News Marzo - Aprile 2014

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Anno 10°, n° 2

L’esoso tempo della trasformazione Editoriale di D. Tacchino

O Nicolas Poussin, Et in arcadia ego

anno 10° - n°2 - marzo - aprile 2014

In questo numero: Editoriale di D. Tacchino

Pag. 1

Et in Arcadia ego di M. Centini

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Fiat e Chrysler adottano un nuovo logo

Pag. 3

La drastica riduzione delle materia artistiche... di G. Megna

Pag. 4

L’arte del Bauhaus di S. Ferrara

Pag. 4

Due artisti al mese di D. Tacchino

Pag. 5

Recensioni librarie di Fabrizio Legger

Pag. 5

ACA informa

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ra, che un “new deal” comportamentale si sta insinuando anche se faticosamente, nelle menti e nelle azioni di noi italiani e, quindi, il concetto delle scelte individuali artistiche e non, divengono fortemente impattabili con quelle sociali, (come per esempio, quella in cui gli appassionati scrittori di poesia hanno oramai acquisito collettivamente la sensibilità alla lettura dei loro testi, cosa che sino ad una decina d’anni fa era più rara), dove le grandi aziende industriali oramai globalizzate, lasciano spazio all’impatto esternalizzante, moltiplicando però l’attenzione agli obbiettivi raggiunti. Dove gli spettri del passato, (leggi Crimea per fare un esempio attuale), si ripropongono in una storia diversa e senza fine, sebbene pur sempre la stessa nelle sue profonde e sorgenti radici iniziali. E pure l’arte, quella classica e visiva, ha iniziato il suo passo di ancella “reale”, colei che diviene sempre più servile ad ogni livello, seppur ricercata incuneata in ogni ambito possibile, dal design, ai titoli di forma e d’immagine. L’Arte, oltre la sua sapienza vetusta che la storia mantiene nel suo illustre passato, diviene oggetto di trasformazione dei beni materiali e possibile simbolismo materico. Si dice che l’arte nel suo concetto estremo di bellezza possa salvare il mondo: Riflessione forse troppo aulica, sicuramente colma di desiderio e di speranza, ma ciò che conta veramente, è il senso di rinnovamento in visioni e forme che nell’arte trovano sfogo per riproporre, per svecchiare, per rendere vivo ciò che seppur ritenuto o sempre grande , significativo e di riferimento, ha perso lo smalto dell’attualità ed è divenuto storia, incuneandosi sì nella radice culturale della

conoscenza, ma divenendo “passato”, riferimento di ciò che fu.

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a ridelineare il presente per rinverdire il futuro , è a mio avviso possibile non soltanto sguazzando in un possibile futuro puro e scevro da un materico passato, come molti progressisti pensano, ma reintegrando e rivitalizzando il senso del passato stesso, come segno dinamico di un cambiamento che tiene conto del cammino dei momenti umani nei loro significati più intimi e sinceri di ispirazione, di bisogno nel sociale, della ricerca di nuove fonti di benessere sia materiale sia spirituale e morale. Si dice che molti giovani nell’apparenza della loro modernità siano invece vecchi dentro. Io penso che più che l’utilizzo dell’aggettivo “vecchi” sia da utilizzare quella di “vuoti”, perché è nella mancanza voluta, a volte anche inconscia, di riferimenti che si perde la via per il futuro nella vera e positiva modernità. Che dire ancora per finire? Posso dire che, nel segno del desiderio di creare di comprendere e di conoscere, l’artista (e non solo lui nell’ambito della nostra società ma tutti i cittadini di buona volontà), deve divenire una “pietra miliare” e farsi carico dei segni di un cambiamento voluto per ritrovare e rinnovare il benessere sociale, nel ridefinire creando le regole di questo nuovo senso del benessere che parte dallo spirito, per rinnovare anche i bisogni della carne.

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l senso sta nel credere nelle proprie forze, per stimolare il vicino a non sentirsi solo ed a competere serenamente e positivamente con gli altri attraverso il senso di utilità che ne scaturisce per il bene di tutta la comunità.


