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MAGAZINE anno VI numero 30 Maggio/Giugno 2012

SOLARI è il momento della protezione russamento perchÊ affrontare il problema

speciale

Intervista Leonardo Pieraccioni


MiaFarmacia in Italia Bologna

ALBERINO • Molinella fraz. San Pietro Capofiume (BO) Via Ferrari, 110 ALLE SCUOLE • Castelguelfo (BO) Viale Dei Martiri, 10/A B.V. SAN LUCA • (BO) Via M. D’azeglio, 15 BERTELLI “ALLA FUNIVIA” • (BO) Via Porrettana, 95 BETTINI • (BO) Via Corticella, 68 BOTTI • S. Giovanni in P. (BO) Via Circonvallazione I, 54 COOPERATIVA DI BOLOGNA • (BO) Via Marco Polo, 3 CROCI • Galliera (BO) Via Roma, 10/A DE PISIS • (BO) Via A. Ruffini, 2/C DEL BORGO • (BO) Via M. Emilio Lepido, 147 DELLA CICOGNA • S. Lazzaro di Savena (BO) Via Emilia, 237 DELLA REGINA • (BO) Via N. Sauro, 11 DELLA VIA APPIA • Imola (BO) Via Appia 24/B DELLA SCALA • (BO) Via M. Emilio Lepido 45 DELLO STERLINO • (BO) Via Murri, 16 DEL MELONCELLO • (BO) Via Saragozza, 254/A-B DEL NAVILE • (BO) Via Fioravanti Aristotile, 26 DEL PIANETA • (BO) Galleria Via Larga, 33 DEL SANTERNO • Imola (BO) Via Montanara, 252 DI BENTIVOGLIO • Bentivoglio (BO) P.zza Martiri, 1 DI BORGO TOSSIGNANO • Borgo Tossignano (BO) Via Mazzini, 6 DI CALDERARA • Calderara di Reno (BO) Via Matteotti, 2/A DI MALALBERGO • Malalbergo (BO) Via Nazionale, 433 DI MARZABOTTO • Marzabotto (BO) Via Porrettana, 4 DI PORTA SAN VITALE • (BO) Via San Vitale, 126 FABBRI • Granarolo dell’Emilia (Bo) Via S. Donato, 92 GNUDI • Budrio (BO) P.zza Matteotti, 8 GUANDALINI • (BO) Via Ferrarese, 12/A GUARIENTO MARILENA • Loiano (BO) Via Marconi, 8/3 MADONNA DA SERA • Crevalcore (BO) Via S. Martino, 19 MARCHI • Vergato (BO) Via Marconi, 36 MARCO POLO • (BO) Via Marco Polo, 22/A OSTI • Bazzano (BO) Via Matteotti, 74 PALTRINIERI • Budrio (BO) Via Gramsci, 1 PARCO NORD • (BO) Via Ferrarese, 160 PONTEVECCHIO • (BO) Via Emilia Levante, 29 PORTA LAME • (BO) Via F. Zanardi, 8 PORTA MASCARELLA • (BO) P.zza P.ta Mascarella, 7/a S. ANDREA ALLA BARCA • (BO) Via Tommaseo, 4/A S. SILVERIO DELLA CHIESANUOVA • (BO) Via Murri, 185/b S.S. ANNUNZIATA • Imola (BO) Via Emilia, 218 SAN DONNINO • (BO) Via S. Donato, 158 SAN GIORGIO • (BO) Via Garavaglia, 6/B SAN LORENZO • (BO) Via Ugo Bassi, 25 SAN MAMOLO • (BO) Via San Mamolo, 25/B SAN MICHELE • Argelato (BO) Piazza Caduti per la Libertà, 11 SANTA MARIA DELLE GRAZIE • (BO) Via degli Orti, 68/B SANTA RITA • (BO) Via Massarenti, 179 SANTA VIOLA • (BO) Via Emilia Ponente, 72 SIEPELUNGA • (BO) Via Borghi Mamo, 6/C SOLDÀ • S.G. in Pesiceto (BO) Corso Italia, 82 SORACE MARESCA • Castelmaggiore (BO) Via Gramsci, 214 A-B-C SPERANZA • (BO) Via Ugo Bassi, 6 TOSCHI • (BO) Via S. Felice, 87-89 ZOCCOLI • Crevalcore (BO) Via G. Matteotti, 857

Cremona

FERRARI SNC • Corte Dè Cortesi con Cignone (CR), Via Matteotti, 5

Ferrara

CANTELLI • Cento (FE) Via Provenzali, 6/F SAN LUIGI • Buonacompra (FE) Via Bondenese, 85/A SANTA CHIARA • Dodici Morelli (FE) Via Dodici Morelli, 40 UGO BASSI• Cento (FE) Via Breveglieri, 6-A

Gorizia

RISMONDO • Monfalcone (GO) Via Toti, 52

Milano

NUOVA INGANNI SNC • (MI) Via Inganni Angelo, 81 CADDEO • (MI) Viale Zara, 38

Modena

AMIDEI • Riolunato (MO) Via Castello, 14/A ANTICA FARMACIA PACCHIONI • Sassuolo (MO) Via C. Battisti 11 CASINI • Lama Mocogno (MO) Via Nazionale 95 DEL BORGHETTO • Mirandola fraz. Cividale (MO) Via Punta, 1 DEL BUON CONSIGLIO • Mirandola (MO) Via Don Giuseppe Rettighieri, 21 DEL COLLEGIO • (MO) Via Emilia, 151 DUE MADONNE • Sassuolo (MO) Via Giovanni Lucchese, 2 FONTANA • Palagano (MO) P.zza Ranucci, 19 FRANCHINI DR. ANNALISA • Pievepelago (MO) Via Roma, 65 FRANZONI • Sassuolo (MO) Via Clelia, 7 GOLINELLI GIOVANNI • Medolla (MO) Via S.Matteo, 8 MADONNINA • (MO) Via W. Tabacchi, 5 PICO • Mirandola (MO) Via Cavallotti, 3/5 PUVIANI • Finale Emilia - P.zza Garibaldi, 13/A SAN FAUSTINO • (MO) Via Giardini, 236 SAN MARCO • (MO) C.so Duomo, 54 SAN MARINO • San Marino di Carpi (MO) Via del Pioppo, 2 SAN MARTINO • (MO) fraz. Portile Via O. Chiossi, 12 SAN MICHELE • Montale R. (MO) Via Vandelli 18/a SAN ROCCO • Fiumalbo (MO) Via Lago, 2 SANTA FILOMENA • (MO) C.so Duomo 4 VIOLI • Spilamberto (MO) Via Paradosso, 14

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MURATORE • (PA) Via Oreto, 322/A DELEO • (PA) Via Azolino Azon, 5 CHIAVETTA • (PA) C.so Camillo Finocchiaro Aprile, 133 TROSSARELLI SAS • (PA) Via P. Perez, 68

Pordenone

BELLAVITIS • (PN) Via Piave, 93

Ravenna

BRAGONZONI • S. Agata sul Santerno (RA) P.zza Umberto I, 16/D

Reggio Emilia

DI CITTADELLA • Albinea fraz. Borzano (RE) Via L.Ariosto, 82/A MANFREDI • Castelnovo di Sotto (RE) Via Gramsci, 117 MERLI • Guastalla (RE) Via Pieve, 51/1 ROVANI • Quattro Castella (RE) Via Prampolini, 1/1 A

Trieste

ALLA REDENZIONE • (TS) P.zza Garibaldi 5

Udine

TOSOLINI • Pozzuolo del Friuli (UD) Via della Cavalleria, 32

Venezia

DEL LITORALE • Jesolo CavallinoTreponti (VE) Via Fausta, 179 Int,14

Controllare spesso questi valori e non superare i parametri normali è il primo passo per stare bene!


editoriale

anno VI - numero 30 Maggio/Giugno 2012 copia omaggio Editore Consorzio MIAFARMACIA Via Emilia 237 San Lazzaro di Savena - Bologna Tel. 051 6279621 Registrazione Tribunale di Bologna n. 7688 del 26/07/2006 Direttore Responsabile Cesare Bellavitis Marketing e Pubblicità Daniela Ziering Sintini daniela.ziering@miafarmacia.org Commerciale Alessandro Benassi alessandro.benassi@miafarmacia.org Redazione Marina Dall’Olio Antonella Ciana Chantal Rocca redazione@miafarmaciamagazine.it Collaboratori scientifici in questo numero: Letizia Manneschi, Doriana Medici e Elisabetta Chierici Patrizia Paganini Salvatore Vaccaro, Emanuela Casini Salvatore Simbari, Giulio Lanzoni Matteo Basso, Emanuela Di Lella Claudio Vicini Giuseppe Spinnato, Luna Rizzo Matteo Pacini Felice Cosentino Danilo Carloni Oriano Mecarelli, Ettore Beghi Grafica e impaginazione Supporti Grafici 40024 Castel San Pietro Terme - Bologna Stampa Mediagraf s.p.a. Ringraziamo tutti coloro che hanno collaborato alla nostra iniziativa editoriale comprese le Aziende che hanno aderito con la loro inserzione

Quale futuro vogliamo costruire?

Il passato è unico e immutabile. I futuri possono essere molteplici. Non è solo il destino a realizzarli, ma è l'azione dei partecipanti che ne influenza e determina il risultato. Dalle colonne di questo giornale ho sempre difeso il ruolo sociale e sussidiario della Farmacia all’intermo di una società in continuo cambiamento. L'invecchiamento della popolazione, l'arretramento dello stato sociale costruito con fatica nel secondo dopoguerra, i flussi migratori con i loro disagi facevano della Farmacia il Primo Pronto Soccorso sul territorio per la cura della salute. Con il farmacista “sotto casa”, disponibile giorno e notte, i quartieri, i piccoli paesi e anche le frazioni più isolate sapevano su chi contare in caso di necessità. Ma tutto questo lentamente, e per incuria, si sta perdendo. La visione sempre più mercantile della salute e la logica della concorrenza puramente economica, applicata a tutti i settori dell'attività umana, sta distruggendo, nell'indifferenza generale, il modello ultracentenario di questa istituzione. La mancanza da parte dei governi recenti di un progetto di sviluppo della Farmacia con una chiara missione da compiere, fa sì che essa rimanga intrappolata tra grandi ipermercati focalizzati sul "bene farmaco" come fosse un detersivo o poco più e una parte pubblica (ASL,Ospedali, ecc.) di cui siamo concessionari di pubblico servizio, ma che tutti i giorni ci toglie la dispensazione dei farmaci più innovativi, senza peraltro attribuirci nuovi compiti da assolvere all'interno del Sistema Sanitario Nazionale. Quest’ultimo governo, nel tentativo di disegnare una politica economica concentrata esclusivamente nella realizzazione di un mercato europeo dei servizi ultracompetitivo, sembra non accorgersi che sta distruggendo definitivamente un sistema, quello della "Farmacia", che porta con sé il concetto di sussidiarietà, che meglio si spiega con la definizione del Prof. Stefano Zamagni, Ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna: “L’impresa civile si distingue da quella di tipo capitalistico e da quella sociale perché, pur mantenendo l’attenzione al profitto, come quelle del primo tipo, sono portatori di conoscenze, competenze e servizi di pubblica utilità. Questa dimensione in un’ottica di sviluppo del 2° welfare permette alla Farmacia di pianificare un futuro di valore”. Alla fine di questo processo di liberalizzazioni probabilmente ci troveremo sul territorio, a differenza di quanto si creda, meno Farmacie di oggi (molte infatti economicamente non ce la faranno), perché più deboli e quindi non più in grado di garantire quei servizi di consulenza di cui la popolazione fa richiesta tutti i giorni e ne usufruisce gratuitamente, quasi senza accorgersene. Anche i giovani farmacisti dovranno trovare nuovi sbocchi per la loro professione poiché un laureato, altamente specializzato, non potrà essere pagato in modo adeguato da un'azienda il cui conto economico sarà sempre più precario (già oggi il settore soffre per mancanza di liquidità, cosa che non avveniva in passato) e la cui professionalità “sminuita” non potrà più essere un’aspirazione. Le Farmacie del Consorzio che rappresento comunque non si arrenderanno davanti al cambiamento, ma combatteranno e si organizzeranno per esaltare ancora di più il modello di Farmacia sociale che è sempre stata vicina ai bisogni crescenti della popolazione perché la salute, anche in questo momento di crisi economica del nostro Paese, è il bene più importante. Dott. Cesare Bellavitis

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sommario

neurologia

7 Formicolii e dolore che peggiorano di notte? Forse si tratta di neuropatia

dermatologia

11 In caso di acne 18 Arriva il sole... Come abbronzarsi in sicurezza e "salvare" la pelle!

26

alimentazione

14 Le alternative vegetali al latte vaccino 40 Obesità? Spegnere la Tv e muoversi di più...

Farmaci

xxxx xxxx xxxx

16 Farmaci & cibo

medicina

Speciale

Anche le persone più pigre non devono rinunciare ai benefici dell’attività fisica

21 Le apnee notturne: quando russare fa male alla salute 35 Helicobacter Pylori, dal contagio alla cura 43 Perché parlare di epilessia

associazioni

24 EpaC (Associazione epatite C)

35

speciale 26 Footing, ciclismo e nuoto

psicologia

31 Ansia, una gabbia di cui liberarsi

L’Helicobacter Pylori è un batterio molto diffuso, spesso è asintomatico e non determina un quadro clinico

Intervista a... 47 Leonardo Pieraccioni

40 News

50

38

Correre e giocare all’aria aperta è una necessità soprattutto per i bambini obesi o in sovrappeso

Lettere

È vietata la riproduzione totale o parziale di ogni contenuto di questa pubblicazione senza l’autorizzazione dell’editore. Tutti i punti di vista espressi in questa pubblicazione sono quelli dei singoli autori e non riflettono quelli delle strutture a cui essi appartengono o dell'editore. Errori di stampa o refusi involontari di trascrizione presenti nella rivista saranno corretti a pagina 50, del prossimo numero, se segnalati alla redazione o all'editore.

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neurologia

Formicolii e dolore che peggiorano di notte? Dott.sse Letizia Manneschi Doriana Medici Elisabetta Chierici U.O. Neurologia, Ospedale di Vaio Azienda USL di Parma

Forse si tratta di neuropatia Il termine “neuropatia” indica genericamente qualunque affezione del nervo periferico, spinale o cranico, a partire dalla sua uscita dal sistema nervoso centrale. Le neuropatie non sono rare (la prevalenza in Italia è di circa il 13% della popolazione oltre i 55 anni); talora non hanno evidenti segni clinici, sono spesso fastidiose e, a lungo andare, invalidanti. Possono poi essere associate a diverse malattie sistemiche, di cui talora si presentano come prima manifestazione. Chi è affetto da neuropatia periferica ha quindi un alterato funziona-

mento di tutti i nervi periferici del corpo. Nel mondo occidentale le cause più comuni sono il diabete e l’alcool, mentre nei Paesi sottosviluppati sono più di tipo carenziale e vitaminico, oltre alla lebbra. Vediamo in dettaglio come è composto il Sistema Nervoso e come queste patologie vi si sviluppano.

Il Sistema Nervoso... …consiste di due componenti: il Sistema Nervoso Centrale (SNC), costituito da encefalo e midollo spinale, e il Sistema

Nervoso Periferico (SNP), rappresentato dai nervi che connettono il SNC ai muscoli, alla pelle e agli organi interni. “Periferico” significa “lontano dal centro”, proprio a indicare la funzione che i nervi hanno di collegare il SNC agli organi periferici. Nel nostro caso, il SNP è la parte danneggiata in corso di neuropatia: “neuropatia periferica” è il termine quindi usato per descrivere i disturbi conseguenti a un danno dei nervi periferici. Si tratta di un gruppo di malattie estremamente vasto e complesso e che possiamo dividere in due grandi gruppi:

1 Neuropatie Circoscritte (neuropatie Focali, o Mononeuropatie), che di regola hanno una patologia locale, sia compressiva che traumatica. 2 Neuropatie Diffuse (neuropatie Multifocali, o Polineuropatie), in genere derivanti da una malattia sistemica di natura carenziale, tossica, metabolica o infiammatoria. Queste ultime, che sono quelle di cui ci occupiamo in questo articolo, comprendono un complesso assai vasto di manifestazioni cliniche e di cause. Vediamole nel dettaglio.

