005, 2001, 1998 - di uno dei vini più rappresentativi del territorio bolgherese, uno di quelli che ne hanno creato la fama e fatto la storia. Il culmine però lo si è raggiunto con la degustazione della domenica sera, 15 maggio, quando si è potuto realizzare il sogno di assaggiare uno dei miti dell’enologia mondiale e della storia del vino. Organizzata dal sommelier Davide Cecio, da sempre appassionato dei prodotti bordolesi, con l’introduzione magistrale e la guida di Paolo Valdastri, Direttore del Consorzio Bolgheri Doc e profondo conoscitore di Bordeaux, la degustazione di Chateau Margaux 1999, Chateau Leoville-Barton 2000, Ornellaia 1999 e Sassicaia 2006 (con un piccolo assaggio di Ornellaia 2008) è stata di quelle che lasciano un segno indelebile nella memoria del degustatore. Vi hanno partecipato alcuni produttori ed enologi della costa livornese, nonché Claudia Marinelli Consigliere Nazionale FISAR. Notizia inviata da Davide Amadei della delegazione Fisar di Livorno

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Festeggiato il Capodanno Pisano

ella tradizione più pura pisana si usa tutt’oggi festeggiare il Capodanno Pisano. Il cosiddetto Calendario Pisano, o Stile dell’Incarnazione al modo pisano, o ancora semplicemente Stile Pisano, era un particolare tipo di calendario in uso in alcune zone della Toscana nel Medioevo. Fin da prima del 980, come testimoniano documenti del tempo, si faceva iniziare l’anno in corrispondenza all’odierno 25 marzo (festa dell’annunciazione della Vergine Maria secondo il calendario liturgico), anticipandone di nove mesi e sette giorni l’inizio rispetto allo “stile Moderno” o “stile della circoncisione”, ancora oggi in uso, che indica il giorno 1° gennaio come primo giorno dell’anno. Il calendario pisano restò in uso per circa nove secoli e venne definitivamente abolito il 20 novembre 1749 per decreto del Granduca Francesco II°, con il quale fu ordinato che in tutto il territorio toscano il nuovo anno cominciasse il 1° gennaio seguente. Il Duomo di Pisa, costruito nel 1064 in onore e devozione proprio alla Vergine Maria, propone un effetto astronomico di riferimento a questa data veramente particolare: a mezzogiorno del 25 marzo di ogni anno un fascio luminoso, che entra dalla finestra tonda della navata centrale, colpisce un uovo marmoreo posto su di una mensola situata sul pilastro accanto al pergamo di Giovanni Pisano, sul lato opposto. Come a indicare l’Annunciazione della futura nascita del Cristo come inizio della vita, infatti nove mesi dopo nascerà Gesù, e pertanto l’inizio dell’anno coincide con l’inizio della maternità. La FISAR di Pisa e Litorale ha voluto festeggiare questa data,1° dell’anno 2012, prima con una propria rappresentanza alla cerimonia del fascio di luce tenutasi in Duomo con la presenza di tutte le autorità cittadine, e la sera proponendo una conviviale a tema. La serata si è svolta al Residence S. Rossore con una cena tipicamente pisana. Dopo il calice di benvenuto di Brut Rosè Carpineto di S. Miniato, spumante ottenuto col metodo “charmat”da uve Sangiovese e Canaiolo con un poco di Traminer, è stato servito un ventaglio di antipasti composto da Fettunta, Panzanella, Pappa al pomodoro e crostone col cavolo nero e fagioli. I primi, Pici al ragù e Bordatino alla pisana, hanno preceduto i fegatelli di maiale con rape e la trippa con patate al forno vestite. Per dessert le tradizionali frittelle di riso e torta co’ bischeri. Tutte le portate sono

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state rivisitate con le antiche ricette medioevali ed hanno fornito spunti interessanti di argomentazioni culinarie, dando vita a discussioni ed approfondimenti sul confronto con le ricette dei nostri giorni e di come i gusti cambino nel corso dei tempi e degli anni. I bravi Sommelier Tiziana Duè e Roberto Menichetti hanno abbinato naturalmente vini rigorosamente pisani: Rondinaia 2007 del Castello del Terriccio di Castellina Marittima, Chianti Serchiaio 2008 gli Archi, Nemorino 2007 di Giusti e Zanza ambedue di Fauglia, N’Antia 2007 di Badia di Morrona ed il Vin santo