Anno 10° , n° 2

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ET IN ARCADIA EGO: ERMETISMO TRA CLASSICITÀ E ROMANTICISMO

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accostamento arte/esoterismo è sempre rischioso: il pericolo di allontanarsi dai binari della filologia è in agguato ovunque, anche perché il mito sa adularci come le sirene di Omero. Per cercare di superare indenni questo pericolo, possiamo legarci all’albero del nostro fragile vascello e tentare di avventurarci nell’oceano mare in cui arte, iconografia, allegoria ed esoterismo convivono e si uniscono in una simbiosi problematica. In questo capitolo proveremo quindi a guardare un’opera d’arte emblematica per i cui cultori dell’esoterismo: “Pastori d’Arcadia” (nota anche come “Et in Arcadia Ego II”), di Nicolas Poussin (1594-1665) (L’opera è un olio su tela (87x120 cm) del 1640, attualmente si trova al Museo del Louvre). Si tratta di una tela di indubbio fascino, forse meno importante di altre opere del pittore francese, che svolge però un ruolo molto attivo nella tradizione esoterica, nella quale hanno un posto d’onore simboli come il Graal, i misteri di Rennes-le-Château, fino al Priorato di Sion. Influenzato dal Manierismo e da Raffaello, Poussin trasse spunti fondamentali per la sua formazione nella cultura artistica italiana; svolsero inoltre un ruolo determinante per le scelte dei soggetti la tradizione biblica e la mitologia greco-romana. Anche quando si orientò verso il piccolo e medio formato, seppe sempre assegnare alla composizione un notevole dinamismo, che si concretizza in un ritmo serrato e trascinante. Poussin cercò, per quanto possibile, di sottrarsi alle incombenze determinate da incarichi anche prestigiosi – fu “premier peintre du Roi” incaricato di dipingere la grande galleria del Louvre – e trascorse molto tempo a Roma (dove morì): qui ebbe modo di dipingere i soggetti a lui cari, peraltro molto apprezzati, come confermano le numerose committenze che l’impegnarono fino alla fine. e pur incline a orientare la sua poetica in direzione di tematiche che potremmo definire “classiche”, in cui prevale l’attenzione per l’universo del sacro, l’artista francese ebbe comunque la capacità di sorreggere la sua ricerca con una profonda analisi intellettuale, finalizzata a spingersi oltre il limite delle apparenze. Realtà e fantasia, così come natura e storia, si sintetizzano in un linguaggio rigoroso, scandito da una tecnica impeccabile, adagiata su un’intelaiatura prospettica precisa. Come altri artisti – per esempio il Guercino (1591-1666) – anche Poussin fu particolarmente attratto dalla frase “In Arcadia Ego”: come già indicato, la pose nella sua opera “Pastori d’Arcadia” che, dal romanticismo, è diventata una sorta di cult per