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neurologia

Origini e prevalenza I meccanismi all’origine di lesioni del sistema nervoso periferico sono molteplici e comprendono: traumi, infezioni, ischemia, tumori, malattie immunitarie e genetiche, oppure una combinazione di tutte queste. Sono dovute essenzialmente alla sofferenza delle radici e/o dei tronchi nervosi periferici e si esprimono attraverso la cosiddetta “sindrome neurogena periferica”, caratterizzata da algoparestesie (sensazione di dolore indipendente da cause esterne) con deficit sensitivo superficiale e/o profondo; paralisi flaccida (perdita del tono muscolare) seguita da amiotrofia (cioè da paralisi dei muscoli); scomparsa dei riflessi dei tendini; turbe neurovegetative e trofiche (che incidono sulla nutrizione dei tessuti). Nella popolazione generale di età maggiore o uguale a 55 anni la prevalenza delle polineuropatie croniche è stata valutata intorno al 3,5%. Nel 42-44% dei Pazienti la polineuropatia è associata a diabete mellito; nel 7-11% a tumore; nel 2-7% ad alcoolismo.

Le forme principali di neuropatia Si possono distinguere due grossi gruppi di neuropatie periferiche: quelle ereditarie (causate da anomalie genetiche) e quelle acquisite (dovute, cioè, a malattie avute nel corso della vita). La maggior parte delle neuropatie sono acquisite e possono avere diverse cause. Quando la causa della neuropatia non è nota, peraltro, si parla di neuropatie “idiopatiche”.

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Neuropatie periferiche ereditarie Si dividono in 4 gruppi principali: • Le neuropatie motorie e sensitive ereditarie. • La neuropatia ereditaria con suscettibilità di paralisi da compressione. • Alcune forme rare, come la leucodistrofia metacromatica. • Le malattie del motoneurone, come l’atrofia muscolare spinale.

Neuropatie periferiche acquisite Queste ultime sono classificabili in 7 gruppi principali: • Dovute a malattie dismetaboliche, come il diabete mellito, o associate a nefropatie o causate da stati carenziali (di vitamina B12, B1, B6, E, folati e rame) o, ancora, da celiachia. • Immuno-mediate, come nel caso di poliradicoloneuriti (infiammazioni di alcune o numerose radici dei nervi spinali e dei relativi tronchi nervosi) demielinizzanti, sia acute che croniche; correlate a malattie reumatologiche; associate ad anticorpi monoclonali; dovute a plessiti (processo infiammatorio del plesso nervoso) cervicali e lombosacrali; per neuropatia motoria multifocale (caratterizzata da deficit motorio). • Infettive, causate da Herpes Zoster oppure da HCV, HIV, Borrelia, enterovirus, lebbra. • Correlate a neoplasie, come linfoma, mieloma e carcinoma; amiloidosi primaria (un disordine delle cellule plasmatiche che occasional-

mente insorge con il mieloma multiplo). • Tossiche, provocate da farmaci, chemioterapici, alcool, metalli pesanti, tossici industriali. • Compressive/meccaniche, come radicolopatie (sofferenza a carico della radice del nervo) e mononeuropatie/ sindromi canalicolari (disturbi dovuti alla compressione dei nervi periferici). • Di eziologia sconosciuta, come la SLA (sclerosi laterale amiotrofica).

I sintomi Alcune neuropatie esordiscono in maniera improvvisa, altre in maniera graduale nell’arco di anni. I sintomi dipendono dal tipo di fibre nervose interessate e dalla loro localizzazione, ma nella maggior parte dei casi si manifestano con debolezza alle braccia o alle gambe (dovuta a una compromissione dei nervi motori), formicolii e dolore (che peggiorano di notte) e assenza del senso di posizione, con conseguente incoordinazione nel movimento.

La diagnosi Perché sia corretta, è necessario effettuare una anamnesi familiare, fisiologica e patologica approfondita. Di fondamentale importanza risulta l’esame neurologico, utile a individuare l’origine della sintomatologia (che, come detto, può essere centrale o periferica) e a fornire ulteriori informazioni sui distretti interessati. La diagnosi va poi approfondita con gli esami del sangue di routine; il profilo immunologico, reumatologico, virologico,

oncologico; la ricerca di anticorpi specifici; lo studio neurofisiologico, neuroradiologico, genetico e, e per ultimo, lo studio bioptico del nervo.

La terapia Va da sé che soltanto un corretto approccio diagnostico può consentire una terapia mirata. Un esempio: se si tratta di Neuropatia Diabetica, essa può migliorare con la normalizzazione dei valori glicemici. Se è una forma acuta di tipo infiammatorio, come la Sindrome di Guillain-Barré, la si può risolvere completamente con un ciclo di plasmaferesi, una procedura terapeutica che permette la separazione della componente liquida del sangue (il plasma) dalla componente cellulare e la rimozione di sostanze in esso presenti. Quanto alle forme immuno-mediate, si utilizza tra le altre cose una terapia di steroidi. In realtà, la terapia è soprattutto sintomatica per il dolore: in questo caso vengono utilizzati farmaci antidepressivi, anticonvulsivanti e anestetici locali. Gli obiettivi, insomma, sono quelli non solo di eliminare la causa della malattia, ma anche di ridurre i sintomi.

A chi rivolgersi Una corretta diagnosi e la presa in carico dei Pazienti può essere effettuata presso i Servizi ambulatoriali e diagnostici delle Unità Operative di Neurologia (Ambulatorio Malattie Neuromuscolari, Ambulatorio di Neurofisiologia, Servizio per le Biopsie Muscolari e di Nervo). Testo raccolto da Marina Dall’Olio


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dermatologia

L’

acne volgare è una malattia della pelle molto comune, colpisce infatti circa il 90% dei giovani tra i 12 e i 20 anni. Gli ultimi dati statistici dimostrano però che, sempre più frequentemente, ne sono affetti anche gli adulti; soprattutto le donne tra i 30 e i 40 anni. Si tratta di una patologia infiammatoria del follicolo pilo-sebaceo e del tessuto perifollicolare, che si localizza pertanto nelle aree cosiddette seborroiche del nostro corpo, cioè: il volto, il torace e la regione interscapolare, particolarmente ricche di questi follicoli.

Dott.ssa Patrizia Paganini Specialista in Dermatologia e Venereologia (Bologna)

Quali sono le cause Le cause dell’acne sono complesse con implicazioni endocrine, microbiologiche, iatrogeniche, tossiche e, infine, psicologiche. Fino a poco tempo fa si riteneva molto importante nella patogenesi dell’acne nei giovani l’aumento degli ormoni androgeni che si verifica in entrambi i sessi causando un’iperattività delle ghiandole sebacee con iperseborrea, che costituisce uno dei momenti fondamentali nella formazione delle lesioni acneiche. Ora invece si è visto che la malattia può essere anche provocata da una ipersensibilità dei recettori della ghiandola sebacea stessa verso gli ormoni androgeni e, quindi, in questi soggetti i valori ematici possono essere normali, ma le ghiandole sebacee sono ingrossate con aumentata produzione di sebo. In altri casi vi è una causa mista con un lieve squilibrio ormonale associato all’ipersensibilità delle ghiandole sebacee. Tutto ciò è determinato geneticamente. Questi complessi meccanismi ormonali tipici dell’adolescenza, chiaramente non spiegano la comparsa dell’acne in donne di età media, dove la causa sembra essere più legata allo stress della vita quotidiana, che in questo caso può influenzare l’attività delle ghiandole sebacee.

Esiste inoltre una familiarità per questa malattia: se i genitori di un adolescente hanno avuto l’acne, esso avrà una maggiore probabilità di esserne colpito.

fattori favorenti Vi sono poi alcuni fattori che possono favorire il manifestarsi dell’acne. Vediamo i principali:  l’assunzione per lunghi periodi di farmaci come cortisonici, vitamina B12, acido folico, antidepressivi;  l’utilizzo di cosmetici molto ricchi di vaselina e lanolina che in alcuni pazienti possono provocare occlusione e irritazione della pelle;  l’esposizione a oli minerali o diossina per motivi professionali;  l’esposizione a radiazioni UV artificiali e solari possono migliorare solo apparentemente l’acne, in quanto l’ispessimento successivo della pelle dopo l’esposizione, determina l’occlusione del follicolo con notevole peggioramento del quadro cutaneo.

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dermatologia

I momenti fondamentali nello sviluppo delle lesioni acneiche sono rappresentati da:  iperseborrea prodotta dalle ghiandole sebacee;  ispessimento della superficie interna del dotto del follicolo sebaceo con formazione di un “tappo” visibile come un punto bianco o nero (microcomedone);  colonizzazione di batteri del follicolo (Propionibacterium acnes);  infiammazione intra e perifollicolare causata dai prodotti di degradazione da parte del Propionibacterium acnes. Le pareti del follicolo si possono rompere e provocare le lesioni infiammatorie tipiche dell’acne: papule, pustole, noduli e cisti. Si parla più frequentemente di polimorfismo lesionale, cioè nelle varie zone possono coesistere lesioni in fasi diverse. A seconda della prevalenza di quest’ultime l’acne viene definita in tre forme cliniche classiche: 1 acne comedonica 2 acne papulopustolosa 3 acne nodulocistica A queste tre forme si può aggiungere una quarta: l’acne conglobata, che rappresenta la forma più grave di acne per la confluenza delle lesioni nodulocistiche, con formazioni di fistole, che evolvono inevitabilmente verso la formazione di cicatrici.

come si cura

L’acne può essere altamente invalidante per la vita di relazione del soggetto che ne è affetto; per questo motivo deve essere curata dallo Specialista Dermatologo, che personalizzerà il trattamento a seconda della gravità, del polimorfismo delle lesioni e delle esigenze del paziente. Il trattamento deve iniziare prima possibile per evitare gli esiti cicatriziali. Nelle forme lievi come l’acne comedonica il trattamento indicato è sicuramente quello topico con l’impiego di farmaci detti “retinoidi“ (tretinoina, adapalene, isotretinoina) derivati della vitamina A, sottoforma di gel, creme e lozioni che normalizzano la desquamazione all’interno del follicolo, impedendo la formazione dei microcomedoni. In alternativa possono essere utilizzati topici con effetto comedolitico come l’acido salicilico. Nell’acne papulopustolosa di grado lieve si utilizzerà sempre un trattamento topico con effetto comedolitico a cui si assocerà un antibiotico topico (clindamicina, eritromicina) fino a un miglioramento delle lesioni infiammatorie. è possibile far ricorso anche a un

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batteriostatico come il benzoilperossido che può essere utilizzato anche per lunghi periodi senza instaurare delle resistenze batteriche. Recentemente si fa sempre più spesso uso di topici che contengono questi stessi farmaci in associazioni fisse. Nell’acne papulopustolosa di grado moderato si utilizzerà un antibiotico orale in associazione alla terapia topica prima menzionata. Gli antibiotici più utilizzati sono le tetracicline e i macrolidi. Nell’acne nodulocistica la terapia è simile alla precedente solo che, come seconda scelta, vi è un retinoide sistemico: l’isotretinoina. Quest’ultimo è sicuramente il farmaco migliore ed efficace nelle forme severe o resistenti agli antibiotici sistemici, deve però essere prescritto dallo Specialista in Dermatologia che ne conosce bene gli effetti collaterali e le controindicazioni. Nelle donne qualora vi sia associata una situazione di iperandrogenismo ovarico o in caso di forme resistenti alle cure convenzionali può essere consigliata una terapia ormonale con antiandrogeni orali. Importante nelle cure dell’acne è anche il supporto di tipo cosmetico: sono consiglia-

ti detergenti leggeri non schiumogeni, non troppo sgrassanti chiamati Syndet. è raccomandato l’utilizzo di emulsioni idratanti, soprattutto nei periodi invernali, poiché la cute dell’acneico è spesso disidratata dai farmaci antiacne a cui si può aggiungere l’effetto negativo del freddo. Il paziente acneico può anche truccarsi utilizzando solo prodotti idonei “oilfree” cioè non grassi, avendo però l’attenzione di struccarsi accuratamente la sera per eliminare ogni traccia di trucco.

terapie fisiche

Le terapie classiche, sicuramente di provata efficacia, presentano però alcune limitazioni tra cui la lentezza nell’ottenere i risultati desiderati, soprattutto con le cure topiche, e la presenza di effetti collaterali per le terapie sistemiche. Questo ha indotto i moderni Dermatologi, per ridurre il decorso della patologia e per curare gli inestetismi che ne possono derivare, ad associare terapie fisiche come i peeling a base di acido glicolico, acido salicilico, acido piruvico, acido tetracloracetico per levigare la pelle e rimuovere macchie e trattamenti con laser, tra cui quello frazionale, per migliorare gli esiti cicatriziali, che spesso affliggono questi pazienti. Un nuovo metodo alternativo è sicuramente l’impiego della terapia fotodinamica, il cui principio si basa sulla capacità di una luce rossa (con frequenza d’onda a 630nm ed emessa da una sorgente a diodi) di attivare una sostanza fotosensibilizzante che viene applicata sulla cute affetta da acne, provocando un’azione antinfiammatoria, di desquamazione e, quindi, di eliminazione delle cellule delle ghiandole sebacee e dell’epitelio follicolare, che hanno inglobato la sostanza fotosensibilizzante. Oggi l’acne può essere curata e guarita. Esistono diverse metodiche, ma prima di tutto è necessaria molta collaborazione tra il paziente e il suo Dermatologo e soprattutto la costanza del paziente nel seguire le indicazioni più idonee suggerite dallo Specialista. Testo raccolto da Marina Dall’Olio


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alimentazione Dott. Salvatore Vaccaro Team Nutrizionale Azienda Ospedaliera “Arcispedale Santa Maria Nuova” (Reggio Emilia) Dott.ssa Emanuela Casini Biologa, Nutrizionista (Modena)

(Terza parte)

Oltre al latte di origine animale (di cui abbiamo già parlato) esistono altri tipi di latte, detti “latti vegetali” o “bevande a base di ingredienti vegetali”, che possiedono importanti proprietà, tanto da essere indicati in alcuni casi specifici; in particolar modo, sono preziosi per chi è intollerante al lattosio. I vari tipi di latte vegetale sono privi di colesterolo, lattosio e caseina. Costituiscono una valida alternativa al latte vaccino anche in chi, non-vegetariano, ha problemi di intolleranza al lattosio, allergia alla caseina, allergie varie, infezioni respiratorie frequenti e fattori di rischio di arteriosclerosi. Vediamo insieme i più utilizzati.

Latte di cocco

La noce di cocco contiene un liquido bianco comunemente chiamato Latte di cocco, la cui denominazione corretta è Acqua di cocco, dal momento che il latte di cocco è costituito dall’acqua in esso contenuta, fatta evaporare in parte e resa più densa.

Latte di mandorla

È un prodotto agroalimentare tradizionale delle regioni Puglia e Sicilia. Nella Sicilia orientale il latte di mandorla viene utilizzato anche per la produzione di granite. Questa bevanda può costituire un’alternativa all’assunzione di frutta secca, tenendo in consi-

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Le alternative vegetali al latte vaccino

derazione le calorie: il latte di mandorla ha un contenuto di grassi intermedio tra quello del latte vaccino intero e quello parzialmente scremato. Si tratta di grassi prevalentemente polinsaturi, mentre il contenuto di grassi saturi è limitato. Attenzione anche agli zuccheri aggiunti industrialmente. Contiene poi fibre, vitamina E e minerali. Come detto, le mandorle sono ricche di acidi grassi polinsaturi, oltre che di antiossidanti e calcio: esse quindi esercitano effetti positivi sulla salute cardiovascolare.

Latte di soia

Fu inventato in Cina nel II° secolo a.C. e talvolta viene anche chiamato semplicemente “latte vegetale”. Costituisce una valida alternativa al latte vaccino, soprattutto per chi presenta fattori di rischio di arteriosclerosi, poiché la soia è in grado di ridurre il colesterolo LDL (cosiddetto “cattivo”). Inoltre, è il latte vegetale meno calorico e più ricco di proteine: queste ultime sono presenti in quantità quasi sovrapponibile a quella del latte vaccino e sono anche ricche di aminoacidi essenziali. Quanto al contenuto di grassi, esso è nettamente inferiore a quello del latte intero e leggermente superiore a quello del latte parzialmente scremato. Inoltre i suoi grassi sono prevalentemente polinsaturi, compresi i benefici Omega 3, mentre quelli saturi sono molto ridotti. Poi, ancora, contiene fibre, vitamine (la A, E e quelle del gruppo B) e minerali: tra questi ultimi, il ferro è presente in quantità doppia rispetto al latte vaccino, mentre le preparazioni addizionate di calcio contengono un quantitativo in calcio paragonabile a quello del latte vaccino. È però importante effettuare la scelta del prodotto biologico, altrimenti è molto probabile che esso possa contenere soia geneticamente modificata (OGM).

