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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - E 3,00

Anno XII - N. 1 - FEBBRAIO - MARZO 2013

Alberto

Morini Fondamenta per il futuro

Giuseppe Tagliavini Speciale come un Oscar Via dei Tigli e Monte Poggiolo Colpo d’occhio sulla piana Speciale Design Spazio alla creatività



Sommario

10 4 Annotare

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Brevi IN

10 Essere

Giuseppe Tagliavini

16 Essere

Alberto Morini

20 Visitare

Via dei Tigli

e Monte Poggiolo

26 Raccontare Doppiette ravennati 33 Scoprire Antiche cartapeste 36 Giocare Golf 40 Scrivere Erminia Crociani 43 Speciale Design Spazio alla creatività

| EDITORIALE di Andrea Masotti |

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Lo Hobbit e Avatar: sono solo alcuni dei roboanti titoli cinematografici legati al personaggio di copertina di Ravenna IN, Giuseppe Tagliavini, digital compositor autore degli effetti speciali di questi ed altri celebri film, vincitore di Oscar e grande professionista a livello internazionale. Da un ragazzo che ha fatto fortuna nel mondo ad uno impegnato nello sviluppo del territorio locale come Alberto Morini, presidente della Fondazione Banca Del Monte e Cassa di Risparmio di Faenza, promotore di un progetto che coinvolge il complesso faentino dei Salesiani per trasformarlo in sede di attività imprenditoriali create dai giovani.

Proseguiamo con la scoperta del territorio incamminandoci lungo una solitaria via tra i calanchi su cui si affaccia il castello di Monte Poggiolo, e recuperiamo storie della tradizione ravennate come quella dei cacciatori in valle e in pineta. Antiche sculture in cartapesta ci conducono invece alla scoperta di un’affascinante forma d’arte sacra; con la nuova stagione del golf ci avviamo verso la primavera mentre, nella rubrica libri, troviamo un’intervista alla scrittrice Erminia Crociani. Chiudiamo la rivista con lo speciale design, che offre alcuni spunti preziosi per arredare la casa in modo elegante ed originale. Buona lettura!

Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (RN)

Ufficio commerciale: Gianluca Braga, Luca Retini,

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Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47100 Forlì tel. 0543.798463 - fax 0543.774044

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Chiuso per la stampa il 27/02/2013

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Annotare | Brevi IN

Donna protagonista alla Ninapì-nesting Ravenna -“Il nome della donna non compare”: è il titolo della personale di stella (Stefania Gagliano), in mostra fino al 24 marzo alla Ninapì-nesting art gallery, a Ravenna in via Pascoli 31. Con tratto deciso e delicato allo stesso tempo, la pittrice modenese racconta la difficile situazione che ancora oggi il mondo femminile è costretto a vivere. La mostra, presentata da Chiara Fuschini e curata da Alessandra Carini, è aperta il venerdì e il sabato dalle 17,00 alle 19,00 (gli altri giorni su appuntamento, chiamando i numeri 335 8340522 o 340 0789505).

Dieci giorni di Ravenna Jazz Ravenna - Edizione numero 40 per Ravenna Jazz, dal 3 al 12 maggio con ben dieci giorni di musica dal vivo e seminari. Il programma coinvolgerà il teatro Alighieri e il Rasi, nonché la Sala Piazza Rinascita e il Cisim di Lido Adriano, che ospiteranno “Ravenna 40° Jazz Club”, alternativa più casual rispetto alle serate in teatro. I locali del centro cittadino, inoltre, accoglieranno i concerti pomeridiani ‘Aperitifs’, con dieci chitarristi. Il resto lo diranno gli artisti invitati a questa importante edizioneda Chucho Valdés e AfroCuban Messengers (4 maggio) a Pharoah Sanders (il 5, nella foto), Franco Ambrosetti, Uri Caine e Furio Di Castri (il 6), Mattia Cigalini (il 7), Gianluca Petrella e Alien Dee (l’8), Rosario Giuliani (il 9), Gino Paoli e Danilo Rea (il 10), Paolo Fresu e martux_m (l’11) e Joshua Redman, il cui quartetto chiuderà il festival il 12 maggio.

Abi, il nuovo presidente è Antonio Ravenna - Antonio Patuelli è il nuovo presidente dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi). Succede a Giuseppe Mussari, dimessosi dopo lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena. Un incarico prestigioso e una sfida non facile per Patuelli: “Operiamo - ha dichiarato subito dopo l’assunzione del nuovo incarico - per un’economia soggetta all’Etica e al Diritto. Se un’operazione è ammissibile per legge, ma contrastante con l’Etica, non deve essere effettuata: le questioni di principio prevalgano sempre”. “Questa unanime designa-

Tre Laghi diventa Aquae Porto Fuori - Il rinnovato centro sportivo Tre Laghi di Porto Fuori cambia nome e diventa Aquae Sport Center. Nato a metà degli anni ‘70 per volontà di un’associazione di circa 400 persone, l’area costituita da ex cave riconvertite alla pesca sportiva fu presto dotata di campi da tennis, piscina, pista di pattinaggio, minigolf e ristorante. Il nuovo sport center punta alla valorizzazione funzionale della piscina, dato che la società di gestione della strut-

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Patuelli

zione - ha commentato Lanfranco Gualtieri, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna - premia la sua integrità morale, la coerenza e la conoscenza dei problemi economici, e rappresenta per tutta la nostra comunità la conferma delle grandi doti culturali ed umane del Cavaliere del Lavoro Patuelli, e l’apprezzamento di cui gode a livello nazionale il Gruppo Cassa”. Ai tanti messaggi di congratulazioni si unisce anche quello di tutta la redazione di IN Magazine, con i migliori auguri di buon lavoro.

Sport Center tura, la ForSea di Marina di Ravenna, si occupa di formazione e addestramento del personale marittimo. Le dimensioni della piscina, profonda 4 metri e lunga 25, con piattaforma per tuffi di 3 metri e il lago per la voga, hanno permesso all’impianto di essere accreditato presso il Ministero dei Trasporti per le esercitazioni necessarie al conseguimento di una delle abilitazioni obbligatorie alla professione di marittimo. (R.Be.)


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Ceramiche, dipinti e disegni di Pizzi Cannella

Festa della Donna in musica Ravenna - Festa della Donna sulle note di Beethoven, Mozart, Kreisler, Wagner e Clara Schumann, eseguite dalla giovane violinista Liù Pelliciari accompagnata al pianoforte da Giovanni Nesi. Il concerto, in programma venerdì 8 marzo (ore 17) nel Ridotto del Teatro Alighieri, è organizzato dalla Cooperativa Emilia Romagna Concerti in collaborazione con il Comune di Ravenna e con importanti realtà associative femminili del territorio. Al termine dello spettacolo omaggi a tutti i partecipanti, offerti da alcuni esercizi commerciali della città.

A Ravenna-Cervia l’arcivescovo Lorenzo Ghizzoni Ph. Massimo Fiorentini

Ravenna - Dallo scorso 20 gennaio l’archidiocesi di Ravenna-Cervia ha un nuovo vescovo. A Giuseppe Verucchi è subentrato infatti Lorenzo Ghizzoni (nella foto), già vescovo ausiliare a Reggio Emilia, elevato ad arcivescovo il 17 novembre scorso. È reggiano e proviene da una piccola frazione di campagna, nel cuore della Pianura Padana. Membro del Consiglio per gli affari economici della Conferenza Episcopale Italiana dal 2010, compirà 58 anni il prossimo 3 aprile.

