Oxygen n°4

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Natural capital

oxygen 04 – 07.2008

Seguire l’esempio della natura

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nufatto viene progettato, prima della sua effettiva costruzione, diventano inevitabili già l’80-90% dei costi ecologici relativi al suo ciclo di vita economico. Ad esempio il libro che leggete, la sedia su cui siete seduti, l’aereo del vostro prossimo volo, insieme al terminal dell’aeroporto dove atterrerete e l’auto con cui proseguirete il viaggio sono tutti prodotti che derivano da una miriade di scelte fatte da policymaker, designer, ingegneri, artigiani, venditori, distributori e via dicendo. Ogni passaggio è l’opportunità di far nascere un’idea, una modifica o un processo produttivo del tutto nuovo che utilizzi una quantità diversa di risorse per ottenere un risultato finale migliore. L’impatto di queste scelte sul pianeta e sui suoi abitanti si può ridurre, pensando in prospettiva olistica e selezionando a ogni passaggio l’alternativa più saggia. Questi sono i fondamenti del capitalismo naturale che, basandosi sulla sostenibilità, si propone di soddisfare le richieste del mercato permettendo, allo stesso tempo, di raggiungere un vantaggio competitivo durevole, risolvere con profitto la maggior parte delle sfide ambientali (e molte di quelle sociali) del nostro tempo, e assicurare una migliore qualità di vita sul pianeta. La teoria del capitalismo naturale si basa su tre principi: 1. guadagnare il tempo necessario per affrontare le crescenti sfide della gestione del pianeta impiegando tutte le risorse in modo più efficiente e produttivo; 2. ripensare il processo di produzione e fornitura di beni e servizi, utilizzando approcci come la biomimesi; 3. gestire le istituzioni in modo che restituiscano valore al capitale umano e naturale. I vantaggi che derivano dall’applicazione di questi principi sono la possibilità di soddisfare le esigenze umane utilizzando minori quantità di risorse e, soprattutto, il miglioramento degli standard di vita rispetto allo scenario proposto dalle pratiche correnti. Insieme all’impegno nella riduzione dei consumi, infatti, l’uso efficiente delle risorse e il loro riutilizzo (imitando la natura, invece di produrre rifiuti) offrono una nuova prospettiva di agiatezza per un pianeta ambientalmente degradato e duramente colpito dalla povertà.

La biomimesi, l’emulazione del genio della vita, è un approccio ancora più radicale verso la produzione sostenibile. Janine Benyus, autrice del fondamentale testo Biomimicry, si pone una semplice domanda: come farebbe affari la natura? Il creato offre un’ampia gamma di prodotti e servizi, ma in modo molto diverso rispetto agli uomini; ad esempio usa la luce del sole invece di grandi quantità di combustibili fossili, e produce ogni cosa a temperatura ambiente. In natura si possono trovare anche sostanze molto pericolose, come può confermare chiunque si sia mai trovato di fronte a un serpente a sonagli, ma non c’è niente di simile alle nostre scorie radioattive, e non esistono rifiuti perché ogni scarto è il punto di partenza di un nuovo processo. La natura utilizza quello che trova e crea armonia. L’architetto americano Buckminster Fuller raccontava: “Quando lavoro non penso mai alla bellezza, ma solo a come risolvere i problemi che ho davanti. Ma quando ho finito, se la soluzione non è bella so di aver sbagliato”. La biomimesi cerca di risolvere i problemi dell’uomo prendendo ispirazione dalle migliori idee della natura. Decine di grandi aziende – Interface Carpets, AT&T, 3M, Hughes Aircraft, Arup Engineers, DuPont, General Electric, Herman Miller, Nike, Royal Dutch Shell, Patagonia, SC Johnson e molte altre – utilizzano i principi di questa scienza per portare innovazione, progettare prodotti di altissima qualità e attivare processi produttivi che costino meno e funzionino meglio. L’energia utilizzata, le procedure scelte, le lavorazioni chimiche e la distribuzione finale, fanno tutte parte di un unico sistema volto a ridurre l’uso di materie prime, adottare un design sostenibile ed eliminare alcuni costi imposti dalle tecnologie dell’ultimo secolo alla società e al mondo vivente. La neozelandese EcoCover Limited ha fatto suo il concetto di assenza di sprechi in natura per sostituire le coperture in plastica nera impiegate, in agricoltura, per prevenire la perdita di umidità e la crescita di erbacce: ha inventato uno strato di concime naturale organico che utilizza pezzetti di carta mescolati a scarti di pesce che altrimenti sarebbero finiti in discarica. Posato sul terreno, questo concime migliora il contenuto organico e nutriente del suolo, riduce la necessità di fertilizzanti chimici, pesticidi ed erbi-

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