Hr128 incontri sotto il vischio

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Debbie Macomber

Incontri sotto il vischio


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: 1225 Christmas Tree Lane Let It Snow Mira Books © 2011 Debbie Macomber © 1986 Debbie Macomber Traduzioni di Fabio Pacini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance dicembre 2013 Questo volume è stato stampato nel novembre 2013 presso ELCOGRAF S.p.A. stabilimento di Cles (TN) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 128 del 27/12/2013 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Incontri sotto il vischio


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«Mamma!» La porta d'ingresso sbatté e Beth Morehouse mollò tutto, precipitandosi fuori dalla cucina. Mancavano tre giorni a Natale e le sue figlie erano arrivate a casa dall'università... finalmente! Il suo operaio, Jeff, era stato tanto gentile da offrirsi di andarle a prendere all'aeroporto, dandole la possibilità di prendersi cura degli ultimi dettagli. Beth attendeva quel momento da settimane. Spalancando le braccia, corse incontro a Bailey e Sophie. «Buon Natale, ragazze.» Cacciando uno strillo deliziato, loro abbandonarono le valigie sul pavimento e si tuffarono nel suo abbraccio. «Non ci posso credere. Nevica! È meraviglioso» disse Bailey, stringendola forte. A ventun anni, era più vecchia di sua sorella di quattordici mesi e assomigliava molto a suo padre. Al pari di Kent, era alta e sfoggiava una folta criniera di capelli castani che oggi aveva raccolto sotto un cappello di lana lavorato a mano. Gli occhi, anch'essi castani, avevano un'espressione pacifica e serena. Era la più riflessiva della famiglia, altra caratteristica che aveva ereditato dal padre. Beth provò un moto di nostalgia. Tre anni dopo il divorzio, sentiva ancora la mancanza di Kent, ma non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura. Persino la nascente relazione con Ted Reynolds, il locale veterinario, impallidiva al ricordo della vita che aveva trascorso 7


accanto a Kent, della loro storia comune. «Adesso tocca a me.» Spingendo da parte la sorella, Sophie si seppellì sul petto di sua madre. «La casa ha un aspetto fantastico, mamma. Davvero natalizio.» Lei aveva preso molto da Beth. Più bassa di otto centimetri di Bailey, aveva un viso ovale circondato da una cascata di riccioli ramati e due occhi azzurri come il cielo d'estate. Tirandosi indietro, aggiunse: «E ha un profumo delizioso». Beth aveva fatto del proprio meglio per rendere la casa il più possibile festosa e accogliente. Aveva trascorso intere serate a intrecciare ramoscelli di sempreverdi sulla ringhiera delle scale che portavano alle camere da letto del primo piano. Due alberi di Natale erano già addobbati, ma quello principale, posizionato in salotto, era ancora nudo, in attesa del loro arrivo. Lo avrebbero decorato insieme, come voleva la tradizione di famiglia. Tre pupazzi di neve finti vigilavano sul passaggio che conduceva al salotto, dove, sulla larga mensola del caminetto, aveva installato il presepe. Beth si era impegnata anima e corpo nei preparativi, nel vano tentativo di non pensare troppo al fatto che avrebbero festeggiato quel Natale in compagnia del suo ex-marito. Sarebbe stata la prima volta che si rivedevano in tre anni. Oh, si erano sentiti per telefono con una certa regolarità, ma esclusivamente per parlare delle loro figlie. Niente di più. Niente domande. Niente commenti di natura personale. Sempre e soltanto le ragazze. Ormai erano l'unica cosa che li accomunava. Avevano un dovere nei loro confronti. Almeno finora. Fino a Natale. Avevano sempre avuto una particolare predilezione per quella festività. L'idea di fare più di un albero di Natale era stata di Kent. Un anno ne avevano avuti addirittura cinque, tutti veri, ovviamente, tagliati di fresco, carichi di resina profumata. Forse era per quello che, al momento di co8