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Faenza - Oltre 70 pezzi tra ceramica, dipinti e grandi disegni di Pizzi Cannella occupano gli spazi del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, con una sezione dislocata presso i locali della Banca di Romagna di corso Garibaldi 1 fino al 17 marzo. Il nome di Piero Pizzi Cannella è legato ad un ambito strettamente pittorico dagli anni Ottanta, al gruppo di giovani del Pastificio Cerere (con Nunzio, Ceccobelli, Dessì, Gallo, Tirelli) e al teorico Achille Bonito Oliva. Al MIC presenta la sua produzione ceramica e le “grandi carte”, disegni a completamento dell’intervento in un dialogo serrato tra segno e gesto pittorico. Alla Banca di Romagna è invece esposta la grande tela “Senza titolo”,

a documentare la vocazione pittorica dell’artista. Il MIC è aperto dal martedì al venerdì ore 10 -13,30; sabato, domenica e festivi ore 10 - 17,30. www.micfaenza.org

Giovani talenti per Verdi Ravenna - La “Trilogia d’autunno aspettando Verdi”, inedita appendice autunnale che ha concluso la XXIII edizione di Ravenna Festival, è stata impreziosita dal successo di Verdi Web, nuovo progetto-laboratorio dedicato ai giovani focalizzato su foto, video e scrittura. Il progetto ha aperto le porte del teatro Alighieri per l’intero calendario di prove di Rigoletto, Trovatore e Traviata a diciassette ragazzi dai 16 ai 28 anni, che hanno prodotto foto, video e testi pubblicati su verdiweb.it. Si tratta di dieci fotografi (Martina Zanzani, Luca Concas, Miriam Anconelli, Silvia Tortorella, Valentina Casadei, Mariasole Lega, Federica Carioli, Alex Alvisi, Giulia Baraldo e Matteo Gemolo); cinque autori di testi (Anna Bonazza, Mirko Dadich, Mario Quaggiotto, Valentina Alfonsi e Valentina Malerba) e due videomaker (Matteo Bevilacqua e

Web

Barbara Ciriello). I ragazzi sono stati inseriti in un team creativo impegnato nella raccolta di foto, video e testi dai luoghi verdiani per la nuova produzione di Falstaff, uno dei titoli della nuova trilogia firmata da Cristina Muti che dal 8 al 17 novembre concluderà il Festival 2013. (nella foto di Martina Zanzani il teatro Alighieri).


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Mario Mondelli, nuovo Questore

Avis, nuovo concorso per le scuole Ravenna - L’Avis provinciale ha presentato l’undicesima edizione del concorso per le classi delle scuole di ogni ordine e grado del territorio provinciale. Tema scelto per il 2013 è “Avis: io dono, non so a chi, ma so il perché!”, per porre l’accento sull’anonimato e il valore intrinseco di ogni gesto gratuito. L’obiettivo principiale di questa consolidata iniziativa è quello di sensibilizzare i giovani al valore della solidarietà. Le sezioni del concorso sono tre: racconto per immagini, racconto scritto, produzione video. Il termine per la presentazione delle opere è fissato al 16 maggio. www.avis.it/ravenna (R.Be.)

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Ph. Massimo Fiorentini

Cervia - La proposta gastronomica è al centro della primavera cervese. Torna infatti la celebre “Sagra della seppia”, per degustare stagionalità e tradizione nei piatti tipici del territorio, e torna anche l’appuntamento con la manifestazione “Chocolat” insieme ai grandi artigiani del cioccolato, che si esibiscono nell’elegante centro di Milano Marittima. Si comincia il 17 marzo con la Fiera di San Giuseppe sulla spiaggia libera di Cervia, dove la festa prende vita con l’antica usanza della “focarina”. Dal 20 al 24 marzo si tiene invece la “Sagra della seppia”, che negli spazi del centro commerciale di Pinarella propone la tradizione della cucina marinara. Negli stessi giorni, dal 22 al 24 marzo, Milano Marittima ospita “Chocolat”, con i migliori artigiani del cioccolato e gli stand del gusto, che presentano l’opera dei maestri cioccolatieri nazionali. www.turismo.comunecervia.it

Ravenna - Cambio al vertice nella Questura di Ravenna. Giuseppe Racca saluta viale Berlinguer per passare a Parma, lasciando il posto a Mario Mondelli (nella foto), questore di Biella dal 2010. Nel corso della sua carriera Mondelli ha ricoperto numerosi incarichi, come dirigente Digos, della Squadra Mobile, della Divisione di Polizia Amministrativa e della Divisione Anticrimine. Dal 2009 al 2010 ha svolto la funzione di direttore del Servizio Reparti Speciali, presso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno.

Ravenna Jazz sulle strade di Crossroads Ravenna - Un festival lungo tre mesi e 270 chilometri: sono i numeri del 14° festival Crossroads, manifestazione musicale organizzata da Jazz Network in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna e numerose altre istituzioni. Oltre 40 serate di musica dal vivo nei grandi e piccoli centri urbani della regione, dal 28 febbraio al 25 maggio. Un momento speciale previsto per maggio, quando il cartellone ospiterà per la prima volta al

proprio interno Ravenna Jazz, con una sequenza ininterrotta di concerti e seminari al teatro Alighieri, al teatro Rasi e in vari club e locali della città. Tra i protagonisti della rassegna, in programma dal 4 al 12 maggio, Chucho Valdes e i suoi Afro-Cuban Messengers, Joshua Redman, Pharoah Sanders, Franco Ambrosetti, Uri Caine e Darryl Hall, Mattia Cigalini, Gianluca Petrella (nella foto), Alien Dee, Paolo Fresu e tanti altri. www.crossroads-it.org Ph. Riccardo Crimi

Marzo goloso in spiaggia e in città


Normalità e follia in mostra al Mar Ravenna - Fino al 16 giugno il Museo d’Arte della Città di Ravenna (Mar) presenta una ricca esposizione con opere di Bosch, Dalì, Ligabue, Mattia Moreni e tanti altri. Titolo dell’evento è “Borderline. Artisti tra normalità e follia. Da Bosch a Dalì, dall’Art Brut a Basquiat”. In mostra un’arte non marginale per scelta ma per condizione di chi la produce: il curatore è Claudio Spadoni, direttore scientifico del museo ravennate, affiancato da Giorgio Bedoni, psichiatra, psicoterapeuta e docente all’Accademia di Brera e dall’editore-collezionista Gabriele Mazzotta. Il percorso si apre con grandi nomi del passato che hanno espresso sulla tela il lato “oscuro”, da Hieronymus Bosch a Francisco Goya, per concludersi con una sezione dedicata al sogno dove trovano spazio surrealisti come Salvador Dalì, Max Ernst, André Masson. Fino alle opere di Paul Klee, grande estimatore dell’arte infantile e degli alienati. www.museocitta.ra.it

Riccardo Licata e i maestri del Mosaico Ravenna - Tradizione e arte contemporanea s’incontrano nella mostra “Riccardo Licata e i maestri del mosaico”, mettendo a confronto testimonianze conservate nel Museo Nazionale di Ravenna con i mosaici di artisti del XX e XXI secolo. Oltrepassando l’astrattismo informale, Riccardo Licata (Torino, 1929) tende all’indeterminazione della superficie pittorica e musiva, con una sorta di meta-scrittura che diventa una precisa “trascrizione grafica” di un movimento musicale. Accanto ai suoi mosaici sono esposte opere di Afro e Mirko Basaldella, Giuseppe Capogrossi e Piero Dorazio, Mimmo Paladino, Armando Pizzinato, Gino Severini, Emilio Vedova e tanti altri. La mostra al Museo Nazionale di Ravenna è aperta fino al 26 maggio, dal martedì alla domenica ore 8,30 - 19,30. (A.S.)

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Essere | Giuseppe Tagliavini

Speciale come un

Oscar

testo Anna De Lutiis - foto Massimo Fiorentini

Giuseppe Tagliavini, ravennate vincitore del premio Oscar 2009 per gli effetti speciali del film Avatar, oggi è uno dei più quotati digital compositor a livello mondiale.

