Università “Ca’ Foscari” di Venezia Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di laurea in storia TESI DI LAUREA
A LLE
ORIGINI DELLA
D ALL’ EMBRIONE
L IGA V ENETA
ALLA DIASPORA
(1977-1987)
Relatore: Ch.mo Prof. Giannantonio Paladini
Laureando: Giovanni Fracasso
Matricola N° 760823
Anno Accademico 1999-2000
SOMMARIO Introduzione
La Società Filologica Veneta
pag. 6
Le elezioni europee del 1979
pag. 17
Dopo le elezioni europee
pag. 27
I corsi dell’Altinuum Programma della Filologica A.I.D.L.C.M. Azione politica Azione della Filologica L’intervista per il “Corriere della Sera”
Il corso di lingua al Russell Continua l’attività “politica” La proposta dell’Union Valdotaine L’avventura delle europee Campagna elettorale e programma
Nascita ufficiale della Liga Veneta
pag. 31
1980: programma ed elezioni
pag. 40
Il Congresso di Recoaro Scarsa ricezione del messaggio L’atto costitutivo della Liga Veneta La paternità del movimento
Lingua o dialetto Primo programma della Liga Veneta Il Congresso di Feltre La campagna elettorale e le prime nomine interne 3
Il caso Pizzati Tony Alba Lega Federativa Veneta
Strutturazione del movimento
pag. 53
Elezioni politiche del giugno 1983
pag. 62
Prima della tempesta
pag. 69
La Liga si presenta al Paese
pag. 76
Due Lighe gemelle
pag. 83
1984
pag. 91
Ordinaria Amministrazione Cambiamenti nel Consiglio Federale La “dhonta de cordinethion” Incontri con le minoranze Tentativi di allestire una struttura organizzata Attività di propaganda e di difesa dalle accuse di razzismo Evitare spaccature Le analisi del voto
Monta il malessere per Tramarin e Rocchetta... 28 giugno 1983 3 luglio 1983 16 luglio 1983 23 luglio 1983 3 settembre 1983 Ragioni a confronto Un Consiglio Federale dalla parte di Rocchetta
Il discorso in veneto Reazioni della stampa
Congresso al Plaza Reazione di Rocchetta al Congresso padovano Il pretore dà ragione a Tramarin Marilena Marin nuovo segretario I due Congressi della Liga Veneta Attività parlamentare di Tramarin
Ancora accuse di razzismo La lotta per presentare il simbolo Lotta tra le “due” Lighe in campagna elettorale 4
1985
Elezioni regionali del maggio 1985 Elezioni provinciali e comunali
pag. 100
Cala il sipario
pag. 103
Bibliografia
pag. 115
Storia del Veneto Verso un’altra spaccatura Il congresso vicentino di Chemello e la richiesta di maggiore democrazia L’espulsione di Ettore Beggiato Elezioni politiche del giugno 1987 Union del Popolo Veneto Il Veneto abdica dalla guida del movimento autonomista
5
Introduzione
Questa tesi nasce da una constatazione: non vi è alcun testo che
riporti una ricostruzione attendibile degli eventi che hanno porta-
to alla costituzione della Liga Veneta e che narri gli eventi che
l’hanno vista diventare protagonista della scena politica all’ini-
zio degli anni ‘80, come primo partito autonomista regionale italiano non legato a minoranze etniche storiche, che si sono ritrovate, dopo una guerra od un passaggio territoriale tra regnanti, ad
abitare in territorio italiano. Quel primo nucleo di leghisti potrebbe obiettare, a questa mia ultima affermazione, che anche
il Veneto è una popolazione oppressa dagli italiani e che quindi
molto abbiamo da spartire con le minoranze etniche; ma non è compito di questa tesi analizzare i termini della questione etnica,
né verificare la veridicità delle accuse che essi muovono allo
stato italiano di avere fatto di tutto per cancellare l’identità e la
dignità veneta.
Si tratta, nel senso letterale del termine, di una storia: la storia dell’incontro di un gruppo di veneti, della loro battaglia per un
sogno di libertà in cui credevano e di come, nel fango della politica italiana, tutto sia naufragato.
Personalismi, antipatie, gelosie, accuse reciproche, querele,
segnarono il tramonto della Liga Veneta proprio mentre avanzava la Lega Lombarda e si faceva largo tra gli abitanti del nord l’idea
di autonomismo che proprio gli uomini della Liga Veneta avevano fatto salire sotto la luce dei riflettori. 6
E’ una tesi che tenta di fare giustizia di alcuni luoghi comuni:
primo tra tutti che il movimento sia nato e si sia sviluppato su
rivendicazioni di base economica. O che i leghisti fossero tutti razzisti della destra, intolleranti e xenofobi.
Per tentare questa ricostruzione storica, non potevo appoggiarmi
ai volumi precedentemente scritti, se non per ricavarne delle
sommarie tracce: nessuno era dedicato alla ricostruzione storica
e quelle trovate erano imprecisi abbozzi di qualche avvenimento,
non essendo quello il loro interesse primario.
Ilvo Diamanti è quello che più di tutti ha scritto sulla Liga
Veneta, ma il suo interesse è preminentemente sociologico e con
i dati della storia leghista si confronta solo per analizzare i flus-
si di voto e i cambiamenti in atto nella società veneta. Pochi e brevi accenni ai fatti storici.
Le mie fonti, pertanto, sono state i leghisti stessi, raccogliendo interviste ed incrociando quanto detto da quelli che, nel corso
degli anni, sono diventati nemici politici. E poi, ovviamente, i
documenti: volantini, programmi, verbali del consiglio federale,
interviste, foglietti di appunti, foto, cartoline e quant’altro é stato
possibile recuperare di quegli anni. E per questi devo ringraziare
tutte le persone con le quali mi sono messo in contatto, che si sono prodigate per aiutarmi a recuperare questo tipo di materiale.
Una semplice ricostruzione storica, tuttavia, non sarebbe bastata a spiegare il clima che si respirava in quegli anni attorno alla
Liga Veneta. Per questo motivo ho corredato gli eventi più impor7
tanti della breve storia trattata con le opinioni di politici e stu-
diosi ricavate dai giornali dell’epoca. Le citazioni sono inserite nel testo per rendere la storia piĂš lineare possibile, come un racconto moderno che ha la sua morale: “Possiamo essere accomu-
nati dallo stesso ideale...ma divisi dalla voglia di successo perso-
nale�.
8
la Società Filologica Veneta I
CORSI DELL’A LTINUUM
La Società Filologica nasce dall’incontro di Franco Rocchetta e
di Maria Rosaria Stellin. Nel 1976 entrambi partecipavano ai
corsi di archeologia organizzati dall’Associazione Altinuum, di
cui era presidente Francesco Pescarollo, Rocchetta come inse-
gnante e la Marin tra le decine di partecipanti. In quei corsi,
attraverso lezioni teoriche e pratiche sullo studio dei reperti
archeologici, si affrontava anche il tema della riscoperta della
simbologia, della spiritualità, dell’arte e, in generale, della cultu-
ra paleoveneta. Rocchetta si dimostrava particolarmente interes-
sato al discorso linguistico ed avrebbe voluto approfondire l’ana-
lisi specifica di quell’argomento: troppo ristretto per essere trattato estensivamente all’interno dell’Altinuun. Maria Rosaria
Stellin si fece coinvolgere da Rocchetta nella questione linguistica e, assieme a lui, diede vita alla Filologica.
Ne diedero comunicato al resto del gruppo che seguiva i corsi di
Pescarollo il 12 marzo del 1978 al Torcello, per cercare nuovi
soci. Da quel momento abbandonarono l’Altinuum per dedicare le loro energie al programma di riscoperta e di valorizzazione della lingua veneta.
P ROGRAMMA
DELLA
F ILOLOGICA
La Società Filologica Veneta vede la luce il 16 febbraio del 1978
(o del 1977, seguendo il More Veneto, al quale si richiamavano i
fondatori, per il quale l’anno inizia a marzo) a Venezia. “…per lo 9
studio e la tutela della lingua
veneta, per la tutela di ogni
minoranza linguistica e cultura-
le”. Queste parole sono scritte
sul fronte dello statuto della
Società, un foglio piegato a metà che contiene gli otto arti-
coli in cui sono spiegati i fini, gli obiettivi e la struttura di que-
Uno dei primi adesivi stampati dalla Società Filologica Veneta assieme all’Associazione “VogaVeneta”.
sta associazione culturale. Vale la pena di soffermarci sul più
lungo ed esaustivo articolo, il
primo: “La Società Filologica
Veneta è nata per ampliare e diffondere la conoscenza e la
coscienza del patrimonio lingui-
stico veneto, per affermare il
diritto della nazione veneta –
così come di ogni altra nazione,
popolo o comunità – al manteni-
La copertina del programma della Società Filologica Veneta, recentemente ristampato
mento e allo sviluppo della propria cultura, della propria lingua,
delle proprie radici e della propria identità, secondo lo spirito della Carta dell’O.N.U., della Dichiarazione Universale dei
diritti dell’uomo, della Costituzione italiana, dello statuto
dell’A.I.D.L.C.M., della carta di Helsinki, del manifesto della 10
lingua Veneta, degli statuti della Regione Veneto e delle Regioni vicine, per contribuire al superamento dei crudeli pregiudizi e
delle pratiche discriminatorie e snaturalizzatrici, per troppi
decenni portate avanti contro la cultura veneta, per riaffermare
il diritto dei Veneti all’uso pieno della propria madrelingua ad
ogni livello della vita sociale, per promuovere l’uso e lo studio
della lingua veneta e l’insegnamento della storia della civiltà veneta nelle scuole di ogni ordine e grado del Veneto e dei territori europei ed extraeuropei dove vivono comunità venete, per
favorire il ripristino della toponomastica veneta, per contribuire
al riconoscimento concreto dei medesimi diritti alle minoranze
stanziate in territorio veneto e a TUTTE le nazioni, i popoli, le comunità e le minoranze.”
Il motivo per cui nasce, l’appellarsi a principi universali e a carte
sottoscritte anche dallo stato italiano, i fini perseguiti: tutto que-
sto significa essere orientati ad una azione che presuppone il con-
fronto con la politica e le istituzioni, anche se lo strumento prin-
cipe, in quei primi anni, non è la lotta politica attiva, ma l’istan-
za culturale. L’istanza culturale a cui aspiravano i fondatori della
Filologica non era altro che il mantenimento e lo sviluppo dell’i-
dentità veneta, in particolare modo l’attenzione alla lingua della nazione veneta.
A.I.D.L.C.M.
Dopo essere venuta alla luce, la Società Filologica Veneta aderisce all’Associazione Internazionale per la Difesa delle Lingue e 11
delle Culture Minacciate. L’A.I.D.L.C.M. nasce nella seconda
metà degli anni ’60 (nel 1967 tiene il secondo congresso in Val
d’Aosta ed adotta il suo primo statuto) con lo scopo della “difesa
e la promozione delle lingue e delle culture minacciate di deca-
denza, di corruzione, o di estinzione in quanto vittima della dis-
criminazione di cui sono oggetto in molti paesi, sia nell’insegna-
mento che nella vita pubblica (Art.1)”. Anche la vocazione
dell’A.I.D.L.C.M. è meramente culturale: è ricordato nel secon-
do articolo del suo statuto…, ma subito dopo, nel terzo, si enun-
ciano i compiti fondamentali, tra i quali, in primo luogo, “pro-
muovere e sensibilizzare l’opinione pubblica di ogni paese e di
esplicare, secondariamente, un’azione decisa nei confronti dei
Governi e degli organismi internazionali al fine di ottenere le misure necessarie alla sopravvivenza ed allo sviluppo delle lingue e delle culture minacciate”.
A ZIONE
POLITICA
Questo significa fare politica, intesa nella sua accezione più
ampia e nobile del termine, come impegno sociale ed istituziona-
le. Certo, né la Filologica né questa associazione, entrano nella
competizione elettorale politica attiva. Ma voler difendere una cultura minacciata significa tentare una azione contraria nei con-
fronti del soggetto che la minaccia. Nel Veneto il minacciante era
considerato lo stato italiano, accusato di avere fatto di tutto per
cancellare la cultura veneta. Se è innegabile che le loro convin-
zioni culturali e i loro obiettivi li portassero ad un impegno civi12
le ed ad una azione
politica,
altrettanto
è
indi-
scutibile che fosse assente un impegno politico diret-
to da parte della
Filologica.
Il
timore dei soci era quello
di
poter
essere identificati
come appartenenti
Il volantino dei Genitori ed Insegnanti di lingua e cultura veneta.
ad
una
fazione
politica e che ciò
potesse rendere le
loro argomentazioni la bandiera di una sola parte, che qualcuno
potesse strumentalizzare questi temi, che fossero travisati, che
potessero essere messi alla berlina e depauperizzati anche dagli
apparati di quello stesso stato accusato di avere tentato sistema-
ticamente
di distruggere ogni riferimento alla cultura e alla
nazione veneta.
A ZIONE
DELLA
F ILOLOGICA
La loro azione si esplicava principalmente con i cartelloni, rigorosamente in azzurro Veneto, appesi nei punti strategici di
Venezia e delle città vicine. Non poco clamore suscitò un volan13
tino diffuso all’inizio del ’78, prima della costituzione ufficiale della Filologica, quando però era già iniziato da tempo il loro
impegno a favore di queste tematiche, a firma di un gruppo di “genitori ed insegnanti di lingua e cultura veneta”, persone vici-
ne alla Filologica e a Rocchetta, che condividevano l’interesse
per l’affermazione della dignità della lingua e della cultura vene-
ta. Questo divenne successivamente il manifesto ideologico della
Società Filologica Veneta, per la chiarezza con cui venivano
esposti i temi centrali della loro azione: “…nel riaffermare la
vitalità e la dignità della lingua veneta come strumento linguisti-
co valido ad ogni livello di comunicazione, ricordando che la
difesa del patrimonio culturale comunitario rappresenta, oltre
che un diritto, un dovere per ogni cittadino democratico, ricordando che l’uso della propria lingua madre (quale che sia) non ostacola ma, anzi, favorisce l’apprendimento di altri linguaggi,
invitano i genitori democratici di lingua veneta a parlare con
orgoglio con i propri figli in veneto, lingua preziosa ed espressi-
va, grande ricchezza delle genti venete, invitano gli insegnanti ad usare nelle scuole frequentate da veneti la lingua veneta, promuovendone la conoscenza e lo studio parallelamente allo studio della altre lingue attualmente insegnate, invitano i giornalisti e
gli operatori culturali e le sedi venete della Rai e le radio e le
televisioni locali a contribuire alla ripresa della lingua veneta
frenando l’attuale uso indiscriminato e massificante della lingua italiana, fanno appello a tutte le forze democratiche perché si 14
giunga alla reale applicazione delle Costituzioni e degli Statuti
della Repubblica Italiana e della Federazione Iugoslava, del
Trentino Sud Tirolo, del Veneto, del Friuli Venezia Giulia, della
Repubblica Socialista Slovena e della Repubblica Socialista
Croata che prevedono la piena realizzazione ed affermazione della persona umana tramite l’effettiva parità dei cittadini e la
tutela dei patrimoni culturali e linguistici delle singole comuni-
tà…”.
L’ INTERVISTA
PER IL
“C ORRIERE
DELLA
S ERA ”
Se ne parlò parecchio, al punto che anche il Corriere della Sera il
4 febbraio 1978 decide di dedicare un articolo ai “volantini che
hanno invaso il Veneto”. Il giornalista, Arnolfo Pacini, se la pren-
deva con la punteggiatura, per le diciotto virgole e un solo punto
e virgola che rendevano affannosa la lettura del loro volantino,
ma poi riconosceva la nobiltà dell’intento ed intervistava “gli
otto paladini in difesa della lingua dei dogi” (Franco Rocchetta, Maurizio Calligaro, Tarcisio Zanchetta, Michele Gardin,
Armando
ed
Antonia
Lorenzet,
Bruno
Busetto,
Franco
Costantini). Il gruppo dichiarò di essere uscito allo scoperto dopo
avere lavorato per lungo tempo in “clandestinità” e specificò di essere diviso in piccoli gruppi, in tutta la regione e negli altri ter-
ritori di lingua veneta, con idee politiche molto diverse (“si va dai liberali a Lotta Continua”) e con la sola esclusione dell’estrema destra. “Ci battiamo contro il perdurare delle sopraffazio-
ni sorte – precisano gli otto - con lo stato unitario dei Savoia e 15
poi amplificate fino alle estreme conseguenze dal fascismo,
responsabile di aver perseguitato tutte le minoranze , in
Sardegna come in Alto Adige, in Friuli come in Val d’Aosta, ita-
lianizzando a orecchio nomi di città e di persone e giungendo perfino a cambiare le iscrizioni delle lapidi nei cimiteri”.
Fu la prima uscita ufficiale e firmata di quel movimento che poi
avrebbe portato alla nascita, un paio di anni più tardi, della Liga
Veneta.
16
Le elezioni europee del 1979 IL
CORSO DI LINGUA AL
B. R USSELL
Durante il 1977 Rocchetta intervenne ad un convegno del Partito
Radicale nel Veneto sostenendo i temi che sarebbero stati diffusi
con il volantino del gennaio del ’78. Non fu certamente un infer-
vorare di applausi, però in quell’occasione conobbe Alberto
Gardin, il quale era salito sul palco a congratularsi con
Rocchetta, per aver espresso concetti non sicuramente popolari in quella assise. Alberto aveva appena fondato a Padova una scuola
di lingue, il Centro linguistico Bertrand Russell, in cui bazzicava spesso Franco Rochetta, che era nel frattempo entrato in contatto con suo fratello, Michele Gardin. È qui che nacque l’idea di un
corso di lingua veneta gestito dalla Filologica, pubblicizzato con
dei manifesti fatti a mano e dei volantini ciclostilati nei quali
Il volantino del primo corso di lingua veneta presso il centro Bertrand Russell
17
appariva il leone di S. Marco stilizzato, caratteristico della mano
di Rocchetta. “Per parlare il veneto nel Veneto (che è un atto di
democrazia), per sapere leggere e scrivere la nostra lingua, per
la riscoperta della nostra identità, per non dimenticarci delle nostre radici”: questa l’intestazione, qui parafrasata, nei volanti-
ni scritta rigorosamente in veneto, che preannunciava il “Corso
de lengoa veneta e de cultura veneta”. Le lezioni si tenevano al
centro Russell, in via Cavour a Padova, il sabato pomeriggio
dalla 17,30 alle 19.
Nelle fila del gruppo che gravitava attorno alla Società Filologica
entrano alcuni partecipanti del corso, quelli che si dimostrano da
subito interessati ad un impegno attivo: su tutti, Tony Alba e sua
moglie Lucia da Vicenza, Paolo Bergami ed Achille Tramarin da Padova.
C ONTINUA L’ ATTIVITÀ “ POLITICA ”
Durante questo periodo non cessò certamente l’attività di questi
giovani che lottavano per riaffermare il diritto della riscoperta della cultura regionale. Rocchetta, per esempio, mandava lettere
ai giornali con una certa frequenza, sotto falso nome ma con
richiami alla presidenza della Società Filologica Veneta, rivendicando per esempio l’esigenza di trasmissioni televisive in lingua
veneta o la necessità di non chiamare dialetti quelle che sono delle vere e proprie lingue. LA
PROPOSTA DELL’U NION
VALDOTAINE
Proprio in questo periodo, in cui si teneva il corso, dopo che 18
erano apparsi i primi articoli e le lettere sui giornali, il presiden-
te dell’Union Valdotaine, Bruno Salvadori, si mise in contatto, tramite Rocchetta (del quale aveva letto qualche lettera sui gior-
nali), con questo gruppo di Veneti per proporre loro di rappre-
sentare il Veneto nella lista del suo movimento, assieme ad altre minoranze linguistiche ed etniche presenti in Italia, e di parteci-
pare alle prime elezioni europee. “...La nostra proposta – si spie-
ga in un opuscolo dell’epoca – vuole essere una forma nuova ed
originale di civiltà e non è né il capitalismo classico o nuovo né il socialismo burocratico ma un loro superamento: il federali-
smo. Non vogliamo costituire un partito nuovo che, come tutti gli
altri, diventerebbe inevitabilmente accentratore e soffocherebbe ogni voce “alternativa”, vogliamo invece continuare, ognuno
nelle nostre zone di influenza, a gestire in modo nuovo, democratico, progressista ed onesto le amministrazioni locali (regionali,
provinciali, comunali, di quartiere, i BIM, le comunità montane e così via) e, confederati, combattere a livello italiano ed europeo, per il grande tema dell’inevitabile rinnovamento della società.”