minciare una nuova vita, Beth era stata attratta dall'idea del vivaio di abeti. «Il pranzo è pronto» annunciò, imponendosi di non pensare più al suo ex-marito, che, al pari delle ragazze, viveva ancora in California. Era rimasto nella loro città natale, a Sacramento, mentre le ragazze frequentavano l'università a San Diego. Stando a Bailey e Sophie, quell'anno Kent aveva espresso il desiderio di passare con loro il Natale a Cedar Cove. Con due settimane di anticipo, aveva prenotato una stanza al Thyme and Tide, il miglior bed & breakfast della cittadina. Quando l'aveva saputo, a Beth era venuto un colpo. L'ultima volta che si erano sentiti, alla fine di novembre, non le aveva detto nulla, non aveva nemmeno menzionato l'eventualità. Erano state le loro figlie a parlare in vece sua, il che rendeva la questione ancora più imbarazzante, perché lei non poteva certo rifiutare, non con Bailey e Sophie così visibilmente entusiaste all'idea di trascorrere di nuovo un Natale tutti insieme, come una famiglia. Quella mossa di Kent l'aveva lasciata alle prese con una marea di domande senza risposta. Era il modo che aveva scelto per dirle che sentiva la sua mancanza? Sperava in una riconciliazione? E lei? La sua mente brulicava di interrogativi ai quali sarebbe stata in grado di dare una risposta solo dopo averlo incontrato. Forse, stando un po' di tempo con lui, sarebbe riuscita a comprendere meglio le sue ragioni, a intuire qualcosa delle sue reali intenzioni. E delle proprie... «Esattamente come una volta» finì Bailey. Beth aveva perso tutto quello che aveva detto prima, anche se indovinare non era difficile. Esattamente come una volta. Erano parole piene di magia, ma Beth si era resa conto da tempo che le lancette dell'orologio si muovevano solo in avanti. Tuttavia, la gioia delle ragazze, l'apparente insistenza di Kent e la sua no9


stalgia per quello che avevano condiviso erano state più forti del suo naturale riserbo. «Mamma?» chiese Bailey, sorpresa dal suo silenzio. «Ti stavo parlando... Dove sei?» «Persa nelle mie fantasticherie» disse Beth, riscuotendosi. «Scusate. È che non sto dormendo molto, di recente.» Tra la gestione del vivaio e i preparativi per il Natale in compagnia delle figlie... e di Kent... arrivava a sera esausta e faceva fatica a prendere sonno. Semplicemente, non poteva. Ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva Kent. Kent con il suo sorriso fanciullesco e gli occhi pieni di ironia e di voglia di divertirsi. Erano stati molto felici insieme, ma poi, un po' alla volta, avevano perso tutto e di più. Beth non era mai riuscita a capire cosa di preciso fosse andato storto; sapeva solo che era successo. Alla fine, si erano ritrovati a vivere due esistenze separate, ciascuno in una direzione diversa. L'unico collante erano state le figlie. Quando loro si erano trasferite a San Diego per frequentare l'università, erano rimasti soli, Kent e Beth, un uomo e una donna che non avevano tardato a scoprire, con reciproco sgomento, di non avere più nulla in comune. «Soffri di insonnia?» chiese Bailey, subito preoccupata. Sophie le diede un colpetto con il gomito. «Rifletti, Bailey. Per un vivaio di alberi di Natale questo è il periodo più frenetico dell'anno. Poi, nel tempo libero che non ha, ha dovuto decorare tutta la casa. E, se siamo davvero fortunate...» «Mamma ha fatto i datteri farciti?» la interruppe Bailey. «E il mais caramellato?» aggiunse Sophie, congiungendo le mani in un gesto di preghiera. «Sì a tutte e due. Non sarebbe Natale senza i nostri dolci speciali.» «Sei la migliore mamma del mondo.» Beth sorrise. Nelle ultime due settimane, aveva dormito 10


di media tre ore a notte, restando alzata fino a tardi a causa delle decorazioni, dei cani e... di Kent, dell'incessante fluire dei ricordi. Solo a quattro giorni dal Natale il traffico al vivaio aveva iniziato a diradarsi, ma c'erano ancora famiglie di ritardatari che passavano per scegliere il loro albero e il daffare non mancava. Anche perché poi bisognava ripulire tutto. La sua squadra, usualmente composta di dieci uomini, era ridotta a quattro e quella mattina avevano mandato avanti la baracca in due, perché, mentre Jeff andava all'aeroporto, lei si era data da fare in casa e in cucina, ma, appena finito il pranzo, sarebbe stata costretta a tornare al lavoro... Beth guardava con trepidazione alla vacanza sugli sci che lei e le ragazze avevano in programma tra Natale e Capodanno. Dopo la frenesia di quei mesi, sarebbe stata un vero toccasana. Avevano già prenotato e lei non vedeva l'ora di partire. Ted Reynolds, da quel buon amico che era, si era offerto di prendersi cura dei suoi animali, il che le fece tornare in mente l'unico ostacolo che avrebbe ancora potuto costringerla a rinunciare al suo tanto atteso periodo di relax. «Prima che ci sediamo a mangiare, è importante che sappiate che questo Natale avremo degli ospiti imprevisti» disse in tono sommesso, ma determinato. «Ti riferisci a papà, giusto?» chiese Bailey, precedendola nella sala pranzo, dove, oltre al tavolo riccamente apparecchiato, c'era un'abbondanza di rami intrecciati e ghirlande. «Be', sì, anche vostro padre. Ma non soltanto lui...» «Mamma.» Bailey si girò a guardarla, una luce allarmata nello sguardo. «Non dirmi che ti sei fatta un fidanzato. È quel veterinario, vero?» «Dieci ospiti, per la precisione» disse Beth, ignorando il commento su Ted, «e non sono tutti maschi.» 11