Latte di riso

È un latte vegetale ricco di zuccheri semplici e con una minor quantità di proteine rispetto a quello vaccino. È anche il latte meno grasso e contiene prevalentemente grassi polinsaturi nonché fibre, vitamine A, B, D e minerali. Quello in commercio contiene sempre oli aggiunti, solitamente di girasole. È un latte utilizzato spesso da chi segue una dieta vegetariana o vegana.

Latte di avena

Poco calorico e con un limitato contenuto di grassi, prevalentemente polinsaturi, questo latte contiene anche fibre, vitamina E e acido folico. È ricco di zuccheri semplici ma povero di proteine. Come quello di riso, il latte di avena in commercio contiene sempre oli aggiunti, prevalentemente di girasole.

Altri cereali

Il latte di Farro è particolarmente indicato nelle diete che contrastano gli eccessi di acidità dell’organismo, perché è una bevanda che non ha la base acida, bensì alcalina. Altro straordinario elemento è il latte di Miglio, bevanda ritenuta da molti esperti la più simile al latte materno e, essendo privo di glutine così come quello derivato dal riso, è un’alternativa molto valida per i celiaci.

Forse non tutti sanno che... …tutti i tipi di latte vegetale possono essere facilmente preparati in casa. Se è necessario conservarli, possono essere riposti in frigo e agitati prima dell’uso, ottenendo, oltre a un risparmio economico che può essere notevole, un prodotto sicuramente più genuino rispetto a quelli industriali. Testo raccolto da Marina Dall’Olio


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FARMACI

&CIBO Dott.ri Salvatore Simbari e Giulio Lanzoni - Farmacia Ferrari Corte de’ Cortesi con Cignone (Cremona)

Vicino o lontano dai pasti? Questo è il dubbio che sorge a chi deve assumere un farmaco. Ma perché alcuni vanno assunti subito dopo aver mangiato, altri poco prima, altri ancora a distanza di ore? Cerchiamo di capirlo insieme. Quasi tutti i farmaci subiscono modificazioni da parte del cibo riguardanti: assorbimento, metabolismo, eliminazione o effetto. Ecco perché, a volte, se non otteniamo l’effetto sperato la colpa può essere di ciò che abbiamo mangiato o bevuto.

Come regolarsi Occorre sapere che i cibi ricchi di grassi aumentano il tempo di permanenza nello stomaco, rallentando lo svuotamento gastrico. Questo effetto si ripercuote sull’azione del farmaco che impiega più tempo per arrivare all’intestino, essere assorbito ed esercitare la sua funzione sull’organismo. L’eventuale assunzione di un farmaco, durante i pasti, potrebbe così ritardarne l’effetto desiderato, aspetto da non trascurare quando si vuole un’azione immediata come nel caso degli antidolorifici. Al contrario, quando si seguono terapie - ad esempio con i farmaci antinfiammatori non steroidei - è bene avere lo stomaco pieno perché questi possono danneggiare la mucosa gastrica. Un pasto “abbondante” può essere d’aiuto anche in altri casi:

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poiché “il simile assorbe il simile” i farmaci lipofili vengono maggiormente assorbiti in presenza di grassi, mentre un pasto ricco di proteine aumenta transitoriamente l’afflusso di sangue al fegato, velocizzando l’assorbimento dei principi attivi; i farmaci anti-ulcera invece devono essere assunti a digiuno o due ore prima del pasto.

Alcol e farmaci

Il consumo di alcolici è sempre sconsigliato con qualsiasi terapia in quanto l’alcol stimola alcuni enzimi epatici provocando una più rapida trasformazione dei farmaci. Le bevande alcoliche, potenziando l’azione di tranquillanti e di alcuni antistaminici, possono influenzare i riflessi riducendoli. Per la sua tossicità sul sistema nervoso, l’alcol è controindicato anche in concomitanza di terapie anticonvulsivanti.

Cibo e Omeopatia Anche nell’Omeopatia si può pensare all’importanza della dieta sia per quanto riguarda la prevenzione, sia per la cura di varie patologie. Samuel Hanhemann, padre dell’Omeopatia, ha affrontato il tema della nutrizione sotto vari aspetti dando spazio maggiore ai cereali, alle verdure, ai legumi e riducendo le proteine animali, i grassi e gli zuccheri; questo per far sì che la nostra costituzione mantenga un giusto equilibrio chimico fisico e non si riduca l’assorbimento del rimedio omeopatico in essere.

Alimenti e terapie: ecco le principali “interazioni” Non va mai dimenticato che ogni singolo alimento è in grado d’interferire con una specifica classe di farmaci. Infatti esistono alimenti in grado addirittura di aumentare o ridurre la concentrazione dei singoli principi attivi. Vediamo i principali.

SUCCO DI POMPELMO: accelera il metabolismo

epatico ed è sconsigliato in concomitanza di una qualsiasi terapia poiché ne favorisce l’eliminazione (il fegato è il principale organo di eliminazione dei farmaci).

SUCCO DI LIMONE/ARANCIA: essendo

ricco di vitamina C, se assunto insieme al ferro ne aumenta l’assorbimento.

FORMAGGI STAGIONATI: contengono la tiramina,

una particolare sostanza che associata agli inibitori delle monoaminossidasi (farmaci usati per trattare la depressione) possono provocare un pericoloso aumento della pressione arteriosa.

AGLIO: possiede proprietà antipertensive e può

essere associato a terapie antipertensive o normocolesterolemizzanti.

CAFFè, Tè, CACAO: da evitare nel corso di terapie antipertensive o quando si assumono farmaci già contenenti caffeina. Possono anche amplificare l’attività dei farmaci contro l’asma (beta2agonisti). CIOCCOLATO: potenzia l’effetto degli antidepressivi aumentando i livelli di serotonina.

FRAGOLE: da evitare in concomitanza di farmaci antialler-

gici (antistaminici) poiché stimolano la liberazione di istamina (sono alimenti allergizzanti).

MIRTILLO E RIBES NERO: possono coadiuvare l’azione delle terapie contro la fragilità capillare/ sofferenza vascolare. SALE: il suo apporto va ridotto con i farmaci vasodilatatori e i medicinali contro l’ipertensione.

SOIA: da evitare quando si è in terapia con estrogeni poiché aumenta la tossicità del farmaco.

CAVOLI, BROCCOLI e LATTUGA: sono sconsigliati a chi segue una terapia anticoagulante in quanto la vitamina K, contenuta nelle verdure verdi a foglia larga, può alterarne l’esito. In generale è preferibile assumere i medicinali con acqua naturale e non con altri liquidi, evitando anche le bevande calde che possono alterarne l’effetto. Infine è bene ricordare che il Medico e il Farmacista sono le uniche figure di riferimento per chiarire ogni nostro dubbio, evitando il "fai da te". Testo raccolto da Chantal Rocca


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dermatologia Come molti sanno la pelle è uno degli organi più importanti del nostro corpo perché svolge molte funzioni come opporsi al passaggio dei microrganismi, assorbire radiazioni, regolare la quantità di acqua e la temperatura corporea, ma c’è sicuramente un’altra funzione importante, quella relazionale, quanto quelle citate. La pelle è il nostro tramite con il mondo esterno, responsabile in alcuni casi, degli umori del nostro animo. Per tale motivo è giusto dedicarle tante attenzioni con il fine di preservarla e proteggerla il più possibile. Questa, in fondo, è la missione di chi come noi ha scelto di dedicare la vita professionale alla pelle per aiutare le persone ad averne cura e proteggerla dai segni del tempo, dai fattori esterni (sole, variazioni climatiche, fumo, errata alimentazione) e dalle malattie.

Il sole, amico o nemico? Quanto è cambiato il nostro rapporto con il sole negli ultimi 20 anni! Nel periodo della nostra adolescenza (ci riferiamo agli anni ’80) ci si esponeva al sole a tutte le ore del giorno, si usavano creme solo a bassa protezione (o anche

COSA SUCCEDE ALLA PELLE... La pelle subisce 2 tipi di invecchiamento: 1) CRONOINVECCHIAMENTO, legato al passare del tempo, comincia già dai 25 anni con la comparsa delle prime rughe. è aggravato da fattori esterni quali il fumo, l’inquinamento, lo stress, la dieta scorretta, i repentini cambiamenti di clima. Nel cronoinvecchiamento si osserva una modificazione strutturale e funzionale della pelle: lo spessore dello strato più superficiale e intermedio della pelle (epidermide e derma) si riduce. Le

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senza), si ricorreva a strani cocktail “fai da te” addirittura fotosensibilizzanti (con bergamotto, birra, chiara d’uovo...): tutto ciò perché l’abbronzatura rappresentava uno status symbol da raggiungere ad ogni costo e la scottatura era quasi una normale fase di passaggio prima dell’abbronzatura conclamata. In realtà, già in quegli anni si

conoscevano i potenziali danni cutanei da esagerata e incontrollata esposizione solare, ma le campagne informative fatte dai dermatologi hanno cominciato a dare i loro frutti solo negli anni ’90, quando si è cominciato a conoscere e a parlare su larga scala di fotoinvecchiamento. Effettivamente il merito di questa grande sensibilizzazione al

problema “sole” spetta proprio ai dermatologi: mentre prima il paziente arrivava in ambulatorio già con un danno cutaneo conclamato o addirittura con una lesione tumorale (melanoma), oggi per fortuna il paziente ci chiede, ancor prima di esporsi, le "armi" per difendersi dal sole e le strategie correte per abbronzarsi in sicurezza.

cellule responsabili dell’elasticità e compattezza della pelle (fibroblasti) sono ridotti in numero e funzioni (fig. 1). La pelle risulta grigiastra, secca, desquamante, con rughe e perdita di tono.

cronoinvecchiamento, lo spessore dell’epidermide aumenta e aumenta la presenza di cellule atipiche: nel derma le cellule aumentano in numero, ma con funzioni alterate. I melanociti (le cellule responsabili dell’abbronzatura) producono melanina in maniera disomogenea formando

sulla pelle delle macchie marroni; i fibroblasti (responsabili del tono) producono enzimi che alterano collagene ed elastina: due proteine indispensabili per l’integrità della pelle che in questo caso risulta ispessita con macchie, con zone di lassità e rughe molto evidenti (fig. 2).

1- Cronoinvecchiamento

2 - Fotoinvecchiamento

2) FOTOINVECCHIAMENTO, è una modificazione strutturale e funzionale della cute legata all’esposizione alle radiazioni solari. Gli effetti delle radiazioni solari sono cumulativi e si sommano sull’epidermide e sul derma fin dall’infanzia: è per tale motivo che il fotoinvecchiamento può manifestarsi anche in poco tempo su una pelle che è stata esposta per molti anni al sole. Al contrario del


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Dott. ri Matteo Basso Emanuela Di Lella Specialisti in Dermatologia e Dermatologia Plastica-Estetica Membri dell’Accademia Dermatologica Romana

il sole...

Come abbronzarsi in sicurezza e “salvare” la pelle! Un test da chiedere al Dermatologo Per valutare il grado di fotoinvecchiamento della vostra pelle, quando andate dal vostro Dermatologo per eseguire un esame in epiluminescenza (controllo nei e macchie cutanee), chiedetegli di esaminare con il dermatoscopio due zone ben precise: la superficie anteriore dell’avambraccio (scarsamente esposta al sole) e la superficie posteriore (molto esposta). La differenza dei due check sarà marcata in proporzione alla quantità di radiazioni solari che avete assorbito nel corso della vostra vita. A tal proposito lo Specialista vi suggerirà come comportarvi per proteggervi dalle future esposizioni solari e come curare un danno eventualmente già in atto.

CONSIGLI PRATICI PER ESPORSI AL SOLE IN SICUREZZA In realtà la tanto amata abbronzatura non è altro che un meccanismo di difesa: l’epidermide si comincia ad ispessire per impedire la penetrazione dei raggi solari (UVA e UVB) già dopo 48 ore dall’irradiazione. Nel derma, il melanocita comincia a produrre melanina, modifica la sua forma acquisendo un aspetto polipoide (prolungamenti dendritici) e in caso di esposizione prolungata aumenta in attività e numero. Il danno del sole si esplica direttamente nel nucleo delle cellule, modificando il DNA (formazione di dimeri di timina)

e attraverso la produzione di radicali liberi (RL), ROS, specie reattive dell’ossigeno e MMP, metallo proteinasi. Senza entrare nello specifico di tali fattori, sappiate solo che l’effetto finale dell’azione combinata di alterazioni nucleari +RL +ROS +MMP determina tutte quelle degenerazioni della pelle da renderla fotoinvecchiata (come nella fig. 2) e predisposta ai tumori cutanei. I suggerimenti che possiamo darvi per ridurre al minimo i danni da foto invecchiamento, senza conoscervi personalmente, ovvero senza conoscere la vostra pelle e il vostro fototipo (il fototipo è un indice fondamentale per stabilire il rischio a cui

ciascun individuo può andare incontro in seguito all’esposizione ai raggi ultravioletti UVA e UVB) sono questi: 1 ridurre al minimo le esposizioni solari, soprattutto nei primi anni di vita; 2 evitare assolutamente le ustioni solari; 3 proteggersi dal sole sempre: ciò vuol dire scegliere CREME SOLARI con fattori di protezione alti da 30, a 40 a 50+ a seconda del vostro fototipo e associarvi complessi vitaminici (integratori da assumere per bocca in grado di fornire una maggiore protezione contro RL, ROS e MMP) contenenti Vitamina E, Beta-carotene e Coenzima Q10. Dovete sapere, inoltre, che una crema solare anche con fattore di protezione 50+ (Sun Protection Factor 50+) non protegge mai al 100% dai raggi solari e il suo grado di protezione dipende anche dal vostro buon uso: bisogna infatti ripetere l’applicazione dopo ogni bagno e ogni 2 ore in caso

di sudorazione intensa. Ricordate, poi, che la regola “non esporsi al sole nelle ore più calde della giornata (cioè dalle ore 12 alle 16)”, va assolutamente rispettata. Neppure gli integratori danno una protezione assoluta, ma poiché vengono assunti per bocca agiscono su tutta la cute (mentre la crema funziona solo dove applicata), per questo noi dermatologi li consigliamo. L’assunzione (in capsule o bustine) va però iniziata almeno 15 giorni prima dell’esposizione al sole, solo così i complessi vitaminici sono in grado di sbaragliare i dannosi radicali liberi al momento dell’esposizione. L’ultimo suggerimento è quello di abolire il “fai da te”: parliamo di fotoinvecchiamento, ma anche di un rischio maggiore di tumori cutanei... Quindi non sbagliate strategia e rivolgetevi ad un professionista che sappia darvi i consigli migliori per evitare ustioni e altri danni alla vostra pelle perché, mai come in questo caso, prevenire è meglio che curare! Testo raccolto da Marina Dall’Olio

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medicina Tutti abbiamo esperienza più o meno diretta di cosa significhi russare; del resto, è un dato epidemiologico comune a tutto il mondo occidentale che a russare più o meno abitualmente sia il 70% degli adulti nella fascia di età tra i 40 e i 60 anni, e pertanto si può dire che - paradossalmente - sia quasi più normale russare che dormire in silenzio. Non tutti sanno, invece, cosa sia di preciso a produrre il fastidioso rumore.

Viaggio... nella gola Se entrassimo dentro la gola di un russatore in azione, potremmo verificare direttamente cosa genera il fenomeno: un sogno, questo, che è ora realtà, perché la Medicina moderna ce lo consente tramite una procedura chiamata “drug induced sleep endoscopy”, ovvero “endoscopia in sonno indotto da farmaci”, una delle più rivoluzionarie acquisizioni degli ultimi dieci anni di Medicina del sonno. In pratica, si somministra al Paziente un potente sedativo che rapidamente lo porta ad una condizione di sopore molto vicina al sonno spontaneo (comunque ben controllato dall’Anestesista fino al risveglio); poi l’Otorino introduce delicatamente in gola una sottile sonda endoscopica attraverso il naso, attendendo fino al comparire dei primi deboli rumori respiratori che si trasformano progressivamente nel ben noto russamento. A questo punto si inizia a filmare ciò che succede dentro la gola: così facendo, si è confermato il sospetto che sovente siano il palato e l’ugola che, vibrando, generano il rumore tipico. Ma, ancor più importante, sono

Le apnee notturne: quando russare fa male alla salute

Prof. Claudio Vicini Direttore U.O. Otorinolaringoiatria Ospedale Morgagni-Pierantoni Ausl di Forlì

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medicina state documentate vibrazioni a carico delle tonsille, della parte posteriore della lingua e della parte più profonda della gola sovrastante le corde vocali (epiglottide). Per ogni soggetto osservato, si è ora in grado di disegnare una mappa delle parti della gola vibranti da dove origina il fastidioso rumore: solo sapendo dove si localizza esattamente il risuonatore, infatti, è possibile adottare misure correttive mirate.