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gli appassionati di esoterismo. Cerchiano di capire quali possono essere le ragioni di tale attenzione per un dipinto in fondo meno attraente di altri. Luogo povero e abitato solo da pastori, l’Arcadia era una regione della Grecia idealizzata nelle Bucoliche di Virgilio, in cui è descritta come un universo caratterizzato dalla primavera eterna e da una rigogliosa vegetazione. Di fatto un mondo che tende ad assumere connotazioni simili a quelle che la mitologia attribuiva all’Età dell’oro. La tomba in Arcadia, che è destinata a diventare un topos letterario e artistico, ha il suo incipit in quella di Dafne (Virgilio, Bucoliche, V,42), che incarna il giusto equilibrio tra la bellezza esteriore e quella interiore. ll’inizio del XVII secolo, si diffuse un tema iconografico caratterizzato da un sepolcro e/o un teschio accompagnato dal motto: “Et in Arcadia ego”. Tema che, come abbiamo già indicato, incontrò l’attenzione di altri artisti; Poussin lo volle però enfatizzare nella sua opera, fino a farne il punto focale e suggerendo così una prospettiva di lettura che si orientava in direzione dell’esoterismo. Prima di tentare un’esegesi dell’opera, soffermiamoci sull’iscrizione: Et in Arcadia ego (Anche in Arcadia io): “et” per “etiam” (anche), si sottintende “sum” (sono presente) o “eram” (ero). Si delinea quindi una doppia interpretazione: la morte è onnipresente: sum, anche in Arcadia la caducità della gloria umana al cospetto della morte: io ero (eram) in Arcadia. Insomma, una celebrazione del potere della morte sull’uomo e la conferma che la nostra vanagloria umana è, prima o poi, destinata a essere cancellata dalla caducità della nostra esistenza. Poussin fu quindi particolarmente colpito dalla forza di Et in Arcadia ego: poche parole che probabilmente visse con intensità; ricordiamo che fu sempre tormentato da problematiche di salute, rifuggì i fasti scegliendo una vita ritirata e privilegiando la riflessione. Sembra quindi che la consapevolezza della vanità delle cose terrene avesse una parte importante nella quotidianità dell’artista che, tra il 1627 3 e il 1628, realizzò la prima versione di “Pastori d’Arcadia” (indicata con “Et in Arcadia Ego I”) (Olio su tela (101x82 cm) Chatsworth, Devonshire Collection). Adottò gli stessi elementi che caratterizzano “Et in Arcadia Ego” del Guercino, dipinta alcuni anni prima (Olio su tela (82x91 cm) Roma, Palazzo Barberini), in cui hanno un ruolo preminente un teschio e due pastori di età diversa. Mentre nell’opera del Guercino il testo si trova su un semplice piedestallo in mattoni, nella

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tela di Poussin il teschio e l’iscrizione sono presenti su una struttura più complessa, una tomba. Ma qui c’è dell’altro: alla sinistra dei pastori è presente una giovinetta vestita di bianco e alla destra una figura maschile seduta e posta di tre quarti, che nasconde il volto. Questo personaggio, più anziano di tutti gli altri, viene interpretato come la rappresentazione dell’Alfeo, fiume dell’Arcadia e per la maggior parte sotterraneo: per tale motivazione il volto dell’uomo non sarebbe visibile. Ne risulta che le altre tre figure rappresenterebbero altrettante età della vita, secondo una struttura non insolita nell’arte e che avrebbe ascendenze di ordine esoterico. L’artista francese, a differenza del Guercino, raffigura i pastori nell’atto di leggere con attenzione l’iscrizione; quello di destra segue con il dito le lettere, quasi a enfatizzare il contenuto del testo. La scena è resa particolarmente dinamica dall’atteggiamento dei pastori, che scoprendo la tomba di fatto scoprono la morte nella fase di maturità della vita, posta cioè tra fanciullezza e vecchiaia (la giovane a sinistra e il vecchio a destra). Poco più di un decennio dopo, Poussin eseguì un a seconda versione di quella singolare opera (“Et in Arcadia Ego II”), che si presenta decisamente più articolata della precedente, sviluppata in orizzontale, a differenza dell’altra che è in verticale, con un paesaggio maggiormente descritto e curato. Qui il sepolcro troneggia al centro della composizione; in “Arcadia I” è visibile parzialmente, confuso tra gli alberi: intorno a esso i quattro personaggi sembrano meno stupiti e forse impegnati nel tentativo di trarre i significati della scritta. Il pastore di sinistra appoggia il braccio sulla pietra, mentre osserva il personaggio con la barba, quello a lui più vicino, inginocchiato e indica con il dito l’iscrizione e pare leggerla; al suo fianco l’altro pastore, semipiegato e che anch’esso punta il motto. All’estrema destra vi è una donna con abbigliamento ricercato, che ricorda quello delle matrone (forse la raffigurazione dell’Arcadia). Non vi è più il teschio, ma significativamente un’ombra che ricorda la falce della morte. Il dipinto poussiniano, nella sua quieta e misteriosa atmosfera, ha fortemente condizionato la cultura del suo tempo, divenendo un modello per copie di tombe realizzate in cimiteri e come memento mori in parchi e giardini. Sul modello de “Pastori d’Arcadia” è stato realizzato il rilievo in marmo dello Shepherd's Monument (XVIII secolo), conservato all’interno della Tenuta di Shugborough Hall nello Staffordshire in Inghilterra. continua →