«Cuccioli?» chiese subito Sophie. «Cuccioli» confermò Beth, per nulla sorpresa dal fatto che avesse indovinato. «Dieci.» «Dieci?» ripeté Sophie, agghiacciata. Senza fare domande, Bailey tornò in cucina e si avviò verso la lavanderia. «E dove li hai presi, dieci cuccioli?» Nell'attimo in cui aprì la porta, corsero fuori tutti insieme, dieci batuffoli neri che iniziarono a sbandare da una parte all'altra della stanza, grattando le assi di legno del pavimento con le unghie. «Sono adorabili!» esclamarono all'unisono le ragazze, che condividevano l'amore per gli animali della loro mamma. Senza esitare un secondo, si misero in ginocchio, prendendo al volo i cuccioli di passaggio che iniziarono immediatamente a leccarle. Incapace di resistere, Beth le imitò e catturò quelli ancora liberi. Uno le si appallottolò in grembo, addormentandosi di schianto. Un altro le si arrampicò sulla spalla e tentò di leccarle un orecchio. Gli altri due iniziarono a lottare fra loro finché uno non si divincolò, lanciandosi con vigorosa determinazione all'inseguimento della propria coda. Erano veramente adorabili, il che era un bene, perché, sotto ogni altro aspetto, rappresentavano una grandissima seccatura. Sophie se ne avvicinò uno alla guancia. «Dove li hai presi, mamma?» «Sono un... regalo» rispose Beth, alzando il viso per sottrarsi all'ennesima serie di baci umidicci. «Un regalo?» «Ma perché li hai tenuti tutti?» chiese Bailey, sbalordita. «Non ho avuto scelta. Li ho trovati sulla veranda una settimana fa. Dentro un cesto.» Beth non lo disse, ma era stata la classica goccia di troppo. I cuccioli erano apparsi lo stesso giorno in cui aveva saputo della venuta di Kent 12


per Natale. In un attimo di lucida follia, aveva preso in considerazione l'idea di fuggire, di saltare sul primo aereo diretto alle Isole Fiji, oppure a Bora-Bora. Alla fine, si era rifugiata dagli Harding e si era sfogata con Grace. Per quanto possibile, Beth evitava di scaricare i propri problemi sugli altri, ma stavolta non aveva potuto farne a meno. C'era un limite a tutto, anche alle sorprese. L'annuncio della visita inattesa dell'ex-marito e l'arrivo di dieci cuccioli abbandonati raccolti nello spazio di un'ora proprio nel periodo in cui al vivaio non c'era nemmeno il tempo per respirare. Gli Harding le avevano offerto un tè con i biscotti e dosi massicce di umana comprensione. Anche Ted era stato meraviglioso. Aveva detto che non c'erano problemi, che si sarebbe fatto carico dei cuccioli, ma Beth si rifiutava di affibbiargli quel compito supplementare. Pertanto, aveva deciso che entro Natale avrebbe trovato casa per ciascuno di loro. Il che significava che aveva bisogno di una benedizione speciale... o di un grandissimo colpo di fortuna. «Che razza di individuo è quello che molla dieci cuccioli a casa di una persona in questo modo?» chiese Bailey con voce piena di indignazione, disincagliando dalla scollatura della propria camicia la zampetta dell'intrepido animaletto che si era arrampicato fin lassù. «Di più, com'è riuscito a farlo senza essere visto?» aggiunse Sophie. «Voglio dire, durante il giorno qui c'è un sacco di gente che lavora.» Beth aveva svolto le dovute indagini. «Jeff afferma di aver visto una donna con un cesto ferma davanti alla porta. Gli è sembrato di riconoscerla dalla chiesa che frequenta, ma, quando glielo ha chiesto, l'interessata ha negato. Più tardi, Pete, uno degli autisti, mi ha raccontato che aveva visto un uomo con un cesto sulla veranda. Ho parlato con cinque persone e ho raccolto cinque storie diverse. L'unica 13


