#ioleggoperché cosa ne pensano cinque scrittori italiani

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Gazzetta del Sud Mercoledì 22 Aprile 2015 .

Cultura e Spettacoli

«Leggo per legittima difesa» Woody Allen

Mini-mostra

Expo, sei opere d’arte per narrare l’Italia Bianca Maria Manfredi MILANO

Prima puntata del nostro “sondaggio” sull’iniziativa dell’Aie

#ioleggoperché fa bene all’anima Ma la domanda di fondo resta aperta: come si fa a “seminare” nuovi lettori? Francesco Musolino

Alla vigilia della sua prima edizione, la manifestazione #ioleggoperché si annuncia come una mobilitazione di massa sotto l’egida dell’Associazione Italiana Editori per promuovere la lettura. In campo ci sono numeri impressionanti come le 240mila copie di 24 longseller che verranno donati ai non-lettori da trentamila volontari, i Messaggeri. Domani – Giornata mondiale del Libro e del diritto d’autore – sono previsti oltre mille eventi in contemporanea lungo tutta la penisola e c’è attesa per il ritorno dei libri in prime-time con la diretta (Rai3, 21.05) della serata condotta da Pierfrancesco Favino dall’Hangar Bicocca di Milano con numerosissimi ospiti per condividere insieme i libri amati. Un’iniziativa fortemente mediatica – ma non priva di critiche – tanto che #ioleggoperché ha persino un suo inno inciso da Samuele Bersani e Pacifico con Francesco Guccini: “Le storie che non conosci”. Basterà a superare la crisi della lettura? Gazzetta del Sud ha voluto approfondire il tema chiedendo ad alcuni scrittori, giornalisti e operatori culturali cosa pensano dell’iniziativa e comunque qual è secondo loro il modo “giusto” per seminare i lettori. Davvero entusiasta è lo scrittore riminese Marco Missiroli, in classifica con “Atti osceni in luogo privato” (Feltrinelli): «#ioleggoperché è un percorso di libri e lettori. È una macchina del tempo che unisce ere, scrittori, pubblicazioni e voci con un'unica finalità: il contagio, la contaminazione. I lettori si seminano con il libro giusto al momento giusto: dovrebbero farlo le scuole e gli insegnanti, calcolando il grado di resistenza alla noia dell’età dei loro alunni e consigliare il libro giusto. Ogni libro giusto è un patrimonio, cavallo di Troia e attivatore di coscienza letteraria». Sullo stesso piano Stefano Petrocchi, direttore della celebre Fondazione Bellonci (organizzatrice del Premio Strega): «Ben venga ogni manife-

stazione che si proponga di portare il libro al centro dello spazio pubblico: a scuola, nelle piazze, in tv. L'amore per i libri – prosegue Petrocchi, che ha aperto gli archivi della memoria ne “La polveriera” (Mondadori) - non è un seme che si pianta, nasce spontaneamente. Bisogna preparare però il terreno di coltura, facendo sapere ai ragazzi che c'è un libro, una storia che li sta aspettando, e far sì che questo libro e questa storia siano a portata di mano o di mouse». Ma c’è chi puntualizza, e analizza molto criticamente l’iniziativa, come la scrittrice messinese Nadia Terranova che ha da poco felicemente esordito col romanzo “Gli anni al contrario” (Einaudi): «Ho delle perplessità sulla vaghezza dell'operazione e sull'esaltazione dell'esercizio della lettura fine a se stesso. Più che

Il “Maggio dei libri” al via da domani con un programma foltissimo di eventi in tutta Italia

