OXYGEN N°13

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L’italianità di Enrico Mattei

di Giuseppe Accorinti

che avevano macchine straniere le vendettero subito. Ho sottolineato che l’italianità era uno dei must per tutti noi che lavoravamo all’estero: lo era anche per i comportamenti. Un episodio limite: la notte del Capodanno 1961 (festeggiarlo a cinque gradi sull’Equatore e a oltre 40 di temperatura era un po’ dura…), alle tre del mattino cinque lavoratori italiani di Agip Ghana all’Hotel Ambassador di Accra cominciarono a cantare Le osterie: ma, ahinoi, era presente un diplomatico italiano – i nostri rapporti con la diplomazia erano difficili perché la politica estera di Mattei non era in sintonia con quella del governo –, che segnalò la cosa al Ministero degli esteri. Dalla Farnesina il dispaccio fu inviato personalmente al presidente Mattei, che di certo non gradì. Dispose una breve inchiesta e inviò un telegramma in cui invitava il capo area Agip del West Africa a far rientrare in Italia i cinque collaboratori «con i loro bagagli» e al rientro furono licenziati – sic! – con la motivazione che si erano comportati senza tenere conto che, oltre a rappresentare l’Agip all’estero, rappresentavano anche l’Italia. È noto che, dopo la Liberazione, il capo dei

David Lees/Corbis

È bello poter raccontare – uso questo verbo perché io c’ero e ho lavorato con lui in Italia e in Africa – uno degli aspetti meno conosciuti dell’Ing. Mattei, e cioè l’italianità, che è stata una costante nella vita aziendale di colui che noi “giovani Agip” chiamavamo “il Principale”. Prima di tutto voglio ricordare la sua frase che da sempre ha informato il nostro modo di lavorare: «Non andiamo mai all’estero con l’idea di abitare in una terra straniera». E poi alcuni esempi-simbolo dell’italianità del fondatore dell’Eni. Il primo è che ci obbligava a girare l’Africa con le macchine della Fiat, perché noi eravamo un’azienda italiana e la Fiat era l’Italia. Erano le 1100, tutte gialle e con il cane a sei zampe, e avevamo il bagagliaio pieno di pezzi di ricambio. Certo non eravamo entusiasti rispetto ai concorrenti delle società internazionali che giravano con grandi macchine con l’aria condizionata. La stessa cosa valse anche per le sue macchine personali: nel 1960, in Marocco, all’aeroporto di Casablanca andò a prenderlo uno dei nostri con la macchina personale, una Mercedes. Poco ci mancò che non venisse licenziato; subito “radio-fante” si mise in movimento e i nostri

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«Che cosa era Enrico Mattei? Un avventuriero? Un grande patriota? Uno di quegli italiani imprendibili, indefinibili, che sanno entrare in tutte le parti, capaci di grandissimo charme come di grandissimo furore, generosi ma con una memoria di elefante per le offese subite, abili nell’usare il denaro ma quasi senza toccarlo, sopra le parti ma capaci di usarle, cinici ma per un grande disegno» (Giorgio Bocca).

partigiani cristiani Enrico Mattei fu mandato all’A.G.I.P. – allora si scriveva così, poi lui tolse i puntini – per liquidarla; ma leggendo le carte si convinse che forse a Caviaga, vicino a Milano, c’era il metano – allora sconosciuto non solo in Italia ma anche in tutta Europa – e decise di continuare le ricerche. Ma servivano i soldi per pagare gli operai e non potendo chiedere i fondi a Roma domandò un prestito a Mattioli, famoso presidente della Banca Commerciale, che non voleva concederlo: alla fine disse sì, ma chiese a garanzia la Chimica Lombarda, l’azienda di successo di Mattei a Milano. Quest’ultimo, sorpreso, accettò pronunciando la frase: «Preferisco essere povero in un Paese ricco che ricco in un Paese povero»* (e ricco lo era davvero, tant’è che dall’Eni ha sempre avuto solo rimborsi spese e gli stipendi andavano in beneficienza). Nel 1958, a una premiazione dei lavoratori Agip a Roma, concluse così il suo intervento, come sempre a braccio: «Il gruppo Eni è diventato una grande cosa [era nato solo da cinque anni; N.d.A.], per cui dobbiamo fare tutti insieme uno sforzo ancora maggiore verso un domani che sarà di prosperità per voi, per l’Agip, per l’Eni, ma soprattutto per il nostro Paese».

E nel 1960, quando la spedizione italiana guidata dal Prof. Ardito Desio – amico di Mattei – conquistò la vetta del K2 con il grande alpinista Achille Compagnoni, per premiare la grande impresa Mattei decise di costruire a Cervinia, dove abitava l’alpinista, un Motel Agip da affidare in gestione allo stesso Compagnoni. Dopo la tragica scomparsa dell’ingegnere, questo programma venne meno. Nel 2002, in un’intervista su RaiTre, l’avvocato Agnelli espresse grande stima verso Mattei, ricordando quanto in termini di italianità aveva visto realizzato dalla “gente di Mattei” all’estero. Questa è la bella frase, tratta da uno dei discorsi di Mattei, che figurava nel ricordino funebre dopo la sua tragica scomparsa: «Operare in silenzio, con tenacia nell’interesse del nostro Paese. Ogni giorno un’ansia nuova ci sospinge. Fare, agire, assecondare lo sforzo di questo nostro Popolo che risorge. Noi abbiamo fiducia nella Provvidenza. Essa assiste sempre tutti, e assiste il nostro Paese, che fiorisce e si rinnova». [*: Del lungo filmato Eni prodotto nel 1961 aggiungo solo il titolo (suggerito da Mattei stesso?): L’Italia non è un Paese povero. Certo era proprio la sua filosofia di allora…]


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