cosa sicura è che devo trovare casa per questi cuccioli prima della nostra partenza per Whistler Mountain.» E preferibilmente anche prima dell'arrivo di Kent, sebbene le probabilità di riuscirci fossero molto scarse. «Ne hai già sistemato qualcuno?» chiese Bailey. «No... però ho sparso la voce in lungo e in largo.» «Ce la farai, mamma» disse Sophie con sicurezza. «Ne sono convinta.» «Quanto tempo hanno?» chiese Bailey, accarezzando un morbido orecchio cadente. «Due mesi, secondo Ted. Diciamo tra le sei e le otto settimane.» «Sono irresistibili» disse Sophie. «Non avrai problemi a piazzarli.» A Beth sarebbe piaciuto avere anche solo una minima parte dell'ottimismo di sua figlia. In ottobre, aveva dovuto sudare le proverbiali sette camicie per far adottare quattro cuccioli per metà golden-retriever. Questi erano dieci. Si augurava che lo spirito natalizio aiutasse. Era pronta a offrire assistenza per l'addestramento, se i nuovi padroni l'avessero desiderato... e avrebbe diffuso l'importantissimo messaggio della sterilizzazione di massa, maschi e femmine non faceva differenza. Ted aveva promesso un grosso sconto sul prezzo dell'intervento. Lavorando insieme, Beth e le ragazze radunarono i cuccioli e li spinsero di nuovo all'interno della lavanderia. Poi si lavarono le mani in previsione del pranzo. Grazie a Dio, i piatti preferiti delle ragazze non richiedevano grandi sforzi: la crema di pomodoro al basilico e i toast al formaggio furono in tavola nel giro di pochi minuti. «Adesso mi sento davvero a casa» disse Bailey, mentre affondava il cucchiaio nella densa minestra rosata. Sophie si lasciò sfuggire un sospiro di contentezza. «O14


gni volta che vengo qui, la sensazione di essere a casa aumenta.» Beth si era trasferita nello stato di Washington in seguito al divorzio. Per quindici anni, aveva insegnato amministrazione aziendale in un istituto di agraria appena fuori Sacramento. Dopo la separazione con Kent, aveva sentito il bisogno di un cambiamento. Bello grosso. Radicale. Un giorno, navigando su Internet, si era imbattuta in un annuncio che reclamizzava la vendita di un vivaio di alberi di Natale ed era rimasta intrigata. Era venuta a dare un'occhiata e, cinque minuti dopo aver terminato la visita della proprietà e della casa, aveva firmato il compromesso. Le conoscenze generali che aveva acquisito della vita di campagna e dei cicli di coltivazione delle piante erano stati di aiuto. Ne sapeva abbastanza in fatto di alberi da non lasciarsi intimidire. Inoltre, Wes Klein, il figlio del vecchio proprietario, era rimasto a darle una mano per i primi due anni. Lei era una che imparava in fretta e non aveva tardato a impadronirsi del necessario know-how. Assumeva ogni stagione la stessa squadra e finora non aveva mai avuto motivo di pentirsene. Anzi, quest'anno, il primo in cui era per conto suo, l'intero processo si era svolto in modo particolarmente armonioso. In aggiunta agli alberi di Natale, il vivaio vendeva corone e ghirlande, create da tre membri dello staff che dedicavano tutto il loro tempo a tale compito. Se in passato i Klein avevano trattato solo poche decine di ghirlande, adesso quello era diventato forse il settore più lucrativo dell'azienda. Inoltre, nel giro di tre anni Beth era riuscita a raddoppiare il volume delle vendite degli alberi fuori dai confini dello stato, con alcune partite che venivano spedite addirittura oltreoceano. Lei aveva sempre amato l'atmosfera della festa, ma ora la sentiva ancora di più, perché aveva la sensazione di po15