Non capita ogni giorno di incontrare un premio Oscar. Ci si prepara quindi cercando le ultime notizie che lo riguardano, pensando a quali possano essere le domande più intelligenti e pertinenti. Nulla di tutto questo è servito. Catapultata in una serata a lui dedicata presso l’osteria Aurora ho conosciuto Giuseppe Tagliavini, tornato a Ravenna dopo due anni di assenza per il suo lavoro in Nuova Zelanda e già là di ritorno passando dal Giappone per una vacanza. Qui inaugurava la rassegna “Luoghi da Sogni, location inedite per il cinema d’autore”, promossa dal circolo cinematografico “Sogni Antonio Ricci”. Mi sono trovata davanti a un ragazzo giovanissimo (non dimostra affatto i suoi 38 anni) con jeans, t-shirt spiritosa, una faccia pulita e solare. Di una semplicità disarmante, circondato da una folla di giovani che probabilmente vedono in lui l’esempio lampante di chi “se vuole ce la fa”. La serata è trascorsa velocemente mentre Tagliavini raccontava le sue avventure, la scelta di lasciare a volte il certo per l’incerto, i successi di cui è fiero

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ma per i quali non si è mai montato la testa. La conversazione veniva intervallata da proiezioni di scene dai film nei quali Tagliavini ha lavorato, con dettagliate spiegazioni tecniche sui sofisticatissimi programmi usati. L’atmosfera gioiosa e la confusione non erano davvero adatte a un’intervista. All’appuntamento fissato per il giorno dopo è arrivato puntualissimo. Inevitabile la prima domanda su come e quando sia iniziata la tua passione per il computer e tutto quello che ne consegue.

“Ho studiato prima al Liceo Artistico e poi all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e negli ultimi due anni mi sono appassionato alla produzione al computer, eseguendo lavori di scultura e di pittura virtuali. Ho poi iniziato a cimentarmi con lo strumento cinematografico al fianco di mio fratello Edoardo, detto Edo, che aveva fatto la scuola internazionale di cinematografia a Roma, nel ramo regia. Stava girando un cortometraggio, a Cinecittà, Tao. Insieme realizzammo una scena d’incidente stradale alla CSI con 26 telecamere


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A fianco, Giuseppe Tagliavini nel suo studio mentre lavora a “Lo Hobbit”, che ha ricevuto la nomination per ben sette VES awards. In apertura, il digital Compositor a Ravenna, di fronte a San Vitale.

virtuali, per una trama molto simile a Hunger Games nel quale io mi inserii con gli effetti visivi. Il mio primissimo cortometraggio però l’avevo realizzato per il Festival ravennate ‘Corto di Sogni’. Quello girato con Edo divenne il mio biglietto da visita virtuale: girò per diversi festival attirando l’attenzione di alcune compagnie, che mi raggiunsero attraverso mio fratello”. Giuseppe racconta senza grande entusiasmo i tre anni trascorsi a Cinecittà: molto lavoro, straordinari, contratti non sempre rispettati. Racconta divertito i film realizzati per la tv come la serie Don Matteo. “Stavo girando un film dedicato a Paolo di Tarso - dice - quando arrivò in studio un prete per informarsi su come andavano le cose. Quando apprese che il programma che stavo usando si chiamava Inferno apparve scandalizzato: come? per un santo!”. Come mai poi hai deciso di andare a Londra?

“Mio fratello e io siamo cresciuti a piadina e Guerre Stellari, era quello il tipo di film che avevo sempre in mente e non vedevo in Italia la possibilità di realizzarlo. Però non sapevo l’inglese, lingua indispensabile nel mio campo, così andai

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a Canterbury e mi iscrissi ad una scuola d’inglese. Portai con me il curriculum e il mio ‘showreel’, un collage di filmati e flash tratti dalle mie esperienze fatte precedentemente. Lo avevo lasciato in giro, ma non avendo avuto risposte decisi di tornare in Italia. Fu allora che ricevetti un sms per un primo colloquio. Tutto bene, fino alla richiesta su quale programma usavo: Inferno? No qui vogliamo lo Shake. Niente da fare”. Le esperienze sono utili e, a distanza

cui avevo precedentemente incontrato i genitori a Canterbury. Le riprese iniziarono ufficialmente il 22 aprile 2003; i set esterni furono girati tra Malta, Marocco e Messico, i set interni invece nel Regno Unito, negli Shepperton Studios. A Londra mi si aprirono le porte per altre pellicole importanti come Alien vs Predator e il quarto episodio di Harry Potter. Fu fondamentale l’esperienza con la Mpc (Movie Picture Company), dove rimasi otto anni a lavorare con Tim Burton su film come La fabbrica di cioccolato e La sposa cadavere, per poi passare sotto la protezione della Double Negative (Batman begins e Inception)”. È stupefacente la semplicità con cui Giuseppe racconta. Ogni tanto si ferma a ricordare, perché in dodici anni di meraviglioso vagabondare a volte sfugge qualche episodio. Il suo curriculum oggi è impressionante: ha lavorato con James

Da Cinecittà a Londra, per “Troy” di poche ore, quando Giuseppe riceve un secondo sms per un nuovo colloquio, alla domanda “Sa usare il programma Shake?”, rispose “Certo!”. “Bene, oggi è venerdì, cominci lunedì”. Due giorni per studiare il programma. Inizia così l’avventura del giovanissimo ravennate che sognava di fare film di fantascienza, perché sono quelli che maggiormente usano gli effetti speciali. Raccontaci dei tuoi inizi a Londra...

“Il primo film a Londra è stato Troy, con Brad Pitt e Orlando Bloom, di

Cameron per Avatar, Christopher Nolan per Inception, Rupert Wyatt per L’alba del Pianeta delle scimmie, Steven Spielberg con Le avventure di TinTin e adesso con Peter Jackson per Lo Hobbit. Per uno a cui stavano strette Ravenna e Cinecittà lavorare tra Londra, Los Angeles e Wellington (Nuona Zelanda) deve dare una vera sensazione di libertà. Il 2009, dunque, ha rappresentato un salto verso la casa di produzioni digitali neozelandese Weta e verso i riconoscimenti per Avatar.


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Raccontaci l’emozione di quando ti hanno comunicato che gli effetti speciali da te creati come compositor avevano fruttato al film Avatar l’Oscar per la categoria.

“Mi ero comprato un elegantissimo smoking. Sono arrivato a Los Angeles dalla Nuova Zelanda per partecipare alla Notte degli Oscar visto che la VES (Visual Effect Society) aveva assegnato la nomination ad Avatar. All’ingresso mi hanno consegnato una bottiglia di acqua e una di vino. Faceva un caldo da impazzire, poi così vestito! Fino all’apertura delle buste sono rimasto col fiato sospeso, un momento indimenticabile! Il premio era per il mio composing, ma a ritirare l’Oscar è stato il team al completo. Quando guardo la mia foto con la statuetta stento ancora a crederci”. Le prime soddisfazioni per i 14 mesi di lavoro sotto la direzione di Peter Jackson per Lo Hobbit sono arrivate in gennaio, con la nomina della Weta (la compagnia di effetti visivi fondata dal regista stesso) a ben sette VES awards.

“Il mio ruolo in tutto questo tempo è stato quello di compositor del ‘Gollum team’, una delle otto squadre che si sono occupate di una precisa porzione del film, ma ero anche uno dei 2d supervisor di tutta la produzione”. Giuseppe, anche quando viene richiesto in contesti diversi, continua a preferire il ruolo di compositor, perché ama inserire gli elementi ricreati a computer all’interno delle parti girate e dare nuova vita virtuale ai personaggi. Ora sono in programma

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Lo Hobbit II e Lo Hobbit III, inoltre è in uscita anche Superman. Ti piacerebbe tornare in Italia?

“Mi piacerebbe, perché ho qui la famiglia, e gli amici, ma lo farei solo se fosse possibile fare qui i film che vengono girati altrove. Cosa che so già impossibile, conoscendo le cifre astronomiche che un film viene a costare. In Italia ho fatto tante esperienze per diventare bravo in questo settore. Poi ho imparato ad usare i programmi, con impegno e sacrificio. Ho avuto anche un pizzico di fortuna, e alla fine ce l’ho fatta”. IN

In alto, Tagliavini posa al fianco della celebre statuetta, andata a lui e al suo team per gli effetti speciali di “Avatar”. Sotto, Giuseppe assieme alla mamma e al fratello Edoardo.



Essere | Alberto Morini


Fondamenta

per il

Futuro

testo Roberta Bezzi - foto Lidia Bagnara

Progetti propri e sul lungo periodo. È la linea fissata da Alberto Morini, presidente della Fondazione Banca Del Monte e Cassa di Risparmio Faenza. A partire dal complesso dei Salesiani, pensato per ospitare imprese create dai giovani.