2005 della Fattoria dell’Uccelliera di Fauglia. La delegata Maria Cristina Messina, dopo aver presentato il percorso enogastronomico e tratteggiato con brevi cenni storici l’origine ed il termine del capodanno pisano, ha presentato la compagnia di attori ”Crocchio goliardi spensierati” che ha allietato e divertito i convenuti recitando tantissime scenette, nel corso della cena, tutte rigorosamente in vernacolo pisano, tratte dalle opere dei maggiori e noti vernacolieri: Angelino Lazzaroni, Athos Davini, Renato Fucini, Giancarlo Pelusi. Non sono mancate naturalmente per chiudere la serata le canzonette piccanti goliardiche che hanno trascinato la platea in cori partecipativi e fragorosi applausi. Insomma una bella serata all’ombra della vera pisanità.

Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione Fisar di Pisa e Litorale

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Festa d’estate per la Delegazione Pisa e Litorale

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Marina di Vecchiano, nella suggestiva cornice della tenuta Salviati, all’interno del Parco Naturale di Migliarino -San Rossore -Massaciuccoli, la FISAR pisana ha organizzato una serata per il consueto benvenuto all’estate. Il tramonto sul mare, la bellezza delle dune, i tipici odori della macchia mediterranea e la leggera brezza marina hanno fatto da corollario ad una indimenticabile conviviale. I cuochi Gianna Taddei, Silvia Consigli e la sig.ra Graziella, il maitre di sala Egisto Sbrana ed il personale tutto del ristorante”Oasi Mare & Dune” hanno sfoderato tutte le loro capacità per contribuire alla riuscita dell’evento. Si è iniziato con un calice di benvenuto, rigorosamente Prosecco Valdobbiadene DOCG dell’azienda agricola Bartolomiol, il Prior, voluto e prodotto dallo stesso Bortolomiol come brut, quando il Valdobbiadene era solo Extra-dry, con tartine assortite al gambero, caviale, tonno e uovo sodo e fritturina caldissima di piccole alici. Dopo il ventaglio di antipasti: Carpaccio sia di pesce spada che di tonno, Zuppetta di moscardini, insalatina di polpo e fagioli ed il primo di linguine alle cicale accompagnati dal Vermentino Colli di Luni Doc 2010 dell’Azienda agricola Conte Picedi Benettini, sono stati serviti i ravioli di

branzino con sugo alle triglie col Pinot grigio del Trentino Doc 2010 il quale ha bagnato pure la successiva Spigola al cartoccio con verdure grigliate. I sommelier Lorenzo Mariotti e Massimo Marchi hanno condotto le degustazioni sugli abbinamenti con dovizia e professionalità, favorendo nei partecipanti la percezione delle qualità organolettiche attraverso un’accurata e precisa analisi sensoriale. Ottimo il semifreddo al torroncino con caramello abbinato ad un Passito di Pantelleria, che ha preceduto i tradizionali cantuccini con Vinsanto. Al termine, il delegato Maria Cristina Messina ha ringraziato per l’impegno profuso nella definizione del

percorso enogastronomico la responsabile dei Sommelier Liana Benini, i due sommelier per l’ottimo servizio, elogiandone le capacità ed ha esteso a tutti i partecipanti gli auguri di una meravigliosa e proficua estate. Riconoscenti ringraziamenti sono stati porti, in un tripudio di applausi, alla brigata di cucina ed al rango di servizio con la rituale consegna del gagliardetto.

Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione Fisar di Pisa e Litorale

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amiglia Delegazione Valdichiana: Consegna degli Attestati di qualifica a nuovi Sommelier

25 Giugno 2011: la Delegazione Valdichiana consegna a 18 nuovi Sommelier gli attestati di qualifica e si congratula con Baccheschi Andrea, Fronteddu Michela, Gargiulo Gianluca, Montigiani Daniele, Nenci Paolo, Paolucci Stefano, Jyswzkiewicz Jacer, Wormak Wioletta Barbara, Baglioni Serena, Bokan Galia, Damiani Marco, Galanello Giulia, Nardi Vanda, Nocentini Marica, Pieri Mauro, Vaselli Andrea, Metta Angela, Lo Moro Domenico per il risultato conseguito. A Biegaj Margherita, Cucinotta Simone, Laurini Matteo, Marcelli Mirko, Laera Mario, Sammarco Grergorio va invece l’attestato di partecipazione al Corso di 3° livello. L’evento si svolge alla “Trattoria del