Tutte le minoranze sotto il simbolo dell’Union Valdotaine, era
questa l’idea di Salvadori, visto che l’UV era presente nel
Parlamento italiano e, pertanto, era esonerata dalla raccolta delle firme previste dalla legge elettorale europea. Poichè non poteva
sperare da sola di ottenere un seggio nel Parlamento Europeo, questo accordo avrebbe portato acqua al suo mulino, dando visi-
bilità a tutti i movimenti etnici locali e facendo dell’UV la refen19
te primaria in Italia delle istanze federaliste per tutti.
L’ AVVENTURA
DELLE EUROPEE
Se ne discusse nel direttivo della Filologica e se ne discusse
molto anche al corso di lingua veneta: la proposta era sicuramen-
te allettante, perché avrebbe portato una notevole pubblicità alle
loro rivendicazioni e queste avrebbero avuto la stessa dignità di
quelle di altri movimenti storici, quali, per l’appunto, quello
dell’UV. Il pericolo che si scorgeva era quello di essere politica-
mente messi in disparte all’interno della società veneta, di venire
risucchiati all’interno del sistema della lotta politica convenzionale e di perdere la possibilità di continuare nell’azione culturale e sociale svincolati da etichette di sorta.
Ma il gioco pareva valere la posta in palio e l’idea di battersi per
rivendicare la dignità del Veneto certamente li allettava: appare
così il 2 febbraio 1979 una lettera al Corriere della Sera, firmata
da “Un gruppo di firme raccolte presso la scuola libera di lingua veneta Bertrand Russell”, intitolata “I diritti dei Veneti nelle ele-
zioni europee” “Il Veneto – si legge nella lettera – una tra le più
antiche nazioni d’Europa, la più antica d’Italia, la più omogenea
e quella che più ha sofferto dal 1866 gli attacchi alla propria
cultura e alla propria identità (si pensi alla proibizione dei balli
popolari veneti, attuati dagli italiani manu militari, si pensi alla
persecuzione subita dalla lingua veneta, all’occultamento e alla
manipolazione della nostra storia, per non parlare dei saccheggi e delle devastazioni successive all’annessione all’Italia, e del20
La cartolina inviata a Tramarin dai partecipanti al congresso dell’Union Valdotaine.
l’immigrazione) deve avere diritto a una propria e non alienata
rappresentanza nel parlamento europeo. Se Napoleone che soffocò con l’inganno la pluriennale libertà ed indipendenza veneta
non volle ascoltare le pressioni del Direttorio e di Talleyrand
perché alla nazione veneta non fosse riservata la tragica sorte
della nazione polacca, se nell’800 e nel ‘900 le grandi potenze fecero della nostra patria merce di scambio e campo di battaglia,
l’appuntamento del 1979 deve rappresentare il momento in cui
l’Europa e l’Italia facciano ammenda dei loro crimini contro la
nostra terra ed il nostro popolo, riconoscendo nell’ambito del parlamento europeo il diritto di noi Veneti ad essere noi stessi”.
Maria Rosaria Stellin, Otello Seno, Franco Rocchetta, Giannico Faggion e la compagna, Michel Gardin si recarono al primo con21
gresso nazionale dell’UV, che si tenne tra il 23 ed il 25 marzo
1979 a Saint–Vincent, per capire nei dettagli quali sarebbe stata l’intesa proposta dall’UV.
Al ritorno, informati tutti gli altri di ogni particolare, si decise di
imbarcarsi in questa avventura.
Non sembra corretto quanto sostiene invece Ilvo Diamanti (“La
Lega- geografia, storia e sociologia di un nuovo soggetto politico”, ed. Donzelli Editore - Roma) quando, a proposito dell’ac-
cordo proposto da Salvadori alle varie liste regionali, scrive che
“in Veneto vi aderisce la Società Filologia Veneta” e che “su
indicazione dell’associazione all’interno delle liste dell’UV
viene inserito Achille Tramarin”.
La Filologica viene coinvolta in quanto organizzatrice del corso
che fa incontrare gli entusiasti partecipanti alla campagna eletto-
rale del 1979, ma evita accuratamente di esporsi in prima perso-
na. Tramarin fu scelto dopo una lunga discussione con i parteci-
panti del corso: da un lato Rocchetta non voleva uscire alla sco-
perto, perché era coinvolto nel direttivo della Filologica e questo
avrebbe potuto portare all’identificazione della lotta politica
della Lega Veneta con l’azione culturale della Filologica, cosa
che la Stellin ed il resto del direttivo non avrebbe comunque accettato; dall’altro Tramarin era un uomo
pacato,
con una
buona cultura universitaria di base e un lavoro come insegnante che gli lasciava i pomeriggi liberi. E fu quello il nome indicato a
Verona il 7 aprile, quando i rappresentanti dei vari movimenti si 22
Foto di gruppo prima dell’incontro a Verona del 7 aprile 1979 con gli esponenti degli altri movimenti autonomisti che avevano aderito alla proposta della UV. Fu durante il viaggio in treno per arrivare a Verona che venne scelto il nome “Lega Veneta”. Da sinistra: Tony Alba, Lucia Alba, Agostino Alba, figlio di Tony Alba, Gian Paolo Righetto, Rocchetta, Maurizio Calligaro, Tramarin, Rosaria Stellin.
incontrarono per preparare le liste.
C AMPAGNA
ELETTORALE E PROGRAMMA PER LE EUROPEE
La campagna elettorale consistette in qualche manifesto fatto a
mano, ciclostilati ed adesivi. Vale la pena di soffermarsi a legge-
re qualche passo del volantino preparato per la campagna eletto-
rale dai veneti: “alcuni punti [del programma dell’UV] possono
essere ridiscussi e migliorati, ma quello che ci preme affermare è che al di là delle mistificazioni interessate, questo programma si
riallaccia alla TRADIZIONE E AGLI IDEALI DELLA SINISTRA EUROPEA e ad una idea guida: quella del FEDERALISMO
SOCIALISTA”. Qualche aria progressista se la davano: pur senza 23
schierarsi a destra o a sinistra, le simpatie del gruppo dirigente in
quei primi anni andavano certamente verso gli ecologisti, i radi-
cali, lotta continua…e in una regione dove il potere era rappre-
sentato dalla Dc vanno comunque comprese le simpatie verso
l’antagonista principale del partito di maggioranza, lo stesso che nel mondo difendeva la causa delle popolazioni che lottavano per
liberarsi dalla colonizzazione. Preme notare, in questa sede, che
il gruppo non si fondava certamente su questa peculiarità, visto
che altri, come Tony Alba e Giulio Pizzati (lo incontreremo come
primo eletto con il simbolo della Liga Veneta nel 1980) erano
ferocemente anticomunisti e lo stesso Tramarin aveva sempre
votato Dc. Nello stesso volantino si identificano per la prima volta come “Lega Veneta” e chiariscono quelle che non dovreb-
bero essere le metodologie della loro battaglia contro lo stato:
“All’interno della lista esistono posizioni diverse: ad esempio
come Lega Veneta, ma anche più semplicemente come veneti,
siamo in profondo antagonismo con il partito del popolo Trentino
Tirolese (PPTT) che concepisce la battaglia per la difesa delle
minoranze come una guerra razzista contro altri popoli (ad
esempio contro le popolazioni del meridione).” Ripudio netto delle posizioni antimeridionalistiche, le stesse che in seguito spinsero molta gente a votarli. Ma su questo ritorneremo.
Tramarin, durante la campagna elettorale, fece anche un breve intervento televisivo in Rai, negli spazi di pochi minuti concessi
a tutte le liste e si presentò con queste parole in veneto: “La ade24
Due dei cartelloni dipinti a mano da Franco Rocchetta nel 1979. Sotto la camera di Franco Rocchetta a Venezia, trasformata in un laboratorio artigianale di manifesti.
sion de la Liga Veneta a la lista Europa Federalismo Autonomie la nase par ste raxon. Par evitare le trappole romane la Union
Valdotaine la ga offerto el so lion a tute le minoranse etniche e linguistiche de la repubblica italiana. Gavemo deciso de star con la Union Valdotaine perchĂŠ
el laoro de sta xente el ga sempre vudo par mea la difesa de la cul-
tura e dei deriti locali e chi che
se bate par el so popolo el sa
anca respetar e sostegnir la lota
de tuti scaltri popoli e minoran-
xe. Mi so Achille Tramarin, candidato de lengua vneta e el vostro
voto el serve per ridar valor a na 25
cultura e a na economia che fintanto che le xe state autonome e
indipendenti le ga dà a la Europa pì de coanto no gabia dà el sta-
tuto italian. El vostro voto el srà anca contro el sfrutamento suicida de le forse naturali e umane de la nostra tera.”
Stessi concetti, un po’ allargati, per l’intervento radiofonico, che
fu invece in italiano.
Il risultato del 10 giugno fu quello di 8000 voti di lista e 800 pre-
ferenze su Tramarin: non fu certamente travolgente, ma rappre-
sentò un segnale importante, visto che ottomila persone avevano capito che dietro al simbolo dell’UV c’era anche la Lega Veneta.
Il simbolo con il quale l’Union Valdotaine si presentò alle elezioni europee del 1979.
26
Dopo le elezioni europee
Dopo l’esperienza della campagna elettorale per le europee ci sono opinioni contrastanti all’interno del gruppo leghista: da un
lato chi, come il direttivo della Filologica, è convinto di dover continuare nell’azione di persuasione culturale e considera quel-
la sortita nella politica attiva solo un episodio; dall’altro chi,
come Rocchetta e tutto il resto del gruppo, ritiene che la parteci-
pazione alle liste dell’UV sia stata il giusto trampolino di lancio per una formazione politica veneta autonoma.
Il 30 giugno su “Il nuovo Veronese” appare una pagina di Mario
Zwiner “Eviva el dialetto”, dove si spiega chi erano i responsabi-
li dei manifesti scritti a mano che avevano tappezzato i muri delle
Alcuni degli adesivi che cominciarono a fare la loro comparsa tra il 1979 ed il 1980: un mezzo economico che con un po’ di fantasia riusciva a dare una grande visibilità al movimento..
27
città venete. Si trattava di una intervista a Franco Rocchetta (in qualità di “fondatore della Società Filologica Veneta”) e ad
Achille Tramarin, in cui si presentavano gli obiettivi e le strate-
gie del gruppo. Tramarin spiega che “La Lega Veneta, come movimento politico, resta un fattore distinto (dalla Filologia N.d.R.),
ma in essa e nel suo programma di salvaguardia e di difesa degli
interessi dei veneti, si riconoscono, oltre alla Società Filologica, altri gruppi quali la Fraja autonomistica vicentina, che opera a
Vicenza, o il Movimento popolare per i diritti dei veneti, che agi-
sce nel Cenedese (il territorio della sinistra Piave)”. Zwiner
spiega che per loro “il primo passo per tornare, anche politica-
mente, alla Patria Veneta, lo si muoverebbe tornando ad usare
quello che è comunemente noto come dialetto veneto”. Il giorna-
lista ricorda anche che “Manlio Cortelazzo, docente di dialettologia dell’università di Padova, ha dichiarato al Corriere della
Sera: "Mi pare anacronistico voler ripristinare qualcosa che la
gente non vuole più. Il dialetto restringe le possibilità di comu-
nicazione mentre l’italiano le allarga e l’inglese ancora di più…Un dialetto sparisce quando ci si vergogna di parlarlo. E
non è di sicuro il caso del veneto. Non c’è nulla da ripristinare:
ma da qui a chiamare il dialetto “lingua” ce ne passa. Sarebbe come abbandonare la luce elettrica per tornare alle candele". I
difensori della nostra terra non apprezzano molto le precisazioni
di Cortelazzo; vi contrappongono la valutazione del più popola-
re linguista italiano, Tullio de Mauro, secondo cui la denomina28
zione lingua o dialetto è sostanzialmente una scelta politica. Le sue questioni vengono anzi assurte come veri e propri punti pro-
grammatici: "Se vogliamo che una parlata abbia dignità di lingua diamoci da fare perché svolga tutti i compiti di maggior pre-
stigio sociale. Sia cioè usata non solo in privato e con amici, ma
anche con estranei ed in pubblico, non solo nei bar, ma nelle
assemblee, nei comizi, nelle chiese, non solo parlando, ma anche
scrivendo, non solo scrivendo, ma anche scrivendo giornali, libri
scientifici, saggi, leggi, traduzioni eccetra"...”
Durante l’estate si susseguono gli incontri per definire gli obiet-
tivi, il simbolo, per preparare lo statuto, per decidere le strategie di diffusione del messaggio
e di affiliazione dei futuri membri.
E continuano gli atti più o
meno politici con i quali si
spera di attirare sempre di più l’attenzione sul proble-
ma veneto: cartelloni, inter-
viste, adesivi, scritte sui
muri...dove difensori
potevano,
i
dell’orgoglio
veneto tappezzavano con i
loro slogan la regione.
Si arriva, addirittura, a con-
Il manifesto del secondo corso di lingua veneta organizzato al Russell
29
segnare una lettera al Papa, in occasione della sua visita, il 26
agosto alla “Malga Ciapela”: si chiedeva al pontefice la sua preghiera e la sua opera di promozione a sostegno della loro batta-
glia e per la traduzione integrale della Bibbia in veneto e per la
concessione a celebrare le messe nella “lingua della nazione veneta”.
Viene organizzato anche un secondo “corso di lengoa” al Russell
con l’ovvio intento di trovare altri ferventi attivisti.
30
Nascita ufficiale della Liga Veneta IL
CONGRESSO DI
R ECOARO
Il 9 dicembre 1979 si tiene a Recoaro il primo congresso della Liga Veneta: il posto fu scelto per la centralità che occupa nel
Veneto, per l’impegno che si richiedeva ai partecipanti (arrivare
alle 9 del mattino in pieno inverno a Recoaro avrebbe scorag-
giato molti…), per le condizioni economiche vantaggiose e per
l’ampio spazio offerto dal “Gran caffè municipale”. Rocchetta
non
poté
presente,
compenso
essere
ma
in
arrivò
parecchia gente che
il gruppo del primo
corso conobbe in
quella occasione.
E se arrivarono le prime gioie, non mancarono di sicu-
ro i primi dolori,
soprattutto la gran-
de percentuale di antimeridionalisti e
di uomini dell’e-
strema destra che si
fecero vivi, attirati
Il manifesto che reclamizzava il primo congresso della Liga.
31
dall’avversione al sud
parassitario che scorge-
vano dietro ai semplici
slogan che inneggiavano
all’autonomia
veneta.
Tre furono le proposte presentate
da
Rino
Basaldella per quel 9 dicembre: la costituzio-
ne della Liga Veneta; la
nomina di un dirigente per ogni città rappresen-
tata quel giorno (le altre
Il momento del pranzo tra i partecipanti al congresso al Gran Caffè Municipale di Recoaro.
si sarebbero arrangiate) che, a sua volta, avrebbe scelto un presi-
dente provvisorio; l’affidamento a questo gruppo di dirigenti del compito di redigere lo statuto da tenersi nel secondo congresso,
previsto per gennaio.
La notizia della costituzione della Liga Veneta fu riportata nei
giorni precedenti dal Resto del Carlino (“Nata la Lega Veneta per
battere il "nuovo colonialismo italiano"”, Achille Scalabrin, 7-
12-1979) e da Il Giornale di Vicenza (“La Liga Veneta diventa partito”, 8-12-1979), il primo volto maggiormente alla presenta-
zione delle idee di questi Veneti, il secondo soffermandosi mag-
giormente sullo svolgimento dei lavori: “Alle introduzioni di
Tramarin, Guizza, e Fabris sono seguiti in serie alcuni interven32
ti molto illuminanti.[…].
Rino Basaldella si è
fatto promotore della mozione che votata poi dall’assemblea (una settantina di persone pro-
venienti
da
tutto
il
Veneto) è diventata la
carta
costitutiva
del
movimento. La presiden-
za provvisoria, che cor-
risponde La mozione presentata da Basaldella, considerata la carta costitutiva del movimento.
pressappoco
alla carica di coordina-
tore, è stata affidata
allo stesso Tramarin, mentre, per il vicentino, sono stati scelti
Tony Alba (Vicenza) e Tasin (Valdagno, Chiampo, Arzignano, Rocoaro)”.
S CARSA
RICEZIONE DEL MESSAGGIO
Che distanza c’era tra il messaggio ed i programmi proposti da
quel vertice che si era incontrato attorno all’istanza culturale e la
base, vale a dire gli elettori? Leggendo i programmi, lo statuto, i manifesti, non si trova una sola riga che faccia cenno all’avver-
sione razziale verso i meridionali, “i teroni” o gli abitanti di Roma, Napoli o della Sicilia. Di più: durante quegli anni l’istanza della protesta fiscale, della rivendicazione economica aleggia 33
sullo sfondo come uno dei tanti temi che seguono il cappello dell’autonomia culturale, linguistica e politica. Pare però indubbio
che il messaggio venisse recepito in maniera distorta dall’eletto-
rato e che questo portasse molta acqua al mulino elettorale della
neonata formazione politica, la quale veniva identificata come l’oppositrice di Roma e, quindi, di tutto il sistema vessatorio e parassitario che agli occhi dei Veneti era rappresentato dal sud.
La scarsa considerazione da parte dei Veneti all’immobilismo
economico del sud esisteva ben prima della nascita della Liga
Veneta. E, alla fine, posizioni razzistiche erano sostenute senza
troppi veli da Tony Alba, al quale però, ricorda la Stellin, “tutto era però perdonato in quanto spesso espresso nella forma del-
l’enfasi poetica ed artistica”.
Se da un lato la Liga Veneta non si preoccupava di organizzare
una controcampagna propagandistica per schernirsi dalle accuse
razziali (in fondo i voti sarebbero stati, alla fine, validi indipen-
dentemente dalle idee di fondo di quelli che avessero scelto di votarli…), dall’altro comperava spazi sui giornali e mandava let-
tere per avvisare che avrebbe denunciato chiunque si fosse
espresso in qualsiasi forma a nome della Liga Veneta e non per-
deva occasione per scrollarsi ufficialmente di dosso l’etichetta di forza politica dai vaghi contorni razzisti.
L’arrivo di questa nuova forza politica suscitava però un dibatti-
to tra politici e studiosi: quanto fondate erano le motivazioni che
essi addicevano alla base della loro battaglia? Il Veneto era stato 34
veramente oppresso, mortificato e snaturalizzato dall’avvento
dello stato italiano?