ter contribuire alla felicità di molte famiglie. Le ragazze sparecchiarono la tavola e misero piatti e scodelle nella lavastoviglie. «Devo tornare al lavoro, ma prima di andare ho bisogno che mi diciate cosa sta succedendo con vostro padre.» Vedendo le espressioni allarmate delle sue figlie, Beth capì che avrebbe potuto introdurre l'argomento con maggiore delicatezza, ma la sottigliezza non era mai stata uno dei suoi punti forti e il tempo stringeva. «Papà ha espresso il desiderio di venire qui per Natale» disse Bailey, come se questo spiegasse tutto. «Vi ha fornito qualche ragione particolare?» chiese sospettosamente Beth. Sophie scosse la testa. «No. Almeno a noi non risulta.» Non era un grande aiuto, ma Beth continuò a insistere. «Perché proprio quest'anno?» Bailey scrollò le spalle. «Non ho idea. So solo che ai primi del mese, quando siamo andate a trovarlo a Sacramento, ci ha detto che sentiva la nostra mancanza e che gli sarebbe piaciuto trascorrere il Natale con noi. Non potevamo dirgli no. Tu non avresti voluto che lo facessimo, vero, mamma?» «Certo che no.» Beth spostò lo sguardo da lei a sua sorella. «Non ha aggiunto altro? Siete sicure?» «Assolutamente.» Entrambe le ragazze sgranarono gli occhi, innocenti come gigli di campo. Convinta che ci fosse di più dietro l'improvvisa decisione del suo ex – e memore delle parole di Grace, secondo la quale il ruolo delle sue figlie era meno neutrale di quanto loro cercavano di far credere – Beth esitò. Avrebbe voluto andare al fondo della questione, ma doveva veramente scappare. Già così, si era mangiata dieci minuti della pausa pranzo di Jeff. «Starete bene senza di me?» domandò, rinunciando, al16


meno per il momento, a indagare oltre. «Mamma, non abbiamo più sei anni!» «Lo so, lo so, è solo che mi dispiace lasciarvi ora che siete appena arrivate.» «Va'» disse Bailey, sospingendola verso la porta. «Ce la caveremo. Disfaremo il bagaglio e guarderemo La Vita è meravigliosa in DVD.» «Voglio vederlo anch'io» protestò Beth. Era il loro film di Natale preferito. «Okay. Allora rinvieremo a stasera. Sparisci adesso.» Mentre usciva, Beth soffiò un bacio nella loro direzione, ripetendo un gesto che aveva fatto migliaia di volte quando erano state piccole. Nell'attimo in cui la porta si chiuse, Bailey si girò dalla parte di sua sorella. «Pensi che mamma sospetti qualcosa?» «Non sono sicura...» «Ti avevo detto che avremmo dovuto prepararci una storia prima di arrivare qui!» «Non immaginavo che ci avrebbe fatto il terzo grado appena messo piede dentro casa» ribatté Sophie. «Comunque, ricordati che l'idea è stata tua.» «Ma tu eri d'accordo! Papà è disperato senza la mamma e lei ha bisogno di lui, anche se non è disposta ad ammetterlo.» «Che non sia disposta ad ammetterlo è assodato, ma le cose cambiano» disse Sophie, mentre, dopo aver risciacquato la pentola della minestra, la sistemava nella lavastoviglie. «Non ho mai davvero capito perché abbiano divorziato» aggiunse in tono pensoso. «Nemmeno io» borbottò Bailey, finendo di pulire il ripiano del bancone. «Non aveva alcuna senso.» «Quando ci hanno dato la notizia, ho pensato davvero 17


che stessero scherzando. Sai le risate, eh?» «E se ci fosse di mezzo qualcun altro?» chiese Bailey, stringendo gli occhi con aria di sospetto. «Mamma ha menzionato di nuovo quel veterinario. Ted qualcosa.» «Ted Reynolds. Non credo che abbia una storia con lui, però ho l'impressione che lo trovi simpatico. Potrebbe costituire un problema.» Bailey aggrottò la fronte. «Il problema con mamma è che vive all'interno di... un bozzolo emotivo.» Annuì, visibilmente compiaciuta dall'immagine che si era inventata. «Si danna l'anima dietro al vivaio in modo da non dover pensare a papà, al divorzio, o a qualunque altra cosa scomoda.» «È la tua opinione di esperta?» bofonchiò Sophie. Bailey ignorò il sarcasmo. «Ho fatto un corso di psicologia con un professore fantastico e ho riconosciuto la dinamica nella quale è caduta mamma in questi anni. Dobbiamo scuoterla, fare in modo che si renda conto che divorziare è stato un terribile errore.» «E quando non è il vivaio, sono questi dannati cuccioli» si lamentò Sophie. «Continuano a spuntare come funghi sulla sua veranda e lei ha la scusa perfetta per concentrarsi su di loro. Per non parlare del tempo che dedica ad addestrare i suoi cani per quel programma di pet-therapy del comune...» «È diventata una specie di canile non ufficiale del paese» buttò là Bailey. Sophie fece una smorfia e annuì. «E adesso salta fuori questo Ted. Rimettere insieme mamma e papà non sarà facile come pensavi.» «Cosa hai raccontato a papà?» chiese Bailey. Sophie si lasciò scivolare su una sedia e la guardò. «Solo che per mamma era importante che festeggiassimo il Natale tutti insieme come una famiglia.» 18