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Dalla 2a pag. Un altro rilievo analogo venne scolpito nel 1832 a Roma, per segnalare la tomba di Poussin. Senza dubbio, la presenza all’interno di una sola tela di un’iscrizione che interagisce con le figure, costituisce un’occasione colma di fascino per gli studiosi di iconologia, ma anche per quanti ricercano messaggi criptografici dai quali trarre informazioni che non traspaiono dalla superficie della . Il gianiforme messaggio di certo è l’artefice della problematicità semantica della tela di Poussin (cfr. E. Panofsky, Il significato delle arti visive, Torino 1999): molte le interpretazioni che si sono susseguite e sorrette dalla certezza che quel motto in realtà fosse un enigma linguistico, all’interno del quale si celerebbero significati accessibili a pochissime persone. Le motivazioni di tale segretezza sarebbero determinate dal fatto che la tomba raffigurata dovrebbe essere addirittura quella di Cristo. Insomma il quadro illustrerebbe il luogo – noto a Poussin a pochi altri – in cui era situata la “vera” tomba di Gesù, contenente i suoi resti mortali… Qualcuno la pone vicino a Rennes-le-Château! Fantasia e desiderio di mistero si amalgamano indissolubilmente, creando tutti i presupposti per dare largo spazio a vicende che appartengono a quella tradizione esoterica che sorregge, per esempio, Il codice da Vinci, ecc. Questa nostra rapida panoramica ci ha concesso di constatare che i “messaggi” esoterici di un’opera d’arte possono essere di tre tipi: 1. Inseriti dall’autore (per propria volontà, per richiesta della committenza, ecc.); 2. Individuati dai fruitori - però non inseriri dall’autore - e “scoperti sulla base delle conoscenze e soprattutto delle istanze di chi osserva quell’opera;

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3. Inseriti dall’autore ma interpretati dal fruitore in modo del tutto diverso dai fruitori. Per quanto riguarda “Et in Arcadia Ego II”, entra in gioco la prima tipologia: i riferimenti voluti da Poussin potrebbero essere la testimonianza oggettiva della caducità delle cose terrene, l’uso dell’allegoria delle tre età sarebbe l’espressione dell’inesorabile scorrere del tempo. Naturalmente il discorso può essere approfondito in chiave esoterica: ma, per quanto ci riguarda, si tratta di un’avventura iconologica abbastanza rischiosa. Ricordiamo che il legame tra l'arte e la dimensione che definiamo, anche arbitrariamente, esoterica ha un'origine molto antica: è soprattutto a partire dal Rinascimento che ha trovato però la sua massima affermazione. Nelle tavole di Giorgione o di Bosch, negli affreschi di palazzo Schifanoia o nel complesso dedalo iconografico della Cappella Sistina, come in tante altre opere di artisti di ogni tempo, gli studiosi hanno scorto tutta una serie di singolari rimandi esoterici. L'indagine iconologica effettuata da Erwin Panofsky (1939), che riprese le tesi di Cesare Ripa, autore, quattro secoli prima, di un'Iconologia (1593) in cui si indicava la strada per considerare l'arte un “ragionamento per immagini”, ha puntato molto sul valore magico-esoterico dell'arte. Infatti, dovendo essere un metodo di interpretazione storico che superi gli aspetti puramente descrittivi e classificatori dell'analisi, l'iconologia risulta lo strumento più idoneo per guardare oltre l'apparenza, oltre la rappresentazione in sé. Questa chiave di lettura è quella che ha permesso agli studiosi di scorgere, per esempio, solidi legami tra il Parmigianino e l'alchimia, tra Rembrandt e il satanismo, tra Leonardo e la magia sessuale, e avanti fino a Pollock, passando per Duchamp, De Chirico, Magritte. 29/01/2014

Oggi il Consiglio di Amministrazione di Fiat S.p.A ha approvato una riorganizzazione societaria e la costituzione di Fiat Chrysler Automobilies (“FCA”), un costruttore di automobili integrato e globale. Dopo l’acquisto da parte di Fiat della quota di minoranza di Chrysler Group LLC che era detenuta dal VEBA Trust, il Consiglio di Amministrazione di Fiat ha esaminato le alternativa più appropriate per la nuova governace e la nuova struttura societaria. Con l’obiettivo di costruire un’azienda che, per dimensioni e capacità di attrazione sui mercato finanziari, sia comparabile ai migliori concorrenti internazionali, il Consiglio ha deciso di costituire Fiat Chrysler Automobiles N. V., società di diritto olandese che diventa la holding del gruppo. La azioni ordinarie di FCA saranno quotate a New York e Milano.