Il 18 gennaio 1980 un gruppo di questi leghisti si recò a Strasburgo, davanti al Parlamento Europeo, per distribuire volan-
tini sul caso del Veneto “Una nazione colonizzata e militarmente occupata”. Questo atto offrì lo spunto per confrontare la loro
posizione con quella di altri, prima tra tutti quella di Stefano
Zanotto e di Mario Isnenghi, che apparivano in una intervista il 20 gennaio 1980 sul Resto del Carlino, in un articolo firmato da
Achille Scalabrin. Zanotto spiega che “é assurdo e anacronistico
chiedere uno stato formato da soli veneti, è una fuga dalla real-
tà che non trova basi di appoggio”. D’accordo sulla perdita di
identità da parte dei Veneti, egli non la attribuisce all’opera
repressiva dello stato italiano, ed afferma che “essi preferiscono specchiarsi in modelli stranieri, a cominciare dall’America, altro
che oppressioni esterne; come si può parlare di oppressioni
esterne quando siamo stati noi veneti a distruggere il nostro pae-
saggio, la nostra cultura, in nome di un modernismo sfrenato?”.
Isnenghi non condivide particolarmente l’equazione Veneto -
colonia italiana. “Non è vero che il Veneto sia periferia maltrat-
tata di Roma – spiega Isnenghi – Siamo sì uniti all’Italia da soli
cento anni, ma perché non dire che in questo lasso di tempo
abbiamo fornito, ieri come oggi, uomini ai vertici dello stato e
della chiesa? Perché far credere che questa regione produce solo proletariato da emigrazione? Il generico discorso anticoloniali35
sta che si fa nel documento non consente una corretta analisi sto-
rica, politica ed economica. Non impiega poi una sola parola per
definire il ruolo dei cattolici e dei democristiani veneti, a livello
locale e centrale, che pure è una delle chiavi del caso veneto.
Non si può eludere il discorso delle classi dirigenti venete, è la corretta storiografia che ce lo insegna”.
Il 22 gennaio, lo stesso giornalista, sullo stesso giornale, intervi-
sta il glottologo Giovanni Battista Pellegrini il quale, sulla que-
stione veneti – minoranza etnica, spiega che egli il termine “minoranza”, riferito ai Veneti, lo mette fra virgolette: “Non me
la sento infatti di usare per loro questo termine in senso classico tradizionale. Se anche i Veneti pretendono di essere una minoranza, non vedo perché non possano fare altrettanto i lombardi,
gli emiliani, ecc. C’è abbastanza confusione in questo campo,
non creiamone altra.” Per Pellegrini le uniche minoranze vere e
proprie in Italia sono solamente i tedeschi dell’Alto Adige e i
francesi della Valle d’Aosta. Allo stesso modo non accetta il ter-
mine di “nazione colonizzata” riferito al Veneto: “Mi pare uno
slogan lanciato più per colpire la fantasia, ma non vedo su cosa
regga. Così come non capisco perché si sta cercando di forzare i
Veneti a sentirsi minoranza, quando non lo pensano neppure lontanamente”.
L’ ATTO
COSTITUTIVO DELLA
L IGA V ENETA
Il 16 gennaio 1980, un mese dopo il congresso di Recoaro, i soci fondatori si incontrarono a Padova nello studio del notaio 36
La prima pagina dell’atto costitutivo della Liga Veneta.
37
Giovanni Battista Todeschini: Michele Gardin, Ghizzo Luigi,
Bruno da Pian, Patrizio Caloi, Paolo Bergami, Giuseppe Faggion,
Marilena Marin, Agostino Alba (il fratello Tony ebbe un impegno
improvviso e fu costretto a mandare lui per avere il numero lega-
le), Giannico Faggion, Rino Basaldella, Valerio Costenaro, Luigi
Fabbris, Guido Marson ed Achille Tramarin. Rocchetta non firmò l’atto costitutivo, visto che faceva ancora parte del direttivo della
Filologica Veneta. Tale organismo, infatti, si era espresso affin-
chè si evitassero possibili collisioni ed eventuali fraintendimenti
che si sarebbero potuti generare tra il partito politico che stava
nascendo ed una associazione culturale come la Filologica che
voleva confrontarsi con tutta la società civile veneta. Nel primo
articolo dello statuto si sostiene che la Liga Veneta “si rifà ai principi del federalismo integrale ed ha come finalità di garanti-
re la coscienza e la difesa del carattere etnico della nazione veneta; di servirne gli interessi culturali, politici, sociali ed economici, di favorire la cooperazione tra le comunità etniche”.
“Federalismo integrale” e “carattere etnico della nazione vene-
ta”: sono due espressioni che dovrebbero far riflettere chi bolla
semplicisticamente il fenomeno della Liga Veneta come un movi-
mento di protesta fiscale dai contorni razzisti. Nel secondo arti-
colo viene enunciato l’obiettivo della Liga Veneta: “realizzare un effettivo autogoverno del Veneto per vie democratiche al fine di
favorire le reali aspirazioni dei Veneti nel quadro di un’Europa
unita dei popoli”. Segretario fu eletto Tramarin, esattamente per 38
gli stessi motivi per i quali fu scelto come candidato all’interno
delle liste dell’UV. Rocchetta e gli altri che non poterono essere
presenti furono successivamente cooptati durante la prima sedu-
ta del Consiglio Federale, organo di cui facevano parte tutti i soci fondatori.
LA
PATERNITÀ DEL MOVIMENTO
Il fatto che Franco Rocchetta non avesse firmato l’atto costituti-
vo e che fosse solo successivamente cooptato, fu usato da molti
negli anni seguenti come strumento per attacchi politici. E’ stato
forse per difendersi da tali accuse che, a volte, Rocchetta è arri-
vato a fare esternazioni clamorose come definirsi il “padre della
LV”.
Se da un lato la LV nasce grazie all’impegno collegiale del grup-
po più attivo rintracciabile tra i fondatori, va contemporanea-
mente riconosciuto a
Rocchetta il merito di dare un grosso
impulso all’azione di tutto il gruppo, di essere insomma il leader
interno, di esercitare una azione di stimolo e spinta molto impor-
tanti. Ma la LV non sarebbe certamente mai potuta nascere senza un collettivo di persone che erano tutte coinvolte negli obiettivi della LV e che si impegnavano a fondo per ciò in cui credevano.
Una frase di Tony Alba rende benissimo l’idea: “eravamo giova-
ni e politicamente molto ingenui: pendevamo tutti dalle sue lab-
bra, ci poteva convincere a fare qualsiasi cosa. Ma a causa del
suo carattere arrivò a confronti molto duri con tutti e quelle persone si sono allontanate da lui nel corso degli anni”. 39
1980: programmi ed elezioni L INGUA
O DIALETTO
Nel 1980 il professor Manlio Cortellazzo dell’Istituto di Glottologia e Fonetica dell’Università di Padova istituisce uffi-
cialmente un corso di dialettologia veneta e segue con interesse i
primi passi della nuova formazione politica che reclamava una
dignità linguistica per il Veneto, tanto che negli anni successivi
parteciperanno
anche
Rocchetta
e,
più
tardi, Tramarin.
Cortellazzo ha sempre rifiutato in seguito un suo coinvolgimento
nella vicenda della LV, ma pare innegabile che la decisione di
istituire questo corso fosse resa più facile proprio grazie ai dis-
corsi diffusi dalla Filologica, dal corso al Russell e dalla prima dirigenza leghista. E senza dubbio questo corso contribuì a dare
un valido supporto al dibattito interno in atto nella Liga Veneta,
per quanto Cortellazzo, pur trattando il veneto con dignità lin-
guistica, continuasse a portare avanti il corso denominato “di dia-
lettologia” e, più tardi, prendesse posizione per dichiarare a più
riprese che il veneto non è una lingua ma un dialetto.
P RIMO
PROGRAMMA DELLA
L IGA V ENETA
Nel 1980, in vista delle elezioni, viene dato alle stampe e diffu-
so il primo programma della Liga Veneta, che ci può dare qualche risposta circa gli obiettivi, le motivazioni ed i presupposti ideo-
logico culturali.
Innanzitutto sui motivi per cui il movimento era stato fondato:
“La LV è nata come risposta alle programmate smobilitazioni 40
Le tessere stampate nel 1980 per la campagna di tesseramento di quell’anno, che, nonostante le buone intenzioni degli inizi, non conobbe mai cifre di una certa rilevanza.
economico-sociali, alle repressioni culturali, all’emarginazione
amministrativa che da più di un secolo si stanno realizzando contro la nazione veneta sotto la più perfetta ed impunita copertura
legale, con l’unico pretesto di una fantomatica "italianità" che di
fatto si configura quale brutale diritto di fare ciò che si vuole del
popolo Veneto e del suo territorio”.
Su come i fondatori percepivano i rapporti tra il Veneto e l’Italia:
“La LV constata che il Veneto è di fatto, dal 1866, una colonia d’Italia, e che per dimostrarlo basta soltanto esaminare i princi-
pali eventi degli ultimi 114 anni: ne emerge un quadro a mosaico
nel quale niente o quasi niente può essere accaduto a caso, ma piuttosto secondo un piano ricorrente di sopraffazione, sfrutta-
mento ed alienazione. In ciò l’Italia si è dimostrata degna erede di quel Napoleone che si proponeva tra l’altro, per meglio domi-
nare il Veneto, di "trasferire italiani nel Veneto e veneti in
Italia".
41
Sui motivi dell’impegno nella lotta politica: “La LV vista e constatata l’i-
nutilità di tutti gli appelli e le sollecitazioni verso il sistema politico italia-
no, vista l’inettitudine anche di quei
veneti collaborazionisti che dai veneti
hanno sempre avuto il massimo dei suffragi, si vede costretta a realizzar-
La copertina del programma della Liga Veneta stampato alla vigilia delle elezioni del 1980.
si come partito politico e ad agire
quindi per vie legali e democratiche per la salvaguardia del popolo vene-
to, della sua dignità e del suo territorio. Come movimento politi-
co intende porsi sullo stesso piano e con le medesime prerogati-
ve di tutti gli altri, con le proprie idee, con proprie proposte, con
propri programmi sulla base di un federalismo integrale, tali da definire un modello sociale, economico, amministrativo e cultu-
rale, che possa essere valido per tutti e non soltanto per i veneti”.
Par quale tipo di autonomia si voleva combattere: “La LV nel
riproporre un modello di autonomia locale che si richiami alla plurimillenaria indipendenza dei Veneti, intende riesaminare con
occhio sereno la loro storia, senza pregiudizi e senza pericolose
idealizzazioni, al fine di poter riattualizzare tutte le esperienze di autogoverno e di civiltà tutt’ora eventualmente valide, modifi-
candole od integrandole con i migliori sistemi già realizzati e 42
liberamente sperimentati a livello internazionale. Ciò non diver-
samente da quanto vanno facendo in Europa e nel mondo quelle nazioni che si stanno liberando dalle tutele coloniali”.
Il programma chiedeva inoltre l’attuazione piena degli articoli 2,
3 e 6 della Costituzione italiana, unitamente al riconoscimento
ufficiale dei Veneti quale minoranza etnica e alla conseguente
configurazione del Veneto come regione a statuto speciale.
IL
CONGRESSO DI
F ELTRE
Il 9 marzo si tenne a Feltre il secondo congresso della LV. Esattamente come a Recoaro, non si può parlare di un congresso
nel senso proprio del termine, ma piuttosto di un incontro per
richiamare l’attenzione sul neonato movimento e cercare nuovi contatti. Interviene sul palco tutto il gruppo che è il motore e l’a-
nima stessa della LV: Michele Gardin apre gli interventi dicendo
che era ora che qualcuno si muovesse contro il “colonialismo romano” e chiedendo che il veneto sia introdotto ufficialmente
nelle scuole; Tramarin affronta questioni di politica generale,
Rocchetta (che però rimarca ancora una volta il suo intervento “a
nome della Società Filologica Veneta”) l’insostituibile funzione
sociale ed umana della propria madrelingua, Patrizio Caloi e
Francesco Pescarollo la denuncia della costante mistificazione e
falsificazione della storia ed il sistematico lavaggio dei cervelli in atto nelle scuole del Veneto, Renato Lorenzet e Bruno Da Pian
il saccheggio del territorio veneto e delle prospettive prevedibili
per il prossimo futuro. Tira le somme Achille Tramarin: “Quel 43
A sinistra il palco del congresso di Feltre. Nella foto a destra: Michele Gardin, Francesco Pescarollo e Marilena Marin. Sotto: il pubblico presente in sala; vicino alla porta sulla destra il futuro senatore, Girardi.
A sinistra: prende la parola sul palco Lorenzet. Sotto: da sinistra seduti dietro al tavolo Michele Gardin, Bruno Da Pian, Marilena Marin e Achille Tramarin.
44
che è stato esposto negli interventi del congresso – dice – rappresenta il succo del programma
della Liga. Si tratta ora di
decidere per le elezioni. Impossibile parteciparvi su tutti i fronti
perché non abbiamo che i soldi dell’autofinanziamento”.
Tramarin propone di puntare alle elezioni regionali e poi eventualmente alle comunali.
Il congresso fu interamente parlato in veneto e ci fu anche una
mozione di censura verso un partecipante al quale era scappato un “okay”. (11-3-80, Cesare Piazzetta, sul Gazzettino)
LA
CAMPAGNA ELETTORALE E LE PRIME NOMINE INTERNE
Fu deciso che per la campagna elettorale delle elezioni regionali del 1980 non sarebbero state utilizzate radio o televisioni private, ma solamente comunicati stampa, adesivi e manifesti. La spe-
ranza era quella di arrivare a 70.000 voti così da conquistare un
seggio nel consiglio regionale. Furono da subito scartati apparen-
tamenti della LV con liste civiche, ribadendo il concetto che la “LV è una lista etnica non civica”. Nonostante qualche perplessi-
tà iniziale si permise a Tramarin e a Da Pian di presentarsi alle comunali, rispettivamente di Padova e di Venezia, all’interno di
liste civiche locali.
Assieme alla campagna elettorale si avvia una organizzazione interna, secondo i dettami dello statuto, ed una territoriale, per un coordinamento regionale. Per attuare lo statuto Tramarin fu
nominato segretario, Giannico Faggion tesoriere, Bergami,
Tramarin e Caloi probiviri, Basaldella, Guiotto, Costanaro revi45
Marzo 1980
Aprile 1980
46
Maggio 1980
Maggio 1980
47
sore dei conti, Alba e Da Pian vice segretari. Per quanto riguarda la prima embrionale suddivisione territoriale dei compiti, Tony
Alba fu nominato per la sezione provinciale (o fraja) di Vicenza,
Basaldella a Venezia, Gardin a Padova, Fabbris a Treviso, Caloi
a Verona.
Tra le varie raccomandazioni su cui si insistette anche all’interno
del Consiglio Federale, ci fu quella di informarsi attentamente
sulle persone prima di distribuire le tessere.
IL
CASO
P IZZATI
Il caso volle che il primo eletto sotto le insegne della Liga Veneta fosse proprio quel Giulio Pizzati di Valdagno che si era fatto
notare nel congresso di Recoaro del dicembre 1979, per il suo
attacco all’intervento ecologista di Luigi Ghizzo. La sua linea di
condotta non era approvata dal CF che lo accusava di avere delle
posizioni di destra estrema. Inoltre Tramarin (come risulta dagli atti del Consiglio Federale) il 6 settembre presentò alla dirigenza
del partito un comunicato consegnato anche al questore della Digos di Padova (Buccianelli), dove riferiva di alcuni sospetti su
possibili collegamenti di persone di Piovene Rocchette con Terza
Posizione ed accennava del tentativo di Pizzati di inserire nella LV il conte Alvise Loredan, un nobiluomo veneziano indicato
come “noto fanatico della destra fascista e nazista internazionale”. Aggiungiamo il fatto che Pizzati accusava Tramarin di non
essere abbastanza anticomunista…A quel punto la preoccupazio-
ne era quella di allontanarlo ufficialmente dal movimento, visto 48
che non avrebbe accettato di dimettersi dalla carica di consiglie-
re. Vi era il timore della dirigenza leghista di essere rappresenta-
ta ufficialmente da un persona con delle idee molto lontane da quelle della maggioranza di loro. Gli venne mandata una racco-
mandata in cui gli si chiedeva di adeguarsi ai programmi della Liga Veneta e di concordare ogni azione politica da intraprende-
re nel Comune di Valdagno con il Consiglio Federale: “Gli ponevamo – ricorda Tramarin - delle condizioni capestro per costrin-
gerlo ad andare per conto suo”. La raccomandata tornò al mit-
tente e questo provocò la fulminea espulsione di Giulio Pizzati,
con il conseguente esposto in pretura per impedirgli di parlare a nome della Liga Veneta nel Consiglio Comunale di Valdagno.
In una informativa interna agli iscritti, del 10 ottobre, si spiega-
va che “la Liga non può dare una nuova verginità alle ambizioni
politiche di Giulio Pizzati in quel di Valdagno, dove è noto a tutti
per la sua recente attività in gruppi politici estranei e contrari allo spirito e alle tradizioni venete, attività caratterizzata da un
fanatismo di tipo razzista. La Liga non può accettare al suo
interno gente come Tennis e Bassan di Piovene Rocchette, legata
a Terza Posizione. La Liga non può trasformare la sua lotta per il Veneto in sterili beghe carrieristiche o di campanile…Per
quanto riguarda Tramarin, oggetto di attenzioni e diffamazioni
negli ultimi mesi si afferma che Tramarin è sicuramente più anti-
comunista di qualsiasi altro dei suoi “accusatori”; e il suo anticomunismo ha basi naturali venete e basi scientifiche che rifug49
gono da ogni forma di estremismo, di isteria e di interesse per-
sonale.” Ma Pizzati non era l’unico a dare fastidio: c’era anche
Andrea Vian, il quale aveva comunicato agli iscritti che c’era
stata una scissione tra le due anime della Liga, quella di destra e
quella di sinistra (così lui identificava la cacciata di Pizzati).
Lo stesso documento prende le distanze da questa interpretazione
e dall’operato di Vian.
T ONY A LBA
C’era poi il problema di Tony Alba, accusato di non avere con-
trollato le liste di Vicenza e di non avere impedito l’accesso di Pizzati nel movimento; di distribuire le “tessere come cioccolati-
ni”, senza verificare a fondo l’ideologia politica e la rettitudine morale dei nuovi iscritti; di non fare, infine, mistero delle sue posizioni antimeridionalitische.
Gli fu inviata una lettera per invitarlo ad una maggiore attenzio-
ne e a riconoscere il suo sbaglio. La mancata risposta di Alba gli
costò l’espulsione automatica. Per completare l’opera si volle
espellere tutto il gruppo che si era costituito a Vicenza, gruppo tacciato dal CF di avere posizioni razzistiche, antimeridionalisti-
che e di destra fascista, accusandoli di avere partecipato ad una riunione non autorizzata nella casa degli Alba.
Al fine di perfezionare l’opera di epurazione si presentò l’occa-
sione della trascrizione dei verbali delle sedute del CF tra il gen-
naio ed il settembre del 1980, che era stata rimandata per man-
canza di tempo in quei mesi. Tramarin e Rocchetta, ricopiandoli, 50
inserirono alcuni passaggi ad hoc su Alba e Pizzati per giustifi-
care in modo liscio e coerente gli avvenimenti che portarono a
quelle prime espulsioni.
L EGA F EDERATIVA V ENETA
Se Alba rimase comunque nell’orbita della Liga Veneta e pur
senza un coinvolgimento diretto continuò la sua attività di attivi-
sta della “causa veneta”, Pizzati, dopo l’espulsione, fondò la Lega Federativa Veneta, con la partecipazione di Francesco
Pescarollo e, tra gli altri, di Rino Basaldella. Era il 15 novembre
quando questa prima scheggia si allontanò dalla LV; un mese più
tardi scattò il ricorso di Tramarin contro questa nuova Lega, che presentava lo stesso simbolo e le medesime finalità della LV,
chiedendone l’inibizione.
La sentenza non riconobbe le ragioni della LV, visto che il ter-
mine Lega era da sempre usato per indicare forme di associazione ed i due simboli erano distinguibili e riconoscibili.