Con i suoi 46 anni, Alberto Morini è probabilmente il più giovane presidente di una fondazione bancaria in Romagna. La sua nomina alla guida della Fondazione Banca Del Monte e Cassa di Risparmio Faenza risale al settembre 2010, carica che è stata subito rinnovata dopo tre mesi, grazie al consenso raccolto tra le varie associazioni di categoria chiamate ad esprimersi. Il suo percorso è stato lineare e sempre in crescita. Sul fronte privato è sposato e ha una famiglia con due figli, mentre sul versante professionale ha una formazione da ingegnere elettronico e, insieme ad altri soci, è titolare di due aziende nel settore delle automazioni industriali. Alberto Morini, come ha affrontato questa nuova sfida all’interno della Fondazione e come valuta il suo primo periodo di attività?

“Inizialmente mi sono preoccupato di capire i meccanismi di funzionamento dell’ente. La mia età spesso mi ha creato un certo imbarazzo in certe circostanze, come ad avere un motivo in più per dimostrare competenza. Quando mi hanno affidato l’incarico eravamo in piena crisi finanziaria, con una forte contrazione degli investimenti abituali. Da persona che viene dall’ambito imprenditoriale ho cercato subito, con il consiglio d’amministrazione, di finalizzare al meglio le risorse a disposizione”. Oggi, infatti, è necessario fare i conti con risorse più esigue rispetto al passato…

“Siamo lontani dai fasti di un tempo ma la situazione di solidità patrimoniale, l’assenza di debiti e l’equilibrio nei conti ha spinto la Fondazione ad alcune scelte forti,

che prima timidamente e ora in maniera più marcata segneranno i prossimi anni. Siamo passati da una politica delle erogazioni a pioggia, spesso dispersiva e poco finalizzata, ad una di promozione di progetti propri ed investimenti di lungo periodo”. Quali sono le priorità che la Fondazione si è data in tal senso?

“L’orientamento è stato quello di muoversi in due direzioni. Da una parte sostenendo il settore economico dell’imprenditoria, per mettere in circolo un po’ di liquidità e offrire nuove opportunità lavorative. Dall’altra investendo su formazione, educazione e ricerca, settori fondamentali per il futuro dei nostri giovani. In tal senso sosteniamo, per esempio, gli istituti superiori con dotazioni tecnologiche, scambi con l’estero, tirocini e progetti vari come

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Sopra e in apertura, Alberto Morini di fronte al complesso dei Salesiani di Faenza.

il Parco tecnologico “Evangelista Torricelli”, che rappresenta per la città un luogo di ricerca e di potenziale supporto all’innovazione tecnologica per le imprese del territorio. Sul fronte della cultura resta alto l’impegno verso il Mic, Museo internazionale per la Ceramica, una forza per Faenza ma anche una grande responsabilità”. L’acquisizione del complesso dei Salesiani va nella prima direzione...

Il presidente col pallino per lo sport La passione per lo sport è da sempre nel Dna di Alberto Morini. Nell’atletica leggera fin da giovanissimo, marciatore, è stato tesserato per l’Atletica 85 Faenza, con una parentesi al C.S. Carabinieri. “Mi piace lo sport - dice - è un mondo che mi consente di restare in contatto con i giovani”, ama ripetere. Fino a qualche mese fa è stato vice presidente nazionale della Federazione Italiana di Atletica Leggera, incarico terminato dal momento in cui Franco Arese ha lasciato il posto ad Alfio Giomi. È inoltre componente del Development Committee della European Athletics, del Women Committee della IAAF e vice Presidente Mediterranean Athletics Union, Quercia di secondo grado e Stella di Bronzo del CONI.

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“Sì, ne è l’esempio più lampante. Il complesso dei Salesiani è di proprietà di una società partecipata dalla Fondazione. Ne abbiamo rilevato una parte su cui esistono molti vincoli della Sovrintendenza: si tratta di Palazzo Naldi, vero e proprio simbolo della città, sede del rettorato, in cui trasferiremo i nostri uffici. Qui avremo a disposizione ampi spazi da offrire ai giovani diplomati e laureati in cerca di aiuto per intraprendere una loro attività. Per diciotto mesi daremo loro l’opportunità di avere un ufficio, in attesa di poter camminare con le proprie gambe e potersi pagare l’affitto dei locali. Sarà realizzato anche un ampio parcheggio a duecento metri dalla piazza principale. Un intervento pensato per rivitalizzare il centro storico, e per tornare a guardare con ottimismo al futuro”. IN


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Visitare | Via dei Tigli e Monte Poggiolo

Colpo d’occhio

sulla

Piana

testo Matteo Ranucci - foto Giorgio Sabatini

Confine strategico tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana, oggi solitaria carrareccia tra i calanchi. La panoramica Via dei Tigli, su cui si affaccia il castello di Monte Poggiolo, regala una vista unica tra Faenza, Bertinoro e il mare.



Il camino della vecchia fornace di Forlì è a due passi dall’incrocio con via Biondina. L’opificio produsse mattoni fino al 1971; alla fine dell’800 vi fu una riunione segreta alla quale parteciparono quaranta mazziniani. Via dei Tigli si stacca a destra dalla stretta linea d’asfalto di via Rio Cozzi, al principio della

strada principale che conduceva e conduce nella valle del torrente Samoggia, in terra faentina. La strada di sassi e terra comincia a salire. Un cancelletto in ferro battuto ricoperto da rampicanti chiude una scala di pietra desueta e inaccessibile che sale al sagrato e alla facciata in mattoni della chiesa di Monte Calvario. È un edificio sconsacrato, costruito nel XV secolo, abbellito da elementi dell’architettura barocca, da stucchi. Via dei Tigli è anche la strada vicinale di Mezzacollina. Era una

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delle più brevi e frequentate per raggiungere la città di Faenza. Sale su queste prime colline i cui nomi si leggono a fatica sulle carte topografiche: Monte Cucco, Monte Collina, Monticino. Si guadagna quota ed una vista da prima fila su valli, coste, colli. È un colpo d’occhio importante. A sinistra, su un piano lontano, s’intuisce il piccolo valico delle Converselle, la conca stretta delle rupi scavate dal Rio Cozzi e, oltre, la cima rocciosa di Pietramora. In primo piano, i calanchi sono la formazione tipica. Hanno strane geometrie, in continuo mutamento. Le argille grigiastre sono instabili, modellate da pioggia e vento. Appaiono come creste montuose, cordigliere viste da un satellite, veri e propri squarci in coste altrimenti dolci di erba o coltivate a foraggio, vite e ulivi. La vegeta-

Sopra, il percorso lungo la via dei Tigli, accompagnato dalla vista costante del castello di Monte Poggiolo.


zione è composta da arbusti, rosa canina, ginestre, erba alta e sottile. A poche centinaia di metri di distanza, la Valle del Montone appare più lontana. C’è silenzio, le auto faticano a percorrere questa carrareccia, persone a piedi se ne incontrano poche se non quelle impegnate nei lavori dei campi. Difficile immaginare questo luogo come confine strategico, movimentato, combattuto e controllato tra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana. Ma lo era. “Casa

Croce”, ora ridotta a rudere, a metà della salita, era un vecchio avamposto, un simbolo che testimonia la lotta di frontiera contro antichi contrabbandieri. Crescono anche il biancospino, il prugnolo su basamenti instabili, precari. Formano ciuffi sparsi o linee di vegetazione che seguono il bordo dei calanchi. Il colore predominante è un verde chiaro tendente al giallo, con i toni smorzati dalla stagione invernale. La carrareccia, meno stabile e comoda nella sua parte alta, incrocia la strada di crinale. È una linea sottile che percorre la cresta di questa prime colline. Una delle ultime vere “vie” sterrate. Unisce Monte Poggiolo al passo di bassa collina delle Converselle. Ci sono poche case abitate, alcuni ruderi e casolari dalla posizione invidiabile su cucuzzoli stondati e isolati. Si cammina tra i 200 e i 280 metri sul livello del mare. L’Adriatico è una linea spessa