LA NUOVA SIGLA DI FIAT – CRYSLER: UN ESEMPIO DI COME L’ARTE AIUTI A COSTRUIRE UN LOGO

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ltre il segno, la forma, e la costruzione di un design valido al momento, esiste la certezza di una memoria storica e di vita e di persone, specie per una azienda come quella di cui stiamo interessandoci, in cui nella scelta del logo possa esservi il senso di tutto questo. Al di la del senso societario e industriale prettamente economico, il senso dell’azienda e dei suoi ideali percepiti dai suoi uomini, in questo caso fusi con un’altra realtà , possono essere percepiti e presentati simbolicamente grazie alla cultura ed all’arte della nostra storia passata. E’ comunque il senso della continuità che avanza e si sviluppa. La Fiat non muore, si trasforma, e la storia continua. 05/02/2014

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l nuovo logo FCA, annunciato il 29 gennaio e acronimo di Fiat Chrysler Automobiles, rientra in un progetto di branding che parte dalla definizione di un concept strategico distintivo sulla cui base vengono studiati il nome, il marchio, l’housestyle e l’intera Corporate Identity, caratterizzata dalla forza espressiva e la potenza evocativa delle sue forme essenziali e universali.

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uso di un acronimo aiuta a stemperare i legami col passato, senza reciderne le radici, e al tempo stesso contribuisce a definire l’approccio globale del Gruppo. Facile da comprendere, pronunciare e ricordare, è un nome adatto all’internazionalità del mercato contemporaneo. Nel marchio le tre lettere vivono all’interno di una raffigurazione geometrica ispirata alle forme essenziali della progettazione automobilistica: la F, generata dal quadrato simbolo di concretezza e solidità; la C, che nasce dal cerchio, archetipo della ruota e rappresentazione del movimento, dell’armonia e della continuità; e infine la A, derivata dal triangolo, che indica energia e perenne tensione evolutiva. Il marchio così progettato si presta a una straordinaria varietà di interpretazioni rappresentative.

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l nuovo logo sarà adottato da Fiat e Chrysler appena possibile e al termine del completamento del processo di riorganizzazione della nuova società. Fino ad allora rimane valido l'esistente logo Corporate Fiat-Chrysler. Comunicato aziendale).


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La drastica riduzione delle materie artistiche mi fa pensare a 1984 di Orwell. Giovanna Megna (insegnante scuola secondaria)

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eintrod urre la mater ia significherebbe aumentare una spesa che è stata tagliata perché il Paese non è in grado di sostenerla» Così si è espressa la Commissione Cultura Scienze e Istruzione della Camera qualche mese fa. Ignoranza e incompetenza hanno generato una serie di riforme nel campo dell’istruzione che, per meri calcoli economici, stanno massacrando la scuola italiana. Nonostante la raccolta firme e pressioni dal mondo scolastico, a rimetterci è stata una delle materie che sta alla base della tradizione italiana. Mi riferisco all’insegnamento dell’Arte che viene “cancellata” o drasticamente ridotta in molte scuole. Ciò che per secoli ha rappresentato l’identità culturale del nostro paese, oggi è un’appendice che può essere “tagliata”, “asportata”. Non serve. È inutile. Ci sono troppe spese, togliamo il superfluo: l’arte!

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on mi lascio andare in romanticismi senza fondamento. Qui si tratta di perdere un tratto distintivo della nostra storia e della nostra cultura che, da secoli, ci contraddistingue in tutto il mondo. All’estero l’Italia è ricordata per il suo

patrimonio artistico. Ciò è innegabile! È un binomio indissolubile. Ma in Italia, pochi eletti sapranno riconoscere un Michelangelo, un Leonardo da Vinci, un Modigliani…

espressione; dall’altro costituisce uno strumento di “lettura” delle immagini che apre le porte al pensiero critico e evita che l’uomo sia un passivo fruitore delle stesse.