Quando il respiro si interrompe

Lo stesso esame, sempre più diffuso nei migliori Centri di Riferimento per questa patologia, ha contribuito a fornire indizi determinanti sul meccanismo di produzione delle ancora meno note “apnee”: cosa sono le cosiddette apnee? Osservando un russatore “di lungo corso”, è molto comune ascoltare alcuni momenti silenziosi di pausa dal rumore, durante i quali egli contrae ripetutamente i muscoli toracici e addominali nell’intento di respirare; tuttavia, il fiato rimane bloccato in gola e il respiro riprende fragorosamente solo dopo lunghi secondi di assenza: l’assenza respiratoria è chiamata, appunto, apnea. Se queste pause si ripetono sporadicamente (meno di cinque volte per ora di sonno), non vi è motivo di preoccuparsi; ma se la frequenza eccede le cinque pause all’ora si comincia a configurare una condizione di malattia nota come “sindrome delle apnee ostruttive in sonno”.

Un pericolo sottostimato...

Pur essendoci studi rigorosi che indicano una percentuale tra il 4% e l’8% di popolazione che soffre questa condizione, ben pochi la conoscono realmente: si pensi invece a come sono conosciute e temute altre patologie che forse producono meno danni, come il diabete o l’asma o l’ipertensione arteriosa... Purtroppo, tuttora ci si continua a soffermare sul lato comico del russamento, mentre invece si ignora pericolosamente che nel forte russatore, al crescere delle apnee per ora di

sonno, cresce proporzionalmente il rischio di produrre un infarto cardiaco, cadere vittima di un ictus o, più subdolamente, sviluppare una ipertensione arteriosa, per di più mal curabile dai farmaci. Inoltre, ad ogni apnea corrisponde una sorta di risveglio inconsapevole che devasta la funzione ristoratrice del sonno. Poi ancora, riflettiamo sul fatto che “la causa di un incidente su cinque è dovuta a un colpo di sonno” (v. www.autostrade.it): un’informazione preziosa per il guidatore, che dovrebbe essere al corrente anche del fatto che i Centri di Medicina del Sonno di tutto il mondo esaminano per oltre l’80% Pazienti con sindrome delle apnee ostruttive in sonno.

... una diagnosi difficile Parlare semplicemente con il Paziente purtroppo non basta a fare diagnosi di russamento piuttosto che di apnea, una differenza fondamentale: la raccolta dell’anamnesi, o storia personale dei sintomi, può solo far sospettare una sindrome delle apnee, senza poterla però comprovare. Per studiare adeguatamente i soggetti russatori o gli apneici sospetti di produrre un numero significativo di apnee, occorre registrare il sonno con opportuni dispositivi. Come? A casa propria (con registratori portatili) o in opportuni Laboratori attrezzati all’occorrenza dove il Paziente viene ricoverato e registrato per l’intera notte. Ma per se confrontiamo il numero dei potenziali sospetti di apnee e i Laboratori o le macchine domiciliari a disposizione per misurarle nel nostro Paese, scopriamo che per completare tutti gli esami nella popolazione occorrerebbe un numero di anni… a due cifre! Fortunatamente, in Italia l’AIMS (Associazione Italiana di Medicina del Sonno, una società scientifica che da tempo si occupa del problema) ha messo a punto un protocollo di selezione dei Pazienti e delle metodiche di esame che ha consentito di razionalizzare grandemente il percorso diagnostico per ogni singolo caso.

I livelli di gravità Studi accurati hanno consentito di costruire un profilo differente a seconda dei diversi raggruppamenti di gravità, cui fornire diversi livelli di tecnologie diagnostiche necessarie. La gravità della situazione viene misurata con

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l’esame polisonnografico (cioè, come spiegato, la registrazione del numero di apnee per ora di sonno) e l’ostacolo viene evidenziato da endoscopia e radiologia. Una volta stabilito che il Paziente fa apnee piuttosto che semplicemente russare, il compito dello Specialista non è finito: bisogna ancora stabilire, infatti, quali sono le cause del fenomeno e, ancora, cosa si deve o si può fare.

Le cause Russamento e apnea sono, in qualche modo, accomunati da un fenomeno unitario: il restringimento delle vie respiratorie a livello della gola. Un modesto restringimento genera un flusso turbolento e vibrante (russamento), un maggiore restringimento arresta il flusso aereo (apnea) più volte nell’unità di tempo. Ma cosa c’è dietro questo restringimento? Prima di tutto fattori costituzionali: una gola nata troppo stretta, una mandibola scarsamente sviluppata e piccola, che non sostiene sufficientemente la lingua che cade nel lume della gola occludendola, un eccessivo accumulo di grasso nell’obeso che schiaccia le pareti, tonsille troppo grosse (in genere nel bambino) o un palato esuberante o flaccido (nell’adulto), oppure ancora una parte posteriore della lingua troppo grande. Per ogni singolo caso lo Specialista sa come localizzare il relativo ostacolo con l’endoscopia o le opportune radiografie.

Cosa fare? I rimedi sono diversi. Se il soggetto russa senza generare apnee in numero critico, le opzioni sono due: o si applica un byte (apparecchio ortodontico da portare di notte), oppure si fa un piccolo intervento su palato o naso e palato, in genere con ottimi riscontri. Il byte porta in avanti la mandibola ampliando lo spazio respiratorio, l’intervento modella e irrigidisce il palato rendendolo meno vibrante. In caso di apnea significativa, va offerta al Paziente per prima la cosiddetta terapia ventilatoria, cioè una mascherina notturna che - soffiando aria a pressione nel naso - sblocca le apnee dall’esterno. Se accettata e correttamente utilizzata nel tempo, è un provvedimento efficace. Un eventuale intervento chirurgico sarebbe più pesante e su tutte le sedi di ostacolo respiratorio, ma con risultati interessanti e durevoli. Testo raccolto da Antonella Ciana


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Epatite C e altre malattie del fegato?

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Chi siamo L’Associazione EpaC Onlus si occupa dal 1999 di Epatite virale e delle relative complicanze (cirrosi, tumore e trapianto di fegato): è il principale punto di riferimento nazionale per tutti i malati, familiari e cittadini in cerca di informazioni utili sulla patologia. L’Associazione è gestita interamente da malati e si avvale della consulenza dei migliori specialisti italiani in epatologia.

Attività istituzionali dell'Associazione

L’associazione svolge anche le attività di: A) Sostegno alla ricerca scientifica, perché sono ancora tanti gli aspetti sconosciuti che riguardano il virus e la diffusione nel nostro territorio. In questo ambito, l’Associazione ha già finanziato tre progetti di ricerca, stanziando oltre 100mila euro e assegnando diverse borse di studio. B) Informazione, perché troppe persone non sanno nulla del virus, di come si contrae, ecc. La disinformazione è anche il fattore Cosa facciamo La principale attività istituzionale è il counselling finalizzato alla rimoprincipale che sta alla base della discriminazione. L’Associaziozione di stati emotivi invalidanti, molto frequenti nei malati di epatite ne, per arginare questo problema, ha distribuito in dodici anni C, quali la sensazione di fallimento, umiliazione e paura di comunidi attività migliaia di pubblicazioni: depliant informativi (oltre care il proprio disagio. Il ripristino della forza interiore attraverso il 500mila), fascicoli per i malati in terapia, per i Medici di medicidialogo, la solidarietà, il sostegno morale e informativo sono i cardini na generale, per i Pediatri, ma anche documenti di alto profilo dell’attività quotidiana del centro d’ascolto. scientifico. L’EpaC, inoltre, è presente con un proprio stand in numerose manifestazioni per distribuire al pubblico il materiale Il servizio informativo viene fornito in forma gratuita telefonicamente, informativo. per posta elettronica o presso le nostre sedi di Milano e Roma, ogni C) Prevenzione, perché ancora oggi molte persone non sanno di anno, a migliaia di pazienti affetti da epatite C. avere l’epatite C e, con una maggiore conoscenza della malattia, Le tematiche affrontate più spesso sono: la patologia, le modalità potrebbero sottoporsi a un controllo e scoprire l’infezione; non di trasmissione e diffusione; le terapie e i recapiti di centri specializsolo per curarsi, ma anche per bloccare o limitare la fonte di zati, inoltre, la tutela dei malati in ambito lavorativo, previdenziale, nuovi contagi. Con questi obiettivi, l’Associazione ha organizzal’esenzioni dai ticket e la consulenza legalepag_farmacia_8 inerente la legge 210/92 1 15/02/2012 to cinque 17:23 campagne informative nazionali, con spot TV, radio, x10_Layout Pagina 1 (indennizzo e risarcimento in seguito a trasfusioni di sangue infetto). conferenze e articoli stampa, ma anche screening nelle piazze per il controllo delle transaminasi Perchè è nata EpaC Onlus ai cittadini, per la prevenzione e la La cronicità della malattia genera un lotta all’epatite C. numero elevatissimo di richieste d’aiuto; in particolare, sono tante le richieste Inoltre, EpaC Onlus: ha collabodi consigli e chiarimenti da parte dei rato in vari progetti, con il Minipazienti, riconducibili ad un’assente, stero della Salute e con cinque scarsa o errata informazione sulle epaAziende sanitarie locali; fa parte titi da altre fonti. Purtroppo, in Italia, del Consiglio direttivo della Eunonostante l’altissima diffusione dell’eropean Liver Patient Association patite C, non esiste alcuna associazione (ELPA); è socio della World Hepano profit adeguatamente organizzata, titis Alliance (Giornata mondiale se non EpaC Onlus, in grado di soddidell’epatite che nel 2011, in Italia, sfare questa enorme mole di richieste. si è celebrata il 29 Novembre. Per conoscere la data del 2012 si può visitare il sito www.epac.it); Altre informazioni: è fondatore dell’Alleanza contro www.epac.it - e-mail: info@epac.it l’epatite (ACE); promuove attività Sede amministrativa: tel. 039 6083527 Inserisci il nostro Codice Fiscale di sensibilizzazione istituzionale, 97375600158 Sede operativa nazionale: tel. 06 60200566 ma anche manifestazioni di piaze la tua firma nella sezione a sostegno Per donare: C/C bancario za a tutela dei malati; organizza del volontariato e delle ONLUS IBAN: IT86A0542834070000000082174 convegni sulla patologia a favore C/C postale n. 56350069 Per info: tel. 0660200566 - 0396083527 - www.epac.it dei malati e dei loro familiari.

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speciale Dott. Giuseppe Spinnato, Medicina dello Sport (Bologna) Dott.ssa Luna Rizzo, Ricercatrice Università di Shangai

Footing, ciclismo e nuoto: scegli lo sport più giusto per te La corsa lenta, detta con termine anglo-sassone, footing o jogging, è forse l’attività motoria più praticata al mondo, da uomini e donne di ogni età, anche se dediti, a vari livelli, anche ad altre discipline sportive. Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una vera e propria esplosione del numero di praticanti, convinti di ottenere dalla pratica costante importanti benefici per la salute. Contrariamente a quanto si possa immaginare, questa attività è conosciuta e praticata da molti millenni, anche se molto più recentemente un importante impulso alla sua diffusione è stato dato dall’americano James F. Fixx, che è stato un buon consigliere, ma un cattivo esempio, dato che è deceduto per infarto miocardico durante una seduta di jogging. Cercheremo quindi di capire in che cosa consiste, quali sono i benefici, i danni e le controindicazioni. Per una migliore comprensione di questo articolo è necessaria una breve premessa. Chi è appassionato di automobili e interessato ai problemi ecologici, avrà notato il crescente aumento di auto “ibride”, cioè alimentate da più elementi contemporaneamente (benzina, diesel, metano, Gpl, elettricità ecc.). Anche il muscolo, motore degli esseri appartenenti al regno animale, possiede la capacità di sfruttare differenti sistemi energetici, a secondo del tipo di impegno: iniziale e breve, prolungato e leggero, intenso ed estremo, fornendo di volta in volta differente sorgente energetica. Pertanto, a secondo del tipo di corsa, noi utilizzeremo differenti risorse energetiche con diversi effetti sul corpo umano.

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speciale La corsa lenta Poiché ci stiamo occupando della corsa lenta, definibile con una velocità inferiore a 10 km ora o, se volete, a 6 min. per km, possiamo affermare che si tratta di una attività aerobica (con consumo di ossigeno), poco impegnativa e prolungata nel tempo. Durante questo tipo di sforzo l’organismo sfrutta il serbatoio energetico costituito dai grassi, a differenza della corsa veloce che richiede il consumo degli zuccheri. Quindi, a parità di dispendio calorico, il praticante la corsa lenta e prolungata vedrà ridurre i propri depositi di grasso molto prima di chi pratica la corsa veloce. Il miglior rapporto benefici/rischi L’elenco dei benefici della corsa lenta è lungo e presenta il miglior rapporto benefici/rischi. Tutti gli apparati del corpo umano vengono coinvolti ottenendone vantaggi. Possiamo addirittura affermare che questo esercizio, effettuato regolarmente (almeno tre volte alla settimana) per non meno di 40 minuti, costituisce la migliore medicina per alcune importanti patologie, come:

problemi cardiocircolatori (ipertensione, aterosclerosi, coronaropatie, insufficienza cardiaca, esiti da infarto, ecc.), problemi respiratori (bronco pneumopatie croniche ostruttive, asma ecc.) patologie metaboliche (diabete mellito, obesità ecc.) problemi ossei (stimola i nuclei di ossificazione nei giovani favorendo lo sviluppo osseo, migliora il metabolismo cartilagineo prevenendo l’artrosi ecc.) problemi ormonali e nervosi (produzione di sostanze benefiche per il tono dell’umore, la concentrazione ecc.) problemi circolatori (incremento del numero e del calibro dei capillari con benefici per gli scambi gassosi e nutrizionali degli organi e tessuti periferici). Come si adatta l'organismo all'allenamento Le prestazioni fisiche intense rappresentano uno degli stress maggiori a cui sia possibile sottoporre l’organismo. Grandi differenze sul piano fisiologico, e conseguentemente della prestazione, intercorrono fra uomini e

donne. Una delle ragioni fondamentali di tale discrepanza è di natura ormonale. Il testosterone (ormone sessuale maschile) è un ormone anabolizzante in grado di favorire moltissimo la sintesi proteica generale e muscolare in particolar modo. Un uomo con buona secrezione di testosterone avrà, di norma, una buona e robusta muscolatura, superiore di oltre il 40% rispetto alla donna. Anche gli estrogeni concorrono a far avere una percentuale di grasso nelle donne di gran lunga maggiore rispetto agli uomini. Nelle donne si calcola che la percentuale adiposa corrisponda a circa il 27% contro il 15% degli uomini. Gli elementi da mettere a fuoco per comprendere la misura del successo di una pratica sportiva sono la forza muscolare, la potenza che i muscoli sono in grado di esprimere e il tempo per il quale possono protrarre la prestazione. La forza dipende prevalentemente dalla sezione trasversa di un muscolo. In un sollevatore di pesi a livello mondiale, tale sezione può raggiungere, nel quadricipite, i 150 cm2 con un potenziale di forza di oltre 500Kg. Tale potenziale si riflette sul tendine rotuleo e sull’articolazione, met-

tendo in serio pericolo la struttura anatomica del ginocchio, che può andare incontro a fratture da compressione, dislocazioni cartilaginee e lesioni tendinee. Adattamenti cardiocircolatori all'allenamento: il “cuore d’atleta” L'allenamento intenso obbliga tutto l'organismo ad "adattarsi" a questa nuova condizione di "super lavoro" attraverso lo sviluppo di modificazioni morfologiche e funzionali, che sono definite adattamenti. Per quanto riguarda l'apparato cardiocircolatorio, gli adattamenti più vistosi si osservano negli atleti dediti a discipline sportive aerobiche o di resistenza, le quali richiedono il raggiungimento e il mantenimento per lunghi periodi di Gittata Cardiaca (quantità di sangue che il cuore pompa nella circolazione in un'unità di tempo) massimale. Tali adattamenti fanno sì che il cuore di questi atleti appaia così diverso da quello di un sedentario che è stato coniato con il termine di "cuore d'atleta". La presenza di questi adattamenti consente al cuore d'atleta di fornire prestazioni superiori al normale durante lo

Le regole del footing

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speciale sforzo. La loro entità varia in funzione del tipo, dell’intensità e della durata delle competizioni e delle sedute di allenamento; caratteristiche fisiologiche di base del soggetto, in gran parte definite geneticamente; età del soggetto ed epoca di inizio dell'attività. Gli adattamenti si possono distinguere in: Adattamenti Centrali (a carico del cuore) e Adattamenti Periferici (a carico dei vasi sanguigni, arteriosi, venosi e capillari), ma questo è un discorso un po’ complesso e per “addetti ai lavori”. Quando non è indicato il footing Le eventuali controindicazioni vanno valutate e discusse col medico sportivo. In linea generale non è indicato il footing in presenza di scompenso cardiaco congestizio, crisi asmatica, artriti e artrosi invalidanti degli arti inferiori, in corso di malattie acute febbrili, lombo sciatalgie ed ernie discali in fase acuta, angina pectoris, alcune aritmie cardiache, convalescenze mediche e chirurgiche, gravidanza a termine, recenti infortuni arti inferiori, neoplasie avanzate, neuropatie in fase acuta arti inferiori, miocardiopatie, alcune cardiopatie valvolari e congenite ecc. consigli pratici per correre in sicurezza Per ottenere dalla corsa i benefici, senza subirne i danni, occorre adottare alcuni accorgimenti; tra questi si raccomanda: • uno stile corretto, correre in scioltezza senza saltellamenti, rilassando tutti i muscoli dalla testa ai piedi ed evitando l’irrigidimento di alcune articolazioni, • indossare indumenti che lascino traspirare il corpo, usare scarpette idonee e di buona qualità, • evitare le ore più calde e più fredde e le zone inquinate, • bere acqua o bevande energetiche dopo ogni seduta, • non correre subito dopo mangiato, • iniziare e terminare ogni seduta con alcuni minuti di marcia, • mantenere una frequenza cardiaca ben al di sotto di quella massima relativa all’età (220-età in anni), • rallentare o fermarsi in caso di affanno o di dolore in qualsiasi parte del corpo (anche un dolorino ad un gomito può essere sintomo d’infarto), • evitare terreni irregolari, troppo duri o troppo morbidi. Per poter praticare la corsa in tranquillità e sicurezza, senza incorrere nell’imprudenza commessa da James F. Fixx, è assolutamente necessario sottoporsi preventivamente e annualmente ad una visita specialistica medico-sportiva, nella quale si valuteranno l’idoneità, le limitazioni, le contromisure, gli accorgimenti, la durata e le controindicazioni. Infine, non mi resta che ripetervi quello che dico agli atleti e agli amatori che sottopongo a visita: la corsa è la più bella espressione di vitalità, libertà, benessere; ci permette di stare con noi stessi, con la natura, di riflettere, ascoltare musica, imparare le lingue, stare in compagnia, prevenire e curare malattie con una minima spesa. Cosa vogliamo di più?