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In alto, la chiesetta di Santa Maria del Calvario, edificio del XV secolo oggi sconsacrato.

che segna l’orizzonte. Si distinguono i grattacieli di Cesenatico e Milano Marittima. Verso nord l’abitato di Faenza, a est Forlì ed i colli appuntiti di Bertinoro e Monte Maggio. Non ci

sono ostacoli, alture ad impedire la vista dell’ampia pianura. La salita è terminata. La bruma invernale offusca i dintorni di prima mattina e all’imbrunire. Nelle ore centrali è spazzata via da una brezza più tiepida, che schiarisce l’aria e definisce di particolari il paesaggio. Due chilometri di panorama puro, a destra, a sinistra, di fronte. Anche il castello di Monte Poggiolo fa parte ARRIVO

della scena. Dal primo balzo domina sulla pianura. Le mura spesse e le quattro torri, di cui il maschio alto diciotto metri, formano una

corte non troppo ampia in cui un tempo sorgeva la “piazza d’armi” e l’abitazione del comandante. È una presenza importante, massiccia, nonostante le sue linee siano in parte segnate da anni di abbandono. Dalla base del forte si può intuire la sua funzione fondamentale tra i castelli del territorio, quella di torre di avvistamento, grazie alla posizione impareggiabile di predominio sulla spianata fino al mare. Ripercorrere a ritroso la strada non è una ripetizione banale, monotona. L’angolo della visuale cambia di 180 gradi. Il panorama resta di prim’ordine. I temi principali rimangono gli stessi, solo un’altra prospettiva, altri soggetti e dettagli a riempire la scena. IN

Informazioni sul percorso

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Chilometri totali: 7,2 Tempo di percorrenza: 2 ore circa Difficoltà: medio-facile Partenza: strada Rio Cozzi incrocio via Biondina - Terra del Sole Percorso abbastanza semplice, con una salita nella parte iniziale di circa 2 chilometri. Giunti sulla strada “principale”, anch’essa sterrata, si svolta a destra. La parte centrale dell’itinerario è su una strada di crinale, che alterna una lieve salita e una lieve discesa. Il castello di Monte Poggiolo è visibile per quasi tutto l’itinerario ed indica la direzione. Il ritorno è per la stessa strada. Il terreno è composto da terra misto ghiaia, e può risultare infangato.


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Raccontare | Doppiette ravennati

I cacciatori

della

Valle

testo Andrea Casadio - foto Massimo Fiorentini

Ha radici antiche la passione dei ravennati per la caccia, tra precise tecniche venatorie e riti sociali. Storie di secoli passati quando l’uomo, strettamente connesso alla natura, ne condivideva anche il lato crudele.



È verità universalmente riconosciuta anche da coloro che non hanno una particolare dimestichezza con le discipline storiche, che la seconda metà del XX secolo ha rappresentato un mutamento repentino e profondo negli stili di vita della società italiana. Anche Ravenna, ovviamente, non ha fatto eccezione. Su queste pagine si è narrato di tante manifestazioni che non hanno retto alla furia della modernizzazione novecentesca. Una di queste, e fra le più tipiche, era la passione tutta ravennate per la caccia. La sua diffusione fu strettamente correlata, fin da tempi antichissimi, alla condizione ambientale del territorio, con la presenza di vaste aree incolte e selvagge, delle paludi e dei boschi, e poi delle pinete, che fornivano un’ampia gamma di prede. Si andava da una ricca schiera di volatili (pernici, fagiani, quaglie, merli, anatre e vari uccelli di valle) a piccola selvaggina come le lepri, fino a prede di stazza maggiore che, almeno fino ad un certo periodo, popolarono le pinete, come cervi, caprioli, e anche lupi. Se per i nobili, a partire dal Medioevo, l’attività venatoria era uno status symbol che univa diletto e affermazione di ruolo sociale, per i più poveri costituiva un’importante fonte di sostentamento, integrativa di quella agricola o anche esclusiva, nel caso di quelli che i “cacciatori” lo facevano di mestiere. Mentre i primi si esercitavano nell’uccellagione con lo sparviero o il falco, borghesi e popolani si avvalevano della balestra, sostituita dall’archibugio a partire dal XVII secolo. Tutti, ov-

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viamente, con l’immancabile ausilio del cane da caccia. I documenti antichi testimoniano poi dell’esistenza, almeno fino al ‘500, delle “pantere”, strutture semi-stabili costituite da un fossato e da una rete, utilizzate per la cattura degli uccelli nelle zone di valle o di pineta. Ma non c’era solo l’aspetto strettamente utilitaristico. La caccia era anche, e forse soprattutto, un’attitudine mentale, uno stile di vita in cui l’atto

in sé era solo un elemento fra i tanti che distinguevano il vero seguace di Sant’Uberto. Gli altri erano un vasto contorno fatto di rapporto con la natura, segni identitari come l’abbigliamento tipico (la sacona, giacca di velluto dall’ampio tascone alla base della schiena), riti sociali

In alto, un “rastello” ravennate. Sotto due cacciatori posano, assieme al loro cane, dopo un’ottima battuta di caccia in valle. (Foto tratte dal volume “Curiosità ravignane” di U. Foschi e G. Ravaldini, Ravenna, Tonini, 1981).


(i ritrovi di gruppo, i racconti di imprese venatorie vere o presunte, le mangiate, gli scherzi a la ravgnâna destinati a fare epoca). Elementi che s’impressero sempre più nella mentalità comune (quasi che essere un buon cacciatore fosse un attributo indispensabile del vero “ravignano”) anche perché caratterizzavano in particolare la caccia in pineta, dove la dimensione collettiva era assai importante. La tecnica tipica, in questo ambiente, era quella del “rastello”, ossia “una adunata tattico-strategica di una quindicina di cacciatori – così la definì Paolo Poletti, l’avuchet Pulett di stecchettiana memoria ed egli stesso accanito cacciatore – che si raccoglie ai primi chiarori dell’alba in un determinato punto della pineta”. Il rastello aveva un “capitano” (carica altamente onorifica attribuita a vita), coadiuvato da un “furiere” (incaricato di organizzare il gruppo dei partecipanti) e dai “baroni” (umili portatori di viveri). “Il capitano dirige l’azione e dà il segnale dell’avanzata: la compagnia avanza a semicerchio: ad un punto designato il rastello si chiude. È quello più emozionante. I tordi saettano da tutte la parti e la fucileria si sgrana vertiginosa”. L’operazione veniva ripetuta più volte nel corso della giornata e non era priva di rischi per i partecipanti, che a volte finiva-

La tecnica del “rastello” no col ricevere la scarica di piombo destinata alle prede. Non è difficile immaginare la competizione fra i diversi rastelli, i momenti di tensione nel caso d’incontro fortuito nel folto del bosco, i sotterfugi per accaparrarsi le posizioni migliori. In effetti, i rastelli non erano aggregazioni estemporanee ma parte di vere e proprie compagnie stabili, di cui abbiamo notizia almeno dal ‘700. Assai celebre, verso il 1820, fu quella degli “Americani”, così chiamata perché sorta attorno al ritrovo dell’osteria al “Cacciatore americano” di Antonio Ghirardini detto Buraccina, in borgo San Rocco, e che celava in realtà una setta di carbonari che elesse come proprio capo nientemeno che George Byron. Verso il 1870 le maggiori erano la “Compagnia di caccia”, i cui membri si ritrovavano nel caffè della piazza di fronte alla prefettura, e la “Capanna”, con sede in vicolo Violino. In seguito le compagnie iniziarono a moltiplicarsi, ognuna con un proprio nome e una propria caratterizzazione.


Ruolo identitario della caccia: sopra, la famiglia ravennate dei Gardella negli anni ‘30 (per gentile concessione di Giuseppe Gardella).