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itenere superflua la storia dell’arte significa non voler più sensibilizzare gli uomini alla bellezza, non solo quella storico-artistico che ci circonda, ma anche alla Bellezza in sé. Significa non dare più credito alla valorizzazione del bello, passato e futuro. Avremo individui che non sapranno più emozionarsi davanti ad un’opera d’arte perché non ne conoscono i riferimenti storico-artistici, le tecniche, i simboli, i messaggi. Cammineranno accanto a monumenti, che ci invidiano in tutto il mondo, con occhio fuggevole e disinteressato perché non ne coglieranno mai il senso. E ciò che non si comprende si può anche perdere perché è privo di valore; si perderà perché la nostra ignoranza darà forza a chi vorrà esercitare il suo potere sui beni di valore inestimabile. Inoltre, si disperde un potenziale educativo non indifferente. L’arte ha una duplice funzione a tal proposito: da un lato stimola la creatività e la libera

L'arte del Bauhaus

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a città di Milano e più precisamente la Fondazione Stelline celebra il maestro del Bauhaus Josef Albers. Dal 20 settembre al 6 gennaio 2014 si è tenuta la prima mostra monografica del celebre artista intitolata "Josef Albers. Sublime Optics"; il maestro è da sempre appartenente alla religione cattolica ed infatti ha inglobato il linguaggio della tradizione cristiana in molti lavori, evidenziando come il colore e il mutamento del tratto siano di natura spirituale. Albers nasce a Bottrop; dopo gli studi di pittura a Berlino entra nel Bauhaus a Weimar. Le sue opere mettono in evidenza l'instabilità delle forme e i suoi lavori includono collage di vetro colorato che permettono variazioni di luce. Nel 1933 il Bauhaus chiude e l'artista emigra così negli Stati Uniti dove insegna fino al 1949. Il Bauhaus fu una scuola di architettura, arte e

design che operò a Weimar dal 1919 al 1925 e in altre due sedi. Il termine fu ideato da Walter Gropius e richiamava la loggia dei muratori. Essa non era solo una scuola ma un punto di riferimento per i movimenti d'innovazione nel campo del design e dell'architettura facenti parte del movimento moderno. Purtroppo la scuola s'interrompe con l'avvento del nazismo. La splendida mostra alla Fondazione Stelline è stata curata e allestita da Nick Murphy sulla base di un progetto ideato da Nicholas Fox Weber: tale esposizione propone un'interessante prospettiva sul maestro del Bauhaus raccogliendo opere davvero uniche. Il percorso espositivo offre settantotto lavori realizzati all'inizio della sua carriera artistica, fino all'ultimo "Omaggio al Quadrato". Le opere sono pervase dal suo credere che sia possibile mutare la realtà quotidiana. Tale iniziativa della Fondazione Stelline è il primo

a mancanza di conoscenza del patrimonio culturale (mi riferisco anche alla scarsa considerazione che si tende a dare alla Storia e a tutte le materie umanistiche) e delle materie artistiche contribuisce a formare sempre più uomini scarsamente creativi (o con una creatività inibita), poco inclini all’interpretazione personale e soggettiva, privati della capacità critica e di “lettura oltre le righe”. In queste condizioni non è a rischio solo il passato ma anche e soprattutto il nostro futuro. Un uomo passivo fruitore delle immagini e dei simboli non sarà in grado di progettare un valido futuro basato sulla libera espressione e sul libero pensiero. Che si voglia creare una sorta di Oceania orwelliana, in cui il pensiero artistico, critico e creativo, il sentimento, la personalità, la soggettività vengono repressi e banditi per volontà di un Grande Fratello sulla base della sua convinzione “l’ignoranza è forza”? “Chi controlla il passato controlla il futuro!”, Orwell docet.