Nonostante questa vittoria in sede giudiziaria, la LFV non seppe in
alcun
modo pro-
porsi sulla scena politica
e
scomparve Una foto apparsa sull'Europeo n. 39 del 23 settembre 1980: "Alcuni esempi di scritte in lingua locale che appaiono con sempre maggiore frequenza sui muri delle città italiane: una proclamazione dell'indipendenza della Padania".
51
Uno dei volantini preparati e distribuiti dal vicentino Tony Alba nel 1981, che gli hanno valso l’espulsione dalla Liga Veneta.
52
Strutturazione del movimento O RDINARIA AMMINISTRAZIONE
Dall’inverno del 1980 alle primavera che precedeva le politiche del 26 e 27 giugno 1983, il CF della LV svolse una attività di ordi-
naria amministrazione. Si procedeva con il completamento del-
l’organigramma: nell’ottobre del 1980 Rocchetta fu posto a fianco del segretario come incaricato generale di segreteria, Bolio fu
nominato controllore dell’ordinamento interno, Costenaro cassie-
re provvisorio, mentre per le relazioni esterne erano responsabili il segretario e l’incaricato generale di segreteria.
C AMBIAMENTI
NEL
C ONSIGLIO F EDERALE
Ma c’era anche il problema dell’allontanamento progressivo di
alcune figure importanti in quei primi anni. Fabbris si allontanò
alla fine del 1980, rinunciando alle proprie responsabilità di socio
fondatore. Nel marzo del 1981 fu la volta delle dimissioni di
Costenaro e di Bolis, entrambi per impegni di lavoro. Michele
Gardin si dimise nel settembre dello stesso anno. Nel settembre
1981 il CF fu invece allargato a Mauro Campigotto. Tra il 1980 e
il 1983 i soci fondatori ed il primo Consiglio Federale si volati-
lizzarono: Guido Marson era stato portato dal notaio Todeschini
spinto da Fabbris solo per fare numero, ma poi si era disinteressato completamente delle vicende della Liga; Luigi Ghizzo scomparve in fretta perché la Liga Veneta gli sembrava troppo di
destra; Agostino Alba era andato per rimpiazzare il fratello Tony,
impegnato al lavoro, e non fu mai presente (lo stesso Tony Alba fu 53
La prima pagina del verbale del Consiglio Federale della Liga Veneta.
54
allontanato in fretta); Giuseppe Faggion aveva accompagnato il fratello Giannico e in seguito non si occupò mai attivamente del
movimento; Rino Basaldella si allontanò assieme a Pizzati andan-
do a costituire la Lega Federativa Veneta nel 1980; Luigi Fabbris
se ne andò nel 1980; Valerio Costenaro si dimise nel marzo 1981
per “impegni di lavoro”; nel settembre dello stesso anno fu la
volta di Michele Gardin, dopo il suo litigio con Rocchetta; una
simile sorte toccò a Bruno Da Pian. Rimanevano quindi Patrizio Caloi, Paolo Bergami, Marilena Marin, Giannico Faggion ed
Achille Tramarin, oltre, naturalmente a Rocchetta.
L A “ DHONTA
DE CORDINETHION ”
L’attività di promozione politica procedeva con adesivi e manife-
sti. Troppo poco per alcuni. Rocchetta colse il malcontento da
parte dei simpatizzanti per la scarsa operatività che qualcuno ini-
ziava ad imputare all’indole troppo pacifica di Tramarin. Fu
Rocchetta a volere la giunta di coordinamento, di fatto l’organo
propulsore della LV dalla fine del 1981: “Ero convinto della
necessità di una azione più incisiva ma, nel contempo, anche di quella di avere un segretario come Tramarin, che sapeva mediare
tra le diverse anime del partito e svolgeva bene il suo ruolo”. Tale organismo aveva il compito di curare i rapporti tra la base ed il CF
con delega organizzativa e facoltà consultiva verso il CF. Di que-
sta giunta fecero parte Ettore Beggiato, Fabio Calzavara, Luigi
Faccia, Milan, Claudio Negrisolo, Vittorio Selmo e Tonietto. Da li a qualche mese, nel marzo del 1982 tutta la giunta fu cooptata 55
all’interno del Consiglio Federale per dargli una maggiore consi-
stenza e rappresentatività, per eliminare le difficoltà di coordina-
zione tra i due organismi, per poter operare le decisioni con maggiore velocità e perché il numero dei consiglieri era calato considerevolmente.
I NCONTRI
CON LE MINORANZE
Si intensificavano nel frattempo i contatti con le rappresentanze delle altre formazioni etniche o linguistiche: il 4 dicembre 1980
nel municipio di Trieste con il sindaco Ceccovini; il 24 gennaio
1981 a Verona con i rappresentanti del Partito Federalista
Europeo; il 17 e 18 ottobre 1981 a Nancy per l’incontro
dell’AIDLCM si recano Rocchetta, Negrisolo e Faccia, costituen-
do la delegazione di lingua veneta che si incontrò con gli altri movimenti etnici europei; il 16 febbraio 1982 a Bolzano l’incon-
tro con gli esponenti della SVP; sempre nel 1982 ad Udine per
incontrare gli esponenti dei movimenti locali cittadini.
Ad Udine nel 1982, da sinistra: Luigi Faccia, Claudino Negrisolo, Ettore Beggiato, Achille Tramarin, Fabio Calzavara, Paolo Bergami, ...Tonietto.
56
T ENTATIVI
DI ALLESTIRE UNA STRUTTURA ORGANIZZATA
Furono mesi in cui le energie si spendevano soprattutto per il per-
fezionamento della struttura organizzativa. Nel dicembre del 1982
Fabio Alessio e Franco Cavallini furono nominati membri della
giunta. Poi si istituirono figure dei responsabili distrettuali, dei responsabili di zona e dei coordinatori di zona che dovevano fun-
gere da figura intermedia, di collegamento, tra le altre due. In
realtà, nonostante si individuassero i responsabili di tutti i distretti e di tutte le zone, i loro compiti non vennero mai definiti speci-
ficatamente e le cariche rimasero sulla carta fino al 1984. In que-
st’ottica si iniziò anche a discutere di una “scuola quadri”, che sarebbe servita per dare un indirizzo di base a tutti i dirigenti del
movimento che si stava ampliando, ma alla fine non se ne fece nulla, a causa degli eventi che accaddero dopo le elezioni del 1983.
ATTIVITÀ
DI PROPAGANDA E DI DIFESA DALLE ACCUSE DI RAZZISMO
Furono stampati dei manifesti con la scritta a caratteri cubitali
“Alt invio mafiosi nel Veneto”, e si iniziò in pratica quella batta-
glia contro il soggiorno obbligato che sarà perseguita con animo-
sità anche negli anni a seguire. Tramarin stesso fece delle interro-
gazioni e interpellanze a Scalfaro (Ministro degli Interni) e a
Martinazzoli (Ministro della Giustizia) che si dichiaravano, in
quegli anni, favorevoli al mantenimento della legge vigente.
Il vertice, nel frattempo, si preoccupava di allontanare la paterni57
tà di scritte e cartelloni di stampo razzista che apparivano sui muri
del Veneto. Particolare scalpore, per il contenuto e per l’enorme diffusione che ebbe a Padova, suscitò un volantino con il simbolo
della Liga Veneta, distribuito in migliaia di copie in tutta la città,
in cui ci si scagliava contro la “peste marocchina” e contro i meri-
dionali “il nemico in casa”…
Tramarin, sul Mattino di Padova del 17 aprile 1982, si preoccupa di prendere posizione: “Questo volantino apocrifo, usando un lin-
guaggio assurdo e provocatorio contro i meridionali, incita all’o-
dio tentando di danneggiare l’immagine e l’attività politica della
Liga Veneta e dei suoi responsabili. Chi fa così è contrario al civi-
le sviluppo della società veneta.” E la Liga presentò anche una
querela.
Il dibattito sulla Liga Veneta razzista cresce nei mesi precedenti
alle elezioni, assieme all’aumentare degli interventi xenofobi e
razzisti sui muri, volantini e cartelloni.
Il 25 maggio dell’83 questo viene ripreso anche da l’Ora di
Palermo (“Gratta gratta il cretino razzista e trovi il fanatico della
“Liga Veneta”, di Maurizio Danese), che denuncia una “grottesca campagna” contro la Sicilia, proprio a proposito di una delle
scritte destinate a diventare tra le più famose: “Il cretino, il razzi-
sta ed il goliarda si sono dati appuntamento per le due di notte.
La notte tra il sabato e la domenica, tra il 14 ed il 15 maggio. A quell’ora l’autostrada è deserta e il cretino, armato di un penna-
rello di grosse dimensioni fissato con il filo di ferro ad una perti58
Il titolo apparso nell’Ora di Palermo il 25 maggio 1983.
ca lunga almeno 10 metri, comincia a passare il colore. Giallo quasi fosforescente perché riflette i fari delle auto anche di notte. “Forza Etna la Sicilia è tutta tua”. La scritta alta una sessantina
di centimetri e lunga non più di quattro metri viene ripetuta sulla
corsia opposta”.
Il giornalista spiega che una settimana dopo il gruppo consigliare del PSI fa scoppiare la polemica esprimendo in Consiglio
Regionale la loro indignazione “per la campagna razzista promossa dalla Liga Veneta”. “La Liga Veneta – continua Danese -
respinge le accuse e soprattutto respinge la paternità delle scritte anonime che tappezzano i cavalcavia dell’autostrada
Serenissima. Certo perché la scritta “Forza Etna” è in buona
compagnia, al chilometro 16 appare “Fora i romani dal Veneto”,
al paletto del 17esimo chilometro giganteggia “Romani mas-
cikan”…più in là c’è un “Romani stirpe ladra e bastarda”, che non ha bisogno di traduzione. Per finire, dopo tante proteste, una
rivendicazione “Autonomia per il Veneto”. Rocchetta, nell’inter59
vista rilasciata al giornalista, rivela di provare fastidio quando
legge quelle scritte e ammette che non si farebbe problemi a denunciare il colpevole se ne fosse a conoscenza.
Qualche giorno più tardi scatta la denuncia, da parte della Liga
Veneta, al presidente del consiglio regionale Bruno Marchetti, che
si era detto sdegnato per questa campagna razzistica promossa
dalla Lega ( “Ora la Liga Veneta dichiara guerra anche ai sociali-
sti”, Il Mattino, 28 maggio 1983).
La polemica con i socialisti continua sulla stampa nei giorni seguenti e per i leghisti il tutto non rappresenta altro che una montatura elettorale, volta a screditarli prima delle elezioni.
E VITARE
SPACCATURE
All’inizio del 1982 pervenne al CF l’istanza da parte un gruppo di
simpatizzanti trevigiani di inserire nei programmi della LV la
richiesta del completamento dell’autostrada Venezia-Monaco.Da
un lato, come faceva giustamente notare Rocchetta, era una richie-
sta esplicita e legittima della base, per cui non si poteva snobbar-
la: la giunta di coordinamento si era già espresa a favore. D’altro
canto, nel CF prevalevano anche le preoccupazioni ambientaliste
sull’impatto che tale infrastruttura avrebbe avuto nelle zone vici-
ne a Cortina. Alla fine fu accettata la proposta di Tramarin di non prendere posizione a riguardo. “Decidemmo di non prendere una
decisone netta – ricorda Tramarin - la stessa cosa accadde per la caccia…insomma, qualsiasi problema che creava contrapposizio-
ne netta ed insoluta si lasciava in sospeso”. 60
Uno dei manifesti pi첫 esplicativi e riusciti della Liga Veneta, stampato e diffuso nel luglio del 1982: sintesi e summa del loro pensiero sullo stato italiano
61
Elezioni politiche del giugno 1983
Nella primavera del 1983 si raccolsero le firme per presentare le
proprie liste sia per il Senato che per la Camera. I candidati per
la Camera dei Deputati non mancavano certamente…il problema era rappresentato dai candidati per il Senato: nessuno del diretti-
vo aveva l’età per poter essere messo in lista. Fu necessario usci-
re dal nucleo ristretto della dirigenza e rivolgersi a simpatizzanti esterni ai quali poteva mancare il fervore dei cooptati al vertice;
per questo si insistette parecchio al fine di trovare persone il cui
carattere essenziale fosse l’indubbia moralità. Due erano le cir-
coscrizioni nel Veneto, escludendo Belluno che era “aggregato” al Friuli: Padova, Rovigo, Vicenza e Verona dove il capolista fu
Tramarin, Venezia e Treviso con capolista Marilena Marin.
L’intera campagna elettorale fu condotta con manifesti ed adesivi, con grande fervore da parte di tutti e venne a costare poco più
di otto milioni. Si raccolsero i frutti dell’attività svolta in prece-
denza, e la LV divenne, come hanno fatto notare ormai tutti i commentatori politici e chi si è occupato del fenomeno, il ricet-
tacolo delle proteste degli elettori verso tutto il sistema politico, burocratico ed istituzionale italiano. 123.892 voti alla Camera e 91.171 voti al Senato. Il risultato venne definito eclatante, ma i
più insistettero sull’aspetto dell’intolleranza, della sottocultura e del provincialismo che emergeva andando a tastare il polso del-
l’elettorato leghista. Furono eletti il deputato Achille Tramarin ed il senatore Graziano Girardi. Rocchetta non riuscì a passare. 62
Da Città e Campagna n. 3/4, anno XVI nuova serie, 1984: la mappa dei risultati ottenuti dalla Liga Veneta alle elezioni politiche del 1983. L’ìntensità del colore con cui è disegnata ogni zona corrsiponde al numero di preferenze raccolte.
63
Nella circoscrizione di Padova - Rovigo - Vicenza e Verona fu il terzo, piazzandosi anche dopo Beggiato, mentre nella circoscri-
zione Venezia-Treviso aveva ottenuto il maggior numero di pre-
ferenze, ma il quorum necessario per accedere alla carica era
risultato più alto.
LE
ANALISI DEL VOTO
Ilvo Diamanti fa una approfondita ed interessante analisi sul voto leghista del 1983 (“La Lega- geografia, storia e sociologia di un
nuovo soggetto politico”, ed. Donzelli Editore - Roma) spiegan-
do che la Liga “cattura consensi particolarmente significativi
nelle province di Treviso, Vicenza, quindi a Padova e Verona; e,
inoltre, in provincia di Belluno, tradizionale enclave socialista.
In queste aree ottiene tra il 4% ed il 7% dei voti validi: un risul-
tato eccezionale, trattandosi di contesti storicamente contrasse-
gnati da una stabilità che rasentava la staticità”. Diamanti fa poi
notare come la Liga diventi il fattore di maggiore instabilità in
queste zone e come il suo successo trovi un ambiente favorevole
nei
centri
maggiormente
industrializzati
del Veneto.
Dall’analisi dei voti egli osserva come la Liga tragga gran parte
del suo significativo risultato dai settori di elettorato provenienti
dalla DC e, in misura più limitata, da settori dell’area socialista.
Le sue indicazioni sul tipo di votanti tratteggiano l’identikit del
maschio adulto, ma non anziano, con un livello di istruzione poco
elevato, di estrazione sociale medio bassa. E ricercandone i moti-
vi del successo “si coglie anzitutto l’impatto della crisi della 64
subcultura bianca, della storica connessione fra la Dc e la socie-
tà, mediata dall’identità e dall’organizzazione della Chiesa.”
Come egli stesso afferma, quindi, “l’insorgenza leghista trova in Veneto una condizione favorevole anche nello stemperarsi dal
guscio creato attorno all’identità politica dalla religione. Ciò suggerisce che la Lega è figlia della secolarizzazione”.
Ma non mancarono le analisi del voto neppure nelle settimane
successive. Il successo della Liga Veneta aprì un dibattito sulla stampa e tutti si chiedevano, oltre a quali fossero i motivi del
successo, quale fosse la liceità e veridicità delle loro rivendicazioni.
Incentrato sulla perdita di voti della Democrazia Cristiana nel
Veneto un articolo di Filippo Ceccarelli, apparso su Panorama del
25 luglio ’83, “La frana bianca”: vari esponenti della cultura e della politica si interrogano sui possibili motivi. Secondo Tony
Bisaglia, allora appena eletto capo dei senatori dorotei veneti,
non c’era stata alcuna svolta storica. Completamente all’opposto
il pensiero dello scrittore Fernando Camon: “La grande sconfitta Dc segna la fine di una fase storica. Il Veneto è davvero molto
cambiato”. Così il politologo Umberto Curi: “Il risultato del 26
giugno ha dissolto perentoriamente l’immagine sacrale della Dc
restituendo al partito cattolico caratteri terreni”. Mario
Isnenghi: “Contro ogni previsione stavolta ha smesso di votare
Dc anche la casalinga che aveva cominciato il 18 aprile 1948 col
solo intento di non far piangere il papa”. Se per la Dc il voto rap65
presentò una sconfitta, non fu certo una vittoria della sinistra; Massimo Cacciari si chiede dove mai si sia vista una opposizio-
ne “che di fronte a questa migrazione biblica di voti democristiani, riesce addirittura a perdere? Qui in Veneto il Pci ha perso
lo 0,9%, un deputato e un senatore…La sconfitta Dc nel Veneto ha radici profonde”. Ceccarelli riporta anche l’opinione di Tony
Bisaglia, per il quale: “i 123mila elettori che hanno scelto il Leone sono tutti voti democristiani”. E poi continua: “Sul grande travaso democristiano verso gli autonomismi ha influito un
caleidoscopio di stati d’animo. Dal commerciante che si è ribel-
lato al registratore di cassa alla “famiglia Coldiretti", ricorda
Bisaglia "che ha un figlio laureato ma disoccupato da anni". Dal
giovane che nei concorsi si è visto soffiare il posto da impiegato alle poste da un candidato che viene dal sud, al piccolo fittavolo
che non ha votato Dc perché nessuno glielo ha chiesto. Fino al borghese amante dell’ordine e anticomunista che ha voluto puni-
re la Dc per come è stata ridotta la sua regione: sequestri di per-
sona nel vicentino, Autonomia operaia a Padova, Verona irrico-
noscibile, una specie di Bangkok terra franca della droga, con
20mila e più tossicodipendenti.”
Particolarmente importante per i leghisti, dopo il successo eletto-
rale, fu la vetrina offerta da Famiglia Cristiana (31 luglio 1983)
con una intervista ad alcuni leader del partito: Mauro
Campigotto, Franco Rocchetta, il senatore Graziano Girardi e l’onorevole Achille Tramarin. Il servizio di Pier Michele Girala 66
presenta il partito leghista, i temi delle loro battaglie ed analizza i motivi di questo successo. “El Veneto ai veneti” viene indicato
dagli stessi dirigenti come lo slogan vincente. “Noi non siamo
contro gli altri popoli, non vogliamo che gli altri popoli [gli ita-
liani N.d.R.] siano contro di noi”, tuona Franco Rocchetta. C’è
anche una intervista a Don Adriano Toniolo, allora direttore della
Voce dei Berici: “Hanno giocato molto bene, valorizzando come
se fosse una ideologia la povertà di idee di una minoranza. Il momento era quello giusto: malcontento, stanchezza, crisi eco-
nomica. Hanno combinato un bel pasticcio…Il Veneto non gradi-
sce passare per fesso, ma di qui a pensarla come quelli della
Liga ce ne corre. Mica dimentichiamo che sono stati i fantaccini sardi, calabresi e pugliesi a fermare i tedeschi sull’Altipiano,
dopo la disfatta di Caporetto. Non si può disprezzare gente che è venuta a morire per salvare la libertà della nostra terra. E poi,
via, la tradizione veneta è tutto fuorché egoista e razzista…La
Liga ha la grande responsabilità di aver fomentato razzismo ed egoismo. Ma motivi di malcontento ce ne sono…”.