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CICLISMO aiuta anche l'umore

La primavera e l’estate sono i periodi dell’anno in cui, anche ai più pigri, viene voglia di muoversi e di praticare uno sport. Ecco altre due discipline (il ciclismo e il nuoto) particolarmente adatte quando fa caldo e le giornate sono più luminose. A prescindere dal tipo di disciplina sportiva che si sceglie, è però indispensabile informarsi e seguire alcune regole di sicurezza per trarre il massimo beneficio dall’attività fisica ed evitare spiacevoli inconvenienti.

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speciale Andare in bicicletta, quanti vantaggi! Si può praticare a tutte le età, ci fa stare all’aria aperta, ci fa socializzare e scoprire luoghi nuovi, ci tiene in forma sia fisica che psicologica... Ma attenzione a praticare questo sport in maniera corretta, magari consultando prima il proprio Medico. Cosa fare prima di partire Ci vogliono una buona attrezzatura, un abbigliamento idoneo e una corretta impostazione sulla bici, che dev’essere come un vestito cucito su misura, con il posizionamento delle parti regolabili più idoneo e la sella più adatta al nostro corpo. Meglio le selle rigide, dure e indeformabili, adatte alla misura del bacino e posizionate in maniera che, stando seduti sulla sella e appoggiando il piede sul pedaL’uomo, sia dal punto di vista ancestrale che embrionale, ha origini acquatiche: magari non ha sempre nuotato, ma di certo lo faceva già nell’XI secolo a.C. Per praticare questo sport salutare non ci sono limiti di età, tuttavia bisogna differenziare l’attività a seconda della fascia di età. Quando imparare a nuotare Anche a zero anni: da 0 a 3 anni il bambino può frequentare la piscina non per imparare a nuotare, ma per giovarsi dei tanti stimoli psico-fisici che ne favoriscono lo sviluppo e la formazione. Pensiamo al contatto fisico tra bimbo e genitore, al senso di sicurezza che quest’ultimo gli infonde, all’apprendimento del gioco collettivo, all’incremento dell’innata acquaticità, ai benefici della attività motoria che coinvolge di-

le, la gamba non debba essere completamente allungata, ma dietro al ginocchio si formi un angolo di 160°: ricordiamo che una posizione errata può provocare fastidiose tendiniti. Oltre ad un abbigliamento che ci aiuti a contrastare le condizioni atmosferiche, non dimentichiamoci mai del casco e attrezziamoci per essere ben visibili non solo con le luci previste, ma anche con strisce fluorescenti applicate al corpo, alla bici, ai pedali e alle scarpette. Come pedalare Meglio pedalare senza impegno per dieci minuti, poi fermarsi per fare uno stretching leggero, estendendo, oltre ai muscoli delle gambe, anche quelli dell’addome, coinvolti anch’essi nell’attività. Ripartiamo pedalando con impegno più sostenuto (70-80 stretti corporei altrimenti poco utilizzati... Tra i 3 e i 5 anni ci si comincia a esercitare nei vari stili, ma l’apprendimento vero e proprio avverrà dopo i 5 anni, quando si è padroni del coordinamento dei movimenti. Nella fase puberale la pratica regolare del nuoto, con frequenza minima di 2-3 volte a settimana, apporta notevoli benefici anche alla formazione ormonale e psicologica del giovane, senza contare una maggiore capacità di adattamento agli sbalzi termici. I benefici del nuoto per gli adulti, invece, riguardano essenzialmente la sfera metabolica e la funzione cardio-vascolare; se poi si è nella terza e quarta età, lo scopo non è il potenziamento delle prestazioni fisiche, bensì il loro mantenimento. Non dimentichiamo, infine, quanto il nuoto e gli esercizi acquatici

pedalate al minuto in pianura) e poi concludiamo con uno stretching completo. Se si esce in compagnia, meglio evitare le sfide e non cimentarsi in volate, oltre a non pedalare affiancati. Va da sé, poi, che vanno evitate le strade inquinate dal traffico!

dell’organismo. Attenzione, poi, a una corretta idratazione: se in difetto o in eccesso, può provocare gravi rischi per la salute.

Alimentazione e idratazione Se siamo solo cicloturisti, va bene una normale dieta equilibrata, con preferenza per i carboidrati (riso, pasta e pane sono la “benzina” che fornisce l’energia ai muscoli), seguiti da proteine, meglio se quelle vegetali dei legumi, pur senza eliminare carne, pesce e uova. Aggiungiamo una modica quantità di grassi, in specie vegetali, e non risparmiamo sul consumo di frutta e verdura di stagione, indispensabili per un metabolismo ottimale

Ma la bici fa dimagrire? Ecco un mito da sfatare: il ciclismo è uno degli sport a maggior consumo energetico, ma non è sufficiente bruciare calorie per dimagrire senza un contemporaneo controllo della quantità e qualità degli alimenti. Insomma, si dimagrisce a tavola: la bici è invece un ottimo sistema per trasformare la massa corporea grassa in massa magra (muscolare) e questo effetto è sì proporzionale alla durata e all’intensità dell’esercizio, ma non richiede certo uno sforzo tale da provocare un respiro affannoso, anche perché è meglio essere sempre in grado di chiacchierare o canticchiare!

siano preziosi in gravidanza, sia per la mamma che per il bebè in arrivo!

vertiginose. L’asma e le malattie bronco-pneumoniche, invece, non sono una controindicazione.

Se il medico dice no Come per qualsiasi attività sportiva, anche prima di cominciare il nuoto occorre una visita medica preventiva generica per le attività non agonistiche e una specialistica di Medicina dello Sport per le agonistiche. Poiché ciascun praticante costituisce un caso a sé, è indispensabile richiedere il parere specifico di un medico, che considererà come controindicazioni, per fare qualche esempio, alcune malattie cardiache congenite, le aritmie maggiori, la cardiopatia ischemica instabile, le ferite non cicatrizzate, alcune malattie della pelle, l’epilessia, lo stato febbrile, alcune artropatie in fase acuta, alcune malattie infettive, le allergie alle sostanze presenti nell’acqua o le sindromi

Consigli preziosi per chi ha scelto il nuoto È buona norma uscire dall’acqua appena si sente freddo. In piscina, poi, attenzione ai suoi bordi, al trampolino e al pavimento scivoloso. Mai immergersi a digiuno completo o subito dopo i pasti, né tuffarsi a caldo in acqua fredda, pena uno shock termico. In agguato c’è anche il pericolo di infezioni micotiche, quindi niente piedi nudi e cambio frequente di accappatoio e asciugamani. E se si soffre di allergie, vanno valutate le sostanze presenti nell’acqua. Infine, anche in acqua si “suda”, perciò ricordatevi di reidratarvi adeguatamente dopo una lunga nuotata. Testo raccolto da Marina Dall’Olio

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psicologia

L'

ansia è un connotato dell'agire umano, uno stato emotivo, che ha una funzione nel far compiere scelte di sopravvivenza e di evitamento del danno (come si dice in gergo). Secondo una descrizione semplice, ma convincente della psicologia umana, la vita "gira" intorno alla ripetizione delle cose che ci gratificano, sbilanciandosi da una parte verso la ricerca della novità (della nuova gratificazione), dall'altra lontano dal pericolo (evitamento del danno). Anche nel confronto con le situazioni gli atteggiamenti fondamentali sono tre: avvicinarsi alla situazione per cercare di cambiarla (aggredendo se necessario), rimanere im-

mobili e mimetizzarsi o fuggire. Le ultime due sono ovviamente varianti l'una dell'altra, perché quando non c'è tempo per fuggire, l'unica via può essere quella di cercare di tagliarsi fuori dal pericolo: insomma alzare le mani… Più le situazioni sono estreme, più saltano fuori i tipi particolari: c'è chi "fa l'eroe" durante la rapina in banca dove gli altri scappano o svengono o alzano le mani, e c'è chi non spiccica parola di fronte a chi gli chiede come si chiama. L'ansia quindi si riconosce specialmente nella vita di tutti i giorni. Ovvio che se siamo bloccati o inibiti di fronte ad alcune cose fondamentali, tipo l'uscire di casa per paura di sentirsi male, automa-

ticamente è difficile continuare a vivere in maniera gratificante. Altre volte è colpita la sfera delle relazioni, per cui siamo bloccati nel chiacchierare, rispondere, controbattere, far valere le nostre opinioni e posizioni di fronte a chi è sicuro di sé, esuberante o prepotente. Altre volte c'è un'ansia "di tutto" che rende ogni azione penosa, incerta, problematica e che mette davanti sempre quel che di pericoloso può succedere, senza neanche lasciar spazio per divertirsi. Si pensa al divertimento, ma poi si finisce con il vivere il pericolo, l'angoscia. Un’attesa angosciosa di un qualcosa di negativo da cui difendersi o da subire senza poter opporre resistenza.

ANSIA

una gabbia di cui liberarsi Dott. Matteo Pacini Scuola di Psichiatria dell’Università di Pisa Centro di Riferimento Alcologico del Lazio Università La Sapienza di Roma

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psicologia

L'ansia è come una corda che tira indietro, che chiude la bocca, che serra le mani, che accende un muro di fuoco tra dove siamo e dove vorremmo andare. Una rete elettrificata, un salto nel vuoto,

uno spazio tra due tetti. Quando è poco forte, si è ansiosi, ma si riesce comunque a fare un po' di tutto, magari rinunciando al meglio, alla parte più interessante o comunque a provare fino in fondo ciò che ci piace. Quando invece l'ansia è molto forte, si sviluppa una reazione esplosiva che è detta "fobia", cioè un muro assoluto che respinge dolorosamente come se si toccasse quel fuoco, quella rete elettrica, si cadesse in quel vuoto ogni volta che si è provato a forzare la propria paura. Chi ha l'ansia è diverso da chi ha la fobia: chi ha l'ansia ha imparato che in determinate circostanze può osare, piano piano adattarsi, magari superare nel tempo le sue ansie, o comunque imparare a conviverci. Chi ha le fobie, non può vivere parte della vita, finisce per escluderla, per rinunciarvi. La felicità è ostacolta dalla fobia perché costringe a rinunciare a qualcosa d’importante, o di necessario, come i rapporti amorosi, la carriera lavorativa (fobia sociale), i viaggi e la libertà di essere dovunque (panico e agorafobia) o cose più particolari, ma che però la persona sente come limiti obbligati e insensati che magari gli altri non hanno (le fobie specifiche: dell'acqua, degli animali, della sporcizia). Le fobie, panico compreso, non danno abitudine. Vale a dire, non si impara a non temere una cosa di cui si ha fobia, anzi: più si è reagito in maniera fobica, più questa reazione diventa automatica. Alla fine si diventa semplicemente evitanti, cioè ci si organizza in maniera da tagliar fuori la cosa temuta dalla vita. Il panico è un'ansia paralizzante, terrorizzante, che ha la sua parte anomala nel fatto che non risponde a un pericolo presente

e quindi costringe la persona a vivere una paura assoluta, riferendola probabilmente all'unica cosa che in quel momento c'è: se stesso e il proprio corpo. La preoccupazione di poter morire o svenire o perdere il controllo di sé è il modo in cui il cervello cerca di

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trovare una soluzione a questo "niente" che fa paura. Più che la soluzione al fatto temuto (ad esempio un infarto) chi ha il panico cerca un qualcosa che sia rassicurante rispetto a quella paura. Alla fine, dopo vari attacchi di panico, la persona che ne soffre ha paura "della sua paura", cioè non vuole più avere quell'emozione di terrore. Una forma particolare di ansia è quella derivata dalle ossessioni, pensieri obbligati spesso strani o imbarazzanti quasi fossero una provocazione morale

(poter compiere atti aggressivi o sgradevoli) o un dubbio atroce su questioni d’identità personale (sessuali, ad esempio) o riguardanti in generale l'idea di poter perdere il controllo di sé, delle proprie funzioni mentali, L'ansia continua, su questi temi, produce sicuramente uno stato di "straniamento" e di "depersonalizzazione" come si dice in cui non si capisce neanche più dove stia il segno tra normalità (di cui non doversi preoccupare) e anomalia (da cui rimanere terrorizzati) e la paura d’impazzire. Di solito la persona cerca la soluzione ragionando sul contenuto, pensando che sia il problema a generare l'ansia e non il contrario. Così facendo, le persone si trovano a premere contro una porta che invece si apre "tirando" e spendono moltissime energie senza riuscire a uscire dalla propria gabbia mentale. L'ansia normale invece serve.

Serve a evitare i pericoli da tutti riconosciuti (nuotare nel mare agitato, saltare da altezze eccessive, toccare animali velenosi), ma anche da pericoli che possono corrispondere a mode o a orientamenti condivisi da gran parte dei coetanei. L'ansia rende anche empatici, partecipi alla sofferenza degli altri, sensibili al dolore e in un certo senso cementa le relazioni tra gli individui; l'avere bisogno gli uni degli altri non solo per averne piacere o soddisfazione sul momento o per assecondare propri sogni o aspettative, ma proprio per avere un legame sicuro, quotidiano, di base, che non deve mancare. Persone che sono state per anni, in particolare quelli della giovinezza, isolati a causa

della "paura degli altri", durante una cura scoprono non soltanto di poter vivere in maniera accettabile, ma di poter cominciare a rispolverare una serie di obiettivi che avevano accantonato o di potersi fare di sé un'idea finalmente positiva, che rende onore magari a un’intelligenza vivace e a un’emotività ricca fino ad allora soffocate. Allo stesso modo, una persona con un panico da cui è costretta a vivere tra casa e quartiere, con spostamenti solo in compagnia di persone fidate, senza il panico può nuovamente viaggiare, accompagnare gli altri, vedere posti nuovi, fare una serie di esperienze che prima erano soltanto una serie di luoghi "pericolosi" da cui fuggire per far ritorno a casa. La gabbia ansiosa, proprio per la natura dell'ansia, è una prigione sicura e quindi chi c'è dentro può essere talmente spaventato da fidarsi più delle sbarre che gli segnano un limite sicuro, che non del mondo fuori. Superare l'ansia è quindi ritrovare la libertà, ma anche rinunciare alla sicurezza della propria cella. Dal punto di vista di chi è in preda all'ansia, l'ansia è una sicurezza, il resto è pericolo o paura. Ecco perché chi soffre di un disturbo d'ansia ritarda, a volte di anni, il momento di "liberarsi" dalla gabbia “…senza la sua paura, si fida poco”, per dirla con De André. “Chissà cosa si trova a liberare la fiducia nelle proprie tentazioni, allontanare gli intrusi dalle nostre emozioni, allontanarli in tempo e prima di trovarsi solo con la paura di non tornare al lavoro. ... Mi sforzo di ripetermi con loro e più l'idea va di là del vetro più mi lasciano indietro, per il coraggio insieme non so le regole del gioco senza la mia paura mi fido poco." Fabrizio De André, Storia di un Impiegato, "La bomba in testa", 1973 Testo raccolto da Marina Dall’Olio


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Helicobacter Pylori dal contagio alla cura Dott. Felice Cosentino Direttore Struttura Complessa di Gastroenterologia e di Endoscopia digestiva Osp. San Giuseppe, Polo Universitario (Milano) www.endoscopiadigestiva.it www.medicitalia.it/felice.cosentino

L’Helicobacter Pylori (HP), identificato nel 1983, è un batterio a forma di spirale che vive nello stomaco di almeno la metà della popolazione mondiale causando un’infiammazione della mucosa gastrica (gastrite). Essendo la sua diffusione legata alla scarsa igiene, esso è ben presente nei Paesi in via di sviluppo (America Latina, Africa) per le ovvie condizioni favorenti (scarsa igiene ambientale, povertà, sovraffollamento e convivenza con persone infette), mentre è in diminuzione nei Paesi occidentali.