"ritorno" delle opere di Albers a Milano dopo circa ottant'anni di assenza. In occasione della mostra, la Fondazione Stelline e la Josef and Anni Albers Foundation hanno sviluppato una collaborazione con il carcere di Bollate e E.s.t.i.a. cooperativa Sociale Onlus, grazie alla quale la compagnia del teatro In-stabile del Carcere realizzerà uno spettacolo ispirato a testi di Josef Albers. Sussiste poi una seconda esposizione dal titolo "Imparare a vedere: Josef Albers professore, dal Bauhaus a Yale" in mostra dal 2 ottobre al 1 dicembre nella Sala Napoleonica dell'Accademia di Brera ove viene approfondito l'impatto del metodo d'insegnamento innovativo di Albers. La passione dell'artista nell'insegnamento è riletta attraverso quattro Omaggi al Quadrato e 100 documenti, foto, libri e materiale dello stesso Albers. Lui stesso commentava: "Io non ho insegnato pittura perché non può essere insegnata. Io ho insegnato a vedere".


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Due Artisti al Mese

A cura di Danilo Tacchino

“Essere Artisti di Arte Città Amica significa essere uniti nella produzione artistica e nelle emozioni che essa offre, per determinare un messaggio creativo nel segno di una qualità mirata a far conoscere e conoscersi”

Mauro Azzarita Un ragazzo per bene, è Mauro. Negli eventi dell’associazione molto presente e sempre corretto, poco incline al protagonismo, semplice e ed equilibrato, nella semplicità e nella simpatia, ripone ogni approccio alla conoscenza ed all’interesse per l’arte. Le sue opere invitano al silenzio, al mondo appartato, alla tranquillità cercata con ogni mezzo. Sia che l'artista s'immerga nel paesaggio ricoperto da una candida coltre nevosa oppure colga il proprio unico personaggio in riva al mare, abbandonando sull'ultimo il confine della sabbia, dinnanzi al mare azzurro, nella attesa lettura del giornale; sia che ritragga, con cura finissima e mai ridondante di particolari, certi casolari abbandonati. Tutto è realissimo e irreale al tempo stesso, ogni cosa s'incrocia su piani temporali diversissimi.

A volte ama mettere quasi un filtro, un leggero riparo tra se stesso e l'immagine solitaria, come quelle goccianti tracce di pioggia che introducono al viso femminile visto in un caffé. Azzarita riprende anche con cura il panorama invernale studiandone la morbidezza, il potere di avvolgere nel silenzio ogni cosa. Essenziale nella composizione, gli alberi spogli, distanziati come quinte teatrali in primo piano e quasi un fondale compatto all'orizzonte, il sentiero, il personaggio di spalle: scena dove regna un tratto malinconico e soffuso, ma quella luminosità che pervade con bella ricerca cromatica la tela può anche essere lì a significare l'umore tranquillo, filosofeggiante, rassegnato di quella passeggiata, un pensiero intimo. E l'immagine, nella bravura dell'artista si stacca dalla realtà per divenire concetto, simbolo assai più profondo. Azzarita ci rimanda a tanta letteratura, ma la sua immagine, fatta di sincerità e calore, accampa una nota di incisiva personalità, addolcisce la pennellata forse un ricordo antico, è intrisa di una vitalissima padronanza nella resa del particolare, spinge all'ammirazione e alla solidarietà, offre un candido panorama di stupore e di incanto. Elio Rabbione ***

Mariuccia Gamba L’ho conosciuta con suo marito, uomo tutto d’un pezzo, molto presenti agli eventi

INDIAN KISS Il libro che racconta l’India attraverso i suoi film Un libro sul cinema del subcontinente I film di Bollywood: specchio dell’India “Indian Kiss” (pagine 138, Euro 12,00), pubblicato da ObarraO edizioni, è il titolo di questo interessante libro di Franco La Cecla. Si tratta di una dettagliata analisi del cinema indiano e in particolare di Bollywood, il grande centro di produzione dei film indiani che gareggia con Hollywood. Il libro ci aiuta a capire l’India profonda attraverso i suoi film. E si parte dal tema del “bacio mancato”: nei film indiani, pur pieni di grandi passioni e storie d’amore, gli attori non si baciano mai. Questo rispecchia perfettamente la puritana mentalità dei