Anche Repubblica dedicò loro un ampio spazio: ad esempio una pagina di politica interna lunedì 25 luglio, in cui si dava voce ai
fondatori del movimento che chiedevano a gran voce l’autonomia della regione: “Vogliamo il federalismo, nazionale ed europeo.
Vogliamo tutelare la nostra lingua, che non è un dialetto: noi siamo come il Galles, la Catalogna e la Lituania”.
L’analisi
viene affidata al sociologo cattolico Ulderico Bernardi: “Uno dei 67
pochi che aveva previsto il successo della Liga aggiunge qualco-
sa altro. Le società di massa, egli sostiene, si stanno sgretolan-
do: come dimostra il fatto che ai classici "mass media" si vanno
sostituendo rapidamente i "group media", i giornali locali e le televisioni cittadine, portatori di quelle culture inedite che si
sono venute formando nel processo di disgregazione e che espri-
mono il sempre più diffuso bisogno di identità: ovvero di specifi-
cità. E’ tutto molto semplice: allo sgretolamento della società di massa ha corrisposto l’arretramento dei partiti di massa. E la richiesta di specificità ha prodotto la sorpresa della Liga”.
Al tema il giornale veneto per eccellenza, Il Gazzettino, dedica
una piccola inchiesta di Francesco Jori intitolata “Discussione
aperta sul meridionalismo ed antimeridionalismo”, che appare in tre puntate il 2 luglio, il 5 luglio e l’8 luglio. Jori parte dall’atto
di accusa di Renato Guttuso rivolto agli autori delle scritte razzi-
ste sui muri e sui cavalcavia veneti, atto che ha sollevato prese di posizione di moltissima gente a favore dell’inserimento dei meri-
dionali in Veneto, come pure espliciti inviti di rimanere a casa.
Ciò fa emergere che in Veneto una comunque cospicua fetta della popolazione cova risentimenti antimeridionalistici. I voti di que-
sta trovano esplicito sfogo nella Liga Veneta.
Una sessantina di lettere pubblicate dal Gazzettino nell’estate del 1983 fa luce sulle opposte tendenze presenti in Veneto.
68
M ONTA
Prima della tempesta
IL MALESSERE PER
T RAMARIN
E
R OCCHETTA ...
Le elezioni del 1983 segnarono il momento culminante della
parabola della Liga Veneta, ma coincisero anche con l’inizio di
un lento ed inesorabile declino. Dopo le elezioni una parte consi-
stente del vertice e dei simpatizzanti iniziò a sostenere che
Rocchetta sarebbe stato l’uomo giusto per rappresentare la Liga a Roma, sia per la sua frenetica attività che lo opponeva ad una
certa staticità nel modo di fare di Tramarin, sia per gli indubbi meriti che si era conquistato in quegli anni. Rocchetta non fece nulla per evitare lo scontro. Se era felice per l’elezione di Tramarin e di Girardi, lo era altrettanto per questo stato di cose. 28 GIUGNO 1983
Si può ripercorrere la vicenda dagli estratti dei verbali del
Consiglio Federale, dove avvenne il confronto. Rocchetta,
Marilena Marin e gli esponenti della Giunta di coordinamento, controllavano il Consiglio Federale e per Tramarin non c’erano
spazi di manovra. Il 28 giugno il Consiglio Federale della LV analizzò i risultati del voto e confermò l’alternanza che ci sareb-
be dovuta essere tra i candidati, citando una decisione preceden-
te della quale, però, nei verbali, non c’è traccia. 3 LUGLIO 1983
Il 3 luglio si riunì a Treville il CF della LV, in occasione dell’in-
contro tra tutti i simpatizzanti per festeggiare la vittoria elettora-
le. Rocchetta disse a Tramarin che si sarebbe dovuto dimettere 69
perché la carica di segretario era incompatibile, secondo una
norma dello statuto, con qualsiasi altra carica pubblica. Quando
iniziò la seduta erano presenti Beggiato, Bergami, Caloi,
Campigotto, Calzavara, Negrisolo, Marin, Rocchetta e Tramarin.
Si deliberò che i due eletti dovevano assumere l’incarico e parte-
cipare alle sedute inaugurali del Parlamento e che si doveva avvi-
sare la base che i due rappresentanti avrebbero passato la mano nell’arco di poche settimane. A distanza di qualche ora il CF si
riunì nuovamente; i presenti erano Beggiato, Faccia, Calzavara,
Negrisolo, Caloi, Campigotto, Marin e Rocchetta, tutti fedeli alla
linea di quest’ultimo; erano assenti invece Bergami e Tramarin,
ovvero il neoeletto deputato ed il suo uomo di fiducia. In questa occasione si misero sotto accusa Paolo Bergami ed altri che in
una eventuale resa dei conti avrebbero potuto essere dalla parte
di Tramarin: tra gli altri, il responsabile di distretto F. Alessio, l’ex candidato M. Lago e l’ex consigliere Michele Gardin.
Vennero accusati “di un attentato grave, di premeditata e conti-
nuata destabilizzazione del movimento”. Questo loro presunto
comportamento venne censurato e se ne chiese ragione, in primis,
al consigliere Bergami.
16 LUGLIO 1983
Bergami venne a sapere di queste accuse solamente il 16 luglio, visto che nella seduta precedente, quella del 9 luglio, mancavano
i registri; lo stesso Tramarin si dimostrò stupito della faccenda: nell’incontro precedente nessuno aveva fatto menzione della 70
vicenda. Gli stessi che avevano accusato Bergami di cose nefan-
de in questa occasione smussarono i termini delle loro accuse,
ribadendo la loro fiducia nella buona fede di Bergami. 23 LUGLIO 1983
Il primo scontro a viso aperto all’interno del CF avvenne il 23
luglio: Rocchetta rimproverò al deputato il fatto di non essere
andato a Roma in occasione delle consultazioni del capo dello
stato per la costituzione del nuovo governo, e lo accusò di non coltivare le relazioni pubbliche, visto che non si era preoccupato
di trovarsi un ufficio e non aveva neppure indetto una conferen-
za stampa. Tramarin provò a giustificarsi avanzando la scusante
della sua inesperienza e del sistema di “arraffamento” in vigore a Roma nella pratica parlamentare. Il Consiglio decise per la sostituzione di Tramarin alla Camera, Beggiato (primo dei non eletti)
dichiarò che avrebbe preso una decisione al momento della comunicazione ufficiale. Tramarin riuscì a far rinviare la discussione per un incontro del CF al completo.
3 SETTEMBRE 1983
Il 3 settembre il C.F. si riunì per mettere fine alla questione della scadenza del mandato elettorale di Tramarin che non voleva
dimettersi prima di un anno, per un “problema di dignità personale e della LV”. Secondo il CF la dignità della LV non correva
alcun pericolo perché la pratica delle dimissioni per far spazio a
chi non era stato eletto era uso comune del sistema parlamentare italiano; si sosteneva che neppure la reputazione di Tramarin 71
sarebbe stata lesa, visto che si sarebbero informati tutti i respon-
sabili del movimento con la motivazione ufficiale della necessità inderogabile della presenza del segretario in sede. Tramarin
riuscì a prorogare la scadenza del suo mandato, facendo accetta-
re al CF il termine della chiusura natalizia per la presentazione
delle dimissioni. Gli si fece rilasciare una lettera autografa, data-
ta dicembre 1983, indirizzata al presidente della Camera dei
Deputati con il seguente testo: “Il sottoscritto deputato Achille Tramarin presenta le sue dimissioni dalla carica di deputato e ne
chiede l’accettazione per motivi organizzativi e di ordine interno
al proprio movimento”. La lettera era in realtà carta straccia, perché, come disse il presidente della camera Nilde Iotti a Tramarin
“una lettera del genere mi deve essere consegnata di persona”.
R AGIONI
A CONFRONTO
Dopo avere passato in rassegna l’evolversi della vicenda si pos-
sono trarre alcune conclusioni. Tramarin sentiva di essere stato eletto con pieno merito in Parlamento e non riteneva di essersi
mostrato in qualche occasione indegno del ruolo che si appresta-
va a ricoprire. A chi lo accusava di un certo immobilismo, di essere un amante del quieto vivere e di averlo dimostrato come
segretario dal 1980 al 1983, rispondeva che in quegli anni c’era
poco da fare, se non una attività di normale routine e di consoli-
damento delle strutture del movimento. Sentiva come un’ingiustizia il fatto che tutti i suoi compagni di partito non capissero le
sue ragioni e non volessero riconoscere che quello era il risulta72
La lettera di dimissioni che fu fatta firmare a Tramarin durate il Consiglio Federale e che successivamente fu mandata al Presidente della Camera Nilde Iotti, la quale convocò Tramarin e gli disse che per essere valida la lettera di dimissioni doveva esserele presentata di persona.
73
to del fatto che per anni, dalle elezioni con l’UV nel 1979 al
1983, aveva sempre speso il suo nome a favore della causa del
Veneto, mentre Rocchetta aveva sempre preferito non apparire ufficialmente all’esterno con il suo nome. Oggi, a distanza di
anni, Tramarin ha riconosciuto i meriti di Franco Rocchetta all’interno del movimento, ma non si spiega ancora perché all’epoca non si riconobbero quelli che invece furono i suoi.
Rocchetta aveva sbagliato i conti. Lui era il leader interno del
gruppo, che dava la spinta alla dirigenza, il grande organizzatore,
quello che dedicava giornate intere alla causa del Veneto, la per-
sona che andava a tutti gli incontri con le delegazioni di altri movimenti, il primo che negli anni ’70 aveva iniziato a parlare di
lingua veneta e di nazione veneta. Questo lo sapeva lui, lo sape-
vano i dirigenti e tutti gli attivisti che seguivano il movimento
con assiduità. Non lo sapevano invece le decine di migliaia di elettori che si avvicinavano alla LV per i più disparati motivi.
Nessuno dubita della sua buona fede quando dice che all’epoca
fu felice per Achille Tramarin. Ma non c’è motivo di dubitare che
nel contempo gli dispiacque non essere stato eletto a sua volta.
I L C ONSIGLIO F EDERALE
DALLA PARTE DI
R OCCHETTA
Il CF, composto quasi totalmente da uomini fatti cooptare nel
corso degli anni
da Rocchetta (Faccia, Beggiato, Calzavara,
Negrisolo) o comunque a lui vicini (si pensi a Marilena Marin),
era riuscito a mettere con le spalle al muro Tramarin che, in quel-
la sede, non poté far altro che chinare la testa. Da Pian, uno degli 74
ultimi soci fondatori rimasti, venne espulso il 28 luglio ufficial-
mente per il suo disinteressamento totale durante la campagna elettorale; si trattava in realtà di un allontanamento forzato dovu-
to ad un forte litigio con Rocchetta e al fatto che era malvisto da alcuni, che lo accusavano di essere “troppo di sinistra”.
Una delle ultime foto che ritraggono tutti riuniti i leader della prima fase della Liga Veneta, in occasione dell’intervista su Famiglia Cristiana il 31 luglio 1983. Da sinistra Mauro Campigotto, Franco Rocchetta, Graziano Girardi, Achille Tramarin e Fabio Calzavara.
75
La Liga si presenta al paese IL
DISCORSO IN VENETO
Nel frattempo, a Roma, i rappresentanti della Liga Veneta erano
stati accettati nel sottogruppo degli autonomisti e non espressero
preferenze né per il Presidente della Camera né per il Senato. Si
decise, in un primo momento, di dare l’appoggio al governo solo
se questo avesse messo tra i suoi programmi quello della mag-
giore autonomia regionale, cosa che, ovviamente, non accadde. Nell’intervento di apertura del nuovo Parlamento, il 10 agosto
1983, Tramarin iniziò a leggere le poche righe del suo discorso in
veneto, che aveva preparato dattiloscritte su un foglio della Camera dei Deputati. Non fece in tempo a proferire le prime
parole che fu subito zittito dal vicepresidente della camera, Oddo
Biasini. Il giorno seguente Girardi e lo stesso Tramarin defini-
vano l’atto di Biasini “sopraffattorio”: “Ha preteso impedire
all’on. Achille Tramarin di esprimersi nella propria madrelin-
gua, la Lingua Veneta…Il Gruppo Parlamentare della Liga
Veneta constata inoltre che l’on. Biasimi ha definito la lingua
veneta una “lingua incomprensibile” sottolineando così l’ampia diversità esistente tra la lingua italiana e la lingua veneta, e confermando ulteriormente il diritto di questa ad essere difesa ed
usata dai Veneti a tutti i livelli…”. Il voto della Liga fu così contro il governo Craxi che andava costituendosi, con questa dichiarazione: “Signor presidente, visto che concetti centralisti masso-
ni e ottocenteschi, concetti totalitari, fascisti e ottusamente anti76
A sinistra: il foglio letto da Tramarin
in Parlamento per
dichiarare il voto di sfiducia della Liga Veneta al governo
Craxi.
federalisti, informano l’unico punto chiaro del programma
governativo, la Liga Veneta ribadisce il suo voto di sfiducia verso questo governo, che non sa esprimere alcuna nuova idea
politica, nessuna sincera volontà di riforma delle istituzioni e che crede di poter sopravvivere solo fondandosi cinicamente sui
numeri”.
R EAZIONI
DELLA STAMPA
La notizia del tentativo di parlare veneto in un discorso ufficiale alla Camera dei Deputati fu ripreso pressoché da tutti i quotidia-
ni. Il dispaccio ANSA, pubblicato integralmente dal Corriere della Sera il 12 agosto, così recitava: “Nel Parlamento italiano si
dovrà ricorrere alla traduzione simultanea quando parleranno in dialetto i rappresentanti di alcune minoranze linguistiche regionali? Questo problema, che finora nella storia parlamentare non
si era mai posto, è stato invece sollevato dall’on. Achille
Tramarin, unico rappresentante della Liga Veneta, che l’altra 77
notte è intervenuto nel dibattito a Montecitorio sulla fiducia al
governo, cominciando a parlare nella “madre-lingua” veneta…”.
La
Stampa
riportava
lo
stesso
dispaccio
(“Dialetto
a
Montecitorio? Il regolamento lo vieta”, 12 agosto 1983), come
pure il Resto del Carlino (“Interviene alla Camera in "lingua"
veneta ma viene interrotto”), il Giornale (“Un deputato intervie-
ne in veneto "Non si capisce usi l’italiano"”) e La Nazione di Firenze (“Il deputato della Liga vuol parlare in veneto alla
Camera”); delle versioni ridotte su Il Messaggero, l’Avvenire, La
Repubblica.
Gli interventi più interessanti, che permettono di capire come
l’atto di Tramarin fosse stato recepito dagli osservatori, sono
però su altri quotidiani.
Su Il Popolo, quotidiano democristiano filogovernativo, un arti-
colo di Mario Angius dedicato a “L’ostruzionismo dei radicali”
puntualizza che ad “un altro genere di protesta, del tutto nuova ci
sembra nella vita parlamentare italiana è quella dei rappresen-
tanti della Liga Veneta i quali hanno accusato il vicepresidente della Camera di "atti sopraffattori" nei loro confronti, non aven-
do concesso al deputato Tramarin di svolgere il suo intervento in aula parlando in Veneto. Con tutto il rispetto per i linguaggi
nativi di ciascuno, l’introduzione della libertà di dialetto nelle due assemblee parlamentari rischierebbe di accentuare gli spazi
di "incomunicabilità" e di dare alle camere anche contro ogni intenzione una connotazione folkloristica di cui davvero non si 78
sente la necessità. Così la pretesa "vessazione" da parte di Biasimi appare più che mai giustificata dal buon senso”.
Particolarmente critico nei confronti del deputato leghista, il
senatore vicentino Delio Giacometti: in un commento apparso su
Il Gazzettino scrive di aver letto con attenzione tutti gli inter-
venti contro il governo espressi dai rappresentanti degli autonomisti valdostani (Dujany), dei sardisti (Melis), dei Popolari altoatesini (Riz) e dei Leghisti (Tramarin). “Dujany, Melis e Riz –
scrive Giacometti – non hanno certo risparmiato attacchi al
governo centrale per inadempienze nei confronti degli organi
dell’autonomia regionale; ed hanno rinnovato con forza la
richiesta di piena attuazione degli statuti regionali o anche, è
stato il caso di Melis, di una loro profonda revisione in base alle
esperienze maturate negli ultimi tre decenni .[…]. Il discorso
dell’onorevole Tramarin – duole doverlo rilevare – si è invece sviluppato su tutt’altro terreno. A parte la poco seria qualifica del Veneto quale "nazione europea" che "unita all’Italia dal
1866" sarebbe stata sottoposta a "continui sfruttamenti e snatu-
ralizzazioni", i punti di forza – si fa per dire – dell’on. Tramarin
sono stati la denuncia dello sfruttamento che subirebbe l’agricoltura veneta da parte dell’Italia e della Cee; il grande spazio dato dal governo nel suo programma alla crisi del Mezzogiorno
al quale si contrappone il silenzio agli attentati alle strutture produttive venete; il lamento per l’assenza dei prodotti veneti del
marchio "made in Veneto", e così via. Dalla prima sortita del suo 79
rappresentante sento di dover confermare il giudizio espresso
sulla "Lega" fin dal 28 giugno: essa rappresenta nella sostanza,
l’estrema degenerazione dei fenomeni di individualismo e di cor-
porativismo esasperati, che hanno dilagato nella società dopo il
fallimento della contestazione, e in presenza delle difficoltà che
hanno le istituzioni a corrispondere in modo adeguato alle esi-
genze nuove della nazione. Manifestazioni quali quelle della "Lega" sono dunque da contrastarsi con forza, ma dopo attenta
riflessione sulle cause che le hanno generate”.
Applausi inaspettati su Il Mattino di Napoli “130mila voti per un
dialetto”,dove, oltre ad una ricostruzione delle vicende ed una
presentazione del movimento, si legge: “L’esordio inconsueto del rappresentante della Liga Veneta sui banchi di Montecitorio ha comunque il merito di aver posto, se pure in modo provocatorio,
la questione delle minoranze etniche e linguistiche. Questione che molto spesso non è tenuta nella giusta considerazione all’in-
terno degli stessi partiti…”.
Sabato 13 agosto su Il Giornale “Nessuno mi capiva a parte Toni Negri”, un articolo di Gianni Bucci che raccoglieva delle consi-
derazioni di Tramarin sulle reazioni alla Camera dopo il suo
intervento: “"Fu una ventata di antipatia", racconta. Nessuno ci capiva niente a parte Toni Negri che è padovano pure lui; ma
appena accadde l’incidente, radicali e demoproletari poco mancò che l’abbracciassero. Gli altri, sparsi nell’aula, si senti-
vano presi per il bavero e commentavano: "Abbiamo un matto in 80
La foto apparsa su Repubblica del 24 luglio con Rocchetta, Marin e Tramarin che festeggiano la vittoria all’indomani delle elezioni, alzando la bandiera di San Marco.
più. Come se non ce ne fossero già troppi…". […] Però l’impat-
to con quest’Italia parlamentare è stato duro. "Mi sono tappato
il naso, come tanta gente al suo ingresso a Montecitorio. Aveva
ragione Pisolini, e Nenni con il suo dire che salire al governo è come scalare una montagna, e poi scoprire che intorno c’è il
vuoto". Proiettato nell’abisso della Camera il deputato padova-
no nel cadere ha gettato un urlo subito amplificato. "Era la sola
maniera per farmi citare dai giornali" ammette.”