Trasmissione La trasmissione avviene mediante ingestione di alimenti (ortaggi, verdure) contaminati dalle feci umane e non adeguatamente

lavati, oppure da una bocca a un’altra (attraverso l’ingestione di bevande, ad esempio, bevendo dalla stessa bottiglia). Si è ipotizzato che il batterio possa giungere nella cavità orale attraverso il rigurgito o il vomito e che, ad ogni modo, la bocca sia solo un serbatoio di transito in cui l’HP non potrebbe vivere a lungo. Quindi il bacio è poco rischioso, così come la via sessuale, le trasfusioni di sangue, le cure dentarie, i tatuaggi e anche il contatto con gli animali domestici. L’infezione privilegia l’età giovanile ed è rara in quella adulta.

Conseguenze L’HP vive bene nell’ambiente acido dello stomaco, infiltrandosi nella mucosa gastrica con conseguente gastrite. Nell’80-85% dei casi è del tutto asintomatica o minimamente sintomatica; negli altri casi provoca invece bruciori e dolori gastrici, nausea, vomito, eruttazioni e reflusso gastroesofageo, sintomi che peggiorano dopo i pasti e che diminuiscono con l’assunzione di antiacidi. Il danno mu-

Ricostruzione al computer del virus

medicina

coso che ne consegue provoca ulcere nello stomaco e nel duodeno e, nei soggetti predisposti, può far insorgere un linfoma dello stomaco a basso grado di malignità e del cancro gastrico. L’HP può avere un ruolo anche in particolari forme di anemia da carenza di ferro e in alcune forme di piastrinopenia autoimmune. Resta invece incerto il suo ruolo in malattie cardiache, allergie, acne rosacea, cefalea e altre malattie extra-digestive.

Diagnosi Ci sono test invasivi e non invasivi:  il test non invasivo più semplice ed efficace è il test del respiro (Urea Breath Test-UBT), effettuato somministrando oralmente dell’urea marcata con un isotopo (un atomo che possiede uguale numero atomico ma numero di massa diverso) e misurandone poi la concentrazione nell’aria respirata emessa soffiando in una provetta. Altro test non invasivo è la ricerca della presenza nelle feci dell’antigene fecale (HpSA), anche se vi è un

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medicina

5-8% di falsi negativi, mentre la ricerca sierologica (esame del sangue) è considerata scarsamente attendibile;  il test invasivo è la gastroscopia con biopsie dello stomaco, sia per la ricerca rapida dell’infezione con un test specifico (test all’ureasi) che per la ricerca attraverso l’esame istologico, che presenta il vantaggio di fornire informazioni anche sullo stato della mucosa gastrica. Le biopsie gastriche possono essere utilizzate anche per eventuale esame colturale per testare la sensibilità dell’HP agli antibiotici. L’esame colturale, comunque, non è facilmente disponibile. Prima di effettuare un qualsiasi test per la ricerca dell’HP (gastroscopia, UBT o test fecale) bisogna interrompere il trattamento con gli inibitori di pompa (omeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo, rabeprazolo, esomeprazolo) e l’eventuale terapia antibiotica almeno 4 settimane prima.

È sempre necessario eliminare l’Helicobacter Pylori? No: nella gran maggioranza dei casi, infatti, questo batterio non determina alcun quadro clinico. Quindi il test non va fatto in maniera indiscriminata, ma solo in situazioni ben definite. Come detto, questa infezione è un cofattore rilevante nello sviluppo di tre importanti malattie gastrointestinali:  ulcera gastrica o duodenale (nell’1-10% dei pazienti HP positivi)  cancro gastrico (0,1-3%)  linfoma gastrico (meno di 0,01%). Solo in questi casi il batterio va eradicato, oltre che nei familiari di I° grado dei Pazienti con cancro gastrico e operati di cancro gastrico superficiale. Il trattamento è anche indicato nell’anemia sideropenica e nella piastrionopenia autoimmune (solo dopo aver escluse altre cause), ma l’associazione tra HP e queste patologie va stabilita in Centri

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specialistici. L’eradicazione dell’HP comporta la guargione definitiva dell’ulcera gastrica e duodenale in oltre l’80-90% dei casi e l’arresto della progressione della gastrite atrofica. Ottimi risultati si hanno anche nei confronti del linfoma gastrico MALT (o maltoma, cioè Mucosal Associated Lymphoid Tissue, tessuto linfoide associato alle mucose), all’incirca nell’80% dei casi. L’HP non ha invece un ruolo nel reflusso gastroesofageo, legato ad altri meccanismi (ernia iatale ecc.), per cui non c’è l’indicazione ad eliminare il batterio in tale patologia. Nei Pazienti con dispepsia i criteri di Maastricht III raccomandano la strategia del test and treat, ossia la ricerca dell’HP con tecniche non invasive e il suo trattamento in caso di positività (per eliminare la gastrite cronica associata e un’eventuale ulcera). Sembra tuttavia che nella dispepsia funzionale i benefici dell’eradicazione siano modesti (50% contro il 36% dei Pazienti trattati con placebo). È quindi ragionevole che nei soggetti sotto i 45 anni senza sintomi di “allarme” si faccia un trattamento empirico con antisecretivi e solo in caso d’insuccesso si ricerchi l’HP per trattarlo in caso di positività. Nei Pazienti con sintomi di allarme (perdita di peso, anemizzazione, vomito persistente ecc.) o sopra i 45 anni è invece indispensabile fare un’esofagogastro-duodenoscopia.

Possibilità terapeutiche

 La terapia sequenziale, che dura 10 giorni, è una nuova terapia che si è dimostrata superiore alla triplice terapia con tassi di guarigione superiori al 90%. Consiste in una duplice terapia (antisecretivo + amoxicillina) per 5 giorni seguita da una triplice terapia (antisecretivo + claritromicina + tinidazolo) per i successivi 5 giorni. In caso di fallimento delle terapie di prima scelta o di resistenza alla claritromicina si può fare affidamento a differenti schemi di triplice terapia, con impiego anche di levofloxacina e rifabutina. Ultima possibilità nella ricerca di una terapia idonea è l’esame colturale su prelievi bioptici, eseguiti per via endoscopica, per testare l’antibiotico più appropriato. In tutte le terapie per curare l’HP l’inibitore di pompa deve essere assunto a stomaco vuoto (almeno mezz’ora prima di colazione e mezz’ora prima di cena), mentre gli antibiotici vanno assunti subito dopo la colazione e la cena per il periodo di tempo prescritto.

Controllo dell'eradicazione Il controllo dell’infezione si può effettuare con l’UBT (Urea Breath Test) o il test fecale: quest’ultimo, però, è meno accurato. La gastroscopia va ripetuta solo in caso di ulcera gastrica o linfoma dello stomaco. Per fare correttamente il controllo dell’HP vanno interrotti i farmaci antisecretivi (omeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo, rabeprazolo, esomeprazolo), oltre a eventuali antibiotici, almeno 4 settimane prima di qualsiasi test (gastroscopia, UBT o test fecale).

Le terapie attualmente indicate sono le “triplici terapie” e la “terapia sequenziale”:

Possibilità di reinfezione

 Le triplici terapie comprendono un’antisecretivo associato alla claritromicina e all’amoxicillina o al metronidaziono (o tinidazolo), da somministrare per 7-14 giorni: la durata è legata alla maggior efficacia dell’eradicazione con una più lunga terapia. La maggior parte dei Medici indica 10 giorni di trattamento.

La probabilità che l’infezione ritorni è molto bassa. Si stima, infatti, che la reinfezione si verifica in circa l’1% dei Pazienti per anno. Quindi, dopo aver correttamente dimostrato la scomparsa dell’infezione in seguito alla terapia antibiotica, non sono necessari ulteriori controlli negli anni successivi. Testo raccolto da Marina Dall’Olio


DEPURDREN


news

sclerodermici) è uno dei primi sintomi della malattia. Il medico di base è il primo interlocutore, quindi è importante sia informato che il disturbo circolatorio alle estremità può essere la spia di una patologia secondaria invalidante e che, se riconosciuta in tempo, può ritardare al malato la disabilità e, nei casi più gravi, salvargli la vita. Si è trattato quindi di una richiesta di collaborazione per una diagnosi precoce, di un’attenzione in più per quei pazienti che presentano il fenomeno di Raynaud, ai quali prescrivendo due semplici esami: la capillaroscopia alle mani e un esame del sangue, gli anticorpi

antinucleo (ANA) si può confermare o escludere la malattia. Con esito positivo di Sclerosi Sistemica, il malato dovrà essere indirizzato, al più presto, in un Centro di Reumatologia o Immunologia poiché solo l’inizio della terapia in uno stadio presclerotico può rallentare l’aggressività della malattia. (Per destinare il 5x1000, C. F. 93091610423. Altre info. www.ails.it)

Maggio 2012, Un PERCORSO di Pet-education a Modena

comportamenti. Il rapporto di empatia che si instaura tra il bambino e il cane andrà a consolidare il percorso educativo in essere all'interno della classe. Gli interventi di Attività e Terapia Assistita dagli Animali (coadiuvati da un operatore pet-partner) si basano sulle premesse scientifiche ed epistemologiche della zooantropologia assistenziale, che vede nel rapporto

con l’animale una esigenza non sostituibile per l’uomo per il raggiungimento di un buon equilibrio psicologico. L'attività si svolgerà in 5 appuntamenti al Nido Edison di Modena. Un ringraziamento particolare va alla Farmacia Santa Filomena di Modena che ha contribuito a sostenere l’iniziativa. (Altre info: nazzarenalancellotti@libero.it)

UN’ASSOCIAZIONE VICINA AI BAMBINI IN OSPEDALE

nuovo concetto di ospedale che non risponda solo lei intitolato affinché il suo ricordo accompagni tutti ad esigenze strettamente mediche, ma che tenga i bambini, i genitori e i volontari che trascorreranno conto dei bisogni relativi alla crescita del bambino il loro tempo in questi luoghi. (Per altre informazioni e del suo equilibrio psicologico permettendogli di www.bimbotu.it). soggiornare in un ambiente che richiami la propria casa, aiutandolo a vivere nel migliore dei modi una realtà difficile, aiutandolo ASSOCIAZIONE PER I BAMBINI COLPITI ad affrontare la malattia con DA MALATTIE DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE E/O TUMORI SOLIDI serenità. Ambienti allegri, camere accoglienti e coe sei TU! lorate rendono l’ospedale Chi ci sostien meno “spaventoso”; il gioco stimola la fantasia ed è 5 x 1 0 0 0 ! Basta davvero poco per fare tanto! un fattore di continuità con O! la vita esterna. Il progetto R IC O R D A T E L Voce “Sostegno del volontariato e delle altre porta il nome di una piccola www.bimbotu.it organizzazioni non lucrative di utilità sociale” amica, Lucrezia, ed è stato a

Un importante progetto per i malati di Sclerodermia

Si è concluso con le ultime lettere inviate ai medici dell’Emilia Romagna un importante progetto dell’Associazione AILS (Associazione Italiana Lotta alla Sclerodermia, Onlus) iniziato a Ottobre 2011. In pratica l’Associazione si è impegnata in una campagna informativa, rivolta ai 27.250 Medici di Medicina Generale presenti in Italia, in seguito alle tante testimonianze di malati arrivati ad una diagnosi di Sclerosi Sistemica (Sclerodermia) dopo anni, pur avendo il fenomeno di Raynaud, che statisticamente (nel 95% dei pazienti

L’obiettivo della Pet-education è di offrire al bambino e alla sua famiglia l’opportunità d’incontrare e conoscere il mondo animale (in questo caso sono stati scelti 2 cani - Milka e Margot - di razza golden retriever) imparando a rispettarlo, adottando i giusti

L’associazione BimboTu Onlus dal 2007 offre assistenza, supporto materiale e psicologico ai bambini affetti da tumori del sistema nervoso centrale e periferico, da malattie cranio-encefaliche e vertebromidollari, garantendo assistenza e supporto anche ai genitori. I volontari dell’associazione, all’interno della Divisione di Neurochirurgia Pediatrica dell’Ospedale Bellaria, promuovono, ogni giorno, attività di svago che aiutano bambini e familiari a sopportare il difficile periodo della degenza. Con il Progetto Lucrezia, BimboTu intende realizzare un ambiente a misura di bambino arredando l’intera sezione pediatrica del nuovo Padiglione delle Scienze Neurologiche. L’intervento interesserà quindi: stanze di degenza, sala giochi, spazi comuni e ambulatorio, locali destinati ai colloqui con i genitori, aula scolastica, cucina e area esterna. Il progetto sviluppa un

31 Maggio, Giornata Mondiale senza Tabacco 2012

Il tema scelto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OSM) per celebrare la Giornata Mondiale senza Tabacco di quest’anno è: "Le interferenze dell’industria del tabacco" - "Tobacco industry interference". L'uso del tabacco è una delle principali cause prevenibili di morte (quasi 6 milioni di persone ogni anno, di cui oltre 600.000 perché esposte a fumo passivo). Se non si mettono in atto azioni di contrasto, i morti saranno circa 8 milioni entro il 2030, di cui oltre l'80% nei Paesi a basso e medio reddito. Mentre un nume-

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ASSOCIAZIONE ITALIANA LOTTA ALLA SCLERODERMIA ONLUS

C.F. 91284000378

ro sempre maggiore di Paesi si sta adeguando agli obblighi che derivano dall’adesione alla convenzione quadro dell'OMS, gli sforzi dell'industria del tabacco per indebolire il trattato stanno diventando sempre più forti. Per esempio, nel tentativo di fermare l'adozione delle avvertenze sanitarie con scritte sui pacchetti di sigarette, l'industria del tabacco ha recentemente adottato la nuova tattica di denunciare i Paesi ai sensi dei trattati bilaterali per gli investimenti, sostenendo che gli avvertimenti incidono sulla possibilità delle società di usare i loro marchi legalmente registrati. I tentativi per minare il trattato proseguono anche su altri fronti,

soprattutto nei Paesi che intendono vietare il fumo nei luoghi pubblici, vietare la pubblicità e la promozione e la sponsorizzazione del tabacco. La Giornata mondiale senza tabacco 2012 (31 Maggio) intende rendere consapevoli i decisori politici e l'opinione pubblica circa le tattiche nefaste dell'industria del tabacco. (Fonte www.iss.it)