«Ti ha chiesto perché?» «No. Si è limitato a dire che non aveva niente in programma per Natale e che, se mamma lo voleva qui, sarebbe venuto volentieri.» «Cosa diremo quando scopriranno che abbiamo combinato tutto noi?» «Quello che avremmo dovuto dire loro tre anni fa, quando hanno annunciato che stavano per divorziare. Che è una colossale stupidaggine. Che dovrebbero provarci di nuovo.» «Si sono allontanati un po' alla volta, senza nemmeno capire cosa stava succedendo. Non è stata colpa di nessuno. Con un piccolo sforzo, potrebbero rimettere la barca sulla giusta rotta, dico bene?» «Dici benissimo, sorella.» «Il matrimonio richiede impegno» sentenziò Bailey, sentendosi molto saggia. La ricerca che aveva svolto per il saggio di psicologia che aveva intitolato La Famiglia nel Nuovo Millennio le aveva permesso di capire molte cose. «Speriamo solo che non si arrabbino con noi» disse Sophie, preoccupata. «Non possono. È Natale. D'accordo, sì, siamo ricorse a un sotterfugio per farli incontrare, ma non possono arrabbiarsi, perché l'abbiamo fatto a fin di bene.» «Amen, sorella.» «L'importante era rompere il ghiaccio, il resto accadrà da solo.» «Quando arriva papà?» «Domani pomeriggio.» «Perfetto.» Sophie sollevò le mani, incrociando le dita. «Che Dio ce la mandi buona.» «Dio ci aiuterà di sicuro. Stiamo lavorando per Lui» affermò Bailey con convinzione. Questo sarebbe stato il Natale più meraviglioso delle loro vite e non per via dei rega19


li che si sarebbero scambiati ai piedi dell'albero, bensì a causa del dono, infinitamente più prezioso, che avrebbero offerto ai loro genitori. E a loro stesse. Aveva smesso di nevicare e il paesaggio, coperto da un manto candido e immacolato, era talmente bello che non avrebbe sfigurato nemmeno sulla copertina di un libro. O su una cartolina di Natale. Gli abeti appesantiti dalla neve avevano una morbidezza che nemmeno Beth sarebbe stata in grado di riprodurre con la schiuma artificiale che Paul spruzzava sui rami all'interno del laboratorio quando i clienti lo richiedevano. «Siamo tornati» disse Bruce Peyton non appena raggiunse Beth. «E stavolta non ce ne andremo da qui senza un albero.» Beth fu lieta di constatare che sua moglie, Rachel, al settimo mese di gravidanza, aveva un aspetto di gran lunga migliore di quello che aveva sfoggiato due settimane prima, nel corso della loro precedente visita. In seguito, Beth aveva saputo che la povera Rachel era finita in ospedale quella sera stessa a causa di un'intossicazione alimentare. Jolene, la figlia adolescente di Bruce, li aveva accompagnati anche in questo giro. «Gli alberi migliori sono già presi?» chiese la ragazza con evidente preoccupazione. Non era una domanda stupida. Gli alberi più vicini alla casa erano stati decimati in gran numero, ma nel campo più lontano c'erano ancora pini e abeti di ottima qualità. «Non temere» la rassicurò Beth con un sorriso. «I migliori li tengo per ultimi.» Le porse una tazza di cioccolata calda. «Se vi va, il mio capo operaio vi porterà a vederli con la motoslitta e potrete scegliere quello che vi piace di più.» «Sul serio?» 20


«Sul serio» confermò Beth, annuendo. Li condusse da Jeff e glieli presentò, informandolo della richiesta di Jolene. Le motoslitte potevano portare solo due persone, pertanto Jeff ne prese una e Jolene montò dietro di lui. Quando Bruce si mise alla guida dell'altra, Rachel guardò prima il sedile rigido, poi, con aria dubbiosa, la strada dissestata. «Penso che rimarrò qui a chiacchierare con Beth intanto che voi scegliete l'albero.» «Non puoi» protestò immediatamente Jolene. «Devi esserci anche tu. La scelta dell'albero è la parte più divertente.» «Non sono sicura di riuscirci.» «E se prima facessimo un giretto di prova?» suggerì Bruce. Rachel esitò ancora, ma alla fine annuì. «Okay, però non arrabbiarti se poi decido di restare.» «Non mi arrabbierò» promise lui. «Io vorrei davvero che venissi» insistette Jolene. «Lo so, tesoro. Sarà per il prossimo anno. Torneremo qui insieme alla tua sorellina. Sarà il suo primo Natale, non dimenticarlo.» Jolene le rivolse un sorriso raggiante. «Va bene.» Dieci minuti più tardi, Rachel era comodamente seduta in ufficio, intenta a bere un succo di mela, mentre Beth aggiornava il registro delle vendite. «Non credo che ci metteranno molto» disse a un certo punto Beth. «Gli abeti di quel campo sono bellissimi, specialmente dopo la nevicata di oggi pomeriggio.» «Spero che Bruce e Jolene non si facciano prendere dall'entusiasmo e scelgano il più grande dell'intero vivaio.» Beth ridacchiò. «Jeff sa bene che le persone guardano un albero e non si rendono conto delle sue dimensioni effettive finché non si ritrovano a doverlo portare dentro ca21