Infine merita una menzione la risposta data da Indro Montanelli su Il Giornale di mercoledì 17 agosto, ad una lettera dello stesso
Tramarin che specificava meglio alcuni fatti riportati dal giorna81
le e che ringraziava il direttore per lo spazio concesso alla Liga
Veneta: “Caro onorevole, non merito i suoi ringraziamenti. Per
due motivi. Prima di tutto perché, riferendo oggettivamente ciò
che succede noi facciamo soltanto il nostro dovere. Secondo, per-
ché in questo specifico caso sono molto più d’accordo con Craxi che con lei. Capisco l’autonomismo degli altoatesini: non sono
italiani né di sangue, né di lingua, né di cultura. Ma quello dei Veneti e dei sardi non è che un rigurgito di anti-Risorgimento,
che la democrazia mi impone di sopportare, ma non di condivi-
dere. Badi che del Risorgimento – i miei libri di storia lo testi-
moniano -, io non sono un esaltatore: so benissimo che somiglia poco alla versione statutaria che alla mia generazione fu propi-
nata a scuola. Ma so anche che fu, negli ultimi quattro secoli,
l’unica cosa decente che gli italiani seppero fare come italiani, e
non come scimmie degli altri…”.
82
Due Lighe gemelle C ONGRESSO
AL
P LAZA
Tramarin si trovò stretto alle corde: all’interno della LV, poteva
contare solo su Paolo Bergami. Considerava una grave ingiustizia
il fatto che nessuno capisse le sue ragioni e che tutti gli altri
vedessero meglio Rocchetta in Parlamento al posto suo. Tentò il
tutto e per tutto: assieme a Bergami e a due fondatori della LV,
usciti dal movimento dopo divergenze personali con Rocchetta,
Michele Gardin e Bruno Da Pian, convocò un congresso all’Hotel
Plaza di Padova il 9 ottobre 1983. Alla fine se ne uscirono con un comunicato stampa in cui informavano dell’avvenuto congresso,
dell’espulsione degli altri membri del CF, della riconferma di
Tramarin come segretario, della cancellazione dell’incompatibili-
tà tra questa nomina e l’incarico parlamentare e della trasforma-
zione da movimento in partito. Ovviamente tutto fu tenuto nascosto fino all’ultimo momento, per evitare le contromosse di Rocchetta e dei suoi.
R EAZIONE
DI
R OCCHETTA AL
CONGRESSO PADOVANO
Nella notte tra l’11 ed il 12 ottobre si svolse una concitata sedu-
ta del CF a cui, naturalmente, né Bergami né Tramarin partecipa-
no (nonostante fossero stati invitati con un telegramma) durante
la quale si ribadì che Tramarin non aveva più diritto di essere
segretario in quanto era stato eletto deputato e lo statuto sanciva, con l’articolo 20, l’incompatibilità tra le due cariche. Si specifi-
cava che se fino ad allora non c’era stata una verbalizzazione di 83
ciò, era accaduto perché lo si riteneva superfluo, visto che l’arti-
colo 20 era molto chiaro in merito. Di più: si disse che se tutti avevano continuato a chiamarlo segretario anche dopo la sua ele-
zione, era stato “per abitudine”. Si tentò quindi di dimostrare che
nei fatti Tramarin non era più segretario. In questo modo cadeva
ogni sua autorità per convocare un congresso. Formalmente inol-
tre, anche se lui fosse stato ancora segretario, non aveva seguito
la prassi corretta, visto che non aveva convocato per forma scrit-
ta i soci fondatori e tutti gli aventi diritto all’interno del movi-
mento. Questa era la seconda ragione che portava alla conclusio-
ne dell’invalidità del congresso e delle decisioni in esso maturate. Furono presi i seguenti provvedimenti: i responsabili veniva-
no privati di tutte le cariche delle quali erano investiti all’interno
della Liga Veneta e si chiariva che le funzioni di segretario con-
tinuavano ad essere espletate (dal verbale del CF “come del resto negli anni precedenti”) dal segretario generale Rocchetta.
Domenica 13 novembre apparve così su Il Mattino di Padova un
articolo di Paolo Coltro: “La Liga Veneta chiede al pretore la testa di Tramarin "E’ un traditore"”. “Ormai l’ex
movimento
diventato partito ha due corpi, e nemmeno un’anima sola: anche quella dev’essersi sdoppiata.
Infatti, sia i soci fondatori che
Tramarin rivendicano il diritto di fregiarsi del simbolo e delle
attribuzioni del partito, con tutto ciò che ne consegue…C’è un
ricorso d’urgenza
presentato al pretore Sergio Carrel: è una
specie di ghigliottina politica per il neodeputato Achille 84
Tramarin. Rappresentati dall’avvocato Sergio Dal Prà, i soci
fondatori (sono diciassette, tutti meno uno, cioè Tramarin) chiedono al magistrato di inibire al deputato l’uso del nome, dei sim-
boli e della carica di segretario, fino alla data del congresso
straordinario, in corso di indizione. E c’è un’altra grossa preoc-
cupazione, che arrivino a Tramarin, in quanto attuale segretario della Liga, i denari del finanziamento pubblico ai partiti, cui la
Liga ha diritto….Insomma le idee c’entrano poco”. In una nota scritta da Tramarin a margine di una fotocopia dell’articolo si legge: “A- Titolo dell’articolo arbitrario e diffamatorio; B-
Accusa di volermi tenere i soldi del finanziamento; C- Non è vero
che avevo assicurato a tutti di dimettermi in caso di elezione e
nessuno mi aveva chiesto di dimettermi da segretario”.
IL
PRETORE DÀ RAGIONE A
T RAMARIN
Sempre il 24 novembre appare sui giornali la notizia che i con-
gressisti del Plaza attendevano: “Tramarin è uscito indenne ma la Liga ha le ossa rotte” titola il quotidiano Il Mattino, spiegando
che il pretore Sergio Carrel, in sette cartelle dattiloscritte, ha
respinto il ricorso di Rocchetta e soci. “Il giudice ha scritto che
la ragione, a norma di statuto della Liga Veneta – statuto che Rocchetta ed i suoi avrebbero dovuto ben conoscere – sta tutto
dalla parte di Tramarin, che essendo ad ogni effetto segretario
della formazione politica, detiene, solo ed esclusivamente, la
possibilità di ogni iniziativa legale”. E ancora: “la contestazione di base fatta al Tramarin era divisa in due titoli: non essersi 85
dimesso da segretario all’indomani dell’elezione a parlamentare
e aver organizzato, abusando della carica di segretario, il con-
vegno straordinario del 9 ottobre scorso. Obbietta il pretore che "la decadenza di costui dalla carica di segretario era stata nel-
l’udienza del 15 novembre prospettata da Rocchetta come conse-
guenza della sopravvenuta elezione a deputato ed all’insorgere
della incompatibilità prevista dell’articolo 20 dello statuto. Ma
la tesi non avrebbe potuto essere condivisa per il motivo che di decadenza non parla la norma precitata, donde la conclusione che, in difetto di iniziative dell’interessato, spettava al Consiglio
Federale eventualmente imporre al Tramarin la scelta tra l’una e l’altra carica."”
M ARILENA M ARIN
NUOVO SEGRETARIO
Questo non fermò il gruppo dirigente schierato con Rocchetta,
che la sera del 24 novembre si riunì a casa di Ettore Beggiato, a
Grumolo delle Abbadesse,
per destituire Achille Tramarin da
segretario; al suo posto venne eletta all’unanimità Marilena
Marin. A quel punto c’erano due LV, entrambe con lo stesso sim-
bolo e lo stesso programma, che si contendevano i favori della
base.
I
DUE CONGRESSI DELLA
L IGA V ENETA
Il 27 novembre 1983 si tenne quindi il primo congresso straordi-
nario della LV a Treviso, sotto la guida della neonominata
Marilena Marin, nel Palazzo dei Trecento, per approvare il nuovo
statuto, l’elezione degli organi direttivi e di controllo e per desi86
gnare i componenti del senato della LV. Lo statuto della Liga
Veneta, il primo se si esclude quello dell’atto costitutivo del
1980, esprimeva i principi e le finalità del movimento, elencava
il funzionamento dei vari organi e le modalità di svolgimento del congresso. La sede della LV, ora che non c’era più Tramarin,
venne spostata a casa di Beggiato, a Grumolo delle Abbadesse.
Ma sempre il 27 novembre si tenne anche il congresso a Padova,
al Plaza, organizzato da Tramarin che continuava a sostenere le sue ragioni formali: “Dove mai sta scritto che i soci fondatori ed
il consiglio federativo possono destituire il segretario?” si chie-
deva Tramarin in una intervista su Il Mattino del 27 novembre, in
un articolo che metteva in luce lo strano caso della Liga Veneta, che aveva due congressi con pari dignità nello stesso giorno e a
pochi chilometri di distanza. Nella stessa pagina si evidenziava la
posizione del senatore Graziano Girardi: ne “L’ultima mediazio-
ne di Girardi” il parlamentare sottolinea che “la legalità sta dalla
parte di Tramarin, come ha sostenuto il pretore di Padova
Carrel”. Perciò Girardi partecipa al congresso padovano, ma non
prima di essere passato a salutare i congressisti guidati da Rocchetta: “Sono infatti convinto che non è con la forza della
legge che si risolvono i problemi del popolo veneto. Siccome que-
sti problemi sono l’esclusivo motivo dell’esistenza della Liga e
della mia presenza in parlamento, andrò a dire agli amici di Treviso che se confronto ci deve essere all’interno della nostra forza politica, esso dovrà riguardare i problemi concreti che la 87
gente veneta vive giorno per giorno”.
Dopo continui batti e ribatti sulla stampa tra le due fazioni, con
accuse addirittura di corruzione e di tradimento, 30 dicembre
vennero espulsi per “indegnità” Bergami, Gardin e Da Pian (gli ultimi due, a rigor di coerenza, non erano più parte della LV da
un pezzo).
Il tentativo di sostituire Rocchetta all’eletto non andò a buon fine
e la LV perse ogni rappresentanza nella Camera dei Deputati,
oltre a gettare nello sconforto molti attivisti che non riuscivano a
capire il perché di questa spaccatura.
Il disorientamento e la sfiducia fu fomentata anche dalla stampa
che accusava i leghisti di litigi per “poltrone e soldi” e dava
ampio spazio agli insulti reciproci. Anche in questo caso fu Il
Gazzettino il giornale che più degli altri tentò di andare a fondo,
capire come stavano le cose. Degna di nota l’intervista parallela,
apparsa martedì 13 dicembre 1983, in cui venivano messi a con-
fronto, sugli stessi temi, Achille Tramarin e il segretario della Liga Veneta, Marilena Marin. Entrambi ribadivano energicamen-
te le loro posizioni. Quello che ne risulta è comunque una movi-
mento lacerato dai giochi di potere in cui ognuna delle due fazio-
ni si rimproverava reciprocamente di voler lottare per quello. Parecchie furono poi le lettere di elettori che erano rimasti colpiti negativamente da quanto accaduto: molti, come lo stesso Luigi
Faccia del gruppo dirigente, sfiduciati dalla piega che avevano
preso gli eventi,
si allontanarono progressivamente dal movi88
mento.
ATTIVITÀ
PARLAMENTARE DI TRAMARIN
Tramarin restava però in Parlamento e proseguiva la sua azione
parlando a nome della Liga Veneta, presentando manifesti e volantini alternativi a quelli della Liga Veneta di Rocchetta.
In particolar modo il deputato Achille Tramarin presentò una serie di proposte di legge:
- 22 marzo 1984: Norme per la tutela della lingua e della cultura veneta;
- 3 ottobre 1985: Istituzione della pensione base;
- 30 gennaio 1986: Norme per la partecipazione e per lo svolgimento su base territoriale dei concorsi pubblici;
- 7 marzo 1986: Corresponsione al cittadino militare di leva di
una retribuzione pari a quella corrisposta ad un lavoratore gene-
rico dipendente pubblico o privato;
- 7 marzo 1986: Modifica dell’articolo586 del codice civile in
materia di acquisto di beni da parte dello stato;
- 3 aprile 1986: Norme concernenti l’esenzione, la tassazione separata e la non cumulabilità con altri redditi, ai fini dell’IRPEF, delle pensioni;
- 3 aprile 1986: obbligo dei pubblici impiegati di esibire le proprie generalità;
- 23 gennaio 1987: Modifiche della struttura e delle attribuzioni
del Senato della Repubblica e norme per la istituzione della Camera Federale Italiana e la realizzazione delle autonomie fede89
raliste regionali per la costituzione dell’unione federativa europea dei cittadini.
L’impegno a favore del Veneto in linea con i principi guida della
Liga Veneta sono chiari in molte delle 122 interrogazioni avanzate: a dimostrazione che anche se personalmente la frattura con il resto
del movimento e con Rocchetta era avvenuta in modo traumatico, egli comunque restava un parlamentare che remava nella stessa dire-
zioni dei suoi ex compagni di partito. Di fatto la sua azione parla-
mentare va considerata patrimonio della Liga Veneta di quegli anni,
al di là delle “baruffe” che riempivano le pagine dei giornali e delle denunce che contribuivano a riempire di carta i tribunali.
Interpellanze a favore del popolo curdo; sull’opportunità di rivedere
l’istituto del soggiorno obbligato per i sospetti di appartenenza alla
mafia, alla camorra e alla ‘ndrangheta, al fine di evitare la criminalità nelle zone prescelte per tale soggiorno, nonché sulla sospensio-
ne di qualsiasi provvedimento di soggiorno obbligato in una regione diversa da quella di provenienza; sul perché non fosse stato dichia-
rato lo stato di calamità naturale dopo i gravi danni subiti da nume-
rose aziende in Veneto a seguito di avversità atmosferiche; sulle ini-
ziative che il governo intendeva adottare per assicurare il risarci-
mento morale e materiale agli abitanti di Longarone; sul migliora-
mento delle linee ferroviarie esistenti in Veneto e la costruzione di
nuove; sull’opportunità di demandare alle regioni il controllo ed il
coordinamento delle emittenti private; sulle iniziative da adottare
per evitare continui cambiamenti di insegnanti nelle scuole eccetera. 90
1984
Ma il movimento non era affatto morto: i contatti con gli altri movimenti federalisti, come quello piemontese e quello lombardo, sembravano affermare la consistenza del fenomeno. La LV,
come precursore dei movimenti regionalistici nel Nord Italia,
sembrava avere tutte le carte in regola per continuare a giocare un ruolo importante.
All’inizio dell’anno esce il primo numero di Mondo Veneto, l’or-
gano ufficiale della Liga Veneta, in cui si riporta il nuovo statuto
e si spiegano le vicende che hanno portato alla rottura di
Tramarin, uno “della banda dei 4”, come vennero definiti i par-
tecipanti al congresso padovano del 9 ottobre 1983. Questo sarà
il motivo portante che accompagnerà la storia della Liga fino alle elezioni locali del 1985, quando Tramarin, sconfitto sul fronte giudiziario, come ultimo tentativo per vedersi riconosciuto un
ruolo all’interno del movimento autonomista, fondò la sua Serenissima Union Veneta.
A NCORA ACCUSE
DI RAZZISMO
Il 10 gennaio su Repubblica appare la notizia che la procura di
Treviso ha aperto una inchiesta sulla Liga Veneta: “Potrebbe
rischiare l’incriminazione per istigazione all’odio razziale, per
violazione della legge Scelba del ’52 che punisce chi esalta fatti
ed esponenti del fascismo ed idee e mediti nazisti, nonché l’arti-
colo 3 della Costituzione che sancisce l’uguaglianza di tutti i cit-
tadini”. L’inviato di Repubblica, Roberto Bianchin, osserva che i 91
giudici “hanno l’impressione che dietro alla Liga Veneta vi siano
in realtà alcuni personaggi legati all’estrema destra di vecchio
stampo ed intenzionati a riorganizzare una forza di tipo reazio-
nario, cominciando a modificare i rapporti sociali tra "nordisti"
e "sudisti"… Alcuni nomi i giudici li avrebbero già in mano:
quello di quattro neofascisti che sarebbero a vario titolo coin-
volti nella attività della Liga, e quello di Andrea Vian, un giova-
ne trevigiano, membro della banda di terroristi neri guidati da
Gustavo Fioravanti…Andrea Vian secondo i giudici era uno degli
aderenti alla Liga Veneta e stampava tutto il materiale di propaganda del movimento”.
Dopo aver ripercorso le tappe del movimento, pensando alla
prima dichiarazione dei fondatori al tempo delle elezioni euro-
pee, che si definivano “di sinistra”, può far sorridere che alcuni
ritenessero il movimento controllato dall’estrema destra. Ha ragione Rocchetta, quando dice che un partito che aspira a diven-
tare di massa può avere al suo interno qualunque genere di per-
sona e che il nucleo dirigente non poteva indagare sulla vita pri-
vata di ognuno. Tutti venivano valorizzati per quello che faceva-
no per il movimento. Quando qualcuno esprimeva una posizione
scomoda per il movimento, i fondatori avevano già dimostrato di non volersi fare coinvolgere: era successo già per Pizzati e per Alba.
Comunque, l’attenzione da parte dei giudici era fiorita dopo che sul Gazzettino del 20 dicembre 1983 era apparsa una lettera fir92
mata da tale Maria Pia Forcolin di Treviso (nome poi risultato
inesistente): la presunta signora si lamentava che molti meridio-
nali stavano donando il sangue in quei giorni e lanciava l’ipotesi
che potesse trattarsi di un complotto “retto dalla mafia craxiana
per contaminare la purezza della nostra razza veneta”. Invitava pubblicamente “i nostri onorevoli della Liga Veneta e la nostra
neosegretaria professoressa Marin a presentare con urgenza una
legge per impedire che si compia questo dramma”. I toni deliranti sulle proposte continuavano poi con quella di un passaporto per
i meridionali, l’impedimento alle donne venete di sposarli, il non
insegnamento nelle scuole della lingua straniera (cioé quella italiana), eccetera.
Era un clima di crescente intolleranza e, per quanto la Liga se ne chiamasse fuori, certamente il suo successo elettorale aveva contribuito notevolmente ad accendere gli animi.
Se ne rese conto anche l’Espresso, che dedicò la copertina del
numero del 24 gennaio 1984 all’ondata di razzismo che colpiva
gli italiani: “Rigurgiti d’intolleranza da una parte, eccesso di suscettibilità dall’altra rendono sempre più tesi i rapporti tra Nord e Sud, regione e regione, città e città. Un’orgia di campa-
nilismo. Gli episodi si moltiplicano”. La giornalista Cristina Mariotti non aveva dubbi nel bollare la Liga come razzista e i far-
neticanti razzisti come suoi adepti: “I veneti fondano una Liga
che manda un deputato in parlamento e che teorizza l’inciviltà di chi nasce a sud di Treviso; giorni fa Il Gazzettino pubblica la far93
neticante lettera d’uno di loro: "Impediamo i matrimoni con i
meridionali, generano solo bastardi" e un magistrato apre un’in-
chiesta ravvisando il reato di istigazione all’odio razziale…”.
Ne Il Giornale si arriva anche all’individuazione della causa per
questi rigurgiti razzisti in Veneto; scrive Luciano Gulli nell’arti-
colo “C’è del razzismo in Veneto (ma non è una cosa seria)”: “In
questa ventata di regionalismo e di riscoperta del campanile c’entra soltanto la congiuntura economica. I Veneti, ad esempio, hanno sempre sdegnato i concorsi pubblici. Ma ora, con la dis-
occupazione intellettuale incalzante, anche un posto di magistra-
to, di carabiniere, di ufficiale postale non sembra da buttar via.
Accanto a questa (e qui non si può dar torto ai Veneti) c’è una
forte avversione contro lo stato che ha avviato in queste terre, al soggiorno obbligato, bande di camorristi e di mafiosi che hanno
aggregato manovalanza locale trapiantando con esiti lusinghieri
l’industria dei sequestri di persona”.