#ioleggoperché, avrei fatto #ioleggocosa, anche dibattendo ferocemente sui contenuti. La cultura serve a questo. Tuttavia ho visto che in molti centri, soprattutto periferici, sta servendo ad aggregare e incuriosire, quindi non me la sento di demolirla, anzi, spero che il prossimo anno si ripeta accogliendo le critiche che sono state fatte». Anche lo scrittore napoletano Stefano Piedimonte, attualmente al lavoro per un romanzo in uscita per Rizzoli, è sulla stessa linea: «Le occasioni a favore dei libri sono tutte da apprezzare, dal grosso festival letterario con nomi internazionali all’iniziativa del singolo che, come il sottoscritto, dimentica in aereo il romanzo che stava leggendo e non prova neanche a recuperarlo pensando che poi lo leggerà qualcun altro. Bisognerebbe intanto creare nuove iniziative – continua Piedimonte – ma spesso si parte dal presupposto che non ne valga la pena. I lettori sono pochi e restano tali proprio perché non ci sono iniziative. È un circolo vizioso che va smontato». Estremamente critico è in-

Hanno detto

Un libro dev’essere un’ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi Franz Kafka

Ci sono crimini peggiori del bruciare libri. Uno di questi è non leggerli Josif Brodskij

Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto; io son orgoglioso di quelle che ho letto Jorge Luis Borges

I libri sono riserve di grano da ammassare per l’inverno dello spirito Marguerite Yourcenar

vece il torinese Fabio Geda, uno degli autori italiani più amati dagli studenti per il suo super best-seller, “Nel mare ci sono i coccodrilli” (Baldini&Castoldi): «Credo che tentare di acchiappare nuovi lettori propinando loro ventiquattro romanzi scelti da qualcuno che non sia il lettore stesso sia una delle sciocchezze più colossali che l’Associazione Italiana Editori abbia mai partorito. Invece di proporre l'immenso catalogo di universi narrativi disponibili, incoraggiando le persone non a scegliere ma a “farsi scegliere” da una storia, ecco che si rifà lo stesso errore perpetrato ogni giorno in migliaia di scuole, imponendo dall'alto i testi invece di spalancare le porte della percezione grazie all'offerta di librerie e biblioteche. Faccio notare che l’Aie non ha voluto firmare la petizione a favore della biblioteche scolastiche promossa da Torino Rete Libri. Evidentemente preferisce fare regaliagli editori acquistando qualche manciata di libri piuttosto che investirenell’educazione alla lettura dei lettori di domani». 31- continua

UNA RIFLESSIONE SULLA NECESSITÀ DI UN “SISTEMA” E UNA “RETE”

Quando il mondo si divide in lettori e non lettori Anna Mallamo

A

volte vien da pensare (con un certo sgomento) che il mondo sia diviso tra quelli che leggono e quelli che, una volta abbandonati i libri di studio, non leggono mai. Poi i sondaggi ci dicono che esistono “lettori forti” (quelli che finiscono in media un libro al mese) e lettori occasionali. L’ultima indagine Istat rivela che gli italiani che hanno letto almeno un libro in un anno sono il 41,4 per cento (la percentuale più bassa d’Europa: non parliamo nemmeno della Germania, con l’83%, ma pure la sorella Spagna ci surclassa con quasi il 60%): dunque, il 58,6 per cento degli italiani (percentuale in au-

mento dal 2013) non apre neanche un libro in un anno. Comparare questi dati con quelli, poniamo, sull’uso di cellulari e smartphone, o sulla presenza sui social network, porterebbe forse a interessanti scoperte.

Tutti i “dispersi”

Cercare di connetterli, poi, con i dati sulle fasce d’età dei lettori farebbe sorgere imbarazzanti domande: lo sapete che la fascia d’età in cui si legge di più è quella fra gli 11 e i 14 anni? E dove vanno a finire questi potenziali lettori non occasionali, dopo i 14 anni? Dunque, ci sono molte operazioni da considerare, nelle campagne pro lettura: come recuperare i “dispersi”, come attirare i “refrattari”, come far restare tut-

ti quanti nel meraviglioso mondo del libro?(e qui ha ragione Nadia Terranova: cosa vuol dire mai “il libro purchessia”? Leggere a cosa serve, se non a scegliere, volere, giudicare, scartare? Siamo tutti intelligenti per il solo fatto di leggere? Anche se leggiamo cinquanta sfumature di nulla rilegate in scintillante patinatura?). Riuscirà l’iniziativa #ioleggoperché dell’Aie a seminare nuovi lettori e riportare al libro i “dispersi”? Non lo sappiamo. Quello che è certo è che seminare un nuovo lettore è cosa più difficile che seminare una foresta intera, e forse devono concorrere tante cose: la scuola, le abitudini della famiglia o degli adulti di riferimento (leggono libri il 66,9% dei ragazzi con entrambi i geni-