sa. Li aiuterà a restare con i piedi per terra.» «Mi fa piacere sentirtelo dire.» Rachel si abbandonò sullo schienale della sedia. «Jolene adora il Natale e questo è il primo che trascorriamo insieme come una famiglia. In realtà, Bruce e io ci siamo sposati ai primi di dicembre dello scorso anno, ma tra il trasloco e le pulizie della nuova casa non abbiamo avuto tempo di festeggiare.» «Sembra un periodo di tante prime volte per voi» disse gentilmente Beth. «È vero. Non è stata sempre facile, ma negli ultimi mesi ho l'impressione che diversi fili sciolti si stiano unendo.» «Bene, sono contenta per te» disse Beth, sebbene non fosse al cento per cento sicura di aver capito cosa intendesse dire. Durante la loro precedente visita, sebbene fosse sempre indaffaratissima, non aveva potuto fare a meno di notare una certa tensione tra Rachel e Jolene. Il cambiamento, soprattutto da parte della ragazza, era incoraggiante. Venti minuti più tardi, un rombo di motori annunciò il ritorno delle motoslitte. Non appena si fermarono nel cortile, Jolene saltò giù e corse dentro l'ufficio. «Abbiamo trovato un albero meraviglioso» disse a Rachel con voce colma di eccitazione. «È semplicemente perfetto.» «Dov'è?» chiese Rachel, ridendo del suo straripante entusiasmo. «Avresti dovuto vederla» disse Bruce, raggiungendole. «Jolene saltava da un albero all'altro come uno scoiattolo.» «Papà, mi imbarazzi» protestò la ragazzina, ma senza troppa veemenza. In effetti, sembrava che si fosse incollata sulla faccia un sorriso perenne. «Jeff sta andando a prenderlo con il pickup» spiegò Bruce, tirando fuori il portafogli dalla tasca interna del giaccone. «Nel frattempo, lo pago. Devo ancora recuperare 22


la corda che ci servirà per legarlo sul tettuccio della macchina.» «Appena a casa, lo addobberemo tutti insieme» disse allegramente Jolene. «Anch'io lo faccio sempre con le mie figlie» replicò Beth. «Quest'anno ne ho già decorati due, ma ne ho lasciato uno nudo apposta per noi quat... noi tre. Loro sono arrivate oggi dall'università.» Jolene guardò suo padre e Rachel. «Quando sarò all'università, aspetterete anche voi che torni prima di decorare l'albero?» «Puoi scommetterci» disse Rachel, alzando il pollice. La ragazza annuì, evidentemente soddisfatta. «Non ci vorrà molto, ve ne rendete conto, vero?» «Ma non c'è nemmeno bisogno di affrettarsi» commentò Bruce. Il telefono squillò e Grace rispose. «Vivaio di Cedar Cove. Parla Beth.» «Oh, Beth, meno male che ti ho trovata.» Era la sua amica, Grace Harding, la capo bibliotecaria che aveva adottato uno dei golden-retriever della precedente nidiata di cuccioli. Sembrava agitata. «Cosa posso fare per te, Grace?» «Ci serve urgentemente un albero. Piccolo.» «Quanto piccolo?» «Abbastanza da stare in una camera d'albergo. È per una famiglia di amici che sono appena scesi in città.» «Va bene. Dirò a Jeff di tagliartene uno. Vuoi la consegna a domicilio?» «Oh, sarebbe il massimo. Non vorrei crearti dei problemi, ma queste sono due persone davvero speciali. Tanti anni fa avevano affittato la casa che abbiamo su Rosewood Lane. Ian è in Marina e, da quello che ho capito, hanno intenzione di trasferirlo di nuovo qui. Stavolta si fermeranno 23