Un estratto vegetale per combattere le insidie dello stress Che cosa è lo stress? Il famoso settimanale Time, il 6 Giugno ’83, dedicò la copertina allo stress con questo titolo: “Stress l’epidemia degli anni 80”. Un titolo sicuramente emblematico che risultò provocatorio, poiché la percezione di quanto lo stress potesse incidere, sulla vita quotidiana delle persone, ai quei tempi non era sufficientemente diffusa. Quanto scrisse il Time venne confermato da un’importante ricerca (1996) svolta dal magazine Prevention, che mise in evidenza l’incidenza, sulla salute e sullo stile di vita, dello stress negli Stati Uniti. Oltre il 75% della popolazione americana ne soffriva più di 2 volte a settimana, condizione a cui erano legati anche: forte calo della produttività e difficoltà relazionali. Oggi, quanto pubblicato da Prevention, è confermato dal fatto che il 75% delle visite dal Medico di famiglia sono attribuibili allo stress o a fattori ad esso riconducibili. Il termine “stress” fu coniato dall’endocrinologo austriaco Hans Selye, comparve per la prima volta sulla rivista scientifica Nature (1936) e divenne finalmente comunicabile. Selye intendeva per “stress” la pressione percepita da un individuo nel fronteggiare situazioni inaspettate o difficili, forti emozioni sia positive che negative o, più semplicemente, cambiamenti della vita quotidiana e affermò che la risposta allo stress, nell’animale come nell’uomo "è un elemento fondamentale per la sopravvivenza della specie". Negli anni successivi poi, riuscì a definire ciò che lo stress è in grado di causare a livello organico, descrivendo la “sindrome generale di adattamento”, ovvero la risposta di ogni singolo essere umano agli stimoli provenienti dall’esterno. La teoria dimostra come lo stress sia responsabile dell’attivazione del sistema nervoso autonomo e dell’asse ipotalamoipofisi-surrene, e quindi del rilascio di or-

moni come il cortisolo, capace di alterare le normali condizioni fisiologiche. Questa stimolazione, se protratta nel tempo, può determinare il calo delle riserve energetiche con numerosi disturbi a carico di diversi organi e apparati. Quindi una condizione di stress prolungata è in grado di alterare l’equilibrio fisico, mentale e anche comportamentale. Esistono correlazioni ben documentate tra stress cronico e depressione, ansia, ipertensione, cardiopatie, diabete di tipo 2, infezioni, emicrania, disturbi digestivi, disfunzioni sessuali e infertilità. I segni fisici dello stress cronico non sono facilmente individuabili poiché possono confondersi con la sintomatologia di numerose patologie.

fitoterapia Dott. Danilo Carloni Farmacista esperto in Fitoterapia Senigallia (Ancona)

L’estratto di Rhodiola rosea La Rhodiola rosea è una pianta che cresce spontanea nelle montagne del Nord Europa, in Asia, nel Nord America e possiede un’evidente attività antistress. E’ definita dall’European Medicinal Agency “adattogeno”, ovvero una sostanza in grado di aumentare la resistenza fisica allo stress e riportare l’organismo all’omeostasi, senza causare effetti nocivi. La Rhodiola, conosciuta già nell’antica Grecia per le sue proprietà curative, è stata spesso usata dalle popolazioni nordiche per incrementare vigore e resistenza fisica. E’ parte integrante anche della tradizione erboristica russa e recentemente è stata utilizzata dagli atleti sovietici per supportare le proprie performance agonistiche e dagli astronauti russi durante le missioni spaziali per l’adattamento a condizioni fortemente stressanti come il volo spaziale e la permanenza nello spazio. L’estratto delle radici di Rhodiola, detta anche golden root (radice d’oro), contiene i rosavins (rosavin, rosarin), che insieme al salidroside sono i principali attivi del fitocomplesso. La scoperta di queste strutture molecolari, così come la nascita del termine “adattogeno”, sono attribuite allo scienziato russo Nicolai Lazarev. La Rhodiola per le sue proprietà è spesso utilizzata in diversi integratori alimentari, i quali però non possono vantare un’attività terapeutica. Recentemente però è stato registrato il primo farmaco a base di Rhodiola. Lo status di farmaco garantisce a questo estratto, come ad altri estratti vegetali, qualità, sicurezza e un’indicazione terapeutica precisa: sollievo dei sintomi associati a stress quali fatica, esaurimento, lievi stati d’ansia. Si tratta del primo farmaco, in Italia, indicato contro tutte le forme di stress e la sintomatologia ad esso correlata.

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alimentazione Dott. Salvatore Vaccaro Team Nutrizionale Azienda Ospedaliera Arcispedale Santa Maria Nuova (Reggio Emilia)

Obesità? Spegnere la TV e muoversi di più...

In molti Paesi del mondo un bambino su 5 è affetto da obesità o sovrappeso L’Obesità è caratterizzata da un incremento del grasso corporeo, sia in senso assoluto che in relazione agli altri distretti corporei. Da un punto di vista fisiologico, il grasso corporeo subisce diverse modifiche nel corso della vita:  durante i primi mesi di vita si ha un rapido incremento, fino a rappresentare il 25-26% del peso corporeo intorno al 4-6° mese;  tra i 6-9 mesi e i 5 anni si assiste ad una sua riduzione, fino a rappresentare il 14-16% del peso corporeo intorno ai 5 anni;  dopo i 5 anni si osserva un aumento della massa grassa corporea (fenomeno definito Adiposity Rebound), l’anticipazione di tale fenomeno sembra essere correlato ad un rischio maggiore di obesità persistente.

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Le differenze corporee tra i due sessi in termini di tessuto adiposo sono minime nella fase prepubere, mentre si accentuano dopo lo sviluppo sessuale, sia per quanto riguarda la quantità di grasso corporeo (maggiore nelle femmine) che per la distribuzione sottocutanea (nelle donne in regione gluteo-femorale). L’obesità in età evolutiva è in continuo aumento in tutto il mondo e assume dimensioni allarmanti. Il bambino affetto da obesità spesso mantiene una condizione di sovrappeso/obesità anche nell’età adulta. Il perdurare del sovrappeso nell’età adulta dipende:  dall’età di insorgenza di tale condizione: i maschi tendono a mantenere una condizione di obesità se questa insorge precocemente, le femmine se hanno sviluppato tale condizione nell’adolescenza;  dal grado di severità di tale condizione: maggiore è il grado di obesità, minore è la probabilità che da adulto il bambino diventi normopeso. Il peso alla nascita non sembra avere nessuna correlazione con la presenza di eccesso ponderale nell’età adulta. Il peso corporeo è il risultato dell’interazione dell’ambiente con il profilo genetico dell’individuo. Le forme di obesità la cui causa è unicamente genetica sono estremamente rare, frequenti sono invece le forme multifattoriali in cui una base genica predispone all’obesità, la quale però si manifesta solo in condizioni ambientali che la favoriscono.

Le diverse forme di obesità monogenica sembrano in parte essere spiegate dalla teoria del “genotipo risparmiatore”, secondo la quale in condizioni estreme la sopravvivenza di questi individui era favorita in quanto formavano riserve superiori rispetto agli altri, mentre oggi in condizioni di sovralimentazione sarebbero sfavoriti.


alimentazione

Alimentazione - L’alimentazione già dai primi anni di vita sembra avere una profonda influenza sullo stato nutrizionale e di salute dell’adulto, è necessario fornire energia e nutrienti idonei all’età, che permettano la corretta crescita senza sovraccaricare l’organismo eccedendo con il cibo. L’eccessivo apporto proteico durante il divezzamento sembra aumentare il rischio di sviluppare obesità negli anni immediatamente successivi. La variabilità interindividuale nelle preferenze del cibo dipendono in gran parte da fattori culturali e ambientali; in particolare l’assunzione eccessiva di grassi da parte dei genitori è associata all’assunzione di grassi e allo sviluppo di obesità nei figli. Le bevande zuccherate sono la fonte principale di zuccheri semplici nella dieta di bambini e adolescenti, a causa della loro diffusione di consumo; queste contribuiscono allo sviluppo dell’obesità sia attraverso l’introito calorico elevato, sia attraverso la stimolazione della secrezione di insulina che favorisce la formazione di tessuto adiposo. Il ruolo della famiglia - La famiglia riveste un ruolo essenziale per la formazione della relazione che il bambino ha con il cibo attraverso comportamenti erronei che possono modificare la percezione degli stimoli di fame e sazietà. L’associazione del cibo a stati emotivi e il suo utilizzo come consolazione o punizione rendono il bambino incapace di distinguere la necessità fisiologica da quella psicologica. Il bambino è in grado di autoregolarsi nel consumo del cibo a seconda delle esigenze, il genitore invogliando il bambino a mangiare di più attraverso stimoli verbali o con porzioni più grandi rischia di compromettere tale capacità e favorisce lo sviluppo del sovrappeso. La famiglia può influenzare le scelte alimentari del bambino non solo perché questi imita i genitori nelle scelte alimentari, ma anche perché sono loro che dovrebbero favorire il consumo di una ampia gam-

ma di alimenti. Il bambino è per natura restio a consumare alimenti nuovi in quanto non accetta rapidamente nuovi sapori, è necessario quindi che la famiglia proponga sempre piatti diversi adottando ricette diversificate e appetibili per favorirne l’accettazione. La frequente abitudine dei genitori di restringere o vietare certi alimenti per modificare le preferenze del bambino può essere controproducente perché può anzi spingerlo a incrementarne il consumo. Attività fisica - L’attività fisica è una delle componenti più importanti del fabbisogno energetico, sia per la sua rilevanza nel determinare il dispendio energetico sia perché è modificabile (con il suo incremento aumenta la spesa energetica). Il dispendio energetico dell’attività fisica dipende dal tipo di attività praticata, dalla sua intensità, dalle caratteristiche fisiche del soggetto e dalle condizioni ambientali. Il bambino obeso di solito è più sedentario rispetto al non obeso, ma presenta un maggior dispendio energetico a pari attività compensando potenzialmente tale differenza. Il peso corporeo del bambino obeso costituisce la causa del precoce affaticamento rispetto al normopeso, riducendo così le sue prestazioni motorie; questa condizione può causare nel bambino obeso una sensazione di disagio e scoraggiarlo nella pratica delle attività. L’abitudine della pratica di attività fisica dipende da molteplici fattori (individuali, familiari, socioculturali, psicologici e ambientali), la famiglia sembra avere un ruolo determinante nei primi anni di vita mentre nell’adolescenza sembra che questo ruolo sia rivestito dal gruppo dei pari (coetanei), anche la percezione del tempo libero, le condizioni economiche e le convinzioni personali sono fondamentali. Abitudini di vita - Oggi si assiste ad un aumento della sedentarietà, fenomeno che interessa tutte le fasce di età ed entrambi i sessi, anche se è molto maggiore nelle ragazze adolescenti. Questo fenomeno è dovuto anche alla diffusione di abitudini sedentarie, quali l’utilizzo del computer, i videogames, la visione della televisione per molte ore al giorno togliendo tempo libero da dedicare all’attività fisica e alle attività all’aria aperta.

L’attività fisica, se praticata regolarmente, ha molti effetti benefici sull’organismo: favorisce lo sviluppo armonico delle masse muscolari e dell’ossatura scheletrica (prevenendo paramorfismi muscoloscheletrici), favorisce la mineralizzazione ossea, riduce la pressione arteriosa, previene la formazione di lesioni aterosclerotiche (che nelle età successive si sviluppano frequentemente nei soggetti obesi da diverso tempo), migliora il profilo lipidico, riduce la frequenza cardiaca e respiratoria e migliora la sensibilità all’insulina. L’esercizio fisico influenza anche aspetti psico-sociali della vita del bambino obeso migliorando la socializzazione, la propria autostima e aiuta a essere accettati dai coetanei. Diversi studi hanno dimostrato che l’attività fisica favorisce uno stile di vita salutare (maggiore consumo di frutta e verdura, riduzione possibilità di diventare fumatori, ecc.) e permette di acquisire un maggiore controllo delle situazioni stressanti evitando l’insorgenza di depressione e ansia. (Prima parte) Testo raccolto da Marina Dall’Olio

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medicina

Perché parlare di

epilessia Prof. Oriano Mecarelli, Specialista in Neurofisiopatologia Università La Sapienza (Roma) Prof. Ettore Beghi, Specialista in Neurologia Ricercatore Istituto Mario Negri (Milano)

L’epilessia è una malattia neurologica che si esprime in forme molto diverse tra di loro, tanto che è più corretto parlare di epilessie, al plurale. È, tra le malattie neurologiche, una delle più diffuse ed è riconosciuta come malattia sociale. In Italia quasi una persona su 100 soffre di epilessia; si stima quindi che nel nostro Paese questa patologia colpisca circa 500.000 persone, con 30.000 nuovi casi l’anno. L’epilessia ha un picco di incidenza in età infantile ed adolescenziale e tra i bambini, la fascia di età più a rischio è quella sotto l'anno (130 casi su 100.000).

Con l’aumento dell’età di vita sono sempre più frequenti però anche i casi di epilessia dell’anziano. Può essere comunque considerata come una patologia cronica che interessa tutte le età della vita e che spesso accompagna l’individuo per gran parte della sua esistenza. L’epilessia non è una malattia mentale, sebbene a causa di pregiudizi e ignoranza molto radicati spesso venga tuttora considerata tale. Antichi retaggi culturali e una diffusa disinformazione si traducono spesso in atteggiamenti discriminatori verso le persone che ne sono affette e che

Le cause DELLA MALATTIA L’epilessia può essere causata da un danno cerebrale che intercorre prima o subito dopo la nascita (sofferenza pre- o perinatale), da malformazioni del cervello, da malattie infettive o degenerative del sistema nervoso, da traumi cranici gravi, da tumori cerebrali, da ictus, da malformazioni dei vasi cerebrali. In molti altri casi invece la malattia, o la predisposizione a

frequentemente non denunciano la loro patologia contribuendo al consolidamento di un circolo vizioso, che poi è alla base dello stigma. Recenti surveys condotte dalla DOXA per la Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE) su campioni significativi della popolazione generale italiana e degli insegnanti di scuola elementare e media inferiore, hanno confermato che le conoscenze riguardo l’epilessia sono buone a livello generale, ma estremamente carenti negli ambiti specifici e soprattutto riguardo le limitazioni che la malattia pone per la vita personale e sociale.

a che punto è la ricerca svilupparla, è conseguente a mutazioni genetiche, che possono ovviamente essere trasmesse di generazione in generazione. è proprio a questo riguardo che la ricerca negli ultimi anni ha dato i maggiori risultati tanto che oggi riusciamo a definire su base genetica molte forme di epilessia, che prima erano a eziologia sconosciuta.

Restando nell’ambito delle cause alla base dell’epilessia è molto interessante inoltre quanto scoperto da ricercatori come Annamaria Vezzani, capo del laboratorio di epilettologia sperimentale dell'Istituto Mario Negri di Milano. Negli ultimi 10 anni la ricerca sull'animale e nell'uomo ha indicato infatti l'importanza dei fenomeni infiammatori nel cervello nella precipitazione del-

le crisi epilettiche. L'aumento delle conoscenze dei meccanismi di alterata eccitabilita' delle cellule cerebrali, che sta alla base dell'insorgenza delle crisi, ha dimostrato nei modelli animali che un danno cerebrale (di tipo traumatico o ischemico), o le conseguenze di una mutazione genetica che predispone all'insorgenza dell'epilessia, o

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medicina

Sara e le

di

sbiruline

Rachele Giacalone

Norina Wendy Di Blasio

Emily

un farmaco antiinfiammatorio, in grado di bloccare la produzione nel cervello di una citochina che favorisce la comparsa e ricorrenza delle crisi in modelli animali. I risultati ottenuti sono stati molto incoraggianti e si prospetta ora un nuovo studio clinico con piu' pazienti per dimostrare la significatività di questi effetti.

le cure già disponibili

“Sara e le sbiruline di Emily” “L’altra sera ti ho visto tremare”…“Non devi aver paura. Vedi nella testa ci sono tanti fili e ognuno serve per fare qualcosa …”. Sono alcune righe del libro per l’infanzia “Sara e le sbiruline di Emily”, un racconto di vita nato dalla penna della giovane mamma Rachele Giacalone, dopo che a sua figlia di cinque anni è stata diagnosticata una delle numerose forme infantili di epilessia. Patrocinato dalla Lega Italiana contro L’epilessia (LICE), il testo è disponibile in versione per iPad, scaricabile sul sito www.iwebmaster.it. In occasione della Giornata Nazionale per l’Epilessia, 6 Maggio 2012, verrà distribuito gratuitamente nei principali Centri di Epilettologia italiani. ancora l'esperienza di convulsioni febbrili prolungate nella prima infanzia, provocano una prolungata infiammazione nel cervello e, conseguentemente, la possibile precipitazione di una crisi. Questi fenomeni infiammatori consistono principalmente nella produzione di molecole dette "proinfiammatorie" (come ad esempio le citochine) dalle cellule della "glia", che sono cellule residenti nel cervello che regolano la funzione dei neuroni. Tali molecole possono anche venire importate nel cervello dal sangue. La rile-

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vanza di questa nuova informazione è confermata da esperimenti di tipo farmacologico nei modelli sperimentali di crisi che hanno dimostrato come, bloccando specifiche molecole infiammatorie nel cervello, si possa ridurre drasticamente la frequenza delle crisi e ritardarne la comparsa. Queste evidenze, prodotte per ora negli animali da esperimento, hanno portato a uno studio pilota negli Stati Uniti dove a una popolazione di pazienti con crisi farmacoresistenti è stato somministrato per la prima volta

Se queste sono le frontiere della ricerca scientifica, senza per ora ricadute pratiche di massa, c’è comunque da sottolineare che negli ultimi vent’anni a livello terapeutico si è assistito a una vera e propria rivoluzione farmacologica, con l’immissione in commercio di oltre dieci nuovi farmaci che permettono di controllare forme di epilessia non trattabili in precedenza. La sfida non è però ancora conclusa. Tuttora non siamo in grado di controllare un quarto delle varie forme di epilessie ed è proprio per poter controllare le forme farmaco-resistenti che bisogna potenziare la ricerca, sia in campo genetico che per sperimentare nuove strategie di intervento. La ricerca tecnologica in questi anni ha anche consentito di affinare le tecniche diagnostiche. In particolare il potenziamento delle tecniche di Risonanza Magnetica cerebrale e il loro utilizzo combinato con il tradizionale Elettroencefalogramma (EEG) hanno posto le basi per una migliore conoscenza dei circuiti cerebrali responsabili dello scatenamento delle crisi epilettiche. Nuove prospettive inoltre si intravedono dalla neurochirurgica dell’epilessia che non deve essere più vista come l’ultima spiaggia, ma che deve essere presa in

considerazione, nei casi in cui è possibile, fin dall’inizio della storia di malattia, sia nei bambini che negli adulti. Infine quando ne’ i farmaci, ne’ la neurochirurgia ci possono essere d’aiuto abbiamo ora a disposizione altre metodiche di intervento come la stimolazione vagale o le stimolazioni crerebrali profonde. D’altronde è proprio grazie alle migliori conoscenze scientifiche riguardo l’epilessia se una legge dello Stato italiano, quella emanata a Gennaio di quest’anno riguardo l’idoneità alla patente di guida, riconosce finalmente il concetto di guarigione dalla malattia, permettendo quindi margini di speranza a chi fino a poco tempo fa si sentiva condannato a vita. Questo non significa che la battaglia contro la malattia sia vinta!