Ecco allora sorgere “Agl’Ombar”, “I Cuntaden”, “E’ Canel” (composta soprattutto da coloni di Porto Fuori), “La Cocla”, nata nel 1888 in una piccola stanza di borgo San Biagio da una secessione dalla Compagnia di caccia. Alcuni giovanissimi componenti della Cocla ne fuoriuscirono a loro volta per creare la “Cumpagnì d’Iorfan”, negli stessi anni in cui la “Parpaia” e i “Bigaròn” davano vita ad una furiosa rivalità reciproca. “E terròr” riuniva invece medici e farmacisti, che arrivavano alla partite di caccia in diligenza e non dovevano go-

Una passione di Romagna A Forlì gli estimatori dell’arte venatoria, trovano ancora oggi una manifestazione fieristica dedicata a questo settore, che si propone come evento di riferimento nel centro Italia per tutti gli appassionati di caccia, tiro sportivo e pesca. È Caccia & Country Expo, ospitata alla Fiera di Forlì, la cui terza edizione è prevista tra novembre e dicembre 2013. Grazie alla presenza e all’impegno delle principali associazioni venatorie, di pesca e sportive, la kermesse fieristica intende essere anche un palcoscenico per iniziative ed attività legate a tematiche di tutela ambientale.

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dere di eccessiva simpatia da parte degli altri sodalizi, dal momento che furono gratificati del poco commendevole epiteto di rompacaz. Particolarmente attivo nella caccia fu poi il Circolo Ravennate. Questo, alla fine dell’Ottocento, in collaborazione con gli ufficiali del presidio militare, introdusse anche la pratica aristocratica della caccia alla volpe in pineta (per quanto si trattasse in effetti di un esercizio di abilità equestre, più che venatoria), ripresa con successo alla fine degli anni ’30, quando l’associazione mutò addirittura il nome in Circolo Ravennate delle Cacce. Rispetto a quella di pineta la caccia di valle, che consisteva in lunghi appostamenti in ricoveri semisommersi spesso fra le intemperie, era un esercizio più solitario e, si può dire, più meditativo. “Il fascino della caccia in palude, chiusi nella botte, a godersi la burrasca (la bura), a scrutare nella nebbia”… Così la rievocava Massimo Stanghellini quando ormai era divenuta un argomento da vecchie memorie “ravignane”. Oggi il rapporto con la natura si cerca in altro modo, magari con in mano una macchina fotografica al posto del fucile. Cosa buona in sé ma anche, a ben vedere, il segno di un distacco. Quello che si è consumato qualche decennio fa, e che ci fa guardare come ad una favola i secoli in cui l’uomo era talmente connesso alla natura da condividerne anche il lato crudele, e al tempo stesso sfruttarla senza remore, proprio perché sapeva di non poterla distruggere davvero. IN


Photos: R. Schedl, H. Mitterbauer

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Scoprire | Antiche cartapeste

Fra arte

e

Devozione

testo Aldo Savini

Originale excursus sulle sculture in cartapesta conservate nelle chiese faentine. Un volume raccoglie questa affascinante arte povera, tutta da scoprire.

Per oltre due secoli, da metà ‘700 agli anni Sessanta del ‘900, a Faenza hanno operato una ventina di plasticatori che, oltre ad altri materiali, hanno utilizzato la cartapesta per opere di statuaria sacra. La monografia “La scultura faentina in cartapesta”, frutto dell’accurata ricerca condotta da Santa Cortesi e con il contributo della Fondazione Banca del Monte e Cassa di Risparmio di Faenza, ha fatto emergere un aspetto della cultura artistica locale trascurato, perché considerato “minore” per quella componente artigianale propria delle botteghe che si tramandavano conoscenze e pratiche esecutive di generazione in generazione. Il libro è di particolare interesse, perché si presta come guida per un percorso alla scoperta di questo prezioso patrimonio artistico locale. Nel clima artistico ricco di fermen-

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Sopra, “Miracolo di S. Biagio”, della Chiesa del Suffragio, di Gaetano Vitenè, (2ª metà del XIX sec). In apertura, “Sacra Famiglia”, Basilica Cattedrale, Enrico Dal Monte, 1923.

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ti innovativi per la presenza a Faenza di architetti, scultori, pittori e decoratori d’interni. Tra questi Giuseppe Pistocchi, il riminese Antonio Trentanove, il piemontese Felice Giani. Per l’impulso dato all’economia locale e al rinnovamento della città dalla prestigiosa manifattura dei conti Ferniani, il primo ad iniziare la produzione della statuaria in cartapesta è Giuseppe Antonio Ballanti, detto Grazià, che inaugura la dinastia familiare dei Ballanti Graziani a

cui per rapporti di parentela seguono i Collina, i Vitenè e infine i Dal Monte. L’evoluzione stilistica della scultura in cartapesta all’inizio assorbe aspetti della tradizione classicista caratterizzata da misura, eleganza e decoro; si avvicina poi ai modelli neoclassicheggianti tipici dell’età napoleonica e successivamente, nella stagione purista, si caratterizza per un naturalismo dai toni carichi di sentimento. Fino all’arrivo in città nell’immediato secondo dopoguerra di Gio Ponti, che provoca la conversione al modernismo e un nuovo interesse per gli arredi d’interno. Le chiese faentine custodiscono molti esemplari di sculture realizzate con questo materiale povero e leggero, destinate alla devozione popolare, una produzione che, intensificatesi nel corso dell’800, si è poi esaurita nella seconda metà del secolo scorso con l’ultimo dei plasticatori, Tano Dal Monte, scultore e pittore recentemente scomparso, alla cui memoria il volume è dedicato. Molte statue erano modellate su stampi e venivano riprodotte in varie copie, tuttavia ognuna mantiene un’originalità individuale per i ritocchi e le decorazioni policrome dell’autore. Il repertorio di immagini è alquanto vario: oltre ai santi una presenza dominante è riservata alla Madonna, spesso con in braccio il Bambino, come la delicatissima Vergine del Rosario nella chiesa di Errano di Giambattista Ballanti Graziani del 1830, o da sola, come l’Addolorata nella chiesa di Sant’Agostino di Francesco Collina Graziani del 1928. IN


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Giocare | Golf

La passione del

Green

testo Mariavittoria Andrini

Uno sport adatto a tutti, con un’offerta di campi di qualità in Romagna: suggerimenti e idee per inaugurare una primavera all’insegna del golf.

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A chi non piacerebbe provare a giocare a golf? Si tratta di uno sport adatto a tutte le età, che coniuga in modo ineguagliato relax, destrezza e abilità (mai forza fisica) e, oltretutto, si pratica in percorsi naturalisticamente ineccepibili. Eppure tanti, troppi sono frenati dal provare questa esperienza, in ragione di una fama che identifica il golf con l’esclusività e l’ampia disponibilità di spesa. Un luogo comune, quello descritto, che è agevole sfatare, constatando come i percorsi disponibili per la pratica golfistica

nel nostro paese si sono, in questi ultimi anni, letteralmente moltiplicati. Certo, esistono ancora club che richiedono un importante investimento per entrare a farvi parte, ma ci sono ormai anche in Italia numerosi circoli – e sono i più – che offrono un idoneo impianto per la pratica sportiva. Nella sola Romagna, o meglio nelle province di Forlì e Ravenna, si trovano quattro campi in grado di soddisfare ampiamente ogni esigenza: dal bellissimo 27 buche di Cervia, al collinare e impegnativo 18 buche


di Riolo Terme, dal 9 buche di Faenza completamente in pianura, fino al tecnico e movimentato 9 buche di Forlì. A Cesenatico, infine, c’è un campo pratica con 4 buche. Il campo dunque non è un problema. Cos’altro serve? Anzitutto un maestro: in ogni circolo ne è presente uno, accreditato presso la Federazione Italiana Golf. Il prezzo di una lezione singola è di 25 euro per 30 minuti, ma si possono frequentare anche corsi collettivi. L’attrezzatura per giocare viene fornita, all’inizio, direttamente dal maestro o dal circolo. Sono necessarie almeno una decina di lezioni prima di poter accedere al campo, una valutazione che spetta al maestro in base all’apprendimento, variabile da persona a persona. A questo punto bisogna cominciare a studiare le regole per poter poi affrontare un piccolo esame, che consente di iniziare a disputare le prime gare. Si arriva quindi all’acquisto di una sacca e di un paio di