solo pochi giorni, ma io non sopporto l'idea che i loro bambini trascorrano il Natale in città senza un albero.» «Mi metterò subito all'opera» assicurò Beth. «Non preoccuparti, penseremo noi a tutto, comprese le luci e le decorazioni. Devo farlo portare da te?» «Sì, per favore. Non so come ringraziarti.» «Lo hai appena fatto.» Beth mise giù la cornetta sorridendo e riportò lo sguardo su Bruce. «Dunque, presumo che voi non siate interessati ad adottare un cucciolo, vero?» «Un cucciolo?» Jolene spalancò gli occhi e rizzò le antenne. «Possiamo, papà? Rachel? Possiamo?» Bruce si strinse nervosamente nelle spalle. «Non credo, tesoro. Con la bambina in arrivo e tutto il resto...» Rachel lo interruppe, posandogli una mano sul braccio. «Che tipo di cucciolo?» «Sono degli incroci di labrador, neri come il carbone, ma estremamente carini. Siete i primi a cui li offro, quindi avreste ampie possibilità di scelta.» Jolene congiunse le mani e puntò uno sguardo implorante su suo padre. Bruce consultò Rachel con un'occhiata e, dopo un attimo, annuì. «Va bene, però ricordati, Jolene, sarai tu a doverti prendere cura di lui. Anche del suo addestramento.» «Lo farò, papà, te lo prometto. Ho sempre desiderato un cane. Voglio una femmina e la chiamerò Poppy.» «Poppy è un bel nome» disse Rachel con un sorriso indulgente. «Io posso darti una mano ad addestrarla» si offrì Beth, precedendoli in direzione della lavanderia della casa. Jolene non ci mise molto a decidere quale le piaceva di più. Uno era andato, ne restavano nove.

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Buon Natale, caro ex di Sheila Roberts Natale è un momento davvero adatto alle rivelazioni, per affrontare il nuovo anno con speranza e nuovi sogni da realizzare. E capita soprattutto se alle feste si mischiano anche complicati rapporti con gli ex. Cassandra Wilkes, per esempio, sarà costretta ad avere a che fare di nuovo con l'ex marito, ora che la figlia gli ha chiesto di accompagnarla all'altare. La sua amica Charlene Albach, deve fare i conti con le nuove avance del suo ex, che l'aveva piantata in asso per un'altra. Infine, Daphne O'Brien scopre di essere incinta del marito da cui ha divorziato ma con cui ancora divide la casa. Tutte e tre impareranno qualcosa da queste esperienze, che sia come superare un vecchio rancore o riconoscere il vero amore.

Incontri sotto il vischio di Debbie Macomber Beth Morehouse per Natale si aspetta il pacchetto completo di felicità. Il suo vivaio di abeti sta andando a gonfie vele, le sue figlie e i suoi cani stanno bene e sono felici e la sua relazione con il veterinario Ted Reynolds diventa ogni giorno più coinvolgente. Ma non sarà tutto rose e fiori: qualcuno le lascia sull'uscio un cesto pieno di cuccioli da accudire e le figlie hanno invitato il padre per le feste, sperando in una riconciliazione. La vita a Cedar Cove è come sempre piena di sorprese, ma quale sarà il lieto fine sotto il vischio?


A piedi nudi nell'erba di Susan Mallery Una donna all'apparenza forte, nasconde spesso insicurezze e ferite. E non sempre tornare a casa significa conquistare la pace, soprattutto se lo scenario che si trova è il più lontano possibile da quello che ci eravamo immaginati. Quando Michelle Sanderson arriva al Blackberry Island Inn per proseguire l'attività di Bed and Breakfast di sua madre, scopre che la casa è sotto ipoteca e ci vive anche la sua ex migliore amica, Carly Williams. Il suo primo istinto è cacciarla, ma le circostanze costringono le due donne a collaborare. Tra scontri, incontri e ammissioni di colpa, Michelle farà i conti con se stessa, imparando a sentirsi di nuovo a casa, liberandosi dai fantasmi del passato per camminare di nuovo a piedi nudi nell'erba.

Sotto il cielo di Virgin River di Robyn Carr Per Conner Danson Virgin River rappresenta un rifugio più che per chiunque altro. È stato infatti testimone di un omicidio a Sacramento, e ora il Procuratore Distrettuale gli ha trovato una località tranquilla dove stare, in attesa che il processo finisca. Leslie Petruso, invece, sta scappando dal quadretto di felicità che il suo ex marito non risparmia di esaltare, quando si riferisce alla nuova moglie e al bambino che aspettano. A Virgin River, almeno, Leslie potrà starsene da sola, in santa pace. O almeno è quello che crede prima di incontrare Conner. Hanno più cose in comune di quanto appaia a prima vista, cuore spezzato compreso. Forse Virgin River opererà la propria magia un'altra volta.

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