Contadino” a 3 Km dal centro storico di Cetona. La cornice è perfetta: il ristorante è ricavato nel suo rustico da un vecchio podere, la serata è calda ed il cielo è stellato. Il verde è ovunque e al di là di uno steccato puoi ammirare anche un pavone che fa la ruota e sembra plaudire ai neo sommelier. La cucina propone antichi e nuovi sapori ed i vini serviti dai 2 sommelier Morello Simona e Paoloni Roberto, accostano in abbinamento (come d’altronde si conviene in un’occasione del genere) alle pietanze gustate. Il Consiglio di Delegazione è presente al completo e tra gli ospiti sono Giustarini Alberto, nonché Consigliere Nazionale, e Zuliani Giampaolo della Delegazione Valdelsa. Gli Attestati di qualifica a Sommelier

sono consegnati dal Delegato Emma Lami, dai Direttori di Corso Magi Leonardo e Palmerini Luciana, dal tesoriere Amedeo Esposito e dai 2 graditi ospiti. L’atmosfera è quella che si è sempre respirata durante le lezioni dei Corsi, cordiale e di amicizia e si avverte che nella FISAR un nuovo “gruppo” è pronto per prendere il via ed affrontare in modo più consapevole il “magico” mondo del vino. Come Delegazione Valdichiana intanto siamo già pronti ad iniziare un nuovo Corso perché se è vero, come diceva Giambattista Vico che la Storia è fatta di – corsi e ricorsi – anche noi FISAR facciamo storia,la nostra, con Corsi e RI… (ancora) corsi. Vogliamo in questa occasione ovviare ad un’omissione che è stata fatta nell’articolo pubblicato nella sezione “In famiglia” del numero 4 del Sommelier e comunicare che tra i Sommelier che hanno conseguito l’attestato di qualifica era presente anche Coppi Barbara. Benvenuta tra noi.

Notizia inviata da Emma Lami della Delegazione Fisar Valdichiana

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5


Siena: Congresso Fisar 2011

di Alberto Giustarini Responsabile organizzazione Congresso

Siena ed il vino sono un binomio pressoché inscindibile.

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ome Siena ed il Palio, Siena ed il Monte dei Paschi, Siena e l’Accademia Chigiana. Da secoli il vino è una ricchezza di questa splendida città e dell’incantevole territorio che la circonda. Un rapporto che il tempo ha arricchito, affinato perfezionato. Perché su queste terre sono nati e prosperano alcuni dei più famosi e rinomati vini d’ Italia e, dunque, del mondo. Dalle dolci colline della parte meridionale del Chianti, che i cavalieri senesi, pur perdenti, riuscirono a sottrarre ai fiorentini, nascono vini di un’eleganza e di un equilibrio straordinari. Dalla rocca di Montalcino, ultimo baluardo dell’orgogliosa Repubblica senese, sono partite le grandi fortune del Brunello, figlio della magica ricetta d’un puntiglioso farmacista. Dalla splendida Montepulciano scaturirono le fortune del Nobile, cantato dai poeti come re dei vini. La Siena di oggi è una piccola città, ma piccola solo nelle dimensioni fisiche. In realtà Siena è un grande luogo dell’anima, che ognuno può leggere secondo la sua cultura ed i suoi gusti, ma che resta dentro in maniera indelebile a tutti i suoi visitatori, anche a quelli più distratti. Siena, a differenza di Firenze, la sua grande rivale, è città di mattoni anziché di pietra. Ed il rosso caldo dei mattoni si interseca con i marmi preziosi del suo Duomo in un panorama unico al mondo. Un panorama che ha come sfondo una campagna che pare disegnata col compasso da uno straordinario architetto, ma ha anche il fascino lunare e surreale delle Crete.

La gente di queste parti parla un italiano bellissimo e gentile e chiama i bambini col delizioso nome di “cittini”. Eppure la stessa gente è capace per due volte all’anno di dividersi ferocemente per una breve e veemente corsa di cavalli, nella quale si mescola di tutto, anche il sacro col profano. La Fisar torna a Siena dopo 18 anni, laddove aveva mosso i primi passi verso una sua concreta trasformazione. A Siena arriva una Fisar molto diversa, sicuramente meno ruspante, ma conscia del fatto che quei 18 anni non sono stati tempo perso. Un tempo che è stato impiegato per rivedere l’associazione fin dalle sue fondamenta, in un percorso forse non sempre lineare, sicuramente sofferto, ma che ha traghettato la Fisar in una nuova dimensione davvero al passo coi tempi. La Fisar che torna a Siena sa anche che è tempo di affrontare le nuove sfide che l’attendono. Sa che non saranno sfide facili, ma che dall’esito di esse dipenderà un bel po’ del suo futuro, prossimo e lontano. Per questo dà appuntamento a tutti i suoi soci per un congresso che sarà sicuramente diverso da tutti gli altri che l’hanno preceduto. Perché nonostante l’Italia possa contare su un gran numero di splendide città, Siena, con la sua storia, i suoi riti, i suoi vini è un qualcosa di unico e di speciale, impossibile da eguagliare.