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Ph. Carolina Martines

Quando il green si fa rosa Al Golf Club I Fiordalisi di Forlì da oltre dieci anni esiste l’Associazione Ladies, che raggruppa oltre 50 socie golfiste, senz’altro il fiore all’occhiello del club forlivese e una realtà quasi unica a livello nazionale. Dal 2006 le Ladies propongono un regolare calendario di gare su 9 buche, che si svolgono nella giornata del giovedì e sono aperte a tutti i golfisti iscritti alla Federazione Italiana Golf. L’Associazione organizza inoltre incontri culturali e ludici, sempre con particolare attenzione all’attività benefica che costituisce per il comitato un obiettivo centrale. Il calendario 2013 è ancora più ricco e corredato da una serie di eventi collaterali, concepiti “oltre il golf”, per un pubblico non solo di giocatori. Ecco i prossimi appuntamenti: 21 marzo - Casadei Gioielleria, 9 buche Stableford 4 aprile - Nivola Calzature, 9 buche Stableford 18 aprile - Lovable Intimo, 9 buche Stableford 25 aprile - Il brillante, 9 buche Play & putt 9 maggio - Carosello, 9 buche Medal 23 maggio - Estados Café, 9 buche Stableford 6 giugno - Banca Popolare dell’Emilia Romagna, 9 buche Stableford 20 giugno - La Sorpresa Abbigliamento, Golf e burraco 4 luglio - Gelateria km7, gara al tramonto 9 buche Stableford, a seguire festa d’estate 12 settembre - Edizioni In Magazine, 9 buche Medal; 26 settembre - Terme della Fratta, Golf e burraco; 17 ottobre - Scarpina Ristorante, 9 buche Stableford, a seguire cena conclusiva della stagione Ladies 2013 con premiazione del “Primo Circuito Ladies”. Eventi speciali aperti al pubblico: Domenica 14 aprile, ore 18 - Bruno Barbieri, giudice di Masterchef, presenta “L’Arte di utilizzare gli avanzi della mensa” di Olindo Guerrini. Riedizione a cura di Mariavittoria Andrini. Segue aperitivo. Giovedì 23 maggio, ore 18,30 - Ilaria Milandri, scrittrice forlivese, pittrice, scenografa e autrice di testi teatrali, presenterà il suo secondo libro “Amen”. Segue aperitivo. Giovedì 6 giugno, ore 18,30 - Aperitivo con Wilma Vernocchi, la cantante lirica forlivese considerata uno dei più grandi soprani italiani.

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A fianco, il Comitato Direttivo delle Ladies: da sinistra, Mariavittoria Andrini, Maria Cristina Monti, Laura Valbonesi.

scarpe con un fondo adeguato (dai 40 euro in su). Sono numerose le offerte di sacche complete per neofiti che si possono acquistare anche su Internet. Il costo si aggira sui 250 euro per sacca, ferri e carrello. Di palline se ne trovano veramente per tutte le tasche: da 3 euro in su per una confezione da 3 palline, ma per chi inizia è più conveniente approfittare delle numerose offerte di palline usate, su Internet infatti si possono trovare anche 100 palline a 25 euro. Il guanto, indispensabile, costa meno di 10 euro e per i tee di partenza e marchini sono sufficienti pochi spiccioli. L’abbigliamento è semplice quanto sobrio: in estate una polo, un paio di pantaloni (mai jeans!) a cinque tasche, dove mettere palline, tee di partenza e marchino, e un berrettino per difendersi dal sole. Quando piove (perché si gioca anche quando l’acqua scende a catinelle!), bisogna aggiungere una giacca, un paio di pantaloni impermeabili e un ombrello. Ogni club offre numerose possibilità di abbonamento: dall’associazione annuale che prevede ingresso libero, all’acquisto di pacchetti o al pagamento per ogni singolo ingresso. L’accesso al solo campo pratica di solito costa intorno ai 10 euro. Per conoscere le varie offerte è necessario contattare i circoli o cercare nei siti web di riferimento. Bando quindi ai luoghi comuni. Provate questa nuova esperienza. Di una cosa c’è da esser certi: sarà amore o repulsione, di certo mai e poi mai indifferenza! IN



Scrivere | Erminia Crociani

Dire

tutta la

Verità

testo Serena Focaccia - foto Lisa Tagliaferri

Libri che sono storie ma anche momenti di riflessione: Erminia Crociani ha dedicato la vita a dare voce a chi non ce l’ha e anche nei suoi libri racconta storie vere, senza paura di trattare anche verità “scomode”.

Erminia Crociani è una scrittrice schiva, che preferisce siano i suoi libri e le sue idee a parlare per lei. Con una vita dedicata all’insegnamento, prima a Milano poi nelle vallate dell’Appennino forlivese, e costellata da tanti viaggi, da una lotta ininterrotta contro un destino che le ha riservato sofferenze fisiche, in tutto questo Erminia non ha smesso mai di occuparsi in prima persona del disagio giovanile e di problemi legati all’esclusione sociale. In una vita così piena, come si inserisce la scrittura?

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“Scrivere è sempre stata la mia passione. Fin da ragazzina mandavo lettere lunghissime a parenti e amici, ma anche a personaggi pubblici con cui dibattevo argomenti di attualità o discutevo le loro tesi su cui mi ero informata tramite letture o conferenze. Tutte queste mie rif lessioni hanno poi iniziato a prendere forma e diffusione sotto forma di piccoli opuscoli. Il libro “Figlio di MM” ha rappresentato una svolta: ho raccontato la storia di un ragazzo tossicodipendente che avevo conosciuto e ho capito che volevo continuare a scrivere storie vere.”

mento in maniera universale, perché sono questioni che toccano la vita di ognuno di noi. In particolare per quanto riguarda “Non per scelta” ho trattato la storia di una coppia omosessuale dal punto di vista dell’introspezione, di come una persona affronta questa condizione che ancora oggi è considerata di “diversità”. Mi piace capire come ognuno reagisce psicologicamente alle situazioni della vita, piuttosto che osservare la cosa dal punto di vista del giudizio sociale, come spesso si fa oggi.”

E così, raccogliendo storie vere, sono

“Certo, ho quattro libri quasi pronti, tutti con lo stesso taglio: racconti di vita veri raccolti da me. E spesso mi capita che chi ha letto i miei libri mi contatti, per raccontarmi la sua storia e chiedermi di metterla su carta.” Quindi aspettiamo altre storie di personaggi che non hanno voce, a cui Erminia Crociani presterà la sua. IN

nati gli ultimi due libri, “Ho provato a fuggire” e “Non per scelta”...

“Entrambi affrontano temi controversi - il primo la malattia e il diritto dell’ammalato di scegliere la propria cura e il secondo l’omosessualità - ed entrambi riportano una storia vera di vita vissuta, rappresentano un racconto personale ma che vuole affrontare l’argo-

Ha ancora dei libri nel cassetto? Delle storie da raccontare?



finalmente a casa

lei sempre così accogliente quando torno a casa, spengo ipad, iphone…e mi dedico solo a lei… la mia valcucine… scoprila nello show room di CASACOSA arredamenti a Forlì, new logica system, meccanica, invitrum… sistemi tecnologici per una cucina di alta qualita’

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SPECIALEd e s i g n A cura di Linda Antonellini e Annalisa Balzoni

Spazio alla creativitĂ . Ritorno alla natura e rielaborazione di forme ed elementi tradizionali, per trasformarli in qualcosa di nuovo. Guidati dallo stuzzicante linguaggio dell’ironia. Ăˆ il filo conduttore per arredare oggi in modo originale, ed elegante con gusto contemporaneo.