bramani ma fa a pugni con la nostra concezione di cinema. L’Autore, che è un antropologo analizza ed descrive la società indiana utilizzando la produzione in celluloide come elemento indispensabile per capire l’anima indiana, essendo l’India una colossale fruitrice di film. Ma il libro è anche il resoconto di un viaggio compiuto nel subcontinente, in particolare a Bombay, dove il cinema indiano ha la sua Mecca. Ne viene fuori un ritratto dell’India molto originale, visto attraverso i suoi film. Lo potete richiedere in tutte le librerie. Sito internet www.obarrao.com Fabrizio Legger

associativi e soprattutto lui, molto attento con spirito critico positivo alla crescita delle attività dell’associazione e personalmente sempre alla ricerca di un contatto con me attraverso un’atmosfera riflessiva per la voglia di comprendere e confrontarsi. Poi ho conosciuto Mariuccia anche attraverso le sue opere, che emanano sempre una leggerezza che nel colore chiaro trova sempre uno spazio per sperare nel futuro, con tanto ottimismo e tanta voglia di credere nella bellezza. Come tecnica pittorica predilige quella dell'acquarello. Tecnica che, come sa bene chi si è cimentato, è piuttosto complessa in quanto richiede immediatezza e decisione, essendo poi difficile riparare eventuali errori. Mariuccia vi si avvicina con pudore, con la voglia di sperimentare e di crescere, ben sapendo che nell'arte in genere e, in questa in particolare, non si può mai dire di essere arrivati.


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L’attività espositiva:

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ue belle personali danno il via all’attività espositiva di questo bimestre. Si tratta di

ELIO PETAZZI E

MAURO FILIPPINI La mostra sarà inaugurata sabato 8 marzo e continuerà fino al 18.

“COLLETTIVA SOCIALE DI ARTI FIGURATIVE CEDAS” La sezione Arti Figurative del CEDAS (Centri di Attività sociali FIAT) presenta la mostra dei soci, con opere scelte dai critici G. G. Massara e A. Mistrangelo. La stagione culturale ed espositiva dei CEDAS si apre con questa rassegna che esprime l’impegno, le soluzioni tecniche, la capacità espressiva di quanti hanno frequentato i corsi di pittura e di creatività o, viceversa, provengono da altri momenti formativi e di ricerca tra immagine e colore. Inaugurazione il 4 aprile alle ore 18,00. La mostra resterà aperta fino al 15 aprile.

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l 25 aprile ci sarà l’inaugurazione della prima mostra dedicata agli autori che partecipano al V Concorso di Pittura, disegno e Grafica, promosso dal nostro Centro.

*** L’attività letteraria

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ppuntamento al 13 marzo, ore 21,00, con Massimo Centini che terrà una conferenza dal titolo

NON È BELLO CIÒ CHE È BELLO MA È BELLO CIÒ CHE PIACE

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ontinuano gli appuntamenti con Ottovolante con una prima serata fissata per il 27 marzo, sempre alle ore 21,00 e una seconda serata fissata per il 10 aprile.

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Presentata l’antologia l’8 marzo a Genova Palazzo Ducale Stanza della poesia. Un viaggio nella poesia dal vivo, tutto da leggere. Autori vari sull'ottovolante poetico della Associazione arte città amica. Presenti da Torino: Danilo Torrito, Igor Spadoni , Cristina Maranzana, Fabrizio Tiberio, Michele Perino. Prossime presentazioni pianificate: • 8 marzo, stanza della Poesia Palazzo Ducale - Genova; • 5 aprile, Vignola (Modena); • 13 aprile; libreria Mondatori - Pinerolo (Torino); • 22 maggio, Cascina Roccafranca - Torino

Direttore: Danilo Tacchino.

icordiamo che “Ottovolante” è a cura di Andrea Bolfi e Mario Parodi.

T u t t e l e m o s t r e d i A r t e C i t t à a m i c a possono essere visitate nei seguenti orari: Da lunedì a sabato: Domenica e festivi:

ore 16.00 - 19.00 chiuso

Impaginazione e grafica: Egidio Albanese


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