L’argomento era certamente molto sentito, tanto che anche la
celebre trasmissione televisiva di Mike Buongiorno, Superflash, che andava in onda su Canale 5, ospitò il deputato Tramarin il 24
febbraio 1984 che, come al solito, respinse le accuse di razzismo
e spiegò le idee federaliste ed autonomiste del movimento.
Precedentemente, sulla schedina del Totip del 19 febbraio, era apparso un sondaggio legato al tema in cui si chiedeva ai gioca-
tori della schedina: “Si riparla di prevenzioni nei confronti dei
meridionali d’Italia. Hai delle prove concrete a riguardo?” 94
Perfino l’agenzia Tass ci si mise: in una corrispondenza dal
Veneto aveva sostenuto che la Liga è una “organizzazione razzi-
sta” che discrimina e, addirittura, usa violenza nei confronti dei
meridionali. Tramarin promette che se l’Urss non
rettificherà
chiedendo scusa, si passerà al boicottaggio. Rocchetta invece dichiara “assurda la pretesa di Tramarin di dichiarare guerra
all’Urss” e non perde occasione per ribadire che Tramarin è stato espulso dalla Liga Veneta.
Tramarin denuncia la Tribuna di Treviso per aver scritto il 10
gennaio che si sta indagando per vedere se ci siano all’interno
della Liga “gruppi più o meno occulti di estremisti di destra”;
Panorama perchè il 23 gennaio lasciava intendere che c’era una
relazione tra le scritte razziste sui muri e la Liga Veneta; il
Mattino e Repubblica per degli articoli del 10 gennaio che lui riteneva lesivi per l’immagine della Liga.
LA
LOTTA PER PRESENTARE IL SIMBOLO
In questo stato di totale incertezza su chi avesse maggiori diritti
di avvalersi del simbolo della LV, si avvicinava la data delle ele-
zioni europee del 17 giugno 1984. Alberto Gardin e Mario Lago
(e non Achille Tramarin come invece sostiene Gian Antonio Stella in “Dio Po – gli uomini che fecero la Padania”, edito da
Baldini e Castaldi), che si erano schierati a favore di Achille
Tramarin, riuscirono ad appostarsi davanti al Viminale prima del-
l’alba del 29 aprile 1984 per depositare per primi il simbolo del
leone: il caso di Prumer (il leader del 95
Partito Autonomista
Copia della denuncia di Lago e Gardin dopo essere stati assaliti dalla banda di Rocchetta davanti al Viminale.
96
Trentino Tirolese che aveva visto il suo partito spaccarsi a metà)
aveva fatto scuola ed aveva fatto stabilire che, nel caso di simbo-
li uguali, aveva maggiori diritti chi riusciva a presentarsi per primo al Ministero dell’Interno.
Così, mentre Alberto Gardin e Mario Lago aspettavano di conse-
gnare il contrassegno elettorale, vennero assaliti da una banda capitanata da Rocchetta che aveva al suo seguito, tra gli altri,
anche Umberto Bossi, al quale aveva appena dato uno mano per
fondare la Lega Autonomista Lombarda (il 12 aprile a Varese), e Domenico Fedel, armato di catena.
Gardin e Lago vennero scaraventati giù dalle scale dal Viminale
ed il gruppo di Rocchetta riuscì a presentare il contrassegno elet-
torale al posto degli avversari.
Tuttavia il pretore di Padova che per primo aveva raccolto l’istanza presentata contro Tramarin, dava ragione proprio al depu-
tato, constatando che al congresso tenutosi al Plaza era presente
un notaio che ne aveva certificato il reale svolgimento. E quindi
la presentazione del simbolo rischiava di essere inutile, se prima non ci fosse stata una sentenza opposta da impugnare.
Rocchetta non si diede per vinto: “Scattò a quel punto una corsa contro il tempo – ricorda - partimmo in macchina diretti a Roma
con una macchina piena di documenti, senza sapere neppure dove
andare. Strada facendo ci siamo messi in contatto con Beggiato che aveva contattato il nostro alleato piemontese Roberto
Gremmo. Questo ci indirizzò dal notaio di Roma Stefano 97
Menicacci: lo vidi scrivere per 36 ore filate senza mai fermarsi
neppure per mangiare, andando avanti ad acqua e caffè. Questo
tizio allegava i documenti a chili…ci siamo dovuti far portare giù
altre due macchine piene di incartamenti. Il ricorso in cassazione doveva essere comunicato entro 48 ore alla controparte che,
se è furba, non si fa trovare. Iniziammo quindi una staffetta per
stanare un referente e farsi vidimare il documento dai giudici, per poi consegnarlo all’interessato. Alla fine la comunicazione fu
ricevuta da uno stretto parente di Tramarin. I giudici di Roma si
andarono a vedere tutte queste carte allegate e dichiararono
nullo il congresso di Padova. In questo modo siamo riusciti a presentare il nostro simbolo.”
L OTTA
TRA LE
“ DUE ” L IGHE
IN CAMPAGNA ELETTORALE
La campagna elettorale è vivace e combattuta: il 29 aprile arrivò
la prima denuncia di Tramarin verso Rocchetta per diffamazione,
per averlo chiamato “ladro” ; l’11 maggio la seconda per lo stes-
so motivo. Il deputato, dal canto suo, fece di tutto per mettere i
bastoni tra le ruote alla controparte con una campagna nella quale cercava in ogni modo di metterli in cattiva luce durante le inter-
viste, forte del suo status istituzionale, e non risparmiava neppure interventi diretti sui loro mezzi di propaganda, oscurando i
loro manifesti elettorali. Anche Rocchetta aveva adottato le stes-
se armi: si mirava alla distruzione dell’antagonista all’interno della Liga molto più che alla contestazione del sistema dei parti-
ti.
98
L’accordo con Roberto Gremmo del Movimento d’Arnassita
Piemontese, con Umberto Bossi della Lega Lombarda, con il
Partito Popolare Trentino Tirolese di Fedel e con il Movimento
Federalista Europeo, prevedeva che questi movimenti si attivas-
sero per portare voti al leone alato e dava alla Liga Veneta di Rocchettta - Marin il carisma di partito del Nord Italia.
Pareva ormai fatta. Ma, evidentemente, la scissione, la contro-
campagna di Tramarin e l’incomprensione degli elettori Veneti per quello che era successo doveva essere grande se proprio in
Veneto ottennero quasi 20.000 voti in meno rispetto all’anno
prima: 160.955 voti erano il bottino elettorale, un 3,4% insuffi-
ciente per conquistare un seggio europeo.
Il simbolo della Liga Veneta conteso nel 1984, così come appare nei programmi elettorali del 1983.
99
1985
All’inizio del 1985 arriva un’ordinanza provvisoria che dà ragio-
ne a Rocchetta sulla vicenda del congresso al Plaza e riconosce la
legittimità della sua Liga, anche se la vicenda giudiziaria conti-
nuò a protrarsi ancora per anni.
Questo dà vigore e fiducia al direttivo leghista, che è impegnato
in una combattuta campagna elettorale con la quale spera di
affermarsi definitivamente a livello locale.
E LEZIONI
REGIONALI DEL MAGGIO
1985
Alle elezioni regionali del 12 e 13 maggio 1985 la Liga Veneta conquistò il 3,7%, ed ottenne due rappresentanti nel parlamento
regionale: Franco Rocchetta ed Ettore Beggiato.
Achille Tramarin, presentò una sua lista civica, chiamata Serenissima Union Veneta, che raccolse le firme nel solo collegio
provinciale di Padova, ed ottenne percentuali molto simili a quelle della Liga Veneta.
Rocchetta aveva stipulato un accordo con l'Alleanza Italiana Pensionati per le regionali, che portò all'elezione, con il simbolo della Liga Veneta, di un consigliere regionale nel Lazio: Giulio
Cesare Graziani di Affile, definito da Ezio Toffano nella sua ricostruzione storica di quegli anni (che si può consultare su http://digilander.iol.it/Venethia/VenetiDOC/EzioToffano), come
un settantenne “storica roccaforte del Movimento Sociale Italiano.” Un’azione alla quale il movimento cercò di dare la minore pubblicità possibile, visto che la base non capiva i moti100
vi che avevano spinto il leader ad allearsi con l’Alleanza Italiana
Pensionati per far eleggere un esponente della destra missina.
E LEZIONI
PROVINCIALI E COMUNALI
Le grandi aspettative erano nutrite nei confronti delle elezioni
provinciali e comunali, tenutesi nello stesso giorno, per le quali
facevano testo i voti raccolti in loco e per le quali la concorren-
za con i partiti distribuiti sul territorio nazionale era meno patita.
L’accordo siglato l’anno precedente con gli altri movimento loca-
li per le elezioni europee, portò in Lombardia e in Piemonte il
leone alato, al quale venivano affiancati (come due “pulci” all’in-
terno del cerchio) i simboli della Lega Lombarda e del Movimento d'Arnassita Piemontese, per permettere ai due movi-
menti autonomisti di presentarsi alle elezioni senza dover passa-
re per la raccolta delle firme (lo stesso stratagemma attuato dall’Union Valdotaine nel 1979 quando coinvolse sotto il suo
simbolo i movimenti autonomisti italiani, anche se in quella occasione c’era solo il simbolo dell’UV sulla scheda elettorale).
Il vantaggio per i piemontesi ed i lombardi era quello di presen-
tarsi istituzionalmente e per i veneti quello di ribadire il proprio
ruolo guida per le istanze del nord. Un accordo sul quale lavorare, secondo molti leghisti, al fine di dare dimostrazione al paese
dell’unità delle regioni del Nord contro il centralismo romano.
Tuttaviai due movimenti “cugini” non ottennero risultati signifi-
cativi.
101
L A S ERENISSIMA U NION V ENETA
Il 21 dicembre 1985 nasceva ufficialmente
la
“Serenissima
Union Veneta”, fondata dai fuoriusciti dal movimento leghista,
riuniti attorno a Tramarin: tra i nomi dei fondatori spicca, tra gli
altri quell’Alberto Gardin, titolare del Russell e radicale di vec-
chia data, che era rimasto vicino a Tramarin fin dal famoso con-
gresso al Plaza. L’impegno del nuovo movimento, che nelle
intenzioni dei fondatori doveva raccogliere l’eredità della Liga
Veneta, oramai troppo succube di Rocchetta, era “la realizzazio-
ne di un effettivo autogoverno del Veneto per vie democratiche”.
I risultati furono alquanto deludenti e ben presto la Serenissima Union Veneta finì per cadere nell’oblio. Anche Tramarin sparì
dalla scena politica attiva, terminando senza clamori il suo impe-
gno come parlamentare a Roma.
102
Cala il sipario S TORIA
DEL
V ENETO
Nell’anno successivo continua l’attività di ordinaria amministrazione, con Rocchetta impegnato nei lavori del consiglio regiona-
le e la preparazione dell’importante campagna elettorale per le
politiche del 1987. Rocchetta però trova anche il tempo per rior-
dinare le meditazioni e le letture fatte nel corso degli anni, ed arriva a scrivere una lunga storia del Veneto che poi verrà pub-
blicta a puntate sul Il Gazzettino, dal 7 novembre 1986 al 10 gen-
naio 1987. Così viene presentata nel corso della prima uscita: “Un documento inedito ed esclusivo, che è frutto di un lungo studio sui testi italiani e sopratutto stranieri, ma che condensa
numerose esperienze ricavate da numerosi viaggi all’estero, dove
Rocchetta ha partecipato anche a campagne di scavi in luoghi
dell’età del bronzo in Irlanda, Svezia, Polonia e Lettonia....Il lavoro che qui pubblichiamo è la parte condensata di un lavoro
più ampio...”. Una storia che non evita i riferimenti continui
all’identità veneta, ma che arriva solo a sfiorare il 1800, evitan-
do così di entrare nella polemica politica con lo stato italiano, l’oppressore accusato di avere fatto di tutto per cancellare l’iden-
tità e la dignità del popolo veneto.
V ERSO
UN ’ ALTRA SPACCATURA
Nei lunghi mesi di meditazione dopo la guerra combattuta con
Tramarin, il malessere all’interno del gruppo degli attivisti cresceva: non in pochi avrebbero voluto vedersi riconoscere un 103
ruolo di maggiore peso politico all’interno del movimento, un
movimento da molti considerato troppo verticistico. Per dirla con le parole di Ezio Toffano: “Le uniche attività che videro la luce
nei due anni successivi furono la pubblicazione di "Mondo Veneto", organo ufficiale della Liga Veneta (sul quale trovò spazio, oltre ai ridicoli neologismi di Rocchetta già citati, anche un
surreale elogio della pizza veneta), la distribuzione al pubblico
di piante autoctone nel corso di fiere et similia, l'invio gratuito
della copia di una stampa seicentesca del "Dominio Veneto nell'Italia", la piantumazione dell'"albero dell'amicizia armeno-
veneta" nell'isola di San Lazzaro e poco altro”. Ci si era insom-
ma infangati nell’attività di ordinaria amministrazione, senza
l’entusiasmo e l’enfasi che avevano accompagnato le sorti della Liga Veneta da prima della sua costituzione fino alle elezioni
politiche del 1983.
IL
CONGRESSO VICENTINO DI
C HEMELLO
E LA RICHIESTA
DI MAGGIORE DEMOCRAZIA
La voce che diede il via allo scossone definitivo per la Liga
Veneta fu quella di Ettore Beggiato, responsabile del distretto di
Vicenza, consigliere regionale assieme a Rocchetta, consigliere
comunale a Vicenza ed eletto consigliere provinciale, carica alla quale aveva rinunciato. L’11 ottobre 1986 inviò una lettera al
segretario del movimento, Marilena Marin, contenente alcune
riflessioni sull’opportunità di trasformare la Liga Veneta in un
nucleo di aggregazione di tutte le istanze dei Veneti “coscienti 104
della propria identità veneta” . Beggiato chiedeva al segretario se a lei sembrasse “che in questi ultimi anni la Liga sia stata una
forza di aggregazione, di coesione? Non c’è secondo te il rischio di una pericolosa involuzione del movimento su posizioni grup-
puscolari, ben lontano della reali aspettative della Nazione
Veneta?”.
L’11 febbraio Ettore Beggiato si dimette dalla carica di responsabile del distretto di Vicenza, che aveva ricoperto fin dal 1981
(praticamente da solo fino al 1983), perchè, come scrive nella sua
lettera di dimissioni, dopo tutto il lavoro fatto per mettere in piedi nella provincia una struttura organizzata, tutto veniva vani-
ficato dal mancato coinvolgimento e perchè non si riconosceva nella logica delle cooptazioni che il movimento aveva intrapreso.
La sua dimissione da responsabile provinciale arriva 4 giorni
prima di partecipare, pur senza votare, al congresso di Vicenza
del 15 febbraio presso il Motel Agip, al quale erano stati invitati tutti i tesserati, con lo scopo di rilanciare una campagna di tesseramenti e di coinvolgimento della base.
Come spiega Luigino Chemello, uno degli organizzatori, sul
Gazzettino del 5 febbraio “sono invitati tutti i tesserati ‘85 in
regola con il versamento della quota associativa- rinnovo
‘86...nel 1985 i tesserati erano 261 ma all’assise (al congresso di
quell’anno N. d. R.) furono invitate soltato 26 persone, i coopta-
ti. Nell’86 il tesseramento è stato annullato.”
Al congresso furono invitati anche Marin e Rocchetta ma, ovvia105
mente, non si presenta-
rono.
Su
La
Nuova
Venezia del 16 febbraio
appaiono il resoconto
dei lavori e le nuove nomine interne (“Il congresso elegge Luigino
Chemello nuovo segre-
tario
della
Liga
Veneta”). 47 soci parteciparono
all’incontro
vicentino con diritto di L’articolo sulla Nuova Venezia che dava notizia dell’avvenuto congresso al Motel Agip di Vicenza e che riportava le decisione prese.
voto e la candidatura di
Chemello fu proposta dal senatore Girardi. Il
nuovo Congresso Federale votato al motel Agip provvedeva due
esponenti per ogni provincia veneta: Guerrino Mazzocco e
Luciano Santagiuliana per Belluno; Pietro Savio e Corrado
Pesavanto per Padova; Carlo Alberto Faedo e Tiziano Binotto per
Rovigo; Enzo Flego e Giorgio Greselin per Treviso; Guido Dittati e Luigi Rebbi per Venezia; Antonio Bazzon e Carlo Corti per
Verona; Luigino Bastianello ed Alberto Noaro per Vicenza. Girardi così spiegava le accuse rivolte al duo Rocchetta - Marin:
“Scarsa capacità di iniziativa, collaborazione con i gruppi del-
l’estrema destra, apertura ad alcuni personaggi già espulsi dall’ 106
Msi”.
Infatti Rocchetta in quei mesi si era avvicinato al suo amico
Stefano Menicacci (l’avvocato a cui si era rivolto anche nel 1983
per dirimire la questione della presentazione del simbolo in con-
correnza con Tramarin). Menicacci era stato deputato del
Movimento Sociale Italiano e poi ne era uscito per fondare
Democrazia Nazionale. L’esponente dell’estrema destra era il
fondatore dell’Unione dei Pensionati, con la quale Rocchetta ventilava un’alleanza elettorale, una decisione presa al vertice,
che non essendo approvata da molti leghisti, forniva l’occasione
per chiedere una maggiore democrazia all’interno del movimen-
to.
In risposta a queste critiche e al congresso organizzato, Rocchetta
fece espellere Chemello e tutti quelli che non si uniformavano
alla linea dettata dal vertice della Liga Veneta.
L’ ESPULSIONE
DI
E TTORE B EGGIATO
Il 2 marzo 1987 arriva anche l’espulsione di Beggiato dal movimento: come si apprende dal Gazzettino del 3 marzo (“Liga
Veneta. c’è un’altra frattura: espulso Beggiato), durante un con-
gresso straordinario tenutasi a porte chiuse nella sala convegni dell’hotel “Al Ragno” a San Stino, è stato preso questo provvedi-
mento di espulsione “con 24 voti favorevoli, un astenuto e 6 con-
trari, comunque dichiaratesi favorevoli ad un provvedimento di sospensione di 18 mesi”.
Veniva rimproverato a Beggiato di essere l’autore di una lettera 107
“infondata ed offensiva”, nella quale faceva riferimento a “tra-
colli clamorosi” del movimento in alcune zone del Veneto e defi-
niva “rispettabilissime” delle persone che avevano scritto una lettera diffamatoria nei confronti della Liga. In realtà “sullo sfondo, quale motivo scatenante - si legge sempre sul Gazzettino -
appare un recente incontro svoltosi a Vicenza. In quella occasio-
ne, era il 15 febbraio, si antoconvocò un congresso della Liga Veneta, che per la Lega ufficiale di Rocchetta era soltanto una
delle tante “azioni illegali tendenti a danneggiare quanto più
possibile l’immagine e la credibilità politica della Liga Veneta”
ma che, ad esempio, per l’on. Achille Tramarin aveva addirittura il valore di “Primo e autentico congresso della Liga Veneta
nel pieno rispetto dello statuto”....Il fatto è che stentano a sem-
pre più a capirsi all’interno della diaspora facente capo alla
Liga, ufficiale o ufficiosa che sia, legalitaria o scissionista che si chiami”.
La notizia dell’espulsione di Beggiato suscita un certo clamore in
Veneto, in virtù delle cariche accumulate e del fatto che era stato,
fin dal suo ingresso, uno dei più attivi promotori della causa leghista.
Beggiato esce allo scoperto nel Gazzettino del 4 marzo 1987 in
una intervista raccolta da Fabio Gasparotto: “Un’epurazione
composita quella che nel giro di 3-4 anni si è verificata in seno alla Liga Veneta: gente allontanata o posta in condizioni di non
potere più aderire al movimento, o che non vi si è più ricono108
sciuta.” Beggiato spiega che gli viene rinfacciato “di non avere
condannato l’azione di Luigi Chemello culminata nel congresso
del 15 febbraio a Vicenza...ovvero riconosco le istanze di
Chemello che condanna la logica delle cooptazioni e propone
maggiori aperture nei confronti della base”.