SPECIALEd e s i g n

Luce sulla materia:

lampade tra freddo e caldo Ideata dalla designer feantina Federica Bubani, la Helmet lamp s’ispira nel nome e nella forma agli elmetti dei soldati. Disponibile in due diverse colorazioni, blu petrolio e grigio, è una lampada da tavolo orientabile che si caratterizza per l’utilizzo di due materiali diversi per sensazione: la ceramica e il legno. La prima, talmente lucida e perfetta quasi a sembrare metallo, riprende la tradizione ceramica dalla quale proviene la designer. Il secondo, il legno massello di rovere, è invece un materiale caldo che, in sinergia con la ceramica, crea uno stile alchemico inconfondibile. Anche l’interruttore a semisfera diviene elemento decorativo da tavolo. La ricerca della designer feantina spazia dalla ceramica raku fino al legno o.s.b., reinterpretando questo materiale come basamento e corpo illuminante della lampada O.S.B. LAMP family. La texture casuale di questo elemento rende tutte le “o.s.b. lamp” uniche e diverse tra loro, da tavolo, a terra ed abatjour. L’interruttore a pulsante bianco con o-ring a sezione circolare in feltro nero diventa un elemento decorativo della lampada, richiamato anche nel punto d’uscita del filo elettrico in tessuto.

Ceramica e legno. Materiali diversi che si intersecano per creare forme e sensazioni nuove.

Le sedie recuperate che tornano alla natura

Designer poliedrico e variegato, Andrea Magnani ha ideato insieme a Giovanni Delvecchio & Elisabetta Amatori il progetto delle sedute “Di Corte”. Si tratta di sedie recuperate e riportate al loro aspetto originale, sostituendo la protezione artificiale con quella naturale del legno. Il bosco fornisce il materiale. La corteccia di quercia e altri alberi viene raccolta, selezionata per tipologia e applicata come un vestito. Ogni pezzo viene incollato coprendo la sedia lentamente, secondo i tempi della natura. Si evince così che ogni idea ha vari livelli di lettura, strati di profondità che si trascinano l’uno nell’altro, dall’estetica alla progettazione di un archetipo. Come una stella cometa ideata per attirare lo spettatore in un piccolo mondo di evoluzione o di involuzione, in cui il momento espositivo è solo una cornice della sua continua trasformazione.

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SPECIALEd e s i g n

Il bosco in una stanza

per appendere il cappotto ai rami Le creazioni dell’atelier Ofelia Tuttotorna sono oggetti sfuggiti al loro uso quotidiano e diventati qualcos’altro, in bilico tra origine e originalità, riuso e reinterpretazione di materiali quotidiani o insoliti. Una bottega nel cuore di Cesena, piena di strumenti che definiscono nuovi linguaggi creativi e generano oggetti che sembrano ribellarsi al loro destino. Nel laboratorio di artigianato contemporaneo s’insegna a plasmare in modo etico tanto i materiali quanto le emozioni, rispettando l’ambiente naturale di entrambi. Così gli appendini “Legn_etto” dimostrano che il far entrare la natura negli spazi che ci competono è assolutamente rasserenante. La natura invade la casa assumendo una funzione antropomorfa e funzionale. Il kit di appendiabiti da parete in legno naturale, pronto per essere montato, traveste così le pareti in piccoli ritagli di bosco.

Reinventare la ceramica con Deviazioni e vasi in3D

Fondato a Cotignola da Guido Garotti e Sehr Khan, “Life Given A Shape” è uno studio-atelier che esplora la semantica del prodotto e s’ispira a princìpi di durabilità, tradizione ed innovazione. L’autoproduzione di oggetti in edizione limitata, legati all’artigianato locale, conferisce alle creazioni proprietà fisiche ed emozionali di spirito contemporaneo. Il progetto “Deviazione” utilizza l’eccellenza decorativa ligure per ottenere un risultato attuale: con chiara ironia utilizza l’analogia cromatica tra la segnaletica stradale e la decorazione tradizionale per produrre una proposta provocatoria. L’opera “3Dzionale” propone invece, attraverso un indiscreto salto temporale, un ibrido curioso: l’arcaica decorazione a mano in versione tridimensionale. Reinterpretando un’immagine stereoscopica, il progetto rompe gli schemi in cui l’Antico Savona è imprigionato da qualche secolo. La particolarità è che un risultato così originale si può banalmente ottenere ripetendo una seconda volta gli stessi consumati motivi.

La natura invade gli spazi e vecchi stilemi rinascono grazie ad un’originale rilettura. 46 | IN Magazine


I dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio. [Leonardo da Vinci]


SPECIALEd e s i g n

Resine e battuti veneziani

per pavimenti continui e rivestimenti Le resine e i battuti veneziani, designer di arredo bidimesionale di grande eleganza, sono sempre più utilizzati per pavimentazioni continue o rivestimenti. Leader nel territorio per questo tipo di lavorazione è la ditta Venerom srl, azienda da sempre interessata alla ricerca di nuovi linguaggi nel campo della resina orientata anche al “naturale”, con l’utilizzo, per le pavimentazioni continue, di un composto a base di legante minerale esente da resine o cementi. Meravigliosi i battuti veneziani con inerti di marmo, (realizzati, ad esempio, all’interno del palazzo dell’ex Monte di Pietà di Forlì) così come le resine, che con Venerom si sposano con l’arte grazie al brevetto “arte in luce”. Una luce ambientale, ecologica e sensoriale si unisce ad un’immagine in resina che viene fissata dall’artista su un film trasparente retro illuminato, consegnando un sorprendente effetto magico finale (nella foto un’opera della serie “arte in luce” di Vincenzo Baldini).

Luce come elemento d’arredo e opere d’arte che regalano emozioni.

Icone contemporanee per arredare con l’arte

Nel corso dei secoli l’arte è stata messaggio di vita, un mezzo sublime per far esistere e definire ogni cosa appartenente all’uomo. Trasmette emozioni, essendo interpretata individualmente, e ci accompagna all’interno degli spazi in cui viviamo divenendone parte essenziale, segno e chiaro messaggio del nostro sentire. Un’opera d’arte in casa, perciò, è ben più di un oggetto d’arredo. Per un arredo contemporaneo proponiamo un’opera del giovane pittore forlivese Daniele Casadei, un oggetto di “design d’arredo bidimensionale”, come lo definisce il suo autore, proveniente da collezione privata. Fa parte delle serie “icone”, e rappresenta il controverso gioco d’immagini tra bellezza e finzione.

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La Rustica,

Romagna nel cuoRe I pIATTI deLLA CUCInA TIpICA SeRvITI neLLA CALdA ATmOSfeRA dI UnA TRAdIzIOnALe TRATTORIA

Un angolo di antica Romagna nel cuore della città. La trattoria La Rustica di Ravenna cambia sede e approda in via d’Azeglio 28, tra antichi utensili da cucina e l’arte di un tempo che fu. Il locale, che propone piatti tipici della tradizione romagnola sapientemente rivisitati, riproduce un’antica casa di campagna, quella di via Rustica appunto, dove trascorse la sua infanzia il padre fondatore del locale Eugenio, a San Pietro in Vincoli. Ecco che allora sul bancone del bar campeggia un tetto di legno, antica copertura di un pozzo, mentre i vecchi utensili da cucina e da campo incorniciano le pareti del locale riportandoci indietro nel tempo. Nel 2000 l’attività commerciale passa al figlio Michele: con la madre Renza, chef d’eccezione della trattoria, si occupa della gestione del ristorante, dove si respira ancora la passione per le cose buone d’una volta. Pochi tavoli e luci soffuse perché, come spiega Michele, “il nostro obiettivo è stato quello di creare un’atmosfera intima e accogliente, come a casa propria”. La trattoria, inaugurata nel 1990, offre una serie di piatti di cucina romagnola preparati con prodotti locali, come gli

strozzapreti con stufatino di fagioli e pancetta o le ormai celebri chitarrine con pesto e pistacchi, tutti con pasta rigorosamente fatta a mano. Accanto alle ricette della tradizione non mancano accostamenti inediti, come il filetto di manzo alla saba. Ampia anche l’offerta dei vini, naturalmente romagnoli, ma con una variegata scelta proveniente da tutto il territorio. Aperta a pranzo e cena, La Rustica è chiusa il martedì.

TRATTORIA LA RUSTICA Via M. D’Azeglio 28 - 48121 Ravenna - www.trattoria-larustica.it - Tel.: +39 0544 218128


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