6 Maggio la Giornata Nazionale Molto c’è ancora da fare sia per sconfiggere lo stigma a livello individuale e sociale, sia per garantire la possibilità di cura delle forme ancora difficilmente trattabili. è in quest’ambito che bisogna fare luce sulla ricerca e per sostenerla c’è bisogno dell’aiuto di tutti, basato su una conoscenza senza pregiudizi di tutti i problemi che una malattia come l’epilessia comporta. La campagna d’informazione della LICE che culmina nella Giornata Nazionale per l’Epilessia, che quest’anno si celebra il 6 Maggio, ha proprio questi obiettivi: far luce sull’epilessia per promuovere la ricerca e sconfiggere la malattia. Testo raccolto da Marina Dall’Olio



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Leonardo Pieraccioni nasce a Firenze nel 1965 ed entra giovanissimo nel mondo dello spettacolo. Infatti, già all’inizio negli anni ottanta, forma il trio “Fratelli d’Italia” insieme agli amici Giorgio Panariello e Carlo Conti. Dopo una lunga gavetta nel mondo del cabaret, nel 1990, fa la sua prima vera apparizione teatrale con lo spettacolo Leonardo Pieraccioni Show. Un paio di anni più tardi inizia l’esperienza televisiva (come concorrente al concorso “nuovi talenti” all’interno di Fantastico 12 condotto da Johnny Dorelli e Raffaella Carrà). Pieraccioni dopo aver maturato diverse esperienze con spettacoli comici di successo decide di cimentarsi, contemporaneamente, nel ruolo di attore e regista. Esordisce nel grande schermo e fa il pieno d’incassi al botteghino con I laureati (1995), Il Ciclone (1996) e Fuochi d’artificio (1997); seguono poi altre pellicole - il filone è spesso quello della commedia sentimentale - che di consueto arrivano nelle sale cinematografiche nel periodo natalizio, come con Finalmente la felicità (2011). Sul set di Una moglie bellissima (2007) incontra Laura Torrisi (attrice protagonista del film) dalla quale ha avuto una figlia. Pieraccioni è anche autore di alcune canzoni, di libri e racconti. Con la solita ironia e con tono confidenziale ci ha raccontato della sua vita artistica e di come è stato bello diventare papà.

Pieraccioni Leonardo

Foto Leonardo Baldini

intervista a...

“Com'è bello fare il papà”

Come sono nate le sceneggiature dei tuoi film: solo invenzione o qualche spunto è arrivato anche dalla vita reale? Senza nessun dubbio è prevalsa la fantasia come è giusto che sia. Solo nel film Il ciclone la fantasia si è incontrata con la realtà, ma è stato un caso, nel senso che dopo averlo girato ho più volte collegato il pulmino che trasportava le bellissime ragazze, ad un pulmino reale che fa parte dei miei ricordi di ragazzo. Ormai le pellicole importanti sono dieci, quale non rifaresti più e quale invece ti piace rivedere? Rifare le rifarei tutte di sicuro, perché si sa

che un film, per il regista, è una creatura quasi come un figlio... Quindi non si può dire questo sì, quello no. Forse non li farei con la stessa tempistica, magari ripensandoci avrei fatto prima Io & Marilyn e subito dopo Fuochi d'artificio... ma ora non è tanto facile mettere a posto le cose! Comunque anch’io ho le mie preferenze e un film al quale tengo molto e che trovo sempre divertente è Ti amo in tutte le lingue del mondo. Come mai sul set dei tuoi film troviamo spesso gli stessi attori? Perché sono attori, ma sono anche amici. Quando si comincia a girare un film si deve

stare insieme parecchio tempo, fare squadra, tanto vale avere vicino degli attori che stimi e con cui lavori bene. Io dico spesso che quando si prepara un set è come andare in vacanza in tenda canadese, che vuol dire stare davvero a stretto contatto con le persone, quindi se hai la fortuna di farlo con qualcuno che ti va a genio, perché non approfittarne? Possiamo ancora sperare di vederti in uno spettacolo dal vivo o l’argomento è chiuso? Il teatro è il vero modo di fare spettacolo o meglio è il modo che più ti avvicina al pubblico, al contatto fisico con il pubblico,

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intervista a... intendo dire, e questo per un attore è una emozione indescrivibile. Quando facevo i primi spettacoli ricordo alcuni colleghi scaramantici che non osavano guardare la sala prima dello spettacolo per il timore di vedere troppe sedie vuote. Io invece mi sono sempre divertito moltissimo ad infilare la testa tra le tende chiuse del palcoscenico per vedere il pubblico mentre si accomodava in sala. Oggi dovrei vincere la pigrizia, prima di tutto, perché lavorare ai testi, alla regia e recitare un monologo non è cosa da poco, serve un chiave di volta, un forza notevole per mettere insieme tutto questo. Diciamo che non ho programmi a breve in questo campo, ma chissà... mai dire mai! Il programma Tv che ti ricorda l’infanzia? Senz’altro Portobello con Enzo Tortora, semplicemente strepitoso. Credo di non essere l’unico a ricordare con grande affetto un programma televisivo che per quei tempi proponeva una grande novità, cioè mandare in video direttamente il pubblico. Era un vero evento televisivo in grado di fermare tutti davanti alla tv. Non è un caso che altri programmi, più tardi, si siano ispirati un po’ a quel format: primo tra tutti Carramba che sorpresa. Oggi le proposte TV sono un po’ al ribasso... Fare grandi ascolti e grande qualità non è semplice. Bisogna anche dire che lo scenario è completamente diverso perché il pubblico “si disperde” avendo davanti a sé una possibilità di scelta molto più vasta.

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Cosa pensi dei social network? Ti fai coinvolgere o ti annoiano? Mi diverto, ho anche una mia pagina ufficiale su Facebook, ma non mi faccio certo travolgere. Voglio dire che ne riconosco la potenza, che è piacevole condividere con altri l’opinione su un determinato argomento, che fanno parte del nostro tempo e che sono una straordinaria risorsa, ma non possono diventare l’unico modo di comunicare. Diciamo che, per quanto mi riguarda, hanno un spazio e un ruolo ben definito. Cosa fai nel tempo libero? Cosa vorrei fare sarebbe più corretto, perché nel tempo libero viene fuori tutta la mia pigrizia. Quindi rimando, cerco di fare qualcosa, ma molto lentamente… Un pregio e un difetto del tuo carattere? Vedi, la mia pigrizia a volte diventa un pregio. Oggi vanno tutti di corsa e non è un bene. Io so vedere le cosa da lontano, con distacco, con calma. Non farsi prendere la mano anche dall’ambizione e restare sempre se stessi, pigramente, mi piace di più. Il giorno più bello della tua vita? Ma il 13 dicembre 2010 quando è nata la mia figliola, Martina! Quello è stato un momento indimenticabile, l’inizio di un amore che durerà per sempre. Da quando è arrivata Martina, quindi, come sono cambiate le tue priorità? è tutto diverso perché il pensiero è sempre lì, per lei. Ho tutta un’altra visione della vita, ho sempre un piccolo senso di preoccupazione che avverto appena appena, ma che c’è. è difficile spiegare questa sensazione, per fortuna che chi ha figli mi capisce al volo, chi non ne ha... Cosa ti preoccupa di più del nostro Paese: classe politica, illegalità, crisi economica... Insomma dove vedi i problemi più gravi? Nei giovani, cioè nel non dargli una reale possibilità di lavoro. Per un giovane sentirsi escluso è tremendo. Ed è una violenza per lui e per il Paese che spreca una risorsa fondamentale. Quindi, se ci sono altri sacrifi-

ci da fare li faremo, ma tutti insieme e con l’obiettivo di dare più opportunità ai giovani. Molti italiani si impegnano per sostenere le Onlus e i loro progetti di solidarietà: tu sei vicino a qualche Associazione in particolare? Sì, cerco di dare una mano ad una straordinaria associazione che si chiama Cure2Children (www.cure2children.it) che ha sede qui a Firenze, ma è attiva in una decina di Paesi tra i più poveri del mondo. Premetto che per me la parola malattia e quella bambino non dovrebbero mai incontrarsi perché se la malattia è una brutta cosa in un adulto, figuriamoci quanto è inaccettabile in un bambino. Vorrei proprio che ci fosse una legge che impedisse ai bambini di ammalarsi, almeno fino a una certa età, ma purtroppo la realtà è assai diversa. Questa associazione è riuscita a mettere insieme medici e ricercatori di varie nazionalità che, con il loro impegno, hanno dato vita a un comitato scientifico di grande valore. Nell’associazione operano tanti genitori che sanno cos’è il dolore perché hanno subìto la perdita di un figlio per colpa di una malattia incurabile. Quindi per dare a tutti i bambini il diritto alle cure e all’assistenza non dobbiamo far mancare il nostro contributo a queste brave persone. La malattia spaventa tutti, ma nonostante questo rimandiamo sempre la prevenzione, i controlli periodici... Ed è profondamente sbagliato perché solo la prevenzione ci può salvare. Non dico di fare gli esami del sangue tutti i mesi, ma con periodicità vanno fatti. Anche altri controlli se ci vengono consigliati. Non bisogna avere timore di andare dal Medico perché il proverbio “prevenire è meglio che curare” è sempre valido. Io sono un forte sostenitore della prevenzione. Quindi, per concludere, possiamo dire che la salute conta più di tutto, anche più dell’amore? Non saprei... La salute è importantissima, ma l’amore vince sempre perché è con l’amore che si superano le difficoltà e si affronta meglio tutto, anche la malattia. Però se sei davvero malato diventa più difficile vivere l’amore... Facciamo così, speriamo di non dover mai scegliere e che per tutti ci siano sempre amore e salute! Intervista di Marina Dall’Olio



lettere

Sangue occulto: quando effettuare la colonscopia? Gent.mo dottore, vorrei avere qualche informazione in merito alla prevenzione del tumore del colon, perché a mia madre che ha 58 anni (fuma, ma non beve alcolici ed è normopeso) è stato trovato del sangue nelle feci durante un controllo di routine, cioè lo ha fatto senza la presenza di sintomi particolari. Il Medico di famiglia le ha detto che ora deve eseguire anche una colonscopia. Io sono molto preoccupata per la sua salute e spero che non si tratti di una patologia grave, al tempo stesso vorrei capire se la colonscopia è un esame da fare periodicamente per prevenzione o solo in caso di necessità. Grazie per la risposta. Anna P. (Ferrara)

poi di non trascurare i controlli dal dentista, ma non mi ha spiegato in modo chiaro le motivazioni: potete aiutarmi? Grazie. Angelo B. (Milano) Risponde il Dott. Lillo Attilio Rocca Medico Chirurgo, Odontoiatra (Bergamo)

Risponde il Dott. Giovanni Fornaciari Direttore Medicina III e Gastroenterologia Arcispedale Santa Maria Nuova Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia

Il medico ha ragione: se si nota presenza di sangue nelle feci con il metodo del sangue occulto si deve effettuare la colonscopia. Questo è il principio che ispira lo screening per il tumore del colon retto e cioè la prevenzione che viene fatta sottoponendo a colonscopia chi risulta positivo a tale esame che viene eseguito gratuitamente a chi è nella fascia di età 50-69 anni. Peraltro stia tranquilla. Nella maggioranza dei casi si trova solo un polipo e nulla più. La colonscopia deve essere eseguita periodicamente solo nei familiari di pazienti che hanno avuto un tumore del colon o in chi ha avuto la rimozione di un polipo. Negli altri casi è sufficiente come detto il sangue occulto.

Cavo orale e diabete: a quali rischi vado incontro? Gent. mi ho scoperto da poco di essere diabetico. Oltre alle necessarie terapie il Medico di base mi ha consigliato d’ora in

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Il diabete mellito tende a peggiorare lo stato infiammatorio delle gengive e di conseguenza può provocare sanguinamento gengivale. La gengivite conseguente può intaccare il dente che rimane scoperto e si demineralizza, conducendo così a una parodontite. Una delle conseguenze più evidenti di questa è la mobilità dei denti, e tra i diabetici c’è proprio un’alta incidenza di perdita di uno o più denti. Ecco perché anche gli interventi di implantologia, protesici e ortodontici richiedono attenzioni maggiori a causa della mobilità dei denti e di una possibile instabilità delle zone di appoggio dovuta alla parodontite pregressa. Perché il diabete può aumentare il rischio di parodontopatia? Anche se la causa non è certa si pensa che una glicemia elevata possa causare la fuoriuscita di zuccheri nel liquido gengivale e facilitare di conseguenza la proliferazione batterica. Chi soffre di diabete dovrebbe dare molta importanza alla prevenzione orale (pulizie domiciliari con spazzolini morbidi, dentifricio, collutorio, filo interdentale, oltre ai controlli periodici dal dentista almeno due volte l’anno) poiché denti e gengive sono esposti a maggior rischio se il paziente è iperglicemico. All’interno della placca dentaria, infatti, i batteri che

si cibano di zuccheri contenuti nei residui tra i denti creano un ambiente acido all’interno della bocca, che a sua volta origina un terreno fertile per le carie. Nei soggetti diabetici sono più frequenti anche alcune infezioni orali come la candida. è opinione comune pensare che un soggetto diabetico possa presentare più problemi durante un intervento dentale a causa di un maggior sanguinamento: in realtà nel diabetico il sangue è più ricco di piastrine che aggregandosi chiudono più facilmente i capillari e pertanto la coagulazione è facilitata. Ciò che può far ritardare la guarigione sono invece le infezioni in corso ed è per questo motivo che è molto utile una buona preparazione ad ogni intervento con terapia farmacologica di supporto (antibiotici, antidolorifici). In generale è possibile effettuare qualsiasi intervento dentistico su un paziente diabetico se questo segue regolarmente una terapia farmacologica che tiene sotto controllo il valore della glicemia. Una persona diabetica non compensata farmacologicamente può andare incontro a coma iperglicemico. Ed è per questo che a volte è preferibile programmare l’intervento magari avvalendosi di ansiolitici per impedire la risposta iperglicemica automatica conseguente ai timori del paziente. Nei casi più delicati, però, il paziente per sentirsi più sicuro può sempre recarsi in ospedale anziché presso uno studio dentistico cosicché vengano garantiti i monitoraggi necessari e, all’occorrenza, possano essere gestite le urgenze.

I contenuti che MiaFarmacia Magazine propone sono solo a scopo informativo e in nessun caso possono costituire la prescrizione di un trattamento o sostituire la visita specialistica o il rapporto diretto con il proprio Medico curante. Pertanto i Medici che collaborano a Mia Farmacia Magazine rispondono ai lettori al solo scopo di approfondire una tematica. Tutti i quesiti inviati all'indirizzo redazione@miafarmaciamagazine.it riceveranno una risposta e, a discrezione della redazione, alcuni saranno pubblicati sulla rivista.


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