Il telegramma della Marin per comunicare a Beggiato l’avvenuta
espulsione parte il 6 marzo da Venezia: “...ha proceduto alla tua
espulsione dalla Liga Veneta per incapacità. Avvertendoti che
esistono diverse testimonianze della tua opera di diffamazione et calunnia, ti invito a non continuarla, et ti invito at provvedere
entro 8 giorni dalla data di ricevimento del presente telegramma
alla restituzione, tramite il consigliere federale Giuseppe Zilli, di
tutto il materiale della Liga Veneta presso di te giacente, et di tutto il materiale della Liga Veneta di cui sei responsabile, avver-
tendoti formalmente che in caso di ulteriore diffamazione o di
mancata o incompleta restituzione di detto materiale mi vedrei
costretta a aprire le vie legali”.
E LEZIONI
POLITICHE DEL GIUGNO
1987
Alle elezioni del 14 giugno 1987 la Liga Veneta si presenta assieme al partito “Pensionati Uniti” di Menicacci, sotto la deno-
minazione “Liga Veneta - Pensionati Uniti”. Nelle tre circoscri-
zioni del Veneto la capolista fu Marilena Marin e la lista totaliz-
zò 54.221 voti nel collegio di Verona, Padova, Vicenza, Rovigo;
32.207 nel collegio di Venezia e Treviso; 10.446 nel collegio
friulano di Udine, Gorizia, Pordenone, a cui veniva aggiunto 109
Uno dei volantini stampati nel 1987 in occasione della controcampagna elettorale attuata dai vari fuoriusciti dalla Liga: tra gli altri, Tramarin, Girardi, Alba e Bergami.
110
Belluno. La Liga Veneta si presentò nella maggior parte dei collegi d’Italia, grazie alla fitta rete di candidati che riuscì ad alle-
stire Menicacci, ma con scarsi risultati. Basti pensare che a
Roma, dove Menicacci raccolse 1.989 preferenze, la Liga Veneta
- Pensionati Uniti raggiunse 16.722 voti, il suo antagonista diret-
to, l’Alleanza Pensionati, oltre 21.000.
La Liga Veneta perde nel 1987 ogni rappresentanza parlamentare:
il 3,3%, contro il 3,7 del 1980, 298.000 voti alla Camera, e 297.000 al Senato, presentandosi su tutto il territorio nazionale,
non furono affatto dei buoni risultati. Sarebbero bastati 1.500
voti per raggiungere il quorum, e non sarebbero certamente man-
cati se Beggiato, Tramarin e tutti i fuorisciuti non avessero por-
tato acqua al mulino degli avversari, in particolare a quello del neonato (e subito dopo le elezioni sparito) Movimento Veneto
Regione Autonoma, fondato dal padovano Umberto Vecchiato,
che ottenne ben 19.000 voti.
Le cose vanno meglio ad Umberto Bossi che, nonostante il “tra-
dimento” di Rocchetta, il quale preferì Menicacci agli alleati
delle due tornate elettorali precedenti, riuscì a farsi eleggere senatore e a far eleggere deputato Giuseppe Leoni, raccogliendo
così l’eredità parlamentare autonomista del nord lasciata vacante dalla Liga Veneta.
Rocchetta non digerisce la sconfitta, e in una intervista al
Corriere della Sera il 21 giugno (La Liga “vittima di una congiu-
ra” non crede ai risultati elettorali) afferma che: “Le proiezioni 111
Doxa ci assegnavano
cinque deputati...ottantamila voti nulli
nella circoscrizione Verona-Vicenza-Rovigo ci sembrano trop-
pi...”. L’articolo di Gian Antonio Stella non si limita a registrare il malumore di Rocchetta, ma cerca di andare alla cause di quel-
la che per la Liga era una disfatta: “I giudici Rocchetta lo cono-
scono bene. Anzi: il consigliere regionale della Liga Veneta è la
loro ossessione. In anni di battaglie contro “tutti quei malfattori
che volevano impadronirsi della Liga”, Franco Rocchetta ha
denunciato tutto e tutti, diventando un fenomenale esperto di
leggi e leggine...Implacabile ricorda tutto. Nomi, date, udienze,
articoli, discorsi, udienze, sentenze, testimonianze...E carte alla
mano, non c’è dubbio, ha vinto lui. Sempre. Prima contro Achille Tramarin, segretario fondatore della Liga, del quale fece annul-
lare un paio di congressi straordinari e che poi espulse. Poi con-
tro Graziano Girardi, un commerciante che vendeva biancheria e
abbigliamento nelle piazze, mandato come senatore nel 1983 a
Palazzo Madama e subito scomunicato. Poi ancora contro Luigino Chemello, che assieme ad alcuni fondatori della Liga
tentò di fare un congresso di tesserati, dai quali fu eletto segre-
tario, immediatamente diffidato dalla magistratura. E ancora
contro i dissidenti che tentarono di presentare liste proprie e si
richiamavano alla Liga, alle elezioni del 1984, del 1985 e del 1987.”
112
U NION
DEL
P OPOLO V ENETO
Il 23 novembre 1987 a Vicenza viene costituita l’Union del
Popolo Veneto di cui Beggiato è nominato da subito coordinato-
re. Tra i punti più chiari del programma: “la campagna di tesse-
ramento aperta a tutti i Veneti coscienti della propria identità e
dei propri diritti di popolo europeo e nel congresso parteciperan-
no a pieno titolo tutti gli iscritti”. Nella seduta del consiglio
regionale del 16 dicembre Beggiato presenta il nuovo gruppo
consigliare e diventa un altro concorrente ed antagonista autonomista della Liga Veneta di Rocchetta.
L’Union del Popolo Veneto si impone come serio antagonista
della Liga Veneta in quanto vi aderirono molti dei leghisti che negli anni erano stati espulsi o si erano allontanati dal movimento, tra cui Achille Tramarin e Graziano Girardi.
Il simbolo dell’Union del Popolo Veneto.
113
I L V ENETO
ABDICA DALLA GUIDA
DEL MOVIMENTO AUTONOMISTA
Negli anni successivi la lacerazione del movimento portò la Liga
Veneta alla perdita di consensi, tanto che il movimento sembrava
spacciato.
Dall’altra parte, in Lombardia, Bossi e la sua Lega Lombarda acquisivano sempre maggiore forza e popolarità; anche ideal-
mente aveva raccolto il passaggio di testimone dei veneti, sosti-
tuendo a Roma i loro due rappresentanti: proprio come 4 anni
prima la Liga Veneta, la Lega Lombarda era riuscita a far elegge-
re un senatore e un deputato. Proprio in virtù della sua posizione di forza, Umberto Bossi potè dettare le regole del patto che il 4
novembre 1989 fece riunire nella Lega Nord i movimenti regio-
nalisti che fino ad allora avevano operato separatamente: Liga
Veneta, Piemonte Autonomista, Union Ligure, Alleanza Toscana
e Lega Emiliano-Romagnola. La Lega Lombarda si assicurò così una posizione di potere all’interno del neonato movimento.
Si chiudeva una stagione: nuovi obiettivi politici, nuove strategie
e nuovi ideologi per la costruzione di una storia che si sta anco-
ra scrivendo.
114
Bibliografia Otto “paladini” in difesa della lingua dei dogi, di Arnolfo Pacini, “Corriere Della Sera”, 4 febbraio 1978
Lettera al Corriere. I diritti dei Veneti nelle elezioni Europee, di Un gruppo di firme raccolte presso la scuola libera di lingua Veneta “Bertrand Russell”, “Corriere della Sera”, 2 febbraio 1979 L’Union Valdotaine per una Europa dei popoli, Le Peuple Valotain supp. n. 2, maggio 1979 Eviva el dialeto, di Mario Zwiner, “Il Nuovo Veronese”, 30 giugno 1979
La Liga Veneta diventa partito,”Il Giornale di Vicenza”, 8 dicembre 1979
Nata la Lega Veneta per battere il “nuovo colonialismo italiano”, di Achille Scalabrin, “Il Resto del Carlino”, 7 dicembre 1979
Veneto non fa rima con Kurdistan, di Achille Scalabrin, “Il Resto del Carlino”, 20 gennaio 1980
Minoranza Etnica, un titolo che non spetta ai veneti, di Achille Scalabrin, “Il Resto del Carlino”, 22 gennaio 1980
“El Veneto ‘l xe de’ i veneti” (e vi diciamo il perché), di Cesare Piazzetta, “Il Gazzettino”, 11 marzo 1980
Vogliono ritornare alla nazione veneta, di Claudio Pasqualetto, “Corriere della Sera”, 23 aprile 1980
“Destra e sinistra parlano un altro linguaggio”. Loro parlano dialetto e alle elezioni ci vanno da soli. A colloquio con la Liga Veneta e la sua oscillante politica, di Alberto Ferrigolo, “Il Manifesto”, 3 giugno 1980
La mia lingua contro lo stato, di Fiamma Nirestein, “L’Europeo” 23 settembre 1980
A me ‘o dialetto nun me piace, di Ernesto Galli della Loggia, “L’Espresso”, 26 ottobre 1980
Volantino contro i “terroni” ma non è della Liga, “Il Mattino di Padova”, 17 aprile 1982
Falso volantino anti-meridionali: la Liga Veneta presenta querela, “Il Gazzettino”, 17 aprile 1982 115
La bella addormentata, di Federico Bugno, “L’Espresso”, 6 febbraio 1983
Gratta gratta il cretino razzista e trovi il fanatico della “Liga Veneta”, di Maurizio Dianese, “L’Ora di Palermo”, 25 maggio 1983 Ora la “Liga Veneta” denuncia Marchetti, “Il Mattino di Padova”, 25 maggio 1983
L’accusa di razzismo è montatura elettorale dicono alla Liga Veneta, “Il Gazzettino”, 25 maggio 1983
Per la Liga Veneta confini chiusi solo ai camorristi, “Il Mattino di Padova”, 29 maggio 1983 Lv, un consenso dato al Veneto, “Il Gazzettino”, 20 giugno 1983
La Liga Veneta non ci sorprende, di Ulderico Bernardi, “Il Mattino”, 5 luglio 1983 Terremoto in sacrestia, di Florido Borzicchi, “Il Resto del Carlino”, 7 luglio 1983
Gli obiettivi della Liga Veneta, di Achille Tramarin, “Il Gazzettino, 14 luglio 1983
Protesta del la Liga Veneta per la censura al dialetto, “Il Tempo”, 12 agosto 1983
Interviene alla Camera in “lingua” veneta ma viene interrotto, “Il Resto del Carlino”, 12 agosto 1983 Parla in veneto costretto a tradurre, “La Repubblica”, 12 agosto 1983
Le esigenze regionali non devono divenire vuoto campanilismo, di Delio Giacometti, “Il Gazzettino”, 12 agosto 1983 Deputato della Liga parla in veneto a Montecitorio, “Corriere della Sera”, 12 agosto 1983 Dialetto a Montecitorio? Il regolamento lo vieta, “La Stampa”, 12 agosto 1983
Tramarin parla in veneto ma è interrotto da Biasini, “Avvenire”, 12 agosto 1983 Il deputato della “Liga” viole parlare in veneto alla Camera, “La Nazione”, 12 agosto 1983 Sempre i soliti, di Francesco Damato, “La Nazione”, 12 agosto 1983
130mila voti per un dialetto, “Il Mattino di Napoli”, 12 agosto 1983
L’ostruzionismo dei radicali, di Mario Angius, “Il Popolo”, 12 agosto 1983
Solo oggi la fiducia al nuovo governo, di Massimo Franco, “Il Giorno”, 12 agosto 1983 116
“Nessuno mi capiva, a parte Toni Negri”, “Il Giornale”, 13 agosto 1983
Stranieri in patria, di Achille Tramarin, “Il Giornale”, 17 agosto 1983
La “Liga” sogna un Veneto che non c’è più, di Pier Michele Girola, “Famiglia Cristiana, luglio 1983
“Italiani invasori ci avete traditi ora ridateci il Veneto”, di Edgardo Bartoli, “La Repubblica”, 24 luglio 1983
Il Veneto ha davvero due anime?, di Francesco Jori, “Il Gazzettino”, 2 luglio 1983
C’è un revival degli Asburgo, di Francesco Jori, “Il Gazzettino”, 5 luglio 1983
Guai al veneto che “serra allo straniero”, di Francesco Jori, “Il Gazzettino”, 8 luglio 1983 Il fenomeno Liga Veneta, di Mario Zwiner, “Il Nuovo Veronese”, 8 luglio 1983
L’Europa unita può nascere dalla Liga Veneta, di Sabino Acquaviva, “Il Mattino di Padova”, 6 agosto 1983 Riservato parlamento. I dialetti, “L’Espresso”, 10 luglio 1983
La Liga Veneta chiede al pretore la testa di Tramarin. “E’ un traditore”, di Paolo Coltro, “Il Mattino”, 13 novembre 1983
Le due facce della Liga. A Padova e a Treviso congressi paralleli, di Paolo Coltro, “Il Mattino di Padova”, 27 novembre 1983
L’on. Achille Tramarin è stato espulso dalla Liga Veneta, “Il Gazzettino”, 12 dicembre 1983
Tramarin è uscito indenne ma la Liga ha le ossa rotte. Il pretore Carrel ha respinto il ricorso di Rocchetta e soci, di Antonio Garzotto, “Il Mattino di Padova”, 24 novembre 1983
Nella Liga Veneta si parla di corruzione e tradimento, di Fabio Calzavara, “Il Gazzettino”, 4 dicembre 1983 Parole molto dure nelle baruffe fra i “leghisti”, di Achille Tramarin, “Il Gazzettino”, 8 dicembre 1983
Liga Veneta. Interviste parallele a Tramarin e a Marilena Marin, “Il Gazzettino”, 13 dicembre 1983
Dove può portare l’odio razziale, di Maria Pia Forcolin da Treviso, “Il Gazzettino”, 117
20 dicembre 1983
La giusta reazione dei veneti ad una innacettabile lettera, “Il Gazzettino”, 7 gennaio 1984 Gazzettino e Liga Veneta, di Gustavo Selva, “Il Gazzettino”, 7 gennaio 1984
Istigazione all’odio razziale? La Liga veneta sotto inchiesta, di Roberto Bianchin, “La Repubblica”, 10 gennaio 1984
Sardo = rapitore, siciliano = mafioso, napoletano..., di Cristina Mariotti, “L’Espresso”, 22 gennaio 1984 C’è del razzismo in veneto (ma non è una cosa seria), di Luciano Gulli, “Il Giornale”, 9 febbraio 1984 Ma il veneto è l’Alabama?, di Luciano Gulli, “Il Giornale”, 13 febbraio 1984
Obbligatoria la lingua veneta?, “Il Gazzettino”, 29 febbraio 1984
Gli autonomismi locali tra geografia, ideologia e politica, di Corrado Poli, “Città e campagna”, 1984
La “Liga Veneta” sfida anche Mosca. I prodotti dell’Urss saranno boicottati, di Cinzia Sasso, “Il Mattino di Padova”, 15 gennaio 1984
Ed ora la Liga marcia su Strasburgo, di Sergio Saviane, “L’Espresso”, 25 marzo 1984
La Liga batte dove il Venete duole, di Gino Fantin, “Il Corriere della Sera”, 1 ottobre 1984 Magnago snobba Tramarin e le pretese della “sua” Liga, di Giampiero Rizzon, 16 novembre 1984
La Liga Veneta da una diventa trina, di Nicola d’Amico, “Il Corriere della Sera”, 21 aprile 1985
“Anche il Veneto ha diritto alla tutela della sua lingua”, di Mario Isnenghi, “Il Gazzettino”, 29 maggio 1985
Liga Veneta. Inchiesta /1. E’ cresciuta con la crisi ma ora ha problemi, di Edoardo Pittalis, “Il Gazzettino”, 1 agosto 1985
Liga Veneta. Inchiesta /2. Parise: “Tradizionalismo cretino”. Acquaviva: “Non è nata nel vuoto”, di Edoardo Pittalis, “Il Gazzettino”, 2 agosto 1985
Liga Veneta. Inchiesta /3. “Abbiamo sbagliato a sottovalutare la Liga. Toglie voti anche al Pci!”, di Edoardo Pittalis, “Il Gazzettino”, 3 agosto 1985 118
Liga Veneta. Inchiesta /4, di Edoardo Pittalis, “Il Gazzettino”, 4 agosto 1985
Liga Veneta. Inchiesta /5. L’altra roccaforte, di Edoardo Pittalis, “Il Gazzettino”, 5 agosto 1985
Liga Veneta. Inchiesta /6. “E’ sbagliato tutto di questo partito” “Una risposta locale ai cambiamenti”, di Edoardo Pittalis, “Il Gazzettino”, 6 agosto 1985 Baruffa continua tra i capi storici, “Il Gazzettino”, 10 agosto 1985
Liga: chi è il padre?, “Il Gazzettino”, 27 novembre 1986
La Liga “vittima di una congiura” non crede ai risultati elettorali, di Gian Antonio Stella, “Il Corriere della Sera”, 21 giugno 1987
Liga Veneta, Girardi contro Rocchetta. La rivolta del senatore, “La Nuova Venezia”, 14 febbraio 1987
Il congresso elegge Luigino Chemello nuovo segretario della Liga Veneta, “La Nuova Venezia”, 16 febbraio 1987
Fra scomuniche e congressi “Liga Veneta” si...rispacca, di Fernando Gasparotto, “Il Gazzettino, edizione di Vicenza”, 5 febbraio 1987
Liga Veneta. C’è un’altra frattura: espulso Beggiato, Giuseppe Pietrobelli, “Il Gazzettino”, 3 marzo 1987 Buttate fuori Ettore! Un’altra puntata nello sfascio della Liga: siamo al ridicolo, di Jacopo Loredan, “Il Mattino di Padova”, 3 aprile 1987 Defenestrazione n. 3, “La Nuova Venezia”, 4 marzo 1987
Dopo l’assalto a San Marco. Geografia dell’indipendentismo veneto, di Giuseppe Nicotri, “L’Espresso”, 22 maggio 1997
Veneto. Chi sono e cosa vogliono gli ultrà, di Franco Giustolisi e Antonio Padellaro, “L’Espresso”, 29 maggio 1997 VITTORIO SELMO, Linee per una scuola politica Veneta (1a parte), Liga Veneta, Verona, 1984
G. TURANI, L. ZANDA, Annuario 1984, Arnoldo Mondadori Editore, 1984
I. DIAMANTI, La lega: geografia, storia e sociologia di un nuovo soggetto politico, Roma, Donzelli, 1993 119
I. DIAMANTI, G. RICCAMBONI, La parabola del voto bianco: elezioni e società in veneto (1946-1992), Vicenza, Pozza, 1992.
I. DIAMANTI, Il male del nord: lega, localismo, secessione, Roma, Donzelli, 1996.
La mia patria è il Veneto. I valori e la proposta politica delle leghe, di Ilvo Diamanti, “Polis”, 2, agosto 1992
Risultati Elettorali del 26 giugno 1983, Servizio Prerogative ed immunità, Roma, 1983 Risultati Elettorali del 14 giugno 1987, Servizio Prerogative ed immunità, Roma, 1987 Attività svolta dai parlamentari della IX Legislatura alla Camera dei Deputati. Attività del deputato Tramarin Achille, stampa del 16/01/91, Terminale GP03
Presentazione e programma della Liga Veneta, Tipografia Crivellaro Pasquale, Padova, 1980
120