tori lettori, contro il 32,7% di quelli che i cui genitori non leggono mai; quasi una famiglia su dieci non ha alcun libro in casa, il 63,5% ne ha non più di cento), la possibilità di trovare-vedere-“assaggiare” un libro (ci sono realtà periferiche e paesi in cui non esistono librerie e ci sono chilometri di librerie-supermercato abbandonate a se stesse, senza uno straccio di libraio o un’idea che accolga e indirizzi i possibili lettori).

Spot? No, grazie

C’è una rete da creare, più che un messaggio seducente – unico per tutti – da trovare. Perché lo sponsor perfetto per la lettura non sarà mai un vip (calciatore, attore, chef o cantante), ma un altro let-

tore. E un hashtag che spieghi #ioleggoperché raccoglierà le cose più diverse, e anche belle (io, personalmente, leggo perché ho bisogno di vivere molte vite per portarne avanti una sola), ma rischia di restare autoreferenziale, scambio eletto tra lettori già forti e motivati ma per nulla significativo per gli altri. Regalare a pioggia libri, infine, è come voler seminare un campo lanciando a caso manciate di semi: qualcuno attecchirà, forse, però non è, esattamente, una semina. Ma siamo lettori, amiamo l’utopia per definizione e l’immaginazione per consuetudine: nulla è impossibile, se puoi scriverlo, leggerlo o immaginarlo. Ed è così bello, immaginare un mondo di lettori consapevoli. 3

Sei opere per raccontare l’Italia del passato e del futuro: c’è anche questo nella mostra allestita a Palazzo Italia per far conoscere il nostro Paese ai visitatori dell’esposizione universale. Opere di epoca romana, opere rinascimentali ma anche un nuovo lavoro di Vanessa Beecroft, una delle artiste italiane più famose al mondo; una “Crocifissione al femminile” che accoglierà chi entra all’ingresso di Palazzo Italia, nella grande piazza centrale, in un dialogo ideale con la Hora prestata dagli Uffizi (opera romana, con inserti cinquecenteschi, che rappresenta la dea dell’autunno con un paniere di pere, noci e melograni). In esposizione ci saranno però anche la “Vucciria”, enorme quadro di Renato Guttuso del 1974 che rappresenta il mercato di Palermo, prestito del Rettorato dell’Università locale, “Il genio futurista”, arazzo di Giacomo Balla dalla collezione di Laura Biagiotti, e “Trape-

Da un reperto in marmo del IV secolo a. C. a una moderna opera di Vanessa Beecroft zhoporos”, un sostegno di mensa in marmo dipinto del quarto secolo avanti Cristo, che rappresenta due grifoni che mangiano una cerva ed è conservato al polo museale di Santa Maria del Popolo ad Ascoli Satriano: un reperto archeologico trafugato, venduto al Getty Museum e poi recuperato dai carabinieri. Ultima opera, ma non meno importante, è “Lo scherzo di ortaggi (L’ortolano)” dell’Arcimboldo. «Il messaggio finale che deve uscire da Expo - ha spiegato il sottosegretario ai Beni culturali Ilaria Borletti Buitoni - è far conoscere l’unicità dell’Italia, cioè un patrimonio culturale che non ha eguali al mondo». «Difficoltà - ha ammesso il commissario del Padiglione Diana Bracco - ce ne sono state e adesso stiamo facendo l’ultima corsa». L’esterno dell’edificio è stato finito ieri. Ora si sta lavorando agli allestimenti. Le parti per i visitatori saranno tutte aperte il primo maggio, mentre si dovrà aspettare un po’ per l’auditorium. 3

E c’è anche Guttuso. “La Vucciria”, particolare


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