programma congresso • presso Hotel Garden di Siena • dal 21 al 23 Ottobre 2011 VENERDI 21 Ottobre: Ore 15.00 Arrivo dei partecipanti e sistemazione alberghiera Ore 16.30 Inaugurazione Assemblea con le autorità cittadine, Giornalisti e personalità del mondo vinicolo. Ore 20.30 Cena di benvenuto “La Toscana in tavola”

SABATO 22 Ottobre: Ore 09.00 Partenza per le visite a Montepulciano, Montalcino, San Gimignano e Chianti. Pranzo a buffet. Ore 15.00 Rientro in Hotel, Concorso Sommelier dell’anno 2011. Per gli accompagnatori visita ai laboratori Artigianali di Siena. Ore 20.30 Serata di Gala con premiazione del Sommelier dell’anno 2011.

DOMENICA 23 Ottobre:

Ore 08.00 Colazione Ore 09.00 Tavola rotonda: “LO STATO DI SALUTE DEL VINO ITALIANO” Riflessioni su normative, qualità e marketing Ore 10.30 Coffee-break Ore 11.00 Riunione dei Delegati Ore 13.00 Buffet di commiato, saluti e rientro alle proprie sedi.

per maggiori informazioni e per il modulo di prenotazione vai sul sito:

www.f isar.com

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Il CTN si rinnova e guarda con ambizione al futuro

di Giorgio Pennazzato

Consigliere Nazionale, resp. CTN FISAR

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a Fisar sta vivendo un momento speciale di fermento e di evoluzione, verso traguardi essenziali per la sua vita e sviluppo. Da tempo il Segretario Nazionale, Mario Del Debbio, continua a ripetere, vox clamans in deserto: se davvero vogliamo porci all’attenzione nazionale e diventare un punto di riferimento nel settore dell’enogastronomia occorre aumentare il numero dei nostri soci. Con l’aumento dei soci si innesca il circolo virtuoso e vitale di maggiori risorse per organizzare al meglio varie manifestazioni e iniziative, e per gestire una buona didattica; da cui deriva, ancora, un ulteriore incremento dei soci. La realtà economica che stiamo vivendo ci dà dei segnali precisi: se si persegue una politica stagnante e ingessata si va fatalmente verso il default, come si è visto per la Grecia. Nello stesso scenario europeo brilla invece la realtà tedesca, che ha saputo investire in qualità e tecnologia, e ora marcia verso l’egemonia europea. Anche in Fisar dobbiamo investire in qualità e tecnologia se vogliamo vivere, crescere, affermarci. Motore fondamentale del cambiamento è il CTN, che gestisce innanzitutto la formazione dei Sommelier, costituenti l’immagine pubblica della Fisar e che negli ultimi anni ci hanno dato tante soddisfazioni e sono stati apprezzati per la loro professionalita’ nelle piu’ importanti manifestazioni enogastronomiche nazionali ed internazionali. Come abbiamo detto pero’ non dobbiamo fermarci ed occorre tendere ad una qualità sempre maggiore dei corsi e dei docenti. Come? Il 30 luglio si è riunito, al gran completo, il CTN presso Cascina Colombarola, a Nibbiano (PC), ospiti della cortesia del socio Parmigiani. In tale sede meditativa, complice l’atmosfera di questo accogliente resort, 4 gruppi di lavoro, in precedenza creati, hanno esposto i loro progetti per un grande futuro fisariano. Gruppo 1 Gruppo 2 Organizzazione e gestione Lezioni e Corsi Sommelier strumenti e Albo Relatori didattici Chiaranda, De Rossi, Bozzola, Pasqualin, Trappolini Prosperini, (Parmigiani) RELAZIONI

Gruppo 3 Esami di III° Livello

Gruppo 4 Corsi per Docenti e Master Genova, Parmigiani

Ceccardi, Puri (Bozzola)

dibattiti ®

documento esclusivo F.I.S.A.R.

giunta e consiglio nazionale

FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER ALBERGATORI RISTORATORI

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FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER

Ne è scaturito un documento conclusivo che, passato il vaglio del CN, si avvia verso la sua attuazione. C’ è da dire che i primi passi di questa nuovo corso erano già stati compiuti lo scorso anno, con l’erogazione dei Corsi dedicati ai Direttori di Corso per Sommelier Fisar (DCSF), che sono i responsabili della qualità dei corsi, mediante la scelta di bravi docenti e curando una buona logistica. In contemporanea è proseguito il lavoro per arrivare alla stampa dei nuovi volumi di II° e III° livello che saranno disponibili per i corsi autunnali! Ora, dopo questo avvio, ci aspetta un altro traguardo di importanza essenziale: dare anche ai nostri docenti nuovi strumenti che consentano loro

ALBERGATORI RISTORATORI

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FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER

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di confrontare le proprie conoscenze per quella continua ricerca di sempre maggiore qualità. Cambieranno anche le procedure di accesso al nuovo Albo Relatori che diventerà unico riferimento a partire dall’1.9.2012. Saranno altresi’ organizzati specifici corsi dedicati alla comunicazione efficace e alla degustazione professionale (secondo le ultime codificazioni del linguaggio del degustatore a norma Fisar). Naturalmente sarà compito di una apposita Commissione, proposta dal CTN e approvata dal CN, provvedere da un lato ad esaminare i futuri Relatori, dall’altro a promuovere direttamente i Docenti che per titoli ed esperienza godono già dei requisiti utili all’inserimento in detto Albo. Un altro passo potrebbe essere quello di inserire, già dal materiale didattico del I° livello, di un programma, che risponde a quanto da tempo ci chiedono i corsisti: come ripassare la materia sentita? Come prepararsi bene agli esami di fine corso e di III° livello? Come risolvere rapidamente dubbi sui vitigni tipici, che concorrono alla “costruzione” di un vino? Questo software, creato da un analista-programmatore che è anche sommelier, rappresenterebbe un investimento tecnologico di indubbio valore e rappresenta sicuramente quanto di più aggiornato e di qualità vi sia in tale settore e la Fisar potrebbe essere la prima associazione ad utilizzare questo metodo di apprendimento interattivo. Una sezione apposita del programma fornisce infatti in tempo reale le DOC e DOCG, coi relativi disciplinari, a mano a mano che vengono approvate; si può creare inoltre un archivio storico privato che raccoglie le schede compilate in occasione delle varie degustazioni. Per seguire poi, da vicino, le problematiche delle Delegazioni, è stata confermata e arricchita la figura del Responsabile di Zona (RdZ), che rappresenta a livello locale il CTN (n.b. i loro nomi e zone di competenza sono già stati comunicati alle Delegazioni in luglio e sono comunque riportati nel sito ufficiale Fisar). Il suo ruolo sarà quello di approvare le richieste di apertura dei nuovi corsi e di collaborare per la buona realizzazione degli stessi. Le Delegazioni avranno così la possibilità di risolvere in tempi rapidi gli immancabili problemi che possono nascere nella gestione delle attività didattiche di delegazione. Il RDZ inoltre curerà la buona esecuzione dell’esame di III° livello, dando maggior rigore e professionalità alle prove che vengono effettuate, in modo da ottenere un maggior valore per il titolo, che consegue alla promozione. In conclusione, all’avvio del “motore” CTN, deve seguire il “movimento” dell’automobile Fisar, per traguardare ai progetti e programmi appena accennati. Ma è evidente che non basta l’azione e la spinta del CTN: anche se esso è il motore della Fisar, ha bisogno del carburante e della collaborazione degli organi di trasmissione, dell’impianto elettrico e di buone sospensioni, delle ruote e della carrozzeria… Quindi dobbiamo lavorare assieme, a stretto contatto di gomito. Riporto, come finale, una delle regole che i componenti del CTN si sono dati: siamo una squadra; fintantochè non vince l’intero gruppo, non vince nessuno. E ancora: le persone che lavorano assieme, possono conseguire risultati formidabili!

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2011 • n. 5


www.cesarinisforza.com

A Trento

Stappa la passione di Cesarini Sforza Tridentum. In lui batte il Metodo Classico Trento D.O.C. Il suo bouquet esclusivo ti trasporterà in Trentino, tra i 350 e i 650 metri di altitudine dei vigneti di Chardonnay e di Pinot Nero della Valle di Cembra, da cui provengono le sue uve. E il tuo cuore sarà conquistato dal suo bouquet raffinato, fresco, autentico, dal suo gusto così elegante.

la Passione si stappa.



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